Cambio di governance al Grande Progetto Pompei: il generale dei carabinieri Giovanni Di Blasio subentra al generale Mauro Cipolletta che illustrerà i nuovi progetti di spesa per l’Unità Grande Pompei

Cambio di governance e nuovi progetti di spesa per l’Unità Grande Pompei. Il giorno 30 giugno 2021 il generale di divisione dei carabinieri Mauro Cipolletta terminerà il suo mandato da direttore generale del Grande Progetto Pompei – Unità Grande Pompei. Martedì 29 giugno 2021, alle 10, alla Casina Pacifico, sede storica della direzione generale di progetto, affacciata sull’ingresso di Porta Anfiteatro, il generale Cipolletta illustrerà l’attività dell’Unità Grande Pompei e le novità relative allo sviluppo del piano strategico, con particolare riguardo al programma di spesa recentemente autorizzato dal ministero della Cultura. All’incontro, oltre al direttore dei musei Massimo Osanna e al direttore del parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, sarà presente, per l’autorità di gestione, l’ing. Angelantonio Orlando, dirigente del servizio V “contratti e attuazione programmi” del segretariato generale del ministero della Cultura. Con l’occasione il gen. Cipolletta presenterà il suo successore, quale direttore generale di progetto, il generale di brigata dei carabinieri Giovanni Di Blasio, che da qualche mese già svolge l’incarico di vice direttore del Grande Progetto Pompei – Unità Grande Pompei.
Pompei. Aperto il nuovo Antiquarium: 11 sale che raccontano la storia della città antica e introducono alla visita del sito. Ecco come si articola il percorso espositivo
Undici sale per oltre 600 metri quadri di esposizione permanente che illustra la storia di Pompei: è il nuovo Antiquarium di Pompei, inaugurato questa mattina, 25 gennaio 2021, dal direttore ad interim del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, alla presenza del generale Mauro Cipolletta direttore generale del Grande Progetto Pompei, e del sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio. Per il visitatore sarà una emozionante e coinvolgente “introduzione alla visita del sito”, come ha ricordato Osanna, “attraverso le testimonianze più rilevanti della città antica, dall’età sannitica (IV secolo a.C.) fino alla tragica eruzione del 79 d.C., con particolare evidenza all’inscindibile relazione con Roma. Oltre a celebri testimonianze dell’immenso patrimonio pompeiano, come gli affreschi della Casa del Bracciale d’oro, gli argenti di Moregine o il triclinio della Casa del Menandro, sono qui esposti anche i rinvenimenti dei più recenti scavi condotti dal Parco Archeologico: dai frammenti di stucco in I stile delle fauces della Casa di Orione al tesoro di amuleti della Casa con Giardino, agli ultimi calchi delle vittime dalla villa di Civita Giuliana”.


Massimo Osanna, direttore ad interim del parco archeologico di Pompei, alla presentazione del nuovo Antiquarium (foto parco archeologico di pompei)
Ma se oggi si plaude a questa nuova proposta culturale di Pompei (entusiasta il sindaco Lo Sapio che ha annunciato la cittadinanza onoraria a Osanna, “con la speranza che continui a stare vicino a Pompei, letteralmente rinata dal suo arrivo alla direzione del parco archeologico, nonostante i suoi nuovi prestigiosi incarichi a Roma”), la storia dell’Antiquarium registra alterne vicende. Inaugurato da Giuseppe Fiorelli nel 1873 circa e ampliato da Amedeo Maiuri a partire dal 1926, nel 1943 subì i danni del bombardamento che portò alla distruzione di una intera sala e alla perdita di diversi reperti. Seguì un nuovo allestimento nel 1948. Ma ancora nel 1980, il terremoto ne determinò nuovamente la chiusura per ben 36 anni e solo nel 2016, è stato possibile riaprirlo con ambienti dedicati ad esposizioni temporanee. “Oggi si restituisce alla pubblica fruizione uno spazio, completamente rinnovato, che rimanda a quella che fu la prima concezione museale di Amedeo Maiuri”. L’allestimento, curato da COR arquitectos & Flavia Chiavaroli, è caratterizzato da una forte luminosità e riporta all’atmosfera dell’Antiquarium pensato da Amedeo Maiuri, grazie anche al recupero spaziale delle gallerie originali, al restauro delle vetrine espositive degli anni cinquanta e ad una loro rivisitazione (vedi Pompei. Il 25 gennaio viene inaugurato il “nuovo” Antiquarium con sale dedicate all’esposizione permanente di reperti che illustrano la storia di Pompei, seguendo la concezione museale data da Amedeo Maiuri | archeologiavocidalpassato).


La copertina della guida “Pompei. Antiquarium” (Electa)
L’organizzazione è stata a cura di Electa che ha edito anche la guida “Pompei. Antiquarium” a cura di Massimo Osanna, Fabrizio Pesando e Luana Toniolo (14 euro) . L’accesso all’Antiquarium consigliato è da piazza Esedra ed è incluso nella tariffa di ingresso al sito. Dal 25 gennaio 2021 è possibile acquistare il biglietto sia on-line sul sito www.ticketone.it, unico rivenditore ufficiale autorizzato, sia presso le casse automatiche di piazza Esedra e di piazza Anfiteatro. Tariffe: Pompei e Antiquarium: intero 16 euro (+ 1.50 euro su prevendita online); ridotto: 2 euro (+ 1.50 euro su prevendita online) per giovani tra 18 e 25 anni. Gratuità e riduzioni come da normativa. E allora vediamo meglio il percorso espositivo.

Prima sezione: “Summa pompeiana”. La scoperta di Pompei nel 1748 porta a un’immagine nuova dell’Antico, che racconta gli aspetti della vita domestica e quotidiana. Goethe nel 1786, vinto dallo stupore per quella quotidianità ritrovata, esclama: “Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità. Credo sia difficile vedere qualcosa di più interessante”. Pompei offre per la prima volta la possibilità di trovarsi in una città media dell’Italia antica, all’interno di case con pareti decorate con affreschi che potevano riprodurre semplici partizioni architettoniche o raccontare dei miti e con tavoli in marmo dove il proprietario esponeva i propri oggetti più preziosi. Biografie di uomini e di oggetti di cui a volte possiamo seguire tutto il percorso di vita fino al ritratto posto sulla propria tomba. La prima sala è una sorta di presentazione, tramite pezzi iconici, dei vari momenti storici, offrendo una “summa pompeiana”, che introduce alla visita.

