Archivio tag | mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”

Per le Giornate europee dell’archeologia la Sabap-Bo propone video su recenti indagini archeologiche, sulla valorizzazione del teatro romano di Bologna, e su due grandi mostre degli anni scorsi

La soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara non rinuncia a festeggiare l’archeologia e per le Giornate europee dell’archeologia 2020 propone al pubblico video relativi a indagini archeologiche dirette nei territori di competenza (Cattedrale di Reggio Emilia – scavi e restauro dei mosaici di una preesistente domus, Ospitale di Colombaro di Formigine-MO, Pieve di San Venanzio presso Coccanile, Fraz. di Copparo-FE), la prima valorizzazione del teatro romano di Bologna, attualmente in fase di riprogettazione, e due mostre già concluse (On the Road, via Emilia 187 a.C.-2017, Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, 25 novembre-1° luglio 2018; Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia, Bologna, Museo Civico Medievale, 17 febbraio-17 giugno 2018).

Con il decurione Giulio Valente in un viaggio nel passato ispirato alla mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” (Musei Civici di Reggio Emilia, 25 novembre 2017 – 1° luglio 2018). La mostra, curata da Luigi Malnati e Roberto Macellari, su allestimento dell’arch. Italo Rota, è stata promossa dal Segretariato regionale del ministero dei Beni e delle Attività culturali e Turismo, dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, ed i Musei Civici di Reggio Emilia. La via Aemilia, costruita dal console Marco Emilio Lepido nel 187 a.C. tra Piacenza e Rimini, segnò il confine fra l’Italia romana e un nord abitato da popolazioni “altre”, ma presto diventò anche l’asse portante delle comunicazioni padane, oltre che il collante di genti parlanti lingue e portatrici di culture diverse. La mostra riuniva più di 400 reperti e presentava un focus sulla città di Reggio Emilia, antica Regium Lepidi, unica città che conserva nel proprio il nome del console che costruì la strada, e che viene percorsa dal decurione del filmato. Collegate a On the road si sono tenute altre esposizioni come quella al Credito Emiliano, Regium Lepidi underground, dove ancora oggi sono visibili strutture e reperti di epoca romana; ed Ego sum via. Via Aemilia, Via Christi, al museo Diocesano, sulla diffusione del primo cristianesimo lungo la strada.

“Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia” (museo civico Medievale di Bologna, 17 febbraio 2018 – 17 giugno 2018). La mostra, promossa dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, è stata curata da Sauro Gelichi e da Luigi Malnati. L’iniziativa consente di viaggiare nell’arco di un Millennio (dal IV secolo agli inizi del Trecento) in una regione in cui ancora oggi sono profondamente radicati i confini fisici e gastronomici tra Emilia longobarda e Romagna bizantina. Il racconto si dipana attraverso l’esposizione di oltre 300 reperti, recuperati dalle intense ricerche archeologiche condotte in tutta l’Emilia-Romagna negli ultimi 40 anni, contribuendo alla formazione di un condiviso patrimonio di conoscenze, idee e valori connessi a questo lungo e complesso percorso storico. Troverete ulteriori informazioni sui temi trattati dalla mostra nella descrizione del video.

Il teatro romano di Bologna. Le strutture del teatro Romano di Bologna sono emerse in occasione di lavori di ristrutturazione di un palazzo del centro cittadino. La valorizzazione del teatro si collega alla destinazione commerciale dell’edificio che li ospita. Il filmato offre una visione della prima destinazione commerciale dell’edificio (metà anni ’90); oggi è in fase di elaborazione un nuovo progetto che prevede una maggiore integrazione tra le attività commerciali e l’apporto culturale del manufatto antico.

Tesserae versicolores. Il mosaico tardo-romano dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta di Reggio Emilia. L’area della Cattedrale e del Palazzo Vescovile corrispondeva in età romana a due isolati centrali di Regium Lepidi che dovevano collocarsi in prossimità del foro. Nella prima età imperiale questi erano occupati da alcuni edifici variamente articolati, ma, tra l’ultimo quarto del III e il IV secolo d.C., venne attuata una imponente ristrutturazione, frutto di un progetto unitario di costruzione di un edificio, esteso forse per un intero isolato e affacciantesi sul limite occidentale dell’area forense. Di questo complesso edilizio è stato rinvenuto un pavimento a mosaico che doveva appartenere all’ambiente più importante della domus e di cui il video mostra la scoperta ed il restauro.

“Sorvolo” sui resti delle strutture medievali del monastero-ospitale di Colombaro (Formigine, MO). Nell’ottobre 2017 sono terminate le indagini archeologiche a Colombaro di Formigine, nell’area di pertinenza comunale adiacente alla Chiesa di S. Giacomo Maggiore. Gli scavi hanno individuato un grande complesso architettonico risalente al XII-XIII secolo (riferibile all’antico monastero-ospitale di Colombaro) di cui sono riusciti a evidenziare la planimetria pressoché completa.

La scoperta della pieve altomedievale di S. Venanzio nei pressi di Coccanile di Copparo (FE). Nel letto del canale Naviglio nei pressi di Coccanile, fraz. di Copparo (FE), sono venuti alla luce i resti di una delle più antiche pievi del territorio di Ferrara, databile al VI-VII secolo, e della necropoli ad essa associata.

A Bologna due giorni di studi con archeologi ed esperti a confronto su scoperte e dati archeologici più significativi emersi dagli scavi di epoca medievale più recenti. Una panoramica su quasi un millennio di storia a margine della mostra “Medioevo svelato”

Bacino (piatto) in maiolica con l’immagine di frate Simone dalla facciata di San Giacomo Maggiore di Bologna

Manifesto della mostra “Medioevo svelato” a Bologna

Archeologi ed esperti a confronto sulle infinite sfaccettature del Medioevo: una panoramica su quasi un millennio di storia, dalla tarda antichità  (IV-V secolo) agli inizi del Trecento. È quanto si propone di affrontare la due giorni del convegno “Medioevo al margine”, promosso da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, istituto per i Beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna e università Ca’ Foscari di Venezia a margine della mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia” in corso al museo civico Medievale di Bologna fino al 17 giugno 2018 (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/03/01/quarantanni-di-ricerche-lungo-la-via-emilia-nella-mostra-medioevo-svelato-storie-dellemilia-romagna-attraverso-larcheologia-al-museo-medievale-di-bologna/). Il convegno “Medioevo al margine” punta a sviluppare ulteriormente gli argomenti affrontati nella mostra, passando in rassegna le scoperte e i dati archeologici più significativi emersi dagli scavi di epoca medievale effettuati in anni recenti. I vari interventi coprono un arco cronologico di quasi un millennio (dal IV-V secolo agli inizi del Trecento) tracciando un quadro delle trasformazioni delle città tardo-antiche e degli insediamenti rurali, evidenziando il potere dei nuovi ceti dirigenti (Goti, Bizantini e Longobardi) attraverso la ritualità funeraria. In occasione del convegno viene presentato il catalogo scientifico della mostra a cura di Sauro Gelichi, Massimo Medica e Cinzia Cavallari.

Pettine in osso al momento del rinvenimento a Rimini

Il pettine in osso scoperto a Rimini dopo il restauro nei laboratori della soprintendenza

La locandina del convegno “Medioevo al margine” a Bologna

Veduta dall’altro dell’area di scavo 2017 nella Casa del Fabbro (foto Paolo Nanni)

Appuntamento dunque mercoledì 30 e giovedì 31 maggio 2018 all’auditorium della Regione Emilia-Romagna in viale Aldo Moro a Bologna (ingresso libero).  Intenso il programma. Si inizia mercoledì 30 maggio 2018, alle 10, con i saluti di  Roberto Balzani, presidente dell’istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna. Seguiranno gli interventi di Sauro Gelichi e Luigi Malnati su “Le ragioni di una mostra e di un convegno. Introduzione”; Giancarlo Grillini su “Analisi scientifiche dei lapidei e delle malte della cripta dell’Abbazia di Valsenio (RA)”; Katiuscia Doppiu e Isabella Rimondi su “La cintura ageminata di Rezzanello (PC): un contributo alla lettura dopo i recenti restauri”; Monica Zanardi del laboratorio di restauro della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio Bo-Mo-Re-Fe su “Il restauro del pettine in osso di via A. Da Brescia, Rimini”. Alle 13 pausa, si riprende alle 15, con Paolo De Vingo su “La necropoli longobarda di Spilamberto: un centro di potere e di scambio nel Modenese altomedievale”; Massimiliano David su “Ostia tardoantica. La lenta agonia di una città alla luce della ricerca archeologica”; Francesca Romana Stasolla su “Aspetti archeologici della vita sociale di una città del pieno medioevo: spazi di vita e di lavoro a Cencelle”; Sauro Gelichi e Luigi Malnati, con la presentazione del volume “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, catalogo della Mostra, Bologna 2018; Maria Grazia Fichera su “Elementi di cintura bronzei di tradizione bizantina: confronto fra contesti siciliani e contesti dell’Emilia-Romagna”; Fabio Bracci e Alessandro Alessio Rucco su “Claterna: le trasformazioni di una città tardoantica attraverso l’evidenza della domus del Fabbro”; Alberto Stignani su “Alcuni dati preliminari sui rinvenimenti numismatici della domus del Fabbro”; Renata Curina, Valentina Di Stefano e Mauro Librenti su “Il cimitero ebraico medievale di Bologna. Considerazioni preliminari”.

