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Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ultima apertura straordinaria serale per il 2022: “FELICE BARNABEI… Aspettando la Mostra”, anticipazioni attraverso racconti e cimeli inediti

roma_villa-giulia_felice-barnabei-aspettando-la-mostra_locandina“FELICE BARNABEI…Aspettando la Mostra. Apertura serale straordinaria del Museo”: ultima apertura serale straordinaria del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma per il 2022. Giovedì 15 dicembre 2022 apertura dalle 20 alle 23 con biglietto al costo eccezionale di 3 euro. “Aspettando la mostra” dedicata a Felice Barnabei, si anticipa, attraverso racconti e cimeli inediti, donati o messi a disposizione dai suoi eredi, la figura di un grande personaggio a cui si deve la nascita del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia e che, con il suo impegno e la sua passione, pose le basi per la moderna concezione di tutela del patrimonio culturale italiano. Programma: alle 20.30, “Felice Barnabei. Aspettando la mostra”, visita guidata a cura di Maria Paola Guidobaldi. Alle 22, “Felice Barnabei: memorie dagli archivi”, visita guidata a cura di Antonietta Simonelli. Biglietto a partire dalle 19.30, ultimo ingresso alle 22, chiusura sale espositive alle 22.30. Per informazioni: mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia è il Barbabei Day: un’intera giornata a ingresso eccezionalmente gratuito con un ricco programma di iniziative dedicate al suo fomdatore Felice Barnabei nel giorno del centenario della sua morte

roma_villa-giulia_barnabei-day_locandinaSabato 29 ottobre 2022 è il Barnabei Day. Per un’intera giornata il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma sarà a ingresso eccezionalmente gratuito con un ricco programma di iniziative dedicate a Felice Barnabei nel giorno del centenario della sua morte. Sono infatti trascorsi 100 anni dalla scomparsa di Felice Barnabei. Non è solo il fondatore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ma un pezzo di storia del nostro Paese, testimone e protagonista della piena affermazione dell’archeologia come disciplina storica, un pioniere del concetto di valorizzazione e uno dei più strenui propugnatori e difensori dei principi giuridici che ancora oggi tutelano il patrimonio culturale in Italia e sono diventati un modello a livello internazionale.

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Spettacolare veduta dall’alto di Villa Giulia a Roma, prestigiosa dimora rinascimentale sede del museo nazionale Etrusco (foto etru)

Sabato 29 ottobre, dalle 9 alle 23, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, assieme agli enti promotori del Comitato organizzativo, dà avvio alle celebrazioni in suo onore con il BARNABEI Day, una giornata interamente gratuita con un programma culturale dedicato alla sua figura e alle sue imprese, a partire da quella in assoluto più complessa e ambiziosa: raccogliere in un’unica sede le antichità che venivano alla luce al di fuori delle mura della Capitale: dalla Provincia romana fino all’Umbria. Villa Giulia divenne così, nell’arco di pochi anni dalla sua fondazione nel 1889, la prestigiosa dimora rinascimentale preposta alla custodia e alla valorizzazione di un patrimonio archeologico immenso ed eccezionale, finalmente oggetto delle cure e dell’attenzione scientifica che un nuovo approccio all’archeologia richiedeva, grazie anche all’impegno profuso personalmente da Barnabei affinché la tutela del nostro patrimonio culturale e il principio del suo superiore interesse collettivo divenissero concetti concreti e universalmente condivisi.

roma_villa-giulia_barnabei-day_programma_locandinaIl BARNABEI Day sarà animato da un ricco programma di iniziative culturali come visite guidate e laboratori didattici, presentazioni, proiezioni, dibattiti e, per concludere, un’apertura serale straordinaria fino alle 23, tutto ad ingresso gratuito. Rendiamo omaggio al fondatore con un video-racconto dedicato alla sua memoria che sarà proiettato alle 9 in Sala Fortuna, con visite guidate tematiche (alle 11, 12, 20.30, 21.30) a cura delle archeologhe del Museo e l’intervento delle restauratrici che racconteranno le tecniche utilizzate durante il restauro del tempio di Alatri. Spazio ai bambini con il laboratorio didattico delle 16 “Etruschi in vetrina: allestiamo insieme una ETRUteca” per ricordare il ruolo di Barnabei nel recupero dei manufatti e nel primo allestimento del Museo.

