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Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la mostra “Miti greci per principi dauni”: 25 reperti trafugati, importante gruppo di vasi apuli e attici a figure rosse, recuperati dai Carabinieri del Tpc e provenienti dall’Altes Museum di Berlino. Destinazione finale il costruendo museo della Legalità a Foggia

roma_villa-giulia_mostra-miti-greci-per-principi-dauni_locandinaFino al 16 marzo 2025 si potranno ammirare al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia nella mostra “Miti greci per principi dauni”, per poi passare al Castello Svevo di Bari, in attesa di trovare sede nel costituendo museo Archeologico nazionale di Foggia. Sono i 25 reperti archeologici, un importante gruppo di vasi apuli e attici a figure rosse, recuperati nell’ambito di una riuscita operazione di diplomazia culturale condotta con i Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale e provenienti dalle collezioni di antichità classica dell’Altes Museum di Berlino.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: da sinistra. Massimo Osanna, Alessandro Giuli, Luana Toniolo, Liuigi La Rocca (foto agnese sbaffi / mic)

All’inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia col ministro della Cultura Alessandro Giuli sono intervenuti la direttrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Luana Toniolo; il direttore generale Musei e curatore della mostra, Massimo Osanna; il capo dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale e curatore della mostra, Luigi La Rocca; il procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Roma, Giovanni Conzo; il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro; il capo dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Alfonsina Russo; l’Ambasciatore tedesco in Italia, Hans-Dieter Lucas.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il ministro Alessandro Giuli col dg Massimo Osanna (foto agnese sbaffi / mic)

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Cratere a volute rosse apulo con Ratto di Persefone, attribuito al Pittore di Dario (340-320 a.C.) esposto nella mostra “Miti greci per i principi dauni” (foto mic)

Il progetto espositivo, a cura di Luigi La Rocca, Massimo Osanna e Luana Toniolo, nasce nell’ambito dell’Accordo di cooperazione culturale siglato il 13 giugno 2024 a Berlino tra i ministeri della Cultura italiano e tedesco, la Fondazione per l’Eredità Culturale della Prussia (SPK) e il Museo di Berlino. Grazie a questa intesa, raggiunta a valle di un importante lavoro delle Procure della Repubblica di Roma e Foggia e dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, oltre che degli uffici del ministero della Cultura, è potuto rientrare in Italia un prezioso contesto funerario di 21 vasi apuli provenienti dalla Puglia settentrionale, area abitata dall’antica popolazione dei Dauni, assieme a due vasi attici a figure rosse, un cratere lucano a figure rosse e un frammento di affresco proveniente da una villa di Boscoreale, dichiarati di dubbia provenienza. In virtù della provenienza daunia, i materiali torneranno poi in Puglia e saranno assegnati definitivamente all’istituendo Museo di Foggia presso Palazzo Filiasi, all’esito dei lavori di restauro e adeguamento funzionale attualmente in corso e finalizzati alla realizzazione di un museo dedicato proprio alle attività di contrasto al fenomeno dello scavo clandestino e della illecita esportazione di beni archeologici. Con l’occasione e in virtù del dialogo virtuoso tra Italia e Germania, è stato avviato un programma di prestiti di opere a lungo termine con lo stesso museo berlinese, grazie alla collaborazione dei parchi archeologici di Paestum e Velia e del museo Archeologico nazionale di Napoli.

“Questa mostra porta con sé il concetto di diplomazia culturale, di cooperazione, di amicizia con una nazione così importante come la Germania”, interviene il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “e con un allestimento completamente orientato all’idea dell’inclusione e dell’accessibilità che è un esempio modello da seguire in tutte le realtà museali”.

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Allestimento della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

“Grazie all’attività di diplomazia culturale del ministero della Cultura è stato possibile sottoscrivere questo importante Accordo di cooperazione con la Fondazione dell’Eredità Culturale Prussiana che ha consentito la restituzione all’Italia di 25 preziosi reperti archeologici, precedentemente esposti presso l’Altes Museum di Berlino”, commenta il capo dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale, Luigi La Rocca. “I pregiati manufatti di produzione apula e attica, tra cui crateri di grandi dimensioni a figure rosse, piatti decorati, una kylix, skyphoi, anfore e un’hydria, possono ora essere ammirati nella suggestiva cornice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia per essere restituiti alla collettività e infine esposti in Puglia, il luogo dal quale furono scavati clandestinamente e successivamente esportati.  Un nuovo successo delle istituzioni italiane deputate alla tutela del patrimonio culturale e al contrasto dei traffici illeciti dei nostri beni archeologici”.

