Vicenza. Mostra “I creatori dell’Egitto eterno”: conferenza con il curatore Cédric Gobeil a Palazzo Chiericati e ingressi ridotti per la Festa del papà
Dopo Christian Greco, Corinna Rossi e Paolo Marini, stavolta tocca a Cédric Gobeil. Sarà lui il protagonista della nuova iniziativa di promozione della mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica palladiana fino al 28 maggio. Venerdì 17 marzo 2023, alle 18, Cédric Gobeil, egittologo e curatore del museo Egizio, nel salone d’onore del museo civico di Palazzo Chiericati a Vicenza approfondirà il tema “La vita quotidiana degli antichi egizi alla luce della scoperta di Deir el-Medina”.

Cédric Gobeil (museo Egizio Torino) (foto graziano tavan)
L’incontro a ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili conclude il ciclo di conferenze condotte dai curatori della mostra: Corinna Rossi, docente di Egittologia al Politecnico di Milano, alle Gallerie d’Italia – Vicenza ha tenuto l’incontro dal titolo “La tomba egizia come microcosmo”; Paolo Marini, egittologo e curatore del Museo Egizio, ha discusso di “Timori e speranze a Deir el-Medina. Storie di geni, divinità mostruose e serpenti”, nella sede di Cereal Docks. “Continuiamo a proporre occasioni di approfondimento della grande mostra dedicata agli antichi Egizi in Basilica”, dichiarano il sindaco Francesco Rucco e l’assessore alla cultura Simona Siotto. “Con l’ultimo appuntamento con uno dei curatori, Cédric Gobeil a Palazzo Chiericati, si chiude la rassegna che ha coinvolto anche gli altri due curatori, Corinna Rossi e Paolo Marini, ai cui due interventi ha partecipato un numeroso pubblico di appassionati. Prossimamente organizzeremo nuovi momenti per conoscere più a fondo l’interessante e affascinante civiltà dell’antico Egitto. Proseguono anche le promozioni in mostra in occasione di particolari festività. La prossima sarà la Festa del papà, durante la quale invitiamo i padri, che potranno accedere con il biglietto ridotto, a visitare l’esposizione insieme ai loro figli di ogni età”.
Domenica 19 marzo 2023, in occasione della Festa del papà, tutti i papà entreranno in mostra con il biglietto ridotto da 11 euro, accompagnati dai loro figli di ogni età. Le tariffe per i figli possono essere consultate al link mostreinbasilica.it/it/info/biglietti. È possibile acquistare il biglietto direttamente in Basilica palladiana, il giorno stesso o online al link https://www.ticketlandia.com/m/i-creatori-dell-eterno-egitto. Domenica 19 marzo la mostra è aperta dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso alle 17).

Il faraone Ramses II tra il dio Amon e la dea Mut, gruppo in granito dal tempio di Amon a Karnak (XIX dinastia, regno di Ramses II, 1279-1213 a.C.), conservato al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
L’esposizione “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” è ideata e promossa dal Comune di Vicenza e dal Museo Egizio, con il patrocinio della Regione Veneto e della Provincia di Vicenza, in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio e la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza. La promozione e l’organizzazione sono curate da Marsilio Arte, che ne pubblica il catalogo. I partner dell’esposizione sono Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia – Vicenza, Fondazione Giuseppe Roi, AGSM AIM, Confindustria Vicenza, LD72, Beltrame Group ed Euphidra. Orari di apertura: martedì, mercoledì e giovedì 10 – 18, venerdì, sabato e domenica 10 – 19. Previste aperture straordinarie. Informazioni: https://www.mostreinbasilica.it/it/.
Vicenza. Prorogata al 28 maggio la mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” in corso alla Basilica palladiana. Rucco e Siotto: “Grazie al grande successo di critica e pubblico, già 45mila visitatori”

La mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica Palladiana a Vicenza prorogata al 28 maggio 2023
Grazie al grande successo di critica e pubblico, con 45mila visitatori raggiunti finora, a due mesi e mezzo dall’apertura, la mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” – in corso alla Basilica palladiana di Vicenza dal 22 dicembre 2022 e inizialmente programmata fino al 7 maggio 2023 – verrà prorogata fino a domenica 28 maggio 2023. Sono inoltre stati decisi aperture straordinarie e un orario prolungato nel week end. Un segno dei risultati positivi ottenuti dall’esposizione curata da Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino, Corinna Rossi Cédric Gobeil e Paolo Marini. L’esposizione è ideata e promossa dal Comune di Vicenza e dal museo Egizio, con il patrocinio della Regione Veneto e della Provincia di Vicenza, in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio e la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza. La promozione e l’organizzazione sono curate da Marsilio Arte, che ne pubblica il catalogo. I partner dell’esposizione sono Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia – Vicenza, Fondazione Giuseppe Roi, AGSM AIM, Confindustria Vicenza, LD72, Beltrame Group ed Euphidra.

