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Napoli. Paolo Giulierini, direttore dal 2015 del museo Archeologico nazionale, traccia un bilancio di quasi 8 anni di lavori e annuncia nuove tappe per un Mann “come non si è mai visto prima”

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La sezione scultura campana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Era il 1° ottobre 2015 quando Paolo Giulierini assumeva la direzione del museo Archeologico nazionale di Napoli, non senza suscitare polemiche e critiche per un archeologo (etruscologo) che fino a quel momento poteva vantare “solo” la direzione del museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona. Sono passati sette anni e mezzo dalla sua nomina e chi visita il Mann (e si ricorda come era prima) può toccare con mano il lavoro portato avanti sotto la sua direzione i cui risultati hanno smentito qualsiasi detrattore di turno.

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La sezione scultura campana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

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Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, davanti al presepe continuum 2022 (foto graziano tavan)

A sorpresa un bilancio – seppur sommario – del suo mandato lo ha fatto lo stesso Giulierini e lo ha postato nei giorni scorsi sul suo profilo Fb. “Tutto finito – esordisce – per la sezione di scultura campana: 7 milioni di fondi PON spesi correttamente fino all’ultimo euro, un museo che non sarà più lo stesso perché, essendo raddoppiato, sarà uno dei più importanti al mondo per l’archeologia classica. Dal 2015 abbiamo riallestito, perché chiuse o dismesse, la sezione egizia; la sezione epigrafica; la sezione Magna Grecia; la sezione Preistoria; i tre giardini. È stato aperto un bar; rifatti i tetti e completamente sostituiti gli infissi. È stato organizzato un allestimento permanente con 100 capolavori di Pompei da Sing Sing; ed è stato ristrutturato il Braccio Nuovo, fermo da decenni, con un auditorium da 300 posti, il settore restauro, la didattica e, tra pochi mesi, apriranno un ristorante e una sezione tecnologica pompeiana”.

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Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)

Ma la macchina del Mann non si ferma. “A marzo – continua Giulierini – partono i lavori per 11 milioni di euro nei sotterranei del Mann (già appaltati) per nuovi servizi e spazi espositivi; e tra 15 giorni parte il cantiere per la seconda fase del restauro del mosaico di Alessandro”. Con una sottolineatura polemica: “Nessuno aveva voluto affrontare il problema”.

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Statuette esposte nella sezione Egizia del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Studio Guicciardini e Magni)

Poi qualche scadenza. “Giusto per rassicurare tutti, entro Pasqua: riapre la sezione egizia (erano necessari lavori di manutenzione dopo 8 anni); torna da Milano la tazza farnese; entro la prima settimana di maggio: tornano tutti gli affreschi dalla superba mostra di Bologna. Entro giugno: tornano l’Atlante farnese e la Venere callipigia; si completa l’entrata nel mondo digitale del Mann (app con contenuti e open data)”.

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L’allestimento della mostra “Fuga dal museo” di Dario Assisi e Riccardo Maria Cipolla nella galleria Principe di Napoli (foto Mann)

“Il Museo a quel punto sarà NON completo in ogni sua parte – conclude Giulierini -, ma come NON si è mai visto. Naturalmente abbiamo già le risorse e le progettualità per riaprire le sezioni di Neapolis, Cuma, Orientale, Storia del Museo, raddoppio pompeiane e copertura della Meridiana, sezione Mediterraneo. Siamo partner di importanti azioni di rigenerazione urbana per la Galleria Principe, Palazzo Fuga e Istituto Colosimo. Sono stati spesi complessivamente oltre 50 milioni di euro di fondi europei. Siamo in tutta Italia e in quattro continenti nel mondo con mostre straordinarie”.

Napoli. Il Mosaico di Alessandro narrato con le nuove tecnologie al museo Archeologico nazionale: un sistema multicanale in 3D con contenuti aumentati e uso del videomapping che migliorano ulteriormente l’accessibilità nei confronti dei diversi pubblici ai quali il Mann si rivolge

Restauratori al lavoro sul grande mosaico di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Marco Pedicini)

Il Mosaico di Alessandro narrato con le nuove tecnologie: conclusa la prima fase di restauro sul capolavoro che rappresenta la celebre battaglia di Isso, la sezione dei Mosaici del museo Archeologico nazionale di Napoli si arricchisce grazie a un sistema  multicanale in 3D con contenuti aumentati e uso del videomapping.  L’iniziativa “Il Gran Mosaico”, che rientra fra le azioni previste dal progetto “Il Museo accessibile” (PON CULTURA E SVILUPPO FESR 2014-20 Decreto ADG 11/2016), prevede, in allestimento, quattro contenuti multimediali (tre video ed un ologramma).  Ideazione, testi e coordinamento scientifico del progetto sono a cura dei Servizi Educativi del MANN- Lucia Emilio (responsabile) con  Elisa Napolitano,  Angela Rita Vocciante e Annamaria Di Noia,  mentre  la realizzazione è stata affidata a Protom Group SpA: finalità del programma di interventi “Museo Accessibile”, coordinato dal prof. Ludovico Solima (università della Campania “Luigi Vanvitelli”), è l’inclusione di diversi tipi di visitatori, con particolare riguardo alle persone sorde. 

Il gruppo di lavoro con personale Mann e Protom Group per il progetto “Gran Mosaico” (foto mann)

“Il Mann è sempre più digitale e accessibile grazie a questo progetto prezioso che affianca lo storico restauro del mosaico di Alessandro, accompagnandoci in una nuova fruizione della sezione dei mosaici”, commenta il direttore del Mann, Paolo Giulierini. “Grande cura scientifica,  nuovi linguaggi e tecnologie, attenzione per l’inclusione, sono le linee guida di questi progetti, circa venti, che, partendo dalla copertura Wi-Fi del Museo nel 2017,  portano oggi al Museo la realtà aumentata, con il macedone che racconta in ologramma le sue imprese. E altre sorprese ci attendono”. E il professor Ludovico Solima afferma: “Il Mann si avvia al completamento del programma “Il Museo accessibile”, del quale ho svolto il coordinamento scientifico, con la presentazione di questo progetto, che adotta un’innovativa modalità di narrazione del Mosaico di Alessandro: insieme ai tre filmati, che descrivono i luoghi, le tecniche e il viaggio dell’opera da Pompei al Mann, è stata infatti messa a punto da Protom un ologramma che mostra Alessandro descrivere i momenti salienti della Battaglia di Isso, con animazioni facciali e movimenti labiali che conferiscono a tale raffigurazione tridimensionale una significativa espressività. Con questo progetto, il Mann conferma la sua propensione all’innovazione, sperimentando linguaggi e tecnologie innovative, in grado di migliorare ulteriormente la propria accessibilità nei confronti dei diversi pubblici ai quali il Museo si rivolge”.

