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Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Gennaio apre con il dio Culsans, il Giano romano

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia apre il nuovo anno con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che partono a gennaio con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali, passando per Fufluns, Laran, Turan, Tinia e Uni, Menerva, Vei, Thesan, Cavatha e Suri, fino ad arrivare a Selvans, divinità della natura selvaggia e degli animali, protettore dei confini. È un invito a scoprire le loro caratteristiche e venire a scovarli fra le opere delle collezioni dell’Etru.

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Statuetta in bronzo iscritta di Culsans (III sec. a.C.) dal deposito votivo di porta Ghibellina, Cortona, e conservato al museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona (foto Europeana/MuseiD-Italia/MAEC)

GENNAIO E IL DIO CULSANS: il guardiano delle porte e dei cicli temporali. Gennaio, il “mese di Giano”, è adatto anche per parlare di Culsans, un dio simile a Giano nell’aspetto e – forse – anche nella sfera d’azione. Entrambe le divinità prendono il nome dalla porta, detta culs in etrusco e ianua in latino. La porta può essere un punto di collegamento fra interno ed esterno ma può anche simboleggiare, con la chiusura e apertura, l’inizio e la fine di azioni, fasi o periodi. Culsans è bifronte e guarda contemporaneamente verso l’interno e l’esterno e, per estensione, verso il passato e il futuro; quasi certamente tutelava sia i passaggi/gli ingressi sia i cicli del tempo, come le stagioni dell’anno e i periodi della vita. L’aspetto del dio è noto da pochi reperti, tutti ritrovati presso porte civiche, considerate luoghi vulnerabili da proteggere. La sola immagine a figura intera è una statuetta proveniente dalla Porta Ghibellina di Cortona, che mostra un giovane con due visi imberbi contrapposti, un copricapo piatto, un paio di stivali in pelle e una collana. La posizione delle mani potrebbe indicare il numero 365 (i giorni dell’anno solare) attraverso l’indigitatio, una tecnica per segnare con le mani anche numeri elevati. Teste bifronti giovanili compaiono anche su monete di bronzo da Volterra.

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Testa in terracotta di divinità maschile bifronte (Culsans) (IV-I sec. a.C) dal deposito votivo di porta Nord, Vulci, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Dalla Porta Nord di Vulci provengono invece le due belle teste in terracotta del Museo, modellate a stampo e accuratamente rifinite a mano, che raffigurano una divinità bifronte con una folta barba. L’iconografia giovanile di Culsans dovrebbe essere la più antica ed “etrusca”, mentre quella barbata è ispirata direttamente al Giano romano. Per quanto riguarda il culto, non ci sono elementi per ricostruire rituali o identificare santuari del dio, ma i dati archeologici rivelano l’esistenza di sacrifici simili a quelli destinati alle divinità infere. Il nome di Culsans è stato riconosciuto sul lobo sinistro del Fegato di Piacenza (Cul Alp), su un altare da Bagnoregio (Culsans) e su una lamina in metallo da Cortona (Cvl). Sul Fegato il dio è definito “Alpan”, ovvero “buono/puro”: un aggettivo utilizzato in genere per divinità oscure e poco benevole, che era consigliabile rabbonire; l’altare ha al centro un foro per versare le offerte nel terreno, come era prescritto in caso di divinità infere; la lamina è un frammento di defixio, ovvero una formula magica per consacrare agli dei un avversario.

Napoli. Al museo Archeologico nazionale convegno, in presenza e online su Facebook, “La Donna del Mediterraneo antico. Dal passato al presente, una chiave di lettura”, un’iniziativa interistituzionale per seguire la “Rotta dei Fenici- Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”

La Rotta dei Fenici fa tappa al museo Archeologico nazionale di Napoli: appuntamento sabato 29 gennaio 2022, alle 10, per il convegno “La Donna del Mediterraneo antico. Dal passato al presente: una chiave di lettura”, un’iniziativa interistituzionale per seguire la “Rotta dei Fenici- Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”. L’evento verrà trasmesso in diretta sulle pagine Facebook della Rotta dei Fenici – Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa e del MANN – Museo Archeologico di Napoli. Il convegno è stato realizzato grazie al contributo concesso dalla Direzione Generale Educazione, ricerca e istituti culturali del ministero della Cultura. Partner dell’iniziativa: MANN Museo Archeologico di Napoli, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Universidad de Jaén, Instituto Universitario de Investigación en Arqueología Ibérica-Univ. Jaén, MAEC – Museo Dell’Accademia Etrusca e Della Città Di Cortona, AION Cultura, Associazione LE DONNE DEL MARMO.