Basilica Palladiana: da sinistra, l’assessore alla Cultura Simona Siotto, il sindaco Francesco Rucco e il direttore dei Musei civici Mauro Passarin (foto comune di vicenza)
A spiegare le novità in Basilica palladiana il sindaco Francesco Rucco, l’assessore alla Cultura Simona Siotto e il direttore dei Musei civici Mauro Passarin. “La mostra “I creatori dell’Egitto eterno” sta riscuotendo un notevole successo”, annunciano il sindaco Francesco Rucco e l’assessore alla Cultura Simona Siotto. “Grazie alla collaborazione con il direttore del museo Egizio Christian Greco, l’esposizione accoglie capolavori provenienti da Torino, accompagnati da una serie di eccezionali prestiti del Museo del Louvre di Parigi. L’amministrazione, con un focus su Tebe e Deir el-Medina e sulla realizzazione delle tombe dei faraoni nelle Valli dei Re e delle Regine, chiude il ciclo delle tre “Grandi Mostre in Basilica” ideato dal Comune di Vicenza con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio e la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza per valorizzare le eccellenze culturali della città. A seguito del grande interesse suscitato dall’esposizione, abbiamo deciso di prorogarla di tre settimane, prevedendo aperture straordinarie e un prolungamento dell’orario”.

Mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica Palladiana: già 45mila visitatori (foto comune di vicenza)
Dal 10 marzo al 28 maggio 2023, ogni venerdì, sabato e domenica la rassegna sarà visitabile eccezionalmente dalle 10 alle 19 (l’ultimo ingresso è consentito alle 18). Sono previste ulteriori aperture straordinarie con orario prolungato, dalle 10 alle 19, nelle giornate di lunedì 10 e 24 aprile, martedì 25 aprile, mercoledì 26 aprile, giovedì 27 aprile, lunedì 1° maggio, martedì 2 maggio, mercoledì 3 maggio, giovedì 4 maggio. “I dati relativi agli ingressi della mostra e dei Musei civici sono particolarmente positivi”, commentano infine Rucco e Siotto. Nello stesso periodo della mostra, i Musei civici sono stati visitati da 51.927 persone (dal 22 dicembre 2022 al 5 marzo 2023) con un incremento del 67,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dal 22 dicembre 2021 al 5 marzo 2022: 30.964 ingressi).

Statuetta in legno della dea Tauret, dedicata dal disegnatore Parahotep, venerata in ambito domestico, proveniente da Deir el Medina, e conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
Il percorso espositivo racconta la straordinaria storia di scribi, disegnatori, operai, artigiani e artisti dell’operosa e colta comunità di Deir el-Medina, villaggio fondato intorno al 1500 a.C. sulla riva ovest del Nilo e destinato a ospitare gli artigiani qualificati (e le loro famiglie), che ebbero il compito di costruire e decorare le tombe reali della Valle dei Re e della Valle delle Regine per buona parte del Nuovo Regno (1539-1076 a.C. circa). 180 reperti, 160 provenienti dalle collezioni del museo Egizio e 20 dal Louvre di Parigi, tra i quali statue, sarcofagi, papiri, bassorilievi, stele scolpite e dipinte, anfore, amuleti e strumenti musicali, permettono di ricostruire la vita quotidiana degli abitanti di Deir el-Medina.
Vicenza. Boom di visitatori nei primi 17 giorni della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, con effetto traino su tutti gli altri musei cittadini

In coda per entrare alla mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica palladiana a Vicenza (foto comune vi)

Locandina della mostra “I creatori dell’Egitto Eterno” alla Basilica Palladiana di Vicenza dal 22 dicembre 2022 al 7 maggio 2023
In fila in piazza dei Signori a Vicenza. Attendono di entrare in Basilica palladiana per la mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, curata dal direttore del museo Egizio di Torino. Christian Greco; dalla docente di Egittologia al Politecnico di Milano, Corinna Rossi; dagli egittologi e curatori del museo Egizio, Cédric Gobeil e Paolo Marini, con 180 reperti originali, 160 provenienti dal museo Egizio e 20 dal Louvre di Parigi, tra i quali statue, sarcofagi, papiri, bassorilievi, stele scolpite e dipinte, anfore, amuleti, strumenti musicali, che permettono di ricostruire la vita quotidiana degli abitanti di Deir-el Medina (vedi Vicenza. Christian Greco, direttore del museo Egizio, introduce alla visita della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, in Basilica Palladiana. Ecco la sua prolusione alla presentazione ufficiale | archeologiavocidalpassato).

Visitatori nella mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica palladiana a Vicenza (foto comune vi)

Il faraone Ramses II tra il dio Amon e la dea Mut, gruppo in granito dal tempio di Amon a Karnak (XIX dinastia, regno di Ramses II, 1279-1213 a.C.), conservato al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
Un successo di pubblico. Nei primi 17 giorni di apertura ha totalizzato oltre 15mila visitatori paganti. Un’onda lunga che ha interessato tutti i musei civici di Vicenza che, grazie all’effetto traino dell’esposizione e alla netta ripartenza del turismo dopo due anni di pandemia, hanno raddoppiato gli ingressi, superando quota 20mila. È decisamente incoraggiante il bilancio delle prime due settimane di apertura della grande mostra sugli Egizi, allestita in Basilica palladiana fino al 7 maggio 2023. Dal 22 dicembre 2022 all’ 8 gennaio 2023, cioè in 17 giorni di apertura, sono stati 15551 gli ingressi a pagamento registrati dalla mostra “I creatori dell’Egitto eterno”, per un incasso pari a 146314 euro. Nello stesso periodo le sette sedi museali cittadine hanno registrato complessivamente 20800 ingressi, più del doppio dello stesso periodo dell’anno scorso, quando erano stati staccati in tutto 9727 biglietti. Con 9082 biglietti venduti, il più visitato risulta il Teatro Olimpico: nello stesso periodo dell’anno scorso aveva accolto 4383 visitatori.