Frame del video che racconta il trasferimento del Mosaico di Alessandro da Pompei al Real Museo Borbonico (foto mann)

Nell’allestimento multimediale sono presenti tre video: parte 1) Il “Mosaico di Alessandro” racconta non solo il contesto in cui nasce l’opera, nella  casa del Fauno di Pompei, ma anche la funzione che il capolavoro rivestiva all’interno della lussuosa domus e la specificità del soggetto rappresentato. Dal punto di vista tecnico, di particolare interesse è stata l’attività di modellazione e colorazione della Casa del Fauno, cui è seguita l’animazione del mosaico stesso; parte 2)  “Le tecniche del Mosaico” descrive, attraverso la produzione di modelli virtuali rappresentativi della sezione di un mosaico di epoca romana, la prassi di realizzazione del capolavoro in dettaglio, secondo quanto definito dalle fonti ed evidenziato dalla ricerca archeologica; parte 3) “Il viaggio del Gran Mosaico” ripercorre le principali tappe storiche che portarono al distacco del capolavoro da Pompei ed al suo successivo arrivo al Museo. Di particolare suggestione è stata l’indagine sui documenti  di archivio (prima metà del XIX secolo) e sulle fotografie (decenni iniziali del XX secolo). La tecnologia del digital composing (VFX) permette di evidenziare parti di testo sulle scannerizzazioni dei documenti storici e di animare le foto, proprio come se scorresse una macchina da presa nel seguire il racconto. Tutti i video prevedono dei sottotitoli, elaborati ad hoc per un pubblico di non udenti; Luigi Spina e Giorgio Albano hanno fornito alcune immagini dei cortometraggi. 

Mosaico di Alessandro: video con avatar Protom (foto mann)

In aggiunta a questi prodotti multimediali è stato realizzato un quarto contenuto, che rappresenta la battaglia di Isso tra storia e leggenda: ricalcando le tessere, è stato così realizzato un modello virtuale degli schieramenti, costituiti da centinaia di guerrieri delle due fazioni in uno scenario surreale, arido e polveroso. Con un movimento circolare a volo d’uccello, si raggiunge, così, il centro della scena: qui il fulcro emotivo della rappresentazione è costituito dallo scontro fra gli occhi di Alessandro e quelli del suo acerrimo nemico; sullo sfondo, tutti i personaggi, uomini ed animali, sono raffigurati come semplici silhoutte. Questa narrazione per immagini è il risultato di diversi passaggi tecnologici: 1. modellazione e sovrapposizione prospettica delle figure per la replica della battaglia (diorama); 2. disegno del paesaggio con effetti particellari; 3. rigging del busto di Alessandro (FACS); 4. animazione del 3D di Alessandro (lipsync) del racconto della battaglia di Isso; 5. produzione software (busto di Alessandro real-time); 6. sincronizzazione ologramma con video della battaglia.

L’ologramma di Alessandro (foto mann)

L’animazione prevede un sonoro, con un avvincente racconto della battaglia scritto proprio dal direttore del Museo, Paolo Giulierini: a questa suggestiva narrazione, Protom ha abbinato un avatar, inserito in una cornice olografica digitale con sistema light-field in grado di offrire un ampio raggio di percezione della stereoscopia senza bisogno di occhiali o speciali visori. L’ologramma di Alessandro è stato realizzato da una scansione grezza, successivamente rielaborata in modo da consentire la corretta deformazione durante la produzione delle animazioni. Per i movimenti facciali dell’Avatar, sono state predisposte decine di copie dei modelli che ripropongono i fonemi corretti, come previsto dallo standard FACS (facial animation coding system). La precisione del lipsync (animazione del labiale), una delle più complesse pratiche dell’animazione al computer, enfatizza l’espressività dell’ologramma, che segue un semplice meccanismo di funzionamento, collegato ad un pc: terminato il set-up dell’hardware e avviato il dispositivo, il software parte automaticamente, in modo che la cornice riceva il segnale di avvio ed, illuminandosi, riproduca l’ologramma. L’ascolto è possibile attraverso un impianto di speaker collocato in prossimità della bacheca.​ Le installazioni multimediali, da oggi fruibili in sezione, si combinano con il riallestimento delle sale dei Mosaici: pannelli ed apparati didascalici sono stati aggiornati, seguendo l’immagine coordinata scelta dal Museo. 

Lo spostamento del Mosaico di Alessandro nel museo di Napoli nel 1917 (foto archivio mann)

“È sempre una grande emozione restituire vita alla storia grazie al supporto delle tecnologie”, conclude Fabio De Felice, fondatore di Protom. “Il mosaico di Alessandro e la battaglia di Isso rappresentano un gioiello che da sempre il mondo ci invidia. Siamo entusiasti di partecipare a questa iniziativa, su proposta del MANN, di dare corpo e voce a un personaggio del calibro di Alessandro Magno e lavorare, con cura, alla ricostruzione di ambienti ed eventi storici. Portabilità e mobilità sono le caratteristiche che rappresentano il nostro lavoro, nato con l’obiettivo di avvicinare a una nuova fase della vita di questi capolavori, caratterizzata dall’incontro con le tecnologie, anche persone con diverse abilità, in particolare i non udenti, attraverso il ricorso ai sottotitoli”. 

Napoli. Aperto il cantiere di restauro del Mosaico della Battaglia di Isso o Mosaico di Alessandro, simbolo del Mann, in partnership con università e Tim con soluzioni digitali in via sperimentale per nuove tecniche di restauro. Sarà visibile ai visitatori

Restauratori al lavoro sul grande mosaico di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Marco Pedicini)

L’annuncio ai primi di gennaio di quest’anno: due mesi per un intervento sulle tessere musive, una pausa, e due mesi per consolidare il supporto retrostante il “Gran Musaico”. Al via la campagna di restauro del Mosaico della Battaglia di Isso, capolavoro che rappresenta un simbolo universalmente noto, dei tesori custoditi dal museo Archeologico nazionale di Napoli. E la prima fase del restauro del celebre mosaico di Alessandro, che inizialmente doveva partire alla fine di gennaio 2021, è iniziata il 4 marzo 2021. Alla partenza del cantiere hanno partecipato Paolo Giulierini (direttore del Mann), Amanda Piezzo (direttore Tecnico lavori restauro mosaico), Antonio De Simone (direttore scientifico dei lavori), Maria Teresa Operetto (responsabile Laboratorio restauro Mann) e Claudia Carrer (partnership, Alliances/ Project Manager Tim) (vedi Napoli. Al via il restauro del Mosaico della Battaglia di Isso, capolavoro simbolo, universalmente noto, dei tesori del Mann. Entro luglio 2021, sarà ultimato il cantiere aperto al pubblico. Il direttore Giulierini: “Scriviamo una pagina importante per la storia del Museo e la conservazione dei beni culturali” | archeologiavocidalpassato).

