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Firenze. Al museo Archeologico nazionale per la rassegna “Incontri al museo” appuntamento fuori programma per la presentazione del libro “Il mistero del respiro dei Bronzi di Riace” di Daniele Marino

firenze_archeologico_libro-il-mistero-del-respiro-dei-bronzi-di-riace_presentazione_locandinaNuovo appuntamento fuori programma con la rassegna di “Incontri del Museo archeologico nazionale di Firenze”, giovedì 6 giugno alle 17, per la presentazione del libro “Il mistero del respiro dei Bronzi di Riace” di Daniele Marino, docente di Storia dell’arte, che dialoga col direttore Daniele Federico Maras. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

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Copertina del libro “Il mistero del respiro dei Bronzi di Riace” di Daniele Marino

“Il mistero del respiro dei Bronzi di Riace” (Youcanprint). I Bronzi di Riace sono stati forse il fenomeno più clamoroso della storia dell’arte.  A decretarne il successo sensazionale non furono gli storici dell’arte né gli archeologi, ma la gente comune. Fu come se all’improvviso un sentimento nostalgico per la bellezza perduta si fosse risvegliato, un antico bisogno di ricongiungersi alle fonti della cultura e della nostra storia. Immuni dall’usura del tempo, i Bronzi sono i messaggeri che vigilano sulla natura degli uomini. Sono i guardiani della cultura dell’Europa, e finché il loro respiro veglierà sul genere umano vi sarà per noi speranza di salvezza.

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Visitatori in coda per vedere i Bronzi di Riace nel 1981 esposti, per la prima volta dopo il restauro, al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

Dopo il loro ritrovamento nello specchio di mare antistante Riace il 16 agosto 1972, le due sculture furono portate a Firenze per essere sottoposte a un lungo e delicato intervento di restauro, iniziato nel gennaio del 1975 e concluso nell’autunno del 1980. Al termine dei lavori i Bronzi di Riace furono esposti al pubblico negli ambienti del Salone del Nicchio del Museo archeologico di Firenze – consentendo, così, la riapertura momentanea ad un settore del Museo che era stato travolto dall’alluvione – attirando nell’arco di un mese oltre 250 mila visitatori. Prima del rientro in Calabria, i due capolavori furono esposti fino al 12 luglio del 1981 nel Palazzo del Quirinale, dove nei primi dodici giorni di mostra richiamarono trecentomila persone. Alla fine nell’arco di otto mesi oltre settecentomila persone avevano avuto la possibilità di vedere i due capolavori bronzei, decretandone così l’inizio di una fama che tutt’oggi continua.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per la rassegna “Incontri al museo” conferenza di Daniele Federico Maras su “Miti greci e donne etrusche. Miti, riti e società in Etruria alla luce di un approccio di genere”

firenze_archeologico_conferenza-miti-greci-e-donne-etrusche_marras_locandinaPer la decima edizione della rassegna “Incontri al museo”, venerdì 9 giugno 2023, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Firenze, conferenza di Daniele Federico Maras su “Miti greci e donne etrusche. Miti riti e società in Etruria alla luce di un approccio di genere”. Ingresso gratuito fino a esaurimento dei posti. Daniele Federico Maras è funzionario archeologo alla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, professore universitario alla Sapienza Università di Roma, socio ordinario e segretario della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. I suoi interessi di ricerca spaziano nell’intero campo della storia e della cultura dell’Italia preromana, con particolare riguardo ai temi dell’identità, degli scambi e dell’integrazione culturale greca e romana.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per la rassegna “Incontri al museo” conferenza “Tra le Rose Tintorie nel giardino monumentale del MAF: archeologia, molecole di colore e insieme di meraviglie” con visita tematica al giardino

firenze_archeologico_conferenza-le-rose-tintorie-del-giardino-del-maf_barbagallo-mangini-palumbo_locandinaAl museo Archeologico nazionale di Firenze penultimo appuntamento con la rassegna “Incontri al museo”: giovedì 25 maggio, alle 17, conferenza “Tra le Rose Tintorie nel giardino monumentale del MAF: archeologia, molecole di colore e insieme di meraviglie” e apertura straordinaria e visita al giardino monumentale a cura di Antonella Barbagallo, docente di Storia dell’Arte antica e restauro del legno – Firenze; Manuela Mangini docente della Richmond University -Firenze; Antimo Palumbo, scrittore, collaboratore di  #Natura, rivista di ambiente e territorio dell’Arma dei Carabinieri – Roma. Gli interventi approfondiranno vari temi spaziando dagli aspetti letterari e favolistici della rosa, alla rappresentazione del giardino nella pittura romana e della rosa dipinta negli “horti picti” delle domus pompeiane, alla storia, nomenclatura e botanica della rosa con un focus sulle Rose Tintorie che si potranno ammirare dal vivo nel Giardino.

