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Portici (Na). All’università “Federico II” la giornata di studi “Il Real Sito di Portici. Ricerche, restauri e prospettive”, importante momento di confronto scientifico sulla valorizzazione di uno dei più significativi siti reali borbonici del territorio campano

Venerdì 20 giugno 2025, alle 9.30, a Portici, nella Sala Cinese dell’università di Napoli “Federico II” in via Università 100, ospita la giornata di studi “Il Real Sito di Portici. Ricerche restauri e prospettive”, un importante momento di confronto scientifico dedicato alla valorizzazione di uno dei più significativi siti reali borbonici del territorio campano. L’iniziativa, che vede la partecipazione di istituzioni di primo piano nel panorama culturale nazionale, si propone di fare il punto sullo stato delle ricerche, sui cantieri di restauro in corso e sulle prospettive future per la conservazione e valorizzazione del Real Sito di Portici, prezioso esempio dell’architettura reale settecentesca e sede del primo museo ercolanense. Alla giornata porteranno i saluti istituzionali Matteo Lorito, rettore dell’università “Federico II”; Gaetano Manfredi, sindaco della Città Metropolitana di Napoli; Danilo Ercolini, direttore dipartimento di Agraria; Luigi La Rocca, capo dipartimento per la Tutela del patrimonio culturale; Mariano Nuzzo, soprintendente per l’area metropolitana di Napoli; Stefano Mazzoleni, direttore museo delle Scienze agrarie; Paola Costa, dirigente città metropolitana di Napoli; Vincenzo Cuomo, sindaco di Portici; Gennaro Miranda, presidente fondazione Ente Ville Vesuviane; Lorenzo Capobianco, presidente OAPPC  Napoli. L’evento è aperto al pubblico e alla comunità scientifica. La Giornata di Studi rappresenta un’occasione preziosa per fare il punto sui risultati raggiunti e delineare le strategie future per la conservazione di questo straordinario patrimonio, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali e scientifici impegnati nella sua tutela.

Veduta dall’alto della Reggia di Portici (foto paerco)

La giornata si articola in quattro sessioni tematiche che spaziano dalla storia dei siti reali borbonici alle più moderne tecniche di restauro. Si parlerà dell’eredità di Luigi Vanvitelli e della sua influenza sull’architettura della Federico II, del rapporto tra la Reggia e l’antico museo ercolanense, fino ai cantieri di restauro attualmente in corso. Particolare attenzione sarà dedicata al ruolo del Real Sito come villa vesuviana del “miglio d’oro” e alle strategie innovative per il restauro e la valorizzazione del patrimonio borbonico. Gli interventi spazieranno dalle riflessioni sul restauro del Fortino di Ferdinando IV alle analisi del Gabinetto dorato della Regina, testimonianza dell’apogeo del tardobarocco.

SESSIONE 1 – I siti Reali: chair Serena Borea. Renata Picone, presidente Sira – università di Napoli “Federico II”, “Siti reali borbonici. Nuove strategie per il restauro e la valorizzazione”; Alessandro Castagnaro, università di Napoli “Federico II”, “Luigi Vanvitelli dalla Reggia di Portici alle sedi della Federico II”; Fabio Mangone, università di Napoli “Federico II”, “Fuga a Portici”; Massimo Visone, università di Napoli “Federico II”, “La fortuna iconografica del Palazzo Reale di Portici”.

SESSIONE 2 – Il Real Sito di Portici, villa vesuviana del miglio d’oro: chair Mariano Nuzzo. Serena Borea, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Conservare per continuare a conoscere. L’impegno della Soprintendenza per il restauro, la tutela e la valorizzazione del Real Sito”; Marco De Napoli, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Conoscere per tutelare. La vestizione del vincolo culturale per strategie di tutela e valorizzazione del Real Sito di Portici”; Valentina Russo, università di Napoli “Federico II”, “In oppugnandis propugnandisque opidis tirocinio: riflessioni per il restauro del Fortino di Ferdinando IV nella Reggia di Portici”; Andrea Pane – Damiana Treccozzi, università di Napoli “Federico II”- Scuola Superiore Meridionale / museo Archeologico nazionale di Napoli, “La Reggia di Portici tra apogeo del tardobarocco e istanze di rinnovamento stilistico: il caso del Gabinetto dorato della Regina tra conoscenza e conservazione”; light lunch. Inaugurazione mostra fotografica di Giovanni Genova. Presentazione di Francesca Stopper.

SESSIONE 3 – La Reggia e il museo ercolanense: chair Stefano Mazzoleni. Francesco Sirano, direttore parco archeologico di Ercolano, “Ercolano 1738 dallo scavo alla musealizzazione”; Elena Manzo, università della Campania “Luigi Vanvitelli”, “Genesi di una residenza reale tra Storia, Architettura e Archeologia”; Luca di Franco, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Prima e dopo l’Herculanense Museum. La Reggia di Portici e l’antico”; Domenico Camardo, Mario Notomista, Packard Humanities Istitute / Istitute Packard per i Beni Culturali, “La villa romana delle scuderie del Palazzo Reale di Portici e le ville del territorio ercolanese”.

SESSIONE 4 – I cantieri in corso e prospettive future: chair Luigi Veronese. Brunella Como, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Il restauro dei saloni dell’ala nord est della Reggia di Portici, già appartenenti alla Villa del Conte di Palena”; Palma Maria Recchia, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Tracce ritrovate: interventi di restauro nell’ultimo quinquennio”; Valeria Fusco, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Il restauro dello scalone della Reggia. Interventi di conservazione e innesti contemporanei per un nuovo ingresso all’area museale”; Giuseppe Napolitano, Gerardo Puca, Clea Martone, Città Metropolitana di Napoli, “Interventi di restauro alla Reggia curati dalla Città Metropolitana di Napoli. Dalla Galleria del piano nobile alle scuderie”.

Ercolano. Aperta a Villa Campolieto, una delle più affascinanti ville di età borbonica del Miglio d’Oro, la mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano”: viaggio alla scoperta dell’arte culinaria romana grazie ai dati forniti dagli studi sugli oltre 300 scheletri di fuggiaschi ritrovati sull’antica spiaggia e ai resti carbonizzati di cibo

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Inaugurazione della mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano”: da sinistra, Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Ville Vesuviane; Elena Scarlato, consiglire Ville Vesuviane; Francesco Sirano, direttore parco archeologico di Ercolano; Ciro Bonajuto, sindaco di Ercolano (foto paerco)

Un pasto completo nell’antica Roma solitamente iniziava con le uova e terminava con i frutti. Parola del poeta Orazio che afferma Ab ovo usque ad mala (“dall’uovo alle mele”). Ma Ercolano ha restituito una grande quantità e varietà di reperti organici in eccezionali condizioni di conservazione che non solo confermano le fonti letterarie, ma permettono di ricostruire l’invidiabile assortimento di cibi e alimenti presenti nell’antica Herculaneum grazie ai dati sullo stato di salute della popolazione e sul cibo che mangia restituiti dagli studi sugli oltre 300 scheletri di fuggiaschi ritrovati sull’antica spiaggia di Ercolano: erano uomini, donne, bambini che hanno popolato le strade e le case di Ercolano antica la cui vita non è mai veramente terminata, ma è in qualche modo giunta sino all’oggi fissata per sempre in quelle strade e tramandata al futuro attraverso lo scorrere delle generazioni.