“Questo progetto è il risultato emblematico di un’operazione culturale di successo, incarnata dall’intesa conclusa con la Fondazione dell’Eredità Culturale Prussiana”, ricorda il direttore generale Musei, Massimo Osanna. “Grazie a questo accordo, frutto di un significativo lavoro delle Procure, dei Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale e, naturalmente, degli uffici del ministero della Cultura, torna in Italia un importante nucleo di vasi apuli e attici a figure rosse, originari dell’area della Puglia settentrionale, storicamente abitata dagli antichi Dauni. Considerata la loro provenienza, dopo l’esposizione a Villa Giulia e il successivo allestimento presso il Castello Svevo di Bari, questi materiali saranno definitivamente destinati al costituendo Museo di Foggia, che sarà dedicato proprio alle attività di contrasto all’illecita esportazione di beni archeologici. Un progetto di ampio respiro dunque, che parla di diplomazia culturale, salvaguardia del patrimonio, pubblica fruizione e promozione della legalità, in un’ottica di rete e collaborazione tra istituzioni”.

“La restituzione di questi manufatti è in linea con la posizione di principio dei Musei Berlinesi nei confronti delle antichità”, spiega l’ambasciatore tedesco in Italia, Hans-Dieter Lucas, “e rappresenta un altro bell’esempio per la già esemplare cooperazione tra Germania e Italia nel settore della tutela e della restituzione di beni culturali. Abbiamo un interesse comune a proteggere i beni culturali con valore identitario da saccheggi, scavi illegali, furti e contrabbando. Poiché il furto e il contrabbando di opere d’arte e beni culturali non creano solo ingiustizia e danni materiali, già di per sé gravi, ci privano anche dell’opportunità di conoscere meglio la tradizione, i proprietari e gli ideatori di questi reperti”.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro (foto agnese sbaffi / mic)

“Il patrimonio culturale di una nazione rappresenta la propria identità storica da proteggere e conservare, quale testimonianza incancellabile delle proprie radici e tradizioni”, sottolinea il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro. “Quando opere d’arte vengono sottratte al loro contesto originario, non solo viene violata la norma a tutela del Paese di provenienza, ma viene cancellata la traccia dell’identità culturale di un popolo. È per questo che con profonda soddisfazione, con l’inaugurazione al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia della mostra “Miti greci per principi dauni”, viene celebrato un altro importante recupero di straordinari reperti archeologici costituiti da un corredo di 21 vasi apuli del IV sec. a.C. di inestimabile valore, frutto di scavi clandestini operati in Puglia negli anni ’70-’80. Questo rimpatrio testimonia un’efficace azione sinergica posta in essere tra i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, il ministero della Cultura, le autorità giudiziarie di Roma e Foggia e l’istituzione museale di Berlino. Pertanto, l’accordo siglato tra il ministero della Cultura italiano e l’Altes Museum di Berlino costituisce un vero e proprio modello di cooperazione per tutte le future attività di diplomazia culturale tra lo Stato italiano e le altre nazioni nell’opera di recupero e restituzione di beni d’arte sottratti ai territori e alle comunità di origine”.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il capo dipartimento Alfonsina Russo con l’ambasciatore Hans-Dieter Lucas (foto agnese sbaffi / mic)

“Il museo di Villa Giulia già custode del celebre Cratere di Eufronio dal 2009 al 2015, simbolo del successo delle politiche di diplomazia culturale del nostro Paese, rappresenta il luogo ideale per celebrare il ritorno di questo significativo gruppo di reperti archeologici, finora conservati all’Altes Museum”, aggiunge il capo dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Alfonsina Russo. “Questi vasi straordinari, con le loro affascinanti narrazioni mitologiche, saranno ora protagonisti, prima di tornare definitivamente in Puglia, di due importanti mostre che ne potranno esaltare il valore storico e culturale. Con l’occasione e in forza del proficuo dialogo tra Italia e Germania, è stato inoltre avviato un programma di prestiti di opere a lungo termine con lo stesso museo berlinese, grazie alla collaborazione dei parchi archeologici di Paestum e Velia e del museo Archeologico nazionale di Napoli. Una iniziativa che non solo conferma la qualità dell’impegno dell’Italia per la protezione del patrimonio culturale, ma che dà vita ad un ampio programma di valorizzazione e fruizione integrata”.