Paolo Giulierini, direttore del Mann, all’apertura del cantiere del mosaico di Alessandro (foto Marco Pedicini)

“Ci vuole coraggio per affrontare un restauro di questo tipo, il coraggio che ci trasmette questo grande personaggio, che si lanciò alla conquista del mondo“, interviene il direttore del Mann, Paolo Giulierini. “Un coraggio che in parte è mancato nei tempi passati, quello di porsi il problema del mosaico di Alessandro. Ringrazio il prof. Antonio De Simone che mi ha subito sottolineato l’ urgenza e l’ importanza di questo restauro,  il nostro architetto Amanda Piezzo. Il Museo, con il suo laboratorio di restauro guidato proprio da oggi da Maria Teresa Operetto, per questa impresa non si è chiuso in se stesso. Lavoriamo insieme a importanti partner scientifici, Università,  alla Tim in collaborazione con NTT DATA e una tecnologia che si coniuga con il miracolo quotidiano delle mani dei nostri restauratori. Sarà un restauro ‘trasparente’, visibile ai visitatori alla riapertura dei musei ed in alcune fasi anche on line. Tutti insieme ci prendiamo questa grande responsabilità, in coordinamento con l’ Istituto centrale per il restauro (ICR) diretto da Alessandra Marino, che ringrazio. Tra un anno organizzeremo la grande mostra Alessandro e la via delle indie, con la Regione Campania. Perché il nostro Museo, simbolo dell’archeologia italiana nel mondo,  guarda a Oriente e ad Occidente”.

Soluzioni digitali sperimentali proposte da Tim a supporto del restauro tradizionale (foto Marco Pedicini)

Tim contribuisce a riportare allo splendore originale il prezioso mosaico della Battaglia di Isso, in collaborazione con il Mann e con il supporto di NTT DATA. Grazie alle soluzioni innovative sviluppate e all’utilizzo della propria soluzione di Virtual e Augmented Reality, il progetto unisce le abilità umane del restauratore alle tecniche digitali più avanzate, per consentire – in una modalità fortemente innovativa, tra le prime al mondo – il restauro del Mosaico della Battaglia di Isso del 330 a.C. Tim mette a disposizione soluzioni digitali in via sperimentale che consentono l’utilizzo di nuove tecniche per il restauro, grazie all’elaborazione simultanea dell’enorme quantità di dati e parametri tecnici acquisiti nel corso della fase diagnostica preliminare. Sarà possibile infatti riprodurre, secondo vari livelli sul corpo del mosaico, tutte le informazioni tecniche utili per eseguire il restauro.

Smart glasses in dotazione ai restauratori del mosaico di Alessandro al Mann (foto Marco Pedicini)

Gli applicativi, insieme ad una consolle di controllo, consentiranno di utilizzare un visore intelligente da indossare per inquadrare la parte d’interesse del mosaico sulla quale si intende lavorare: il restauratore in questo modo avrà sempre le mani libere per operare e, cosa più importante, potrà lavorare sulla parte posteriore del mosaico controllando in ogni momento gli effetti eventuali prodotti negli strati anteriori dello stesso. Successivamente, grazie alla bassa latenza abilitata dal 5G, tutte le operazioni di restauro potranno essere seguite simultaneamente non solo dai tecnici nel museo tramite un grande schermo ma anche da altri tecnici collegati da remoto da tutto il mondo seguire e intervenire. Le soluzioni innovative adottate per il Mosaico consentiranno in futuro di aggiungere nuovi contenuti all’esperienza turistica dei visitatori, che potranno ammirare l’opera in presenza o a distanza, creando percorsi di realtà aumentata e immersivi, con modelli 3D e video.

Alla riapertura del parco archeologico di Pompei i visitatori troveranno finalmente integre e restaurate le colonne dell’atrio secondario della Casa del Fauno: bombardate, poi ricostruite nel dopoguerra, ancora fratturate dal terremoto, e puntellate. Osanna: “Un intervento atteso da anni”

Alla riapertura del parco archeologico di Pompei, quando cioè l’emergenza sanitaria lo consentirà, i visitatori troveranno una gradita sorpresa: dopo anni di travagliate vicende, le colonne dell’atrio secondario della Casa del Fauno, bombardate, poi ricostruite nel dopoguerra, ancora fratturate dal terremoto, e puntellate, finalmente tornano integre al termine del recente e complesso intervento di restauro. “Si tratta di un importante intervento, atteso da anni”, dichiara Massimo Osanna, direttore generale ad interim del Parco archeologico, “che consente di restituire alla pubblica fruizione un altro ambiente di questa prestigiosa dimora, che reca in sé la testimonianza di un capitolo drammatico di Pompei, quello del bombardamento. Come testimoniato anche dai resti degli ordigni conservati, allo scopo, nell’atrio. Un intervento complesso di consolidamento, che ha inteso risolvere in maniera radicale il restauro delle colonne per lunghi anni lasciate in condizioni conservative precarie. Ma anche una operazione di riqualificazione e di recupero estetico, realizzata uniformando e integrando i materiali di restauro”.

Casa del Fauno: i frammenti delle bombe sganciate su Pompei nel 1943 (foto parco archeologico di Pompei)

La casa del Fauno, una delle più sontuose dimore pompeiane, estesa su un intero isolato per circa 3mila metri quadrati (è da qui che proviene il famoso mosaico pavimentale della Battaglia di Isso, con Alessandro Magno e Dario III, oggetto a sua volta in questi mesi di restauro da parte del museo Archeologico nazionale di Napoli che lo ospita), fu oggetto, come molti edifici di Pompei, del tragico bombardamento della seconda guerra mondiale. Nel settembre del 1943 due bombe precipitarono sulla abitazione, e una di queste piombò sull’atrio tetrastilo (a 4 colonne) che costituiva l’accesso alla zona privata della casa, radendo al suolo tre delle quattro colonne corinzie in tufo, decorate in stucco. Rimaneva integra solo la colonna esposta a Nord.

L’atrio tetrastilo della Casa del Fauno a Pompei senza più sostegno artificiali, dopo i restauri del 2020 (foto parco archeologico di Pompei)
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La situazione di degrado su un capitello dell’atrio secondario della Casa del Fauno a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)

Le colonne furono immediatamente ricostruite nel 1946 secondo i metodi in uso all’epoca, utilizzando diverse aggrappature in ferro o in lamine zincate e malte cementizie, rivelatesi poi poco idonee ai fini della conservazione. Successivamente anche al terremoto del 1980, le stesse furono sottoposte ad altri interventi conservativi, che tuttavia hanno innescato dei processi di fratturazione e frammentazione importanti. Prima del recente restauro una delle colonne si presentava presidiata e puntellata con tubi, giunti metallici, e palanche in legno per sostenere e conservarne tutte le parti frammentate, parzialmente sollevate o completamente staccate, mentre le altre presentavano problemi di degrado in stato piuttosto avanzato.