Seconda sezione: “Prima di Roma”. Il “Secolo Oscuro”. Durante l’età arcaica (VII-VI secolo a.C.) Pompei conobbe un grande sviluppo urbano, grazie alla forte influenza esercitata dalle città magno-greche ed etrusche presenti nell’area del golfo di Napoli. Furono pianificate grandi aree pubbliche come la piazza principale, costruiti templi (il santuario di Apollo e quello di Atena presso il Foro Triangolare), edificate abitazioni e la città venne difesa da mura di oltre 3 chilometri. Il V secolo a.C. coincide con un profondo periodo di crisi: i templi non sono più frequentati, le mura abbandonate e si registra un significativo calo demografico. È una crisi che riguarda quasi tutta l’Italia centro-meridionale, dovuta anche allo stanziamento di nuovi popoli provenienti dall’area appenninica: fra questi i Sanniti, che si stabilirono a Pompei e nella Valle del Sarno. Le tombe sannitiche del IV sec. a.C., scoperte al di sotto della necropoli romana di Porta Ercolano, con gli oggetti di corredo, in genere riferibili alla pratica del banchetto rituale, gettano luce su questa fase ancora oscura. La fase dell’alleanza con Roma Nel 308 a.C., due anni dopo aver subito la devastazione del proprio territorio ad opera dei Romani, le città della Valle del Sarno stipulano un trattato di alleanza con Roma: i fatti, narrati dallo storico romano Livio, costituiscono la prima testimonianza storica su Pompei. Il suo ingresso fra le città federate coincide con una notevole attività edilizia che si riflette nella ristrutturazione del Tempio Dorico e in una rinnovata attenzione al culto di Apollo e, soprattutto, nella costruzione di un nuovo circuito murario, edificato con il sistema ad agger utilizzato anche a Roma. Il restauro dell’antico Tempio Dorico del Foro Triangolare, in particolare, è documentato da una metopa in tufo raffigurante un episodio mitico (il supplizio di Issione o la costruzione della nave Argo) e da una serie di lastre di protezione in terracotta raffiguranti Minerva ed Ercole. A partire dai primi decenni del III secolo a.C. inizia a svilupparsi la Pompei che tutti conosciamo, con le sue strade, allora semplici battuti, i suoi edifici pubblici e le sue abitazioni.

Il “secolo d’oro” di Pompei. Il II secolo a.C. può essere definito il “secolo d’oro” della città. Seguendo le tappe della conquista romana in Oriente, gruppi di mercanti provenienti dalle città costiere della Campania raggiungono i principali porti del Mediterraneo: Delo, Rodi e Alessandria. Come le altre importanti città della Campania, anche Pompei rinnovò e moltiplicò in pochi decenni i propri monumenti. Presso il Tempio Dorico furono costruiti un teatro, alcuni templi destinati a culti stranieri fra cui quello dedicato all’egiziana Iside, una serie di edifici per la formazione fisica, culturale e militare dell’élite locale come la Palestra Sannitica e la domus publica. Poco lontano venne eretto il più antico edificio termale della città, le Terme Stabiane. Nell’area del Foro Civile fu interamente ricostruito il santuario di Apollo e intorno alla piazza, circondata da tabernae, si affacciarono nuovi monumenti, ispirati a quelli presenti a Roma: il tempio di Giove, la Basilica e, poco distante, il mercato pubblico (macellum).

Mercatores. L’attività dei mercanti pompeiani nel bacino del Mediterraneo è ben nota fin dal II secolo a.C. Iscrizioni di cittadini pompeiani sono state ritrovate sia a Delo, il più famoso porto dell’Egeo e crocevia globale di genti e di merci, sia nelle province ispaniche, dove le principali attività erano collegate allo sfruttamento minerario e al traffico degli schiavi. Una serie di oggetti esposti attesta l’arrivo di merci dall’Oriente e dall’Occidente del Mediterraneo, scambiate con rinomati prodotti locali, fra cui il vino e il garum: fra questi spiccano vasi e coppe da banchetto di produzione egea, piccoli contenitori di provenienza iberica e una quantità notevole di anfore rodie e puniche.

Privata luxuria. L’“immagine di Roma” era ben presente percorrendo le vie della città. Grandi case, talvolta perfino più lussuose di quelle presenti a Roma – dove l’angustia dei luoghi consentiva spesso solo un pericoloso sviluppo verticale – si aprivano sulle strade con alti portali. In esse si poteva ammirare la vasta solennità di atri adatti a ricevere decine di visitatori ogni giorno per la cerimonia della salutatio e la sontuosità di ariosi peristili, dove gli ospiti erano accolti in sale da banchetto che richiamavano le magnifiche architetture della Grecia ellenistica. Gli ingressi erano spesso segnalati da ricchi capitelli scolpiti di tufo, raffiguranti la trasfigurazione dei proprietari nella perfetta coppia maritale. Anche i ceti intermedi godevano di un sereno benessere: le loro case erano più piccole ma decorate con ricercatezza, e in alcune si allestirono anche dei bagni privati.

Terza sezione: “Roma vs Pompei”. Obsidio. Nel corso della dura e sanguinosa Guerra Sociale, che vide Roma opporsi agli alleati Italici (91-89 a.C.), Pompei aderì alla coalizione degli insorti e le fonti antiche testimoniano l’intervento diretto di Silla contro la città nell’89 a.C. L’archeologia ci mostra i segni di questo assedio: lungo il settore Nord-Ovest delle mura sono ancora visibili i fori lasciati dai proiettili lanciati dalle catapulte. Una preziosa serie di iscrizioni in lingua osca documenta il sistema di difesa messo in atto dai pompeiani: le milizie scelte erano disposte in difesa di singoli settori delle mura, gli ausiliari raggruppati presso le principali aree pubbliche e lungo i percorsi indicati con il nome delle antiche strade di Pompei, fra le quali si ricordano la víu sarinu (Via Salaria) e la víu mefíu (Via Mediana).

Quarta sezione: “Pompeis difficile est”. Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum. Un’espressione proverbiale attribuita a Cicerone ricordava che era più facile fare carriera a Roma che a Pompei. La creazione di una colonia di veterani dell’esercito di Silla nell’80 a.C., Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum, cambiò per sempre la vita della città. La classe dirigente sannitica fu sostituita anche brutalmente dai nuovi arrivati e Pompei assunse l’aspetto di una città romana dotandosi di edifici allora in voga, come il teatro per le rappresentazioni musicali (l’Odeion) e l’anfiteatro. Lungo le strade che uscivano dalla città furono create grandi necropoli monumentali, simili a quelle di Roma, e il suburbio venne popolato da grandi ville aristocratiche (come la Villa dei Misteri) e da una miriade di piccole fattorie, il cui aspetto ci è testimoniato da Villa Regina a Boscoreale.