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Il busto bronzeo di Barnabei restaurato grazie alle donazioni ricevute attraverso l’Art Bonus (foto etru)

Nel pomeriggio, dopo l’inaugurazione alle 16.30 del busto bronzeo di Barnabei restaurato grazie alle donazioni ricevute attraverso l’Art Bonus, alle 17 verrà presentato ufficialmente il comitato organizzativo delle celebrazioni promosso da Italia Nostra. Saranno presenti studiosi, familiari e i rappresentanti delle istituzioni che hanno un legame particolare con Barnabei e che a vario titolo hanno dato il proprio patrocinio all’iniziativa come l’associazione Bianchi Bandinelli, l’Accademia dei Lincei e il Comune di Castelli (Teramo) di cui era originario (si può seguire la tavola rotonda delle 17 in streaming a questo link https://youtu.be/1k40JC6s5JM). Sarà quindi una occasione per ricordare da diverse prospettive l’illustre festeggiato e per dare un’anteprima delle principali iniziative che nel corso dell’anno onoreranno la sua memoria e la sua opera. Il comitato vanta già il patrocinio e l’adesione, oltre ai soggetti menzionati, del ministero della Cultura, dell’Archivio di Stato di Teramo, dell’Istituto centrale per l’Archeologia – Direzione generale Archeologia Belle arti e paesaggio, dell’università di Teramo e dell’Istituto nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte – INASA. Alle 20, in occasione dell’apertura serale, oltre a visite guidate tematiche gratuite offerte dal personale del Museo, avrà luogo una proiezione straordinaria con dibattito del documentario “L’anello di Grace”, dedicato alla ricostruzione delle vicende legate al “trafugamento” della biga di Monteleone di Spoleto per la restituzione del quale Barnabei fu uno dei pochi a impegnarsi pubblicamente. Intervengono Giuliana Calcani, Maurizio Fiorilli, Fabio Isman, Valentino Nizzo, Dario Prosperini. Prenotazioni obbligatorie: laboratorio didattico (alle 16) all’indirizzo mn-etru.didattica@cultura.gov.it ; tavola rotonda (alle 17) e proiezione del documentario (alle 20) all’indirizzo mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it.

Roma. In occasione dell’apertura serale del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, doppia proiezione a grande richiesta del film “L’anello di Grace” di Dario Prosperini sul trafugamento della Biga di Monteleone di Spoleto, trovata 120 anni fa, e oggi esposta al Met di New York nota come Golden Chariot

A grande richiesta e per l’interesse del pubblico, sabato 8 ottobre 2022, in occasione dell’apertura serale straordinaria del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, dalle 20 alle 24, doppia proiezione, alle 20 e alle 21.30, nella Sala della Fortuna del documentario “L’anello di Grace” del regista e giornalista Dario Prosperini.  Sarà presente il regista. Al termine del documentario visita guidata alle collezioni a cura del personale del Museo. Posti limitati. Prenotazione obbligatoria all’indirizzo mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it. Ingresso al costo eccezionale di 3 euro. Biglietto acquistabile a partire dalle 19.30. Ultimo ingresso alle 23. Chiusura sale espositive alle 23.30.

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La biga etrusca di Monteleone di Spoleto trafugata dall’Italia 120 anni fa e ora esposta al Met di New York come Golden Chariot (foto etru)

“L’anello di Grace” ricostruisce con testimonianze inedite e di prima mano le vicende di un trafugamento senza precedenti nella storia del nostro Paese: quello della Biga Etrusca di Monteleone di Spoleto, considerata una delle opere più importanti del Metropolitan Museum of Art di New York dove è nota come Golden Chariot. In occasione dei 120 anni dal ritrovamento, il regista e giornalista Dario Prosperini ripercorre le tappe di una delle vicende più drammatiche e discusse della storia della tutela archeologica nel nostro Paese, ricca di misteri, omissioni e colpi di scena. Documenti rimasti a lungo inediti rivelano per la prima volta la catena di connivenze anche illustri e insospettabili che, dopo una trattativa durata mesi, consentirono l’esportazione illecita negli Stati Uniti di uno dei monumenti dell’arte etrusca, prodotto a Vulci nel VI secolo a.C. È così emerso un nuovo quadro indiziario che ha convinto il comune di Monteleone a tentare di riaprire la procedura giudiziaria internazionale per ottenerne la restituzione. 