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Rose del giardino monumentale del museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

È ricca e antica la storia della rosa, un fiore e una pianta protagonista da diverse migliaia di anni della cultura non solo occidentale ma anche orientale. È duplice e molteplice la sua simbologia: purezza, amore, eterea corporeità e allo stesso tempo, per via dei suoi aculei che pungono lacerando la pelle, un simbolo della terrestre caducità, della fisicità finita degli esseri umani. Grazie alla sua particolarità genetica, la ploidia, la rosa così come è successo con altri fiori, che portano numerose specie e cultivar, ha facilità ad ibridarsi tra specie diverse. Per questo che nel tempo e nei secoli dai cinque petali stellati delle prime rose botaniche, che nella loro forma e nel numero rimandano alla sezione aurea studiata nel Duecento dal matematico toscano Leonardo Fibonacci, grazie ad ibridazioni prima naturali e poi artificiali, attraverso un lavoro di selezione naturale compiuto da sapienti ibridatori, si è passati ai fiori semidoppi e doppi delle migliaia di cultivar di rosa dal nome e dalla forme diverse presenti oggi nei giardini di tutto il mondo.

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Rose pompeiane in un affresco parietale della Casa del Bracciale d’oro a Pompei (foto parco archeologico pompei)

I petali delle rose sono “petali tattili”. Hanno come un’epidermide rugosa, caratterizzata da microstrutture che favoriscono l’assorbimento della luce, aumentandone l’intensità delle radiazioni luminose. In particolare nella Rosa Tintoria, le molecole di colore, che vengono rilasciate dai petali, determinano, per macerazione o per essiccazione, una ricca tavolozza di pigmenti coloranti. La Rosa Gallica Versicolor, rappresentata negli Horti Picti pompeiani, assieme gli antichi rosai di Paestum, ci ricordano ricchi commerci, arti botaniche di coltivazione e il sapiente mestiere del saper produrre cosmetica; unguenti e profumazioni (vedi La Rosa antica di Pompei: un progetto di ricerca ha studiato e riprodotto il pregiato fiore usato a Pompei duemila anni fa come ornamento, nelle decorazioni parietali, nell’alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi. I risultati saranno presentati a Villa Silvana di Boscoreale | archeologiavocidalpassato). Ritroviamo inoltre il pigmento colorante della rosa (tinture di fili di lino o di lana), nelle antiche pitture rinascimentali su tessuto a “succo d’erba”.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per la rassegna “Incontri al museo” conferenza di Jacopo Tabolli, Ada salvi ed Emanuele Mariotti su “Facce di bronzo. Stratigrafia votiva a San Casciano dei Bagni”. Mariotti: “Questa scoperta è un’occasione unica per riscrivere la storia dell’arte antica e con essa la storia del passaggio tra Etruschi e Romani in Toscana”

firenze_archeologico_incontri_facce-di-bronzo_stratigrafia-votiva-a-san-casciano_tabolli-salvi-mariotti_locandinaPer la decima edizione della rassegna “Incontri al museo”, giovedì 6 aprile 2023, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Firenze, Jacopo Tabolli, etruscologo dell’università per Stranieri di Siena e direttore del progetto scientifico; Ada Salvi, funzionaria archeologa della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Siena Grosseto e Arezzo; ed Emanuele Mariotti, direttore dello scavo per il Comune di San Casciano dei Bagni, presentano la conferenza “Facce di bronzo. Stratigrafia votiva a San Casciano dei Bagni”. Ingresso libero fino a esaurimento posti. I tre relatori sono stati tra i protagonisti del rinvenimento più grande in Italia al santuario di San Casciano dei Bagni, dove sono emerse oltre 20 statue di bronzo in perfetto stato di conservazione, ex voto e altri oggetti, ma anche cinquemila monete in oro, argento e bronzo. Le nuove eccezionali scoperte sono state restituite dalla campagna di scavo al santuario etrusco-romano connesso all’antica vasca sacra della sorgente termo-minerale del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena. Iniziato nel 2019, lo scavo promosso dal ministero della Cultura e dal comune toscano con il coordinamento del prof. Jacopo Tabolli dell’università per Stranieri di Siena, ha condotto a questi nuovi straordinari ritrovamenti nelle prime settimane di ottobre 2022.