Quinta sezione: “Tota Italia”. Pompei Augustea. La lealtà di Pompei al nuovo sistema di potere creato da Augusto e dai suoi successori fu celebrata da una serie di monumenti sul lato orientale del Foro, costruiti da magistrati e da potenti personaggi locali, spesso donne come nell’Edificio di Eumachia. Poco lontano dalla piazza fu ristrutturato il Macellum, luogo di riunione della potente congregazione degli Augustales e venne costruito su suolo privato il Tempio della Fortuna Augusta. Nel lato opposto della città, l’enorme Palestra Grande fu destinata alla formazione fisica e culturale della gioventù pompeiana. Lavori di ammodernamento interessarono l’antico teatro, dove l’ardita realizzazione dell’architetto M. Artorius Primus definì uno spazio al tempo stesso ludico e sacrale, nel quale la gigantesca statua di Augusto compariva al centro della scena. Lo stesso avvenne nel Tempio di Venere, ristrutturato come luogo celebrativo delle origini della gens Iulia. Nelle case e nei più sontuosi mausolei, le statue e i ritratti dell’élite locale si ispiravano alle pose e alla foggia di quelli della famiglia imperiale, a cui rendevano esplicito omaggio di lealtà.


Tesoro di amuleti del I secolo d.C. dalla Casa con Giardino (foto parco archeologico di pompei)
Sesta sezione: “Hic habitat felicitas”. Vivere nel lusso. Durante l’età giulio-claudia (27 a.C.-68 d.C.) Pompei godette di un rapporto diretto con la corte imperiale, che sotto Tiberio e Nerone soggiornò lungamente nell’area del golfo, fra Capri e Baia. Un graffito ricorda forse la residenza in città di una delle mogli di Caligola, e Svetonio narra che un figlio di Claudio vi trovò la morte durante un tragico gioco infantile. Le ville e le case in città dell’aristocrazia e dei nuovi ricchi mostrano nell’articolazione architettonica degli spazi e negli arredi in marmo, bronzo e argento un nuovo gusto, anche filellenico e antiquario, una ricercatezza e un’esibizione di lusso che attestano un benessere socio-economico. Tra tutti si ricordano gli arredi della Casa del Menandro (appartenuta a un ramo della famiglia di Poppea Sabina, moglie di Nerone) e il prezioso tesoro di argenti rinvenuto a Moregine. Tra le scoperte più recenti, gli scavi della Regio V hanno restituito reperti di grande rilievo. Nel 58 d.C. Tacito racconta una grande rissa scatenatasi nell’anfiteatro, che vide contrapposti Nucerini e Pompeiani e che alla fine lasciò sul campo decine di vittime. L’episodio causò una dura repressione da parte del Senato romano, che vietò i combattimenti gladiatori in città per quindici anni.

Settima sezione: “A fundamentis reficere”. Ma il mondo “dorato” della prima età imperiale cessa, in parte, di esistere a causa di un evento terribile, che trova eco nei rilievi della Casa di Cecilio Giocondo: il terremoto, anzi un lungo sciame sismico, più che un unico evento. Sotto il consolato di Regolo e di Virginio, Seneca ricorda che: “Pompei, frequentata città della Campania […] è sprofondata a causa di un terremoto che ha devastato tutte le regioni adiacenti e che ciò è avvenuto proprio nei giorni invernali che i nostri antenati garantivano essere al sicuro da un pericolo del genere. Questo terremoto si è verificato alle None di Febbraio, sotto il consolato di Regolo e di Virginio, ed ha devastato con gravi distruzioni la Campania, regione che non era stata mai al sicuro da queste calamità e che ne era sempre uscita indenne, anche se tante volte morta di paura […] A questi danni se ne aggiungono altri: è morto un gregge di seicento pecore, alcune statue si sono rotte, alcuni dopo questi fatti sono andati errando con la mente sconvolta e non più padroni di sé (Seneca, Questioni Naturali, 6, 1, 1-2.)”.

Structores et pictores. Per l’enorme lavoro di ricostruzione della città non potevano essere sufficienti le poche officine di muratori (structores) o di decoratori (pictores) presenti in città al momento del terremoto. Dopo lo sgombero delle macerie, dovettero intervenire decine di imprese specializzate provenienti da altre località, meno colpite o uscite indenni dal sisma. E tutte queste maestranze composte da schiavi, lavoratori salariati, architetti, muratori, pittori e mosaicisti, dovevano risiedere a lungo in città o giungere quotidianamente dai centri vicini; e tutti dovevano mangiare, dormire, riposarsi. Una città raddoppiata, per la quale bisognava costruire locande, luoghi di ristoro, alloggi, postriboli: in una parola la Pompei che oggi conosciamo percorrendo le sue principali strade.