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Guglielmo Berattino, storico e scrittore di Ivrea (foto etru)

Tra i protagonisti delle vicende narrate nel documentario figurano Guglielmo Berattino, storico e scrittore di Ivrea, incappato in un segreto inconfessabile nascosto in un vecchio faldone, e Grace Filder, un’affascinante e avventurosa contessa inglese il cui anello dai poteri magici ci ha condotto laddove la vita e la morte continuano a parlarsi, rivelando forse un’ulteriore e del tutto inaspettata pagina della storia millenaria del “capitano” che portò con sé nella sua ultima dimora, nascosta tra le cime più selvagge dell’Umbria, lo splendido carro etrusco. Al confine tra un noir e una spy story, la vicenda costituisce uno degli episodi più emblematici delle gravissime ferite inferte al patrimonio culturale italiano, ancor più significativa se si considera che la scoperta ebbe luogo a pochi mesi dall’approvazione della prima legge di tutela del nostro Paese, fortemente caldeggiata dal fondatore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Felice Barnabei, uno dei pochi che all’epoca si impegnò attivamente per la restituzione del carro.

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La Biga di Monteleone di Spoleto oggi a Met di New York dove è chiamata Golden Chariot (foto etru)

Il “Golden Chariot”, com’è soprannominato oltreoceano, è un reperto di valore inestimabile, sia per la conservazione che per la fattura: sui tre pannelli che lo compongono sono raffigurate le gesta dell’eroe omerico Achille. Il carro, decorato a sbalzo con intarsi in avorio, oltre alla qualità artistica, dimostra la capacità degli Etruschi di padroneggiare il linguaggio simbolico, figurativo e tecnico dei Greci. “L’anello di Grace” è un’immersione nella bellezza, ma soprattutto è un omaggio alla ricerca delle verità potenzialmente nascoste in un cimitero, in una tomba e, soprattutto, in un anello.

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Il Colle del Capitano a Monteleone di Spoleto dove è stata ritrovata la Biga oggi al Met di New York (foto etru)

“L’anello di Grace”: sinossi. Approcciarsi al mondo dell’arte è un’impresa assai complessa, ci vuole cura, molto studio e capacità immaginativa. Imbattersi in una storia di trafugamenti di opere d’arte è un po’ diverso in quanto è necessario sciacquarsi il volto, fare un bel respiro e tenere a mente soltanto un principio: la verità. “L’anello di Grace” è un viaggio nella bellezza e nella giustizia, una narrazione che non esprime pareri ma che vuole scuotere le coscienze.

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Saverio Vannozzi, pronipote di Giuseppe, scopritore della Biga di Monteleone (foto etru)

A cavallo tra l’Editto Pacca e le prime leggi di tutela del patrimonio artistico del 1902 e del 1909, Giuseppe Vannozzi e il papà Isidoro caddero in una tomba mentre stavano realizzando i lavori di ampliamento della casa colonica a Colle del Capitano, nei pressi di Monteleone di Spoleto. Era l’8 febbraio 1902 e quella non era una tomba qualunque. La voce fece presto ad arrivare alle orecchie di trafficanti esperti e navigati. La Biga sparì di notte trasportata percorrendo le mulattiere del circondario. Da quel momento i protagonisti di questa storia si mossero nell’ombra, acquistando illegalmente la Biga per 900 lire per esporla prima a Roma in una vetrina di via del Corso, poi occultandola negli scantinati della sede del Crédit Lyonnais di Parigi e infine trafugandola a New York. A causa di omissioni e colpi di scena, le indagini delle forze dell’ordine andarono a rilento. Quei loschi protagonisti erano tutti italiani.