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Allestimento della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

“La mostra “Miti greci per principi dauni” allestita a Villa Giulia”, spiega la direttrice Luana Toniolo, “è una mostra che celebra il rientro di 25 reperti dall’Altes Museum di Berlino. Una mostra accessibile, anzi direi accogliente. Una mostra che infatti nella prima sala, con un allestimento immersivo che integra LIS, racconta gli specifici miti dei primi cinque grandi vasi: miti a volte poco noti come il mito di Reso o di Diomede come fondatore della Daunia ad altri miti più grandi come la gigantomachia o il ratto di Persefone. Nella seconda sala un grande video ci racconta i rituali funerari dauni e il rientro dei vasi in Italia e la loro apertura nell’emozione generale a Villa Giulia. La mostra si conclude con altri reperti non pertinenti all’area di Arpi, il più importante e esteso insediamento della Daunia, ma provenienti dal mondo attico e dalla Lucania”.

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Cratere a volute rosse apulo con scena di Gigantomachia, attribuito al Pittore dell’Oltretomba (330-310 a.C.) esposto nella mostra “Miti greci per i principi dauni” (foto mic)

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Il ministro Giuli segue i supporti multimediali della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

Tra gli oggetti in mostra un gruppo di straordinari vasi a figure rosse di grandi e medie dimensioni – ben attribuibili per caratteristiche stilistiche ad alcuni dei ceramografi più noti e prolifici, attivi nella seconda metà del IV secolo a.C., come il Pittore di Dario e il Pittore dell’Oltretomba -, e due vasi attici, prodotti cioè nella regione di Atene, e uno lucano pure appartenenti al rimpatrio da Berlino. Oggetti di lusso prodotti essenzialmente per essere deposti nelle tombe e decorati con scene mitologiche. Grazie a un allestimento immersivo e accessibile, le opere raccontano la loro storia e quelle degli dei e degli eroi in essi raffigurati. Il nucleo di reperti compariva nell’elenco di beni trafugati dal noto trafficante d’arte Giacomo Medici, condannato nel 2009 per traffico illecito di beni culturali. In base alle indagini, fu prima acquisito da una famiglia svizzera (collezione Cramer) e poi venduto all’Altes Museum dal commerciante di antichità Christopher Leon, per 3 milioni di marchi nel 1984.

 

Fara in Sabina (Ri). Il Carro del Principe di Eretum torna a casa. Ultimati la ristrutturazione e l’allestimento di Palazzo Brancaleoni, sede del museo civico Archeologico, si inaugura la sala dedicata al corredo della Tomba XI di Colle del Forno con il Carro del Principe, trafugato nel 1970 e restituito dalla Ny Carlsberg di Copenaghen nel 2016

fara-sabina_archeologico_nuove-sale_inaugurazione_locandinaIl Carro del Principe di Eretum torna a casa. Sabato 16 marzo 2024 il museo civico Archeologico di Fara in Sabina apre le sue porte al corredo funerario della Tomba XI della Necropoli di Colle del Forno e al suo reperto più celebre: il Carro del Principe di Eretum. Dopo un anno di lavori di ristrutturazione e di allestimento degli spazi museali di Palazzo Brancaleoni, verranno inaugurate le nuove sale dedicate all’esposizione dei preziosi materiali del VII sec. a.C., che qui troveranno una permanente collocazione. Il recupero, il restauro, la fruizione e valorizzazione del prezioso ritrovamento sono stati resi possibili dal lavoro sinergico del Comune di Fara in Sabina e della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti. Lo sforzo per consegnare alla comunità questo antico tesoro è intimamente legato alle vicende del suo “ritorno” in patria, che rendono ancora più significativa l’appartenenza di questi preziosi beni al suo territorio. Si era infatti persa traccia di gran parte del corredo del Carro di Eretum, saccheggiato e illecitamente esportato, fino a quando le autorità italiane hanno identificato tale patrimonio all’interno delle collezioni della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen e, dopo anni di trattative, grazie all’intervento del Comando TPC dei Carabinieri, hanno ottenuto indietro quanto a breve tutti potranno ammirare. L’evento avrà inizio alle 16 alla Collegiata di Sant’Antonino di Fara in Sabina (piazza del Duomo) con la conferenza di presentazione della Sala della Tomba XI di Eretum, per proseguire dalle 17 a Palazzo Brancaleoni, sede del museo Archeologico, con l’inaugurazione dei nuovi spazi museali.