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Una statua in bronzo riemersa dallo scavo del Bagno Grande del santuario etrusco-romano a San Casciano dei Bagni (Si) (foto mic)

I bronzi di San Casciano raffigurano le divinità venerate nel luogo sacro, assieme agli organi e alle parti anatomiche per le quali si chiedeva l’intervento curativo della divinità attraverso le acque termali. Dal fango caldo sono riemerse in queste settimane effigi di Igea e di Apollo, oltre a un bronzo che richiama il celebre Arringatore, scoperto a Perugia e nelle collezioni storiche del museo Archeologico nazionale di Firenze. L’eccezionale stato di conservazione delle statue all’interno dell’acqua calda della sorgente ha permesso anche di preservare meravigliose iscrizioni in etrusco e latino che furono incise prima della loro realizzazione. Nelle iscrizioni si leggono nomi di potenti famiglie etrusche del territorio dell’Etruria interna, dai Velimna di Perugia ai Marcni noti nell’agro senese. Accanto a onomastica e forme dedicatorie in etrusco troviamo iscrizioni in latino, che menzionano anche le aquae calidae, le fonti calde del Bagno Grande, dove le statue furono collocate.

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Statue in bronzo etrusco-romane emergono dai fanghi termali del Bagno Grande del santuario etrusco-romano a San Casciano dei Bagni (Si) (foto mic)

La gran parte di questi capolavori dell’antichità si data tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C., un periodo storico di importanti trasformazioni nella Toscana antica, nel passaggio tra Etruschi e Romani. In quest’epoca di grandi conflitti tra Roma e le città etrusche, ma anche di lotte all’interno del tessuto sociale dell’Urbe, nel santuario del Bagno Grande le nobili famiglie etrusche, in una fase in cui l’espansione di Roma significa anche osmosi culturale, dedicarono le statue all’acqua sacra. Un contesto multiculturale e plurilinguistico assolutamente unico, di pace, circondato da instabilità politica e guerra.

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Il cantiere di scavo archeologico nel Bagno Grande del santuario etrusco-romano a San Casciano dei Bagni (Si) (foto mic)

“Una scoperta che riscriverà la storia e sulla quale sono già al lavoro oltre 60 esperti di tutto il mondo”, dichiara l’etruscologo responsabile dello scavo, prof. Jacopo Tabolli. “È così infatti che, 50 anni dopo la scoperta nel 1972 dei celebri “bronzi di Riace”, si riscrive a San Casciano dei Bagni la storia dell’antica statuaria in bronzo di età etrusca e romana. Quello del sito toscano è il più grande deposito di statue in bronzo di età etrusca e romana mai scoperto nell’Italia antica e uno dei più significativi di tutto il Mediterraneo: senza eguali soprattutto perché, finora, di questa epoca si conoscevano prevalentemente statue in terracotta. Il santuario con le sue statue appare come un laboratorio di ricerca sulla diversità culturale nell’antichità, testimonianza unica della mobilità etrusca e romana”, prosegue  il prof. Jacopo Tabolli. “Rispetto alle note scoperte di antiche statue in leghe di bronzo – pensiamo per esempio al celebre Arringatore scoperto a Perugia ed esposto al museo Archeologico nazionale di Firenze – quanto riemerso dal fango a San Casciano dei Bagni è un’occasione unica di riscrivere la storia dell’arte antica e con essa la storia del passaggio tra Etruschi e Romani in Toscana”.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per la rassegna “Incontri al museo” conferenza di Vincenzo Bellelli su “Nel mondo dipinto degli Etruschi: le tombe di Tarquinia”

firenze_archeologico_incontri_nel-mondo-dipinto-degli-etruschi_le-tombe-di-tarquinia_bellelli_locandinaPer la decima edizione della rassegna “Incontri al museo”, giovedì 16 febbraio 2023, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Firenze, Vincenzo Bellelli, direttore del parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia, presenta “Nel mondo dipinto degli Etruschi: le tombe di Tarquinia”. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