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Il frontespizio del libro di Roma Lister “Ulteriori reminiscenze: occulte e sociali” con il racconto di Grace Filder (foto etru)

Alcune di queste informazioni si trovano all’interno di un rarissimo libro del 1927 di una scrittrice inglese nata nella città eterna da cui prese il nome: Roma Lister. Il suo libro intitolato “Ulteriori reminiscenze: occulte e sociali” è scritto in inglese ed è una raccolta di storie sull’esoterismo. Tra di esse c’è quella della sua cara amica Grace Filder che sposò un ricco possidente e nobile umbro: il Conte Solone di Campello della Spina. Con lui è sepolta al Cimitero Acattolico di Roma. Altri dettagli di come la Biga venne acquistata dal MET, ci arrivano da una scoperta nella scoperta. Nel 2018 lo storico piemontese Guglielmo Berattino si imbatté in un vecchio faldone dimenticato all’interno della Biblioteca Civica Costantino Nigra di Ivrea: si trattava proprio degli scambi epistolari relativi alla contrattazione tra i trafficanti d’arte. Grazie a Berattino questo trafugamento è oggi ufficialmente “made in Italy”. Il documentario è un racconto emblematico di come l’arte senza tutela rischi di perdere il suo fascino; sovrapponendo le scartoffie ingiallite agli eroi omerici incisi sulla Biga, si rischia di confinare la cultura in una fredda teca che non le appartiene più. Dalle vetrine di uno dei più prestigiosi musei al mondo, il MET di New York, la Biga ci guarda attonita, forse nostalgica, sicuramente arrabbiata con coloro che in questi 120 anni non l’hanno tutelata adeguatamente. I termini legali per un suo ritorno sono senz’altro scaduti, non quelli etici. La diplomazia culturale sembra l’unica strada percorribile ma ci sono delle condizioni: la Biga deve essere riconosciuta come “bene trafugato”. Il reperto non rientra infatti nel limbo più ambito dalle opere esportate illegalmente. In assenza di questo dettaglio tutto si complica. Tutto dipende da noi.

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Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (foto etru)

“Ho conosciuto Dario circa un anno fa a Villa Giulia”, ricorda il direttore Valentino Nizzo. “Le riprese nel museo costituivano infatti un contorno fondamentale per approfondire la civiltà etrusca e mi ha fatto molto piacere contribuire al raggiungimento di questo nobile scopo. Quello che Dario non poteva sapere è che c’era una pagina ancora del tutto inedita della storia del carro che custodivo pazientemente in attesa di avere una occasione adeguata per raccontarla. Dopo circa venti anni l’occasione è arrivata e ho molto apprezzato il modo in cui Dario ha saputo valorizzarla, arrivando addirittura a costruire la narrazione intorno a questa inattesa, romantica e per molti versi esoterica scoperta, nascosta dal 1927 nelle pagine di un raro e introvabile libro di Roma Lister, scrigno di racconti dal sapore esoterico, dal quale è riemersa la biografia avventurosa di una donna vissuta a cavallo tra l’800 e il 900, Grace Filder, coinvolta indirettamente nelle vicende del carro al punto da considerarsi una reincarnazione del Capitano grazie anche a un anello che sarebbe appartenuto alla sua sepoltura, acquistato nel 1918”. E continua: “Come solo Tolkien poteva immaginare, la storia di un anello ha così finito per dare il titolo al documentario e per contribuire alla riscoperta di una donna straordinaria dalla vita sicuramente incredibile perché fu tra le prime alpiniste e nel 1903 contribuì addirittura a fondare la Società Aeronautica Italiana, conducendo audaci escursioni in pallone aerostatico che non mancava poi di narrare in efficaci resoconti giornalistici. La vicenda del trafugamento del carro è una grave ferita e probabilmente sarà molto difficile se non impossibile risarcirla dopo 120 anni. I presupposti per rivendicarlo ci sarebbero stati se l’azione fosse stata tempestiva. Oggi almeno abbiamo la soddisfazione morale di conoscere come è andata davvero la vicenda e quali sono stati i suoi colpevoli protagonisti, a partire dal direttore del museo Palma di Cesnola. Sono emerse quindi tutte le responsabilità morali di una sottrazione che solo negli ultimi anni ha cominciato a fare breccia nell’orgoglio dei concittadini del Capitano. Nella speranza che ferite alla nostra memoria e alla nostra Storia non si ripetano più o, almeno, non con tale facilità e nel disinteresse dei più. Anche per questo tra pochi giorni celebreremo il nostro fondatore a cento anni dalla sua scomparsa, Felice Barnabei, il padre della legislazione di tutela del patrimonio culturale italiano e uno dei pochi che sin dal 1902 provò a intervenire per evitare l’esportazione del carro”.

