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Lipari. Il parco archeologico delle Isole Eolie presenta le novità del museo “Luigi Bernabò Brea” che si racconta in Braille e LIS a non vedenti e non udenti: dalle copie tattili destinate ai non vedenti un contributo al teatro di ricerca che può sperimentare la recitazione con le maschere, come nell’antica Grecia; le maschere teatrali greche tornano in scena per la tragedia classica “Prometeo incatenato” di Eschilo

L’Etera, maschera del museo Archeologico di Lipari (foto regione siciliana)

Prototipo tattile dell’Etera, maschera del museo Archeologico di Lipari (foto regione siciliana)

Da maggio 2025 il museo Archeologico “Luigi Bernabò Brea” di Lipari – che fa parte del parco archeologico delle Isole Eolie della Regione Siciliana, ente diretto dall’architetto Rosario Vilardo – “parla” in Braille e in LIS (Lingua Italiana dei Segni) ed è fruibile quindi da non vedenti e non udenti grazie a una serie di innovazioni tecnologiche realizzate con i fondi del PNRR per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive. “Vietato non toccare”, recita infatti un pannello: ecco copie tattili delle maschere della tragedia antica (come Paride e Filottete, IV a.C. figure riconducibili alla perduta tragedia di Sofocle “Filottete a Troia”) e della commedia nuova (come Pseudokore e l’Etera, prima metà III a.C.); statuette comiche (come il Satiro sconcertato, dalla pancia gonfia e l’inequivocabile citazione fallica, tipica della satira del IV a.C.); vasi delle culture preistoriche e un cratere attico a figure rosse (V a.C.). In tutto 35 reperti tattili, perfettamente uguali agli originali e realizzati in PLA (bioplastica ricavata da zuccheri vegetali) con tecnologie digitali e rilievi con laser scanner, che potranno essere toccati dai visitatori non vedenti (e non solo) restituendo loro la reale percezione della ricca collezione archeologica del Museo di Lipari, istituzione di altissimo valore storico e identitario che proprio lo scorso anno ha compiuto i suoi primi 70 anni di vita. Per i visitatori un’app, video descrizioni a tema e raccontate in LIS, didascalie e segnaletica in Braille (oltre a italiano e inglese) dentro e fuori il museo.

Le novità saranno presentate al Parco delle Eolie il 2 e il 3 di maggio 2025 nel corso di una due giorni che, oltre a un convegno e a un workshop con gli attori istituzionali coinvolti nel progetto – e fra questi gli interventi dell’assessore regionale dei BBCC Francesco Paolo Scarpinato e del direttore generale del dipartimento, Mario La Rocca –  prevede sabato sera 3 maggio, alle 21, il debutto di uno spettacolo straordinario allestito nel teatro di pietra della rocca di Lipari, realizzato nel 1978 su modello di quelli greci e che guarda il mare. Si tratta della tragedia greca “Il Prometeo incatenato” di Eschilo. La sua unicità sta nel fatto che gli attori sulla scena indosseranno maschere teatrali perfettamente riprodotte dai rilievi digitali sui reperti archeologici originali, miniature provenienti dai corredi funerari di Lipari ed esposti al Museo. Nel ruolo di Prometeo l’attore Christian Poggioni, regista dello spettacolo.

Digitalizzazione dei reperti del museo Archeologico “Luigi Bernabò Brea” di Lipari (foto regione siciliana)

“Rendere i luoghi della cultura quanto più accessibili possibile è tra le nostre mission”, spiega l’assessore ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato. “Grazie alle moderne tecnologie e ai sistemi più avanzati, la disabilità non può e non deve costituire un limite alla fruizione di Parchi archeologici, musei e gallerie. Stiamo lavorando alacremente in questa direzione affinché un numero sempre maggiore di siti sia accessibile a tutti”. Il progetto, finanziato dal PNRR con circa 500mila euro, è redatto dal Parco delle Isole Eolie ed è stato messo a punto in collaborazione con l’università Cattolica di Milano; l’università Mediterranea di Reggio Calabria e la società Naos Lab (azienda che opera tra Salerno, Catanzaro e Roma) che ha curato tutta l’elaborazione digitale. Il coordinamento scientifico del progetto è di Maria Clara Martinelli archeologa del parco Eolie; Francesca Fatta, docente di Disegno dell’architettura (UniRC) e Elisabetta Matelli, docente di Storia del Teatro Greco (UniCatt). “Con questo progetto”, commenta il direttore del Parco delle Eolie, Rosario Vilardo, “il museo Luigi Bernabò Brea diventa inclusivo, parla il Braille e la LIS, si apre a quote di visitatori che sinora non potevano fruire e apprezzare il grande patrimonio archeologico e la storia delle Eolie che qui sono custoditi. Siamo sinceramente orgogliosi delle innovazioni introdotte, frutto del grande lavoro di squadra di un team interdisciplinare con il coordinamento scientifico e gestionale del Parco”.