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L’interno della Tomba dei Leopardi nella necropoli di Monterozzi a Tarquinia (foto drm-toscana)

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L’archeologo Vincenzo Bellelli, direttore del parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia

Allievo del grande etruscologo Mauro Cristofani, Vincenzo Bellelli è archeologo classico specializzato in etruscologia, con una vasta esperienza professionale maturata nel campo della ricerca, della didattica universitaria e della valorizzazione. I suoi principali filoni di ricerca sono l’archeologia del sacro, la storia e l’archeologia della città etrusca di Cerveteri, la cultura materiale etrusco-italica, i contatti fra mondo greco e mondo etrusco. Vincenzo Bellelli è inoltre direttore della rivista di antichistica del Cnr “Mediterranea”. Ricchissima la sua produzione scientifica, in gran parte dedicata alla civiltà etrusca. Il parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia comprende la necropoli della Banditaccia (Cerveteri), la più estesa dell’area mediterranea, iscritta nel 2004 dall’Unesco nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità insieme alla necropoli di Monterozzi (Tarquinia), famosa per le sue straordinarie tombe dipinte. Il nuovo istituto autonomo comprende inoltre due importanti musei nazionali, il museo Cerite e il museo Archeologico di Tarquinia. Entrambi conservano oggetti molto importanti, come il celebre altorilievo fittile dei cavalli alati provenienti dagli scavi dell’Ara della Regina di Tarquinia e il celeberrimo cratere di Eufronio.

Firenze. All’Archeologico per “Incontri al museo” conferenza del direttore Mario Iozzo “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” proprio nell’anniversario dell’inaugurazione della prima esposizione dei due guerrieri dopo il lungo restauro

firenze_archeologico_conferenza-iozzo-i-bronzi-di-riace-a-firenze_locandina15 dicembre 1980 – 15 dicembre 2022: per i 50 anni dalla scoperta e per l’anniversario della mostra, il direttore del museo Archeologico nazionale di Firenze, Mario Iozzo, presenta “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” nell’ambito degli “Incontri al Museo” 2022 – 2023. Il 15 dicembre 1980 al museo Archeologico di Firenze si inaugurava infatti la straordinaria mostra “I bronzi di Riace” che esponeva per la prima volta al pubblico le due statue restaurate a Firenze dopo il loro ritrovamento. Il MAF festeggia i 50 anni dalla loro scoperta con una conferenza del direttore Mario Iozzo “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” giovedì 15 dicembre 2022 alle 17, proprio nella stessa data della storica inaugurazione. Le due celebri statue furono rinvenute nello specchio di mare antistante Riace il 16 agosto 1972. La moderna cittadina di Riace si trova pochi km a Sud della colonia greca di Kaulonía, già identificata alla fine dell’800 dall’archeologo Paolo Orsi nel sito dell’attuale Monasterace Marina (Reggio Calabria). Secondo il mito su questa spiaggia battuta da un mare impetuoso, una tempesta avrebbe sospinto l’amazzone Clete, nutrice della regina delle amazzoni Pentesilea, mentre si recava a Troia a recuperare il corpo della sua signora, uccisa da Achille.

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La mostra “I Bronzi di Riace” allestita nel salone del Nicchio al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

Allestita negli ambienti del Salone del Nicchio, l’esposizione consentì di riaprire momentaneamente l’accesso a un settore del museo che era stato travolto dall’alluvione, attraendo lunghe code di visitatori davanti all’ingresso di piazza SS. Annunziata in attesa di vedere i miracoli compiuti in cinque anni di lavori dai laboratori del Centro di Restauro della soprintendenza Archeologica di Firenze. “Ho avuto la fortuna di essere testimone di un grande evento archeologico e di un sorprendente fenomeno sociale e culturale”, racconta Mario Iozzo. “Nell’arco di un mese 250mila persone visitarono la mostra che fu poi prorogata fino a giugno, prima del riallestimento al Quirinale voluto da Sandro Pertini. Il pubblico stava in coda per ore per conquistare un biglietto da 125 lire per vedere i due capolavori mentre la loro fama cresceva di giorno in giorno…”.