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Le lettere ritrovate da Guglielmo Berattino sul trafugamento della Biga etrusca di Monteleone di Spoleto (foto etru)

“Questo lavoro”, spiega il regista Dario Prosperini, “ha lo scopo di mostrare come andarono realmente i fatti. Senza giudizio. Si trattò senza ombra di dubbio di trafugamento, sia per la legge Pacca che per quella del 1902. E le lettere ritrovate da Berattino mostrano che ne erano a conoscenza gli stessi trafficanti d’arte. Come è possibile che lo sapessero loro e noi dopo 120 anni non riusciamo a dirci che fu trafugamento? Quello che conta non è tanto se la Biga risieda a New York o a Tokyo, quello che conta è che venga scritta la verità”.

Roma. Il direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia un appello alla community per finanziare il restauro del busto in bronzo di Felice Barnabei, padre fondatore dell’Etru, del quale nel 2022 ricorre il primo centenario della morte

“Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia è la casa di coloro che amano la cultura etrusca, l’arte e la bellezza”, esordisce il direttore Valentino Nizzo che lancia un appello-progetto. “Vogliamo continuare concretamente a proteggere il patrimonio culturale che abbiamo l’onore di custodire e la missione di far conoscere. Per questo ci teniamo a coinvolgervi nei nuovi progetti su cui stiamo lavorando. Un esempio, è la mostra temporanea dedicata a Felice Barnabei, padre fondatore del Museo di Villa Giulia, di cui ricorre il primo centenario della morte proprio nel 2022. Vogliamo celebrare questa ricorrenza rilanciando il progetto di restauro del busto in bronzo che lo raffigura e che si trova nei giardini della Villa. Anche voi potete sostenere questo progetto, contribuendo con una donazione sul portale Artbonus. Visitate la pagina https://bit.ly/3pk2En3 e diventate anche voi Ambasciatori della cultura! Lo sapete che grazie all’Artbonus si può recuperare fino al 65% della donazione?”. E così Nizzo racconta l’antefatto, perché in realtà il progetto era nato più di un anno fa: “L’anno scorso abbiamo chiesto a tutti quelli che ci seguono e ci vogliono bene di dare un piccolo contributo per un obiettivo molto importante dal punto di vista simbolico, il restauro del busto in bronzo di Felice Barnabei, realizzato dopo la sua scomparsa alla fine di ottobre del 1922. Il prossimo anno – ricorda – saranno infatti 100 anni dalla scomparsa del fondatore, e vogliamo celebrarne la memoria attraverso tanti oggetti inediti donati dai suoi eredi. Sarà un modo per riflettere sulla sua storia personale, sulla storia del museo ma anche sulla storia dell’archeologia nel momento in cui è diventata una disciplina scientifica grazie anche a persone come Barnabei tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. La risposta l’anno scorso fu immediata. Cioè il giorno dopo ci hanno contattato per chiederci di poter finanziare l’opera purché il donatore fosse l’unico responsabile della donazione e noi abbiamo rispettato questa volontà e l’abbiamo coltivata nell’arco di un anno, poi una serie di situazioni contingenti, legate forse anche a quello cui tutti stiamo assistendo, ha portato il donatore a tirarsi indietro, e in quest’anno non abbiamo più promosso questo restauro, e quindi torniamo a farlo per lanciare questo messaggio di partecipazione. La cifra è davvero modesta. Si tratta solo di 3mila euro. Per il museo non sarebbe un problema destinare una parte di fondi, ma noi stiamo concentrando le nostre risorse su tanti interventi di recupero delle collezioni del complesso architettonico. Pensare che ci possa essere qualcuno di quelli che ci seguono che vuole contribuire attivamente aiutandoci nel sostenere questo progetto per noi vuol dire anche qualcosa di simbolico e sicuramente mostreremo la riconoscenza per tutti quelli che vorranno contribuire in occasione dell’inaugurazione di questa mostra il prossimo ottobre o novembre dell’anno prossimo. Aspettando il 2022 conclude Nizzo – sostieni Museo ETRU e diventa Ambasciatore della Cultura!”.