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Allestimento della mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano” a Villa Campolieto di Ercolano: il banchetto

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Mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano” a Villa Campolieto di Ercolano: uova (foto paerco)

Dal 28 marzo 2025 con la mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano”, il parco archeologico di Ercolano permette ai visitatori di immergersi in un viaggio nell’epoca romana alla scoperta di quella che possiamo definire una vera e propria civiltà del cibo. Materia prima e frutto di una sorprendente arte culinaria, il cibo di questa città romana si mostra attraverso i resti carbonizzati di pane, cereali, legumi, frutta, uova, formaggio, frutti di mare, ci sembra quasi di sentirne i profumi; oltre a vasellame, pentole, utensili, oggetti di uso quotidiano e di lusso, che restituiscono preziose informazioni sui principali aspetti dell’alimentazione degli antichi Ercolanesi: dalla produzione al consumo e allo smaltimento del cibo. Il cibo è dunque un filo rosso che lega il presente al passato non solo per le elementari necessità biologiche. Mai come ad Ercolano emerge con chiarezza un rapporto con il cibo che guarda non solo alla qualità e varietà dei prodotti, ma anche alla cura della preparazione e al risultato gastronomico. La mostra, organizzata dal parco archeologico di Ercolano in collaborazione con la Fondazione Ente Ville Vesuviane, è ospitata fino al 31 dicembre 2025 nelle sale affrescate di Villa Campolieto, una delle più affascinanti ville di età borbonica del Miglio d’Oro.

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Villa Campolieto, una delle più affascinanti ville di età borbonica del Miglio d’Oro a Ercolano (foto ente ville vesuviane)

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Ambienti affrescati al piano nobile di Villa Campolieto a Ercolano (foto ente ville vesuviane)

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L’inizio della mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano” a Villa Campolieto di Ercolano (foto paerco)

Villa Campolieto. Era il 1738 quando Carlo di Borbone e Mariamalia di Sassonia scelsero Portici per costruire una nuova reggia e dare inizio agli scavi della città di Herculaneum. Da quel momento tutti i nobili napoletani seguirono la corte dei Borbone e innalzarono, nella zona costiera ai piedi del Vesuvio, una o più ville per il periodo estivo, creando un complesso architettonico unico al mondo per quantità e bellezza: le 122 Ville Vesuviane, un dialogo tra natura e artificio, rococò e neoclassicismo. Nella zona compresa tra i confini del comune di Ercolano, la concentrazione delle Ville Vesuviane è densa e di particolare prestigio, tanto che il tratto di strada che le vede in successione viene denominato Miglio d’Oro: edifici costruiti da architetti quali Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Ferdinando San Felice, Domenico Antonio Vaccaro, completati da vasti giardini che lambivano la costa e decorazioni pittoriche realizzate da grandi artisti. Con il fine di conservare e salvaguardare questo cospicuo patrimonio, la legge dello Stato n.578 istituiva il 29 luglio 1971 l’Ente per le Ville Vesuviane, oggi Fondazione. Sorta in una posizione fra le più felici e suggestive, a valle della borbonica strada delle Calabrie, non lontano dalla Reggia di Portici e contigua alla Villa Favorita, Villa Campolieto venne edificata per volontà del Principe Luzio De Sangro, Duca di Casacalenda che, nel 1755, affidò il progetto e l’esecuzione dei lavori a Mario Gioffredo. Costretto ad abbandonare l’opera intorno al 1760 fu sostituito da Luigi Vanvitelli che, dal 1763 al 1773 (anno della sua morte), ne diresse i lavori, completati nel 1775 dal figlio Carlo. La Villa Campolieto, acquisita nel 1977 dall’Ente per le Ville Vesuviane, oggi Fondazione, dopo 6 anni di restauro, è stata riportata al suo primitivo splendore e restituita alla pubblica fruizione.

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La locandina della mostra permanente “SplendOri. Il lusso negli ornamenti ad Ercolano”

Materia - Il legno che non bruciò Ercolano

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)

Il progetto di questa mostra nasce già nel 2018, quando si intraprese il programma espositivo “Ercolano 1738-2018 Talento Passato e Presente” che includeva un ciclo di tre mostre sui reperti più significativi della città antica, ossia ori, legni e cibi e di conseguenza sugli aspetti di questa antica comunità inerenti il lusso, l’artigianato e le abitudini alimentari (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2019/02/14/ercolano-il-direttore-francesco-sirano-presenta-il-progetto-culturale-per-il-rilancio-del-sito-tre-mostre-lespressione-del-lusso-la-grande-tradizione-artigianale-legata-alla-lavorazione-d/). In questo iniziale progetto vi era anche la volontà di allestire le tre mostre nei luoghi più belli del territorio, l’Antiquarium del parco archeologico di Ercolano è stato la sede della mostra “SplendOri. Il lusso negli ornamenti a Ercolano”, la Reggia di Portici ha accolto l’esposizione “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2023/12/01/alla-reggia-di-portici-na-ultimo-mese-per-visitare-la-mostra-materia-il-legno-che-non-brucio-ad-ercolano-promossa-dal-parco-archeologico-di-ercolano-lunica-citta-del-mondo-romano/) e quest’ultima è allestita nella vantitelliana Villa Campolieto, una delle più belle dimore settecentesche lungo il Miglio d’Oro. Tra un presente richiamato da immagini ricavate dall’odierna realtà della moderna Ercolano e l’antichità romana, la mostra non perde mai di vista la bellezza della vanvitelliana Villa Campolieto, con spazi aperti e dialoganti con il prezioso contenitore. Attraversando le sale si gode tanto dei reperti esposti, quanto della splendida dimora settecentesca. La raffinatezza e il valore storico del piano nobile di Villa Campolieto hanno richiesto un approccio espositivo rispettoso; da qui nasce l’idea della “stanza nella stanza”, allestimento che crea un dialogo tra il passato e il presente.