Satiro Cornuto, maschera del museo Archeologico di Lipari (foto regione siciliana)

Prototipo tattile del Satiro Cornuto, maschera del museo Archeologico di Lipari (foto regione siciliana)

Archeologia: le novità del museo di Lipari per non vedenti e non udenti. Cuore del progetto PNRR del parco archeologico delle Eolie è il Laboratorio Multisensoriale allestito al piano terra del primo edificio del complesso museale del Castello di Lipari. Qui i visitatori sono accolti in uno spazio espositivo con 35 riproduzioni tattili realizzate in PLA (acido polilattico, materiale usato nella stampa 3D). Fra cui: 26 maschere della commedia e della tragedia ricavate dalle miniature esposte al museo e provenienti dai corredi funerari rinvenuti nella necropoli di Contrada Diana dalla metà del secolo scorso e oggetto di numerose campagne di scavo coordinate dai grandi archeologi Luigi Bernabò Brea e da Madeleine Cavalier; sei statuette, due vasi delle culture preistoriche e un cratere attico nero a figure rosse. Tutti questi prototipi, realizzati fedelmente grazie ai rilievi con laser scanner, sono completati da didascalie trilingue: italiano, inglese e braille. Completano il percorso 3 totem con la mappa degli edifici del Castello, dell’accessibilità dei singoli piani e la mappa cronologica degli scavi iniziati il 20 ottobre del 1950. Anche qui in italiano, inglese, LIS e con testo speakerato per i non vedenti; tre video con storytelling tematici; infine un QR CODE per scaricare l’app che accompagna i visitatori anche con un video con la descrizione audiovisiva dei reperti e contenuti in LIS. Un’area è stata destinata al bookshop e alla caffetteria che sarà data in gestione a terzi mentre tra le novità per i “visitatori speciali” con ridotta mobilità sono stati rinnovati ascensori e montascale secondo le normative più recenti, pedane per facilitare l’accesso ai piani; segnaletica e mappe in Braille nell’area esterna e due golf car elettriche per raggiungere il Museo.

Christian Poggioni in Prometeo incatenato al teatro Pime di Milano (foto roberto bellu)

 

Christian Poggioni. attiore e regista del Prometeo Incatenato a Lipari (foto regione siciliana)

 

L’artigiano Andrea Cavarra al lavoro su una maschera del Prometeo di Lipari (foto regione siciliana)

Riproduzioni delle maschere teatrali del museo Archeologico di Lipari (foto alessandro villa)

Teatro: “Il Prometeo Incatenato” di Eschilo a Lipari. Conclude la due giorni dedicata alle novità del PNRR uno spettacolo originale: una tragedia classica, il “Prometeo Incatenato” di Eschilo, dove gli attori indosseranno come nell’antichità le maschere secondo il sistema recitativo del teatro classico. In questo caso si tratta delle maschere provenienti dalla necropoli di Lipari di Contrada Diana e oggi esposte nel museo Luigi Bernabò Brea: miniature provenienti dai corredi funerari e che, grazie ai rilievi in 3D, sono state ingrandite con precisione a misura umana e realizzate da un artigiano nel modo più simile possibile alle originali per essere usate da attori professionisti ed essere quindi restituite alla loro funzione originaria, la dimensione teatrale. La rappresentazione intende far emergere anche il potere sinestetico dei capolavori del teatro antico, composti in modo tale da creare ‘visioni’ anche solo ascoltando il testo, e percependo sonorità attraverso la sola vista. Lo spettacolo sarà messo in scena nel teatro all’aperto del Castello di Lipari, spazio straordinario con il mare a fare da scenografia e immerso nel complesso architettonico e museale che ospita il parco archeologico delle Isole Eolie e il museo Luigi Bernabò Brea, che nel 2024 ha compiuto 70 anni di storia. La ricostruzione artigianale delle maschere è stata curata da Andrea Cavarra e Chiara Barlassina, mentre Francesco Stilo ha realizzato i rilevamenti digitali delle miniature e la modellazione a grandezza naturale delle maschere.

La collezione: storia delle maschere del museo Archeologico di Lipari. Le terrecotte di soggetto teatrale sono state oggetto di un importante studio di Luigi Bernabò Brea (tra il 1981 e il 2001), tutt’oggi ritenuto di fondamentale rilevanza scientifica. Lo studioso ha curato personalmente la scelta dei reperti e la loro collocazione nelle vetrine del museo di Lipari a lui intitolato creando un percorso scenografico arricchito anche da miniature di palcoscenici teatrali. La collezione è composta da numerosi esemplari di statuette e maschere riconducibili ai generi teatrali in uso all’epoca: tragedia, dramma satiresco, commedia. Le terrecotte provengono, in massima parte, dai corredi funerari delle tombe di Contrada Diana e da fosse votive situate nell’area della necropoli. Si tratta di riproduzioni in miniatura delle maschere che gli attori portavano sul volto durante la recitazione sia per amplificare il tono della voce, sia per interpretare i diversi ruoli loro assegnati, compresi quelli femminili. Accanto alle maschere figurano statuette di danzatori e danzatrici, di attori comici, di giocolieri nonché di satiri e sileni, fedeli e allegri compagni di Dioniso (testi Maria Clara Martinelli, archeologa).

Lipari. Per i 70 anni dell’apertura al pubblico del museo Archeologico regionale Eoliano “Luigi Bernabò Brea” tre giorni di eventi: una mostra, un convegno e l’incontro annuale IIPP. Si inizia con la due giorni di convegno “Raccontare il museo di Lipari a Settant’anni dall’apertura al pubblico” 

