Parco archeologico di Paestum e Velia: boom di ingressi nell’estate 2022. Superato il record del 2019. Bilancio di tre mesi eccezionali con la direttrice Tiziana D’Angelo

Grande partecipazione di pubblico nelle iniziative, come la Notte Bianca, proposte per l’estate 2022 dal parco archeologico di Paestum e Velia (foto pa-paeve)
Boom di ingressi: superato il record del 2019. Il parco archeologico di Paestum e Velia ha concluso un’estate che non dimenticherà facilmente grazie ai successi collezionati in questi ultimi tre mesi e alle novità introdotte nel campo della promozione e valorizzazione dei due siti archeologici magno-greci della provincia di Salerno.

Primi visitatori nel riaperto percorso di Porta Rosa a Velia (foto pa-paeve)
Questa del 2022 è anche la prima estate post pandemia vissuta senza ingombranti restrizioni anti Covid-19 o contingentamenti del pubblico, oltre che la prima pianificata sotto la nuova direzione di Tiziana D’Angelo. Nel periodo tra inizio giugno e fine agosto 2022 il museo e l’area archeologica di Paestum e l’area archeologica di Velia sono stati visitati da 156.231 persone. La cifra è significativa se paragonata ai numeri record dell’estate 2019 che sono stati ampiamente recuperati e superati quest’estate con un +18% complessivo di visitatori paganti, in particolare oltre +30% nel mese di agosto. Particolarmente significativo è il dato dei visitatori dell’area archeologica di Velia che nel mese di agosto 2022 sono triplicati rispetto allo stesso mese del 2019, quando il sito ancora non era stato accorpato all’autonomia pestana. Rispetto al biennio 2020 e 2021, i risultati del 2022 confermano la graduale e generale ripresa nella fruizione dei luoghi della cultura che, nel caso del parco archeologico di Paestum e Velia, registra un generale incremento del +28% rispetto ai mesi estivi del 2021 e del +85% rispetto ai visitatori del trimestre giugno-agosto 2020.

Tiziana D’Angelo, direttrice del parco archeologico di Paestum e Velia, accoglie i visitatori al Tempio di Nettuno (foto pa-paeve)
“Questa prima estate a Paestum e Velia mi ha regalato grandi soddisfazioni”, dichiara il direttore, Tiziana D’Angelo. “Assieme ai miei collaboratori, abbiamo lavorato con dedizione per costruire rapidamente una programmazione ampia, diversificata e innovativa. In risposta alla ripresa del turismo nazionale e internazionale a seguito dell’uscita dall’emergenza sanitaria, abbiamo creato nuovi percorsi di visita e reso i nostri siti sempre più accessibili, migliorando anche i collegamenti tra Paestum e Velia. Il rilancio di Velia costituisce un’importante priorità e i nostri sforzi di valorizzazione del sito hanno già sortito risultati eccellenti. Un altro obiettivo – continua D’Angelo – era quello di consolidare il rapporto con il territorio e le sue comunità, per le quali i siti di Paestum e Velia sono fondamentali spazi aggregativi dal forte potere identitario. In tal senso, mostre, spettacoli teatrali, concerti e laboratori di degustazione hanno contribuito ad aprire il Parco a nuovi segmenti di pubblico e a promuovere la sinergia tra turismo culturale, balneare ed enogastronomico. La risposta dei visitatori è stata estremamente positiva e calorosa: lo straordinario numero di ingressi registrati negli ultimi mesi racconta di una vivace ed eclettica comunità che cresce e vive il Parco a tutto tondo, come spazio di condivisione ed espressione. Dietro al successo di quest’estate c’è un eccezionale lavoro di squadra, di cui sono orgogliosa e profondamente grata. I risultati ottenuti – conclude – ci motivano a proseguire con sempre più impegno e tenacia verso nuovi obiettivi, tra cui la creazione di collaborazioni e progetti che ci consentano di destagionalizzare la fruizione del Parco, con un impatto positivo su tutto il tessuto socio-economico del territorio”.

“Oltre il museo. Storie dai depositi”: apertura al pubblico con visite guidate ai depositi del museo Archeologico nazionale di Paestum (foto pa-paeve)

La direttrice Tiziana D’Angelo, al centro, alla riapertura della Porta Rosa a Velia (foto pa-paeve)
A contribuire all’aumento dei visitatori del Parco anche le numerose innovazioni nell’ambito della fruizione, promozione e valorizzazione di Paestum e Velia, tra cui la riapertura al pubblico dei depositi del museo di Paestum, visitati da 1750 persone dal 18 giugno 2022, e la riapertura del percorso di visita di Porta Rosa, il monumento simbolo di Velia e la più antica testimonianza di arco a tutto sesto della Magna Grecia. Fondamentale anche l’istituzione del servizio navette gratuito dedicato ai possessori del biglietto di ingresso al Parco che nei fine settimana di agosto ha consentito a circa 300 passeggeri di raggiungere Velia da Paestum e di godere di una visita libera al tramonto nella città bassa e sull’acropoli. Un’altra simile iniziativa è stata organizzata nel Comune di Ascea, in collaborazione con la Pro Loco, con l’istituzione di un servizio gratuito di navette per collegare la fascia costiera con il sito archeologico di Velia.

Il concerto di Vinicio Capossela al Tempio di Nettuno di Paestum ha segnato oltre 4mila ingressi (foto pa-paeve)

La direttrice Tiziana D’Angelo nelle serate di “Musica&Parole” al Tempio di Nettuno di Paestum (foto pa-paeve)
Un grande successo sono state le sedici aperture straordinarie serali rientranti nel Piano di valorizzazione del MiC 2022 che, con un biglietto di ingresso di soli 5 euro, hanno annotato la partecipazione di circa 16mila ospiti a concerti di musica, mostre, visite guidate, laboratori e giochi per bambini. Grande protagonista delle serate al Parco è stata la terza edizione della Rassegna “Musica & Parole”, con otto spettacoli tra Paestum e Velia. Si contano 13.840 presenze ai concerti di Roberto Vecchioni, Paolo Belli, Gegè Telesforo, Danilo Rea e Luciano Biondini a Velia e, a Paestum, di N.O.I. La Nuova Orchestra Italiana, Malika Ayane, Raphael Gualazzi e Simona Molinari e Vinicio Capossela, che detiene il record di ingressi con 4.169 spettatori.