In coda per entrare alla mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica palladiana a Vicenza (foto comune vi)
“All’emozione di rivedere le code di cittadini e turisti che attendono di entrare in mostra e alla soddisfazione di raccogliere i tanti commenti positivi all’uscita dalla Basilica”, commentano il sindaco di Vicenza Francesco Rucco e l’assessore alla Cultura Simona Siotto, “oggi possiamo a pieno titolo affiancare la certezza di numeri importanti, registrati durante tutte le feste natalizie, non solo dall’esposizione, ma anche dai musei civici che hanno saputo sfruttare al massimo i riflettori accesi sulla città grazie agli Egizi. Dal Teatro Olimpico a Palazzo Chiericati, tutte le sedi museali hanno raddoppiato i propri ingressi, segno che i visitatori hanno accolto appieno la composita proposta espositiva di Vicenza, città d’arte”.
Vicenza. Christian Greco, direttore del museo Egizio, introduce alla visita della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, in Basilica Palladiana. Ecco la sua prolusione alla presentazione ufficiale

Locandina della mostra “I creatori dell’Egitto Eterno” alla Basilica Palladiana di Vicenza dal 22 dicembre 2022 al 7 maggio 2023

Mostra “I creatori dell’Egitto eterno”: da sinistra, Paolo Marini, Corinna Rossi, Christian Greco, Francesco Rucco, Simona Siotto, Cédric Gobeil (foto graziano tavan)
Nell’anno, il 2022, in cui vengono celebrati gli anniversari di due avvenimenti fondamentali per la storia dell’Egittologia, i 200 anni dalla decifrazione dei geroglifici da parte di Champollion e il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon, il museo Egizio di Torino cura, per la prima volta in Italia, un progetto espositivo così importante “al di fuori del museo”, presentando una straordinaria selezione di reperti e sviluppando un tema centrale per gli studi egittologici. Parliamo della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, in Basilica Palladiana a Vicenza fino al 7 maggio 2023 (e durante le festività, fino all’8 gennaio 2023, sempre aperta dalle 10 alle 18, eccetto Capodanno dalle 13 alle 18), fortemente voluta dalla Città di Vicenza e curata dal direttore del museo Egizio, Christian Greco, dalla docente di Egittologia al Politecnico di Milano, Corinna Rossi, dagli egittologi e curatori del museo Egizio, Cédric Gobeil e Paolo Marini. Qualche numero: 180 reperti originali, 3 installazioni multimediali, 4 curatori, 2 prestatori (museo Egizio di Torino e museo del Louvre di Parigi), 17mila prenotazioni, 550 gruppi, 1 città (Vicenza).

L’allestimento della mostra “I creatori dell’Egitto eterno” nella Basilica palladiana di Vicenza (foto graziano tavan)

Christian Greco, Francesco Rucco e Simona Siotto alla presentazione della mostra “I creatori dell’Egitto eterno” in Basilica palladiana a Vicenza (foto graziano tavan)
In occasione della presentazione ufficiale della mostra, prima della vernice, alla presenza del sindaco di Vicenza Francesco Rucco e dell’assessore alla Cultura Simona Siotto, il direttore dell’Egizio Christian Greco nella sua prolusione ha introdotto gli elementi più significativi che hanno sotteso la realizzazione della grande mostra, e il perché della scelta del villaggio di Deir el Medina e dei suoi abitanti per il senso della vita e della vita dopo la morte secondo gli antichi Egizi. Grazie a una registrazione live del regista veneziano Alberto Castellani, che l’ha gentilmente messa a disposizione di archeologiavocidalpassato.com, tutti gli appassionati possono così prepararsi meglio alla visita della mostra.
“Questa mostra, grazie al lavoro di tutti, vi permetterà di fare un viaggio ideale – lo si vede già dal video all’inizio dell’esposizione – tra Vicenza e Deir el Medina”, annuncia Christian Greco. “E quando Guido Beltramini, direttore del Cisa, mi disse Vorremmo una mostra dell’Egitto a Vicenza, pensare a Deir el Medina fu immediato. Perché era pensare a un villaggio, a un insediamento di cui conoscevamo le vite delle donne e degli uomini che vi avevano lavorato; era vedere l’altra faccia della medaglia, era collegarlo a quell’idea che era piaciuta molto al sindaco che l’ha voluto porre anche come manifesto per Vicenza candidata alla capitale della Cultura: l’idea di fabbrica, ovvero di un contesto sociale ed economico che lavora assieme per una trasformazione. Ebbene, a Deir el Medina avvenne questo.