lipari_archeologico_70-anni-del-museo_locandina1954 – 2024: il museo Archeologico regionale Eoliano “Luigi Bernabò Brea” di Lipari festeggia il settantesimo anniversario dalla sua apertura al pubblico, avvenuta appunto nell’estate del 1954. E per commemorare questo importante traguardo, il museo, situato nello storico Castello di Lipari, ospiterà una serie di eventi e convegni dal 4 al 6 luglio 2024. Si parte giovedì 4 luglio 2024 a Lipari, nel padiglione ex ostello, alle 12, con l’inaugurazione della mostra “1942-1954 verso il Museo”, curata da Maria Clara Martinelli, Maria Bernabò Brea e Luana La Fauci, dedicata alla storia del Museo, sulla base dei documenti e della ricca corrispondenza conservata nell’Archivio storico. La mostra, che sarà permanente e visitabile con il biglietto di ingresso al museo, da lunedì a sabato  9 – 19 e la domenica 9 – 13, offre una panoramica delle ricerche e delle scoperte archeologiche che hanno segnato la nascita del museo, inaugurato grazie agli sforzi di Luigi Bernabò Brea, che dopo la dismissione del campo di confino situato sul Castello durante il regime fascista, iniziò le ricerche archeologiche che portarono alla creazione di questa istituzione culturale. Si continua sempre giovedì 4 luglio col convegno di due giorni che mira a esplorare la trasformazione del Castello di Lipari da luogo di prigionia a fulcro di attività culturali, enfatizzando l’importanza del museo non solo come custode di tesori archeologici, ma anche come custode della memoria storica dell’area. E si arriva al clou sabato 6 luglio 2024 con il XIII Incontro Annuale di Preistoria e Protostoria, organizzato dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Quest’anno, il focus sarà sui “Musei di Preistoria. Esperienze a confronto”, dove esperti nazionali e internazionali condivideranno le loro esperienze e visioni sul ruolo e l’evoluzione dei musei di preistoria.

lipari_archeologico_convegno-raccontare-il-museo-di-lipari-a-70-anni-dall-apertura-al-pubblico_locandinaGiovedì 4 e venerdì 5 luglio 2024, dalle 10, nella sala conferenze dell’ex chiesa Santa Caterina, si svolgeranno i lavori del convegno “Raccontare il museo di Lipari a Settant’anni dall’apertura al pubblico” nel corso del quale si traccerà la storia del percorso formativo della prestigiosa istituzione museale, in cui andava via via prendendo forma l’appassionante progetto culturale eoliano di Luigi Bernabò Brea, in una visione da subito condivisa con gli abitanti delle isole, che lo hanno sempre supportato, offrendo appassionate e fondamentali collaborazioni. I saluti delle autorità della Regione Siciliana saranno esposti dall’assessore dei Beni culturali e dell’identità siciliana e dal direttore del dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana; dai sindaci dei Comuni delle Isole Eolie; dall’arcivescovo di Messina, Patti e Santa Lucia del Mela; da Mirella Vinci soprintendente di Messina. A seguire Rosario Vilardo, direttore del parco archeologico delle Isole Eolie, del quale oggi il museo è la sede principale, e l’archeologa Maria Clara Martinelli illustreranno i nuovi progetti espositivi realizzati e in corso di realizzazione per far sì che l’istituzione mantenga sempre il suo ruolo dinamico; lo storico Giuseppe La Greca racconterà lo stato dei luoghi del Castello prima del 1950; Maria Bernabò Brea, già direttrice del museo nazionale Archeologico di Parma, insieme a Madeleine Cavalier, studiosa che ha condiviso con Luigi Bernabò Brea la creazione del museo e le ricerche nelle Eolie, ricorderanno alcuni dei momenti più importanti della lunga e faticosa strada percorsa; Annunziata Ollà, archeologa della soprintendenza di Messina, si occuperà della collaborazione scientifica per la tutela di questo particolare territorio; Gabriella Tigano, direttrice del parco archeologico di Giardini Naxos e Taormina, racconterà i primi passi della ricerca a Milazzo, i cui risultati sono esposti in due sale del museo di Lipari; Monica Miari, funzionario del ministero della Cultura e già presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze, descriverà il rapporto tra Paolo Graziosi, fondatore dell’Istituto, e Luigi Bernabò Brea; Caterina Greco, già direttrice del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo, presenterà l’importante museo siciliano; Massimo Cultraro, dirigente archeologo del CNR-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale e docente dell’università di Palermo, confronterà il museo di Lipari con quello di Lemnos, anch’esso dovuto all’iniziativa di Luigi Bernabò Brea; e poi Andrea Cardarelli, docente dell’università La Sapienza di Roma, oggi presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze, darà voce a quella che è la più importante stratigrafia preistorica scoperta in un sito archeologico; Isabella Matelli, docente dell’università La Cattolica di Milano, discuterà della collezione di maschere teatrali di Lipari, ritenuta unica nel mondo classico; infine l’attore Christian Poggioni terrà una lezione – spettacolo nella quale interpreterà Prometeo.

Melilli (Sr). Omaggio a Luigi Bernabò Brea, grande archeologo e funzionario della soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, con il convegno “Luigi Bernabò Brea e la Sicilia. Bilancio e prospettive di ricerca a un quarto di secolo dalla sua scomparsa”: due giorni in presenza e on line

melilli_convegno-luigi-bernabò-brea-e-la-sicilia_piccola-locandinaOmaggio a Luigi Bernabò Brea (1910-1999), studioso visionario e innovativo, animato da un rigoroso senso dello Stato e del bene collettivo, capace di trasformare l’archeologia siciliana in un laboratorio permanente di sfide e conquiste scientifiche. Appuntamento a Melilli (Sr), nell’ala consiliare, il 17 e 18 febbraio 2024, per il convegno di archeologia “Luigi Bernabò Brea e la Sicilia. Bilancio e prospettive di ricerca a un quarto di secolo dalla sua scomparsa” organizzato dall’associazione Italia Nostra Melilli, in collaborazione con l’amministrazione comunale, con la partecipazione di funzionari e docenti universitari italiani e stranieri, attivi o in pensione, insieme ad Accademie, Istituti di cultura, Musei e Soprintendenze provenienti da tutta Italia.