Ottava sezione: “L’ultimo giorno”. Prima dell’eruzione, il Vesuvio appariva come una fertile montagna, le cui pendici erano occupate da ville rustiche dedite alla produzione di vino. Nella convinzione di trovarsi in un luogo protetto dagli dei, i pompeiani vivono senza immaginare di essere sull’orlo di un vulcano. Il 24 agosto o il 24 ottobre del 79 d.C., come suggeriscono recenti studi e scoperte, il Vesuvio riversa una pioggia di lapilli e frammenti litici su Pompei: l’eruzione durò fino al giorno dopo facendo crollare i tetti e mietendo le prime vittime. I pompeiani tentarono di ripararsi nelle case o sperarono nella fuga, camminando sul letto di pomici che si andava formando, alto ormai più di 2 metri. Ma alle 7.30 del giorno successivo una scarica violentissima di gas tossico e cenere ardente devastò la città: essa si infiltrò dovunque, sorprendendo chiunque cercasse di sfuggire e rendendo vana ogni difesa. Una pioggia di cenere finissima, depositata per uno spessore di circa 6 metri, aderì alle forme dei corpi e alle pieghe delle vesti e avvolse ogni cosa.
A Terzigno (Napoli) il museo Matt riapre e si allarga con l’allestimento degli affreschi del salone della Villa 6 di Terzigno. Tutti possono seguire l’evento che sarà trasmesso in streaming
Il museo Matt di Terzigno (Napoli), riapre dopo la chiusura forzata, ampliando l’offerta di vista con un nuovo prestigioso allestimento, grazie alla collaborazione e con i reperti del parco archeologico di Pompei. E per la presentazione ufficiale ha fatto le cose in grande. A causa delle misure di contenimento della pandemia, la cittadinanza e molti addetti ai lavori non potranno esserci di persona, così la conferenza sarà trasmessa in diretta sui social del museo MATT e degli altri enti coinvolti nel Progetto (Comune di Terzigno, parco archeologico di Pompei, parco nazionale del Vesuvio), in modo da poter partecipare tutti, in modalità online. Il salone della Villa 6 di Terzigno, con un ciclo figurativo (megalografie) di grande suggestione, sarà per la prima volta fruibile al pubblico, nell’esposizione allestita nella Sala 4 al piano superiore del MATT. L’ambiente, probabilmente usato con funzione di triclinio con affaccio sul portico, era una delle più belle e raffinate sala della villa. La Villa 6 viene considerata la più importante tra quelle ritrovate a Terzigno. Fu scoperta nell’area della Cava Ranieri dove sorgerà il Parco Archeologico Naturalistico Geologico, ed è ubicata tra la Villa 1 e la Villa 2, che furono esplorate con diverse campagne di scavo a partire dal 1993 e l’ultima nel 2011. Al taglio del nastro e alla conferenza stampa di presentazione in programma giovedì 18 giugno 2020 alle 11.30 interverranno, il sindaco di Terzigno, Francesco Ranieri; l’assessore alla Cultura, Genny Falciano; il direttore generale del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna; il direttore generale del Grande Progetto Pompei, Mauro Cipolletta; il presidente del parco nazionale del Vesuvio, Agostino Casillo e rappresentanti di altre Istituzioni. L’evento di presentazione, con alcuni interventi istituzionali e una conferenza stampa che si terranno all’aperto, proseguirà, sempre nel rispetto della normativa vigente per il contenimento del Covid, con una visita agli affreschi per gli operatori della comunicazione. Intanto conosciamo un po’ Terzigno con il video prodotto dal Matt nel novembre 2019 in occasione della mostra “Pompei oltre le mura”.
“Così abbiamo salvato Pompei”: alla XXII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico il team del parco archeologico ha ripercorso le tappe per mettere in sicurezza il sito

Il direttore del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, con il direttore del Grande Progetto Pompei, Mauro Cipolletta

La XXII edizione della Borsa Mediterranea del Turismo archeologico si tiene a Paestum dal 14 al 17 novembre 2019
“Così abbiamo salvato Pompei”. Dal direttore generale del Grande Progetto, il generale Mauro Cipolletta, al direttore generale del parco archeologico di Pompei Massimo Osanna, agli architetti e agli ingegneri che hanno coordinato ogni segmento del lavoro, l’intero team interdisciplinare che ha messo in sicurezza il sito archeologico di Pompei, ha raccontato alla XXII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico i lavori svolti dal 2017 per oltre 60 milioni già spesi nei cantieri già chiusi. L’intervento si è reso particolarmente necessario in seguito al crollo della Schola Armaturarum del 6 novembre 2010, all’aggiornamento della Carta del rischio del 2011, alla presa d’atto della situazione di dissesto idrogeologico diffuso dopo le consistenti piogge nel 2014, e tenuto conto dell’apporto disastroso delle oltre 160 bombe sganciate sul sito o nei suoi pressi durante la seconda guerra mondiale e dei terremoti.
I lavori, cominciati nel 2017, dovrebbero arrivare a conclusione nel 2020. La parola d’ordine è comunicazione, ultimo anello di una catena di azioni come anamnesi, diagnosi, terapia, che partono dalla ricerca. Ciò ha posto in essere un approccio multidisciplinare che ha permesso di tornare a scavare con tecniche moderne e tecnologia avanzata, per esempio nella Regio Quinta, lasciata dalla fine dell’800 semi-scavata. Una trentina di restauri sono ancora in corso.

L’affresco dei gladiatori è stato rinvenuto in un ambiente alle spalle dello slargo di incrocio tra il vicolo dei Balconi e il vicolo delle Nozze d’Argento a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)
L’altra novità è che il lavoro è quotidiano, viene programmato e poi documentato. Ciò significa che in futuro non dovrà essere decifrato dall’apparato murario. I tecnici presenti, gli architetti Annamaria Mauro, Gianluca Vitagliano, Bruno De Nigris e Arianna Spinosa, gli archeologi Marialaura Iadanza e Alberta Martellone, l’ingegnere Vincenzo Calvanese, sono stati in grado di presentare i risultati ottenuti. Le linee di ricerca e quindi la filosofia del progetto, hanno considerato il problema complesso, ma non complicato, formato da una serie di problemi.
Restauri conclusi. A Boscoreale riapre Villa Regina, l’unica villa rustica romana interamente visitabile. Al via anche le visite guidate serali alla Villa e all’Antiquarium

Villa Regina a Boscoreale, l’unica villa rustica (fattoria) del I sec. a.C. – I sec. d.C. interamente scavata (foto parco archeologico di Pompei)
A giugno era stata un’apertura eccezionale. In occasione delle Giornate per l’Archeologia 2019. A Boscoreale (Na) Villa Regina aveva aperto le porte del suo cantiere per raccontare gli interventi di messa in sicurezza e restauro che la stavano interessando, offrendo al contempo l’opportunità di visita alla Villa rustica, in attesa della sua riapertura definitiva. Ora ci siamo. Villa Regina a Boscoreale riapre al pubblico, al termine degli interventi di messa in sicurezza e restauro e si inaugurano, per la prima volta con visita guidata alla Villa, i percorsi serali Campania by night. Gli interventi – ricordiamolo – sono stati finalizzati alla messa in sicurezza dell’edificio e alla fruizione da parte del pubblico, e hanno previsto la sistemazione e ripristino delle coperture, oltre ad interventi conservativi di pulitura degli apparati decorativi. L’appuntamento tanto atteso giovedì 19 settembre 2019: alle 18.30 il direttore generale del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, inaugurerà la riapertura della Villa e illustrerà gli interventi effettuati. Interverrà per un saluto il generale Mauro Cipolletta, direttore generale del Grande Progetto Pompei.