Grande affluenza di pubblico per la “Notte con gli Dei” con la riapertura del Tempio di Nettuno e della Basilica a Paestum (foto pa-paeve)
Nelle altre otto serate del Piano di valorizzazione 2022 sono stati realizzati importanti eventi come la mostra “Vedute pestane”, in collaborazione con la Fondazione Giambattista Vico, con l’esposizione nel Santuario meridionale di Paestum di quindici quadri di artisti del Grand Tour. Dallo scorso 17 luglio, in occasione dell’evento “Notte con gli dei”, i templi dorici di Paestum sono stati riaperti al pubblico e resi nuovamente accessibili dopo la chiusura forzata a causa della pandemia: le visite all’interno del tempio di Nettuno e della c.d. Basilica sono ora incluse nell’ordinario percorso di visita e, insieme alle visite ai depositi del Museo, ampliano e rendono unica l’offerta culturale del Parco. A Velia, invece, le serate sono state animate dalle note del maestro Roberto Laneri e dalla Rassegna internazionale di musica da camera e organo antico dell’associazione “L.V. Beethoven”, oltre che dalla grande novità di quest’anno: i laboratori del gusto a cura di “Amici di Paestum & Velia”.

Per la “Notte bianca tra i templi di Paestum” performance artistiche di musica, danza e teatro
Impossibile non menzionare il grande successo della prima “Notte bianca tra i templi di Paestum” che ha donato a 3.677 persone la possibilità di vivere per una notte l’intera area archeologica illuminata e fruibile in sicurezza, e di partecipare a un fitto programma di performance artistiche di musica, danza e teatro; attività di gioco e didattiche per adulti e bambini; visite guidate e laboratori con degustazioni di prodotti locali DOP. Altri concerti hanno animato l’estate pestana, come quello della Fanfara dei Carabinieri e della Fanfara della Polizia di Stato, due appuntamenti di solidarietà dal forte valore etico e sociale, e il concerto della Nuova orchestra Scarlatti diretta dal maestro Beatrice Venezi realizzato in collaborazione con il Comune di Capaccio Paestum: ai tre concerti hanno partecipato 3.792 spettatori.
Dopo l’estate già si lavora alla programmazione delle prossime iniziative: il parco archeologico di Paestum e Velia aderisce all’appuntamento nazionale delle Giornate Europee del Patrimonio con visite ai cantieri di scavo, laboratori del gusto e attività didattiche per bambini nei due siti di Paestum e Velia in programma il 24 e il 25 settembre 2022, con costo del biglietto a 1 euro per l’apertura serale di sabato 24 settembre 2022.
Paestum. Tra i templi dorici apre la mostra itinerante “Vedute pestane” con quadri del Grand Tour del ‘700 e ‘800 accompagnata da un’estemporanea di pittura e da un laboratorio per bambini
Mostra itinerante al chiaro di luna lungo il percorso di visita che costeggia i due templi dorici del Santuario meridionale. Domenica 24 luglio 2022 il parco archeologico di Paestum e Velia, in collaborazione con la Fondazione Giambattista Vico, presenta la mostra “Vedute pestane” con l’esposizione nell’area archeologica di Paestum di quadri del Grand Tour del ‘700 e dell’800. La serata, che rientra nell’ambito delle aperture straordinarie del Parco promosse dal ministero della Cultura, vuole essere un omaggio all’architettura dorica di Paestum e, in particolare, alle vedute che questi monumenti millenari hanno ispirato ai viaggiatori del Grand Tour e da cui è dipesa la fortuna di Paestum nel mondo. L’esposizione si arricchisce di due momenti di partecipazione per adulti e bambini. L’obiettivo è sentirsi dei novelli viaggiatori del Grand Tour e creare delle nuove “vedute pestane” con gli occhi del mondo contemporaneo. In particolare, per domenica 24 luglio 2022, saranno organizzate le seguenti attività. Estemporanea di pittura: artisti professionisti e amatori potranno dipingere, secondo la tecnica a loro più congeniale, la loro visione dei templi di Paestum. I lavori saranno pubblicizzati sul sito web e sui canali social del Parco. Ai primi tre classificati sarà riconosciuto un piccolo premio. È consigliata la prenotazione all’indirizzo e-mail: pa-paeve.promozione@cultura.gov.it specificando nell’oggetto “ESTEMPORANEA DI PITTURA AL CHIARO DI LUNA”. Sarà possibile accedere all’area archeologica di Paestum dalle 20 alle 23 del giorno 24 luglio 2022 previo pagamento del biglietto Paestum By Night del costo di 5 euro. Se l’artista desidera donare la sua opera al parco archeologico di Paestum e Velia verrà utilizzata per future mostre di arte contemporanea. Laboratori di pittura per bambini: in occasione della mostra “Vedute pestane” del 24 luglio si propone un laboratorio, per tutti a partire dai 6 anni, sul tema del Grand Tour: i visitatori saranno accompagnati al chiaro di luna presso i luoghi della mostra, per conoscere i capolavori della collezione della Fondazione Giambattista Vico. Al termine del percorso, diventeranno loro stessi protagonisti del tour elaborando una propria idea dei templi di Paestum. Il laboratorio inizierà alle 20 e il costo per ogni partecipante è di 3 euro (massimo 30 partecipanti). Consigliata la prenotazione all’email: arte@lenuvole.com o tel: 081 2395653. Le opere realizzate verranno fotografate e pubblicate sui canali social e sul sito web istituzionale del parco archeologico di Paestum e Velia.
Ercolano. Il parco archeologico riapre il Teatro antico, ogni sabato con sei turni da 10 partecipanti: cinquanta minuti di emozioni forti a 25 metri di profondità, con caschi, mantelline e torce, in un viaggio nel tempo attraverso i cunicoli settecenteschi

Il Teatro antico di Ercolano a 25 metri di profondità, raggiungibile attraverso i cunicoli settecenteschi nella lava (foto Pier Paolo Metelli – Arte’m)
Cinquanta minuti di emozioni forti a 25 metri di profondità alla scoperta del Teatro antico di Ercolano. Da sabato 23 aprile 2022 ripartono infatti le visite al percorso sotterraneo del Teatro del parco archeologico di Ercolano. I visitatori potranno trasformarsi in veri e propri esploratori con caschi, mantelline e torce, forniti dal parco archeologico di Ercolano, per andare alla scoperta della storia dell’antica città. Il Teatro sarà visitabile ogni sabato fino a dicembre 2022, con una pausa estiva nei mesi di luglio e agosto: alle 9, 10 (turno in lingua inglese), 11, 14, 15 (turno in lingua inglese) e 16. Sei turni di visita, per gruppi formati da non più di 10 persone per volta. I visitatori verranno condotti in un viaggio nel tempo attraverso i cunicoli settecenteschi accompagnati dal personale del Parco nell’ambito di un progetto speciale finanziato con i proventi dei biglietti. I biglietti potranno essere acquistati on line sul sito www.ticketone.it, o direttamente presso la biglietteria del Parco; con l’occasione della riapertura del teatro verranno attivate nuove tariffe estremamente vantaggiose per favorire la visita e la conoscenza di questo tesoro nascosto. Biglietto ingresso Teatro antico di Ercolano: 5 euro. Biglietto integrato ingresso parco archeologico di Ercolano + Teatro antico di Ercolano: 15 euro. Biglietto ridotto previsto unicamente per il biglietto solo teatro di 2 euro per ragazzi con età compresa tra i 18 e i 25 anni (+ diritti di prevendita di 1.50 solo per acquisto online).