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Lunghe code di visitatori davanti al museo Archeologico di Firenze per la mostra “I Bronzi di Riace” (foto maf)

Le due sculture furono trasportate a Firenze nel gennaio del 1975 e furono affidate alle cure dei restauratori Renzo Giachetti ed Edilberto Formigli e nell’autunno del 1980 al termine dei lavori furono esposte a Firenze accompagnate dall’illustrazione delle varie fasi di restauro. Prima di tornare “a casa” i bronzi furono poi esposti fino al 12 luglio anche al Palazzo del Quirinale, dove richiamarono trecentomila visitatori in soli dodici giorni. Le operazioni svolte a Firenze valsero alla soprintendenza Archeologica della Toscana il riconoscimento del premio “Campione d’Italia per la promozione della Cultura e dell’Arte”, per aver reso “attuale l’antico” e fatto riscoprire “nella coscienza dell’uomo i valori perenni di civiltà”.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per gli “Incontri al museo” La papirologa Paola Boffula Alimeni (Chau Chak Wing Museum, Sydney University, Australia) presenta “Un tesoro unico al mondo nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze: il Papiro con gli Stendardi del Museo Egizio”

firenze_archeologico_conferenza-il-papiro-con-gli-stendardi_boffula-alimeni_locandinaÈ al papiro che spetta il primato di supporto scrittorio più utilizzato in antichità: ben 41 secoli, dal 3100 a.C. (papiro di Hemaka, I Dinastia) al 1088 d.C. – 480 anno dell’Ègira (P. Ryl. Arab. I, X 10, XI secolo). Il papiro a metà tra un bene archeologico (contesto da cui proviene) e un bene librario (contesto a cui viene affiliato) è un materiale molto fragile e deperibile che necessita di mano ferma e conoscenze pregresse di discipline quali quelle papirologiche, egittologiche e filologiche oltre che chimiche, fisiche e diagnostiche. La papirologa Paola Boffula Alimeni (Chau Chak Wing Museum, Sydney University, Australia) approfondirà questi temi affrontando un caso specifico nella conferenza “Un tesoro unico al mondo nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze: il Papiro con gli Stendardi del Museo Egizio”, giovedì 9 Giugno 2022, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Firenze (ingresso gratuito), per la nona edizione della rassegna “Incontri al museo” durante i quali studiosi e appassionati di archeologia e storia dell’arte condividono con il pubblico la comune passione per le antiche civiltà.

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Dettaglio del papiro con gli stendardi conservato al museo Egizio di Firenze (foto maf)

A questi preziosi reperti ha dedicato studi e pubblicazioni Paola Boffula Alimeni, papirologo e tecnico del restauro, nata a Roma, dove ha conseguito una laurea in Lettere e Filosofia, cattedra di “Storia dei Paesi Islamici” (2003); una laurea in Metodologie e Tecniche per la Conservazione e il Restauro dei Beni Librari, cattedra di “Papirologia” (2009) e una laurea in Restauro dei Materiali Librari, cattedra di “Chimica dei Materiali” (2013). Nel 2014 ha conseguito il Master “La tutela del patrimonio culturale: conoscenza storica e diagnostica scientifica contro le aggressioni criminali” all’università Roma Tre, a Roma. Ha restaurato papiri per la Biblioteca Nazionale Corsiniana e dei Lincei di Roma; per l’Istituto Nazionale di Archeologia e di Storia dell’Arte – Palazzo Venezia di Roma; per l’Österreichische Nationalbibliothek di Vienna; per il Museo Nazionale Archeologico di Firenze e il Museum of Ancient Cultures della Macquarie University di Sydney. Nel 2020 ha dedicato a “Il restauro del papiro” un intero volume, pubblicato da Il Prato nella collana “I talenti”.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per gli “Incontri al museo” l’archeologa Barbara Arbeid (Sabap Firenze) presenta “Bronzetti votivi zoomorfi in Etruria: animali, uomini e divinità fra simbolo e rito”

firenze_archeologico_incontri_bronzetti-zoomorfi-in-etruria_locandinaNel molteplice caleidoscopio dell’esperienza umana, numerosi e diversi sono i modi di entrare in contatto con il divino, come numerosi e diversi sono i luoghi e i tempi in cui questo contatto può verificarsi. L’archeologa Barbara Arbeid approfondirà questi temi nella conferenza dedicata a “Bronzetti votivi zoomorfi in Etruria: animali, uomini e divinità fra simbolo e rito”, giovedì 28 aprile 2022, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Firenze (ingresso gratuito), per la nona edizione della rassegna “Incontri al museo” durante i quali studiosi e appassionati di archeologia e storia dell’arte condividono con il pubblico la comune passione per le antiche civiltà.