Un cortile scoperto di Villa Regina a Boscoreale un cortile scoperto ospita la cella vinaria con diciotto dolia (parco archeologico di Pompei)
Villa Regina è l’unica villa rustica interamente visitabile delle numerose fattorie specializzate nella produzione agricola presenti sul territorio pompeiano. Fu scoperta nel 1977, a seguito di lavori edilizi, e poi portata in luce con accurate campagne di scavo concluse nel 1980. È composta da vari ambienti disposti sui tre lati di un cortile scoperto che ospita la cella vinaria con diciotto dolia (orci per la conservazione del vino). L’attività principale era infatti la produzione del vino. Nella villa si conservano alcuni calchi degli infissi in legno di porte e finestre. Gli ambienti pregiati della Villa, oltre all’ampio porticato, al torcularium con i calchi del torchio ligneo e i fori e pozzetti per il suo ancoraggio al suolo, la vasca di premitura e il contenitore per la raccolta del mosto; includono il triclinio, dalle pareti decorate da pitture attribuite alla fase di transizione tra il III e il IV stile; la cucina, in disuso al momento dell’eruzione, con forno in muratura e focolare al centro della stanza, un vano di servizio con la cisterna per l’acqua, sormontata da un vaso di argilla ; il granaio per la conservazione di fieno, cereali e legumi, adiacente all’aia scoperta.

Nel portico di Villa Regina di Boscoreale sono state rinvenute tracce di solchi delle ruote di un carro da trasporto (foto parco archeologico di Pompei)
La villa, che presentava anche un piano superiore, è databile nel suo impianto originario al I sec. a.C. e fu ampliata in almeno due fasi successive in età augustea e giulio-claudia. Nel portico, durante lo scavo, sono state rinvenute tracce evidenti nel terreno, in una stradina adiacente alla villa, di solchi lasciati dalle ruote di un carro da trasporto (plaustrum). Il piano di calpestio dell’area circostante la villa è costituito dal terreno agricolo del 79 d.C., che conserva le tracce delle antiche coltivazioni e di cui sono stati eseguiti i calchi delle radici di vite. Accanto ad esse sono state ripiantate le viti per la ricostruzione dimostrativa dell’impianto del vigneto. Lungo le pareti dello scavo la stratigrafia del terreno mostra chiaramente la successione dei depositi di materiale piroclastico determinati dall’eruzione del 79 d.C. che causò la distruzione della piccola fattoria.
Con l’occasione della riapertura di Villa Regina, giovedì 19 settembre 2019 avranno inizio le visite guidate serali, nell’ambito del programma Campania by night, progetto di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale della regione promosso dalla Regione Campania, ideato e curato dalla Scabec. Per l’inaugurazione dei percorsi sarà presente il vice presidente della Scabec, Teresa Armato. Le visite in programma ogni giovedì, dal 19 al 24 ottobre a partire dalle 19, prevedono un percorso guidato serale alla Villa e all’Antiquarium di Boscoreale che raccoglie reperti e testimonianze sulla vita quotidiana e l’ambiente Vesuviano in epoca romana, incluse le due sale del piano superiore, che ospitano la mostra sul villaggio protostorico di Longola. L’itinerario si conclude nella Villa con performance artistiche e musicali del “Progetto Sonora”. Tutte le informazioni su costi, orari e prenotazioni su www.campaniabynight.it. L’accesso alla Villa e all’Antiquarium sarà, inoltre, possibile il venerdì e il sabato sera, dalle 20.30 alle 23 (ultimo ingresso fino alle 22.45) fino al 12 ottobre, al costo di 2 euro, nell’ambito dei progetti di valorizzazione del ministero per i Beni, le Attività culturali e il Turismo.
A Pompei Geronimo Stilton presenta la guida e le mappe per ragazzi del sito Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”
Pompei, Ercolano e Torre Annunziata a dimensione di bambino. Giovedì 13 giugno 2019, alle 10.30, al Teatro Piccolo degli scavi di Pompei (con ingresso da piazza Esedra) saranno presentate la guida e le mappe per ragazzi del sito Unesco 829 “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata” con un testimonial d’eccezione: Geronimo Stilton. A un anno di distanza dalla sua prima visita e dopo un intenso lavoro al fianco degli alunni di 12 istituti comprensivi di Pompei, Ercolano, Torre Annunziata, Trecase e Napoli, torna agli scavi di Pompei Geronimo Stilton, il topo giornalista più amato dai bambini di tutto il mondo, per presentare le nuove mappe e la guida del sito Unesco 829 “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Torre Annunziata”, dedicate ai più piccoli e ai ragazzi. Giovedì 13 giugno 2019 al Teatro Piccolo degli scavi di Pompei sarà dunque presentato il risultato finale delle attività. Interverranno: il direttore ad interim del Parco Archeologico di Pompei, Alfonsina Russo; il prof. Massimo Osanna assieme al direttore del Grande Progetto Pompei, generale Mauro Cipolletta; il direttore del Parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano; Laura Acampora del Segretariato generale del ministero per i Beni e le attività culturali – Servizio I, Ufficio Unesco del Mibac; Elena Pagliuca dell’Osservatorio permanente del Centro storico di Napoli-sito Unesco; Rachele Geraci, responsabile eventi culturali e relazioni con le istituzioni di Atlantyca; e, naturalmente, Geronimo Stilton, protagonista e autore della serie editoriale pubblicata in Italia da Edizioni Piemme e in altre 49 lingue nel mondo e dei cartoni animati in onda su RAI, qui presente in pelliccia e baffi assieme agli alunni e professori delle classi partecipanti al progetto. Le mappe saranno in distribuzione presso gli ingressi dei tre siti, assieme alla guida che sarà distribuita in questa prima fase gratuitamente. L’ingresso all’evento di presentazione è aperto ai visitatori, fino ad esaurimento posti (max. 150).
Geronimo Stilton è stato testimonial d’eccezione del progetto educativo “Itinerario didattico formativo tra i siti di Pompei, Ercolano, Torre Annunziata, Napoli” rivolto ai giovani cittadini del sito UNESCO, finanziato con i fondi della L. 77/2006 (legge per “misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “Lista del patrimonio mondiale” posti sotto la tutela dell’UNESCO). Il progetto – svoltosi in collaborazione con l’Osservatorio permanente del Centro storico di Napoli-sito Unesco – ha avuto l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e la sensibilità dei più giovani nei confronti del patrimonio culturale mondiale, anche attraverso l’osservazione delle tecniche di conservazione e valorizzazione. L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con Atlantyca Entertainment, l’azienda milanese che gestisce i diritti editoriali internazionali, di animazione e di licensing del personaggio Geronimo Stilton.
Roma la città d’arte preferita, il Colosseo il monumento più rappresentativo: è il risultato dell’indagine demoscopica della Fondazione Hruby contenuta nel libro “Il tesoro più grande. Come gli italiani pensano, tutelano e valorizzano il patrimonio culturale”. Il volume è presentato al parco archeologico di Pompei
Roma è la città d’arte preferita dagli italiani e il Colosseo è il monumento più rappresentativo d’Italia. È quanto emerge da un’indagine demoscopica dell’istituto AstraRicerche promossa dalla Fondazione Enzo Hruby, che ha raccolto i dati nel libro “Il tesoro più grande. Come gli italiani pensano, tutelano e valorizzano il patrimonio culturale” che sarà presentato giovedì 23 maggio 2019, alle 12, alla Terrazza dell’Antiquarium del Parco Archeologico di Pompei, con ingresso da piazza Esedra (Porta Marina Inferiore). La Fondazione Enzo Hruby, impegnata per sostenere la protezione dei beni culturali italiani e per diffondere la cultura della sicurezza, ha voluto approfondire un argomento che non è mai stato sviscerato a fondo prima d’ora, ovvero il rapporto tra gli italiani e lo straordinario patrimonio nazionale. Il “tesoro” è smisurato: 4588 in Italia i musei e gli istituti similari (3847 musei, 240 aree archeologiche, 501 monumenti e complessi monumentali). Purtroppo questo tesoro in Italia vive in una drammatica carenza di sistemi di sicurezza ed è sottoposto a numerosi rischi, costantemente esposto a furti, sottrazioni, atti di vandalismo e danni accidentali. Così la fondazione ha commissionato all’Istituto AstraRicerche un’indagine demoscopica svolta attraverso 1051 interviste condotte su un campione di italiani dai 15 ai 65 anni. Attraverso questa ricerca, partendo da cosa è davvero ‘tesoro’ per i cittadini, si arriva a valutarne il valore (personale, sociale, economico) per poi affrontare il tema della conservazione e della tutela dei beni.
Tra i dati emersi dalla ricerca (svolta attraverso 1051 interviste online condotte su un ampio campione costituito da italiani di età compresa tra i 15 e i 65 anni) Roma è la città d’arte preferita dagli italiani (con l’84,5% delle preferenze, a seguire Firenze con il 28,4% e poi in ex aequo Pisa e Milano); il Colosseo con il 60,1% il monumento scelto dagli italiani come il più rappresentativo del patrimonio nazionale. Dal punto di vista economico, meno di un intervistato su tre ritiene che il patrimonio artistico nazionale sia pienamente valorizzato: più dell’80% degli intervistati è consapevole della necessità di un maggior livello di protezione per i nostri beni artistici. Gli italiani, almeno il 65,8%, sono orgogliosi delle bellezze artistiche del Paese, ‘solo’ il 34,3% però sente il senso di appartenenza a una Nazione. I residenti in Lazio, Umbria e Molise, secondo i dati della ricerca, dimostrano un maggior amore per la propria regione, con una media dell’8,36 superiore al 7,23 del Nord-Ovest e al 7,52 del Sud.