Rocchi di colonna “a terra” per i restauri dell’atrio secondario della Casa del Fauno a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)
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Una fase dei restauri dell’atrio secondario della Casa del Fauno a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)

L’intervento attuale è stato particolarmente complesso, allo scopo di intervenire in maniera integrale. In particolare, si è proceduto smontando e   movimentando da cima a terra, mediante argano, i componenti singoli di due delle colonne che presentavano gravi problemi di stabilità e uno stato fortemente frammentario – quella puntellata e quella esposta a Sud – per poi condurre il restauro ‘a terra’ dei blocchi. Sono dunque stati rimossi tutti quegli elementi non più idonei e che anzi nel tempo avrebbero causato ulteriori danni alla conservazione (elementi metallici, stuccature cementizie e  malte di restauro non più capaci  di sostenere le varie parti) per sostituirli con nuovi materiali di restauro più stabili e duraturi.

La restauratrice Elena Gravina, direttore dei lavori all’atrio tetrastilo della Casa del Fauno a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)
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L’area del cantiere di restauro dell’atrio tetrastilo della Casa del Fauno a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)

Una volta consolidati e ricostruiti a terra i vari blocchi, li si è ricollocati nel loro alloggiamento originario, seguendo il rilievo tracciato in precedenza. Su tutte le colonne, infine, per salvaguardare i materiali originali in pietra, stucco ed intonaco (già consumati dal vento e dalle piogge) sono state eseguite operazioni di pulitura, trattamento biocida, stuccatura, consolidamento, protezione. Responsabile unico dell’intervento di restauro: ing. Vincenzo Calvanese; direttore dei lavori: Elena Gravina, funzionario restauratore; direttore operativo archeologo: Marialaura Iadanza; direttore operativo architetto: Annamaria Mauro; direttore operativo restauratore: Giuseppe Zolfo; ispettore di cantiere: Vincenzo Pagano; impresa esecutrice: R.W.S. srl

Napoli. Al via il restauro del Mosaico della Battaglia di Isso, capolavoro simbolo, universalmente noto, dei tesori del Mann. Entro luglio 2021, sarà ultimato il cantiere aperto al pubblico. Il direttore Giulierini: “Scriviamo una pagina importante per la storia del Museo e la conservazione dei beni culturali”

Il grande mosaico della battaglia di Isso tra Alessandro Magno e Dario III dalla Casa del Fauno di Pompei, simbolo del Mann (foto Pedicini Fotografi)

Due mesi per un intervento sulle tessere musive, una pausa, e due mesi per consolidare il supporto retrostante il “Gran Musaico”: a fine mese (gennaio 2021), partirà la campagna di restauro del Mosaico della Battaglia di Isso, capolavoro che rappresenta un simbolo, universalmente noto, dei tesori custoditi dal museo Archeologico nazionale di Napoli. Il restauro, che sarà concluso a luglio, è realizzato con la supervisione dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR); le attività diagnostiche sono promosse in rete con l’università del Molise (UNIMOL) ed il Center for Research on Archaeometry and Conservation Science (CRACS). “Con l’avvio, nel 2021, del restauro del Mosaico di Alessandro, scriviamo insieme una pagina importante nella storia del museo Archeologico nazionale di Napoli e quindi della conservazione dei beni culturali”, interviene Paolo Giulierini, direttore del Mann. “Sarà un restauro grandioso,  che si compirà sotto gli occhi del mondo. Un viaggio entusiasmante lungo sette mesi ci attende: dopo il minuzioso lavoro preparatorio, studiosi ed esperti  si prenderanno cura con le tecniche più avanzate  del nostro iconico capolavoro pompeiano, raffigurante la celebre battaglia di Isso. La tecnologia e le piattaforme digitali ci consentiranno di seguire le  delicatissime operazioni, passo dopo passo, in una sorta di ‘cantiere trasparente’, come mai accaduto prima.  Per realizzare  una  operazione così  ambiziosa e complessa è stata attivata dal Mann una rete di collaborazioni scientifiche e di partnership  di grande prestigio”.

Stampa dell’epoca del Real Museo Borbonico (foto Mann)

Lo stato dell’arte: guardando indietro nel tempo, le ragioni del restauro. Milioni di tessere e una superficie di eccezionale estensione (5,82 x 3,13 m): nella casa del Fauno di Pompei, il mosaico, che decorava il grande pavimento dell’esedra, era al centro di una ricca “architettura” iconografica. Agli occhi degli scopritori, nel 1831, il capolavoro non soltanto si rivelò nell’unicità e nelle dimensioni della scena rappresentata, ma anche nello stato sostanzialmente buono di conservazione: le ampie lacune riscontrate riguardavano, infatti, la sezione sinistra dell’opera, senza “intaccare” il fulcro della raffigurazione. Fu travagliata, in ogni caso, la decisione di distaccare il mosaico, per trasportarlo nel Real Museo Borbonico: dopo circa 12 anni di accesi dibattiti, una commissione espresse parere favorevole e l’opera, il 16 novembre 1844, fu messa in cassa e condotta lentamente da Pompei a Napoli, su un carro trainato da sedici buoi. Durante il tragitto, all’altezza di Torre del Greco, un incidente minacciò l’integrità del mosaico: l’opera fu sbalzata a terra e, soltanto nel gennaio del 1845, venne aperta la cassa per verificare l’integrità del capolavoro che, fortunatamente, non aveva subito danni. La prima collocazione della Battaglia di Isso fu, dunque, il pavimento della sala CXL, secondo il progetto iniziale di Pietro Bianchi; fu Vittorio Spinazzola, nel 1916, a definirne la nuova sistemazione a parete nelle riallestite sale dei mosaici. Da allora, in oltre un secolo, il “Mosaico dei record” ha catturato, con la sua bellezza magnetica, l’attenzione dei visitatori di tutto il mondo: dietro il fascino di un’opera senza tempo, si sviluppa il lavoro di scienziati ed esperti per garantire manutenzione e conservazione del nostro capolavoro.

Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)
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Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)

L’attività di restauro del mosaico è ontologicamente complessa: conservazione, collocazione, peso (verosimilmente sette tonnellate) e rilevanza storico-artistica del manufatto enfatizzano la necessità di un progetto esecutivo puntuale e delicatissimo. Il mosaico di Alessandro presenta, infatti, diverse criticità conservative, consistenti sostanzialmente in distacchi di tessere, lesioni superficiali, rigonfiamenti ed abbassamenti della superficie. In particolare, la zona centrale destra è affetta da una visibile depressione; rigonfiamenti puntuali sono presenti lungo il perimetro del mosaico, probabilmente dovuti a fenomeni di ossidazione degli elementi metallici dell’intelaiatura lignea posta in opera durante il trasferimento del 1916. Sono presenti, inoltre, microfratture ad andamento verticale e orizzontale, nonché una lesione diagonale, già oggetto di velinatura nel corso di precedenti restauri. Negli ultimi venti anni, la necessità di un restauro complessivo si è resa chiara grazie anche alle indagini diagnostiche eseguite: alle ragioni conservative si sono associate le esigenze di una migliore lettura organica dell’opera. Due i momenti significativi nell’iter diagnostico effettuato: nel 2015, con il contributo di IPERION CH.it e del CNR-ISTI di Pisa, si è documentato lo stato di fatto dell’opera, in relazione ai materiali costitutivi, distinguendoli da quelli riconducibili ai restauri effettuati in epoca antica e moderna. Nel 2018, con la partecipazione dell’università del Molise e del CNR, è stato eseguito il rilievo di dettaglio del mosaico, mediante fotogrammetria ad alta risoluzione: al modello tridimensionale dell’opera si è aggiunta l’indagine tramite georadar per verificare le condizioni del supporto. Tali operazioni hanno consentito anche di mettere in evidenza fratture e fessurazioni non visibili ad occhio nudo, così come anomalie negli strati costitutivi il supporto (vedi: Il restauro del monumentale mosaico di Alessandro a Restaura di Ferrara: un milione di tessere, scoperto nella casa del Fauno a Pompei. Il museo Archeologico di Napoli presenta il settore restauro, fiore all’occhiello del Mann | archeologiavocidalpassato).

Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)

Il progetto: metodologia e fasi esecutive. Un percorso in fieri, tra diagnostica, tecnologia e restauro. Alla luce degli studi realizzati, sembra probabile che i fenomeni di deterioramento siano dovuti essenzialmente all’ossidazione dei supporti in ferro del mosaico ed al degrado delle malte: a questi fattori può attribuirsi l’accentuata depressione che interessa la parte centrale/destra del pannello musivo. Tale stato di fatto è certamente aggravato dal peso del mosaico e dalla posizione verticale, entrambe cause cui può essere ricondotto lo scorrimento verso il basso dello strato più superficiale di malta e tessere. Per avere un quadro esaustivo sulle effettive condizioni dell’opera, è stata prevista una nuova campagna di indagini diagnostiche, effettuate dall’università del Molise e dal CRACS (Center for Research on Archaeometry and Conservation Science); le indagini interesseranno anche la fase esecutiva del restauro. Un’attenzione particolare riguarderà, inoltre, le condizioni microclimatiche ed ambientali, non soltanto per comprenderne l’eventuale incidenza nel processo di degrado del mosaico, ma soprattutto per individuare le migliori condizioni espositive future, in termini di illuminazione e parametri termoigrometrici. Il progetto di restauro, connotato dal principio del minimo intervento e finalizzato alla conservazione dell’integrità materiale dell’opera nello stato in cui si trova, si articolerà in due fasi diverse: tra i due momenti, sarà effettuata la movimentazione del mosaico. La movimentazione si rende necessaria per esplorare la parte retrostante la battaglia di Isso, verificare lo stato del supporto e definire compiutamente gli interventi conservativi complessivi da realizzare.

Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)

PRIMA FASE (gennaio- febbraio 2021): l’intervento ipotizzato, da eseguirsi in situ mediante l’allestimento di un cantiere visibile, è finalizzato alla messa in sicurezza della superficie musiva prima della movimentazione dell’opera. In questa fase, il mosaico sarà oggetto di: accurata ispezione visiva e tattile di tutta la superficie, preliminare alla successive lavorazioni; pre-consolidamento delle tessere e degli strati di malta distaccati; pulitura; velinatura con idonei bendaggi di sostegno su tutta la superficie attualmente visibile. In un momento immediatamente successivo, previa apposizione di un tavolato ligneo di protezione, nonché di un’idonea intelaiatura metallica di sostegno, il mosaico sarà rimosso dall’attuale collocazione, mediante un sistema meccanico di movimentazione appositamente progettato. L’indagine diretta sarà accompagnata da ulteriori analisi strumentali, grazie alle quali si definiranno gli interventi di restauro ipotizzati nella prima fase della progettazione, stabilendo le azioni da eseguire sul supporto per garantire la conservazione del manufatto. 

Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)

SECONDA FASE (aprile- luglio 2021): la seconda ed ultima fase esecutiva del restauro, quindi, interesserà, innanzitutto, il supporto del mosaico: le lavorazioni saranno eseguite, dunque, sulla superficie retrostante dell’opera. Per tutelare le tessere musive, che, in tale frangente, non saranno visibili perché coperte dal tavolato ligneo di protezione, un significativo contributo tecnologico sarà fornito dalla TIM: la realizzazione di appositi smart glasses, indossati direttamente dai restauratori, consentirà di monitorare costantemente la corrispondenza tra la zona di intervento e la relativa superficie non visibile. Le strumentazioni permetteranno, con una metodologia assimilabile a quella utilizzata in chirurgia: 1) la proiezione in scala 1:1 della parte frontale del mosaico su una apposita superficie, che potrebbe essere una parete o un telo appositamente collocato in loco. La proiezione sarà non soltanto uno strumento di lavoro per i restauratori, ma renderà fruibile dal pubblico quanto accade nel cantiere; 2) l’associazione alla proiezione di una serie di parametri geofisici desunti dalle indagini: questi parametri potranno essere interrogati dagli operatori in tempo reale, analizzando tutti i dati inerenti al manufatto nel suo complesso (supporto e superficie). Terminato l’intervento sul supporto, si prevede la rimozione dei bendaggi posti durante la fase iniziale d’intervento ed il completamento del restauro con operazioni di pulitura, ulteriori ed eventuali consolidamenti, trattamento protettivo finale. Il progetto di restauro, così, diverrà un’occasione per valorizzare, anche nella percezione dei visitatori, non solo il complesso percorso di ricerca, ma anche la metodologia adottata: in questa esperienza, la dimensione progressiva, puntuale ed attenta delle diverse fasi di lavoro, sarà una componente essenziale per sottolineare l’interconnessione di contributi e professionalità, alla base di un evento di rilevanza internazionale. 