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, nel teatro antico di Ercolano (foto paerco)
“Il teatro si trova in un’area nevralgica per la ricucitura tra le due Ercolano, l’antica e la moderna”, interviene il direttore Francesco Sirano, “dove abbiamo concentrato gli sforzi di rigenerazione urbana per realizzare nuovi spazi pubblici d’intesa con il Comune e con il Packard Humanities Institute. L’area del teatro è anche luogo privilegiato per accedere al famoso mercato di Resina e al centro storico di Ercolano. Anche così il Parco interpreta il suo ruolo sociale di catalizzatore. La visita sarà una vera e propria esperienza di esplorazione sulle tracce dei visitatori che nei secoli hanno attraversato alla luce delle fiaccole i pozzi e le gallerie creati dagli ingegneri dell’esercito borbonico. Un percorso sotterraneo che ci trasporta indietro nei secoli e ci rende protagonisti di una scoperta che si rinnova ogni volta sotto i nostri occhi stupefatti”.

Visitatori al Teatro antico di Ercolano con caschi, mantelline e torce (foto paerco)
Qualche attenzione per la visita. Il percorso è sotterraneo e raggiunge circa 25 metri dalla quota stradale. La visita è riservata ai maggiorenni. L’appuntamento è presso la biglietteria del Parco archeologico 30 minuti prima dell’inizio del proprio turno di visita. La pavimentazione è bagnata in più punti ed è scivolosa a causa della presenza di sedimentazioni calcaree e di acqua. Inoltre, il percorso prevede molti gradini. Pertanto, non è adatto ai soggetti claustrofobici e alle persone con problemi di deambulazione o in gravidanza, ovvero con patologie influenzabili dal contesto di visita. Per motivi di sicurezza si richiede ai visitatori di portare con sé solo borse di piccole dimensioni. È obbligatorio l’uso di scarpe chiuse, basse, resistenti ed impermeabili. è preferibile l’utilizzo di scarpe da trekking. Si consiglia nei periodi estivi di munirsi di maglie o giacche comode, da indossare prima della visita, dato il considerevole sbalzo termico da affrontare durante il percorso.

Scavi borbonici nell’area vesuviana in una stampa dell’epoca
Il Teatro Antico di Ercolano. Sepolto dall’eruzione del 79 d.C., il Teatro Antico del parco adi Ercolano, nel 1738, fu il primo monumento ad essere scoperto nei siti vesuviani nel corso del Settecento. Nella città di Resina un contadino di nome Ambrogio Nucerino, detto Enzechetta, stava scavando un pozzo quando si imbatté in resti antichi. Enzechetta, senza volerlo, aveva fatto una scoperta sensazionale, aveva trovato il teatro di Ercolano e il pozzo da lui creato si trasformò in una macchina del tempo capace di trasportare in pochi minuti nell’antica città sepolta. Ben presto la notizia arrivò al principe Emanuele Maurizio di Lorena, duca d’Elboeuf che condusse a sue spese per nove mesi gli scavi e nella zona dal pozzo iniziarono ad essere prelevati marmi antichi e statue che il principe utilizzò per abbellire la villa che stava costruendo sul porto del Granatello di Portici. Nel 1738, il re Carlo III di Borbone diede avvio ad un’intensa attività di scavo che segnò il punto di inizio dell’archeologia occidentale moderna.

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, mostra la pianta del teatro antico di Ercolano (foto paerco)
Il teatro di Ercolano aveva una capienza di circa 2500 persone, fu costruito all’epoca dell’imperatore Augusto. Uno dei pochi teatri antichi dei quali conosciamo non solo il nome del benefattore che ne finanziò la costruzione (Lucio Annio Mammiano Rufo), ma anche quello dell’architetto (Publio Numisio). La forma del teatro è quella tipica romana con la cavea divisa in tre ordini: ima, media e summa cavea. Le persone prendevano posto nei diversi settori in base allo status sociale, la zona più bassa era quella di maggiore prestigio, e al genere (le donne in summa cavea). Nella parte superiore della cavea sono stati rinvenuti tre tempietti che dovevano ospitare statue di imperatori. Al di sopra dei passaggi di uscita, posti ai lati della cavea, si trovavano i tribunalia, una sorta di palchi d’onore riservati ai VIP dell’epoca. I due tribunalia conservano le iscrizioni marmoree dedicate a Marco Nonio Balbo, benefattore di Ercolano, e ad Appio Claudio Pulcro, membro di un’importante famiglia di Roma. Il fronte scena aveva l’aspetto di una facciata di un edificio classico, diviso in due ordini, decorato con colonne colorate e statue inserite in nicchie. Aveva le tre classiche aperture: la porta regia al centro e le due laterali, dette hospitales, che consentivano l’ingresso in scena degli attori. L’unica copertura del teatro era costituita dal velarium, composto da grandi teli che venivano aperti nei giorni caldi per proteggere gli spettatori dal sole.

L’ingresso al Teatro antico di Ercolano in corso Resina (foto Pier Paolo Metelli – Arte’m)
Il teatro suscitò grande interesse fin dal suo ritrovamento; nel corso del Settecento e dell’Ottocento divenne luogo scelto dai colti viaggiatori che giungevano a Napoli da ogni parte d’Europa e divenendo tappa del Grand Tour. Il monumento è ancora oggi accessibile attraverso le scale realizzate in età borbonica, scendendo a più di 20 metri sotto il materiale eruttivo. Il percorso è concepito come una vera e propria esplorazione: i visitatori possono avventurarsi in un luogo unico e suggestivo, in cui sono presenti, oltre ai resti dell’antico edificio, reperti, graffiti lasciati nei secoli dai visitatori, che alla luce delle fiaccole attraversarono nel XVIII e XIX secolo le gallerie e i pozzi creati per penetrare nelle viscere dell’antica Ercolano, e si possono ammirare persino piccole stalattiti. Il teatro inoltre è legato a filo doppio alla storia della moderna Resina, oggi Ercolano. Infatti, durante la Seconda Guerra Mondiale fu utilizzato come rifugio ed entrò nella storia e nei racconti dei cittadini.
Milano. Ancora un mese per visitare alle Gallerie d’Italia la mostra “GRAND TOUR. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei”: 130 opere ricostruiscono quello straordinario fenomeno che tra Sei e Ottocento fece dell’Italia la meta privilegiata di letterati, artisti, giovani signori, membri della società aristocratica e colta europea

Tra la fine del Seicento e la prima metà dell’Ottocento, l’Italia fu la meta privilegiata di letterati, artisti, giovani signori, membri della società aristocratica e colta europea. Fu questo il Grand Tour, uno straordinario fenomeno di carattere universale che ha contribuito in modo determinante a creare quella percezione dell’Italia, legata alla bellezza del suo ambiente e della sua arte, ancora oggi di grande attualità che rende davvero unica l’identità del nostro Paese.