Statua della dea Sekhmet (XVIII dinastia, regno di Amenofi III, 1390-1353 a.C.) conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“E quindi voi, visitando la mostra – spiega Greco -, vi troverete catapultati prima nella sponda Est della Tebe del Nuovo Regno, dove vengono eretti i grandi templi delle divinità locali che diventano divinità nazionali: Amon, colui che è nascosto – questo significa il nome -, che diventa la divinità principale dell’Egitto, profondamente legata alla regalità. E, come ricordava l’assessore Simona Siotto, l’esistenza e la caducità dell’esistenza era un qualcosa che interrogava molto gli Egizi e quindi proprio in quel periodo nella sponda Ovest di Tebe (vedrete la magnifica statua di Sekhmet) cominciarono a erigere i templi cosiddetti di milioni di anni, dove il culto del faraone potesse essere portato avanti.

La stele dedicata ad Amenofi I e Amhose Nefertari da Amenepimet e dal figlio Amennakht, conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“Servivano però delle maestranze – fa notare il direttore del museo Egizio -, servivano delle persone che sapessero progettare, operare, scavare nella roccia, trasformare le pareti, levigarle, fare la sinopia. Dopo di ché scolpirle, e poi ancora con i pigmenti trasformare completamente questo spazio. Oggi si parla molto di metaverso. Ma cosa c’è di più metaverso della per djet, della casa per l’eternità, di quello spazio cioè che, una volta varcata la soglia, diventava la casa del faraone per sempre? Uno spazio però in cui valevano delle regole diverse, delle regole spazio-temporali completamente diverse. Non erano più in questa realtà. Serviva quindi uno sviluppo del tempo diverso, dal tempo ciclico che era il tempo del dio Sole, che ogni giorno risorge e di notte combatte contro Apofis e poi può tornare sulla terra. E il faraone, una volta entrato, dopo il rituale dell’Apertura della Bocca, era completamente trasformato.

Il faraone Ramses II tra il dio Amon e la dea Mut, gruppo in granito dal tempio di Amon a Karnak (XIX dinastia, regno di Ramses II, 1279-1213 a.C.), conservato al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“Prima l’assessore Siotto ricordava come si potrebbe definire la vita. Allora – continua Greco – i biologi e i filosofi si interrogano molto. E a me ha sempre molto colpito vedere immagini su cui i biologi lavorano molto: che differenza c’è tra una persona nel momento in cui è in vita e il momento successivo in cui la vita non c’è più? Cos’è la vita? Ebbene oggi ci dicono che nel momento successivo non ci sono più quelle connessioni, non ci sono più le connessioni molecolari, non c’è più l’energia, non c’è più lo scambio. E pensate che gli Egizi questo l’avevano capito perfettamente già nel Medio Regno, e codificato nel Nuovo Regno. E l’hanno capito in una serie di cose. Hanno capito che la persona era complessa. La persona era composta dal corpo. Però se io cadessi morto in questo momento gli egiziani mi definirebbero cadavere. Il corpo doveva ridiventare immagine vivente della persona, ricomponendo una serie di cose: ricomponendo il nome, ricomponendo l’ombra, ricomponendo il ba che è l’anima che può trasmigrare da questo all’altro regno, il ka che è la forza vitale, e mettendo assieme tutto questo potevano tornare a vivere.

Statuetta in legno della dea Tauret, dedicata dal disegnatore Parahotep, venerata in ambito domestico, proveniente da Deir el Medina, e conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“Ebbene quindi in mostra – sintetizza Greco – vedrete come vivevano gli abitanti di Deir el Medina, questo villaggio voluto da Amenofi I e dalla madre Ahmose Nefertari, che per 600 anni ospita 120 famiglie che hanno un unico compito: quello di costruire le tombe nella Valle dei Re e nella Valle delle Regine. Il loro nome è “servitore nel luogo della verità (Set Maat)”, e avevano forse il lavoro più importante al mondo, cioè quello di consegnare all’eternità la vita dei faraoni in modo che il loro culto potesse perpetrarsi. Però non era un mero culto regale, era un qualcosa di più vitale, di cosmico. Lo vedrete nel video curato da Corinna Rossi, e ringrazio Robin Studio per il lavoro eccellente che anche questa volta hanno fatto, che vi farà fare un viaggio all’interno di uno dei progetti più antichi al mondo, il progetto della tomba di Ramses IV. La vedrete trasformata, potrete viaggiare assieme al faraone, come questo spazio era un nuovo spazio di vita.

Dettaglio del modellino della Tomba di Nefertari, scoperta da Ernesto Schiaparelli nel 1904, conservato al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“La mostra continua Greco – vi farà riflettere sulla wehem meswt, sulla rinascita, su quello che gli egiziani chiamavano la nuova vita che non era la morte. Ci saranno gli elementi che tutti noi ricolleghiamo all’Egitto, ovvero i sarcofagi, che sono quel luogo di trasformazione che permette al corpo di tornare a nuova vita. E passando dalla prima alla seconda parte della mostra, passerete proprio dalla vita del villaggio alla vita nell’aldilà e incontrerete un personaggio importantissimo, incontrerete Nefertari, la cui tomba fu trovata nel 1904 da Ernesto Schiaparelli. E vedrete il modello che Schiaparelli ha fatto fare. Ma vedrete anche le statuette funerarie. E vedrete gli oggetti che Nefertari si era portata con lei. Pensate, c’è persino una manopola con sopra il nome di Ahy, un faraone che era vissuto più di 200 anni prima, e quindi forse lei era legata ad Ahy che era stato sovrano dell’Egitto; o era un oggetto di famiglia caro, un ricordo che lei volle portare tomba. Non dobbiamo pensare che gli egiziani fossero degli alieni. Avevano lo stesso trasporto per la cultura materiale che abbiamo noi.