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Bronzetto votivo zoomorfo conservato al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

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L’archeologa Barbara Arbeid

“Una delle possibili vie di comunicazione è particolarmente rilevante per l’archeologia”, spiega Barbara Arbeid, “il dono votivo, l’atto per cui un devoto (o una collettività) si priva di un bene in favore della divinità.  È possibile cogliere i devoti e le devote etruschi nei diversi atteggiamenti della preghiera e del dono: così ce li mostrano rappresentazioni nella ceramica e nella piccola plastica fittile, ma soprattutto i bronzetti votivi, che ci restituiscono le vive immagini di oranti e di offerenti, che porgono contenitori di cui ignoriamo ormai il contenuto, ma anche frutta, fiori, piccoli animali. Se le loro preghiere sono destinate a restare per noi, salvo pochissime eccezioni, mute, le diverse categorie delle offerte votive ci vengono restituite in gran numero dai contesti sacri, dalle stipi votive, da fortuiti rinvenimenti isolati. Fra di esse, i bronzetti a figura animale pongono particolari problematiche, sia perché per loro natura schematici, privi di attributi e dunque di difficile inquadramento, sia perché spesso privi di dati di contesto”. La conferenza intende offrire i risultati di uno studio condotto su questa particolare classe, cercando di proporre alcune considerazioni in merito al loro inquadramento tipologico, cronologico e culturale, indagando il rapporto fra scelta dei soggetti, tipologia dei culti e divinità, alla ricerca di una chiave di lettura per comprenderne il significato all’interno della prassi rituale etrusca, i collegamenti con i culti della fertilità e della sanatio da una parte, e con il sacrificio animale in relazione con l’offerta sostitutiva di oggetti in bronzo, dall’altra.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale per gli “Incontri al museo” l’archeologa Anna Consonni, curatrice della sezione egizia del MAF, presenta “Passammo alla pretesa tomba d’Osiamandias, che non è altro che un Ramesseion…” sui recenti scavi negli annessi economici nord del Ramesseum a Tebe

Giovedì 7 aprile 2022, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Firenze per la nona edizione della rassegna “Incontri al museo” l’archeologa Anna Consonni, curatrice della sezione egizia del MAF, presenta “Passammo alla pretesa tomba d’Osiamandias, che non è altro che un Ramesseion…” una conferenza sui recenti scavi negli annessi economici nord del Ramesseum a Tebe. Dal 2017 un gruppo di ricerca italiano è associato agli scavi condotti dalla Missione franco-egiziana sull’area del Ramesseum, diretta dal dott. Christian Leblanc nell’ambito della Missione Archeologica Francese di Tebe Ovest (MAFTO), in partnership con il Centro di Studi e Documentazione sull’Antico Egitto (CEDAE, Egyptian Ministry of Antiquities) e l’Associazione per la salvaguardia del Ramesseum (ASR). Agli archeologi italiani è stata affidata in particolare la ripresa degli scavi negli “annessi nord”, una serie di strutture in mattoni crudi, che coprono un’area di circa 12.000 m2 ed erano parte del complesso economico-amministrativo del Tempio. La destinazione originaria di questi ambienti, indagati nei secoli passati in modo non esaustivo, non è in molti casi ancora chiara. Allo stesso modo necessita di essere meglio definita la dinamica complessa di riutilizzo che l’area ha subito a partire dal Terzo Periodo Intermedio. Le nuove ricerche, condotte con l’ausilio di moderne metodologie e un approccio multidisciplinare, hanno già consentito di raccogliere nuove interessanti informazioni. L’incontro vuole essere l’occasione per presentare le novità emerse dalle più recenti campagne di scavo su un sito che ha molti legami con la collezione egizia del museo Archeologico nazionale di Firenze.