La cella vinaria della villa romana di Bordonchio (Rimini)

Ricostruzione della trasformazione del castrum in fortilizio signorile (XIII – XIV secolo)

Seconda giornata di convegno di studi giovedì 31 maggio 2018. Si inizia alle 9.30 con Cristian Tassinari su “Le ultime fasi della villa di Bordonchio (RN)”; Cristina Anghinetti, Manuela Catarsi e Patrizia Raggio su “Una necropoli gota lungo l’antica strada Parma-Lucca”; Francesca Frasca e Adelmo Garuti su “Tecniche orafe di età medievale”; Daniele Sacco e Siegfried Vona su “Archeologia medievale nella provincia di Rimini: la riorganizzazione del tessuto insediativo nel Medioevo”; Fabrizio Benente e Giada Molinari su “Le città della Liguria marittima tra V e VIII secolo: evidenze di crisi e di trasformazione del paesaggio urbano”; Sara Campagnari e Mauro Librenti su “Il castrum di Vicolongo a Novi di Modena. L’evoluzione di un castello nella pianura modenese”; Enrico Cirelli e Debora Ferreri su “Il castello di Rontana (Brisighella, RA)”; Claudio Negrelli, Marco Palmieri e Tiziano Trocchi su “Un villaggio medievale al nuovo sottopasso della SP3. Funo e la pianura bolognese tra X e XIII secolo”. Alle 13 pausa. Si riprende alle 15, con Fabrizio Benente e Simona Caleca su “L’Alta Valle Scrivia tra fonti documentarie e fonti archeologiche: popolamento e fortificazioni dell’habitat tra XII-XVI secolo”; Manuela Catarsi su “Da Fidenza a Borgo San Donnino”; Chiara Guarnieri su “Ferrara, da città in legno a città in mattoni: nuovi dati dalle indagini archeologiche urbane”; Matteo Casadei, Cinzia Cavallari e Claudio Negrelli su “Cesena, il palinsesto di via Strinati dalla tarda antichità all’età postmedievale”; Lara Sabbionesi su “Pro maiore sanitate hominum civitatis… et burgorum: lo smaltimento dei rifiuti nelle città medievali dell’Emilia-Romagna”; Simone Biondi e Cinzia Cavallari su “Archeologia urbana a Cesena, piazza della Libertà”. I lavori si concludono alle 18.

Bologna. Incontri per approfondire la mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, dalla conferenza del Gabo al ciclo del museo civico Medievale

Manifesto della mostra “Medioevo svelato” a Bologna

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Farsi un’idea della mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, in corso al museo civico Medievale di Bologna fino al 17 giugno 2018, prima di andarla a visitare. L’occasione è offerta dall’incontro di martedì 6 marzo 2018 alle 21 al centro sociale “G. Costa” di via Azzo Gardino a Bologna, promosso dal Gruppo Archeologico Bolognese nell’ambito del ciclo di conferenze “Comunicare l’archeologia” (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/02/03/al-via-gli-incontri-del-gabo-comunicare-larcheologia-un-viaggio-alla-scoperta-di-etruschi-goti-bizantini-longobardi-veneti-antichi-celti-romani-pop/). Cinzia Cavallari, archeologa della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, illustrerà la mostra, curata da Sauro Gelichi (università Ca’ Foscari di Venezia) e Luigi Malnati (soprintendenza di Bologna) che è un viaggio nel tempo di quasi un Millennio che racconta le trasformazioni delle città e del territorio e l’affermarsi dei nuovi ceti dirigenti goti, bizantini e longobardi (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/03/01/quarantanni-di-ricerche-lungo-la-via-emilia-nella-mostra-medioevo-svelato-storie-dellemilia-romagna-attraverso-larcheologia-al-museo-medievale-di-bologna/). Partendo da un’istantanea sulle città nell’alto Medioevo, profondamente ridimensionate rispetto alla vitalità dei secoli precedenti e contrapposte al dinamismo del nuovo emporio commerciale di Comacchio (Fe), lo sguardo si allarga alla riorganizzazione delle campagne dove fioriscono castelli, villaggi, borghi franchi, pievi e monasteri. La narrazione termina ciclicamente con la rinascita delle città in età comunale. A questa fase Bologna fornisce un contributo eccezionale con lo straordinario recupero -dalla collocazione originaria- dei bacini (piatti) in maiolica datati agli inizi del XIV secolo, rinvenuti alla sommità della chiesa di San Giacomo Maggiore durante i lavori di restauro dell’edificio. Oltre a testimoniare una vocazione decorativa specificamente programmata e realizzata in città, uno di questi piatti riporta il ritratto emblematico di frate Simone, identificabile molto probabilmente con l’omonimo sindaco del convento di San Giacomo.

Il prof. Sauro Gelichi dell’università Ca’ Foscari di Venezia

Luigi Malnati, soprintendente archeologo

Al via anche il ciclo di conferenze promosso dal museo civico Medievale nella sala delle Arche, sempre alle 17, a corollario della mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”. Si inizia mercoledì 7 marzo 2018 con la conferenza “Raccontare il Medioevo” a cura di Sauro Gelichi (università Ca’ Foscari di Venezia). Mercoledì 21 marzo 2018, il soprintendente Luigi Malnati parlerà di “Archeologia medievale e tutela del patrimonio archeologico: lo sviluppo di una disciplina e le sue conseguenze nelle buone pratiche di archeologia nelle soprintendenze”. Si passa quindi a mercoledì 9 maggio 2018 con la conferenza dell’orafo Adelmo Garuti e dell’archeologa Francesca Frasca su “La collezione di strumenti orafi di Adelmo Garuti (Sasso Marconi). Un artigiano contemporaneo svela le tecniche di età medievale”. Ultimo incontro mercoledì 16 maggio 2018 con “Comunicare il Medioevo per immagini” a cura di Riccardo Merlo, autore dei disegni ricostruttivi in mostra.

“Parco Novi Sad di Modena: dallo scavo al parco archeologico”: raccolti in un volume i risultati delle ricerche archeologiche a 5 metri di profondità e la ricostruzione di strada romana e necropoli imperiale sopra il parcheggio interrato, tracce tangibili della Mutina romana lungo la via Emilia

Scavi archeologici nell’area del parco Novi Sad a Modena, cinque metri sotto il piano stradale moderno

Il logo del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”

Oggi parco Novi Sad a Modena è un grande e tranquillo spazio aperto sopra il parcheggio interrato, e su cui affaccia l’imponente edificio dell’ex Foro Boario, ma duemila anni fa qui c’era un gran via vai di persone e di merci che affollavano un’ampia strada romana che portava direttamente nel cuore di Mutina, colonia romana fondata nel 183 a.C. lungo la via Emilia, voluta dal console Marco Emilio Lepido nel 187 a.C., giusto 2200 anni fa come ricorda il progetto “2200 anni lungo la via Emilia” che ha portato alla realizzazione di tre grandi mostre: all’ex Foro Boario di Modena “Mutina splendidissima” (fino all’8 aprile 2018); ai musei civici di Reggio Emilia “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017” (fino al 1° luglio 2018); al museo civico Medievale di Bologna “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia” (fino al 2 aprile 2018). Ma di quella Modena “splendidissima” oggi si vede ben poco, come ben spiega la ricca mostra all’ex Foro Boario (vedi: https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/24/mutina-splendidissima-la-citta-romana-e-la-sua-eredita-apre-a-modena-la-mostra-clou-per-i-2200-anni-della-fondazione-della-colonia-romana-sulla-via-emilia-che-racconta-le-origini/), anche se il rapporto con questa realtà sepolta è stato pressoché continuo nel corso dei secoli e si è rivelato di fondamentale importanza nella costruzione dell’identità culturale cittadina. La città romana di Mutina “vive” infatti cinque metri al di sotto delle strade del centro storico, custodita dai depositi delle alluvioni che si verificarono in epoca tardoantica. Proprio la strada romana e l’annessa necropoli di età imperiale, riportate alle luce da alcune campagne di scavo della soprintendenza Archeologica, sono tra le poche testimonianze della romanità di Modena oggi visibili, organizzate come parco archeologico, chiamato NoviArk.

Il libro “Parco Novi Sad di Modena: dallo scavo al parco archeologico” a cura di Luigi Malnati e Donato Labate

Ora i risultati delle ricerche archeologiche condotte tra 2009 e 2012 sulla vastissima area urbana del parco Novi Sad, qualcosa come 24mila quadrati, sono stati raccolti nel volume “Parco Novi Sad di Modena: dallo scavo al parco archeologico” curato da Luigi Malnati e Donato Labate e a cui hanno collaborato, oltre agli archeologi che hanno eseguito lo scavo, anche numerosi ricercatori universitari. La pubblicazione, sigillo conclusivo di una delle operazioni più importanti finora condotte in Italia di attuazione della archeologia preventiva, sarà presentato sabato 3 marzo 2018, alle 16.30, in sala Crespellani del Palazzo dei Musei, in largo Porta S. Agostino 337 a Modena, da Francesca Ghedini, già professore di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana all’università di Padova e direttrice del Dipartimento di Archeologia dell’ateneo patavino; e tra l’altro membro della Commissione per la legge sull’archeologia preventiva.

