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Santa Maria Capua Vetere (Ce). Un’intera giornata dedicata a promuovere la candidatura della “Via Appia Regina Viarum” a patrimonio dell’Umanità: laboratorio per bambini, visite guidate, presentazione della “Mappia”, e mostra “I Segni del Paesaggio: l’Appia e Capua”

firenze_TourismA-2022_Appia-candidatura-Unesco_locandinaUn’intera giornata dedicata all’Appia per promuovere la candidatura della “Via Appia Regina Viarum” per l’iscrizione nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco: appuntamento a Santa Maria Capua Vetere martedì 23 maggio 2023 con tre eventi proposti dal Segretariato generale del ministero della Cultura e il Comune di Santa Maria Capua Vetere, in collaborazione con la Panini Disney e l’artista Roberto Paci Dalò. Parteciperanno all’evento Marta Ragozzino, direttore regionale Musei Campania; Angela Maria Ferroni e Laura Acampora, segretariato generale MiC (Servizio II – Ufficio UNESCO); Gennaro Leva, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento; Antonio Mirra, sindaco di Santa Maria Capua Vetere; Stefania Gigli, Giuseppe Ceraudo, Alfonso Santoriello, componenti del Comitato scientifico per la candidatura della “Via Appia. Regina Viarum”; e Roberto Paci Dalò, autore di “Mappia”.

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L’anfiteatro romano a Santa Maria Capua Vetere (foto drm-campania)

Si comincia alle 10, con il laboratorio “Topolino e la Via della Storia”, in sala consiliare del Comune di Santa Maria Capua Vetere, tenuto da artisti della Panini Disney, il disegnatore Marco Palazzi e lo sceneggiatore Francesco Artibani. Il laboratorio è rivolto alle classi della scuola primaria dell’istituto comprensivo Alessio Simmaco Mazzocchi – Plesso di Sant’Erasmo, già impegnati in attività didattiche con il museo Archeologico dell’antica Capua nel progetto “Horticultura. I bambini coltivano il museo, spazi verdi educativi nei siti MIC”. Dopo il laboratorio i bambini raggiungeranno l’Anfiteatro campano nei pressi dell’antica Via Appia, dove saranno accompagnati in visita dall’archeologa Ilaria Barca de “Le Nuvole”, che illustrerà il monumento e racconterà i suoi legami con la storia della Regina Viarum. Tutti i visitatori potranno, invece, partecipare alle visite guidate a cura del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’università della Campania “L. Vanvitelli”.

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La “Mappia” opera dell’artista e cartografo Roberto Paci Dalò al museo Archeologico dell’antica Capua (foto drm-campania)

Nel pomeriggio la giornata dedicata alla scoperta della Via Appia continua, alle 16, al museo Archeologico dell’antica Capua, con l’esposizione dell’opera d’arte “Mappia” dell’artista e cartografo Roberto Paci Dalò. Nell’opera, una mappa lunga oltre 9 metri in formato di leporello, ispirata alla Tabula Peutingeriana, copia medievale di un’antica “carta stradale” romana, appaiono stilizzati i tracciati dell’Appia Claudia e della Traiana, associati a una serie di luoghi, architetture, accadimenti storici e artistici raffigurati tramite il disegno. L’artista ha unito, così, le pratiche dello scriba e del miniaturista medievale, in un viaggio lungo la Via Appia che mette in evidenza i momenti salienti e i personaggi apparsi nell’arco di ventitré secoli fino ai giorni nostri, mostrando tutta la vitalità e la straordinarietà della Regina Viarum. L’opera accompagna la candidatura, fortemente voluta dal ministero della Cultura, della Via Appia nella lista del patrimonio mondiale UNESCO, insieme a un documentario realizzato appositamente dalla RAI, che sarà mostrato in anteprima al Museo archeologico dell’antica Capua nelle sue versioni in italiano e in inglese.