Il libro “Il tesoro più grande. Come gli italiani pensano, tutelano e valorizzano il patrimonio culturale” della Fondazione Enzo Hruby
A partire da questa ricerca è scaturito il libro che viene presentato a Pompei, nel quale sono analizzati i risultati dell’indagine demoscopica e dove sono presenti i contributi, le proposte e le testimonianze di alcuni dei maggiori esponenti del mondo dei beni culturali. Il volume, introdotto dalla prefazione di Franco Bernabè, presidente della commissione nazionale italiana per l’Unesco, è curato da Salvatore Vitellino e contiene i contributi di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi; Evelina Christillin, presidente della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino; Tiziana Maffei, presidente di Icom Italia; Carlo Hruby, vice presidente della Fondazione Enzo Hruby; Andrea Erri, direttore generale della Fondazione Teatro La Fenice; Pierluigi Vercesi, inviato speciale del “Corriere della sera” e Luca Nannipieri, critico d’arte. Alla presentazione di giovedì 23 maggio 2019 a Pompei portano un saluto istituzionale Alfonsina Russo, direttore ad interim del Parco Archeologico di Pompei; e il Gen. B. Mauro Cipolletta, direttore generale del Grande Progetto Pompei; introduce i lavori il Gen. B. Fabrizio Parrulli, comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale; intervengono Massimo Osanna, professore di Archeologia Classica dell’università Federico II di Napoli e Carlo Hruby; modera l’incontro Luca Nannipieri. In occasione della presentazione a Pompei il volume verrà offerto in omaggio a tutti i partecipanti. Successivamente sarà possibile richiederlo alla Fondazione Hruby, con un’erogazione liberale che verrà destinata al sostegno delle attività della Fondazione per la protezione del patrimonio culturale italiano. Ingresso libero con conferma obbligatoria scrivendo all’indirizzo mail info@fondazionehruby.org o telefonando al numero 02.38036625.
Con Pasqua 2019 riapre a Castellammare (Na) la bellissima Villa Arianna, dai preziosi affreschi, danneggiata dall’ondata di maltempo dell’ottobre 2018. Migliorati anche l’arredo esterno e la segnaletica

Il grande ambiente di Villa Arianna a Castellammare di Stabia con al centro l’affresco con il mito di Arianna (foto parco archeologico di Pompei)
Nell’uovo di Pasqua 2019 Castellammare (Na) trova la riapertura di Villa Arianna, la famosa villa dell’antica Stabiae così denominata per la grande pittura a soggetto mitologico rinvenuta sulla parete di fondo del triclinio, durante gli scavi condotti dall’ingegnere svizzero Karl Weber tra il 1757 e il 1762, cioè all’inizio degli scavi borbonici, quando si procedeva attraverso esplorazioni sotterranee che prevedevano solo il recupero degli oggetti e non anche l’indagine dell’intero contesto architettonico: pertanto, le suppellettili e gli affreschi meglio conservati venivano prelevati e inviati al museo Borbonico presso il Palazzo Reale di Portici, poi confluiti in quello che oggi è il museo Archeologico nazionale di Napoli.