La locandina della mostra “GRAND TOUR. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei” alle Gallerie d’Italia di Milano fino al 27 marzo 2022
Alle Gallerie d’Italia a Milano c’è ancora un mese di tempo (fino al 27 marzo 2022) per visitare la mostra “GRAND TOUR. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei” a cura di Fernando Mazzocca, con Stefano Grandesso e Francesco Leone, e con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli. Il catalogo della mostra è pubblicato nelle Edizioni Gallerie d’Italia | Skira. “La mostra sul Grand Tour, allestita nelle Gallerie di piazza della Scala”, interviene Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, “è la prima ideata e realizzata in Italia capace di offrire uno sguardo d’insieme su un tema così vasto. I capolavori esposti offrono al visitatore odierno l’opportunità di comprendere e rivivere l’emozione provata secoli fa dai protagonisti del Grande Viaggio di fronte alla bellezza senza tempo dei paesaggi e degli antichi luoghi d’arte italiani, elementi fondanti non solo della nostra identità nazionale, ma anche di quella europea. L’iniziativa, che si avvale della prestigiosa partnership del museo Ermitage di San Pietroburgo e del museo Archeologico nazionale di Napoli, conferma il ruolo di primo piano che Intesa Sanpaolo ha conquistato nel corso degli anni nel panorama culturale e artistico del nostro Paese”.

Solo in Italia, la cultura classica poteva raggiungere una compiuta sintesi di natura e di storia. Il grande viaggio (l’espressione fu utilizzata per la prima volta nel 1697, nel volume di Lassel, An Italian Voyage) fu presto inteso come momento essenziale di un percorso educativo e formativo, nonché segno di un preciso status sociale. L’Italia rappresentava una tappa obbligata per artisti e studiosi amanti dell’architettura, della pittura e della scultura, sia antica, sia moderna. Le straordinarie scoperte archeologiche del Settecento ad Ercolano e Pompei aggiunsero nuovi motivi di interesse. Questo momento di formazione, diventato obbligatorio per le élite europee, ma poi anche per quelle provenienti da altri continenti, ha coinvolto sovrani, aristocratici, politici, uomini di chiesa, letterati, artisti, tutti affascinati dalla varietà del paesaggio italiano ancora intatto, dalla maestà delle città, dei monumenti e delle opere d’arte che facevano, e ancora oggi fanno, del nostro territorio una sorta di meraviglioso museo “diffuso”.
L’esposizione, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in partnership con il museo Archeologico nazionale di Napoli e il museo statale Ermitage di San Pietroburgo, presenta circa 130 opere provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo, collezioni private e numerose istituzioni culturali italiane e internazionali come The National Gallery di Londra, musée du Louvre di Parigi, The Metropolitan Museum of Art di New York, museo nacional del Prado di Madrid, Rijksmuseum di Amsterdam, Victoria and Albert Museum di Londra, Österreichische Galerie Belvedere di Vienna, Statens Museum for Kunst di Copenaghen, musée des Beaux-Arts di Lione, Gallerie degli Uffizi di Firenze, musei Capitolini di Roma, musei Vaticani, museo e real bosco di Capodimonte di Napoli. Tra i prestiti anche due opere provenienti dal Regno Unito e appartenenti alla Royal Collection della Regina Elisabetta II, oltre ad altre opere provenienti da grandi residenze reali come la Reggia di Versailles, la Reggia di Caserta e la Reggia di Pavlovsk a San Pietroburgo.

Dipinti, sculture, oggetti d’arte, allestiti in un suggestivo dialogo, intendono riproporre, in una mostra di grande attualità, l’immagine dell’Italia amata e sognata da un’Europa che si riconosceva in radici comuni di cui proprio il nostro Paese era stato per secoli il grande laboratorio, un’Italia composita, raffigurata nella sua struggente bellezza dagli artisti che fecero sorgere il mito del “bel paese”. Sono esposte opere dei principali artisti del tempo come Piranesi, Valadier, Volpato, Canaletto, Panini, Lusieri, Hubert Robert, Jones, Wright of Derby, Hackert, Volaire, Ducros, Granet, Valenciennes, Catel, Batoni, le due pittrici Vigée Lebrun e Angelica Kauffmann, Ingres.

Particolare rilievo assumono i luoghi (le città tradizionali come Venezia, Firenze, Roma e Napoli, e i borghi storici) e i paesaggi (dalle Alpi, al Vesuvio, all’Etna). La meta principale del Grand Tour è stata certamente Roma, la città universale ed eterna, prima capitale dell’antichità e poi della cristianità, dove si venivano a studiare i segreti e i canoni del bello, depositato non solo nei marmi antichi ma anche nei capolavori del Rinascimento e del Classicismo seicentesco. Mentre nel Lazio si ripercorrevano i luoghi celebrati dalla letteratura classica che, attraverso Orazio e Virgilio, erano entrati nel mito. La magnificenza del paesaggio del golfo e della zona vesuviana, unita al fascino delle testimonianze dell’antichità, soprattutto dopo la riscoperta delle due città di Pompei e Ercolano, sepolte dalla catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., hanno fatto di Napoli l’altra irrinunciabile meta di questo viaggio di istruzione e formazione, che si estese poi anche, sempre in Campania, alla recuperata area di Paestum dove era possibile emozionarsi di fronte allo spettacolo sublime dei magnifici templi dorici, in un periodo in cui la Grecia, ancora sotto il dominio ottomano, era interdetta ai viaggiatori. Sempre le testimonianze della Magna Grecia spinsero i viaggiatori più ardimentosi, e uno dei primi fu Goethe nel suo famoso viaggio in Italia, verso la più lontana e sconosciuta Sicilia, destinata a incantare con l’asprezza dei suoi paesaggi primitivi e l’imponenza dei templi di Segesta, Selinunte e Agrigento, o del teatro greco di Siracusa.

Altri luoghi privilegiati del Grand Tour furono città piene di eventi come Venezia; Vicenza, dove era possibile ammirare i palazzi di un genio universale come Palladio, imitato in tutto il mondo; Firenze che nelle sue chiese e nelle sue collezioni, in particolare le Gallerie medicee, schiudeva agli occhi ammirati dei viaggiatori le meraviglie dell’antico come del Rinascimento. Più avanti anche Milano, grazie soprattutto alla presenza di Leonardo e del suo leggendario Cenacolo, e i vicini laghi, per lo splendore delle loro rive e delle ville famose sin dall’antichità, diventarono delle mete per i viaggiatori più esigenti.