rieti_palazzo-dosi_mostra-strada-facendo-il-lungo-cammino-del-carro-di-eretum_locandinaUn’anticipazione di questo evento atteso da anni c’era stata nel 2021 con l’allestimento della mostra “Strada facendo. Il lungo cammino del Carro di Eretum”, prima in Palazzo Dosi a Rieti e poi a Roma al museo nazionale Romano. Erano passati più di quarant’anni da quando la Tomba XI di Eretum (Colle del Forno – Montelibretti) era stata trafugata dai clandestini e venduta sul mercato antiquario. Il meraviglioso corredo della famiglia reale che governò l’antica città sabina, alleata di Veio e ben nota ai Romani per essersi a lungo opposta alla loro conquista, è tornato in patria dal museo Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen che lo aveva acquistato ed esposto nelle sue sale. In quell’occasione per la prima volta i reperti provenienti dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen e quelli conservati nel museo civico Archeologico di Fara in Sabina venivano presentati insieme nella mostra a cura di Alessandro Betori, Francesca Licordari e Paola Refice, con l’allestimento progettato da Daniele Carfagna. Un percorso articolato in tre sale di esposizione conduceva il visitatore indietro nel tempo fino al VII secolo a.C., per scoprire – col commento di una colonna sonora originale – uno spaccato significativo della civiltà sabina attraverso i corredi funerari della stirpe del misterioso e potente principe di Eretum. Sono passati altri tre anni, ma ora il carro del principe di Eretum è tornato definitivamente a casa.

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Il carro principesco di Eretum, trafugato da Fara in Sabina, quando era esposto al Ny Calsberg Glyptotek di Copenhagen (foto sabap-ri)

Il Cnr ha eseguito gli scavi nella necropoli di Colle del Forno, che comprende 40 tombe, a due riprese, 1971-1977 (Centro di Studio per l’Archeologia Etrusco-Italica) e 2003-2009 (Iscima). Il materiale della necropoli, compresa la tomba XI, è in studio da parte di Paola Santoro, dirigente di ricerca Cnr emerito, e di Enrico Benelli Cnr-IsMed che hanno eseguito un’ampia consulenza scientifica sia in occasione del restauro (effettuato nei laboratori del museo nazionale Romano, dalla restauratrice Marina Angelini), sia per l’esposizione del 2021, nella scelta dei materiali e nella redazione dei testi dei pannelli e dei cartellini. La maggior parte dei resti dei carri vennero trovati nel corso di uno scavo clandestino eseguito nel 1970, che ha portato alla dispersione di buona parte del corredo sul mercato antiquario illegale. La maggior parte dei pezzi furono acquistati dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen; nel 1979 Paola Santoro cominciò a sospettare che quegli oggetti comparsi improvvisamente a Copenaghen provenissero dalla tomba (che lei aveva trovato nel 1973, già devastata, e aveva potuto raccogliere solo una piccola parte dei materiali, quelli sopravvissuti al saccheggio del 1970). Nel 1995 il confronto fra i pezzi ha potuto dare la certezza della provenienza; in seguito i Carabinieri, nel corso delle indagini sull’attività di uno dei più noti trafficanti di opere d’arte, Giacomo Medici, hanno trovato tutta la documentazione relativa al contrabbando dei materiali. Da qui è partita una lunga procedura legale internazionale, che ha portato alla restituzione del materiale allo Stato italiano nel 2016 (vedi Il carro del principe sabino di Eretum, in lamine dorate (VII-VI sec. a.C.), protagonista della mostra “Testimoni di civiltà – L’art. 9 della Costituzione. La tutela del patrimonio culturale della Nazione”, aperta a Roma alla Camera dei Deputati con i reperti recuperati dal nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri | archeologiavocidalpassato). La tomba XI non apparteneva solo al “principe” (cioè il signore che possedeva i due carri), ma c’era tutta la famiglia, per molte generazioni, dall’inizio del VII secolo a.C. alla fine del IV secolo a.C. (quindi circa 4 secoli di uso). Il ritorno del materiale da Copenaghen, la riunione con quello scavato da Paola Santoro, e il nuovo restauro hanno permesso di scoprire tante novità, che aiuteranno a capire la storia di questa tomba, molto più complicata di quanto si pensasse in origine.