Un gruppo di archeologi impegnati negli scavi al parco Novi Sad, realizzati tra il 2009 e il 2012

Il volume costituisce una edizione preliminare dei risultati dello scavo che ha messo in luce strutture e depositi che documentano un lunghissimo arco di storia di questo settore urbano, dall’età del Ferro fino al Seicento, con una evidente preponderanza della fase romana. I saggi di apertura, redatti dai curatori del volume e dagli archeologi che hanno condotto lo scavo, offrono il quadro critico e metodologico della documentazione di scavo e l’interpretazione dei risultati. Seguono una serie di saggi di approfondimento su tematiche generali, come il contributo di Donato Labate sulla ritualità funeraria tra età romana e tardoantico documentata dalle sepolture rinvenute ai margini della strada, o su aspetti specifici legati alle classi di materiali archeologici e alle attestazioni epigrafiche. L’analisi del dato archeologico è affiancata da quella condotta in molteplici ambiti di ricerca, dalla geologia, all’antropologia, all’archeobotanica, alle analisi chimico-fisiche sui depositi conservati all’interno delle anfore, fino allo studio paleobiologico e paleonutrizionale applicato ad alcuni inumati del cimitero medievale.

La grande strada romana scavata al parco Novi Sad di Modena e ricostruita “com’era e dov’era” ma cinque metri più in alto (foto Graziano Tavan)

“Un primo acciottolato stradale con ghiaia fine viene realizzato in età tardo-repubblicana, tra II e I secolo a.C.”, spiegano gli archeologi. “Con gli inizi dell’età imperiale, probabilmente in concomitanza con una serie di interventi di riassetto urbanistico durante il principato di Augusto (23 a.C. – 14 d.C.), la via per Mantova assume l’aspetto che poi conserverà attraverso ripetuti interventi di manutenzione e ripristino fino al IV sec. d.C.”. Il selciato, largo circa 5 metri, è formato da ciottoli di grandi e medie dimensioni. I profondi solchi carrai che ancora oggi possiamo vedere confermano l’intenso traffico in entrata e in uscita dalla città. A fianco dei marciapiedi antichi in battuto di argilla e pietrame, oggi idealmente ricordati da due percorsi pedonali, c’erano due fossati per lo scolo delle acque piovane, probabilmente collegati a una rete di canali minori. “L’ampia lacuna al centro della strada”, fanno notare gli archeologi, “colmata nella musealizzazione con ciottoli moderni, corrisponde a una fossa aperta in epoca tarda, quando la strada, ormai non più in uso, veniva smontata per riutilizzarne i ciottoli come materiale edilizio”.

Disegno ricostruttivo sui pannelli del parco NoviArk con i riti di inumazione e incenerazione nella necropoli lungo la strada romana a Mutina (foto Graziano Tavan)

Come in tutte le città romane, anche a Mutina le aree cimiteriali fiancheggiavano le arterie stradali all’esterno dell’area urbana. Le sepolture si trovavano all’interno di lotti di terreno recintati le cui dimensioni sono quasi sempre indicate nell’epigrafe funeraria. “Le aree sepolcrali dei monumenti esposti nel NoviArk, tutti databili al I sec. d.C.”, continuano gli archeologi, “misurano tra i 14 e i 15 mq. Una soltanto è più piccola (10,8 mq) mentre un’altra supera i 20 mq. Al loro interno erano sepolti gruppi familiari o individui uniti da vincoli di amicizia o professionali. Dalle tombe, a inumazione e a incinerazione, provengono i corredi che accompagnavano i defunti nell’aldilà”.

Particolare delle tombe della necropoli di età imperiale ricomposte nel parco NoviArk di Modena (foto Graziano Tavan)

Bacino circolare per la coltura delle carpe nel parco NoviArk

Il volume si conclude con un saggio dedicato al parco archeologico NoviArk che illustra le scelte operate nella progettazione di questo museo open air che costituisce un esempio di valorizzazione delle strutture di età romana rinvenute, unico segno tangibile in sito della città romana, seppur riportato a quota superiore, nel tessuto urbanistico contemporaneo. Il parco archeologico NoviArk rappresenta infatti il punto di incontro fra le esigenze di realizzazione del parcheggio interrato NoviPark e la salvaguardia e valorizzazione dei resti archeologici. La sua realizzazione ha comportato lo smontaggio delle strutture di età romana dal piano originario, posto a 5 metri di profondità, e il loro successivo rimontaggio in superficie. Nel NoviArk sono stati rimontati anche i resti di due edifici rurali, un pozzo con imboccatura in pietra, una vasca rettangolare con pavimentazione in ciottoli, forse utilizzata per il lavaggio delle pecore prima della tosatura, e un grande bacino circolare con pareti in mattoni che doveva servire probabilmente per l’allevamento delle carpe, come sembra indicare il ritrovamento nei sedimenti del fondo di piante acquatiche compatibili con questa attività. “Non c’è da stupirsi”, intervengono i ricercatori, “visto che i romani consideravano la carne di questo pesce d’acqua dolce una vera e propria prelibatezza. La vegetazione del parco ripropone essenze e arbusti, in particolare il bosso, documentati nell’habitat originario di età romana. In un ambiente del parcheggio interrato sono esposte in una suggestiva ambientazione le anfore recuperate dalle grandi buche di discarica”.

Quarant’anni di ricerche lungo la via Emilia nella mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia” al museo Medievale di Bologna: viaggio in 300 reperti dal IV al XIV secolo tra Goti, Longobardi e Bizantini

Il missorium d’argento cesenate (piatto di uso simbolico-celebrativo) che testimonia la vita agiata di un possidente terriero nella tarda antichità (foto Graziano Tavan)

Manifesto della mostra “Medioevo svelato” a Bologna

Il logo del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”

Quarant’anni di ricerche archeologiche in Emilia-Romagna, quando a coordinarle c’era una sola soprintendenza, concentrate in una piccola ma preziosa mostra, “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, aperta fino al 17 giugno 2018 al museo civico Medievale di Bologna: un inedito e originale viaggio dal IV-V secolo agli inizi del Trecento tra Goti, Longobardi, Bizantini e nuovi centri di potere (castelli, monasteri, edifici di culto e Comuni). In un certo senso è il regalo alla sua regione e a Bologna di Luigi Malnati, curatore con Sauro Gelichi, soprintendente archeologo, da quarant’anni in prima linea nella tutela e nella ricerca del passato. Questa di Bologna, terza esposizione del progetto “2200 anni lungo la Via Emilia” dopo Modena (“Mutina splendidissima”) e Reggio Emilia (“On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017”), potrebbe essere infatti la sua ultima mostra da operativo, a poche settimane dal pensionamento, un modo per sottolineare – se ancora ce ne fosse bisogno – l’importanza della presenza di operatori qualificati in archeologia medievale per la tutela e la salvaguardia del territorio. Promossa da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e Istituzione Bologna Musei | Musei Civici d’Arte Antica, la mostra presenta oltre 300 reperti: dal missorium d’argento cesenate (piatto di uso simbolico-celebrativo) che testimonia la vita agiata di un possidente terriero nella tardantichità alle fibule di età gota rinvenute a Imola, dai reperti longobardi recuperati nella necropoli di Ponte del Rio di Spilamberto al servizio di vasellame in argento di età bizantina proveniente da Classe, dai bicchieri in legno rinvenuti a Parma al bacino in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore.

Il tesoretto scoperto casualmente nel 1957 in via Crispi a Reggio Emilia (foto Graziano Tavan)

La mostra è articolata in sei sezioni. La I sezione è incentrata sul tema della “Trasformazione delle città”, ossia sull’evoluzione dei centri di antica fondazione, in rapporto ai cambiamenti socio-economici e all’organizzazione delle nuove sedi del potere sia laico che ecclesiastico. In Emilia, in particolare a partire dal III secolo, si assiste a una sorta di destrutturazione residenziale, a una riduzione del perimetro urbano e a un potenziamento delle opere difensive. Al contrario, in Romagna, l’attività edilizia è particolarmente fiorente proprio nel V-VI secolo, in concomitanza con le vicende che condussero Ravenna ad assurgere al ruolo di capitale dell’Impero d’Occidente. Significativi in questo racconto appaiono alcuni oggetti-simbolo: i tesori, riserve di valore accantonate dai proprietari nella disattesa speranza di recupero (oreficerie, vasellame in metalli di pregio e oggetti liturgici) da Reggio Emilia, Cesena, Rimini e Classe e reperti databili entro il VI secolo da Parma e da Ravenna. Tra questi tesoretti spicca quello rinvenuto casualmente nel 1957 in quella che oggi è via Crispi a Reggio Emilia: in un condotto idrico riutilizzato come contenitore c’erano due coppe in argento, una coppia di orecchini e due singoli in oro con granati, un orecchino con terminazione a poliedro con granati, tre orecchini in oro con perle, una coppia di orecchini in oro e smeraldi, una croce e due pendenti di collana, una fibula a croce in oro, una coppia di fibule a staffa in argento dorato, quindici anelli e un puntale da cintura in argento niellato.