L’Italia divenne per un lungo periodo il maggiore mercato non solo dell’arte antica, ma anche di una produzione contemporanea ispirata alla memoria dell’antico. Sicuramente il più originale protagonista di questo gusto fu il genio di Piranesi che nelle sue incisioni visionarie, nei suoi estrosi arredi aveva proposto ad una raffinata clientela internazionale una visione molto personale dell’immaginario classico. Sulla sua scia si registra una impressionante ripresa delle manifatture artistiche più prestigiose che, dalla bronzistica all’oreficeria al mosaico alla glittica, hanno raggiunto livelli pari a quelli del Rinascimento. I prestigiosi assemblages in metalli e pietre preziosi di Valadier hanno incantato tutto il mondo, mentre le immagini delle più popolari sculture antiche sono state diffuse nelle regge e nelle dimore aristocratiche europee dai bronzetti di Boschi, Zoffoli, Righetti, Hopfgarten o dalle meravigliose statuine in biscuit di Volpato.

Dalle richieste dei collezionisti stranieri ha tratto un nuovo slancio anche la pittura, soprattutto un genere prima considerato minore come la veduta e il paesaggio. Anche in questo campo grazie ad artisti della originalità e della grandezza di Canaletto, Panini, Joli, Lusieri e degli stranieri venuti al seguito dei viaggiatori, come Hubert Robert, More, Wilson, Jones, Wright of Derby, Hackert, Volaire, Ducros, Granet, Valenciennes, Catel è stato raggiunto tra Sette e Ottocento un livello prima impensabile, passando dalla razionalità scientifica dei vedutisti all’emozione del paesaggio visto come espressione di uno stato d’animo dei romantici.

Ma il genere più richiesto e amato dai collezionisti stranieri, insieme alle vedute dei luoghi visitati, è stato il ritratto. Alla celebrazione del proprio rango si sostituisce l’esaltazione del carattere e della cultura. Da qui la scelta di farsi rappresentare accanto ai monumenti e alle sculture antiche ammirate in Italia. Assoluto maestro in questo campo è stato Batoni, uno dei maggiori ritrattisti di tutti i tempi. I suoi ritratti hanno rappresentato uno status symbol, come quelli del suo rivale Mengs, delle due pittrici in competizione Vigée Lebrun e Angelica Kauffmann, di Von Maron, Tischbein, Sablet, Zoffany, Fabre, Gérard, Ingres.

I viaggiatori erano attratti anche dalla singolarità dei nostri costumi e dalla bellezza di una popolazione, apparentemente felice, che viveva la maggior parte dell’anno all’aria aperta proprio per la mitezza del clima. Un illustratore e pittore straordinariamente popolare come Pinelli e pittori come Sablet, Géricault, Robert, Schnetz, Delaroche hanno saputo rappresentare la vita domestica nei suoi aspetti più avvincenti e commoventi, rivendicando la dignità del popolo. Il maggior giro di affari ha riguardato la scultura, a partire dal commercio dei marmi antichi, il loro restauro e spesso la produzione di copie in cui è stato il maggiore protagonista Cavaceppi. Verso la fine del Settecento, grazie a Canova e ai suoi validissimi seguaci, si è affiancata la produzione di una scultura originale che, pur ispirata all’antichità, ha saputo interpretare la sensibilità moderna, assicurando a questa arte, diventata l’orgoglio dell’Italia, una straordinaria fortuna nel corso del XIX secolo in tutto il mondo.
La mostra “La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica” al m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) arriva su SkyArte in prima visione il 1° luglio

La mostra “La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica”
al m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) fino a domenica 12 settembre 2021 arriva su SkyArte. Il canale SkyArt ARTBOX presenterà infatti il video dedicato alla mostra, in prima visione, giovedì 1° luglio 2021 alle 20.45, con repliche venerdì 2 luglio 2021, alle 12; lunedì 5 luglio 2021, alle 11.15; martedì 6 luglio 2021, alle 12.30. Il filmato può essere visto anche nella sala video del m.a.x. museo e sui canali social di 3D Produzioni (clicca qui per il canale FB di 3D produzioni).


Testa di atleta ispirata ai modelli del V sec. a.C. conservata al museo Archeologico di Napoli ed esposta al m.a.x. di Chiasso (foto mann)
La mostra “La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica” ha l’obiettivo di presentare la produzione incisoria dell’Antico nel Settecento e nell’Ottocento ripercorrendo il fenomeno storico della reinterpretazione e della fortuna critica del classico. Nelle sale del m.a.x. museo è possibile ammirare quasi duecento incisioni all’acquaforte, a bulino e puntasecca di rara bellezza, stampe acquarellate, litografie e cromolitografie. Sono esposte, fra le altre, le incisioni volute da Johan Joachim Winckelmann per rappresentare l’antico, le stupende acqueforti di Giovanni Battista e Francesco Piranesi, le suggestive incisioni di Luigi Rossini e molte vedute, fra cui quelle di Nicolas-Marie-Joseph Chapuy, di Johann Jakob Wetzel, e paesaggi delle città europee mete del Grand Tour. In ogni sala è inoltre presente un’opera con la funzione di “focus on” tematico, in linea con il filo conduttore dell’esposizione e in dialogo con ciò che è esposto: quattro pregevoli opere archeologiche sono arrivate dal museo Archeologico nazionale di Napoli, ossia una coppia di candelabri realizzata dalla bottega Piranesi nella consueta modalità di pastiches (1784 ca.), una testa di Atleta ispirata a modelli del V sec. a.C. e una testa di Apollo in riposo che fa riferimento alla cerchia prassitelica rielaborata in età romana (del 340 a.C. ca.), il tutto in marmo. Presente inoltre un Polyorama Panoptique da viaggio di Alexandre Depoletti del 1850 c., Collezione Museo Nazionale del Cinema. Esposta in bacheca vi è inoltre una raccolta di incisioni di Luigi Rossini, resa sfogliabile in formato digitale, con un sistema No-Touch.