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Allestimento della mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano” a Villa Campolieto di Ercolano (foto paerco)

“Il cibo, non solo come necessità fisiologica, ma come elemento centrale della vita culturale e sociale, rappresenta un costante legame con il contemporaneo perché molte tradizioni e usi antichi persistono anche nella cultura campana di oggi”, dichiara il direttore del Parco, Francesco Sirano. “I gusti, le ricette e l’etichetta a tavola sono cambiati negli oltre duemila anni che ci separano dal 79 d.C., ma abbiamo in comune la cura per la qualità delle materie prime, al tempo dei Romani spesso importate anche dall’Africa e dall’India, per la preparazione e la presentazione dei piatti e, molto più importante, per l’ospitalità e la condivisione della mensa, specie nelle occasioni più importanti. La mostra – aggiunge il direttore – rappresenta per me il compimento di un percorso: siamo partiti dagli oggetti di lusso nell’Antiquarium del Parco, passati alla celebrazione del legno alla Reggia di Portici e arriviamo con il cibo a Villa Campolieto. In un cerchio di valorizzazione delle peculiarità che rendono Ercolano unica al mondo, con i reperti del Parco ambasciatori di valori in un’area molto più estesa delle ristrette mura del Parco archeologico. Un percorso – conclude il direttore – che ci ha visto in compagnia degli enti locali, delle istituzioni culturali e di tante realtà di volontariato di questi splendidi territori”.

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Il direttore Francesco Sirano alla mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola a Ercolano” a Villa Campolieto di Ercolano (foto paerco)

“Siamo orgogliosi di ospitare questa prestigiosa mostra a Villa Campolieto”, dichiara Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Ville Vesuviane. “Questo evento è frutto di una straordinaria collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano e costituisce un esempio virtuoso di sinergia tra istituzioni che condividono l’obiettivo comune di promuovere la storia e la bellezza del nostro territorio. La cultura del cibo, che un tempo rappresentava un atto di socialità e benessere, è ancora oggi un potente motore economico e sociale per il nostro territorio. L’enogastronomia locale continua a brillare per la sua autenticità e per i suoi prodotti tipici che, come nel passato, non sono solo una risorsa economica, ma un simbolo di orgoglio identitario per tutta la comunità. La mostra non si limita ad essere un evento espositivo ma è un viaggio straordinario attraverso il tempo che ci permette di esplorare l’arte del cibo nell’antica Ercolano ed il suo valore non solo nutrizionale, ma anche sociale e culturale. I piaceri della tavola, le tradizioni culinarie e la convivialità erano aspetti fondamentali della vita quotidiana degli antichi ercolanesi, e oggi, nel cuore del Miglio d’Oro, possiamo continuare a celebrare e riscoprire quelle stesse tradizioni, che sono ancora una parte essenziale della nostra vita quotidiana ed offerta turistica. Villa Campolieto diventa così un ponte tra passato e presente, un luogo in cui la memoria storica dialoga con il nostro tempo. Ringrazio sinceramente il ministro della Cultura Alessandro Giuli ed il suo predecessore Gennaro Sangiuliano, il parco archeologico di Ercolano e il direttore Francesco Sirano per aver contribuito a rendere possibile questo progetto che, sono certo, lascerà un’impronta indelebile nella memoria culturale di tutti coloro che avranno il privilegio di visitare la mostra”.

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Lo scalone che porta al piano nobile di Villa Campolieto a Ercolano (foto ente ville vesuviane)

“La mostra, magistralmente predisposta presso una delle più belle ville vesuviane”, interviene Matteo Lorito, rettore dell’università di Napoli “Federico II”, “arricchisce l’offerta straordinaria del parco archeologico ercolanense. Il nostro dipartimento di Agraria è da tempo impegnato in una proficua collaborazione con l’Ente, per il quale ha anche accolto nella sua sede, nella reggia di Portici, la singolare mostra sui legni ercolanesi. Collaborazione che oggi si estende ai tempi del cibo e dello studio dei reperti organici o correlati al tema dell’alimentazione. Questi ci forniscono una quantità di informazioni e di suggestioni davvero impressionanti sul nostro passato anche per aspetti enogastronomici oltre che della produzione agraria. Il cibo racconta chi siamo, come viviamo e, in questo caso, come eravamo e il percorso che ci ha portato ai giorni nostri. Congratulazioni al direttore Sirano e al direttore Miranda per questa straordinaria iniziativa”.

Napoli. Alla “Federico II” presentazione degli esiti della convenzione triennale di ricerca università – parco archeologico di Pompei con la giornata di studio “Pompei fuori / tra le mura. La cinta antica, le necropoli, gli ingressi moderni, la Buffer zone e il rapporto con i siti minori”

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Mappa del sito di Pompei con il giro delle mura con le torri e le porte (foto parco archeologico pompei)

Giornata di studio “Pompei fuori / tra le mura. La cinta antica le necropoli gli ingressi moderni la Buffer zone e il rapporto con i siti minori” all’università Federico II di Napoli per presentare gli esiti della Convenzione di ricerca, di consulenza tecnico-scientifica e supporto alla didattica che il rettore dell’ateneo federiciano Matteo Lorito consegnerà al direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, il 20 novembre 2024, alle 11, nella Sala del Consiglio di amministrazione dell’ateneo. Il lavoro, frutto della convenzione stipulata il 5 ottobre 2021, tra il parco archeologico di Pompei e l’università di Napoli Federico II, si è concluso dopo tre anni di lavori con il coinvolgimento di numerosi colleghi e giovani studiosi del Dipartimento di Architettura (DiArc), con la collaborazione di docenti e studiosi del Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e dell’Architettura (DiST), del Dipartimento di Scienze della Terra (Distar) e del Dipartimento di Ingegneria Civile Edile Ambientale (DICEA) della Federico II con il coordinamento scientifico della professoressa Renata Picone e con Vincenzo Calvanese, RUP per il parco archeologico di Pompei. La giornata di studio vedrà i saluti di Matteo Lorito, Gabriel Zuchtriegel, Michelangelo Russo e Renata Picone; gli interventi di Fabio Mangone, Renata Picone, Valentina Russo, Bianca Gioia Marino, Raffaele Amore, Gianluigi De Martino, Mariarosaria Villani, Piergiulio Cappelletti, Alessandro Flora, Gian Piero Lignola, Anna Terracciano, Francesca Coppolino; e le conclusioni di Vincenzo Calvarese e Arianna Spinosa. I risultati dell’intenso e ampio lavoro confermano l’incisività degli studi della Federico II sul sito della città antica di Pompei, che ha confermato proprio in questi giorni il suo primato di sito più visitato d’Italia. La ricerca, con esiti inediti e innovativi, ha approfondito tre punti.