Il carro del principe sabino di Eretum, in lamine dorate (VII-VI sec. a.C.), protagonista della mostra “Testimoni di civiltà – L’art. 9 della Costituzione. La tutela del patrimonio culturale della Nazione”, aperta a Roma alla Camera dei Deputati con i reperti recuperati dal nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri

Il carro principesco di Eretum, trafugato da Fara Sabina, quando era esposto al Ny Calsberg Glyptotek di Copenhagen

Le lamine dorate del carro di Eretum recuperate dai carabinieri

Il prezioso carro da battaglia del principe sabino era il pezzo forte del corredo funebre, uno status symbol che doveva giacere accanto al suo signore, nella necropoli di Eretum, città sabina dell’antico Lazio, oggi Fara Sabina. Ma non c’era solo il principesco carro, in lamine dorate, che mani abilissime di artisti ciprioti o fenici nel VII-VI sec. a.C. avevano sbalzato, decorandole con figure di animali veri o fantastici, dai grandi uccelli ad ali spiegate alle sfingi, dai leoni che mangiano cerbiatti alle leonesse che coccolano i loro cuccioli. Nel corredo c’erano anche gioielli, il pettorale d’oro del principe, armi, scudi, cinture, bronzi, ceramiche. Il riposo del principe sabino è stato violato più di 25 secoli dopo. I tombaroli, siamo negli anni ’70 del secolo scorso, hanno depredato la tomba nella necropoli di Colle.  E i suoi tesori presero la via dell’estero acquisiti dai mercanti più in auge e spregiudicati di quegli anni, Robert Hecht con base a Parigi e Giacomo Medici a Ginevra. E finirono a Copenaghen, al Ny Calsberg Glyptotek, che nel 1971 per il solo corredo del principe staccò un assegno di 1.264.752 franchi svizzeri. Non stupisce che per anni il museo danese si sia rifiutato di restituire all’Italia il tesoro di Eretum, comprato a caro prezzo.  Ma per fortuna il clima è cambiato. E grazie a un accordo siglato dal Mibact con il Ny Calsberg Glyptotek di Copenhagen, il prezioso corredo funebre del principe sabino di Eretum completo del suo celeberrimo calesse nel 2017 è tornato a casa. “Una crisi trasformata in opportunità”, commenta soddisfatto il ministro della cultura Dario Franceschini e che apre un capitolo di collaborazioni con il museo danese. In cambio delle restituzioni l’Italia infatti si è impegnata a prestare a Copenaghen anche per lunghi periodi, altri gioielli del suo patrimonio, che in Danimarca troveranno una vetrina adeguata e in qualche caso anche i restauri che in patria non si era ancora riusciti a fare o completare. Il primo prestito partirà, dal 1° novembre 2018, e arriverà dal Museo di Vulci, anticipa ancora Alfonsina Russo. Sarà composto da alcuni reperti della “Tomba delle mani d’argento”, ai quali si aggiungono oggetti provenienti da depositi votivi, sempre di Vulci, e corredi delle necropoli di Capena, Crustumerium e Fidene, che verranno anche restaurati dagli esperti della istituzione danese.