Dopo il museo Archeologico nazionale di Napoli, anche il museo nazionale del Cinema di Torino ha arricchito la mostra al m.a.x. museo prestando il Polyorama Panoptique, “scatola ottica” realizzata attorno al 1850 da Alexandre Depoletti, con 10 vedute di Roma. Il polyorama, che si diffuse a Parigi verso la metà dell’Ottocento, ha rappresentato una innovazione importante, perché ha permesso a tutti coloro che non avevano i mezzi per effettuare il Grand Tour di potersi emozionare ammirando le grandiose vestigia dell’epoca classica e non solo, attraverso una scatola ottica. Quest’opera è collocata nella sala 4, dedicata a “I luoghi della memoria del classico e l’apertura alla veduta romantica e al panorama”, e costituisce il quarto “focus on” tematico della mostra.
A tre mesi dall’apertura al m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) della mostra “La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica”, presentazione pubblica ufficiale dell’esposizione con quasi duecento incisioni che raccontano la produzione incisoria dell’antico nel Settecento e nell’Ottocento, insieme ad alcune opere del Mann

A tre mesi dall’apertura della mostra “La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica” al m.a.x. museo del Centro culturale di Chiasso (Svizzera), dove rimarrà aperta fino al 12 settembre 2021, è in programma la presentazione pubblica dell’esposizione. Appuntamento allo Spazio Officina domenica 6 giugno 2021, alle 17.30. Si tratta di un momento di incontro con il pubblico alla presenza dei co-curatori, delle autorità e delle personalità coinvolte nel progetto di mostra, con brevi interventi a cui seguirà l’apertura gratuita del m.a.x. museo dalle 19 alle 21. I posti sono limitati a 100 persone sedute, in base alle norme COVID; l’iscrizione è obbligatoria, scrivendo all’indirizzo eventi@maxmuseo.ch e indicando nome, cognome, cellulare e codice postale. Saranno presenti Mauro Massoni, console generale d’Italia a Lugano e ministro plenipotenziario; Davide Dosi, vicesindaco e capodicastero Attività culturali Chiasso; Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli; Susanne Bieri, storica dell’arte e co-curatrice della mostra, biblioteca nazionale svizzera; Berna Michele Amadò, segretario AdA, associazione Avvenire dell’Antico; Pierluigi Panza, storico e critico d’arte, Politecnico di Milano.

L’esposizione, che s’inserisce nel filone della “grafica storica”, ha l’obiettivo di presentare la produzione incisoria dell’antico nel Settecento e nell’Ottocento ripercorrendo il fenomeno storico della reinterpretazione e della fortuna critica del classico. Nella seconda metà del Settecento, la nascita del Neoclassicismo teorico portò alla riscoperta dello studio dell’Antico e dei monumenti classici. Winckelmann, considerato il padre della storia dell’arte moderna, pubblicò nel 1767 i Monumenti antichi inediti in cui vennero unite per la prima volta – a corredo della parte scritta – le incisioni, che raffiguravano opere classiche delle Collezioni romane con l’intento di illustrare l’antico. Il passo da Winckelmann a Piranesi è breve: il grande artista e incisore veneziano a Roma trovò la fonte dell’antico che gli permise di dare origine a incredibili e visionarie interpretazioni, con lo scopo dichiarato di stimolare l’immaginazione degli artisti contemporanei. La diffusione delle incisioni “in folio” contribuì molto a creare una documentazione di viaggio del Grand Tour con splendide vedute che ricordavano ai viaggiatori i luoghi attraversati e inoltre li aiutavano a identificare i monumenti descritti nelle guide. Si passa quindi all’apertura verso le prime espressioni romantiche del “Panorama” in cui è fondamentale la forma dell’illusionismo visivo, con un effetto di grande suggestione scenografica. La veduta romantica diventa così anche una fantasia di monumenti.


Testa di atleta ispirata ai modelli del V sec. a.C. conservata al museo Archeologico di Napoli ed esposta al m.a.x. di Chiasso (foto mann)
Nelle sale del m.a.x. museo è possibile ammirare quasi duecento incisioni all’acquaforte, a bulino e puntasecca di rara bellezza, stampe acquarellate, litografie e cromolitografie. Sono esposte, fra le altre, le incisioni volute da Johan Joachim Winckelmann per rappresentare l’antico, le stupende acqueforti di Giovanni Battista e Francesco Piranesi, le suggestive incisioni di Luigi Rossini e molte vedute, fra cui quelle di Nicolas-Marie-Joseph Chapuy, di Johann Jakob Wetzel, e paesaggi delle città europee mete del Grand Tour, affiancati ad alcuni pregevoli reperti archeologici (monete, medaglie e marmi). Esposta in bacheca vi è inoltre una raccolta di incisioni di Luigi Rossini, resa sfogliabile in formato digitale, con un sistema No-Touch. Nel percorso, anche alcune opere provenienti dal Mann: una coppia di candelabri realizzata dalla bottega Piranesi nella consueta modalità di pastiches (1784 ca.), una testa di Atleta ispirata a modelli del V sec. a.C. ed una testa di Apollo (340 a.C.).
Un marchio per il distretto borbonico, sei musei (tra Napoli e Caserta) e una comunità per il lancio dell’itinerario borbonico del Sud Italia. Sottoscritto protocollo d’intesa per la valorizzazione unitaria del patrimonio culturale borbonico del ‘700


Il logo del Palazzo Reale di Napoli

Il logo del Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli

Il logo del Real sito di Carditello

Il logo della Reggia di Caserta

Il logo del museo Archeologico nazionale di Napoli

Il nodo di Ercole, nuovo logo del parco archeologico di Ercolano
La lista è già ricca, anche se ancora solo parziale. Vi fanno parte il Palazzo Reale di Napoli, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, la Reggia di Caserta, la Reggia di Carditello, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Ercolano. Cosa hanno in comune questi siti musealizzati oltre al fatto di essere tutti in Campania? Hanno un legame stretto con i Borboni e il Regno delle Due Sicilie. Sono il primo nucleo all’interno di un Progetto ambizioso per il rilancio del “sistema delle regge borboniche” attraverso la costruzione di un racconto e un sistema di offerta unico sulla scorta del Grand Tour del Settecento. Dopo solo pochi mesi di dialogo e confronto, partito la scorsa estate, in piena pandemia da Covid-19 e crisi del sistema turistico-culturale italiano, i direttori dei 6 musei statali della Campania e la Onlus “Siti Reali”, capofila del partenariato del “Royal Social Forum”, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione che ha dato vita al Comitato Istituzionale che svilupperà il programma strategico di valorizzazione dell’itinerario borbonico del Sud Italia il cui nucleo di partenza è costituito appunto dalle quattro residenze di Casa Borbone Due Sicilie (Palazzo Reale di Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Reggia di Caserta e di Carditello) e due siti archeologici (Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Ercolano) che in stretta relazione con le regge testimoniano dell’interesse della corte borbonica per la riscoperta delle antichità vesuviane. L’accordo di partenariato si inserisce nell’ambito di Cultura Crea, misura del PON “Cultura e Sviluppo” 2014/2020 del Ministero della Cultura gestita da Invitalia, e contribuirà a mettere in connessione permanente la rete degli attrattori culturali borbonici della Campania con le industrie culturali e creative, le tipicità del territorio e il sistema dell’accoglienza, accessibilità, ospitalità e mobilità, grazie alla prima fase progettuale promossa e avviata dall’Associazione Onlus “Siti Reali”.