Il piano di conoscenza e restauro delle mura emerse di Pompei. La ricerca ha interessato lo studio della murazione emersa della città antica restituendo un rilievo dimensionale completo che non era stato incluso nell’indagine del Grande Progetto Pompei. Grazie ad un’accurata survey diagnostica e a uno studio critico delle fonti disponibili sono state individuate per la prima volta le problematiche conservative delle strutture emerse che hanno permesso l’elaborazione di linee guida per il restauro delle mura che si sono avvalse di un’indagine strutturale e geognostica inedita: un contributo che potrà costituire per il parco archeologico di Pompei uno strumento scientifico e al contempo una guida operativa per gli interventi futuri.

La rete di connessione tra la città antica di Pompei e i siti territoriali. Lo studio ha riguardato il rapporto tra la città antica di Pompei e la città contemporanea, estendendo tale rapporto ai sette siti territoriali vesuviani incardinati nel Parco Archeologico (Boscoreale, Oplontis, Stabiae, Longola, Lettere, Quisisana, Polverificio Borbonico), delineando un quadro strategico delle possibili connessioni, anche con la creazione di percorsi di mobilità sostenibile.

Il parco agricolo e la passeggiata sulle mura. Questa parte della ricerca ha preso in considerazione linee guida per rendere fruibili le mura e le aree agricole annesse, come strumento per la valorizzazione di una parte del Parco archeologico ancora non del tutto fruita dai visitatori come nuova opportunità di visita, di percezione della città antica e di decongestione del sito. Riprendendo un’idea di Amedeo Maiuri, la ricerca ha approfondito la possibilità di un nuovo percorso, fruibile con un biglietto dedicato e dagli altri valori naturalistici.

Napoli. Al Complesso Monumentale dei SS. Marcellino e Festo il convegno internazionale “Magna Grecia nel secondo dopoguerra tra scoperte e tutela: politiche culturali e protagonisti. Omaggio a Juliette de La Genière”, in presenza e on line: due giorni di confronto sulle politiche culturali riguardanti il patrimonio archeologico della Magna Grecia nel corso della seconda metà del Novecento

napoli_complesso-san-marcellino_convegno-internazionale-magna-grecia-nel-secondo-dopoguerra_locandina“Magna Grecia nel secondo dopoguerra tra scoperte e tutela: politiche culturali e protagonisti. Omaggio a Juliette de La Genière” è il titolo del convegno internazionale, organizzato dal Dipartimento federiciano di Studi umanistici (con la responsabilità scientifica di Bianca Ferrara) e in collaborazione con il Centre Jean Bèrard di Napoli, in programma il 27 e 28 novembre 2023 nel Complesso di San Marcellino di Napoli, a partire dalle 9.30. Teams diretta streaming ID riunione: 311 312 168 060 Passcode: ruWHxv. L’evento richiama l’attenzione sulle politiche culturali riguardanti il patrimonio archeologico della Magna Grecia nel corso della seconda metà del Novecento. Si tratta di anni che hanno visto profonde trasformazioni sia nel campo della ricerca sia nel campo delle idee e delle pratiche relative alla gestione e alla valorizzazione dei beni culturali dell’Italia meridionale e della Sicilia.

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L’archeologa Juliette de La Genière (1927-2022) (foto Centre Jean Bérard)

L’incontro è dedicato alla memoria di Juliette de La Genière, che è stata una protagonista della ricerca archeologica in Magna Grecia durante questi stessi anni. Ricordarla diventa occasione per riflettere sulla storia degli studi nella prospettiva di un confronto con le più recenti tendenze di analisi e tutela di un patrimonio di interesse mondiale. Il convegno riunisce sia storici e archeologi, specialisti della Magna Grecia, di ambito nazionale e internazionale, sia rappresentanti istituzionali dei beni culturali dell’Italia meridionale e della Sicilia, proprio per discutere insieme sullo stato degli studi nello scenario culturale e politico della vita contemporanea, dove si tratta di distinguere ma non separare ricerca, tutela e promozione del territorio.

PROGRAMMA LUNEDÌ 27 NOVEMBRE 2023 Chiesa del Complesso Monumentale dei SS. Marcellino e Festo, largo San Marcellino 10, Napoli. Alle 9.30, saluti di apertura: Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli; Matteo Lorito, magnifico rettore dell’università di Napoli “Federico II”; Arturo De Vivo, professore emerito dell’università di Napoli “Federico II”; Andrea Mazzucchi, direttore del dipartimento di Studi umanistici dell’università di Napoli “Federico II”; Massimo Osanna, direttore generale Musei del MiC, università di Napoli “Federico II”; Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio del Mic; Teresa Elena Cinquantaquattro, segretario regionale del MiC per la Campania; Alessandro Naso, direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell’università di Napoli “Federico II”; Giampaolo D’Andrea, presidente dell’associazione nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI). Alle 11, Bianca Ferrara (università di Napoli “Federico II”), Introduzione. Presidente: Giovanna Greco (università di Napoli “Federico II”); 11.15, Gianfranco Maddoli (ANIMI) “Memoria del mio primo incontro con le problematiche della Magna Grecia”; 11.45, Mario Lombardo (università del Salento) “I convegni di Taranto e il loro contributo alla ricerca sulla storia dell’archeologia della Magna Grecia: qualche osservazione”; 12.15, Massimo Osanna (direttore generale Musei del MiC, università di Napoli “Federico II”) “Gli organi di tutela nella seconda metà del Novecento”; 12.45, discussione. Dopo la pausa pranzo, presidente: Carmela Capaldi (università di Napoli “Federico II”). Alle 14.30, Rosalba Panvini (università di Catania) “L’attività di tutela in Sicilia tra storia e nuova organizzazione dell’amministrazione”; 15, Alfonsina Russo (parco archeologico del Colosseo) “I Parchi archeologici e le prospettive future: il caso del Parco archeologico del Colosseo”; 15.30, Fabio Pagano (parco archeologico dei Campi Flegrei) “La modernità ripensata. Presupposti e determinazioni nella nascita di un Parco archeologico”; 16, Francesco Sirano (parco archeologico di Ercolano) “Ercolano. I molti futuri di una città. Scoperte, tutela, valorizzazione e interazione con il territorio”; Dopo la pausa caffè, alle 17, Tiziana D’Angelo (parco archeologico di Paestum e Velia) “Nuove antichità pestane: storie e progetti di un Parco archeologico in trasformazione”; 17.30, Filippo Demma (parco archeologico di Sibari) “Proporre, progettare, realizzare. Sperimentazione e nuovi modelli di gestione dai Parchi archeologici della Calabria”; 18, Francesca Spatafora (archeologa, dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana) “I parchi archeologici siciliani: variazioni sul tema”; 18.30, discussione.