La “Rotta dei Fenici” fa riferimento alle grandi rotte di navigazione che, dal XII secolo a.C., erano usate dai Fenici, grandi navigatori e mercanti, per i commerci e la comunicazione in tutto il Mediterraneo. Nei tempi antichi, attraverso queste rotte, i Fenici e altre grandi civiltà del Mediterraneo hanno contribuito alla nascita di una “koiné”, una comunità culturale mediterranea. Abbraccia 18 paesi, molti dei quali si trovano nel Nord Africa o in Medio Oriente, e rafforza i legami storici tra i paesi del Mediterraneo. Questi legami sono rappresentati da un grande patrimonio che ha avuto origine con le antiche civiltà del Mediterraneo e che ritroviamo in vari siti archeologici, etnici, antropologici, culturali e naturalistici e anche nel significativo patrimonio immateriale del Mediterraneo. Le città del Mediterraneo erano il luogo di sosta dei viaggiatori della Rotta dei Fenici, usata per scambiare manufatti, conoscenze ed esperienze. In questo senso l’esperienza di viaggio lungo la Rotta dei Fenici punta a mostrare al viaggiatore i nostri comuni percorsi, collegando paesi di tre continenti e oltre 100 città che hanno avuto origine dalle antiche civiltà del Mediterraneo.

La Venere di Savignano nell’esposizione al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)

Con il convegno “La Donna del Mediterraneo antico. Dal passato al presente, una chiave di lettura” la “Rotta dei Fenici- Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” intende promuovere una riflessione critica sul ruolo della donna e sulla figura femminile, partendo dalle antiche civiltà del Mediterraneo per arrivare alla contemporaneità. Più nello specifico, il tema trattato ha l’obiettivo di presentare la donna dl Mediterraneo, evidenziando i ruoli che dai tempi più remoti ad oggi ha assunto, con status molto diversi che variano da civiltà a civiltà e da ambito ad ambito. L’icona femminile è presente tra i primi oggetti di culto creati dall’uomo, incarna la prima forma di divinità, capace di generare la vita e dare nutrimento. Rapidamente diviene punto di riferimento in quelle statuette volumetriche raffiguranti la Dea Madre, tanto diffuse dal neolitico e tali da costituire quasi un comune denominatore tra le civiltà del Mediterraneo. La figura femminile verrà analizzata anche nella relazione con l’altro e le altre culture, presupponendo e consolidando anche la competenza comunicativa sottesa alla dimensione relazionale. Infine si partirà dal passato per arrivare a leggere il presente e il ruolo della donna nel Mediterraneo di oggi, in un’ottica di dialogo interculturale, tema alla base dell’itinerario Culturale della Rotta dei Fenici.

Una lastra della Tomba delle Danzatrici scoperta a Ruvo di Puglia, oggi nella collezione Magna Grecia del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Graziano Tavan)

Programma. Dopo la registrazione dei partecipanti alle 10, si inizia alle 10.30 con i saluti istituzionali di Paolo Giulierini, direttore del Mann; Elena Tanou, presidente della Rotta dei fenici (video collegata da Cipro); Antonio Barone, direttore della Rotta dei Fenici; e Paolo Ponzio, direttore del dipartimento di Ricerca e Innovazione umanistica dell’università di Bari, e coordinatore del comitato scientifico della Rotta dei Fenici. Ore 11-13.30, SESSIONE I: LA FIGURA FEMMINILE NELLE ANTICHE CIVILTÀ DEL MEDITERRANEO, modera Paolo Ponzio. Interventi: Giovanna Greco (già comitato scientifico del Mann) su “Donne, culti e miti in Magna Grecia”; Marialucia Giacco (archeologo conservatore del Mann) su “Donne di Magna Grecia: un viaggio nelle collezioni del Mann”; Eleonora Sandrelli (presidente Aion Cultura-Maec) su “La donna in Etruria: immagine e realtà”; Carmen Risquez Cuenca (università di Jaén, Spagna) su “La posizione delle donne nella società libera e il loro ruolo nella sfera economica”; Sharon Sultana (direttore museo Archeologico di Malta) su “La grande Dea Madre del neolitico maltese”; Tatiana Pedrazzi (archeologa, ricercatrice del Cnr) su “La figura femminile nel mondo fenico e punico: tradizioni, arte ed evoluzione delle identità”.

La Venere di età augustea conservata al museo Archeologico nazionale di Aquileia (foto graziano tavan)

Ore 15-17, SESSIONE II: IL DIALOGO TRA PASSATO E PRESENTE SUL TEMA DELLA DONNA DEL MEDITERRANEO, modera Antonio Barone. Interventi: Marta Novello (direttore del museo Archeologico di Aquileia) su “Donne di Aquileia in età tardo antica e longobarda”; Barbara Toce (vicepresidente Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa) su “I diritti delle donne e il Consiglio d’Europa”; Elisabetta Todisco (docente Storia romana, università di Bari) su “L’influenza della storia delle donne dal mondo antico ai nostri giorni”; Carmen Risquez Cuenca (università di Jaén, Spagna) su “Pastwomen: riconfigurare la storia da un punto di vista femminista”; Carla Benelli (responsabile progetti culturali ATS Pro Terra Sancta) su “Dalle regine prostitute, guerriere e sante del passato all’impegno delle donne di oggi nella società civile palestinese”.