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L’archeologa Anna Consonni, curatrice del museo Egizio di Firenze

Anna Consonni si è laureata in Egittologia all’università di Milano e specializzata nella stessa università in Preistoria e Protostoria, e ha conseguito il dottorato in Egittologia all’università di Pisa con una tesi sulle ceramiche provenienti dai contesti funerari presenti sull’area del Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II a Luxor (Egitto). Ha partecipato a numerosi scavi preistorici e protostorici in Italia, sia da libero professionista che in collaborazione con Università e Istituti di Ricerca. Ha inoltre collaborato con diverse missioni archeologiche in Egitto: la missione archeologica italiana sull’area del Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II a Luxor, la missione dell’Università di Pisa presso le tombe TT14-MIDAN05 a Dra’ Abu el-Naga, la Missione franco-egiziana sull’area del Tempio di Milioni di Anni di Ramesse II-Ramesseum. Dal 2018 al 2020 è stata Funzionario archeologo al museo Archeologico nazionale di Taranto dove è stata curatore delle sezioni dedicate alla Preistoria-Protostoria e alla cultura indigena, e responsabile dell’Area Operativa “Educazione e Ricerca, Servizi al Pubblico” e dei Servizi Educativi. Da gennaio 2021 è in servizio al museo Archeologico nazionale di Firenze, come curatore della Sezione “Museo Egizio”. Le principali aree di interesse della sua ricerca sono la cultura materiale, con particolare riguardo alla ceramica, i corredi funerari, l’evoluzione del paesaggio funerario e la metodologia della ricerca. Ha collaborato all’organizzazione e alla redazione di testi per mostre di argomento egittologico in Italia e in Egitto. Ha all’attivo numerose pubblicazioni e partecipazioni a convegni.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale, dopo due anni di pausa forzata, riprendono gli “Incontri al museo”. Apre Paolo Persano su “Antiope perde la testa! Nuove ricerche sulle sculture frontonali del tempio di Apollo Daphnephoros a Eretria”

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Mario Iozzo, direttore del Maf

La conferenza di Paolo Persano, dottore di Ricerca in Archeologia Classica, su “Antiope perde la testa! Nuove ricerche sulle sculture frontonali del tempio di Apollo Daphnephoros a Eretria” riapre nono ciclo di “Incontri al Museo” dell’Archeologico nazionale di Firenze: anche quest’anno studiosi e appassionati di archeologia e storia dell’arte condivideranno con il pubblico la comune passione per le antiche civiltà nelle conferenze in programma, come di consueto il giovedì alle 17, al piano terra del museo, sempre a ingresso libero. Il primo incontro, già in calendario per giovedì 2 aprile 2020, e poi cancellato per lo scoppio della pandemia, è in programma giovedì 27 gennaio 2022, alle 17, al museo Archeologico nazionale, in piazza SS. Annunziata 9b, a Firenze. “Dopo due anni di pausa forzata per l’emergenza sanitaria che ha rivoluzionato le nostre vite”, afferma il direttore del Maf, Mario Iozzo. “Il museo Archeologico riapre i battenti al suo affezionato pubblico che da quasi un decennio partecipa assiduamente al periodico ciclo di conferenze. La nuova serie, tra gennaio e marzo 2022, grazie alla cortesia e disponibilità di colleghi e illustri studiosi di archeologia, spazia anche questa volta dalla preistoria, con le eclatanti scoperte effettuate proprio in Toscana e che hanno cambiato la storia dell’umanità, ad aspetti di storia e cultura della Grecia, della Magna Grecia, dell’Etruria, dell’antico Egitto, del mondo piceno e di quello romano, con interessanti proposte su iconografie e rituali funerari, fino ai legami che connettono Firenze e Atene tra Medioevo e Rinascimento. Il ciclo comprende non soltanto il resoconto di recenti fruttuose ricerche inedite di giovani studiosi, ma anche le relazioni delle tre nuove curatrici delle sezioni Egizia ed Etrusca del Museo, alle quali va il nostro benvenuto”.

L’amazzone romana, probabilmente pertinente al frontone del tempio di Apollo Daphnephoros di Eretria, conservata alla Centrale Montemartini di Roma (foto musei in comune)
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Paolo Persano, dottore in ricerca di Archeologia classica