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L’archeologo Luigi Bernabò Brea (Genova, 27 settembre 1910 – Lipari, 4 febbraio 1999) (foto regione siciliana)

A venticinque anni dalla scomparsa di Luigi Bernabò Brea (Genova, 27 settembre 1910 – Lipari, 4 febbraio 1999), illustre archeologo e funzionario della soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, noto per la sua influenza rivoluzionaria nei campi degli scavi e delle pubblicazioni archeologiche, è giunto dunque il momento di fare il punto su quanto si è sviluppato in questo quarto di secolo e di mettere in evidenza la sua eredità scientifica. L’anniversario offre l’opportunità di esplorare, con una prospettiva aggiornata, uno dei periodi più entusiasmanti della storia e dell’archeologia recenti, durante il quale l’intera area della Sicilia orientale, sia ionica che tirrenica, è stata protagonista di campagne archeologiche di rilievo nel Mediterraneo. Le indagini condotte da Luigi Bernabò Brea rimangono ancor oggi fondamentali per gli studi sulla storia e l’archeologia dell’occidente greco.

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L’archeologo Luigi Bernabò Brea (foto giuseppe e luigi santi agnello)

Il convegno si svolge sabato 17 e domenica 18 febbraio 2024: dalle 9.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19. Per vedere la diretta dell’evento: www.magnetofono.it/streaming/melilli e sulla pagina Facebook di Italia Nostra Melilli (cliccare qui). All’evento saranno presenti l’assessore regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, Francesco Paolo Scarpinato, e il sindaco di Melilli, Giuseppe Carta, oltre ai sindaci dei Comuni limitrofi con competenza su importanti siti archeologici legati a Luigi Bernabò Brea. Parteciperanno Francesco Italia per Siracusa, Giuseppe Di Mare per Augusta e Megara Iblea, Vincenzo Parlato per Sortino e Pantalica, Giuseppe Gianni per Priolo e Thapsos. Tra gli altri partecipanti figurano il direttore del parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, Carmelo Bennardo; il soprintendente per i Beni culturali e ambientali di Siracusa, Salvatore Martinez; il direttore del parco archeologico di Leontinoi e Megara, Carla Mancuso; e il direttore del parco archeologico delle Isole Eolie, museo “Luigi Bernabò Brea”, Rosario Vilardo.

IL PROGRAMMA DI SABATO 18 FEBBRAIO 2024: 9.30-10-30, introduzione di Giuseppe Immè, docente, vicepresidente regionale di Italia Nostra Sicilia e consulente scientifico del Comune di Melilli, e saluti delle autorità. 10.30-13, modera Lorenzo Guzzardi. Intervegono: Maria Bernabò Brea, già soprintendenza archeologica dell’Emilia Romagna, “Ricordo di Luigi Bernabò Brea”; Paola Pelagatti, accademia nazionale dei Lincei, “Luigi e Chiara Bernabò Brea tra Genova e Siracusa: dallo sbarco alleato alla ricostruzione della soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale”; Massimo Cultraro, CNR e università di Palermo, “Luigi Bernabò Brea e la Preistoria siciliana: la coerenza di un percorso scientifico”. Dopo la pausa caffè, modera Massimo Frasca. Intervengono: Rosa Maria Albanese, università di Catania (DISUM), “Il crepuscolo del re Hyblon. Mobilità e dinamiche territoriali nella Sicilia protostorica e arcaica”; Gioconda Lamagna, già direttrice del parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci, “Luigi Bernabò Brea ad Adrano tra ricerca, tutela e conservazione del patrimonio archeologico”. Dopo la pausa pranzo, dalle 16.30 alle 19, modera Massimo Cultraro. Intervengono: Elvia Giudice e Giada Giudice, università di Catania (DISUM) e Universität München (Germania), “Un cratere a calice frammentario da Leontinoi conservato al Museo “P. Orsi” di Siracusa e il ruolo della colonia calcidese nei commerci attici in Occidente nella seconda metà del V sec. a.C.”; Massimo Frasca, già direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell’università di Catania, “L’archeologia a Lentini e Luigi Bernabò Brea”. Dopo la pausa caffè, Concetta Ciurcina, già soprintendente per i Beni culturali e ambientali di Siracusa, “Luigi Bernabò Brea e lo studio delle terrecotte architettoniche di Gela”; Michel Gras, Accademia nazionale dei Lincei, già direttore dell’École française de Rome (Francia), “Passeggiando per Siracusa”.