Sylvain Bellengher, direttore del museo di Capodimonte
“La sinergia tra istituzioni culturali è sempre auspicabile come metodo di lavoro a beneficio dell’utenza finale”, spiega Sylvain Bellenger, direttore Museo e Real Bosco di Capodimonte. “In questo caso, sono particolarmente felice di partecipare a un progetto che si pone l’obiettivo ambizioso di rafforzare la conoscenza e lo studio dell’identità e della funzione storica dei vari siti reali in epoca borbonica presenti sul territorio della Regione Campania ai fini di una loro divulgazione unitaria. Un progetto scientifico serio, basato su ricerche documentali incrociate e messa a disposizione di banche dati comuni per una valorizzazione unitaria e sistemica dell’itinerario borbonico anche grazie all’utilizzo di moderne infrastrutture digitali”.


Mario Epifani, direttore del Palazzo Reale di Napoli
“Nel momento in cui il Palazzo Reale di Napoli assume lo status di museo autonomo sulla scia della riforma Franceschini”, interviene Mario Epifani, direttore Palazzo Reale di Napoli, “la possibilità di inserirsi in un circuito più ampio – di cui fanno parte le altre due residenze borboniche già riconosciute come istituti dotati di autonomia speciale dal neo ministero della Cultura, le regge di Capodimonte e di Caserta – rappresenta un incentivo al recupero e alla valorizzazione dell’identità di quello che fu il centro del potere a Napoli e nelle Due Sicilie, dall’epoca del Viceregno spagnolo fino alla fine del Regno d’Italia. Il rapporto simbiotico tra i diversi luoghi legati alla dinastia borbonica crea un continuo gioco di rimandi ma anche di differenze, utili a far comprendere al visitatore la funzione di ciascuna sede e le trasformazioni subite in conseguenza dei fatti storici di cui fu teatro. Per tali motivi ho accolto con favore l’avvio di un percorso di collaborazione tra le maggiori istituzioni museali della Campania e la Onlus “Siti Reali” fondato sul comune obiettivo di ricreare un unico circuito di conoscenza, fruizione e valorizzazione legato ai luoghi dell’età borbonica”.


Vittorio Fresa, responsabile Service Unit Cultura Crea, Invitalia
“Il PON Cultura & Sviluppo 2014-2020 formalizza la connessione tra grandi attrattori culturali ed iniziative imprenditoriali della filiera creativa, culturale e turistica”, ricorda Vittorio Fresa, responsabile Service Unit Cultura Crea, Invitalia. “Questo nesso, che appare scontato ma che è grandemente mancato anche nel recente passato, è molto ben emblematizzato dall’iniziativa imprenditoriale Siti Reali. La forza di questa idea è nella connessione tra diversi asset del patrimonio culturale del Mezzogiorno, disegnando i puntini che uniscono un patrimonio culturale di grandissimo valore, potenziale attivatore di meccanismi di sviluppo locale e di processi di rigenerazione territoriale”.


Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli foto Graziano Tavan)
“Il progetto Siti Reali rappresenta un’occasione unica per una rete che faccia emergere prepotentemente, agli occhi del mondo, l’impatto determinante della monarchia borbonica sull’arte, l’archeologia, la cultura e il paesaggio campano”, sostiene Paolo Giulierini, direttore Museo Archeologico Nazionale di Napoli. “E lo fa con gli strumenti nuovi forniti dal digitale e dalla comunicazione, fondati però saldamente sul rigore degli Istituiti scientifici”.

Francesco Ermanno Guida (politecnico di Milano)
“Un marchio non è solo un segno distintivo, ma deve rappresentare una intenzione strategica”, sostiene Francesco Ermanno Guida, associazione italiana design della comunicazione visiva/Politecnico di Milano. “Nel caso del patrimonio culturale, un marchio deve essere in grado di distinguersi nel restituirne storia, valori, qualità per definizione uniche”.


Alessandro Manna, presidente associazione onlus “Siti Reali”
“L’importante risultato di collaborazione pluriennale avviata intorno ai siti borbonici della Campania si ispira alla “Comunità di Patrimonio” della Convenzione di Faro”, ribadisce Alessandro Manna, presidente associazione onlus “Siti Reali”, portavoce/coordinatore comunità di patrimonio “l’Utopia Realizzata”, “e recepisce il modello innovativo di gestione del patrimonio culturale basato sul modello del distretto culturale e il partenariato pubblico-privato attraverso l’ampia partecipazione dei diversi portatori d’interesse del territorio, in primis quelli del terzo settore, così come indicato anche dalla Legge “Valore Cultura” del 2013 di istituzione dell’itinerario borbonico. Far convergere gli interessi diffusi verso un’unica strategia di valorizzazione della cultura borbonica dell’Italia meridionale e dei grandi complessi culturali del periodo è l’obiettivo che anima i soggetti promotori dell’intesa da poco sottoscritta, che auspicano da subito la partecipazione di altri enti e organizzazioni locali e nazionali. Il programma strategico d’investimento, condiviso con i sei grandi istituti culturali della Campania, privilegerà “la cultura come cura” e intende contribuire al rilancio post-pandemia delle attività di fruizione turistico-culturale dei territori interessati partendo dalle risorse culturali e ambientali, asset identitari privilegiati su cui concentrare gli investimenti pubblici e privati. Oltre alla progettazione del marchio, seguiranno ulteriori interventi che completeranno la realizzazione dell’itinerario borbonico dell’Italia meridionale. A supporto delle attività di valorizzazione culturale l’Associazione intende promuovere anche un centro di ricerca e documentazione per approfondire con rigore scientifico la storia e l’identità del periodo storico di riferimento. Abbiamo davanti a noi una sfida importante che dobbiamo saper affrontare tutti insieme cogliendo ulteriori opportunità di valorizzazione dell’itinerario borbonico nell’ambito delle politiche europee e nazionali come il programma Next Generation EU e il Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa. L’auspicio è che i grandi complessi borbonici nel loro insieme siano inseriti nel PNRR e diventino un laboratorio di attuazione delle politiche di rilancio post-covid. L’obiettivo comune sarà quello di rafforzare il ruolo del museo e del patrimonio culturale e naturale nel rapporto di relazione con la comunità, attraverso la partecipazione attiva di cittadini, imprese e istituzioni, una migliore infrastrutturazione digitale per la conoscenza e la fruizione pubblica, un nuovo posizionamento internazionale della circuito borbonico e la qualificazione costante dei servizi, il tutto in chiave di sostenibilità ambientale in linea con gli obiettivi di sviluppo promossi dall’Agenda 2030”.