Reperti dal complesso monumentale tardo antico noto come “villa di Teodorico” a Galeata (foto Graziano Tavan)

La II sezione, imperniata sulla “Fine delle ville” prende in esame l’insediamento rurale di tipo sparso, già tipico delle villae e delle fattorie di età imperiale fino al VI-VII secolo; per quanto fortemente ridimensionato, tale modello mostra in alcuni settori dell’Emilia (come a Baggiovara di Modena dove nella tomba 21 del Vi sec. sono stati trovati un boccale in ceramica a rivestimento rosso, tre monete in bronzo e vaghi di collana a pasta vitrea) una sostanziale tenuta, se non una ripresa in età tardo antica, attraverso il fenomeno del recupero degli spazi secondo esigenze di carattere funerario e produttivo, che sottendono l’articolazione del quadro socio-economico dell’epoca, strettamente interrelato all’inserimento e/o all’integrazione di comunità alloctone (come i Goti e i Longobardi) nelle proprietà rurali. Al contrario, in Romagna sono stati individuati complessi residenziali da porre in relazione con una committenza elitaria, riconoscibile nella corte imperiale romana e gota (Russi-Ra e Galeata-Fc): tali abitazioni di pregio evidenziano il ruolo dei nuovi ceti dirigenti, anticipando le trasformazioni che condurranno ai grandi cambiamenti dell’alto Medioevo. In un pozzo in uso dall’età romana imperiale al VII secolo all’interno della cucina della villa romana di Russi, nel 1998 sono stati trovati un’anfora vinaria di importazione dall’Anatolia sud-occidentale, una brocca e un’anforetta in ceramica a rivestimento rosso. Invece dal complesso monumentale tardo antico noto come “villa di Teodorico” a Galeata provengono tubi fittili delle terme del palatium, due fibule in bronzo a croce greca, tre monete in bronzo (di Teodorico e del successore Atalarico) e un frammento di olla in ceramica grezza.

Corno potorio in vetro dalla necropoli longobarda di Spilamberto (Modena)

Corredo della tomba femminile 62 della necropoli di Spilamberto (foto Graziano Tavan)

I grandi mutamenti e, in particolare, l’ideologia funeraria di VI-VII secolo caratterizzano la III sezione “Nuove genti, nuove culture, nuovi paesaggi”: la tarda antichità (IV-V sec.) e l’alto medioevo (VI-VII sec.) questi cambiamenti consistono in un revival della sepoltura abbigliata (il defunto veniva inumato vestito) e nell’utilizzo più frequente di oggetti di corredo. In Emilia-Romagna c’è una sostanziale continuità tra età romana e gota (Parma, Imola – ricco corredo da Villa Clelia, Bentivoglio-Bo) e una forte differenziazione tra territori soggetti ai Longobardi (Emilia) e ai Bizantini (Romagna, qui rappresentata da Faenza e da Rimini). In particolare i rituali di morte dei Longobardi appaiono strettamente connessi con i modi di trasmissione del potere nella società dei vivi: gli elementi di corredo sembrano scelti di volta in volta per ostentare prestigio sociale negoziato localmente da parte di quelle popolazioni che nel corso del VI e VII secolo acquisiscono una supremazia politica all’interno del territorio dell’impero. Tra i reperti, selezionati prevalentemente nei territori di Parma e Piacenza, emergono – per la chiara presenza di simboli identificativi di rango – gli straordinari corredi del sepolcreto di Spilamberto (Mo). Dalla tomba maschile 37 evidenti elementi del guerriero come la cuspide di lancia, l’umbone di scudo, la spatha, la lama di coltello, due fibbie; mentre dalla tomba femminile 62 appartenente a una donna di rango ecco la sella plicatilis (sgabello pieghevole) in ferro, il corno potorio in vetro, il guanto da combattimento con manico d’avorio e maglie di ferro (simbolo di potere), la fibula discoidale in lamina d’argento dorata con cammeo centrale, paste vitree e perle di fiume incastonate nella corona, la brocca in bronzo, la lucerna in ceramica invetriata, filo aureo, due conchiglie marine, bottiglia in vetro, vaghi in pasta vitrea, anello in bronzo, fibbia di cintura in argento, bicchiere fittile “a sacchetto”, pettine a doppia file di denti e spillone in osso.

Le matrici da Comacchio e la capsella da Cividale (foto Graziano Tavan)

Allo sfarzo di alcuni manufatti dalle sepolture fanno riscontro i pochi materiali recuperati nei contesti urbani regionali (Parma, Fidenza-Pr, Rimini e Ravenna) della IV sezione “Città ed empori nell’alto Medioevo”. All’opposto, nell’VIII secolo spicca per vitalità e capacità economica l’emporio commerciale di Comacchio (Fe), importante centro lagunare aperto, in cui l’acqua gioca il ruolo fondamentale di via di comunicazione, trasporto e smistamento delle merci. Gli scavi e le ricerche archeologiche degli ultimi anni hanno recuperato reperti decisamente eccezionali, qui esposti, come una matrice per lettere in bronzo e un’altra per cammei vitrei bicolore, provenienti dagli scavi del 2008 in piazza XX Settembre a Comacchio. In vetrina anche una capsella per reliquie di fine IX secolo: viene da Cividale, ma il cameo con busto maschile su uno degli spioventi sembra realizzata con la matrice di Comacchio.

Reperti da Sant’Agata Bolognese (foto Graziano Tavan)

Con la V sezione “Villaggi, castelli, chiese e monasteri: la riorganizzazione del tessuto insediativo” vengono evidenziate le nuove forme d’insediamento tra l’VIII e il XIII secolo: castelli (Canossa, Re), villaggi di pianura (Fraore, Pr), talvolta fortificati (S. Agata Bolognese), borghi franchi (Castelfranco Emilia, Mo), chiese rurali perfettamente integrate nella rete itineraria (Pieve di S. Vitale-Carpiteti, Re – Pieve di Casola Valsenio, Ra), e il ruolo dei monasteri (Bobbio, Pc e Nonantola, Mo) incaricati del perpetuarsi della memoria dei defunti e della trasmissione della cultura.  Le chiese erano spazi di devozione, di celebrazione della liturgia e di dispensazione dei sacramenti. I monasteri, invece, erano luoghi di vita comunitaria, di trasmissione del sapere (attraverso gli scriptoria), ma anche centri di organizzazione della proprietà fondiaria, strumenti di potere nelle strategie familiari delle aristocrazie, pedine nello scacchiere politico.

L’eccezionale croce viaria lapidea del 1143 recuperata nel 2013 sotto il portico della chiesa di S. Maria Maggiore a Bologna (foto Graziano Tavan)

Boccali in maiolica del XIII secolo dal pozzo dentro la chiesa di Santa Croce di Ravenna (foto Graziano Tavan)

Il racconto termina ciclicamente – grazie alla VI sezione “Dopo il Mille: la rinascita delle città”– con il ritorno al tema dell’evoluzione dei centri urbani, fotografati nella nuova fase di età comunale: Ferrara (di cui sono esposti oggetti di straordinario valore perché conservati nonostante la deperibilità del materiale, il legno), Rimini e Ravenna, caratterizzate da rinnovato dinamismo, e Bologna, rappresentata dalla più antica croce viaria lapidea (anno 1143) recuperata nel 2013 sotto il portico della chiesa di S. Maria Maggiore (via Galliera). È in questo periodo che si cristallizza anche la nostra idea di Medioevo, perché la realtà materiale di quegli anni è ancora visibile sotto i nostri occhi (mura, chiese, torri, palazzi). Le storie dell’Emilia-Romagna si concludono a Bologna con altri eccezionali rinvenimenti dall’ex Sala Borsa e dalla chiesa di S. Giacomo Maggiore, edificio alla sommità del quale sono stati recuperati dalla collocazione originaria i bacini (piatti) in maiolica databili agli inizi del XIV secolo. Oltre alla testimonianza di una vocazione decorativa specificamente programmata e realizzata a Bologna, in uno di questi contenitori emerge la figura emblematica del ritratto di frate Simone, identificabile molto probabilmente con l’omonimo sindaco del convento di S. Giacomo.

Al via gli incontri del Gabo “…comunicare l’archeologia…”, un viaggio alla scoperta di etruschi, goti, bizantini, longobardi, veneti antichi, celti, romani, popoli mediterranei dell’età del Bronzo e abitatori delle terramara

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Approfondimenti ed escursioni collegate: è un programma molto articolato quello proposto dal gruppo Archeologico bolognese nel ciclo di conferenze del primo semestre 2018 “…comunicare l’archeologia…”: da febbraio a giugno 2018 sarà un appassionante viaggio alla scoperta di etruschi, goti, bizantini, longobardi, veneti antichi, celti, romani, e ancora: dai popoli mediterranei dell’età del Bronzo agli abitatori delle terramara. Il Gabo aderisce ai Gruppi Archeologici d’Italia, in collaborazione con i quali sono promosse campagne di ricerca, scavi e ricognizioni d’interesse nazionale, alle quali è dedicata soprattutto la stagione estiva, in collaborazione con le competenti soprintendenze Archeologiche. Il Gruppo Archeologico Bolognese collabora inoltre con il museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, il museo “Luigi Donini” di San Lazzaro di Savena e il museo della Civiltà Villanoviana (MUV) di Castenaso. La sede di quasi tutti gli incontri, che si tengono al martedì alle 21, è quella tradizionale: il centro sociale “G. Costa” in via Azzo Gardino 48 a Bologna.