IL PROGRAMMA DI DOMENICA 18 FEBBRAIO 2024: 9.30-13, modera Michel Gras. Intervengono: Giovanni Di Stefano, università della Calabria e università di Roma Tor Vergata, “Le “altre” archeologie di Luigi Bernabò Brea”; Maria Costanza Lentini, già direttrice del parco archeologico di Naxos e Taormina, “Milazzo e le ricerche di Luigi Bernabò Brea nella Sicilia tirrenica”; Giuseppe Immè, docente, vicepresidente regionale di Italia Nostra Sicilia e consulente scientifico del Comune di Melilli, “Luigi Bernabò Brea e Nino Lamboglia: incontri tra archeologi nella costa tirrenica della Sicilia”; Elena Flavia Castagnino, funzionaria archeologa della soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Siracusa, “Il ruolo-chiave di Luigi Bernabò Brea nella ricerca e nella tutela del patrimonio archeologico sottomarino: una ‘immersione’ inedita nell’archivio storico della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale”; dopo la pausa caffè, Maria Clara Martinelli, funzionaria archeologa del parco archeologico delle Isole Eolie, museo “Luigi Bernabò Brea”, “Luigi Bernabò Brea nelle Isole Eolie. Dalle prime ricerche all’apertura del Museo di Lipari (1942-1954)”; Umberto Spigo, già direttore del parco archeologico delle Isole Eolie, museo “Luigi Bernabò Brea”, “Luigi Bernabò Brea a Tindari. Capisaldi per la ricerca e per la tutela in parallelo con l’attività della Soprintendenza alle Antichità di Siracusa in altri centri di età ellenistico-romana”; Rosario Vilardo, direttore del parco archeologico delle Isole Eolie, museo “Luigi Bernabò Brea”, “Prospettive di conservazione e valorizzazione del patrimonio nel Museo Archeologico Luigi Bernabò Brea a Lipari”. Dopo la pausa pranzo, dalle 16.30 alle 19, modera Maria Bernabò Brea. Intervengono: Rosa Lanteri, dirigente U.O.2 del S. 39 parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Luigi Bernabò Brea e la difficile stagione della tutela”; Alessandra Castorina, funzionaria archeologa della soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Siracusa, “Luigi Bernabò Brea e la tutela dei siti indigeno-ellenizzati della Sicilia centro[1]meridionale. Nuovi dati dall’archivio storico della Soprintendenza di Siracusa”; Giuseppina Monterosso, funzionaria archeologa del parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Luigi Bernabò Brea e il Museo Archeologico di Siracusa: da Piazza Duomo a Villa Landolina”; Angela Maria Manenti, funzionaria archeologa del parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Luigi Bernabò Brea e la numismatica: il medagliere e la sua organizzazione”. Dopo la pausa caffè, Agostina Musumeci, funzionaria archeologa del parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Dal secondo conflitto mondiale alla Commissione Franceschini: Luigi Bernabò Brea e la catalogazione”; Mariella Musumeci, già dirigente della U.O. Beni archeologici della soprintendenza BB.CC.AA., “L’attività di Luigi Bernabò Brea tra tutela e valorizzazione: alle origini dei parchi archeologici nella provincia di Siracusa”; Ermelinda Storaci, funzionaria archeologa del parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Luigi Bernabò Brea e il Giappone”.

Siracusa. Al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” la mostra “Lo regno della morta gente. La necropoli meridionale di Megara Hyblea”: esposti per la prima volta i reperti provenienti dagli scavi dell’École française de Rome, finora conservati nei depositi del museo, illustrando le diverse tipologie di sepolture a Megara Hyblaea

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Locandina della mostra “Lo regno della morta gente” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa dall’8 ottobre 2022 all’8 gennaio 2023

Una nuova mostra da non perdere al museo “Paolo Orsi” di Siracusa. Sabato 8 ottobre 2022 aperta la mostra “Lo regno della morta gente. La necropoli meridionale di Megara Hyblea” che espone per la prima volta i reperti provenienti dagli scavi dell’École française de Rome, finora conservati nei depositi del museo, illustrando le diverse tipologie di sepolture a Megara Hyblaea, le pratiche funerarie, le sepolture dei bambini, un vero e proprio salto nel tempo per indagare attraverso il mondo dei defunti, la società dei vivi della colonia megarese. La mostra, visitabile (ingresso gratuito) fino all’8 gennaio 2023 (dal martedì al sabato, 9-18; domenica e festivi nella fascia, 9-13), è curata dall’archeologa Anita Crispino, del parco archeologico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai, e da Reine Marie Bérard, ricercatrice CNRS Centre Camille Jullian di Aix-en-Provence, e si propone come una nuova occasione per illustrare la lunga collaborazione tra la missione archeologica francese a Megara Hyblaea e il museo Archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa. La mostra sarà accompagnata da un ricco catalogo curato dalla stessa Bérard. La mostra, divisa in sette sezioni, illustra i risultati di indagini attente a tutti gli aspetti connessi al seppellimento in età greco arcaica: oggetti personali, vasellame, monili, esposti per la prima volta, raccontano ai visitatori un segmento della vita degli abitanti della polis greca di Megara Hyblaea. Un’occasione particolarmente interessante che cerca di mettere in luce alcuni aspetti della vita e della morte degli antichi Greci relativi a questa famosa città siciliana, visti attraverso le testimonianze offerte dall’archeologo che li ha studiati; reperti provenienti dagli scavi della necropoli, custoditi presso il Museo e di cui solo una piccola parte era stata fino ad oggi proposta al pubblico.

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Veduta dall’alto del sito archeologico di Megara Hyblaea, 20 chilometri a Nord di Siracusa (foto luigi nifosi / regione siciliana)

