Baia. Al parco sommerso novità dallo scavo al Portus Julius dopo la (ri)scoperta del mosaico a onde: lì c’era una terma, con architetture circolari, distrutta già in antico

Il mosaico a onde a tessere bianconere scoperto nell’area del Portus Julius nel parco sommerso di Baia (foto pafleg)
Sono passate solo poche settimane e già c’è qualche novità: il mosaico a onde faceva parte di una terma, distrutta già in antico “Il Parco sommerso di Baia – avevamo scritto – ha salutato il 2022 con una emozionante (ri)scoperta: questo mosaico con cornice ad onde, in tessere nere e rosa su fondo bianco, che decorava una stanza nel Portus Julius” (vedi Baia. Al parco sommerso (ri)scoperto un mosaico del Portus Julius con una sequenza di ambienti: sono le prime costruzioni di Agrippa? Il 2023 darà una risposta | archeologiavocidalpassato). E gli esperti del parco archeologico ci avevano lasciato con un interrogativo: “Siamo di fronte alle prime costruzioni volute da Agrippa? Siamo di fronte alle prime costruzioni volute da Agrippa?”. Il mosaico a onde non è solo in mezzo al mare.

Architetture circolari emerse nello scavo al Portus Julius nel parco sommerso di Baia (foto pafleg)
Le ricerche in corso da parte del parco archeologico dei Campi Flegrei al Portus Julius stanno indagando l’ampio contesto a cui apparteneva questo pavimento. “Apparteneva a una terma”, spiegano gli archeologi, “formata da almeno altri venti vani, che pian piano sta mostrando i profili delle sue murature, emergenti dal fondale sabbioso. E sono stanze dall’architettura non banale, circolari, o con numerose absidi, alcune rivestite di tubuli per l’aria calda, altre decorate con colonne. Un contesto finora del tutto sconosciuto, perché distrutto in antico a causa delle numerose trasformazioni che l’area subì già in età romana: prima sede di ville, poi porto militare e dopo ancora spazio commerciale”.

Rilievo 3D dell’area di scavo al Portus Julius nel parco sommerso di Baia (foto pafleg)
“Con questo complesso, che continueremo ad indagare nei prossimi mesi – concludono -, siamo di fronte probabilmente alle trasformazioni volute da Augusto, insieme al suo fedele Agrippa, per dare spazio ai cantieri della nuova flotta: gli edifici allora esistenti, che i mosaici ci aiutano a datare approssimativamente alla metà del I sec. a.C., furono volontariamente distrutti, ma colmati di terreno, che fino ad oggi ce li ha preservati, anche sul fondo del mare”.
Baia. Al parco sommerso (ri)scoperto un mosaico del Portus Julius con una sequenza di ambienti: sono le prime costruzioni di Agrippa? Il 2023 darà una risposta

Il mosaico (ri)scoperto nel Portus Julius a Baia: cornice ad onde, in tessere nere e rosa su fondo bianco (foto pa-fleg)
Il Parco sommerso di Baia ha salutato il 2022 con una emozionante (ri)scoperta: questo mosaico con cornice ad onde, in tessere nere e rosa su fondo bianco, che decorava una stanza nel Portus Julius. Fu rinvenuto per la prima volta quasi 40 anni fa, diventando anche una delle icone del Parco, riprodotta in guide e brochures. Poi le variazioni del fondale, con la scomparsa della posidonia e l’aumento dei livelli di sabbia, ne hanno fatto pian piano perdere le tracce, diventando un tesoro scomparso per tutti coloro che frequentano e lavorano nel Parco. “Le ricerche condotte da ormai un biennio su questo straordinario sito”, spiegano al Parco, “non solo ci hanno portato a riscoprirlo, ma ci stanno mostrando una sequenza di ambienti finora ignota di cui stiamo cercando di comprendere forma e funzione. Siamo di fronte alle prime costruzioni volute da Agrippa? Approfondire la ricerca e accompagnarvi tra questi spazi è il nostro obiettivo per il 2023!”.
Roma. Con gli esperti del parco archeologico del Colosseo alla scoperta dei mosaici presenti tra Foro Romano e Palatino: con la settima tappa si va alla scoperta degli straordinari rivestimenti pavimentali del Palatino partendo dagli Horrea Agrippiana