Frammento di ceramica a figure rosse conservato al museo Archeologico nazionale di Adria

Il fascino di Persepoli, la capitale achemenide voluta dal re Dario

Il ciclo di conferenze del Gabo inizia martedì 20 febbraio 2018, alle 21, al “Costa”. La prima parte della serata sarà dedicata a presentare l’attività sociale febbraio-giugno 2018. Quindi Silvia Romagnoli, archeologa specializzata in Etruscologia e Travel Designer, con “Un giorno ad Adria. Vita quotidiana in un emporio etrusco nel Delta del Po”  ci porta a conoscere l’importante città portuale fin dalle origini, collocata lungo un ramo – oggi estinto – del Po. Prima emporio etrusco, quindi scalo fluviale commerciale greco nel V a.C., poi sostituito nel IV secolo a.C. dall’emporio etrusco di Spina. Adria divenne successivamente colonia dei Greci di Siracusa, quindi centro dei Galli e infine insediamento romano nel III secolo a.C. I più importanti reperti provenienti dalla città di Adria sono conservati al museo Archeologico nazionale di Adria: e il Gabo ha già programmato la gita ad Adria e al museo Archeologico nazionale per sabato 24 febbraio 2018, con la stessa Silvia Romagnoli e l’archeologa Maria Longhena: numerosissimi i frammenti di ceramica attica a figure nere e rosse esposti insieme ai vasellami di bronzo etruschi, riferibili principalmente al VI e V sec. a.C. quando il porto conobbe il suo periodo di massimo splendore. Dell’età ellenistica è invece la cosiddetta “Tomba della Biga”, una straordinaria sepoltura di tre cavalli con i resti metallici di un carro a due ruote. Per quanto riguarda l’epoca romana, i vetri di ottima qualità sono l’indizio della prosperità del luogo. Il ciclo continua martedì 27 febbraio 2018, sempre alle 21 al “Costa”, con un altro viaggio “in Iran”: Claudio Busi, cultore di storia documentarista e viaggiatore, il suo diario di viaggio in Iran arricchito con un filmato.

Il prezioso “missorium” d’argento rinvenuto a Cesena, un piatto di uso simbolico-celebrativo

La cosiddetta Dea di Caldevigo, bronzetto votivo al museo di Este

Il viaggio alla conoscenza dei popoli antichi riprende martedì 6 marzo 2018, sempre alle 21 al “Costa”, con Cinzia Cavallari, archeologa della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bologna, che introduce la mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, al museo civico Medievale di Bologna, dal 17 febbraio al 17 giugno 2018:  un viaggio nel tempo di quasi un Millennio che racconta le trasformazioni delle città e del territorio e l’affermarsi dei nuovi ceti dirigenti goti, bizantini e longobardi: castelli, monasteri, edifici di culto e Comuni, i nuovi centri di potere, hanno scritto la storia dell’intera regione dal IV-V secolo agli inizi del XIV (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/27/a-bologna-medioevo-svelato-storie-dellemilia-romagna-attraverso-larcheologia-grazie-alle-scoperte-archeologiche-degli-ultimi-40-anni-una-mostra-al-museo-civico-m/). Anche in questo caso è prevista una visiyta guidata alla mostra in data ancora da definire. La settimana successiva, martedì 13 marzo 2018, si fa la conoscenza dei veneti antichi. L’archeologa Maria Longhena parlerà de “La civiltà atestina: genti e culture del Veneto antico”. All’incontro segue sabato 17 marzo 2018 la gita a Este con visita guidata al museo nazionale Atestino a cura di Maria Longhena e Silvia Romagnoli. Il museo nazionale Atestino illustra la civiltà dei Veneti antichi, che ha caratterizzato lo sviluppo sociale e culturale locale nel corso del I millennio a.C., in dinamico rapporto con il mondo etrusco, celtico e romano. Fin dal 1876 sono emerse a Este le più consistenti testimonianze di questa civiltà, oggi esposte nelle 11 sale del museo: descrivono la vita quotidiana, le manifestazioni artistiche, quelle della religiosità e dei rituali funerari, per ricostruire la società e sottolineare analogie e differenze con l’attualità.

Il logo del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”

La prima pagina del New York Times del febbraio 1922 con la notizia della scoperta della tomba di Tutankhamon

Sono viaggi diversi quelli proposti dagli ultimi tre incontri di marzo, per il primo dei quali si cambiano giorno, orario e sede. L’appuntamento è infatti domenica 18 marzo 2018, alle 16.30, al museo della Civiltà Villanoviana in via B.Tosarelli 191 a Castenaso (Bo), per “Le interviste impossibili” con Umberto Eco che intervista Muzio Scevola, testo di Umberto Eco. Marco Mengoli, archeologo e docente di italiano e storia alle scuole superiori, nella parte dell’intervistatore; Michele Gambetti nella parte di Muzio Scevola, protagonista di una nota leggenda romana dalla quale deriva il modo di dire “Mettere la mano sul fuoco riguardo a qualche cosa”, per indicare di essere sicuri su un determinato fatto o espressione: il suo gesto estremo. Introduce l’intervista Paola Poli, archeologa e curatrice del museo della Civiltà Villanoviana (MUV) di Castenaso. Martedì 20 marzo 2018, si torna al “Costa” alle 21,  per una passeggiata virtuale lungo la strada consolare che ha dato il nome a un’intera regione: “La via Emilia tra storia ufficiale e memoria privata” illustrata da Erika Vecchietti, archeologa specializzata in Archeologia Romana, che preparerà la visita di aprile alle mostre del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”. L’ultimo incontro del mese, martedì 27 marzo 2018, alle 21 al “Costa”, con Graziano Tavan, giornalista e curatore dell’archeoblog “Archeologiavocidalpassato”, si affronta il rapporto tra archeologia e comunicazione: “Ricerca e divulgazione: archeologia sui giornali tra Tutankhamon e Indiana Jones”, excursus su come è cambiato nei secoli il concetto di archeologia, per passare poi all’archeologia come disciplina e come ricerca sul campo, fino a quando uscendo dagli ambienti accademici l’archeologia diventa divulgazione per raggiungere il grande pubblico attraverso la comunicazione sui giornali, non solo in Italia.

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018

La locandina della mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” a Reggio Emilia

Il programma del mese di aprile apre sabato 7 con la gita a Modena e Reggio Emilia con Erika Vecchietti per le mostre sulla via Emilia. Al foro Boario di Modena la mostra “Mutina Splendidissima”, dove i reperti e le opere d’arte, accostati a preziose testimonianze provenienti da numerosi musei italiani, affiancano le ricostruzioni virtuali dei principali monumenti di Mutina (le mura, il foro, l’anfiteatro, le terme, una domus) che fanno da contrappunto alla descrizione delle città dal periodo precedente la sua fondazione, avvenuta nel 183 a.C., alla decadenza verificatasi nella tarda età imperiale (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/24/mutina-splendidissima-la-citta-romana-e-la-sua-eredita-apre-a-modena-la-mostra-clou-per-i-2200-anni-della-fondazione-della-colonia-romana-sulla-via-emilia-che-racconta-le-origini/). Al Palazzo dei musei di Reggio Emilia c’è invece la mostra “On the road”, un percorso virtuale che ci permette di conoscere i segreti della via Emilia, la sua costruzione, le sue strutture, i suoi servizi, ma anche le città sorte lungo il suo tracciato e le popolazioni che le abitavano (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/14/on-the-road-la-mostra-di-reggio-emilia-propone-una-riflessione-sulla-storia-della-via-emilia-e-sul-suo-fondatore-sul-significato-della-strada-nella-contemporaneita-in-un-itinerari/). Gli incontri riprendono martedì 10 aprile 2018, alle 21 al “Costa”, con “Nuove testimonianze archeologiche dalla città romana di Claterna”: Renata Curina, archeologa della soprintendenza di Bologna, Maurizio Molinari, archeologo dell’associazione “Civitas Claterna”, e Claudio Negrelli, archeologo responsabile scientifico dell’associazione “Civitas Claterna”, illustreranno i risultati della campagna di scavo 2017 che ha inaugurato un nuovo progetto triennale di ricerca focalizzato su due precisi settori dell’antica città di Claterna: la già nota Casa del Fabbro,  dove sono stati scoperti nuovi ambienti (un piccolo impianto termale e altri vani con pozzi e cucina) e l’area centrale destinata in antico agli edifici pubblici, che ha rivelato le imponenti strutture del teatro e di un secondo edificio dell’area pubblica (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/02/claterna-fu-promossa-da-m-vipsanio-agrippa-il-genero-di-augusto-i-risultati-della-campagna-di-scavo-2017-potrebbero-cambiare-la-datazione-della-citta-romana-sulla-via-emilia-tra-bologna-e-imola-sc/). Il martedì successivo, 17 aprile, alle 21 al “Costa”, Maurizio Cattani, dell’università di Bologna, affronta il tema “Isole di Storia. Esplorare il Mediterraneo nell’età del Bronzo”.