Patto per l’arte e per la città di Napoli: siglata una collaborazione triennale tra Mann e Madre. Il 2021 sarà dedicato al Mediterraneo. In attesa della riapertura, capolavori dell’archeologia associati a opere del contemporaneo salutano il nuovo anno proiettati sui portoni dei due musei

MANN-madre 2021 per l’arte: il Cavallo Mazzocchi (bronzo, da Ercolano) con Mimmo Paladino, Senza titolo (cavallo)

Tra il Mann e il Madre siglato un patto per l’arte e per la città di Napoli. E in attesa della sua presentazione ufficiale alla riapertura dei musei, dal 30 dicembre 2020 al 10 gennaio 2021 sui portoni dei due istituti saranno proiettate delle immagini che simbolicamente assoceranno capolavori archeologici ad opere del contemporaneo. Con la firma di un protocollo d’intesa, il museo Archeologico nazionale  di Napoli e la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee/Museo Madre, due istituti impegnati in attività di valorizzazione internazionale e fortemente presenti nel proprio territorio, hanno dato vita infatti a progetto comune di collaborazione triennale che, nel 2021, avrà come tema il Mediterraneo. Il protocollo d’intesa includerà anche percorsi di formazione di nuove professionalità, summer school e residenze, destinate a studenti universitari ma anche a giovani creativi nonché borse di studio e premi per alunni, ricercatori e artisti.

MANN e Madre saluteranno il nuovo anno con una proiezione simbolica ed augurale su entrambi portoni di ingresso. Le immagini scelte saranno quelle di alcuni capolavori dell’archeologia custoditi al Mann (dal Toro Farnese alla Venere Callipigia, dalla Battaglia di Isso alla Flora, dalla Megalografia di Boscoreale al Cavallo Mazzocchi, per citarne solo alcuni), in suggestivo dialogo con alcune delle opere che, ospitate nel museo regionale di via Settembrini, sono firmate da protagonisti dell’arte contemporanea (da Mimmo Paladino a Francesco Clemente, da Daniel Buren a Rebecca Horn, da Mathilde Rosier a Jannis Kounellis). In un gioco di movimento e dissolvenze, le proiezioni in loop partiranno ogni giorno (30 dicembre 2020 – 10 gennaio 2021), dall’imbrunire fino alle 22, e saranno accompagnate da una campagna social sulle piattaforme digitali dei due Musei: per contraddistinguere la condivisione di contenuti, scelto il logo comune ‘Mann/Madre/2021/per l’arte’.

MANN-madre 2021 per l’arte: Flora (affresco da Stabiae) con Mathilde Rosier, Le massacre du printemps

“MANN e Madre non intendono solo sviluppare le connessioni tematiche esistenti tra archeologia ed arte contemporanea, in un percorso già precedentemente sperimentato con singole esposizioni, ma soprattutto fare rete per aiutare lo sviluppo di un vero distretto culturale”, spiegano il Direttore del Mann, Paolo Giulierini, e la presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee/Museo Madre, Laura Valente. Distanti poco meno di un chilometro, i due istituti hanno sede in palazzi monumentali e sono punto di riferimento per i cittadini del centro storico di Napoli. Entrambi i musei, negli ultimi anni, si sono posti come soggetti attivi in rapporto con le istituzioni territoriali per promuovere politiche sociali rivolte alle fasce più svantaggiate. “La collaborazione, già a partire dal 2021, si concretizzerà, così, in progetti espositivi integrati pienamente nel quartiere, con attività didattiche e di inclusione per le giovani generazioni. Il primo anno la progettualità ruoterà attorno al tema del Mediterraneo”, concludono Giulierini e Valente, “e coinvolgerà i massimi esperti e curatori ma anche giovani creativi under 35, proprio in nome di un’archeologia contemporanea che sappia far dialogare segni, relazioni e visioni differenti”.

Svelato giallo archeologico. In Kurdistan iracheno la missione dell’università di Udine ha scoperto il luogo della battaglia di Gaugamela (330 a.C.) dove Alessandro Magno sconfisse il re persiano Dario III. Evento cruciale che fece nascere l’Ellenismo. Col progetto “Terre di Ninive” in sette anni mappati 1100 siti archeologici

Il prof. Daniele Morandi Bonacossi sul campo presso il sito neo-assiro di Chamarash, sulla sponda orientale del lago artificiale di Eski Mosul

È una delle battaglie che hanno segnato la storia: Gaugamela, 331 a.C. In una piana della Mesopotamia settentrionale, le truppe guidate da Alessandro Magno sconfiggono l’esercito persiano del re dei re Dario III, aprendo le porte dell’Oriente ai macedoni dalla Mezzaluna fertile all’altopiano iranico fino alla valle dell’Indo. Fu un evento cruciale: un mondo finiva e iniziava una nuova era, l’Ellenismo, fecondissimo momento di incontro culturale tra Oriente e Occidente. Ma a quasi 23 secoli dall’evento il luogo della battaglia è ancora in discussione, con gli storici e gli archeologi dubbiosi sull’interpretazione dei dati disponibili. Un giallo archeologico che ora è stato svelato dalle ricerche multidisciplinari della missione archeologica nel Kurdistan iracheno dell’università di Udine, guidata dal professore Daniele Morandi Bonacossi, dove è presente dal 2012 con il progetto “Land of Nineveh / Terre di Ninive”. La spedizione, sostenuta da ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale; Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo; ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca; Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Fondazione Friuli, ha portato gli archeologi a una scoperta straordinaria: l’identificazione del sito di Gaugamela con l’attuale Tell Gomel, nei pressi dell’odierna Mosul – l’antica Ninive – nel Kurdistan iracheno. L’annuncio a Roma in un’affollatissima conferenza stampa, cui sono intervenuti Andrea Zannini, direttore del dipartimento di Studi umanistici e del Patrimonio culturale dell’università di Udine; Ettore Janulardo , ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale; Ahmad A.H. Bamarni, ambasciatore della Repubblica dell’Iraq in Italia; Alessia Rosolen, assessore Istruzione, Ricerca, Università della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Daniele Morandi Bonacossi , direttore del “Land of Nineveh Archaeological Project” e ordinario di Archeologia del Vicino Oriente antico all’università di Udine.

Progetto “Terre di Ninive” in Kurdistan iracheno: mappatura dei 1100 siti individuati dalla missione dell’università di Udine

La spedizione archeologica dell’università di Udine, che coinvolge ogni anno circa 25 specialisti (archeologi, topografi, restauratori, archeobotanici, palinologi, esperti GIS,…) e diversi studenti, indaga la trasformazione del territorio dal Paleolitico al periodo islamico (da un milione di anni fa ad oggi) grazie ad una concessione di ricerca che copre un’area di 3mila kmq, una delle più ampie mai rilasciate in Iraq, che ha consentito al team di scoprire e mappare ben 1100 siti archeologici. Grazie alle riprese con droni, a ortofoto, allo studio della ceramica e agli scavi stratigrafici, è stata ricostruita la storia dell’insediamento e della demografia della regione, che risulta essere una delle zone della Mesopotamia con la più alta densità di siti archeologici (0,7 per chilometro quadrato). E il team del prof. Morandi ha ricevuto l’apprezzamento dell’ambasciatore della Repubblica dell’Iraq Ahmed Bamarni che ha commentato: “La squadra del prof. Daniele Morandi Bonacossi sta svolgendo un considerevole lavoro nella Regione del Kurdistan, e apprezziamo il loro impegno nel recupero del patrimonio culturale iracheno, come la recente identificazione del sito originale della Battaglia di Gaugamela, che vide la vittoria di Alessandro Magno sull’esercito persiano di Dario, evento che rappresenta uno dei momenti storici più significativi della storia regionale e mondiale”. E allora vediamo meglio questa eccezionale scoperta archeologica.