L’esposizione interessa la necropoli meridionale di Megara Hyblaea. Il sito di Megara Hyblaea, 20 km a Nord di Siracusa, fu occupato dai Greci a partire della seconda metà dell’VIII secolo a.C. Meno di tre secoli dopo, all’inizio del V secolo a.C., la città fu presa da Gelone, tiranno di Siracusa, che vi trasferì i suoi abitanti. Gli sfollati tornarono successivamente occupando l’area della vecchia agorà ma si trattò della fine politica di una città greca cresciuta in parallelo a Siracusa, fino a contrastarla, e destinata ad essere abbandonata. Tale destino ha offerto agli archeologi che hanno indagato i luoghi, fin dalla fine dell’800, di operare su un sito privo di sovrapposizioni di epoca moderna. Tale è stata l’opportunità che archeologi come Paolo Orsi hanno avuto. Nel 1949, Luigi Bernabò Brea, soprintendente alle Antichità per la Sicilia Orientale, affidò la ricerca all’École française de Rome. Georges Vallet e François Villard, e in seguito i loro collaboratori e successori, hanno portato avanti le indagini sulla città e le necropoli fino ai nostri giorni. Dopo la scoperta fortuita, nel 1940, del famoso kouros di Sombrotidas, esposto in mostra, l’attenzione si spostò sulla necropoli meridionale della città, minacciata dallo sviluppo della zona industriale. Gli interventi di emergenza condotti dalla Soprintendenza archeologica per la Sicilia orientale e l’École française de Rome, in particolare negli anni 1970-1974, permisero lo scavo e lo studio di circa 700 tombe.

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L’allestimento della mostra “Lo regno della morta gente” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” (foto regione siciliana)

“La mostra esprime il valore del potenziamento della ricerca archeologica che abbiamo portato avanti in questi anni”, sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, “e della collaborazione con Università e istituti di tutto il mondo. La collaborazione tra il Parco di Siracusa, l’Istituto Francese e il museo Paolo Orsi ha prodotto un interessante focus sulla dimensione della morte nell’antica Megara, offrendo anche l’opportunità di un approfondimento dei temi affrontati nel percorso espositivo che il prezioso catalogo della mostra, disponibile sin dall’inaugurazione, promette di offrire”. “Grazie a questa esposizione”, afferma Antonello Mamo, direttore del parco archeologico di Siracusa, “sarà possibile comprendere le varie tipologie di sepolture, la funzione degli oggetti deposti, il trattamento funerario riservato ai bambini della colonia megarese, grazie ad uno studio completo di quanto il tempo ha risparmiato. Una collaborazione, quella con l’equipe dell’École française de Rome, rinsaldata grazie a questo lavoro scientifico che di certo otterrà il favore sia degli studiosi di settore che del grande pubblico”. “I mesi di apertura della mostra al pubblico”, dichiara Lorenzo Guzzardi, direttore del parco archeologico di Leontinoi e Megara, “coincidono con l’inizio dei lavori per il nuovo allestimento dell’Antiquarium di Megara Hyblaea, che saranno seguiti con la collaborazione della Missione francese. Le attività di quest’ultima presso l’antica colonia greca e le sue aree funerarie hanno continuato ad assicurare importanti risultati scientifici negli scavi eseguiti in questi ultimi anni”.

Siracusa. Al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” apre la mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nella Sicilia Sud Orientale” con reperti provenienti dagli scavi dell’abitato di Castelluccio di Noto, il sito più importante in Sicilia nel Bronzo antico (scavato proprio da Paolo Orsi), esposti per la prima volta affiancati da reperti coevi da Eolie, Puglia e Malta

La necropoli di Castelluccio di Noto, sito archeologico dell’Età del Bronzo antico siciliano

Sabato 18 dicembre 2021, alle 17, al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa apre la mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nella Sicilia Sud Orientale” dove sono esposti per la prima volta reperti provenienti dagli scavi dell’abitato del sito più importante in Sicilia nel Bronzo antico. Parliamo di Castelluccio di Noto, sito archeologico localizzato in provincia di Siracusa, tra i comuni di Noto e Palazzolo Acreide e che ha dato il nome all’omonima cultura di Castelluccio. Il sito venne localizzato dall’archeologo Paolo Orsi che lo datò tra il XIX ed il XV secolo a.C. e, pertanto, alla prima età del Bronzo siciliana. Gli studiosi hanno individuato il piano dell’abitato, posto su uno sperone roccioso, una sorta di acropoli fortificata e, la necropoli. La necropoli consta di oltre 200 tombe a grotticella artificiale, scavate nelle pareti ripide della vicina cava della Signora. La più monumentale è la cosiddetta “Tomba del Principe” con un prospetto costituito da quattro finti pilastri. Dal sito vengono numerosissimi materiali ceramici, oggi esposti al museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa, oltre a reperti in bronzo e due famosissimi portelli tombali con incisi simboli spiraliformi.

Locandina della mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa dal 18 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022

La mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale”, dal 18 di­cem­bre 2021 al 28 feb­bra­io 2022, suddivisa in sette sezioni, è arricchita da reperti della cultura di capo Graziano concessi in prestito dal parco archeologico delle Isole Eolie. Uno spazio avrà la necropoli di contrada Travana a Buccheri e, infine, si potranno ammirare gli ossi a globuli ritrovati a Malta e in Puglia, grazie alla collaborazione con il parco archeologico di Leontinoi, il national museum of Archaeology di Malta e il museo Archeologico nazionale di Altamura. La mostra offre uno spac­ca­to del­le con­di­zio­ni di vita di più di 3500 anni fa gra­zie alle ri­ve­la­zio­ni for­ni­te dal­le mo­der­ne ana­li­si con­dot­te ne­gli ul­ti­mi anni sui re­per­ti fau­ni­sti­ci, gli stu­di sui car­bo­ni e sui re­si­dui or­ga­ni­ci so­prav­vis­su­ti al­l’in­ter­no dei vasi che han­no per­mes­so di ri­co­strui­re l’am­bien­te, la fau­na e la me­to­do­lo­gia di co­stru­zio­ne del­le ca­pan­ne. Nu­me­ro­si i re­per­ti che sa­ran­no espo­sti, an­che se il pez­zo più in­te­res­san­te è un gran­de pi­thos, ri­com­po­sto da cen­ti­na­ia di fram­men­ti dopo un ac­cu­ra­to la­vo­ro di re­stau­ro. Il vaso, pro­ve­nien­te pro­prio da ­Ca­stel­luc­cio, in ori­gi­ne, con­te­ne­va olio d’o­li­va, e rap­pre­sen­ta la te­sti­mo­nian­za più an­ti­ca in Si­ci­lia e in Ita­lia del­la col­ti­va­zio­ne del­l’u­li­vo. “Le sco­per­te ar­cheo­lo­gi­che ci con­se­gna­no ogni gior­no nuo­ve ri­ve­la­zio­ni sul­la sto­ria del­la no­stra “, sot­to­li­nea l’as­ses­so­re re­gio­na­le dei Beni cul­tu­ra­li del­l’I­den­ti­tà si­ci­lia­na Al­ber­to Sa­mo­nà, “so­prat­tut­to re­la­ti­va­men­te alle fasi più an­ti­che. Un im­pe­gno, quel­lo del po­ten­zia­men­to del­la ri­cer­ca ar­cheo­lo­gi­ca, sul qua­le sia­mo co­stan­te­men­te pro­iet­ta­ti nel­la con­sa­pe­vo­lez­za che le pa­gi­ne del­la no­stra sto­ria sono il pa­tri­mo­nio più si­gni­fi­ca­ti­vo che pos­se­dia­mo, sia in ter­mi­ni col­le­ga­men­ti con gli stu­dio­si di tut­to il mon­do che di at­trat­ti­vi­tà ver­so quan­ti ogni anno scel­go­no la Si­ci­lia come meta del­le loro va­can­ze”.

Uno dei portelli tombali dai rilievi enigmatici provenienti da Castelluccio di Noto

La mo­stra è un’oc­ca­sio­ne per pre­sen­ta­re al gran­de pub­bli­co re­per­ti, fi­no­ra ine­di­ti, pro­ve­nien­ti sia dal­lo sca­vo del­l’a­bi­ta­to ef­fet­tua­to da Giu­sep­pe Voza tra il 1989 e il 1993, che da al­tri siti con­tem­po­ra­nei del­la Si­ci­lia e del­le iso­le Eo­lie. Dopo gli sca­vi nel­la ne­cro­po­li ef­fet­tua­ti da Pao­lo Orsi alla fine del­l’Ot­to­cen­to, il sito è ri­sul­ta­to uno tra i più in­te­res­san­ti in Si­ci­lia, tan­to che Lui­gi Ber­na­bò Brea die­de il nome di “fase di Ca­stel­luc­cio” al pe­rio­do del Bron­zo An­ti­co si­ci­lia­no, che da­tia­mo tra la fine del III e l’i­ni­zio del II mil­len­nio a.C. È da Ca­stel­luc­cio che pro­ven­go­no i fa­mo­si por­tel­li tom­ba­li con mo­ti­vi de­co­ra­ti­vi a bas­so­ri­lie­vo in­ter­pre­ta­ti come la sti­liz­za­zio­ne del­l’at­to ses­sua­le e, an­co­ra, gli ossi a glo­bu­li, enig­ma­ti­ci og­get­ti dal­l’in­cer­ta fun­zio­ne pre­zio­sa­men­te de­co­ra­ti ad in­ci­sio­ne, ri­tro­va­ti an­che in Gre­cia, a Tro­ia, a Mal­ta e in Pu­glia (que­sti ul­ti­mi due giun­gono a Si­ra­cu­sa per la pri­ma vol­ta in pre­sti­to tem­po­ra­neo).

Alla scoperta del museo civico “Antonino Di Vita” con gli archeologi dell’VIII rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea: “Alla fine del VI sec. a.C. fu centro indigeno ellenizzato”

L’abitato di Licodia Eubea disteso ai piedi del castello (foto Graziano Tavan)

È domenica. E nel programma dell’VIII rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea (Ct) lo spazio è vuoto. Ma solo apparentemente. Perché la domenica mattina, in attesa del rush finale con le ultime proiezioni del pomeriggio e le premiazioni alla sera (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/10/21/viii-rassegna-del-documentario-e-della-comunicazione-archeologica-nella-serata-finale-un-susseguirsi-di-emozioni-assegnato-il-premio-archeovisiva-per-il-miglior-film-a-pastori-nella-grotta/), è dedicata alle visite guidate. E nel mini-tour alla scoperta dei tesori (non solo archeologici) di Licodia Eubea tappa obbligata è il museo civico “Antonino Di Vita” ospitato in locali comunali in corso Umberto, la strada principale del paese. Qui si conservano i materiali rinvenuti nel territorio licodiano, che ne tracciano le principali fasi: dall’età neolitica, rappresentata dai vasi con i tipici motivi geometrici della facies di Santo Cono -Piano Notaro, ai materiali di importazione greca e di fattura locale, che identificano la facies di Licodia Eubea. Gran parte dei ritrovamenti furono portati alla luce da Paolo Orsi e successivamente da diversi scavi degli anni ’80 e ’90 del Novecento a opera della soprintendenza con l’aiuto dei volontari dell’Archeoclub di Licodia Eubea. Il museo si divide in tre sezioni: la fase più antica dell’insediamento nel territorio; l’abitato arcaico e il centro indigeno ellenizzato; materiali importati insieme a oggetti in ceramica locali “facies di Licodia Eubea”. Ad accompagnarci in questa visita al museo “Di Vita” ci sono Alessandra Cilio, archeologa, direttore artistico della rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea, e l’archeologa Concetta Caruso, presidente Archeoclub d’Italia di Palazzolo Acreide.