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Le sale del museo Archeologico dell’antica Capua (foto drm-campania)

Al termine della presentazione sarà possibile visitare la mostra “I Segni del Paesaggio: l’Appia e Capua”, organizzata nell’ambito del progetto “I Segni del Paesaggio: la via Appia e i Castelli della Campania”, POC Campania – Programma di Azione e Coesione – Piano Operativo Complementare 2014-2020”. La mostra, che si avvale della collaborazione della Regione Campania, del dipartimento di Lettere e Beni culturali dell’università della Campania “L. Vanvitelli” e della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento, oltre che di esperti del settore, illustra il percorso dell’Appia nella città romana di Capua, legandolo agli altri luoghi della cultura della Campania attraversati dalla consolare, con un progetto di musealizzazione dinamico, sotto il segno dell’Appia, definita “Regina Viarum” dal poeta latino Publio Papinio Stazio. Un segno forte e ancora incisivo, filo conduttore di un percorso per ri-conoscere il territorio campano come museo diffuso e il sistema dei musei come via privilegiata.

Iran. Dopo 40 anni gli archeologi italiani tornano a Shahr-e Sokhta. Missione multidisciplinare dell’università del Salento nella Città Bruciata, il sito archeologico più esteso del Medio Oriente (oltre 150 ettari) scavata per la prima volta da Tosi (Ismeo) nel 1967

La collina di Shahr-e Sokhta, nel sud-est dell'Iran, sito dell'età del Bronzo nella valle dell'Helmand

La collina di Shahr-e Sokhta, nel sud-est dell’Iran, sito dell’età del Bronzo nella valle dell’Helmand

universita-salentoObiettivo Shahr-e Sokhta. Gli archeologi italiani tornano a fare ricerche dopo 40 anni nel sito della “Città Bruciata”, tra i più misteriosi e ricchi dell’Età del Bronzo, un insediamento urbano attribuibile alla Cultura di Jiroft, che si trova nella regione sud-orientale dell’Iran (non lontano dai confini con Pakistan e Afghanistan), sul corso del fiume Helmand, lungo la strada che congiunge Zahedan a Zabol, nella regione del Sistan Balucistan. Docenti e ricercatori del dipartimento di Beni culturali dell’università del Salento, fino al 6 febbraio 2017, sono in Iran per indagini scientifiche nel sito archeologico, patrimonio dell’Umanità, e secondo per estensione dell’intero Medio Oriente. Giuseppe Ceraudo, Girolamo Fiorentino, Pierfrancesco Fabbri, Claudia Minniti, Veronica Ferrari e Paola Guacci, insieme al professor Enrico Ascalone dell’università di Copenhagen, conducono un progetto di ricerca multidisciplinare. L’accordo sottoscritto con l’Iran, nato per iniziativa di Francesca Baffi, docente di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico, autorizza l’ateneo salentino a operare e sviluppare il progetto di ricerca di concerto con le competenti autorità iraniane. La convenzione conferma le ottime relazioni tra Teheran e Roma nel settore culturale e dimostra la volontà di un loro rafforzamento da parte della Repubblica islamica.  “Dal 1977 Shahr-i Sokhta”, spiegano i responsabili della missione, “è preclusa alla attività di ricerca di soggetti non iraniani: l’università del Salento, attraverso il dipartimento di Beni culturali, è dunque la prima istituzione non iraniana a essere coinvolta in indagini scientifiche nel sito dalla nascita della Repubblica Islamica”.