Il manifesto della mostra “Testimoni di civiltà” alla Camera dei Deputati

Prima di tornare nei luoghi di origine le lamine dorate del carro del principe sabino di Eretum, riassemblate per l’occasione, è il protagonista della mostra “Testimoni di civiltà  – L’art. 9 della Costituzione. La tutela del patrimonio culturale della Nazione”, aperta dal 24 gennaio al 28 febbraio 2018 dalle 10 alle 18 (apertura dal lunedì al venerdì) nella “Sala della Lupa” di Palazzo Montecitorio, promossa con il sostegno della Camera dei Deputati ed organizzata dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. La mostra vuole celebrare il settantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Legge Fondamentale dello Stato Italiano, attraverso l’esposizione di un’importante selezione di opere recuperate da questo Reparto Speciale dell’Arma dei Carabinieri, grazie ad attività investigative, all’azione della “Diplomazia culturale” o alle operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale colpito dagli eventi sismici del 2016 che hanno interessato l’Italia centrale. In mostra 14 importanti opere, molti i reperti archeologici, tra le quali spicca il carro di Eretum, per la prima volta esposto in Italia dopo il recente rimpatrio dalla Danimarca.

La Triade Capitolina trafugata da Guidonia nel 1992 e recuperata a Livigno dai carabinieri

Può anche essere ammirato il noto gruppo scultoreo “Triade Capitolina”, rinvenuto negli anni ’90 nel corso di scavi clandestini, nonché la grande tela d’altare di Giovan Battista Tiepolo della chiesa di San Filippo Neri di Camerino, messo in sicurezza a seguito dei drammatici eventi sismici che si sono verificati in Italia nel 2016. La “Triade Capitolina” fu ritrovata quasi integra a Guidonia (Roma) nel 1992 al parco dell’Inviolata, dove ora sorge una discarica. Dopo il ritrovamento, la Triade subì alterne vicende. Fu infatti trafugata, e due anni dopo, nel 1994, fu recuperata a Livigno dal nucleo investigativo dei Carabinieri e posta nel museo Archeologico di Palestrina. Infine è stata ricollocata nella sua legittima sede di Guidonia-Montecelio. E ora è temporaneamente esposta nella mostra di Roma. La Triade di Guidonia dovrebbe risalire all’età tardo-antonina (188 – 217 d.C.), epoca dell’imperatore romano Caracalla. Il gruppo scultoreo, in marmo lunense, rappresenta Giove, Giunone e Minerva, cari a quel culto tipicamente romano volto ad identificare la grandezza di Roma anche dal punto di vista religioso. Le tre divinità sono sedute su un unico trono. Giove, al centro, con lo scettro nella sinistra ed un fascio di fulmini nella mano destra; alla sua sinistra Giunone velata, con diadema, scettro nella sinistra e patera nella destra; alla sua destra Minerva con elmo corinzio, il braccio destro, mancante, che doveva essere sollevato per sostenere l’elmo. Tre piccole Vittorie alate incoronano le divinità, Giove con una corona di quercia, Giunone di petali di rosa, Minerva di alloro. Ai loro piedi gli animali della tradizione sacra: l’aquila, il pavone e la civetta.

La testa di Tiberio rubata dal museo di Sessa Aurunca nel 1944

La testa di Druso Minore recuperata negli Usa

Gli straordinari ritratti dell’imperatore Tiberio e del figlio Druso Minore, entrambe sculture del I sec. d.C., ci ricordano invece di un furto lontano nel tempo. Le due sculture furono sottratte dal museo di Sessa Aurunca (Caserta) nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, e sono state recuperate negli Stati Uniti d’America solo nel 2017. Le lunghe e complesse indagini che hanno portato i carabinieri del comando tutela patrimonio culturale al recupero dei due ritratti marmorei sono partite dall’esame di una pubblicazione del 1926, sullo scavo archeologico dell’antico teatro romano di Sessa Aurunca. All’interno della pubblicazione è stato possibile acquisire notizie sul ritrovamento di 4 teste in marmo. Tra queste, c’erano anche quelle di Tiberio e di Druso. Dopo il furto infatti la testa di Tiberio approdò negli Stati Uniti e infine fu acquistata da un collezionista che la espose al museo di New York nel 2004. Dopo l’esposizione newyorkese i carabinieri rintracciarono il collezionista che decise di restituire il marmo all’Italia. La testa di Tiberio è tornata in Italia il 19 gennaio 2017.  La testa di Druso scomparve mentre le truppe alleate stavano risalendo lo stivale, probabilmente sottratta dalle truppe algerine al seguito dei francesi, che la trasportarono in Nord Africa. Di qui più tardi Druso finì a Parigi, dove venne venduto all’asta finendo nel 2004 tra le opere del Cleveland museum of Art, in Ohio, il quale ha concordato in aprile 2017 la sua restituzione con il ministero dei Beni Culturali. E dal settembre 2017 è tornata in Italia.