La terramara di Pragatto in provincia di Bologna

Si riprende martedì 8 maggio 2018, alle 21 al “Costa”, con Monica Miari, archeologa della soprintendenza di Bologna, che ci porta nel mondo delle terramara, tipo di insediamento apparso nella pianura padana a sud del Po durante l’Età del Bronzo, attorno al 1550 a.C.: si tratta di un villaggio di capanne costruite su un impalcato ligneo cinto da un argine e da un fossato. La denominazione viene dalla “terramarna” raccolta sui bassi rilievi emergenti della pianura e anticamente usata per concimare i campi. La conferenza illustra i “Nuovi dati dagli scavi della terramara di Pragatto”, la più importante e ricca terramara della provincia di Bologna, scoperta nel 1879 dall’archeologo Antonio Zannoni. Gli incontri chiudono martedì 15 maggio 2018, alle 21 al “Costa”: “Viaggio in Etruria con George Dennis: Vulci ”. Letture e commenti da “Cities and cemeteries of Etruria” di George Dennis e proiezione del documentario “Vulci” di Alan Badel a cura di Silvia Romagnoli. Ma il Gabo riserva un appuntamento anche in giugno: dal 5 al 10 giugno 2018, viaggio in Provenza sulle tracce delle vestigia romane e visita alla replica della famosa Grotta di Chauvet.

A Bologna “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”: grazie alle scoperte archeologiche degli ultimi 40 anni, una mostra al museo civico Medievale ricostruisce la storia dell’intera regione scritta da Goti, Longobardi e Bizantini dal IV-V secolo agli inizi del XIV

Fibula gota dagli scavi di Villa Clelia a Imola in mostra a Bologna in “Medioevo svelato”

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018

La locandina della mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” a Reggio Emilia

L’ingresso del museo civico Medievale di Bologna

Da una parte c’è l’Emilia, tributo alla strada romana costruita nel 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido; dall’altra la Romagna, dove Ravenna assurge al rango di ultima capitale dell’Impero Romano d’Occidente (402-476 d.C.). Emilia e Romagna: un matrimonio recente ma un fidanzamento lunghissimo e non sempre pacifico. Nel 7 d.C. l’imperatore Augusto definisce i confini delle 11 regioni d’Italia chiamando questo territorio Regio VIII Aemilia. I contorni sono più o meno quelli attuali ed è all’interno di questo limes geografico che ricama la storia, modificando usanze, articolando mestieri, differenziando dialetti, mettendo radici persino nella gastronomia, con il culto emiliano del suino e quello romagnolo dell’ovino, in particolare il castrato. Tradizioni che sanciscono i confini fluidi ma tangibili che nell’alto Medioevo separavano le terre occidentali, soggette alla conquista longobarda, da quelle orientali della Romagna bizantina. Dopo Modena con la mostra “Mutina splendidissima” e Reggio Emilia con la mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017”, Bologna si inserisce nel programma culturale che celebra i 2200 anni lungo la Via Emilia con un’importante mostra archeologica sul medioevo emiliano-romagnolo. Dal 17 febbraio al 17 giugno 2018 il capoluogo felsineo ospita al Lapidario del museo civico Medievale l’esposizione “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, a cura di Sauro Gelichi dell’università Ca’ Foscari di Venezia e Luigi Malnati della soprintendenza di Bologna, promossa da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e Istituzione Bologna Musei, Musei Civici d’Arte Antica  in collaborazione con segretariato regionale del MiBACT per l’Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, IBC Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza, complesso monumentale della Pilotta e Polo Museale dell’Emilia-Romagna. “Medioevo svelato” è un viaggio nel tempo di quasi un Millennio che racconta le trasformazioni delle città e del territorio e l’affermarsi dei nuovi ceti dirigenti goti, bizantini e longobardi: castelli, monasteri, edifici di culto e Comuni, i nuovi centri di potere, hanno scritto la storia dell’intera regione dal IV-V secolo agli inizi del XIV.

Il prezioso “missorium” d’argento rinvenuto a Cesena, un piatto di uso simbolico-celebrativo

Un corno potorio longobardo dalla necropoli di Ponte del Rio di Spilamberto

“L’Emilia-Romagna”, spiegano i curatori, “fornisce uno spazio di ricerca privilegiato per analizzare la delicata fase che traghetta il mondo antico verso l’età moderna, con tutto il suo portato di innovazione e conservazione. Una transizione che si riverbera in ogni aspetto della vita politica, economica, sociale e culturale, rappresentando un momento decisivo nella costruzione di nuovi assetti di potere e nuove identità. Da global a local, diremmo oggi, dalla globalizzazione dei romani ai particolarismi del medioevo. Grazie all’archeologia e alle intense ricerche che hanno interessato questa regione negli ultimi 40 anni, possiamo accostarci in modo inedito e originale al lungo periodo che va dal IV-V secolo agli inizi del Trecento”. La parola spetta agli oggetti: dal missorium d’argento cesenate (piatto di uso simbolico-celebrativo) che testimonia la vita agiata di un possidente terriero nella tarda antichità alle fibule di età Gota rinvenute a Imola, dagli strepitosi reperti longobardi recuperati nella necropoli di Ponte del Rio di Spilamberto al servizio liturgico in argento di età bizantina (piattello più sette cucchiai) proveniente da Classe, dai bicchieri in legno rinvenuti a Parma al bacino (piatto) in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di S. Giacomo Maggiore, ogni reperto racconta con nuove chiavi di lettura questo lungo e complesso percorso storico.

Bacino (piatto) in maiolica con l’immagine di frate Simone dalla facciata di San Giacomo Maggiore di Bologna

Valva di matrice lapidea per la lettera “N” da Comacchio

L’esposizione offre una panoramica del territorio regionale attraverso quasi un millennio di storia: più di 300 reperti (327 ma in realtà molti di più perché ad esempio gli elementi di una cintura sono considerati un’unità, così come una coppia di orecchini, un pettine con astuccio o le perle di una collana) tracciano il quadro di una narrazione che va dalla Tarda antichità (IV-V secolo) al Medioevo (inizi del Trecento). L’Emilia-Romagna fornisce una prospettiva di ricerca privilegiata per la comprensione dei fenomeni complessi che nella delicata fase di passaggio al Medioevo investono non solo gli aspetti politici, sociali ed economici ma la stessa identità culturale del mondo classico. Partendo da un’istantanea sulle città nell’alto Medioevo, profondamente ridimensionate rispetto alla vitalità dei secoli precedenti e contrapposte al dinamismo del nuovo emporio commerciale di Comacchio (FE), lo sguardo si allarga alla riorganizzazione delle campagne dove fioriscono castelli, villaggi, borghi franchi, pievi e monasteri. La narrazione termina ciclicamente con la rinascita delle città in età comunale. A questa fase Bologna fornisce un contributo eccezionale con lo straordinario recupero -dalla collocazione originaria- dei bacini (piatti) in maiolica datati agli inizi del XIV secolo, rinvenuti alla sommità della chiesa di San Giacomo Maggiore durante i lavori di restauro dell’edificio. Oltre a testimoniare una vocazione decorativa specificamente programmata e realizzata in città, uno di questi piatti riporta il ritratto emblematico di frate Simone, identificabile molto probabilmente con l’omonimo sindaco del convento di San Giacomo.

La card musei per il progetto “2200 anni lungo la via Emilia”

“Medioevo svelato” allarga all’intera Emilia-Romagna il raggio di azione del progetto “2200 anni lungo la Via Emilia” offrendo al pubblico una promozione particolare legata alla Card Musei Metropolitani Bologna: grazie a una convenzione tra i Comuni di Bologna, Modena, Parma e Reggio Emilia, i possessori della Card avranno diritto all’ingresso con biglietto ridotto alle mostre “Mutina splendidissima” (Modena, Foro Boario, fino all’8 aprile 2018) e “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017” (Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, fino al 1° luglio 2018). Reciprocamente, i possessori di biglietto delle due esposizioni di Modena e Reggio Emilia avranno diritto alla riduzione sul titolo d’ingresso per la mostra al museo civico Medievale di Bologna. Nel caso di Parma, l’accordo prevede un impegno congiunto per la comunicazione del nuovo Spazio “Aemilia 187 a.C.”, inaugurato a dicembre 2017 nel sottopasso Ponte Romano e accessibile gratuitamente. A tutti coloro che presenteranno un biglietto di ingresso per il museo Archeologico nazionale di Parma sarà inoltre riconosciuta la tariffa ridotta per visitare la mostra “Medioevo svelato”.