Roma. A un anno dalle celebrazioni ufficiali per il centenario della morte di Felice Barnabei, fondatore del museo di Villa Giulia, apre la mostra “FELICE BARNABEI. Gocce di memorie private”, con parte dei disegni giovanili e della collezione archeologica dell’illustre archeologo donata al museo dai suoi discendenti. Ingresso col Green Pass

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La locandina della mostra “FELICE BARNABEI. Gocce di memorie private” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma

Il 29 ottobre 2022 ricorrerà il centenario della morte di Felice Barnabei, fondatore del museo di Villa Giulia, Felice Barnabei, figura di spicco nell’ambito della direzione generale Antichità e Belle Arti e deputato alla Camera del Regno d’Italia dal 1899 al 1917 per i Collegi di Teramo e di Atri. Manca ancora un anno, ma in attesa delle celebrazioni ufficiali il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia offre un primo assaggio giovedì 9 settembre 2021, alle 17, quando si inaugura la mostra “FELICE BARNABEI. Gocce di memorie private” (fino al 10 ottobre 2021 nella Sala dei Sette Colli, al piano nobile di Villa Giulia), curata da Maria Paola Guidobaldi con il contributo alla progettazione di Antonietta Simonelli, Miriam Lamonaca, Vittoria Lecce e Angela Laganà. La mostra è visitabile negli orari di apertura del museo (martedì-domenica, dalle 9 alle 20) ed è compresa nel costo del biglietto di ingresso. ​ L’ingresso al museo è consentito nel rispetto delle misure di prevenzione anti-Covid. Obbligo di esibizione del Green Pass corredato da un valido documento di riconoscimento. “Dobbiamo essere grati ad alcuni dei suoi discendenti, che in anni recenti hanno donato a questo luogo del cuore del loro illustre antenato venti suoi disegni giovanili e la sua collezione archeologica, di cui il nostro museo si è preso cura e che ora per la prima volta espone al pubblico”, scrive la curatrice Maria Paola Guidobaldi. “Un’occasione per onorare colui che ha legato il proprio nome e la propria intelligente ed energica azione al museo di Villa Giulia, la cui fondazione nel 1889 come sezione extraurbana del museo nazionale Romano si colloca nel fervido clima dell’Italia postunitaria, in cui si gettarono le basi dell’Archeologia Nazionale”.

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Un disegno giovanile di Felice Barnabei, prima e dopo il restauro (foto etru)

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Palazzo Fuschi, casa di Felice Barnabei, a Castelli, ai piedi del Gran Sasso d’Italia, in Abruzzo (foto etru)

Un primo assaggio dunque in attesa delle celebrazioni per il centenario della sua morte del 2022, e perciò “gocce”, in questo caso di memorie private, restaurate da Barbara Costantini (i disegni) e da Miriam Lamonaca e Irene Cristofari (la collezione archeologica). Si potranno ammirare otto dei venti disegni autografi donati nel 2019 da Lucia, Guido, Maria Angelina, Francesca e Caterina Fiegna, pronipoti di Caterina, sorella di Felice Barnabei, trovati nell’estate del 2018 nelle soffitte di Palazzo Fuschi di Castelli, pittoresco borgo abruzzese alle pendici del Gran Sasso d’Italia, dominato dal Monte Camicia, ferito dal sisma del 2016 e ove Felice Barnabei nacque il 13 gennaio del 1842. Realizzati a matita e a carboncino su carta, sono esercitazioni sul disegno anatomico che denotano spiccate qualità disegnative. Risalgono agli anni 1854-1858, quando Felice Barnabei, grazie a un sussidio del governo borbonico, poté studiare a Teramo presso i Padri Barnabiti e frequentare la scuola di disegno di Pasquale Della Monica.