Nella sua tesi “Scultura greca del tardo arcaismo: un nuovo esame delle sculture frontonali del tempio di Apollo Daphnephoros a Eretria”, tesi di perfezionamento in Archeologia e Storia dell’arte alla Scuola Superiore Normale di Pisa Paolo Persano nel 2017 giunge a queste conclusioni: “Nel 1975, nel suo ultimo contributo, rimasto incompiuto, Ranuccio Bianchi Bandinelli assimilò i monumenti antichi a figure della geometria solida, poliedri: Ogni faccia del poliedro rispecchia un particolare elemento – sociale, economico, politico – che entra come componente del tutto e ciascuna faccia è al tempo stesso subordinata all’insieme e in qualche misura determinante per esso. L’insieme non sarebbe valido se ne mancasse una. Tale modello interpretativo conserva una sua utilità ancora oggi e si può adottare anche nella discussione delle sculture del tempio di Apollo Daphnephoros a Eretria: un approccio olistico deve esser finalizzato a considerare più facce di questo poliedro. Procedendo in tale prospettiva, si possono passare in rassegna alcuni aspetti del contesto su cui si è concentrata la presente ricerca. Ricostruzione – Esistono dei pezzi, fra cui la testa già collocata su Antiope, che con qualche plausibilità possono essere riferiti al frontone orientale del tempio, dove bisogna immaginare comparisse il dio dedicatario, forse in associazione con la sorella Artemide, divinità di assoluto rilievo nel pantheon eretriese e oggetto di culto a pochi metri di distanza dal frontone orientale. Il frontone occidentale rimane al momento l’unico per cui si possa proporre una ricostruzione. Il soggetto è un’amazzonomachia con il ratto di Antiope da Teseo: rispetto alla ricostruzione precedente si possono evidenziare alcune significative variazioni: • La testa non era posta sul corpo di Antiope, né può esser attribuita plausibilmente ad altre figure del frontone occidentale. La testa di Antiope doveva invece esser volta anch’essa verso sinistra, come documenta la posizione delle spalle. • I cavalli non erano quattro, ma solamente due e non erano in movimento, ma fermi, come consente di ricostruire l’esame dei frammenti riferibili a questo gruppo. • La gamba conservata della figura D non è compatibile con un’amazzone soccombente, ma considerando l’angolo d’incidenza del femore sulla tibia, deve esser riferita a una figura in movimento verso destra. La sua posizione nello spazio frontonale non può al momento esser determinata. • L’amazzone a terra (E) era verisimilmente raffigurata nell’atto di strapparsi una freccia dal corpo e al frammento di bacino deve con ogni probabilità esser associato un braccio con resti di una freccia. • Il guerriero (F) non era in atto di attaccare, ma era raffigurato mentre cadeva a terra: la posizione delle spalle e del braccio sinistro consentono solo tale ricostruzione. La sua posizione nello spazio frontonale non può al momento esser determinata. • L’amazzone romana (G), probabilmente (ma non sicuramente) pertinente al frontone eretriese, deve esser collocata nella metà del frontone a destra di Atena, in visione di tre quarti. Considerando la sua conformazione, l’ipotesi più probabile è che fosse raffigurata nell’atto di incordare il suo arco. • L’amazzone con la pardalis (H) era volta verso sinistra, ma non è possibile ricostruire con certezza il suo gesto. Le dimensioni ridotte rispetto alle altre figure frontonali obbligano a porre la statua non lontana da una delle due estremità”.

firenze_Maf-logoI prossimi “Incontri al museo 2021-2022”. Giovedì 17 febbraio 2022, Mino Gabriele (università di Udine) su “I sette talismani dell’Impero”; giovedì 10 marzo 2022, Claudia Noferi (Firenze, museo Archeologico nazionale) su “Finché morte non ci riunisca. La figura dell’Antenato e l’idea di “Aldilà” nell’ideologia funeraria etrusca”; giovedì 24 marzo 2022, Gianfranco Adornato (Scuola Normale Superiore di Pisa) su “I pinakes di Locri: ermeneutica e intermedialità”; giovedì 7 aprile 2022, Anna Consonni (Firenze, museo Archeologico nazionale) su “Passammo alla pretesa tomba d’Osiamandias, che non è altro che un Ramesseion…”. I recenti scavi negli annessi economici nord del Ramesseum a Tebe; giovedì 28 aprile 2022, Barbara Arbeid (Firenze, museo Archeologico nazionale) su “Bronzetti votivi zoomorfi in Etruria: animali, uomini e divinità fra simbolo e rito”; giovedì 12 maggio 2022, Graziella Becatti (Université Catholique de Louvain, Belgio) su “Hypnos-Somnus: il dio del sonno, un demone custode”; giovedì 26 maggio 2022, Elena Ghisellini (Università di Roma 2, Tor Vergata) su “Nerone e l’arte greca”.