Ushabti in faience del faraone Seti I (XIX dinastia, 1290-1279 a.C.) conservati al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“In mostra si possono vedere le statuette in faiance, meravigliose, di un altro grande sovrano, Seti I, proprio di fronte a Nefertari. Vedrete i sarcofagi gialli. Vedrete il sarcofago di XXV dinastia che ci fa vedere un’evoluzione dell’iconografia.
“Però volevamo chiudere facendovi vedere anche la fine di questa storia. Amenofi I e Ahmose Nefertari hanno voluto questo villaggio. Questo villaggio ha funzionato. Poi probabilmente – oggi si direbbe – l’Egitto aveva speso troppo rispetto alle proprie necessità. Già all’epoca di Ramses III cominciamo ad assistere a dei disagi sociali, e nell’epoca di Ramses XI, probabilmente durante la vita di Butehamon, venne abbandonato il villaggio. Non è sicurissimo, perché alcuni ostraka, sia figurativi sia letterari, forse ci attestano una continuazione della vita nel villaggio. Però sappiamo sicuramente che Butehamon fondò un suo ufficio, la casa, forse anche la sua tomba nel tempio di Medinet Habu, qualche chilometro più a Sud, in un posto che era protetto. E sappiamo che Butehamon aveva un compito importantissimo: lui andava in giro per la necropoli, perché abbiamo ritrovato i suoi graffiti, a mettere in sicurezza i sarcofagi che venivano depredati. A Londra c’è un documento, il Robbery Papyrus, che ci parla del fatto di come fosse finito questo periodo dell’Eldorado, di come una vedova viene interrogata da un magistrato che le chiede ma perché tuo marito notte tempo si è introdotto in una tomba e ha rubato dei bacili di bronzo? e lei risponde perché con quello io e i miei figli abbiamo mangiato per tre anni. “E allora abbiamo voluto farvi riflettere anche su questo: come questa parabola del villaggio si concluda anche con un periodo di crisi e lo facciamo vedere – a mio giudizio in modo esemplare – utilizzando le nuove tecnologie, facendovi vedere il sarcofago di Butehamon, colui che mise in sicurezza i sarcofagi delle necropoli e al contempo, mentre lo faceva, prese dei pezzi per mettere in sicurezza anche il proprio.

Sarcofago giallo femminile, in legno e stucco, del Terzo periodo intermedio (XXI dinastia, 1076-943 a.C.) conservato al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)
“È una mostra quindi – conclude – che ci fa riflettere sulla vita, sulla vita dopo la morte, sull’esistenza, sulle difficoltà dell’esistenza, su come il lavoro veniva organizzato, su come si svilupparono anche delle credenze locali, e su come c’è un tema etico che pare trascendere i limiti temporali della storia. Alla fine anche per gli Egizi, come molto spesso anche per noi, quello che contava era maat, era la giustizia, era la verità, ed era l’unica cosa che ci permetteva di vivere bene sulla terra e di poter ambire a una vita dopo. E allora auguriamoci anche noi, come si auguravano gli antichi Egizi, di diventare maat keru, veritieri di voce, e di poter essere dotati di vita come il dio Sole per sempre”. Buona visita.
Vicenza. Al museo del Gioiello inaugurata la mostra “Gioielli e Amuleti. La bellezza nell’Antico Egitto”, collaterale all’esposizione “I creatori dell’Egitto eterno” aperta in Basilica Palladiana. I monili ci parlano di bellezza, cosmesi, religione e magia

Inaugurazione della mostra “Gioielli e amuleti”. Da sinistra: Marco Carniello, Global Exhibition Director Jewellery & Fashion di IEG; Michela Amenduni, direttore gestionale museo del Gioiello; Simona Siotto, assessore alla Cultura Comune di Vicenza; Francesco Rucco, sindaco di Vicenza; Christian Greco, direttore del museo Egizio; Paolo Marini, curatore del museo Egizio e della mostra (foto comune di vicenza)
La presenza dell’Antico Egitto a Vicenza si allarga. A 24 ore dalla vernice della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” in Basilica Palladiana, giovedì 22 dicembre 2022, al piano terra del monumento patrimonio dell’umanità, negli spazi del museo del Gioiello è stata inaugurata la mostra “Gioielli e Amuleti. La bellezza nell’Antico Egitto”, nata dalla collaborazione tra Italian Exhibition Group – che gestisce con il Comune di Vicenza il prestigioso spazio museale all’interno della Basilica Palladiana – e il museo Egizio di Torino. Aperta al pubblico fino al 7 maggio 2023, la mostra racconta attraverso un’ottantina di manufatti e alcuni frammenti il rapporto quotidiano degli antichi Egizi con la cura del corpo, la bellezza, la moda e l’ornamento. Curata dal direttore del museo Egizio Christian Greco con la collaborazione dei curatori Paolo Marini e Cédric Gobeil, “Gioielli e Amuleti. La bellezza nell’Antico Egitto” è collaterale alla mostra in Basilica “I creatori dell’Egitto eterno”, e offre un ulteriore livello di lettura sullo stile di vita degli abitanti di Deir el-Medina, villaggio in cui vissero gli artigiani più apprezzati dell’epoca a cui risalgono le tombe reali della Valle dei Re e delle Regine.