PROGRAMMA MARTEDÌ 28 NOVEMBRE 2023 Chiesa del Complesso Monumentale dei SS. Marcellino e Festo, largo San Marcellino 10, Napoli. Presidente: Luigi Cicala (università di Napoli “Federico II”). Alle 9.30, Maria Concetta Parello (parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi) “Dalla frana di Agrigento al Parco della Valle dei Templi: tutela, ricerca e valorizzazione di Akragas/Agrigentum”; 10, Luigi Maria Gattuso (parco archeologico di Gela) “Parco archeologico di Gela: tutela e valorizzazione”; 10.30, Brigitte Marin (École française de Rome), Valérie Huet (Centre Jean Bérard), Claude Pouzadoux (Université Paris Nanterre), Priscilla Munzi (Centre Jean Bérard) “Dal secondo dopoguerra agli anni ‘80, 40 anni di collaborazione italo-francese per la conoscenza della Magna Grecia e della Sicilia: attori, spazi e strategie della ricerca archeologica”; dopo la pausa caffè, presidente: Priscilla Munzi (Centre Jean Bérard): alle 11.30, Tiziana D’Angelo (parco archeologico di Paestum e Velia), Bianca Ferrara (università di Napoli “Federico II”) “Heraion alla foce del Sele: questi ultimi trent’anni di ricerca”; 12, Raffaella Bonaudo (soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino), Bianca Ferrara (università di Napoli “Federico II”) “Roscigno – Monte Pruno tra valorizzazione e tutela. I progetti della Soprintendenza Archeologica e dell’Università degli Studi di Napoli”; 12.30, Rosalba Panvini (università di Catania), Marina Congiu (archeologa, soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Caltanissetta), Bianca Ferrara (università di Napoli “Federico II”) “Gela: una lunga collaborazione tra Università e Soprintendenza”; 13, discussione. Dopo la pausa pranzo, tavola rotonda “Omaggio a Juliette de La Genière: tra didattica, scavi e ricerche”, 15.30, introduce: Giovanna Greco “Didattica e ricerca tra Lille e Parigi”: Nathalie De Chaisemertin, Françoise Gaultier, Michel Gras, Stéphane Verger. Scavi E Ricerche A Paestum: Giuliana Tocco, Marina Cipriani, Bianca Ferrara, Antonella Tomeo; a Sala Consilina: Luigi Cicala, Maria Luisa Tardugno; in Basilicata: Annamaria Mauro, Carmelo Colelli; in Calabria: Elena Lattanzi, Raffaella Pierobon Benoit, Claudio Sabbione, Roberto Spadea; in Sicilia: Rosalba Panvini. Alle 18.30, Massimo Osanna (direttore generale Musei del MiC, università di Napoli “Federico II”) conclusioni.

Firmato l’Accordo quadro tra università di Napoli “Federico II” e parco archeologico di Pompei per approfondire conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio delle aree archeologiche vesuviane di competenza

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Mappa del parco archeologico di Pompei da Oplontis a Boscoreale al Real Polverificio Borbonico (foto parco archeologico pompei)

Firmato l’Accordo quadro tra il parco archeologico di Pompei e l’università “Federico II” di Napoli, rappresentate rispettivamente dal direttore Gabriel Zuchtriegel e dal rettore, Matteo Lorito. Presenti mercoledì 24 maggio 2023, nell’aula del Consiglio in via Mezzocannone a Napoli, i responsabili scientifici dell’Accordo per l’ateneo federiciano prof. Vincenzo Morra, ordinario di Petrologia e Petrografia del dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse e la prof. Renata Picone, ordinario di Restauro architettonico al dipartimento di Architettura e direttrice della Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio di Napoli.

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Prospetto del tratto di fortificazione di Porta Nola a Pompei (foto parco archeologico pompei)

L’Accordo quadro si inserisce all’interno della consolidata collaborazione tra le due istituzioni ed è finalizzato ad approfondire la conoscenza, la tutela e la valorizzazione del patrimonio delle aree archeologiche vesuviane incluse nella competenza del Parco, attraverso la promozione di ricerche tematiche e progettuali destinate ad avviare programmi di restauro del patrimonio costruito e paesaggistico, di ampliamento e miglioramento della fruizione dei suoi siti. In tal senso l’università di Napoli “Federico II” svolge già da molti anni ricerche volte a sostenere le attività di tutela e valorizzazione del Parco, favorendo lo studio, la sperimentazione e l’applicazione dei risultati di ricerca anche in considerazione della complessità delle tematiche trattate che necessitano di un elevato grado di interdisciplinarità che un grande Ateneo pluridisciplinare, come la Federico II può garantire. In tale ottica l’Accordo quadro costituisce la cornice istituzionale entro cui poter definire e mettere in atto forme integrate di collaborazione sul piano scientifico, didattico, formativo e della valorizzazione.

Napoli. “Mann, che Storia. I tesori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli”: lunedì presentazione in auditorium del libro di Paolo Giulierini su percorsi, progetti e visioni dell’Archeologico con contributi di firme autorevoli, e messaggio del ministro Franceschini. Il libro giovedì in allegato con “La Repubblica Napoli”

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La copertina del libro “Mann, che Storia. I tesori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli” di Paolo Giulierini con un’immagine di Mimmo Jodice dei corridori della Villa dei Papiri

Il Museo come custode di uno straordinario patrimonio archeologico, che si riflette non soltanto nelle celebri sezioni museali (dalla statuaria Farnese alla sezione Egizia, dai mosaici agli affreschi, dalla Collezione Magna Grecia alla Preistoria), ma anche nei nuovi allestimenti che saranno presto restituiti alla fruizione del pubblico (Campania romana, Sezione tecnologica, Antichità orientali, sezione del Mediterraneo); i progetti del Museo, con focus sulle strategie di promozione digitale dopo l’emergenza Covid; il quartiere della cultura, in cui l’Archeologico è centro simbolico di una rete virtuosa per promuovere il territorio. Simbolo dell’incessante lavoro di rilancio del Mann è, forse, uno dei tanti protagonisti dei capolavori del Museo: si racconta che Alessandro Magno, sino agli ultimi istanti della propria vita, abbia inseguito il miraggio della tigre blu che, alle soglie del terzo millennio, è un invito sempre valido a non tradire sogni e attese. Sono questi i tre sentieri tematici in cui si muove Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, nel libro “Mann, che Storia. I tesori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli”, che fa parte della collana “Novanta-Venti”, nata in occasione dei trent’anni della redazione de “La Repubblica Napoli”: il libro, che verrà distribuito gratuitamente in edicola giovedì 31 marzo 2022 come supplemento al giornale, sarà presentato lunedì 28 marzo 2022, alle 17, all’auditorium del museo Archeologico nazionale di Napoli.