Il rilievo funerario palmireno trafugato dalla Siria e ritrovato ad Asti

Finora abbiamo “riscoperto” capolavori archeologici trafugati dall’Italia e rintracciati all’estero dove erano finiti attraverso i canali del mercato antiquario illegale. Ma in mostra alla Camera dei Deputati troviamo anche un bel rilievo funerario palmireno. Perché? Se il patrimonio culturale italiano è stato oggetto di spoliazioni, l’Italia è a sua volta tappa o terminale del traffico illegale di reperti archeologici dal Vicino Oriente, martoriato ormai da molti anni da conflitti che hanno messo in crisi il controllo capillare del territorio. Così il nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri interviene anche per smantellare il mercato antiquario clandestino in entrata. Come è il caso di questo rilievo funerario palmireno, esportato clandestinamente dalla Siria e sequestrato in un’abitazione privata ad Asti nel 2011.

Il Cratere di Eufronio, capolavoro del V secolo, torna con una mostra a Cerveteri a 40 anni dal trafugamento: ora è accanto all’altro capolavoro di Eufronio: la kylix. E si pensa farlo restare per l’Expo

Il Cratere di Eufronio, capolavoro del V sec. a.C., trafugato nel 1971 da Cerveteri dove ora è tornato in mostra

Il Cratere di Eufronio, capolavoro del V sec. a.C., trafugato nel 1971 da Cerveteri dove ora è tornato

Il ministro Dario Franceschini all'inaugurazione della mostra "I capolavori di Eufronio" a Cerveteri

Il ministro Dario Franceschini all’inaugurazione della mostra “I capolavori di Eufronio” a Cerveteri

Il Cratere di Eufronio è tornato nella “sua” Cerveteri. Il capolavoro dell’arte attica del V secolo di uno dei più importanti pittori del mondo antico, dopo una quarantennale avventura di scavi di frodo, trafficanti internazionali e trattative con gli Stati Uniti, dove è stato conservato per anni, è esposto al museo nazionale Cerite fino al 20 gennaio nella mostra di Cerveteri “I Capolavori di Eufronio” accanto alla kylix (coppa da vino) dello stesso autore. A inaugurare l’eccezionale mostra il ministro per i Beni culturali e turismo Dario Franceschini e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, accolti dal sindaco Alessio Pascucci.  Proprio il sindaco della cittadina laziale, che sui beni culturali della città ha grandi progetti e che ha visto triplicare i biglietti del museo da quando vi è esposta la kylix di Eufronio, anch’essa tornata in Italia dopo aver percorso le vie del traffico illegale, aveva esplicitamente e a più riprese chiesto al ministro che il cratere (attualmente parte della collezione di Villa Giulia a Roma) rimanesse a Cerveteri. E Franceschini, a Cerveteri, ha lasciato intendere di non essere contrario a una collocazione definitiva del capolavoro nella cittadina laziale da cui era stato strappato, accendendo le speranze del giovane sindaco Alessio Pascucci: “Il patrimonio culturale deve essere distribuito nel Paese. Credo che questa mostra sul Cratere di Eufronio vada prolungata anche nel periodo di Expo, che va da maggio a ottobre. E poi, chissà…”.  E ha continuato: “Expo sarà, ne siamo certi, un successo enorme, che avrà numeri incredibili. In Cina sono già stati venduti un milione di biglietti e altri 500mila saranno venduti a breve. La nostra sfida è evitare che tutti si concentrino su Roma e Milano e sui grandi musei di queste città”.