Locandina della mostra “Gioielli e amuleti. La bellezza nell’antico Egitto” al museo del Gioiello di Vicenza dal 23 dicembre 2022 al 7 maggio 2023
La mostra nasce tra i laboratori e i magazzini del museo torinese, dove sono stati selezionati e analizzati, con sistemi di indagini moderne, alcuni ornamenti e manufatti per la cosmesi. Oggetti in grado di aprire una finestra temporale e geografica su un mondo antico e lontano, dove ancora una volta l’accessorio prezioso, il monile, acquisisce significati e valori molteplici, si presta a simbolo di altro, che sia bellezza, fortuna, potere e magia. Monili utilizzati come ornamento per ostentare lo sfarzo, amuleti dal valore magico e apotropaico, oggetti per la cosmesi e l’igiene. L’esposizione è organizzata in quattro sezioni che offrono l’occasione di ammirare alcuni reperti mai esposti prima. Particolarmente innovativa è la sezione dedicata a KHA e MERIT, coppia illustre vissuta 3600 anni fa che ancora riposa avvolta dalle bende, i cui sarcofaghi furono rinvenuti dal celebre archeologo torinese Ernesto Schiaparelli nel 1905. È la tecnologia, con radiografie e stampe 3D, a svelare oggi, agli occhi dei visitatori del museo del Gioiello, il loro ricco corredo funebre.

Gioielli dell’antico Egitto esposti in mostra al museo del Gioiello di Vicenza (foto comune di vicenza)
“Gioielli, ornamenti e amuleti, in oro, argento, pietre preziose e altri elementi naturali nell’antico Egitto assumevano valori e funzioni molto differenti a seconda del contesto di utilizzo”, sottolinea Christian Greco, direttore museo Egizio di Torino: “nella vita quotidiana intervenivano nella percezione estetica dell’immagine dell’individuo che li indossava, nei rapporti sociali esprimevano prestigio e affermazione, mentre nella sfera religiosa fungevano spesso da amuleti dal valore apotropaico o propiziatorio. Il filo narrativo della mostra, accompagnato da una serie di scene tratte dalle pitture parietali antico egiziane, in grado di mostrarci i monili nel loro contesto d’uso, accompagna il visitatore, vetrina dopo vetrina, nel mondo della bellezza e della cosmesi prima, in quello della magia dopo, per poi giungere presso un laboratorio sperimentale dove le moderne tecnologie sono state in grado di rendere visibili e materialmente concreti alcuni gioielli che nella realtà sono ancora celati tra le bende delle mummie di Kha e Merit, due illustri personaggi vissuti a Deir el-Medina circa 3600 anni fa”. E il curatore Paolo Marini: “Gli ornamenti e gli amuleti selezionati per il museo del Gioiello nascondono, nella loro minuzia, un valore inimmaginabile oggi. Essi non sono solo la rappresentazione di uno status symbol o la manifestazione della perizia tecnica egizia, ma esprimono anche i sentimenti, i timori e le speranze di un popolo antico attraverso la scelta di forme e materiali dai forti valori simbolici e performativi. Nelle quattro sezioni proposte nel percorso espositivo, questi monili ci parlano di bellezza, cosmesi, religione e magia, ambiti dai limiti indefiniti e lontani dalle categorizzazioni moderne”.

Gli spazi espositivi che ospitano la mostra “Gioielli e amuleti” al museo del Gioiello di Vicenza (foto comune di vicenza)
“A conferma che la grande mostra in Basilica sull’antico Egitto è stata curata nei minimi dettagli”, dichiara Francesco Rucco, sindaco di Vicenza, “arriva un’esposizione collaterale in grado di aumentare il fascino e la bellezza di questa straordinaria civiltà del passato che ancora oggi sa sbalordire e incantare. Un’appendice che offrirà la possibilità di vedere da vicino le capacità artistiche degli artigiani di migliaia di anni fa, proprio qui nella terra vicentina patria di orafi e gioiellieri. È anche un’occasione per valorizzare, ancora una volta, il museo del Gioiello, prestigioso spazio museale di Italian Exhibition Group, gestito in collaborazione con il Comune di Vicenza. Un evento che consente di arricchire la già ampia offerta del circuito museale cittadino che tante soddisfazioni ci sta dando in questo 2022 in termini numerici per quanto riguarda i visitatori, superiori anche al periodo pre Covid. Ringrazio il presidente di IEG, il direttore del museo e tutti coloro che hanno lavorato per il raggiungimento di questo importante risultato”. E conclude Michela Amenduni , direttore gestionale del museo del Gioiello e responsabile marketing Jewellery & Fashion di Italian Exhibition Group: “Siamo felici di aprire le porte del museo del Gioiello ai vicentini e ai turisti in arrivo in città e presentare il risultato della bella collaborazione con il museo Egizio. Il museo del Gioiello nasce infatti per arricchire e ampliare l’offerta culturale e artistica del Comune e di Vicenza e questo progetto si colloca esattamente in questa prospettiva. Inoltre, assieme a IEG e Vicenzaoro, rappresenta un omaggio all’eccellenza orafa del territorio ed è riferimento per l’intero settore. Grazie a proposte didattiche e laboratoriali mira infatti a coinvolgere sempre di più le nuove generazioni nell’affascinante mondo dell’arte orafa”.
Al museo Egizio di Torino i protagonisti scientifici della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” hanno presentato l’evento a un mese dall’apertura in Basilica Palladiana di Vicenza: oltre 180 oggetti (tra cui una ventina dal Louvre) danno uno spaccato della vita quotidiana in Egitto 3500 anni fa