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Un’immagine di Riccardo Siano (La Repubblica) dal libro “Mann, che Storia. I tesori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli” di Paolo Giulierini

Ѐ il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ad inaugurare, con il proprio messaggio, il viaggio culturale del libro: l’attenzione è rivolta non soltanto ai risultati dell’autonomia degli istituti culturali nel sistema museale nazionale, ma anche alla ricchezza delle collezioni del Mann. Il direttore de “La Repubblica”, Maurizio Molinari, dedica la prefazione alle caratteristiche  ontologiche della collana “Novanta-Venti”, pubblicata da Guida editore: l’intelligenza divulgativa, tra archeologia e giornalismo, è il filo conduttore della narrazione sul Mann. Nella sua introduzione, ancora, il responsabile della redazione partenopea de “La Repubblica”, Ottavio Ragone, descrive il dialogo empatico che nasce tra i visitatori e i capolavori del Museo. Il libro “Mann, che storia” è corredato da un ricco apparato di immagini, scattate da Riccardo Siano (“La Repubblica”) o fornite dall’Archivio Fotografico del MANN; il volume è realizzato anche con il contributo di: università di Napoli Federico II, Metropolitana di Napoli SpA, Protom,  Studio Trisorio,  D’Orta, Sophia Loren Restaurant- Firenze e Milano.

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Il direttore Paolo Giulierini con un piccolo visitatore alla riapertura del Mann (foto giorgio albano)

Paolo Giulierini descrive il Museo che cambia, tra i la valorizzazione delle collezioni più celebri, i progetti di riallestimento delle sezioni e le iniziative di promozione del territorio. “Mann, che storia” contiene numerose finestre di approfondimento: Antonella Carlo (responsabile ufficio Comunicazione del Museo) descrive il metodo per valorizzare il patrimonio culturale, unendo tagli divulgativi diversi in un racconto armonico che non perde unità; Antonio Ferrara (giornalista de “La Repubblica”) seleziona alcuni capolavori dell’Archeologico, per un’analisi che parte dal valore emozionale  dello sguardo e giunge alla storia delle opere e delle collezioni; Paolo De Luca (giornalista de La Repubblica) si sofferma sugli itinerari sperimentali del Mann, dal progetto sulla cromia delle statue antiche al videogame “Father and son”, dal lavoro di scavo nei depositi al riallestimento degli spazi aperti al pubblico, come la caffetteria.

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I depositi del museo Archeologico nazionale di Napoli fotografati da Riccardo Siano (La Repubblica) per il libro “Mann, che Storia. I tesori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli” di Paolo Giulierini

Il Museo come patrimonio di tutti: il libro si chiude con le pagine di voci autorevoli che raccontano il “loro” Mann. Mimmo Jodice, che dona anche l’immagine di copertina del volume con un suggestivo ritratto fotografico di un corridore proveniente dalla Villa dei Papiri, esprime le emozioni per un luogo del cuore, motivo di appartenenza alla città e al suo patrimonio. Non può mancare il racconto di Alberto Angela, divulgatore d’eccellenza dei tesori dell’Archeologico e delle scoperte svelate dai depositi; storia e attualità si combinano nel ritratto dei Tirannicidi di Luciano Canfora, mentre Camila Raznovich e Mario Tozzi, che hanno raccontato il Museo nelle loro seguitissime trasmissioni, parlano rispettivamente di un istituto dai mille volti e di uno scrigno in cui scoprire la vita intima dei nostri antenati. Il Museo è guardato con la curiosità degli antropologi da Elisabetta Moro e Marino Niola, mentre Sara Bilotti, Lorenzo Marone, Maurizio Braucci, Alessandro Rak e Giuseppe Miale di Mauro privilegiano un taglio letterario per vivere, con le parole, le sale del Mann; Benedetta Craveri e Ippolita di Majo, ancora, dedicano un’attenzione privilegiata ad alcune opere-simbolo dell’Istituto; Marisa Laurito rappresenta l’Archeologico come spazio di riconoscimento dello spirito partenopeo e Matteo Lorito, infine, traccia un cammino di valorizzazione che parte dalle sinergie interistituzionali.

Napoli. All’università Federico II presentazione del libro “Quartiere della Cultura. MANN, UNINA e Invitalia per la rigenerazione urbana” che raccoglie le esperienze del partenariato pubblico tra il Mann, la Federico II e Invitalia

Nuovo incontro per raccontare il Quartiere della Cultura: lunedì 24 gennaio 2022, alle 11, nell’aula Guarino dell’università di Napoli “Federico II”, in corso Umberto I 40, presentazione del volume “Quartiere della Cultura. MANN, UNINA e Invitalia per la rigenerazione urbana” (Editoriale Scientifica). La giornata, aperta con i saluti di Matteo Lorito, rettore dell’università Federico II; Sandro Staiano, direttore del dipartimento di Giurisprudenza; e Andrea Mazzucchi, direttore del dipartimento di Studi umanistici, vedrà gli interventi di Antonio Pescape, delegato alla Innovazione e terza missione; Mita Marra, docente di Politiche economiche; Angelo Abignente, docente di Filosofia del diritto e commissione terza missione – Dipartimento di Giurisprudenza. Saranno presenti gli autori Paolo Giulierini, Daniela Savy, Francesco Bifulco e Vittorio Fresa.

Copertina del libro “Quartiere della Cultura. MANN, UNINA e Invitalia per la rigenerazione urbana” (Editoriale Scientifica)

L’iniziativa rientra nelle attività messe in campo a seguito dell’accordo di partenariato pubblico tra il Mann, la Federico II e Invitalia, per mettere in rete Arte, Accademia ed Imprenditoria per creare nuovi progetti di sviluppo interessate a valorizzare il territorio partenopeo. Il progetto, presentato a settembre 2020, è raccontato nel volume sul Quartiere della Cultura, pubblicato dall’Editoriale Scientifica (si scarica al seguente link: https://www.editorialescientifica.com/shop/autori/savy-d/quartiere-della-cultura-detail.html): premesse scientifiche, metodologia, casi studio, percorsi di selezione delle imprese culturali e creative sono analizzati nella pagine del rapporto. Circa 1.2 milioni di euro sono stati gli investimenti attivati a seguito di 100 contatti. Dieci le imprese finanziate grazie allo sportello costituito dal museo Archeologico nazionale di Napoli, dall’Ateneo Federiciano e da Invitalia: e non ci si ferma qui, perché in prospettiva saranno create nuove partnership. Una pratica virtuosa che ha, come effetto indiretto, il rilancio dell’economia del territorio, fra tipicità ed eccellenze. “I Musei non possono pensare di aver estrinsecato la propria missione, esclusivamente ampliando le collezioni visitabili”, ha commentato il direttore del Mann, Paolo Giulierini: “a questo fondamentale ruolo si deve accoppiare la capacità di dialogare con il territorio, restituendo qualcosa ai cittadini. E’ un dovere cui non possiamo sottrarci”.