La Via Emilia: ecco il ricco calendario di grandi mostre, presentazione di ricerche e scoperte archeologiche, ricostruzioni 3D, cyber archeoologia ed eventi per celebrare i 2200 anni dalla fondazione romana di Mutina, Parma e Regium Lepidi. Si inizia da Reggio Emilia, poi Parma e Modena, per finire a Bologna col Medioevo svelato

La passeggiata nella storia lungo la via Emilia comincia da Reggio Emilia, la romana Regium Lepidi, l’unica città della regione che conservi nel proprio nome il ricordo del suo fondatore, il console Marco Emilio Lepido, eponimo anche della via Aemilia. La mostra “Lo Scavo in Piazza. Una casa, una strada, una città” (dall’8 aprile al 3 settembre 2017) che documenta la storia di un quartiere suburbano, alla luce degli scavi archeologici in piazza Vittoria, ha aperto ufficialmente il ricco programma di eventi (mostre, ricostruzioni e di eventi, progettati per coinvolgere pubblici diversi) nell’ambito del progetto “2200 anni lungo la via Emilia” che vuole celebrare i 2200 anni dalla nascita romana di tre città: Mutina (Modena) e Parma divenute colonie nel 183 a. C. e Regium Lepidi (Reggio Emilia), istituita come forum negli stessi anni. E poi, con un ulteriore passo nel tempo e nello spazio lungo la stessa strada, l’approdo a Bologna, dove al centro dell’attenzione ci sarà il Medioevo emiliano – romagnolo. La via Emilia, dunque, come arteria unificante della regione che tuttora ne conserva il nome, arteria che diventa un itinerario per scoprirne la storia antica e gli aspetti che hanno contribuito a definire l’identità delle città e del territorio che collega. Le iniziative (come annunciato da archeologiavocidelpassato, vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/04/05/via-aemila-183-a-c-2017-2200-anni-dalla-fondazione-di-modena-e-parma-e-di-li-a-poco-di-reggio-con-un-unico-comun-denominatore-la-strada-voluta-dal-console-marco-emilio-lepido-che-ancor/) sono state presentate a Palazzo Venezia a Roma in un incontro al quale sono intervenuti Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti; Maria Utili, dirigente della direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio del Mibact; Edith Gabrielli, direttrice del Polo Museale del Lazio; Luigi Malnati, soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Valeria Cicala, funzionaria istituto Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna; Gian Carlo Muzzarelli, sindaco di Modena; Federico Pizzarotti, sindaco di Parma; Raffaella Curioni, assessore a Educazione e Conoscenza del Comune di Reggio Emilia; Bruna Gambarelli, assessora a Cultura e Progetto nuove centralità culturali nelle periferie di Bologna; Francesca Piccinini, direttrice dei Musei Civici di Modena in rappresentanza del coordinamento del progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”. Il programma, hanno ricordato gli intervenuti, intende non solo valorizzare le origini romane di Modena, Parma e Reggio Emilia, ma contestualizzarle nell’ambito del ruolo svolto fino ai nostri giorni dalla strada che le collega. Il ponte fra romanità e contemporaneità è rappresentato con linguaggi diversi che vanno dall’esposizione dei reperti agli incontri di approfondimento scientifico, dalla narrazione alla street art, dalla multimedialità al gioco in un susseguirsi di eventi che accompagneranno tutto il 2017. E allora vediamo un po’ meglio l’articolato calendario.

Le iniziative di Regium Lepidi

Il tracciato della Via Emilia ancora ben visibile in centro a Reggio Emilia (foto Carlo Vannini)

Come si diceva, si inizia da Reggio Emilia dove, tra 2017 e 2018, i musei Civici e la soprintendenza, prendendo il via dalle recenti scoperte archeologiche in città, propongono un articolato programma di mostre ed eventi destinati a valorizzare i primordi del fenomeno urbano in Emilia. La mostra “Lo Scavo in Piazza. Una casa, una strada, una città”, a Palazzo dei Musei di Reggio fino al 3 settembre, presenta i materiali provenienti dal recente scavo di piazza della Vittoria: i pavimenti a mosaico di una domus, una lucerna figurata, una selezione dei pezzi più notevoli del Tesoro romano-barbarico, un frammento di scuola antelamica attribuibile alla fabbrica del Duomo e decine di altri reperti (coppe, anelli, monete). “È qui che passa la cosiddetta Via obliqua”, spiegano gli organizzatori, “una strada di orientamento anomalo – in deroga al perfetto reticolo ortogonale della città romana incentrato sulla via Emilia – che inciderà sulla fisionomia urbana fino al pieno medioevo”. Con questi e altri reperti di epoca romana e medievale, emersi nei diversi interventi di restauro e riqualificazione di spazi pubblici ed edifici privati, la mostra illustra – con apparati innovativi – la storia e le trasformazioni avvenute nel quartiere urbano situato nel settore nord-occidentale dell’antica Regium Lepidi.

Full immersion nella Reggio romana con le installazioni multimediali di Francesco Forte

Dall’8 aprile 2017 il Palazzo dei Musei con la “Sala Regium Lepidi 3D” dà vita a un museo virtuale permanente all’insegna della Cyber Archeologia. Oggi come allora, immersi nell’architettura dell’antica Regium Lepidi, quando i romani ne percorrevano le strade in toga e calzari, si potrà vivere un’esperienza unica, che consente una full immersion nella città antica grazie a sofisticate apparecchiature all’avanguardia come i caschi immersivi Oculus Rift, le postazioni olografiche di Z-space, le proiezioni 3D di Dreamoc, i QR code in realtà aumentata e la visualizzazione stereo-immersiva del paesaggio archeologico. Il progetto, destinato a porre Reggio Emilia sempre più in prima linea per capacità di innovazione, è basato su uno studio approfondito del patrimonio archeologico di età romana presente a Reggio Emilia ed elaborato e gestito da Maurizio Forte della Duke University, nonché noto studioso nel campo della cosiddetta virtual archeology. Lo scopo finale della narrazione digitale è aprire diverse prospettive nell’immaginazione virtuale della città, producendo nuove interpretazioni sul tessuto urbano.

“Cinema tra le rovine” a Reggio Emilia

Nei quattro giovedì sera di luglio (6, 13, 20 e 27) alle 21 si svolge “Cinema tra le Rovine 20 anni dopo”. Nel ventennale della rassegna serale estiva ambientata tradizionalmente nel Giardino archeologico del Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, dove fanno da suggestiva cornice i monumenti funerari di età imperiale romana, si propongono quattro serate con un programma di proiezioni di film muti di ambientazione antico-romana, con accompagnamento musicale dal vivo del maestro Marco Dalpane. Il genere storico archeologico verrà illustrato di volta in volta da celebri critici cinematografici. Nella serata conclusiva verrà proposto il capolavoro di Stanley Kubrik “Spartacus”, con il commento di un archeologo.

Fibula aurea dal tesoro tardoantico di Reggio Emilia (foto Marco Ravenna)

Maurizio Forte in una postazione Z-Space

Nel tardo autunno poi il secondo evento espositivo: la mostra “La buona strada. Regium Lepidi e la via Aemilia” (23 novembre 2017 – 8 aprile 2018), documenta la fortuna della strada sino al Medioevo e riporta l’attenzione sulla figura del costruttore, il console Marco Emilio Lepido. La via Emilia, il cui tracciato è già testimoniato in parte in epoca preromana, non ha mai cambiato il suo percorso, almeno nello spazio urbano, come dimostra un recente scavo che ha rivelato la sovrapposizione di ben otto livelli di pavimentazioni stradali con il medesimo orientamento, dall’età augustea ai giorni nostri. Dopo avere presentato la strada in tutto il suo sviluppo con un focus sulla figura del costruttore e sui trasporti in età romana, la mostra si concentra sul tratto compreso fra il corso del Secchia e quello dell’Enza, cioè il territorio reggiano; mentre sul piano temporale abbraccia un arco di storia fra l’età etrusca e il Medioevo, con principale attenzione sul periodo romano e uno sguardo finale contemporaneo. Ricostruzioni di mezzi di trasporto e apparecchiature all’avanguardia come i caschi Oculus Rift, le postazioni olografiche di Z-space, le proiezioni 3D di Dreamoc, i QR code consentiranno di conoscere meglio l’antica Regium Lepidi.

Gli eventi di Parma 2200

Numerosi sono gli eventi che la Città di Parma ha ideato per i 2200 anni lungo la via Emilia. Tra questi, il ciclo di conferenze e visite guidate “Fondazione Città di Parma 183 A.C.” sulle tracce della Parma romana, gli incontri de “Il Battistero si svela”, dedicati a uno dei monumenti simbolo della città, le esposizioni, come “Archeologia e alimentazione nell’eredità di Parma romana” (Galleria S. Ludovico, 2 giugno – 16 luglio 2017), che ripercorrerà le origini della cultura alimentare parmense, o “Alla scoperta della Cisa Romana” (Palazzo Bossi Bocchi, 8 ottobre – 17 dicembre 2017), con gli esiti della ricerca archeologica sul Monte Valoria. La mostra “Archeologia e alimentazione nell’eredità di Parma romana” propone un’esperienza in cui ricostruzioni multimediali di oggetti, ambienti e stimoli sensoriali, assieme a reperti archeologici, permettono di esplorare le tracce della romanizzazione del territorio. Mediante analogie tra oggetti antichi e moderni si potranno riconoscere saperi tecnici di una cultura lontana arrivati fino a oggi. Il percorso espositivo, arricchito dalla ricostruzione in 3D della forma urbis romana di Parma, a cura dell’associazione culturale 3D Lab, continua con l’itinerario “Parma Sotterranea” dove si potranno visitare i luoghi più significativi della città antica e si completa, dall’autunno, con un’applicazione per smartphone che, utilizzando la realtà aumentata, ricostruirà le architetture più importanti. Arricchiscono il programma il concorso tematico per giovani illustratori, la creazione di “Aemilia 187 a.C.”, un nuovo spazio pubblico museale nell’area del Ponte Ghiaia, la “Festa della storia” incentrato sui 2200 anni della fondazione cittadina e un importante convegno scientifico internazionale (12-13 dicembre).