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Alcune ceramiche della collezione archeologica di Felice Barnabei (foto etru)

Le vetrine accolgono una significativa selezione della collezione archeologica donata nel 2018 dalla pronipote Roberta Nicoli Barnabei. Costituita da ottantuno oggetti fra originali e riproduzioni moderne di reperti antichi, la raccolta riflette gli interessi scientifici e professionali di Barnabei. Fra gli oggetti di bronzo spiccano quelli di provenienza medio-adriatica, molto vicini ai materiali caratteristici della necropoli di Alfedena in Abruzzo, la cui esplorazione era stata condotta dalla direzione generale Antichità e Belle Arti e seguita dallo stesso Barnabei. Rilevanti anche i frammenti di ceramica sigillata, detta anche “aretina” che dalla metà dell’Ottocento destò la curiosità degli studiosi, sia per la tecnica esecutiva, sia per la presenza di marchi di fabbrica.

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Un calco di marchio di fabbrica con il nome Marcus Perennius (foto etru)

Di grande interesse appaiono pertanto i calchi di sette marchi di fabbrica in cui ricorre il nome di Marcus Perennius, titolare della più nota officina aretina, individuata proprio negli anni ’80 dell’Ottocento e pubblicata in “Notizie degli Scavi di Antichità”, periodico dell’Accademia nazionale dei Lincei, di cui dal 1880 Barnabei era redattore ed è dunque probabile, come ha intuito Antonietta Simonelli, che dopo essere stati utilizzati per la pubblicazione tali calchi siano rimasti nella disponibilità dello stesso Barnabei. Analoga spiegazione potrebbe avere la presenza nella collezione del calco del Vaso dei mietitori, opera rinvenuta a Creta nel 1902 e pubblicata l’anno successivo insieme a foto tratte sia dall’originale, sia da calchi appositamente eseguiti in un altro periodico curato da Barnabei, i “Monumenti Antichi”.

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Singolare caricatura di Felice Barnabei, realizzata in ceramica probabilmente di Castelli e a forma di salvadanaio (foto etru)

Completano l’esposizione una singolare caricatura di Felice Barnabei, realizzata in ceramica probabilmente di Castelli e a forma di salvadanaio, prestata per l’occasione dal pronipote Peppino Scarselli, e alcune foto di famiglia prestate dal pronipote Alfredo Celli. Un video realizzato da Mauro Benedetti presenta in modo suggestivo tutte le opere donate e le foto di famiglia e le vedute di Castelli degli inizi del Novecento appartenenti all’archivio di Alfredo Celli. L’allestimento comprende infine due inusitati pannelli dipinti che, lungi dall’essere meri fondali, diventano essi stessi opere esposte. Sono stati eseguiti da artisti generosi che hanno messo a disposizione il proprio talento per onorare insieme a tutti noi il fondatore del Museo e omaggiare, da artisti, le sue inattese qualità disegnative che l’esposizione per la prima volta disvela.

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L’albero genealogico della famiglia Barnabei dipinto da Giampiero Abate e Bianca Maria Scrugli (foto etru)

L’albero genealogico della famiglia Barnabei, ricostruito grazie al contributo fondamentale di Alfredo Celli, è stato mirabilmente trasformato da Giampiero Abate e Bianca Maria Scrugli in un’opera figurativa di grande piacevolezza, dipinta per esigenze di allestimento con colori acrilici su una pellicola in PVC autoadesiva, successivamente applicata a uno dei supporti di sala (1.50×2 metri). Giancarlo Bucci ha invece con grande efficacia e sapienza coloristica trasfigurato una veduta storica del natio borgo di Castelli, ove egli stesso ha studiato, diplomandosi come “Maestro d’arte per la ceramica” in quella Scuola d’arte fondata proprio da Felice Barnabei nel 1906. Il dipinto (3×2 metri) è stato realizzato su pannelli di forex con colori acrilici e con finitura di vernice trasparente opaca, una tecnica sperimentata per la prima volta dall’artista e dettata anch’essa da necessità di allestimento.