A Cortona la mostra “Etruschi maestri di scrittura. Cultura e società nell’Italia antica”. Per la prima volta assieme i più importanti testi in etrusco: dalla mummia di Zagabria alla Tabula Cortonensis, dalla Tegola di Capua alle lamine auree di Pyrgi, dal Cippo di Perugia al fegato di Piacenza. Tutte le novità su una scrittura in parte ancora avvolta dal mistero

L'ospite d'onore della mostra: la mummia di Zagabria e il Liber Linteus

L’ospite d’onore della mostra: la mummia di Zagabria e il Liber Linteus

Palazzo Casali, sede del Maec a Cortona (Arezzo)

Palazzo Casali, sede del Maec a Cortona (Arezzo)

Il Cippo di Perugia con il testo di un arbitrato su possedimenti terrieri

Il Cippo di Perugia con il testo etrusco di un arbitrato su possedimenti terrieri

A scorrere l’elenco dei “pezzi pregiati” ti sembra di sfogliare una pagina di un qualsiasi manuale di Etruscologia alla voce “Scrittura etrusca”: dal Liber Linteus della Mummia di Zagabria (200 righe, 1200 parole leggibili, la testimonianza più estesa arrivata ai giorni nostri) alla Tegola di Capua (un calendario di cerimonie funerarie), dalla Tabula Cortonensis (atto giuridico riguardante una compravendita, o forse un’eredità), alle lamine auree di Pyrgi (testo bilingue etrusco/fenicio), dal Cippo di Perugia (arbitrato su possedimenti terrieri), al Fegato di Piacenza (un modellino in bronzo di fegato di ovino utilizzato dagli aruspici per l’arte divinatoria), fino al Piombo di Magliano (una lamina a forma di cuore che riporta indicazioni di preghiere). Ci sono proprio tutti i principali testi in etrusco. Ma qui non si tratta di ripercorrere le straordinarie quanto scarne testimonianze epigrafiche della civiltà etrusca giunte fino a noi, quanto di vederle tutte insieme eccezionalmente. Succede nella mostra “Etruschi maestri di scrittura. Cultura e società nell’Italia antica” aperta al Maec di Cortona (Arezzo) dal 19 marzo al 21 luglio 2016. L’ospite di riguardo più atteso, una delle testimonianze più importanti dell’epigrafia etrusca, la Mummia di Zagabria, il testo etrusco finora conosciuto più lungo al mondo, è già arrivato in questi giorni al museo dell’Accademia etrusca e della Città di Cortona. Per la Mummia è la prima volta in Italia: ad accoglierla il sindaco Francesca Basanieri con Laurent Haumesser, curatore del museo del Louvre, e alcuni funzionari della soprintendenza Archeologia della Toscana e del Museo di Zagabria. L’esposizione “Etruschi maestri di scrittura”, spiegano i curatori, intende dimostrare, con il nuovo catalogo, i progressi negli studi nella sintassi e nella grammatica, attraverso una rilettura e una nuova interpretazione di molti epigrafi e alcune novità assolute. Le iscrizioni (siano esse su oggetti di uso quotidiano, su oggetti di culto, su statue o su atti) saranno classificate in mostra per settori di appartenenza: dalla sfera del rito a quella del sacro, dall’ambito funerario a quello giuridico.

La Tabula Cortonensis, atto giuridico, la terza iscrizione etrusca per lunghezza finora conosciuta

La Tabula Cortonensis, atto giuridico, la terza iscrizione etrusca per lunghezza finora conosciuta

Il manifesto del progetto-mostra "Etruschi maestri di scrittura"

Il manifesto del progetto-mostra “Etruschi maestri di scrittura”

Il Fegato di Piacenza, modellino in bronzo di fegato di ovino usato dagli aruspici

Il Fegato di Piacenza, modellino in bronzo di fegato di ovino usato dagli aruspici