Locandina della mostra “I creatori dell’Egitto Eterno” alla Basilica Palladiana di Vicenza dal 22 dicembre 2022 al 7 maggio 2023

Corinna Rossi (politecnico di Milano) (foto graziano tavan)

Cédric Gobeil (museo Egizio Torino) (foto graziano tavan)

Paolo Marini (museo Egizio Torino)
Poco meno di un mese per il grande evento che in Basilica Palladiana a Vicenza chiude il ciclo “Grandi mostre in Basilica”: parliamo della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, dal 22 dicembre 2022 al 7 maggio 2023. Curata dal direttore del museo Egizio di Torino Christian Greco, da Corinna Rossi, professore associato di Egittologia al Politecnico di Milano, da Cédric Gobeil e Paolo Marini, egittologi e curatori dell’Egizio, la mostra restituisce uno spaccato della vita quotidiana nell’antico Egitto, con un focus particolare su Tebe, l’odierna Luxor, e Deir el-Medina, il villaggio, fondato intorno al 1500 a.C., dove scribi, disegnatori e artigiani lavoravano per costruire e decorare le tombe dei faraoni nelle Valli dei Re e delle Regine, plasmando l’immaginario dell’antica civiltà nata sulle rive del Nilo.

La Basilica Palladiana nel cuore di Vicenza, capolavoro di Andrea Palladio, sede della mostra “I creatori dell’Egitto Eterno” (foto comune di vicenza)
Il progetto “Grandi Mostre in Basilica” è ideato e promosso dal Comune di Vicenza e dal museo Egizio, con il patrocinio della Regione Veneto e della Provincia di Vicenza, in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi di Architettura “Andrea Palladio” e la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza. La promozione e l’organizzazione sono curate da Marsilio Arte, che ne pubblica il catalogo. Tra i partner dell’esposizione Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia – Vicenza, Fondazione Giuseppe Roi, AGSM AIM, Confindustria Vicenza, LD72, Beltrame Group ed Euphidra.

La presentazione della mostra “I creatori dell’Egitto Eterno” al museo Egizio di Torino: da sinistra, il sindaco Francesco Rucco, l’assessore Simona Siotto, il direttore delle Gallerie d’Italia Michele Coppola, e il direttore dell’Egizio Christian Greco (foto graziano tavan)
I protagonisti scientifici e politici della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” si sono ritrovati al museo Egizio di Torino a quattro settimane dal taglio del nastro per la presentazione ufficiale davanti a un nutrito gruppo della stampa specializzata e a egittologi, ricercatori e restauratori convenuti per conoscere in anteprima il grande evento culturale che ha convolto in prima linea tutto lo staff tecnico-scientifico del museo Egizio con la collaborazione del museo del Louvre di Parigi.