La kylix di Eufronio a Cerveteri da maggio, era stata restituita nel 1999 dal Getty Museum di Malibu

La kylix di Eufronio a Cerveteri da maggio, era stata restituita nel 1999 dal Getty Museum di Malibu

Il Cratere di Eufronio esposto al museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma

Il Cratere di Eufronio esposto al museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma

Ritenuto unanimemente “l’opera più importante” fra le pochissime che ci sono rimaste, 27 in tutto, del grande maestro greco del V secolo a. C., il Cratere di Eufronio, cratere a calice decorato a figure rosse, alto 45.7 cm con un diametro di 55.1 cm, modellato dal ceramista Euxitheos e dipinto dal ceramografo Eufronio intorno al 515 a.C., e ornato con scene dell’episodio omerico del trasporto del corpo dell’eroe Sarpedonte, era stato trafugato nel 1971 dai tombaroli che lo avevano strappato da una tomba di Greppe Sant’Angelo, alle porte di Cerveteri. Il cratere fu venduto per un milione di dollari dal mercante d’arte svizzero Robert Hecht Jr. e dal mercante d’arte italiano Giacomo Medici al Metropolitan Museum of Art di New York. Solo grazie a una indagine della procura di Roma e dei carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale, e all’impegno del governo, che aprì un canale diplomatico con gli Usa, l’inestimabile reperto riuscì nel 2008 a rientrare in Italia, accolto nel museo nazionale etrusco di Villa Giulia. La kylix decorata con storie della caduta di Troia, invece, è stata restituita dal Getty Museum di Malibu, in California, nel 1999: proviene, hanno ricostruito gli studiosi, dal Santuario di Ercole di Cerveteri. Ecco dunque perché, per la soprintendente all’Etruria meridionale Alfonsina Russo Tagliante, la mostra di Cerveteri “è il simbolo della lotta contro il traffico illecito di reperti archeologici”, terzo mercato nero mondiale dopo armi e droga. Per l’assessore alla Cultura del Lazio, la scrittrice Lidia Ravera, “è come se i fregi del Partenone tornassero ad Atene”. Ma è anche una occasione per il territorio: “Cerveteri – spiega il governatore Zingaretti – sta entrando a far parte di una rete di promozione in Italia e nel mondo: bisogna lavorare in vista di Expo 2015 affinché si arrivi all’appuntamento con l’idea dell’esistenza del ‘bel Lazio’”.

La scena, tratta dall’Iliade, narra della morte di Sarpedonte, figlio di Zeus e di Laodamia, alleato dei Troiani nella guerra contro gli Achei

La scena, tratta dall’Iliade, narra della morte di Sarpedonte, figlio di Zeus e di Laodamia, alleato dei Troiani nella guerra contro gli Achei

Gruppo di giovani raffigurato nell'atto di indossare le armi prima di una battaglia

Gruppo di giovani raffigurato nell’atto di indossare le armi prima di una battaglia

Già numeroso il pubblico accorso a Cerveteri per ammirare i capolavori di Eufronio

Già numeroso il pubblico accorso a Cerveteri per ammirare i capolavori di Eufronio

L’opera è conservata al Museo Etrusco di Villa Giulia, a Roma: ha una capacità di 45 litri ed è l’unico cratere di Eufronio arrivato completo, è stato spiegato.  Le anse dividono la superficie in due aree decorate con scene differenti. La scena sul lato principale è tratta dall’Iliade e narra della morte di Sarpedonte, figlio di Zeus e di Laodamia, alleato dei Troiani nella guerra contro gli Achei. Le personificazioni del Sonno, Hypnos e della Morte, Thanatos, ne riportano il corpo in patria, trascinandolo via dal campo, il dio Hermes, al centro della scena, dirige l’operazione. “La composizione – spiegano gli storici dell’arte antica – è dominata dal grande corpo di Sarpedonte che evidenzia la padronanza raggiunta da Euphronios nella rappresentazione dello scorcio e nella comprensione della struttura anatomica; le due figure allegoriche, chine sul giovane, sono rappresentate, a parte le ali, come guerrieri, in pose naturalistiche e con anatomia precisa. Due altri guerrieri chiudono la scena alle estremità; sono figure stanti, osservatori, tradizionalmente presenti ad indicare l’esemplarità della rappresentazione, forse un collegamento tematico con il gruppo di giovani che, sul lato opposto del cratere, vengono raffigurati nell’atto di indossare le armi prima di una battaglia: una scena di genere, non necessariamente collegata ad eventi identificabili. Si tratta di giovani ateniesi contemporanei, ma identificati con nomi tratti dalla mitologia dalle iscrizioni che accompagnano ciascuna figura. La scelta di unire scene storiche a vicende mitologiche, sullo stesso vaso e con lo stesso stile, crea un legame tra l’attualità e il mito”.