Il grande mosaico pavimentale con Alessandro Magno dalla casa del Fauno di Pompei oggi al Mann

Cosa successe nella piana di Gaugamela nel 331 a.C.? Il re achemenide Dario III era già stato sconfitto da Alessandro Magno due anni prima, nel 333 a.C., a Isso, città costiera nell’Anatolia meridionale, al confine tra la Cilicia e la Siria, con la cattura della moglie, della madre e delle due figlie del re persiano che si era ritirato a Babilonia, per riorganizzare l’esercito. Di quella battaglia ci è rimasta una rappresentazione memorabile nel mosaico scoperto a Pompei nella Casa del Fauno, oggi conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli. La vittoria di Isso aveva dato ad Alessandro il controllo dell’Asia Minore meridionale, e da lì aveva occupato la costa mediterranea dalla Fenicia fino all’Egitto, dove si era fatto consacrare faraone. E arriviamo all’autunno del 331 a.C. Le fonti disponibili sulla battaglia di Gaugamela non sono molte (Arriano con l’Anabasi di Alessandro; Quinto Curzio Rufo con Storie di Alessandro Magno; Diodoro Siculo con Biblioteca storica; Plutarco con Vita di Alessandro), e tutte di storici vissuti molti secoli dopo la spedizione di Alessandro in Asia. Non è quindi facile fare una ricostruzione fedele degli eventi, del numero di soldati e delle perdite della battaglia, ma almeno sul nome del luogo della battaglia sembrano concordare tutti: Gaugamela, nella Mesopotamia settentrionale.

Il percorso delle truppe di Alessandro Magno dalla Siria a Gaugamela, in Mesopotamia

Alessandro guada l’Eufrate senza trovare resistenza ed entra in Mesopotamia. Ma non punta direttamente su Babilonia. Sceglie la strada verso Nord che, una volta superate le colline, portava comunque alla città dove si era acquartierato Dario III. Ciò gli avrebbe reso più facile procurarsi foraggio e provviste, e non avrebbe fatto soffrire alle truppe il caldo estremo del percorso diretto. Alessandro passa anche il Tigri e si verifica un’eclisse lunare, ritenuto un presagio favorevole. E così decide di attaccare i persiani con la sua cavalleria. Alla vista del re macedone la cavalleria persiana fugge. I prigionieri riferiscono che Dario III non è lontano: è accampato a Gaugamela. Lo scontro è epocale. Alessandro riesce ad annullare il divario di forze in campo e a imporsi. Dario III riesce a fuggire ad Arbela (l’odierna Arbil), a un centinaio di chilometri a Est, convinto di poter ancora organizzare una resistenza che ormai appariva disperata anche agli occhi dei suoi più fedeli generali.

Progetto “Terre di Ninive”: la piana di Gaugamela (Kurdistan iracheno) ripresa con il drone

Lo scavo archeologico a Tell Gomel diretto da Daniele Morandi Bonacossi dell’università di Udine

La scoperta del sito di Gaugamela. Le fonti – come si diceva – non concordano sul luogo della battaglia. Ma, grazie a un mix di storia antica e nuove tecnologie, filologia e GIS, remote sensing e lavoro sul campo, il team diretto dal prof. Morandi Bonacossi ha raccolto evidenze scientifiche sufficienti per individuare il luogo in cui il condottiero macedone trionfa sull’armata persiana. “La prova regina è lo studio filologico del toponimo del sito di Tell Gomel, che stiamo scavando”, spiega Morandi Bonacossi. È un percorso a ritroso che ci porta dai giorni nostri all’impero assiro. “Proprio sull’acquedotto di Jeruan, monumentale sistema d’irrigazione costruito dal re assiro Sennacherib nel 700 a.C. per portare l’acqua a Ninive e irrigare la pianura circostante”, continua il direttore della missione friulana, “troviamo in un’iscrizione cuneiforme celebrativa dell’epoca del re assiro Sennacherib (704-681 a.C.) che ricorda il sito di epoca assira Gammagara/Gamgamara. Da questo toponimo assiro deriva la dizione greca: da Gamgamara in greco la m diventa u e la r una l che ci dà Gaugamela. Il toponimo si mantiene nei secoli. Così lo troviamo trascritto in epoca medievale (IX sec. d.C.) con una storpiatura dal greco che dà Gogemal, toponimo che a sua volta subisce una corruzione in Gomel che è il nome del sito che stiamo scavando”.

Il rilievo del cavaliere rifacimento di età ellenistica di un precedente monumento assiro del complesso di Khinnis (Kurdistan iracheno) per celebrare la vittoria nella vicina Gaugamela

Veduta aerea di Tell Gomel e della piana di Gaugamela nel Kurdistan iracheno

E poi ci sono i riscontri archeologici. “A ulteriore conferma, le nostre ricerche archeologiche hanno dimostrato che il sito di Gomel, dove si stanno concentrando le nostre ricerche, era solo un piccolissimo villaggio rurale poco prima dell’arrivo di Alessandro in Oriente, ma fu rifondato proprio alla fine del IV secolo a.C., quindi contemporaneamente alla battaglia, e da quel momento si sviluppò come un sito esteso e importante”. Ma non è tutto. Nelle vallate montuose circostanti, sono stati trovati alcuni monumenti rupestri con rilievi che potrebbero essere riconducibili alla presenza di Alessandro Magno. Due di questi potrebbero rappresentare proprio il condottiero a cavallo ed essere considerati monumenti celebrativi della vittoria di Gaugamela. Un rilievo si trova in una valletta della montagna che domina il sito di Gomel, nel complesso rupestre di Gali Zerdak, rilievo conosciuto, ma fortemente compromesso dal tempo e da recenti asportazioni vandaliche: si riesce a vedere una Nike alata che porge una corona a un cavaliere – che potrebbe essere Alessandro – proprio per la vicinanza all’iconografia che troviamo in pitture ellenistiche e tombe macedoni come a Kasta-Anfipoli. La rappresentazione di Gali Zerdak suggerisce agli archeologi friulani che questa potrebbe essere la montagna che, secondo le fonti, dopo la battaglia fu ribattezzata monte Nikatorion, “il monte della vittoria”. L’altro rilievo è ubicato a 20 chilometri di distanza dalla piana individuata come il campo della battaglia di Gaugamela: è il sito di Khinnis, noto dalla metà dell’Ottocento e leggibile ancora all’inizio del ‘900, danneggiato ancor prima dell’arrivo dell’Isis nella regione, più di recente studiato da Julian Reade, dove i re assiri avevano scolpito i loro volti. “Ma in periodo ellenistico”, riprende Morandi Bonacossi, “si interviene su questo rilievo celebrativo, un modo per dare continuità alla simbologia del monumento onorando il generale macedone: si cancella l’antica iscrizione in cuneiforme per aggiungere un cavaliere con la sarissa, la tipica picca macedone, molto simile a quella che vediamo impugnare ad Alessandro nel mosaico di Pompei”. C’è poi un terzo monumento, trovato nel raggio di pochi chilometri da Gomel: il rilievo di Nirok. “L’abbiamo scoperto nell’ambito del progetto Terre di Ninive, e riteniamo sia importantissimo per l’iconografia che rappresenta tre stelle o tre soli. È molto mal conservato, in gran parte distrutto in anni recenti, ma si riconosce il sole argeade o sole di Verghina, simbolo della dinastia macedone”.