Schermata app ExtraMann del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Daniela Savy, docente all’Ateneo federiciano e referente del progetto Obvia- Out of boundaries viral art dissemination, ha ripercorso le attività portate avanti sin dall’inizio della direzione Giulierini: “Il Museo si è aperto alla città: non è solo importante raccontare l’aumento dei visitatori, ma anche focalizzare le energie creative che sono il sostrato di questo percorso. La rete Extramann, le azioni di promozione congiunta con i teatri e con le accademie, il premiato lavoro nell’Aeroporto di Napoli sono solo alcuni tasselli di un viaggio che nasce dall’ascolto della città”. Francesco Bifulco, che insegna alla Federico II e firma con Paolo Giulierini, Daniela Savy e Vittorio Fresa il volume sul quartiere della cultura, ripercorre i tasselli della nursery di ascolto e selezione delle imprese creative: 500 ore di interlocuzione, 12 focus one to one per 600 idee proposte, 12 progetti in progress e 4 iniziative definite. Numeri cui risponde il sostegno finanziario, come ha commentato Vittorio Fresa (Invitalia): “Siamo portati a concentrarci sulle risorse economiche. L’importante è trovare e valorizzare le idee buone, che provengono da giovani e giovanissimi, così come da chi ha maturato esperienze nel settore”.

Schermata app ExtraMann per interazione utenti (foto mann)

Un taglio intergenerazionale che anima anche la app Extramann, presentata da Ilaria Vitellio: i 33 siti culturali cittadini, nella rete attivata dal Museo,  saranno interconnessi grazie al programma scaricabile da sistemi Android e Apple. Le attrazioni culturali saranno raggiungibili in modo rapido e intuitivo, grazie ad uno schema in cui l’utente diviene centrale. I mappers, infatti, potranno restituire un feedback sulla propria visita, caricando foto, video e condividendo racconti in un’architettura sempre rispettosa della privacy dei partecipanti.

La Rosa antica di Pompei: un progetto di ricerca ha studiato e riprodotto il pregiato fiore usato a Pompei duemila anni fa come ornamento, nelle decorazioni parietali, nell’alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi. I risultati saranno presentati a Villa Silvana di Boscoreale

Rose pompeiane in un affresco parietale della Casa del Bracciale d’oro a Pompei

La rosa antica di Pompei? Un viaggio lungo 2000 anni. Pompei è fonte inesauribile di bellezza e conoscenza, anche attraverso la sua flora. La rosa, il più pregiato fiore di tutti i tempi, era presente già nell’antica città di Pompei nei più svariati usi. Come ornamento, nelle decorazioni parietali, nell’alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi. “La Rosa Antica di Pompei” è stata oggetto di studi, nell’ambito di un progetto di ricerca condotto dal parco Archeologico di Pompei (Laboratorio di Ricerche Applicate) con il dipartimento di Agraria dell’università Federico II (prof. Luigi Frusciante, docente di Genetica, e Gaetano Di Pasquale, ricercatore di Archeobotanica) e l’associazione “La Rosa antica di Pompei”, che ha contribuito ad arricchire la conoscenza scientifica della specie, oltre a fornire informazioni sul contesto storico e naturalistico del territorio pompeiano e vesuviano. Il progetto è finalizzato alla costituzione di una rosa riconducibile al genotipo/fenotipo più diffuso a Pompei e in Campania in epoca romana. Ed è fondata su indagini di archeobotanica su specie antiche coltivate nell’area pompeiana, oltre che su un’ accurata analisi genica e di comparazione tra le varietà e le specie di rose rinvenute e conservate negli Orti botanici, in cimiteri monumentali campani e negli erbari antichi italiani.

Villa Silvana a Boscoreale: nel roseto è stato portato avanti il progetto “La Rosa antica di Pompei”

I risultati della ricerca su “La Rosa Antica di Pompei” saranno presentati mercoledì 6 giugno 2018, alle 17, nel giardino di Villa Silvana a Boscoreale (Na). L’evento sarà introdotto dal direttore generale del parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, e dal direttore del dipartimento di Agraria, Matteo Lorito; con Luigi Frusciante, docente di Genetica agraria, e Gaetano Di Pasquale, ricercatore di Botanica applicata all’archeologia, entrambi autori della ricerca. Saranno presenti inoltre: Maurizio Di Stefano, presidente emerito Icomos, organismo di consulenza Unesco; Gianfranco Nappi, responsabile dei Progetti strategici di “Città Della Scienza” di Napoli; Giuseppe Marrazzo, coordinatore Distretti turistici della Campania; Pietro Amitrano, sindaco di Pompei; Vincenzo Ascione, sindaco di Torre Annunziata; Giuseppe Balzano, sindaco di Boscoreale; Pietro Carotenuto, sindaco di Boscotrecase; Raffaele De Luca, sindaco di Trecase; Francesco Ranieri, sindaco di Terzigno. Modera il convegno l’archeologa Laura Del Verme. Il progetto è stato promosso e finanziato dall’associazione “La Rosa Antica di Pompei”, che ha messo a disposizione gli spazi del roseto di Villa Silvana a Boscorelae, per la coltura delle giovani piantine di rose. L’associazione cura tra l’altro, su autorizzazione del Parco archeologico di Pompei, la piantumazione delle rose antiche in alcuni giardini di domus pompeiane, come la Casa del Fauno, la Casa di Loreio Tiburtino e la Casa del Profumiere.

La rosa a fiore doppio e rifiorente è quella più frequentemente rintracciabile nel mondo antico

La coltivazione della rosa nell’antica Pompei aveva raggiunto raffinatezze degne delle attuali tecniche agronomiche e anche la produzione di essenze e profumi, a essa collegata, aveva raggiunto sofisticati livelli tra i profumieri pompeiani. In Campania, in particolare nelle zone di Pompei, Paestum e Capua, la produzione e la lavorazione della rosa erano destinate a un mercato più ampio della sola penisola italiana, affermandosi come attività di gran pregio sulle sponde dell’intero Mediterraneo antico. Nella dimensione privata, invece, i roseti assunsero un’importanza crescente come motivo ornamentale dei giardini classici pompeiani, come testimoniato dai numerosi ritrovamenti archeologici (es. casa dei Vettii) e dalle pitture vesuviane. Il dominio campano nella produzione di rose e dei suoi prodotti è durato qualche secolo. Studi su materiali disponibili ci informano che in realtà non esisteva una sola specie di rosa in Campania e a Pompei, quanto invece un gruppo di piante che comprendeva specie spontanee e ibridi; tuttavia, tra esse, la rosa a fiore doppio e rifiorente è quella più frequentemente rintracciabile, anche grazie all’abbondante presenza nei dipinti rinvenuti nei siti archeologici della Campania. È noto anche che la rosa che noi oggi chiamiamo di Pompei fiorisse due volte all’anno e fosse rossa.