Horrea Agrippiana sul Palatino: mosaico con raffigurazione del dio Oceano. Veduta d’insieme del sacello dedicato al genius horreorum (foto Archivi PArCo)
Il parco archeologico del Colosseo propone un nuovo itinerario on line tra Foro Romano e Palatino, a cura di Federica Rinaldi, Alessandro Lugari e Francesca Sposito, per scoprire che cosa state si sta calpestando in una visita, per capire in quale edificio e ambiente vi state muovendo, per riconoscere i pavimenti antichi in marmi policromi e in mosaico che decoravano gli edifici pubblici, ma anche e soprattutto le case private e i palazzi. In questo settimo appuntamento, la passeggiata virtuale lascia il Foro Romano alla scoperta degli straordinari rivestimenti pavimentali del Palatino partendo dagli Horrea Agrippiana, un complesso di magazzini edificati da Marco Vipsanio Agrippa che da lui prese il nome. “L’edificio, accessibile dal vicus Tuscus lungo il lato nord-occidentale del colle”, ricordano gli archeologi del PArCo, “era originariamente a tre piani con pianta rettangolare e presenta, lungo tutti e quattro i lati, tabernae affacciate su un cortile centrale. La prima fase degli Horrea è da comprendere tra il 33 e il 12 a.C., con ristrutturazioni successive documentabili alla fine del II d.C., epoca a cui risale la risistemazione del sacello centrale, e ancora fino al IV-V secolo d.C. Al centro della corte si imposta un’edicola centrale con il sacello dedicato al genius horreorum, come documenta l’iscrizione sul piedistallo che si è conservato. Il pavimento è in tessellato con raffigurazione del volto del dio Oceano”.

Horrea Agrippiana sul Palatino: mosaico con raffigurazione del dio Oceano, particolare in una foto d’Archivio. Da notare le corna e le chele sulla sommità del capo e la barba terminante con due teste a forma di pesce (foto Archivi PArCo, 30 FR-HA-asf015459)
“Il mosaico a tessere bianche e nere dell’edicola centrale”, continuano gli archeologi del PArCo, “raffigura una maschera maschile inserita entro un ottagono curvilineo i cui vertici sono generati da sei candelabri filiformi e due vasi panciuti. I candelabri a loro volta si sviluppano a partire da elementi vegetalizzati che danno all’insieme un effetto arabescante. Il punto focale del disegno è il volto maschile al centro della composizione: spiccano le corna e le chele sulla sommità del capo e la folta barba terminante con due teste a forma di pesce. Gli attributi caratterizzano inequivocabilmente il volto come quello del dio Oceano, presentato frontalmente e con fattezze piuttosto giovani. È importante sottolineare che la rappresentazione del dio non ha alcuna relazione con il decoro vegetale del pavimento ma ha sola funzione decorativa e di riempimento dell’intero disegno”.

Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme: mosaico con raffigurazione del dio Oceano tra pesci ed uccelli acquatici (foto da Cercone G., Mosaico da via delle Mura Portuensi, in Museo Nazionale Romano. Palazzo Massimo alle Terme. I mosaici, a cura di R. Paris e M.T. Di Sarcina, Milano 2012, n. 26 p. 289)
“Il soggetto non è diffusissimo e compare solo a partire dall’età adrianeo-antonina (seconda metà del II secolo d.C.), sia nella versione in bianco e nero, attestata qui negli Horrea Agrippiana e in un mosaico di via delle Mura Portuensi a Roma, sia nella versione policroma, come nel celebre esempio della villa di Baccano. Tutti i confronti citati sono conservati presso il museo nazionale Romano nella sede di Palazzo Massimo. L’iconografia – concludono – conosce ampia attestazione nel corso del III secolo d.C., soprattutto in ambito nord-africano e la sua presenza all’interno del complesso degli Horrea può essere riconducibile al legame con il mare e genericamente con il commercio, anche se non sono mancate altre interpretazioni”.
21 aprile, 2774.mo Natale di Roma. Il ministero della Cultura lo celebra con una nuova versione, “Uncut”, del video girato nel 2020 al Pantheon: un effetto speciale ideato per Augusto duemila anni fa
21 aprile 753 a.C. – 21 aprile 2021, oggi è il 2774.mo Natale di Roma. E da duemila anni al Pantheon la luce è un effetto speciale. Quest’anno il ministero della Cultura celebra il Natale di Roma con una nuova versione del video girato all’interno del Pantheon che nel 2020 ci aveva fatto sognare e viaggiare nel tempo, in un mondo all’inizio del pieno lockdown (riguardalo qui: https://youtu.be/WgU6JsJnjjM). “UNCUT” racconta il dietro le quinte del filmato in timelapse che riproduce uno dei primi e sorprendenti effetti speciali della Storia. Uno sguardo inedito a 360° che in pochi secondi rivela l’incredibile passaggio della luce nel tempio fondato nel 27 a.C. da Agrippa e che oggi scandisce il 2774esimo anniversario di Roma dalla sua fondazione. Ogni 21 aprile, a mezzogiorno, il sole entra infatti nell’oculus del Pantheon con un’inclinazione tale da creare un fascio di luce che centra perfettamente il portale d’ingresso. A quell’ora esatta, l’Imperatore varcava la soglia del tempio affinché tutta la sua figura fosse immersa nella luce. Quando la vita era già cinema, ancora prima di Cinecittà. Contenuti ideati e interamente realizzati dall’Ufficio Stampa e Comunicazione MiC / Video di Emanuele Antonio Minerva.
È morto Tony Clunn, l’ufficiale-archeologo che scoprì la “legione perduta” di Varo distrutta nella battaglia della Selva di Teutoburgo

L’archeologo britannico Tony Clunn mostra una delle monete romane trovate nel luogo della battaglia della Selva di Teutoburgo vicino all’odierna Kalkriese in Bassa Sassonia (Germania)