Un affresco parietale della villa Arianna a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico di Pompei)

A villa Arianna: da sinistra, Francesco Muscolino (direttore scavi), Alfonsina Russo (direttore ad interim Pompei), Gaetano Cimmino (sindaco Castellammare); Mauro Cipolletta (direttore Gpp) (foto Parco archeologico Pompei)
La Villa era chiusa da ottobre 2018 per i danni causati da una straordinaria ondata di maltempo. In questi mesi sono stati effettuati lavori di ripristino e puntellatura della copertura moderna dell’atrio in modo da riconsentire la riapertura al pubblico. Le coperture della Villa e dell’adiacente “Secondo Complesso” saranno, a breve, oggetto di un più radicale rifacimento, già definito a livello progettuale. La forzata chiusura al pubblico è stata l’occasione per condurre interventi di miglioramento del decoro complessivo della Villa e di accoglienza per i visitatori, che sono stati presentati alla presenza della direttrice ad interim Alfonsina Russo, del direttore generale del Grande Progetto Pompei, Mauro Cipolletta, del direttore degli scavi di Stabia Francesco Muscolino e del sindaco di Castallammare, Gaetano Cimmino. “La riapertura della villa è solo l’inizio di una progressiva riqualificazione”, dichiara Alfonsina Russo, “e una dimostrazione della rinnovata attenzione del parco archeologico di Pompei verso lo straordinario patrimonio archeologico dell’antica Stabiae”.

Nuove staccionate di contenimento fronti non scavati di villa Arianna di Stabia (foto parco archeologico Pompei)
Nell’ottica di una sempre maggiore integrazione con il contesto territoriale, sono stati riposizionati i nuovi cartelli segnaletici nelle immediate adiacenze esterne della villa, prima tappa di un necessario potenziamento della cartellonistica stradale per raggiungere facilmente sia Villa Arianna sia Villa San Marco. Sono state, inoltre, interamente rifatte per una lunghezza complessiva di circa cinquecento metri, le staccionate che delimitano i percorsi di visita e recingono gli spazi a monte della villa, sostituendo le vecchie recinzioni ormai ammalorate o mancanti in alcuni punti, allo scopo di rendere sempre più quest’ampia area verde, a Ovest della villa, circondata da ulivi e allestita con panchine, un confortevole luogo di sosta per i visitatori del sito e non solo. Contestualmente, con la realizzazione di nuove viminate (staccionate di contenimento) e altri piccoli interventi, si sono stabilizzati alcuni tratti dei fronti non scavati.

La reggia borbonica di Quisisana a Castellammare di Stabia ospiterà il nuovo museo nazionale di Stabia
“La proposta inserita all’interno del Piano Strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del sito UNESCO “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”, aggiunge il generale Mauro Cipoletta, “prevede la valorizzazione delle aree archeologiche di Stabia, Villa San Marco e Villa Arianna, attraverso il miglioramento delle vie di accesso e di collegamento ad altre evidenze culturali, nonché la riqualificazione delle aree di sosta, dotandole anche di adeguate strutture di accoglienza turistica (ingresso con info-point, piccola area espositiva, bar etc).” E il sindaco Gaetano Cimmino: “La riapertura di Villa Arianna è un avvenimento atteso sin da quando l’ondata di maltempo dello scorso ottobre aveva arrecato danni importanti alla struttura, che è stata ora rimessa a nuovo con interventi finalizzati alla messa in sicurezza della splendida villa romana e al miglioramento dell’accoglienza. Si tratta dell’ennesimo segnale della sinergia intrapresa tra il Parco Archeologico di Pompei e l’amministrazione comunale di Castellammare di Stabia per la valorizzazione del vasto patrimonio storico e culturale del territorio, che costituisce una risorsa preziosa per Castellammare. Una cooperazione che proseguirà con la realizzazione del museo Archeologico di Stabia all’interno di Palazzo Reale a Quisisana, nell’ottica del potenziamento del marketing territoriale che insieme siamo pronti a promuovere per dare impulso al turismo culturale in città”.
“Alla ricerca di Stabia”: all’Antiquarium di Pompei una mostra sulla necropoli di Madonna delle Grazie e del santuario dei Privati anticipa il progetto multidisciplinare per lo studio, la riscoperta e la valorizzazione dell’antica Stabiae. Con l’antiquarium stabiano chiuso da anni, il nuovo museo di Stabia sarà nella reggia borbonica di Quisisana

Il manifesto che annuncia la mostra “Alla scoperta di Stabia” all’antiquarium di Pompei (foto Graziano Tavan)

Il team di archeologi della soprintendenza di Pompei tra i direttori generali Osanna (a sinistra) e Cipolletta (a destra) (foto Graziano Tavan)
Focus sull’antica Stabiae. Era ora, sarebbe quasi il caso di dire. E lo ha fatto ben capire e trasparire dalle sue parole Massimo Osanna, direttore generale del parco archeologico di Pompei, nel presentare la mostra “Alla ricerca di Stabia”, aperta all’Antiquarium di Pompei fino al 31 gennaio 2019: un percorso di conoscenza della storia dell’antica Stabiae attraverso le testimonianze lasciateci dai ritrovamenti nella necropoli di Madonna delle Grazie, con le sue numerose sepolture, e nel santuario extraurbano in località Privati connesso, come rivelano i reperti votivi rinvenuti, al mondo femminile, alla protezione della fertilità e delle nascite. “Di solito”, esordisce Osanna, “le mostre archeologiche rappresentano il punto di arrivo di un progetto di ricerca archeologica. Stavolta, invece, vogliamo portare l’attenzione sulle necropoli di Stabiae, che raccontano la storia di una comunità aperta ai contatti con il Mediterraneo. La diversità dei materiali raccolti racconta un mondo fatto di mobilità, di migrazioni, di contatto tra culture, una cultura fatta di recezioni, di stimoli che vengono da aree culturali diverse. Questa mostra porta luce su un luogo troppo a lungo dimenticato che è l’antiquarium Stabiano, che è stato un luogo glorioso negli anni Sessanta per i materiali straordinari che conteneva, poi chiuso per problemi di agibilità dell’edificio. Così l’Antiquarium Stabiano è diventato il contenitore inadeguato di materiale non più fruibile da parte del pubblico”.