Bellezza e ornamento, cosmesi e alimentazione: la rosa, il fiore più celebrato al mondo, protagonista del libro “La rosa antica di Pompei” con lo studio degli affreschi delle domus e dei risultati degli scavi archeologici. Forse originaria dell’Antica Persia. Il libro viene presentato a villa Silvana di Boscoreale

Le rose di Pompei in un affresco dalla domus del Bracciale d'Oro a Pompei

Le rose di Pompei in un affresco dalla domus del Bracciale d’Oro a Pompei

Simbolo di bellezza e di seduzione, pianta ornamentale, preziosa per i profumi e per l’alimentazione: la rosa, il fiore più celebrato al mondo, era protagonista nelle decorazioni delle domus dell’antica Pompei, nelle coltivazioni e nella cosmesi dei suoi abitanti. Questo straordinario connubio tra un fiore unico e un luogo unico e senza tempo come gli scavi di Pompei ha condotto a uno studio di ricerca scientifico sulla presenza e sull’utilizzo di questo pregiato fiore nell’antica città di Pompei e nell’area vesuviana a cura del Laboratorio di Ricerche Applicate della soprintendenza di Pompei con la collaborazione del dipartimento di Agraria dell’università Federico II. Il risultato di questo approfondimento ha dato vita alla pubblicazione del volume “La Rosa Antica di Pompei” edito da L’Erma di Bretschneider, che sarà presentato domenica 15 maggio 2016 alle 10,30 nell’incantevole scenario del giardino a roseto di Villa Silvana, seicentesca dimora nobiliare a Boscoreale (solo su invito). Per l’occasione si esibirà in un suggestivo intermezzo, il maestro Peppe Barra, che ha dedicato al tema della rosa pompeiana un momento unico di canto, musica e poesia, Recitar Cantando: “Sognando La Rosa”. Alla presentazione interverranno Massimo Osanna, soprintendente di Pompei, Matteo Lorito direttore del dipartimento di Agraria dell’università Federico II e gli autori del libro, Ernesto De Carolis, direttore del laboratorio di Ricerche applicate della soprintendenza di Pompei, Gaetano Di Pasquale, ricercatore di Botanica archeologica del dipartimento di Agraria dell’università Federico II e Alessia D’Auria, Adele Lagi, responsabile Unesco della soprintendenza Pompei e Carlo Avvisati, giornalista e cultore di storia e costume dei territori vesuviani. Ospite della giornata il professore Mario Torelli. Nel pomeriggio, alle 17, la Villa sarà aperta al pubblico e i maggiori vivaisti nazionali esporranno le loro rose più belle negli stand che saranno allestiti nei giardini della villa nobiliare.

La copertina del libro "La rosa antica di Pompei" edita da L'Erma di Bretschneider

La copertina del libro “La rosa antica di Pompei” edita da L’Erma di Bretschneider

Il volume “La Rosa Antica di Pompei” (L’Erma di Bretschneider) è un piacevole excursus della storia della rosa, della sua origine e presenza a Pompei nelle sue più svariate forme: forse potrebbe essere arrivata dall’antica Persia. Dalle raffigurazioni nella pittura pompeiana, laddove le pareti dipinte con piante e fiori arricchivano e abbellivano ancor più gli ambienti e ne dilatavano illusionisticamente gli spazi, ai suoi aspetti mitici; come simbolo di seduzione e di grazia, per la sua bellezza e il suo aroma, la rosa era in particolare associata alla dea Afrodite. Il suo uso come pianta ornamentale o nell’alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi, come testimonia il ritrovamento di numerose ampolline contenenti profumi (Lekythoi) e le svariate botteghe e laboratori di produzione di profumi di Pompei. Ma anche un racconto sulla storia, la coltivazione e le specie diffuse in tutto il Mediterraneo, fino alle ipotesi sull’identità della rosa Pompeiana; per concludere con le tradizioni, i segreti e le magie sotto il Vesuvio, i versi e le canzoni dedicate al bel fiore.

La rosa Gallica Versicolor era già presente nella Pompei di duemila anni fa

La rosa Gallica Versicolor era già presente nella Pompei di duemila anni fa

Annamaria Ciarallo, appassionata biologa di Pompei, da anni si interessa delle essenze presenti nella città romana duemila anni fa. Proprio studiando pollini e legni, e le tracce lasciate dalle radici nel suolo, attraverso le rappresentazioni dei motivi vegetali negli affreschi della Casa del Bracciale d’Oro, scoperta a metà degli anni ’70 del secolo scorso, la biologa ha scoperto che a Pompei era già rappresentata e quindi esistente, sia la Rosa Gallica che la Rosa Gallica Versicolor. Le indagini palinologiche rivelarono che nella cosiddetta Casa del Profumiere, meglio nota come Giardini d’Ercole, erano coltivate rose. Queste insieme a gigli e viole, costituivano le essenze per la preparazione dei profumi, la cui base oleosa era fornita dagli ulivi coltivati nello stesso giardino. Un olio profumato, l’oleum rosarum, veniva tratto da rose macerate prima in olio, poi in vino e successivamente spremute.

“Il Nilo a Pompei”: affresco dalla Casa del Bracciale d'’Oro, esposto nella mostra al museo Egizio di Torino

“Affresco dalla Casa del Bracciale d’’Oro

La Rosa rossa a fiore doppio, secondo gli autori del libro “La rosa antica di Pompei”, è certamente quella più presente nell’antica Pompei, sia nelle rappresentazioni che nei richiami degli autori classici; essa è stata variamente identificata, in passato, come una pianta imparentata con la Rosa gallica. E avanzano un’ipotesi suggestiva: possibile escludere che in una Rosa rossa, rifiorente e profumata vi sia un contributo di qualche rosa orientale? “In epoca romana”, spiegano, “in Italia si coltivava diffusamente il pesco (Prunus persica), una specie di origine cinese che i romani conobbero quando arrivarono in Persia dove era stato da tempo introdotto; la Rosa Antica di Pompei non potrebbe aver percorso la stessa strada?”. Al momento si tratta di ipotesi che necessitano di studi più approfonditi, ma la risoluzione del mistero è certamente possibile.