Sono più di trent’anni che non si organizzano mostre internazionali sulla scrittura etrusca. È per questo che, alla luce delle recenti scoperte di epigrafi etrusche vicino a Montpellier e al ritrovamento a Cortona del terzo più lungo testo etrusco esistente, la Tabula cortonensis, il museo del Louvre, il museo Henri Prades di Lattes (dove la mostra è rimasta fino al 29 febbraio) e il Maec di Cortona hanno deciso di progettare questo grande evento archeologico che illustra ai visitatori, come mai prima d’ora era stato fatto, la diversità dei supporti e delle tecniche di scrittura, così come le scoperte degli ultimi anni di studi in materia. Sono 77 testimonianze epigrafiche, provenienti da 18 musei italiani ed esteri (tra cui Louvre, Villa Giulia e Museo di Zagabria), lasciate in eredità su anfore di bucchero, tegole di terracotta, lamine d’oro, specchi bronzei, cippi in pietra, e perfino sull’unico libro di lino pervenuto dall’antichità, utilizzato per avvolgere una mummia e contenente un calendario rituale che potrebbe — stando a recenti scoperte ermeneutiche — avere elementi cerimoniali comuni alla liturgia cristiana. Tutte queste testimonianze hanno contribuito a districare il mistero che avvolge le parole degli Etruschi che restano per certi versi ancora misteriose. Sono infatti irrisolti i significati specifici di molte parole, in particolare quelle che non presentano parentele con le lingue antiche più note. La difficoltà di comprensione della scrittura etrusca dipende infatti essenzialmente dalla scarsità di testi lunghi e dalla ripetitività dei testi brevi in nostro possesso, spesso di natura funeraria, giuridica o commerciale. “Cortona”, sottolinea la vicepresidente e assessore alla Cultura della Regione Toscana, Monica Barni, “è il polo attrattore regionale della rete toscana di un centinaio di musei archeologici nell’ambito del programma di valorizzazione del patrimonio storico-artistico che vogliamo completare nei prossimi anni. Sono convinta che le lingue rappresentino un legame di comprensione e sentimento tra i popoli fuori dai canoni; distrutto nel racconto della Torre di Babele, quel legame si potrà riallacciare a partire dalla rinascita della comprensione reciproca anche attraverso il confronto linguistico e la conoscenza delle radici”.

Le lamine auree di Pyrgi con un testo bilingue: etrusco e fenicio

Le lamine auree di Pyrgi con un testo bilingue: etrusco e fenicio

Un'anfora con un'iscrizione in etrusco

Un’anfora con un’iscrizione in etrusco

Un'iscrizione etrusca in mostra a Cortona

Un’iscrizione etrusca in mostra a Cortona

“Da sempre”, spiegano gli organizzatori, “un alone di mistero — creato spesso intenzionalmente — avvolge il mondo degli Etruschi, che vissero in Italia 2700 anni fa, prima di venire assorbiti dai Romani, a seguito di una profonda contaminazione sociale, culturale e religiosa. In realtà, dei cosiddetti Rasenna sappiamo molto: da dove provenivano (dalla Lidia, nel rispetto della versione tramandata da Erodoto), cosa mangiavano, cosa commerciavano, quali divinità veneravano. Sappiamo che erano tanto raffinati nelle manifatture e nelle arti figurative quanto feroci nelle imprese per mare (e pare ovvio, visti i coinquilini europei del I Millennio avanti Cristo). Inoltre, siamo a conoscenza del fatto che scrivevano: utilizzavano un alfabeto di derivazione greca e una struttura sintattica elementare simile al latino, e ci hanno consegnato qualche migliaio di vocaboli (soprattutto toponimi, antroponimi e appellativi) dei quali troviamo corrispondenza nella lingua dell’antica Roma, come fa notare il noto linguista sardo Massimo Pittau”. “Con l’arrivo della scrittura in Etruria”, interviene l’etruscologo Giovannagelo Camporeale, “siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione antropologica e la mostra vuole esaltare questa eccezionalità. Ancora conosciamo poco la lingua etrusca, perciò i pannelli illustrativi sono di carattere generale e si limitano a fornire un inquadramento storico- culturale dei testi”. Ma per Massimo Pittau, che da 35 anni studia i testi etruschi e che recentemente ha avanzato due proposte di traduzione per il complicatissimo Liber Linteus e per il Piombo di Magliano, “la lingua etrusca non è un mistero. Possediamo un patrimonio lessicale di oltre 200mila voci latine e greche, ed è un’assurdità pensare che un popolo che è stato in contatto con i greci e i latini, non abbia condiviso questo rapporto di reciproca influenza linguistica”. Grande attenzione è stata riservata all’allestimento della mostra nelle sale di Palazzo Casali, un’esposizione che vuole trasformare il segno della scrittura etrusca in una forma d’arte, al limite del design, con una grafica innovativa e coinvolgente. Di qui a luglio saranno numerose le iniziative culturali previste: conferenze, convegni, mostre di arte contemporanea. “Etruschi maestri di scrittura” rappresenta un appuntamento imperdibile per chi ama gli etruschi nonché una delle più importanti mostre archeologiche in Italia nel 2016. Il catalogo della mostra è di Silvana Editoriale e rappresenta un approfondimento fondamentale per una comprensione della lingua etrusca.