L’archeologa Alessandra Cilio, direttore artistico della rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea (foto Graziano Tavan)

È proprio Alessandra Cilio a intervenire sull’origine del nome di Licodia Eubea, toponimo composto da due elementi di origine diversa. “Il paese, chiamato Licodia probabilmente a partire dall’epoca araba (infatti in arabo Al Kudia o Al Kudy Ali vuol dire cerro, ovvero grande masso o l’aspra roccia di Alì, e quindi sarebbe molto attendibile l’ipotesi che il toponimo Licodia derivi da Alcudia, poi trasformato in lingua siciliana in A-Likudya, oggi Licodia), aggiunge la parola Eubea“, spiega, “perché, nel corso dell’Ottocento, alcuni eruditi locali si convincono che il territorio licodiano avesse ospitato la colonia calcidese di Euboia, fondata dalla colonia di Leontini attorno al 650 a.C. menzionata da Tucidide nel VI libro della sua Guerra del Peloponneso. Nel 1870, la città decide di assumere il nome di Licodia Eubea, mantenendolo fino ai giorni nostri. Saranno le scoperte archeologiche condotte a partire dalla fine del XIX secolo a mostrare come il centro non fosse di origine greca, ma siculo”.

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Il castello di Santapau domina il centro abitato di Licodia Eubea (foto Graziano Tavan)

L’archeologo roveretano Paolo Orsi “protagonista” fu il primo ad avviare ricerche scientifiche nel territorio di Licodia Eubea

Ad accoglierci all’ingresso c’è l’archeologo per antonomasia della Magna Grecia, Paolo Orsi: fu proprio l’archeologo roveretano che, prima come ispettore (dal 1888) poi come soprintendente alle Antichità di Siracusa, intraprese le prime ricerche scientifiche nel territorio licodiese. “La sua eccellente sensibilità per l’indagine topografica e il rigoroso metodo scientifico di conduzione dello scavo archeologico”, spiegano al museo, “lo portarono a identificare – teoria valida ancora oggi – nella collina del castello di Santapau l’acropoli attorno alla quale si estendeva l’abitato, delimitato a settentrione dalla collina del Calvario da dove iniziava la zona delle necropoli”. Orsi soprattutto “saggiò” alcune tra le più importanti necropoli di Licodia: quelle cosiddette urbane (Calvario, Perriera, Orto della Signora) e quella “suburbana” in contrado Schifazzo, identificando due tipologie sepolcrali: le tombe a pozzetto con fosse e loculi, e le tombe a camera, affiancate da un tipo che Orsi definisce “intermedio” a pozzetto con corridoi. Tutte con il rito dell’inumazione.

L’archeologa Concetta Caruso, presidente dell’Archeoclub di Palazzolo Acreide (foto Graziano Tavan)

Numerosi sono i ritrovamenti che testimoniano la presenza dell’uomo in epoca preistorica, di cui ritroviamo interessanti testimonianze nella prima sala del museo “Antonino Di Vita”. “Il Neolitico – spiega Concetta Caruso – è ben testimoniato dallo studio di Ippolito Cafici sul villaggio S. Cono e dai rinvenimenti di via Capuana (1991), dove sono presenti tracce di capanne, strumenti in selce e ceramica di Stentinello, di Diana ma soprattutto della cultura di Serra d’Alto”. Il periodo è attestato anche in contrada Marineo, dove sono ubicate una serie di grotte, la cui frequentazione va dal Neolitico medio all’età protostorica. “Il II millennio è documentato dai vasi trovati sulla collina del Calvario da P. Orsi e dallo strato preistorico con frammenti appartenenti allo “stile Castellucciano” individuato durante gli scavi condotti in via S. Pietro”.

Ceramica indigena in vetrina al museo civico “Antonino Di Vita” di Licodia Eubea (foto Graziano Tavan)

Planimetria della fornace e del complesso artigianale scoperto in via Capuana a Licodia Eubea

Tra la fine del VI e l’inizio del V sec. a.C. è attestato il centro indigeno-ellenizzato con ritrovamenti di ceramica della facies di Licodia Eubea insieme a materiale di importazione greca. “Nel 1985 – ricorda Caruso – durante lo scavo delle fondamenta di un edificio in via San Pietro a Licodia Eubea è venuto alla luce un’abitazione articolata su due livelli, per adattarsi alla forte pendenza del terreno, collegati da una scala, con all’aperto un focolare per la cottura degli alimenti”. Recentemente, tra via Capuana e via San Pietro, sempre in occasione di un cantiere edile, è stata trovata una fornace per la produzione di ceramica di piena epoca ellenistica che ha restituito una gran quantità di suppellettile da mensa. Collegato al centro abitato ci sono le necropoli, con corredi funerari che accanto ai vasi greci di importazione (attici, corinzi, orientali) hanno restituito vasi di tipologia indigena come l’anfora, l’hydria, lo scodellone e l’askos. Fu proprio Paolo Orsi a intuire l’esistenza non già di un centro greco ma siculo databile tra il VII e il V sec. a.C. Intuizione confermata da un altro grande archeologo, Luigi Bernabò Brea. “Negli ultimi anni – riprende Caruso – grazie alla collaborazione tra soprintendenza, amministrazione comunale e Archeoclub le ricerche hanno permesso di individuare una necropoli extra moenia con tombe a cameretta del VI sec. a.C. probabilmente riconducibile a un insediamento indigeno extra urbano”.