La reggia borbonica di Quisisana a Castellammare di Stabia ospiterà il nuovo museo nazionale di Stabia
Un progetto scientifico e di valorizzazione ambizioso per l’antica Stabiae. “Di Stabiae si sa pochissimo”, ammette Osanna. “È per questo che abbiamo messo insieme un programma di ricerca a tappeto su tutto il territorio di Stabia e capire la nascita e lo sviluppo di questo insediamento e arrivare a una conoscenza da aprire alla comunità del territorio e ai visitatori. A seguire il progetto è stato chiamato un gruppo cui fanno parte l’università di Salerno, l’università di Napoli Federico II, l’università di Bologna e la Columbia University”. E ancor prima del “taglio del nastro”, è stato proprio il soprintendente, affiancato dal direttore generale del Grande Progetto Pompei, Mauro Cipolletta, a dare la prima importante notizia: “È imminente la concessione d’uso della Reggia borbonica di Quisisana a Castellammare di Stabia alla soprintendenza per allestirvi un museo dedicato a Stabiae e un centro di ricerca sull’area che è considerata di grande interesse”. L’antico ager stabianus è infatti finora noto per la diffusione, tra la conquista sillana dell’89 a.C. e l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., di ville residenziali e produttive, come sottolineava già all’epoca Plinio il Vecchio: insediamenti richiamati dai terreni favorevoli alla coltura della vite e dell’olivo, e un retroterra montuoso adatto all’allevamento del bestiame per la produzione di lana, latte e derivati. Le residenze di lusso furono edificate sul pianoro di Varano, in posizione panoramica sul mare: ville di grandi dimensioni, spesso su più livelli. Pensiamo alla villa Arianna e al cosiddetto Secondo Complesso, oggi visitabili; la villa del Pastore, attualmente interrata; e la villa San Marco, aperta al pubblico. Sui terrazzamenti collinari dei monti Lattari stavano invece le ville rustiche: le ricerche della soprintendenza archeologica di Pompei negli ultimi anni ne ha individuato una cinquantina.

Il direttore generale Massimo Osanna illustra i reperti in mostra all’antiquarium di Pompei (foto Graziano Tavan)
Quindi a Pompei una mostra per fare il punto sulle ricerche a Stabia con un focus su due contesti di grande importanza per la ricostruzione delle dinamiche insediative del territorio stabiano e per le sue vicende storiche in epoca preromana. La necropoli di Madonna delle Grazie, con circa 300 tombe distribuite su un’area di circa 15mila mq, datate tra la seconda metà del VII sec. a.C. e la fine del III sec. a.C., testimonia della più antica occupazione stabile del territorio e rappresenta dunque una fonte preziosa di informazione sugli abitanti degli antichi centri che circondavano Pompei. Il luogo di culto in località Privati documenta invece un aspetto inedito della storia di Stabiae e cioè la presenza di un santuario extra-urbano nella seconda metà del IV sec. a.C.
La necropoli di Madonna delle Grazie si trova in una zona pianeggiante lungo la moderna statale Stabia-Nocera, in un’area che oggi costituisce la periferia orientale di Castellammare di Stabia. Le indagini condotte tra il 1959 e il 1989 hanno restituito circa 300 sepolture che indicano un utilizzo ininterrotto della necropoli tra la seconda metà del VII sec. a.C. e la fine del III sec. a.C. Tombe a fossa, a cassa litica o coperte con tegole sono le principali tipologie di sepolture attestate Nei corredi troviamo oggetti legati al banchetto, tra cui vasi utilizzati per il consumo di bevande come il vino (coppe, brocche, anforette) e strumenti impiegati nella preparazione dei cibi (coltelli e alari per la cottura delle carni); fibule, anellini, bracciali e collane sono invece elementi distintivi dell’abbigliamento e dell’ornamento.

Corredi funerari in mostra a Pompei dalla necropoli di Madonna delle Grazie a Stabia (foto Graziano Tavan)
“Gli oggetti in mostra delineano l’identità del defunto e attestano l’adozione di forme di consumo del vino legate al mondo greco ed etrusco”, spiegano gli archeologi. “I reperti testimoniano, inoltre, la presenza in Campania di nuove genti come gli Etruschi che, tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C., innescano profonde trasformazioni negli assetti territoriali e nelle dinamiche insediative. In questo periodo, sollecitati anche dall’arrivo di genti straniere, le popolazioni locali delle aree più interne della piana del Sarno e dei Monti Lattari si spinsero infatti fino al golfo di Napoli e si aprirono a nuovi contatti. La necropoli di Madonna delle Grazie ci racconta questa complessa fase di trasformazione”. E continuano: “Una comunità aperta ai contatti con genti straniere tra il VII e il V sec. a.C. consolida la propria presenza nel territorio stabiano e seppellisce i propri morti proprio nella necropoli di Santa Maria delle Grazie. Nelle tombe troviamo i segni di queste molteplici relazioni: diverse tipologie di ceramiche, tra cui vasi di impasto legati alla tradizione locale, forme in bucchero caratteristiche del mondo etrusco e importazioni greche”. Tra la metà del V e la metà del IV sec. a.C. l’arrivo di popolazioni sannitiche in Magna Grecia porta profonde trasformazioni sociali e negli insediamenti. “Segni di cambiamento si osservano anche a Stabia: nella necropoli di Madonna delle Grazie aumenta il numero delle tombe e cambia la tipologia delle ceramiche nei corredi, costituiti ora soprattutto da vasi privi di decorazione, ceramiche a vernice nera e più raramente vasi a figure rosse”.

Antefissa in terracotta con la testa di Ercole dal luogo di culto in località Privati a Stabia (foto Graziano Tavan)
Di grande interesse, quanto poco conosciuto, il luogo di culto in località Privati. Il deposito votivo, su una terrazza dei Monti Lattari digradante panoramicamente verso il golfo di Stabiae, segnava anticamente il confine meridionale del territorio stabiano, in una strategica posizione di controllo del percorso che collegava la valle del Sarno e l’area sorrentino-amalfitana. Il santuario, a partire dal IV sec. a.C., era probabilmente legato alla sfera femminile e alla protezione della fertilità e delle nascite, come indicano le terrecotte con immagini femminili, di bambini: tante offerte votive ed ex voto, anche con ossa animali.

Deposito di ex voto e materiale votivo da una fossa al centro della terrazza del luogo di culto in località Privati di Stabia (foto Graziano Tavan)
Al centro della terrazza gli archeologi hanno individuato una grande fossa con materiale votivo, spesso frammentato intenzionalmente prima di essere depositato, frammisto a terreno bruciato e a offerte di ossa animali. “Gli ex voto”, spiegano, “vennero gettati probabilmente per far posto a nuove offerte in occasione di un rifacimento del santuario tra II e I sec. a.C.”. Tra i votivo predomina la ceramica, con forme legate all’uso rituale dell’acqua e all’offerta di liquidi. “Alcuni tipi di statuine, come la figura di Atena con berretto frigio e le antefisse con Atena ed Eracle inseriscono il santuario di Privati in una rete di luoghi di culto che costellavano la penisola sorrentina dal Tempio Dorico di Pompei all’Athenaion di Punta della Campanella.
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