Ricostruzione della sanguinosa battaglia della Selva di Teutoburgo del 9 d.C. che fu una disfatta per i romani
britannico Tony Clunn, autore della sensazionale scoperta della “perduta legione” del generale romano Publio Quintilio Varo, è morto all’età di 68 anni nella sua casa di Osnabrück, in Germania. Fu lui che nel 1993 annunciò ufficialmente il ritrovamento in Germania, nella Bassa Sassonia, ai piedi della collina di Kalkriese, della località (che da 400 anni veniva ricercata invano) dove fu combattuta la famosa battaglia della Selva di Teutoburgo nel 9 d.C. nella quale morì Publio Quintilio Varo, politico e generale romano. Nato da una gens patrizia decaduta, Varo riuscì a intraprendere la carriera politica grazie alla vicinanza dell’imperatore Augusto: questi gli permise di salire i gradini del cursus honorum e lo accolse nella sua famiglia dandogli in sposa la figlia di suo genero, Marco Vipsanio Agrippa. Varo ricoprì ruoli di notevole prestigio, quale quello di proconsole in Africa e, più tardi, quello di legatus Augusti pro praetore in Siria. Nel 7 d.C. fu inviato come governatore in Germania. È qui che fu ingannato e attaccato dalle forze comandate dal principe dei Cherusci, Arminio, il quale, tradendo i Romani, inflisse a Varo, tra il 9 e l’11 settembre del 9, una durissima sconfitta nella foresta di Teutoburgo, dove furono completamente annientate tre legioni e numerose coorti ausiliarie dell’esercito romano. Lo stesso Varo, vistosi sconfitto, si tolse la vita.
Quando John Anthony Spencer «Tony» Clunn fu comandato ne 1987 in Germania era un ufficiale dell’esercito britannico (che poi lasciò nel 1996), e archeologo per passione: col metal detector si dilettava nel tempo libero a cercare monete romane. Per questo, appena assegnato al Royal Tank Regiment di stanza a Osnabrück, in Germania, si rivolse a Wolfgang Schlüter, che all’epoca era l’archeologo di riferimento per il distretto di Osnabrück, per sapere – da cercatore di monete – dove dare un’occhiata. Schlüter gli consigliò di andare una ventina di chilometri a nord della città, dove in passato erano state trovate monete romane, precisando però che da almeno 18 anni non ne era stata trovata più una. L’indicazione di Schlüter non era peregrina: si basava sullo studio di mappe antiche e sull’ipotesi, avanzata nell’Ottocento da Theodor Mommsen, il grande studioso tedesco del mondo antico, che proprio la zona di Kalkriese potesse essere stata il teatro della battaglia del 9 d.C. Così l’ufficiale-archeologo con il metal detector si incamminò lungo una antica pista romana, assistito dalla fortuna. Già il primo giorno Clunn trovò numerose monete del regno di Augusto, la maggior parte in un eccellente stato di conservazione. Con una particolarità, che accese subito l’interesse dell’appassionato: non solo quelle monete trovate erano tutte del I secolo d.C., ma nessuna di esse era successiva al 9 d.C. Clunn capì di essere sulla buona strada: ai piedi della collina di Kalkriese, a una settantina di chilometri a nordovest di Osnabrück, scoprì i resti di una trincea romana e un centinaio di monete del I secolo d.C., alcune delle quali con il sigillo di Publio Quintilio Varo. Aveva trovato la prima prova inconfutabile che in quel luogo c’era stata un’attività militare. Fino a quel momento infatti c’erano state molte ipotesi, tra loro contrastanti, sul luogo della battaglia che gli studiosi stavano cercando senza successo da alcuni secoli.
Gli storici romani ricordano con “clades Variana” (la disfatta di Varo) la battaglia della foresta di Teutoburgo che – come detto – si svolse nell’anno 9 d.C. tra l’esercito romano guidato da Publio Quintilio Varo e una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio, capo dei Cherusci. La battaglia si risolse in una delle più gravi disfatte subite dai romani: tre intere legioni (la XVII, la XVIII e la XIX) furono annientate, oltre a 6 coorti di fanteria e 3 ali di cavalleria ausiliaria. Per riscattare l’onore dell’esercito sconfitto, i Romani diedero inizio a una guerra durata sette anni, al termine della quale rinunciarono a ogni ulteriore tentativo di conquista della Germania. Il Reno si consolidò come definitivo confine nord-orientale dell’Impero per i successivi 400 anni.
Sulla base dei dati raccolti da Clunn, Schlüter iniziò uno scavo sistematico del sito nel 1989, scavo che in seguito sarebbe passato sotto la direzione di Susaanne Wilbers-Rost. Gli scavi archeologici sono durati quasi un decennio. Nel 2002 è stato aperto a Kalkriese il museo della Battaglia di Varo (Varusschlacht Museum und Park Kalkriese) che espone i reperti legati alla battaglia della Selva di Teutoburgo, dove i germani guidati da Arminio massacrarono tutte e tre le legioni romane al comando del generale Quintilio Varo. Nel 1996 Clunn decise di lasciare Londra e di stabilirsi a Osnabrück dove ha continuato a occuparsi di archeologia e ha scritto libri sull’«ultima legione». Negli anni Clunn ha esplorato l’intera area intorno a Kalkriese e con le monete scoperte è stato possibile ricostruire il percorso seguito dai legionari di Varo e stabilire dove i soldati romani subirono l’imboscata e furono massacrati. Secondo Clunn il percorso seguito dai legionari in marcia è esattamente compatibile con i cambiamenti ambientali descritti dallo storico romano Cassio Dione nella sua monumentale “Storia romana”.
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