Luigi Nicolais, presidente fondazione Real sito di Carditello
“Il Real Sito di Carditello non è solo un bene di notevole valore artistico e culturale ma è anche uno stile di vita”, interviene Luigi Nicolais, presidente fondazione “Real Sito di Carditello”. “Superando il concetto tradizionale del museo come contenitore d’arte, Carditello esprime un ambiente dinamico, inclusivo, orientato alla ricerca di conoscenza e imperniato sullo sviluppo sociale ed economico del territorio, affermandosi come punto di riferimento della comunità locale e stimolando relazioni sostenibili con gli stakeholder. La missione della Fondazione, dunque, è promuovere un nuovo modello di fruizione per i beni culturali, offrendo una esperienza di visita dedicata al benessere psicofisico dei visitatori e confermando la vocazione di fattoria sperimentale con una nuova linea di prodotti enogastronomici a marchio. Una sfida molto ambiziosa, che intendiamo rilanciare con la rete dei siti borbonici della Campania, condividendo un’unica strategia di valorizzazione. Proprio le reali delizie, un tempo costituivano un vero e proprio sistema territoriale di poli, con funzioni residenziali, venatorie, amministrative, agricole, industriali e di tutela del patrimonio ambientale. Un esperimento già considerato innovativo all’epoca, che trovò a Carditello una delle sue più felici espressioni, segnando la fisionomia di vaste aree del Mezzogiorno, costituendo un laboratorio europeo e una rete di centri di innovazione territoriale di interesse artistico-culturale, socio-urbanistico e produttivo”.


Francesco Sirano direttore del parco archeologico di Ercolano (foto Paerco)
“Ercolano è stato il primo sito dove sotto il rigido controllo del Re di Napoli nel 1738 iniziarono ricerche archeologiche sistematiche”, sottolinea Francesco Sirano, direttore Parco Archeologico di Ercolano. “Nella vicinissima Reggia di Portici fu ospitato l’Herculanense Museum, primo nucleo della futura collezione vesuviana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel 1839 da Portici si mosse verso Napoli il primo treno d’Italia. Il Parco Archeologico di Ercolano è situato baricentricamente tra questi siti e le splendide ville del Miglio d’Oro fiorite tra XVIII e XIX secolo sulla scia della Reggia di Portici. Si tratta di ottimi motivi storici e culturali per aderire con convinzione a questa iniziativa e per augurare che sia avviato un duraturo percorso di collaborazione pubblico/privato per creare nuove connessioni ed interazioni tra luoghi della cultura, dimore private, imprenditoria ed attività connesse alla filiera dell’accoglienza. Auspico che la valorizzazione di questo particolare momento storico contribuisca alla sensibilizzazione dei cittadini e alla formazione di un mosaico di valori culturali condiviso e aperto verso il futuro”.

Tra i primi interventi previsti nell’ambito delle due azioni del programma di valorizzazione turistico-culturale del nascente distretto borbonico la pubblicazione del bando di concorso nazionale, rivolto a professionisti esperti di visual e brand identity, attraverso il quale saranno selezionate in due fasi da una Commissione di esperti proposte di marchio e identità visiva che identifichino e caratterizzino la cultura borbonica dell’Italia meridionale e il circuito delle eredità culturali del periodo. La finalità del concorso è quella di identificare la migliore proposta progettuale capace di ricreare un’unità di immagine coordinata e collettiva e di connettere in maniera permanente attrattori culturali e naturali, utenti, filiere e risorse del territorio al fine di accrescere la reputazione, la qualità e la fruizione turistico-culturale del “distretto borbonico” su un piano locale e internazionale. L’iniziativa e realizzata in collaborazione con Aiap (l’Associazione italiana design della comunicazione visiva).
Al m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) la mostra “La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica”, quasi duecento incisioni raccontano la produzione incisoria dell’antico nel Settecento e nell’Ottocento

“La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica” è la nuova mostra proposta al m.a.x. museo del Centro culturale di Chiasso (Svizzera) dove rimarrà aperta fino al 12 settembre 2021. E, annunciano gli organizzatori, si potrà visitare anche il 19 marzo (festa in Canton Ticino), a Pasqua e Pasquetta, ma non il venerdì e il sabato santo. L’esposizione, a cura di Susanne Bieri e Nicoletta Ossanna Cavadini, ha potuto contare sulla sinergia con il museo Archeologico nazionale di Napoli, la biblioteca dell’Accademia di architettura USI di Mendrisio, la biblioteca cantonale di Lugano, l’associazione Avvenire dell’Antico (AdA) e una fitta rete di collezionisti privati. L’esposizione, che s’inserisce nel filone della “grafica storica”, ha l’obiettivo di presentare la produzione incisoria dell’antico nel Settecento e nell’Ottocento ripercorrendo il fenomeno storico della reinterpretazione e della fortuna critica del classico. Nella seconda metà del Settecento, la nascita del Neoclassicismo teorico portò alla riscoperta dello studio dell’Antico e dei monumenti classici. Winckelmann, considerato il padre della storia dell’arte moderna, pubblicò nel 1767 i Monumenti antichi inediti in cui vennero unite per la prima volta – a corredo della parte scritta – le incisioni, che raffiguravano opere classiche delle Collezioni romane con l’intento di illustrare l’antico. Il passo da Winckelmann a Piranesi è breve: il grande artista e incisore veneziano a Roma trovò la fonte dell’antico che gli permise di dare origine a incredibili e visionarie interpretazioni, con lo scopo dichiarato di stimolare l’immaginazione degli artisti contemporanei. La diffusione delle incisioni “in folio” contribuì molto a creare una documentazione di viaggio del Grand Tour con splendide vedute che ricordavano ai viaggiatori i luoghi attraversati e inoltre li aiutavano a identificare i monumenti descritti nelle guide. Si passa quindi all’apertura verso le prime espressioni romantiche del “Panorama” in cui è fondamentale la forma dell’illusionismo visivo, con un effetto di grande suggestione scenografica. La veduta romantica diventa così anche una fantasia di monumenti.


La mostra “La reinterpretazione del classico” al m.a.x. museo di Chiasso (foto max museo)
Nelle sale del m.a.x. museo è possibile ammirare quasi duecento incisioni all’acquaforte, a bulino e puntasecca di rara bellezza, stampe acquarellate, litografie e cromolitografie. Sono esposte, fra le altre, le incisioni volute da Johan Joachim Winckelmann per rappresentare l’antico, le stupende acqueforti di Giovanni Battista e Francesco Piranesi, le suggestive incisioni di Luigi Rossini e molte vedute, fra cui quelle di Nicolas-Marie-Joseph Chapuy, di Johann Jakob Wetzel, e paesaggi delle città europee mete del Grand Tour, affiancati ad alcuni pregevoli reperti archeologici (monete, medaglie e marmi). Esposta in bacheca vi è inoltre una raccolta di incisioni di Luigi Rossini, resa sfogliabile in formato digitale, con un sistema No-Touch.
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