Stele dedicata da Smen, al fratello Mekhimontu e a sua moglie Nubemusekhet (Nuovo Regno, XVIII dinastia) da Deir el Medina, conservata al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)
L’esposizione riunisce infatti più di 180 oggetti: oltre ai reperti dell’Egizio, ci sono una ventina di prestiti dal Louvre di Parigi. In esposizione capolavori della statuaria, sarcofagi, papiri, bassorilievi, stele scolpite e dipinte, anfore e amuleti. Molti i tesori che verranno svelati in occasione dell’esposizione, tra cui il sarcofago antropoide di Khonsuirdis e il celebre corredo della regina Nefertari, che torna in Italia, a Vicenza, dopo diversi anni di tour all’estero. Installazioni multimediali e riproduzioni in 3D arricchiscono il percorso espositivo: tra le curiosità la storia in 3D del sarcofago dello scriba Butehamon, che restituisce al visitatore quasi una biografia dell’oggetto a partire dalla sua costruzione e l’istallazione multimediale che svela i segreti del Papiro della tomba del faraone Ramesse IV.
“Chiudiamo un ciclo importante”, interviene il sindaco di Vicenza Francesco Rucco, “con una mostra sugli Egizi guidata da Christian Greco il direttore del museo Egizio, che oggi ci ospita per la presentazione. Sarà un bellissimo connubio tra Vicenza città del Palladio e Torino che ospita il museo Egizio. Quindi una collaborazione all’interno del monumento nazionale di Vicenza, una valorizzazione anche del nostro territorio che avrà sicuramente un grande riscontro nazionale”. E continua: “La Basilica palladiana, Monumento nazionale e una delle massime espressioni architettoniche di Andrea Palladio, è il luogo più visitato e ammirato di Vicenza. La mostra sugli Egizi – osserva – chiuderà il ciclo delle tre Grandi mostre, avviato nel 2019, con un evento internazionale che sta già suscitando notevole interesse. La mostra segue l’esposizione “La Fabbrica del Rinascimento” in cui i visitatori hanno potuto approfondire la conoscenza del Cinquecento a Vicenza, periodo di invenzioni che hanno reso la città veneta un territorio dinamico e vivace sotto il profilo economico e culturale. Attraverso reperti dell’antico Egitto, tra cui sarcofagi, statue monumentali e oggetti preziosi, che verranno esposti nel grande salone della Basilica, sarà possibile un confronto tra l’operosità di Vicenza nel Rinascimento e Deir el-Medina, il villaggio egiziano in cui vissero gli artigiani che costruirono e decorarono le tombe reali della Valle dei Re e delle Regine, sulla sponda occidentale del Nilo, di fronte alla capitale Tebe”.
“Questa mostra”, sottolinea Simona Siotto, assessore ala Cultura del Comune di Vicenza, “è innanzitutto un’operazione culturale. Portare 180 pezzi, di cui 170 dal museo Egizio nella Basilica Palladiana che è monumento nazionale, patrimonio mondiale dell’Unesco, non è stato affatto semplice. Il senso però è quello di valorizzare un luogo straordinario, che però è anche piuttosto complesso perché è molto grande, e di renderlo se possibile ancora più bello attraverso una mostra che vuole insegnare qualcosa. Io ci tengo sempre a dirlo: non c’è grande cultura se non c’è una scelta dietro. E queste sono le uniche mostre che mi sento di organizzare. Apriamo il 21 dicembre una mostra che resterà aperta fino al 7 maggio 2023, e che va a investigare su quello che era la quotidianità anche nell’antico Egitto, coloro che in qualche modo hanno creato la prima grande architettura, messa all’interno di una delle opere più belle del più grande architetto del Cinquecento, che ha insegnato che attraverso la bellezza si trasformano le città. Un insegnamento di cui vogliamo essere testimoni ancora oggi”.
“La mostra nasce per rendere omaggio a Vicenza con un progetto culturale che potesse legarsi e sposarsi con quanto si è fatto negli ultimi tre anni in Basilica”, ricorda Christian Greco, “e su quanto può funzionare all’interno del tessuto culturale di Vicenza. Allora, dopo la grande mostra sul Rinascimento, facciamo una mostra che ci parla di coloro che erano i creatori dell’Egitto eterno, ovvero gli operai, gli artigiani, gli artisti che hanno collaborato per creare le tombe e le tombe erano – potremmo definirlo il metaverso – lo spazio in cui il defunto entrava in una nuova dimensione, doveva essere assimilato al dio Sole e viaggiare in un periplo costante attorno alla Terra. Parlare quindi di quale era la concezione teologica della trasformazione che il defunto aveva dopo la fine della vita terrena in quello che gli Egiziani chiamano “la nuova nascita” era fondamentale, però noi lo volevamo fare raccontando la storia delle donne e degli uomini, la storia delle persone che hanno vissuto a Deir el Medina, uno dei pochi insediamenti culturali che noi abbiamo in cui troviamo dei frammenti di vita quotidiana: e a questa prima parte abbiamo dedicato uno spazio espositivo molto importante. E quindi ci racconterà delle vite di creatori dell’Egitto eterno e poi di come la tomba diventasse un elemento di trasformazione del defunto”. E continua: “Si è trattato di un lavoro sugli archivi e sulla materialità degli oggetti. Il tutto per permettere al visitatore di intraprendere un viaggio nella Tebe del Nuovo Regno, di conoscere coloro che lavorarono nelle necropoli reali e comprendere quali fossero gli elementi iconografici e testuali che rendevano la tomba una “casa per l’eternità”, una dimensione nuova dove il sovrano poteva intraprendere il suo viaggio e iniziare la wehem meswt, la sua rinascita”.
“Il tema di questa mostra”, entra nel merito la curatrice Corinna Rossi, “è la creazione dell’Egitto che noi conosciamo, nel senso che gli operai di Deir el Medina che realizzarono le tombe dei faraoni, in realtà realizzarono-materializzarono l’Aldilà degli Egizi, e quindi lo resero luogo, lo decorarono in maniera che questo luogo potesse ospitare il faraone e condurlo alla vita eterna. Ovviamente le tombe dei faraoni erano paradigmatiche, ma a seguire tutte le tombe di nobili e di chi se lo poteva permettere tendevamo a mantenere gli stessi criteri. Questa mostra è dedicata alle persone che hanno realizzato le immagini che fanno parte proprio dello stesso immaginario dell’antico Egitto per noi: tantissimi oggetti dell’Antico Egitto che conosciamo in realtà venivano creati per accompagnare appunto i defunti nell’Aldilà. Quindi è una mostra un po’ a cavallo tra la vita prima della morte e la vita dopo la morte”.
Commenti recenti