Il primo scavo sistematico di Shahr-e Sokhta fu diretto da Maurizio Tosi (Ismeo) dal 1967

Il primo scavo sistematico di Shahr-e Sokhta fu diretto da Maurizio Tosi (Ismeo) dal 1967

Una visione zenitale di Shahr-e Sokhta, sito frequentato dalla fine del IV all'inizio del II millennio a.C., che si estende su oltre 150 ettari

Una visione zenitale di Shahr-e Sokhta, sito frequentato dalla fine del IV all’inizio del II millennio a.C., che si estende su oltre 150 ettari

Il sito di Shahr-e Sokhta si estende su un’area di 151 ettari e rappresenta una delle più antiche e ampie città del mondo. L’insediamento si è sviluppato intorno al 3200 a.C. La sequenza cronologica della città è stata divisa in quattro periodi e dodici fasi.  Nel corso della sua storia, ha subito almeno tre incendi, prima del completo abbandono del 1800 a.C. Portata alla luce nel 1915 dal britannico Orwell Stein, la città culla di una civiltà misteriosa e abitata tra il 3200 e il 1800 a.C., negli anni Sessanta del Novecento fu teatro del lavoro di una squadra di archeologi italiani, dell’Istituto per gli Studi Orientali e del Medioriente. Lo scavo sistematico è iniziato nel 1967 con l’archeologo ed esploratore italiano Maurizio Tosi. Gli italiani portarono alla luce oltre 200 tombe prima che il loro progetto venisse interrotto nel 1977. La popolazione viveva essenzialmente di commercio e di agricoltura. Le donne vivevano il doppio degli uomini. Lo hanno annunciato nel giugno 2009 gli archeologi iraniani: gli uomini della città morivano tra l’età di 35 e 45 anni, mentre le donne arrivavano pure agli 80 anni. Perciò la popolazione femminile era certamente superiore a quella maschile. La popolazione complessiva di Shahr-e Sokhta variava tra le 5mila e le 6mila unità. Il fatto che non siano state rinvenute armi nel sito ha suggerito la natura pacifica degli abitanti della città. Le ragioni della repentina scomparsa della città non sono ancora del tutto chiare. Nel 1997, gli esperti dell’Organizzazione iraniana per il Patrimonio Culturale (Ichto)  iraniano hanno ripreso gli scavi nell’antico sito; vennero esaminate le zone più colpite dall’incendio fatale e più tardi, nel 1999, gli scavi inclusero pure le aree residenziali. Gran parte dei settori studiati, databili tra il 2700 e il 2300 a.C., hanno riportato alla luce centinaia di oggetti ed utensili che sono stati sottoposti allo studio dei ricercatori dell’Ichto.

Il calice di argilla con la sequenza della capra, primo "cartone animato", scoperto nel 1983

Il calice di argilla con la sequenza della capra, primo “cartone animato”, scoperto nel 1983

Una sepoltura scoperta nel sito iraniano di Shahr-e Sokhta

Una sepoltura scoperta nel sito iraniano di Shahr-e Sokhta

Le scoperte più famose (in parte italiane) a Shahr-e Sokhta. Di certo la più famosa è il calice del cosiddetto “cartone animato”. Si tratta di un calice di argilla color crema, trovato nel 1983 da archeologi italiani in una tomba di 5mila anni fa, in cui ci sono cinque immagini consecutive che mostrano il movimento di una capra che si sta spostando verso un albero per mangiare le sue foglie. In pratica, facendo girare velocemente il calice e guardandolo, si può vedere quella che è stata la prima esperienza umana delle immagini animate. C’è poi la protesi all’occhio della principessa: nel dicembre 2006, gli studiosi hanno dissotterrato un bulbo oculare artificiale che apparteneva allo scheletro di una donna di 182 cm, probabilmente una principessa vissuta tra il 2900 ed il 2800 a.C.; il bulbo oculare ha una forma sferica con un diametro di poco più di 2,5 cm ed è di materiale leggero; la superficie è coperta con un sottile strato d’oro, inciso con un cerchio centrale per rappresentare la pupilla. L’occhio veniva tenuto fermo con un filo d’oro, che passava attraverso piccoli fori realizzati su entrambi i lati dell’occhio. Tra le curiosità, è stato rinvenuto il Backgammon più antico del mondo, completo con tanto di dadi e semi di cumino usati per giocare.