Il restauro del monumentale mosaico di Alessandro a Restaura di Ferrara: un milione di tessere, scoperto nella casa del Fauno a Pompei. Il museo Archeologico di Napoli presenta il settore restauro, fiore all’occhiello del Mann

Il monumentale mosaico con la battaglia di Isso tra Alessandro Magno e Dario III, trovato nella casa del Fauno nel 1831 a Pompei

Lo straordinario e monumentale Mosaico di Alessandro, uno degli emblemi del museo Archeologico nazionale di Napoli, universalmente noto, rinvenuto nel 1831 nella Casa del Fauno di Pompei e trasferito nel 1843, dopo anni di acceso dibattito, al Real Museo Borbonico sarà il protagonista a Ferrara mercoledì 22 marzo 2017 del primo giorno di “Restaura”,  il Salone dell’economia, della conservazione, delle tecnologie e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali (22-24 marzo 2017), giunto alla XXIV edizione. Tanto si era consapevoli dell’unicità di questo mosaico che all’epoca re Ferdinando II si preoccupò di raccomandare a Pietro Bianchi – architetto della Real Casa incaricato della direzione degli scavi di Pompei, Ercolano e Paestum – “di badar bene a quello che si facea, perché questo monumento non era nostro, ma dell’Europa, ed alla intera Europa doveasi dar conto delle nostre operazioni”. Di questo capolavoro dell’arte musiva (5,82 x 3,13 m) composto da circa un milione di tessere e realizzato con un finissimo opus vermiculatum sono state ora ricostruite – grazie a un’inedita e puntuale documentazione su lastre fotografiche, datate 1916 e 1917 – le complesse vicende e gli aspetti tecnici della successiva movimentazione, avvenuta in quegli anni, con lo spostamento del  grande mosaico pompeiano dal pianoterra del museo all’ammezzato occidentale, nella sala dei mosaici dove si trova tuttora. Un’operazione delicatissima, ricostruita e raccontata a Ferrara per la prima volta il  22 marzo alle 12.30 nella Sala A, tra i pad. 3 e 4.

ll laboratorio di Conservazione e restauro del museo Archeologico nazionale di Napoli

È la prima volta che il MANN partecipa a “Restaura”. Lo ha deciso il direttore Paolo Giulierini, che ha inteso richiamare la giusta attenzione su uno dei tanti settori di competenza e di attività del Museo napoletano che costituiscono un fiore all’occhiello per dimensione, specializzazione e riconoscibilità nazionale e internazionale, e che il prossimo maggio si arricchirà – nei progetti di ampliamento e di rinnovamento del MANN, con la nuova direzione – di ulteriori 4 nuovi laboratori attrezzati. Il Mann di Napoli infatti, oltre all’enorme patrimonio culturale che custodisce –  tra i più importanti musei archeologici al mondo con i suoi 250mila oggetti che comprendono le collezioni Borboniche da Pompei, Ercolano e Paestum e le raccolte Farnesi – rappresenta un’Istituzione di riferimento anche nel campo documentario e in quello del restauro. In particolare quest’ultimo costituisce un vero e proprio dipartimento con 22 operatori (5 funzionari restauratori; 12 assistenti tecnici; 4 operatori tecnici; 1 assistente tecnico fotografo), distribuiti in cinque Sezioni (Materiali Lapidei e Copie; Dipinti Murali e Mosaici; Ceramica, Vetri, Ossi, Avori; Metalli; Allestimenti),  prevedendo interventi nei cantieri di scavo – ad esempio il cantiere delle navi romane della Stazione Metro di piazza Municipio a Napoli – o anche su materiali archeologici che ad esso affluiscono, su richiesta delle soprintendenze territoriali, per interventi specializzati. Tantissime sono anche le collaborazioni promosse dall’Ufficio di Restauro del Mann per gli stage formativi degli studenti (Corso di laurea magistrale in Conservazione e restauro dell’università Suor Orsola Benincasa, dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, del Centro di restauro Venaria Reale di Torino, del Cesma del Piemonte e di Scuole di Restauro italiane e straniere), così come le collaborazioni con università e istituti di ricerca italiani e stranieri per progetti di diagnostica per la conservazione e per il restauro. Non è un caso che Giulierini abbia voluto inserire anche il tema del restauro nel Memorandum di Collaborazione quadriennale siglato pochi mesi fa con il museo statale Ermitage di San Pietroburgo e che nel contempo abbia rinnovato l’accordo di collaborazione con il J. Paul Getty  Museum di Los Angeles per la realizzazione di progetti di prestiti di lunga durata finalizzati al restauro – congiuntamente seguito dai due musei – su opere di grande rilevanza.

I restauratori del Mann mentre curano il grande mosaico di Alessandro

Appuntamento dunque mercoledì 22 marzo a Ferrara con la conferenza “Il Mosaico di Alessandro: da Pompei al Real Museo Borbonico e oltre, alla luce di nuovi documenti inediti”: il racconto e la ricostruzione, grazie a inedite lastre fotografiche datate 1916-1917 delle vicende e delle soluzioni tecniche utilizzate  nel primo decennio del Novecento, per la delicata movimentazione del mosaico -composto da oltre 1 milione di tessere – dal piano terra all’ammezzato del museo.  Introdurrà i lavori Paolo Giulierini, direttore del Mann. Seguirà l’intervento di Luigia Melillo, funzionario archeologo, responsabile dell’ufficio restauro e dell’ufficio relazioni internazionali del Mann. Ingresso libero.