Il ritrovamento dei resti del ponte romano a Parma negli scavi degli anni Sessanta del Novecento

Con “Aemilia 187 a. C.” (ottobre 2017), nell’area di Ponte Ghiaia, torna alla luce un pezzo dell’antica Parma romana: cardine delle celebrazioni dei 2200 anni di fondazione della città, “Aemilia 187 a.C.” è un importante progetto di riqualificazione dell’area di Ponte Ghiaia, che comprende un percorso pedonale archeologico urbano su diversi livelli e uno spazio-laboratorio polifunzionale gestito dall’università di Parma. L’intervento prevede inoltre l’esposizione di oltre 170 reperti, ritrovati durante gli scavi della “Nuova Ghiaia”, di cui il Ponte Romano stesso costituisce “il reperto” per eccellenza.

Gli eventi di Mutina splendidissima

Frammento di decorazione parietale con rilievo in stucco di prima età imperiale, con figura di offerente, da una lussuosa villa del suburbio di Mutina

“Definita da Cicerone firmissima et splendidissima, importante città romana dell’Italia settentrionale”, spiegano i promotori del progetto, “Mutina si trova al di sotto delle strade del centro storico, custodita dai depositi delle alluvioni che si verificarono in epoca tardoantica”. Con le celebrazioni del 2017 si vuole rendere percepibile la realtà sepolta attraverso una serie di eventi e una grande mostra dal titolo “Mutina Splendidissima” (25 novembre 2017 – 8 aprile 2018) che ne racconti attraverso nuove scoperte le origini, lo sviluppo e l’eredità lasciata alla città moderna. Già Plinio ricordava che Mutina basava la sua ricchezza su tre produzioni di eccellenza: lane, ceramica pregiata e vino. “Nuove ricerche”, sottolineano gli archeologi, “hanno fatto ritrovare tracce tangibili dell’economia della lana e individuare ville che ne controllavano il commercio. Le lane modenesi erano tra le più pregiate e ricercate dell’impero, tanto da essere ricordate ancora nell’Editto dei prezzi, nel III secolo d.C.  Recentissime scoperte hanno portato alla luce decorazioni parietali con scene figurate tracciate con pigmenti pregiati, stucchi a rilievo ed elementi d’arredo di elevato pregio artistico, equiparabili a quelli provenienti da Pompei”.  Coniugando dati epigrafici e storici verranno resi noti i profili dei Mutinenses: dai primi coloni ai cittadini emigrati in altre regioni dell’impero. Geologia, archeobotanica e archeozoologia permettono poi di ricostruire l’assetto ambientale, idrografico e geologico di 2200 anni fa. Alluvioni e terremoti, che hanno profondamente mutato il paesaggio antico, sono interpretati alla luce dei recenti fenomeni naturali che hanno colpito il territorio modenese e la pianura padana. Un ricco repertorio di opere testimonia come la memoria di quel passato sia diventata nei secoli un’eredità che Modena ha interpretato in un dialogo continuo con la città romana, che ha svolto un ruolo significativo nella costruzione dell’identità culturale e artistica cittadina, soprattutto nella fase di costruzione della cattedrale romanica – ora Patrimonio Unesco – e durante il Rinascimento, quando il riferimento all’Antico orientava  le scelte politiche, il vivere sociale e il linguaggio artistico. Nella mostra, reperti e opere d’arte accostati a preziose testimonianze da numerosi musei italiani, si affiancano a ricostruzioni virtuali a cura di Altair4 Multimedia, ricostruzioni a grandezza naturale, digital storytelling, laboratori didattici.  Alla mostra allestita negli spazi del Foro Boario si collegano le esposizioni curate da Galleria e Biblioteca Estense. In calendario anche altri eventi che vanno dalla street art 3D con artisti internazionali a creare varchi illusori verso il sottosuolo (12 – 14 maggio), alla rievocazione storica (7-10 settembre), alle narrazioni di Ert Fondazione Emilia Romagna Teatro (28 ottobre) che coniugano antiche e moderne abilità imprenditoriali da Mutina al Mef Museo Enzo Ferrari.

Rendering dell’evento “Varchi nel tempo. Tra archeologia e street art 3D”

Dal 12 al 14 maggio 2017 nel centro storico, si potrà dunque assistere a “Varchi nel tempo. Tra archeologia e street art 3D”. Mutina è una città sepolta dalle alluvioni che a partire dal III secolo d.C. ricoprirono e custodirono nel tempo case, edifici pubblici e strade che successivamente l’archeologia ha riconosciuto fino a ricomporre un quadro dell’impianto urbano. In attesa della mostra “Mutina Splendidissima”, i luoghi della città sepolta che si aprivano lungo la Via Aemilia si svelano attraverso illusionistici sprofondamenti nel sottosuolo realizzati da “street artisti” internazionali che per la prima volta coniugano all’archeologia urbana la loro maestria nel realizzare vere e proprie voragini 3D. Gli stessi luoghi saranno visitabili attraverso elaborate ricostruzioni virtuali on line realizzate da Altair 4 Multimedia. Nello stesso fine settimana (13 – 14 maggio) un evento legato al vino Lambrusco ambientato a Palazzo dei Musei ospita “Dall’uva perusinia al Lambrusco”. “Mutina va fiera dell’uva perusinia, d’acino nero, il cui vino sbianca nel giro di 4 anni”, scrive Plinio nel I secolo d.C. Dall’antenato del Lambrusco a oggi, un percorso sulle tracce di una secolare tradizione di eccellenza fra degustazioni dalle migliori cantine emiliane, incontri con esperti e visite alle raccolte del Palazzo dei Musei. Poi, dal 7 al 10 settembre nel verde del grande parco Ferrari ritornano le ricostruzioni storiche di “Mutina Boica” intitolate nel 2017 “La fondazione. 183 a.C.” Il grande evento di rievocazione storica, giunto alla nona edizione, è dedicato alla fondazione di Mutina, avvenuta poco dopo la costruzione della Via Aemilia, e si svolge alternando campi storici, laboratori e spettacoli con centinaia di rievocatori dall’Italia e dall’estero. Un modo nuovo e coinvolgente di raccontare e rivivere vicende e personaggi di un antico passato. E una ulteriore modalità espressiva racconterà la romanità di Modena dal 15 al 17 settembre 2017 con un intervento artistico “site specific” in concomitanza con il Festival Filosofia 2017 sul tema delle “arti”. Su una parete dello storico edificio ex caserma Santa Chiara sarà realizzata un’immagine dedicata a Mutina. L’autore, Eron, è un artista italiano pioniere del writing in Italia, tra i più dotati e virtuosi interpreti della scena internazionale dell’arte urbana. Invece il 3 giugno al teatro Storchi in calendario lo spettacolo “La città sepolta”, scene corali, monologhi e danze con protagonisti gli studenti del liceo classico Muratori – San Carlo guidati dal regista Tony Contartese (collaborazione Musei Civici e associazione culturale Sted).  Le narrazioni di Ert Emilia Romagna Teatro Fondazione (28 ottobre) dal titolo “Ars tua, Ars mea: fabrica nostra” coniugano antiche e moderne abilità imprenditoriali da Mutina al Mef Museo Enzo Ferrari in occasione della ricollocazione della stele dei Lolli, portata in luce alcuni anni fa davanti alla casa natale di Enzo Ferrari.

Gli eventi a Bologna

Corno potorio in vetro dalla necropoli longobarda di Spilamberto (Modena)

Bologna, antica colonia latina lungo la Via Aemilia, ospita al museo civico Medievale la mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia” (dal 24 novembre 2017 al 2 aprile 2018), che consente di viaggiare nel tempo per quasi un Millennio (dal V secolo agli inizi del Trecento) in una regione in cui ancora oggi sono profondamente radicati i confini fisici e gastronomici tra Emilia longobarda e Romagna bizantina (Ravenna). Il racconto si dipana dalle trasformazioni delle città tardoantiche all’evoluzione degli insediamenti rurali, evidenziando il potere dei nuovi ceti dirigenti (Goti, Bizantini e Longobardi) attraverso la ritualità funeraria. Dopo un’istantanea sulle città nell’alto Medioevo, profondamente ridimensionate rispetto alla vitalità dei secoli precedenti, e contrapposte al dinamismo dei nuovi empori commerciali (Comacchio nel Ferrarese), lo sguardo si allarga alla riorganizzazione delle campagne (villaggi, castelli, borghi franchi, pievi e monasteri). La narrazione termina ciclicamente con la rinascita delle città, studiate nella nuova fase di età comunale. La mostra è curata da Sauro Gelichi (professore ordinario di Archeologia Medievale all’università Ca’ Foscari di Venezia) e Luigi Malnati (soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara).