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L’ultimo giorno di Pompei: 24 agosto o 24 ottobre? Secondo il nuovo studio, tra archeologia sperimentale e nuovi dati archeobotanici inseriti nel contesto, “non si può escludere la data del 24 agosto 79 d.C., come tramandata da Plinio”. E si aprono interrogativi su cambiamenti climatici e pratiche agricole nel mondo antico

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Pompei vista dall’alto all’ombra del Vesuvio (foto parco archeologico pompei)

Quando avvenne l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano? Il 24 agosto, come ci ha tramandato Plinio, o il 24 ottobre, come ha fatto ipotizzare l’iscrizione in carboncino scoperta nel 2018 nella Casa del Giardino durante gli scavi nella Regio V di Pompei (vedi Pompei. La scoperta di un’iscrizione a carboncino nella Casa con Giardino sposterebbe la datazione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. da agosto a ottobre. L’annuncio durante la visita agli scavi della Regio V del ministro ai Beni culturali Alberto Bonisoli | archeologiavocidalpassato)? Gabriel Zuchtriegel, Chiara Comegna, Fabrizio Conte, Alessandro Russo, autori della ricerca “La data della distruzione di Pompei: premesse per un dibattito aperto”, ora pubblicata sull’E-Journal degli Scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/, che presenta i risultati di un progetto di archeologia sperimentale sulla durabilità di iscrizioni a carboncino nonché un aggiornamento sullo studio delle fonti letterarie e archeobotaniche, concludono che al momento non ci sono sufficienti elementi per scartare la data del 24 agosto, presente già nei più antichi manoscritti. Pongono, inoltre, alcuni interrogativi riguardo a cambiamenti climatici e diversità geografiche caratterizzanti coltivazioni e pratiche agricole nel mondo antico. Nell’area mediterranea – “hot spot” nello studio dei cambiamenti climatici attuali – clima e pratiche agricole cambiavano già in antico, sia da regione a regione, sia nel corso del tempo. “Non possiamo al momento escludere che l’eruzione sia avvenuta il 24 agosto, come scrisse Plinio, e occorre domandarsi cosa questo potrebbe significare”, ha dichiarato il direttore degli scavi di Pompei, Gabriel Zuchtriegel. “Forse abbiamo sottovalutato la tradizione letteraria, che in realtà non è così confusionaria come si è spesso creduto, mentre potremmo aver sopravvalutato la stabilità del clima e dei cicli agricoli: in realtà il clima è cambiato anche nel passato, seppure con ritmi più lenti, e Pompei offre un’occasione unica per studiare un ecosistema fortemente condizionato dalla presenza umana già 2000 fa. La biodiversità e la varietà di pratiche, coltivazioni e tradizioni locali va ben oltre il quadro, necessariamente schematico, che offrono gli autori antichi che si sono occupati di agricoltura. Comunque, il nostro non vuole essere un punto finale, ma un contributo per continuare la discussione e aprire nuove prospettive”.

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L’iscrizione a carboncino, scoperta nella Casa con Giardino di Pompei, che riporta la data del 17 ottobre del 79 d.C. (foto parco archeologico pompei)

Lo studio. “Ci siamo limitati ad analizzare alcune delle questioni più centrali del dibattito relativo alla data dell’eruzione di Pompei, a cominciare dall’iscrizione a carboncino della Casa del Giardino”, spiega Zuchtriegel. “Quale primo editore dell’iscrizione della Casa del Giardino, Massimo Osanna ha usato due argomenti principali, che non si escludono a vicenda. Il primo è la natura effimera delle iscrizioni a carboncino: la scritta non sarebbe rimasta intatta a lungo, per cui sembrerebbe poco probabile che fosse stata apportata nel mese di ottobre del 78 d.C. o negli anni precedenti. Il secondo argomento è il contesto archeologico: dal momento che l’atrio era, secondo il direttore scientifico dello scavo, oggetto di lavori in corso che avrebbero successivamente interessato anche la parete su cui si trova l’iscrizione, Osanna ritiene improbabile che in un contesto destinato a mutare rapidamente, un’iscrizione a carboncino potesse rimanere leggibile per più di dieci mesi. Abbiamo perciò affrontato il primo argomento con l’aiuto dell’archeologia sperimentale, per verificare quanto tempo un’iscrizione a carboncino possa effettivamente durare a Pompei, per poi passare al secondo argomento, ovvero a un’analisi del contesto dell’iscrizione della casa del Giardino, anche con un aggiornamento delle ricerche archeobotaniche in corso nel laboratorio del Parco”.

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Gli ambienti affrescati della Casa del Giardino a Pompei (foto parco archeologico pompei)

Qual è dunque il giorno esatto dell’eruzione del Vesuvio che seppellì Pompei ed Ercolano? “L’obiettivo della ricerca – scrive Zuchtriegel – non era quello di aggiungere un ulteriore esempio alla lunga lista di tentativi di chiudere questa complicata ma affascinante domanda, quanto mettere a punto le premesse per riaprire la questione in una cornice più chiara”.

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“L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.” dipinto di Pierre-Henri de Valenciennes (1813) conservato al musée des Augustins di Tolosa

Primo punto: la tradizione letteraria è chiara e univoca. Da Plinio il Giovane ci è stata tramandata la data del 24 agosto; tutte le altre (24 ottobre, 1° novembre, 23 novembre ecc.) sono il risultato di fraintendimenti, supposizioni e misinterpretazioni abbastanza recenti e perfettamente rintracciabili nella bibliografia post rinascimentale.

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Archeologia sperimentale a Pompei: iscrizione a carboncino realizzata tra il 2023 e il 2024 nella Casa del Giardino per verificare la sua “tenuta” nel tempo (foto parco archeologico pompei)

Secondo punto: oggi si è in grado di dire almeno con certezza quali elementi sono da escludere dal nostro ragionamento, quelli che sono, per così dire, ‘fuorigioco’. L’iscrizione a carboncino, scoperta nel 2018 nella casa del Giardino e riportante la data del 17 ottobre (“XVI K NOV”), è uno di questi. Un progetto di archeologia sperimentale avviato il 17 ottobre 2023, quando fu apportata una simile iscrizione sulla stessa parete di quella originale, ha chiaramente dimostrato che dieci mesi dopo, ovvero il 24 agosto 2024, il testo era ancora perfettamente leggibile oltreché di sembianza abbastanza fresca. “Non si può quindi escludere che l’iscrizione fosse stata realizzata il 17 ottobre 78 d.C., dunque a poco più di dieci mesi dalla data pliniana dell’eruzione”. Lo stesso vale per il contesto. L’intonaco su cui è scritto il testo era quello definitivo, mancava però il relativo pavimento. Tuttavia, l’assenza di tracce di un cantiere attivo suggeriscono che evidentemente si stava in questa condizione, tutto sommato gestibile anche se forse non al massimo del decoro, da qualche tempo. È del tutto verosimile (forse concorderà chi ha fatto l’esperienza di avviare dei lavori di ristrutturazione in casa) che questa situazione si prolungava per un anno o più, per cui anche il contesto non ci fornisce elementi per affermare che l’iscrizione sia necessariamente del 79 d.C.

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La Casa del Giardino nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Terzo e ultimo punto: “Abbiamo cercato di illustrare come i dati archeobotanici siano generalmente caratterizzati da una notevole complessità e, in alcuni casi, da apparenti contraddizioni, che richiedono uno studio approfondito dei singoli contesti. Al momento l’impressione è che più si approfondisce il singolo caso, più si innestano domande e dubbi su interpretazioni che a prima vista possono sembrare scontate ma che a ben guardare non sono così certe”. Si è trovato – ad esempio – nel medesimo strato archeologico noccioli di pesche e bucce di castagne: pesche tardive con le castagne (e quindi riferibili ad ottobre)? o pesche con castagne agostane (e quindi riferibili ad agosto)? entrambe situazioni possibili all’epoca dell’eruzione del Vesuvio.

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Gabriel Zuchtriegel e Massimo Osanna nella Casa del Giardino, Regio V, a Pompei (foto parco archeologico di pompei)

“Ma al di là di queste osservazioni – continua Zuchtriegel -, ci sia consentita una riflessione di ordine più generale. Abbiamo insistito sulle regole del buon gioco scientifico: ciascun tipo di fonti va analizzato secondo le proprie caratteristiche ed esigenze ermeneutiche. A volte, però, le stesse regole rischiano di diventare un limite. L’alternarsi delle stagioni, i tempi dell’agricoltura, in breve il clima, alla fine del Settecento appariva come una certezza immutevole. Oggi siamo consapevoli che non è così. Il clima cambia, e anche se il cambiamento oggi avviene con una velocità forse mai vista nella storia dell’umanità, esso cambiava anche in antico. Con questo non ci si riferisce solo alle variazioni nella temperatura media, ma anche all’altissimo grado di variazione che scaturisce dall’interazione tra uomo e ambiente in diverse aree geografiche e nei tanti micro paesaggi mediterranei. Insomma, forse è giunto il momento di contemplare la possibilità di porre la domanda in modo diverso: e se non si trattasse di correggere, tramite le certezze scientifiche di singoli reperti archeobotanici (ma sono veramente così certi?), una data percepita come incerta perché tramandata da copisti medievali notoriamente poco ‘fededegni’ (Osanna 2023 a, p. 135); se si trattasse, invece, di ripensare, intorno a una data tutto sommato non così incerta, il 24 agosto appunto, le nostre presunte certezze sull’agricoltura e valutare in modo più specifico il clima del I secolo d.C.? La relazione tra i testi come quelli di Columella o Plinio e la realità dell’epoca, alla fine, è come quella tra un dotto manuale di agricoltura settecentesco, compilato da un qualche nobile o clerico curioso, e la infinita varietà di tradizioni, costumi, esigenze e peculiarità geografiche che sono rimaste intatte sulla penisola italiana fino a meno di un secolo fa, ma che ormai stanno scomparendo rapidamente. Pompei e il suo territorio sono anche uno straordinario comprensorio di saperi e tradizioni sommerse, di cui nessun autore antico parla se non in forma estremamente semplificata e sommaria, e non potrebbe essere diversamente. Ma l’archeologia ha la possibilità di andare oltre la semplice conferma di quel che dice un Plinio o un Varrone, analizzando appunto l’insieme multiforme e complesso dei dati, l’intreccio tra sviluppi sociali, culturali, coltivazioni e ambiente; tra lavoro schiavistico, urbanizzazione, stratificazione e biodiversità; tra geografia politica, navigazione sociale e deforestazione e tanto altro. In una tale ottica, la data dell’eruzione è solo una tra tante domande che attendono di essere affrontate dall’archeologia del XXI secolo”.

Pompei. Gli scavi nell’Insula 10 della Regio IX restituiscono i corpi di due pompeiani, un giovane e una donna, nel momento dell’agonia di fronte alla morte, intrappolati nella stanzetta dove si erano rifugiati con un po’ di monete e qualche gioiello per scampare alla pioggia di lapilli. Zuchtriegel: “Un fermo-immagine, una vera e propria scena, intensa e drammatica, dell’istante della morte”

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Veduta zenitale dell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX di Pompei: ricostruzione col mobilio e la posizione degli scheletri (foto parco archeologico pompei)

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La posizione dell’ambiente 3 nell’Insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Sono le 8 del mattino del secondo giorno dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. quando la corrente piroclastica investì Pompei. Qualche ora prima, alla pioggia di lapilli, una donna di 35-45 anni e un uomo più giovane, sui 15-20 anni, avevano trovato un rifugio di fortuna e vi si erano chiusi dentro, sentendosi al sicuro in quel piccolo ambiente, forse un’apotheca, che, durante la ristrutturazione della grande domus danneggiata dal terremoto del 62 d.C., era stata adibita a una piccola stanza da letto, un cubiculo transitorio, con un letto e pochi mobili in legno. La donna aveva con sé monete d’oro, d’argento e bronzo, e alcuni monili tra cui orecchini in oro e perle: un piccolo tesoro per garantirsi un domani una volta passati quei momenti terribili e tornare a respirare l’aria pulita dello scampato pericolo. Ma i lapilli invasero ogni spazio aperto del resto della casa. Quel cubicolo, grazie all’infisso chiuso, rimase sgombro dalle pomici che riempirono, invece, il salone adiacente, bloccando di fatto la possibilità alle due ignare vittime di riaprire la porta e scappare. Erano in trappola. L’angusta stanzetta era diventata la loro tomba. E lì trovarono la morte col sopraggiungere dei flussi piroclastici. I loro corpi sono stati scoperti duemila anni dopo dagli archeologi di Pompei, riportando alla luce l’agonia, il tormento, la disperazione di quei due pompeiani di fronte alla morte.

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Un momento dello scavo degli scheletri dell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)

I resti di altre due vittime dell’eruzione del Vesuvio sono l’ultimo rinvenimento nell’ambiente 33 della domus nell’area di scavo della Regio IX, Insula 10 di Pompei, dove sono in corso indagini archeologiche nell’ambito di un più ampio progetto volto alla messa in sicurezza dei fronti di scavo da parte del parco archeologico di Pompei. Il progetto di scavo si inserisce in un approccio più ampio, sviluppato negli ultimi anni con l’obiettivo di migliorare la tutela e l’assetto idrogeologico dei fronti di scavo. In base ai dati raccolti in questo periodo, il parco archeologico è impegnato a calibrare il proprio approccio, mettendo al centro gli aspetti del restauro, della salvaguardia e dell’accessibilità del patrimonio e circoscrivendo accuratamente le aree di scavo all’interno della città sepolta nel 79 d.C. Al tempo stesso, importanti investimenti ministeriali e governativi sono destinati a nuovi scavi nel territorio circostante, da Civita Giuliana a Villa dei Misteri e all’antica Oplonti nel Comune di Torre Annunziata.

“Si tratta di un grande cantiere di restauro di messa in sicurezza”, spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel, “che ci fornisce delle informazioni davvero preziose sugli ultimi istanti di vita delle persone nell’eruzione del 79 d.C. sulle scelte che loro hanno fatto, che cosa portare, dove rifugiarsi. E non è più un’archeologia come storia dell’arte, come studio dell’architettura, ma – come diceva Luigi Settembrini quando vedeva i primi calchi dele vittime di Pompei – è l’agonia, il dolore umano che noi vediamo. Pompei ci chiede questa grande attenzione. Questa perizia e questa esattezza anche nella documentazione, nella ricerca, ma soprattutto la responsabilità di sapere di avere a che fare con un luogo di una catastrofe dove ancora dopo duemila anni troviamo la sofferenza, l’agonia delle persone che sono morte nel 79 d.C.”.

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I calchi del mobilio dell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)

“L’ambiente 33 assume dunque un valore paradigmatico”, scrivono Anna Onesti e Gabriel Zuchtriegel nel numero del 12 agosto 2024 dell’E-Journal Scavi di Pompei, “sia con riferimento all’intervento di scavo dell’insula, sia con riferimento a ciò che accadde a Pompei durante l’eruzione. Lo scavo dell’ambiente 33, pur di dimensioni limitate, ha presentato complessità che solitamente si affrontano in ambiti ben più estesi: la presenza di materiali vitrei e ceramici, collocati sulla lastra di marmo che concludeva la scaffalatura lignea, a sua volta rimasta impressa nella coltre piroclastica, ha reso necessario procedere con attività di microscavo e rimozione e ha offerto la possibilità di eseguire i calchi del mobilio, restituendoci l’immagine esatta della stanza al momento dell’eruzione. Analogamente il ritrovamento delle vittime – la prima, adagiata in prossimità del letto e dotata di un significativo corredo, la seconda intrappolata da un crollo, in un ambito estremamente angusto – ha reso necessario procedere ad un’accurata attività di micro-scavo e rimozione”.

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Lo scavo dello scheletro del giovane nell’ambiente 33 dell’Insula 10 nelal Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)

“La complessità e la ricchezza dei ritrovamenti – continuano Onesti e Zuchtriegel – è dunque tale da offrirci più ancora che un fermo-immagine, una vera e propria scena, intensa e drammatica, dell’istante della morte. Il corredo della prima vittima – pochi preziosi e una chiave, forse di pertinenza della serratura dalla cassapanca, presente nello stesso ambiente – suggerisce come possibile che ci sia stato un tentativo di fuga, preceduto dal recupero dei beni là conservati, mentre la posizione delle vittime – una adagiata sul letto, in posizione fetale, un’altra schiacciata a terra dal crollo di un muro, in prossimità di una possibile uscita – fa supporre che la morte non le abbia colte nello stesso istante e che, svanita ogni possibilità di fuggire, la prima vittima abbia vissuto un tempo, sia pure brevissimo, di attesa rassegnata. La sistemazione finale dello scavo dovrà dunque restituire ai futuri visitatori la complessità di informazioni emerse in fase di scavo; si prevede quindi di mantenere in situ i calchi del mobilio e, dopo le opportune attività di restauro, di riportarvi gli elementi di arredo”.

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Lo scheletro della donna nell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)

Le vittime. “La presenza di pochi centimetri di cenere (4-5 cm) al di sotto dello scheletro del giovane”, spiegano Valeria Amoretti e Domenico Sparice, “suggerisce che la sua morte sia avvenuta a ridosso dell’arrivo della corrente piroclastica che, probabilmente, ha contribuito a causare il cedimento della parte alta della parete occidentale, i cui frammenti hanno travolto la vittima. La parte bassa della parete non ha subito danni probabilmente perché protetta dalle pomici sedimentate durante la prima fase dell’eruzione (fase Pliniana), prima dell’arrivo delle correnti piroclastiche, e che dovevano ingombrare il vicolo occidentale dell’insula. Lo scheletro della donna ritrovato nel settore nordoccidentale della stanza, in prossimità del letto, giaceva ad una quota leggermente maggiore rispetto al piano di calpestio. L’analisi della stratigrafia porta ad ipotizzare che la vittima abbia resistito più a lungo, anche perché scampata al crollo del muro occidentale, per poi accasciarsi e scivolare oltre il limite del letto durante l’agonia in un’atmosfera carica di cenere”.

 

Pompei. All’auditorium l’incontro con l’archeologo Gianluca Soricelli (università del Molise) su “Viabilità e organizzazione del territorio nella piana nocerina” promosso dall’associazione internazionale “Amici di Pompei”    

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Il prof. Gianluca Soricelli dell’università del Molise

Gli effetti delle eruzioni del Vesuvio sulla piana nocerina saranno affrontati dal professore Gianluca Soricelli nella conferenza “Viabilità e organizzazione del territorio nella piana nocerina” promossa dall’associazione internazionale Amici di Pompei ETS. Appuntamento venerdì 17 maggio 2024, alle 17, all’auditorium degli scavi di Pompei. Durante l’incontro l’archeologo Soricelli, professore associato di storia Romana dell’università del Molise, racconterà l’evoluzione, del territorio della piana nocerina, condizionata dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., e da quelle successive meno intense. L’evento vulcanico, come sottolinea il professore, rappresenta una evidente cesura nelle forme di occupazione territoriale del comprensorio vesuviano, che permette di riconoscere segni del sistema politico organizzativo antico fossilizzati nel paesaggio moderno. È possibile evidenziare le tracce delle divisioni agrarie che, riflesso delle vicende politiche e dei fenomeni naturali che in età antica hanno caratterizzato la storia delle comunità di questo territorio, hanno modellato le campagne e la viabilità promuovendo lo sviluppo dell’insediamento rurale.

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Miliario adrianeo conservato al museo Archeologico provinciale dell’Agro Nocerino a Nocera Inferiore (foto amici pompei)

“Il vantaggio che, diversamente da altri contesti geografici”, spiega il professore Gianluca Soricelli, “il territorio vesuviano offre a chi voglia studiare le forme di organizzazione di un paesaggio antico è legato al fatto che la coltre piroclastica cha ha seppellito le campagne del 79 d.C. ha permesso la conservazione fisica non solo degli insediamenti rustici ma anche della viabilità rurale e vicinale e dei campi lavorati garantendo la conservazione di un quadro puntuale della reale organizzazione parcellare di età romana, da utilizzare per valutare la coerenza delle ricostruzioni operate a partire dall’analisi del parcellare moderno. Il rapido ripristino di queste divisioni agrarie – conclude Soricelli – all’indomani dell’eruzione del 79 d.C. oltre a testimoniare la capacità di recupero di questo territorio e la resilienza della popolazione locale, mostra con quali mezzi e in che modo il potere centrale potesse intervenire per sanare i danni prodotti da catastrofi naturali”.

Napoli. A Comicon 2024 presentata la prima versione di “Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei”, l’edu-boardgame (gioco di società educativo) che ricostruisce la distruzione di Pompei a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e nel quale i giocatori hanno appunto un solo obiettivo: scappare. In vendita a Natale, in 9 lingue

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La copertina/home page del gioco di società educativo “Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei” (foto parco archeologico pompei)

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“Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei”: la sacerdotessa Eumachia (foto parco archeologico pompei)

Dalla sacerdotessa Eumachia alla famiglia romana tipo, dal gladiatore alla coppia di schiavi: sono alcuni dei protagonisti cui affidarsi per cercare una via di fuga da Pompei divenuta un inferno per l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., data drammatica cui riporta i partecipanti/giocatori di “Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei”, l’edu-boardgame (gioco di società educativo) che ricostruisce, in maniera scientifica e storica, la distruzione di Pompei a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e nel quale i giocatori hanno appunto un solo obiettivo: scappare dall’eruzione del vulcano del 79 d.C. fino a portarsi in salvo, abbandonando la città prima della distruzione. A un anno dall’ideazione del progetto (vedi Napoli. A Comicon 2023 presentato il nuovo edu-gioco di società “Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei” che ricostruisce in maniera scientifica e storica, la distruzione di Pompei a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. In vendita da novembre. I giocatori si immedesimano in reali cittadini della città antica | archeologiavocidalpassato), venerdì 26 aprile 2024, nell’ambito della XXIV edizione di COMICON Napoli (25-28 aprile 2024) alla Mostra d’Oltremare di Napoli, è stata presentata dall’ideatore Ciro Sapone e dal direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, la prima versione demo del gioco, con le illustrazioni dei protagonisti, le meccaniche del gioco e l’APP collegata, che andrà in distribuzione a Natale 2024.

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Comicon 2024: presentazione del gioco di società educativo “Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei” (foto parco archeologico pompei)

“Anche quest’anno il parco archeologico di Pompei”, dichiara il direttore Gabriel Zuchtriegel, “partecipa con entusiasmo al Comicon, presentando questo gioco di società per il quale abbiamo fornito la consulenza scientifica e totale supporto. Riteniamo che la modalità del gioco sia fondamentale per conoscere, esplorare, apprezzare la cultura in tutte le sue forme. Questo edu-boardgame è appunto strumento innovativo che in maniera semplice, attraverso una forte componente ludica, avvicina le nuove generazioni al patrimonio culturale”.

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“Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei”: mappa di pompei con le vie di fuga per la salvezza (foto parco archeologico pompei)

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“Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei”: il gladiatore (foto parco archeologico pompei)

Il progetto è realizzato da Stupor Mundi Trans-Media, azienda napoletana di Cross-Gamification e Accademia del Fantastico in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei che ha messo a disposizione la propria competenza per fornire il background scientifico, storico ed iconografico all’autore, agli illustratori, game designer, fumettisti, modellisti e programmatori. “Vesuvius”, ideato da Ciro Sapone, è un gioco di società educational innovativo. Grazie alla stretta collaborazione tra gli esperti del Parco, l’autore ed il suo team, i personaggi assegnati ai giocatori sono reali cittadini che abitarono la città di Pompei, di cui sono arrivati fino a noi: nomi, mestieri e in alcuni casi ritratti, che poi, fumettisti e disegnatori hanno trasformato nei protagonisti del gioco.  L’intero processo di realizzazione a cura dell’Accademia del Fantastico avviene sotto la supervisione dello staff degli archeologi del parco archeologico di Pompei. “Stupor Mundi Transmedia” produttrice del gioco è un’azienda napoletana di Cross-Gamification e Accademia del Fantastico (scuola campana di: fumetto; animazione 2D/3D; cinema e tv; effetti visuali; miniature/modellismo e stampa 3D; siti web; app AR/VR; social media e produzioni Cross-Media).

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“Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei”: famiglia romana tipo (foto parco archeologico pompei)

Le dinamiche dell’eruzione ricalcano le fasi dell’evento catastrofico che nel giro di 24 ore seppellì la città, ricostruite dagli studiosi e narrate dalle fonti. Durante la fuga dalla città i personaggi attraverseranno alcuni dei luoghi e degli edifici più importanti della città. Lo staff degli archeologi di Pompei collabora in maniera diretta, insieme all’autore ed agli sviluppatori del boardgame, per offrire ai giocatori un’esperienza su avvincente e storicamente esatta sulla distruzione di Pompei.

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Kit papercraft del gioco di società educativo “Vesuvius 79 d.C. – Fuga da Pompei” (foto parco archeologico pompei)

Il gioco sarà realizzato in 9 lingue, avrà distribuzione italiana ed internazionale, e sarà in vendita presso librerie, fumetterie, negozi di giochi-gadgets e giocattoli e grande distribuzione online presso l’e-commerce del produttore e le maggiori piattaforme internazionali. Per offrire la possibilità al pubblico di “espandere” il boardgame sono stati realizzati anche alcuni Kit modellistici in carta, i PaperCraft, che corredati da una serie di miniature in plastica da colorare a mano, consentiranno ai giocatori di ricostruire le principali ville ed i luoghi più caratteristici dell’antica Pompei, inclusi gli abitanti. Le miniature sono in scala con i Kit papercraft (scala: 1.72), e sono realizzate con scultura e stampa 3D.

Pompei. Per tre domeniche all’anfiteatro di Pompei “Ludi pompeiani. Tra gladiatori, legionari e Plinio il Vecchio”: combattimenti di gladiatori, formazione e addestramento dei legionari, cerimonia davanti agli ufficiali della flotta navale di Miseno

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Locandina dell’evento “Ludi pompeiani” (foto paolo di nunno)

I gladiatori tornano nell’anfiteatro di Pompei con i “Ludi pompeiani. Tra gladiatori, legionari e Plinio il Vecchio”. Domenica 7 aprile, domenica 19 maggio e domenica 8 settembre 2024, spettatori per un giorno dei combattimenti gladiatori nell’anfiteatro di Pompei e dell’addestramento dei legionari romani: ci sarà infatti la possibilità di partecipare a un appuntamento speciale al parco archeologico di Pompei dove, nell’Anfiteatro, si esibiranno gladiatori in abbigliamento storico filologicamente ricostruito, simulando quelli che erano gli originali combattimenti e relative tecniche dell’epoca. Gruppi di legionari (fanti dell’unità militare di base dell’esercito romano, la legione) sfileranno, invece, nei loro armamenti ricostruiti. L’iniziativa è a cura del parco archeologico di Pompei in collaborazione con la Dyron Consulting – Reenactment e public history, con la sezione Classis Misenensis (Flotta Navale di Miseno), operante dal 2008 in attività di ricostruzione storica sul territorio nazionale e internazionale e la partecipazione in particolare per il grande evento di settembre di circa 5/6 Compagnie Legionarie. Un’occasione per adulti e bambini di partecipare a una dimostrazione di vita militare prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. all’Anfiteatro, sede di giochi e di esercitazioni. Sarà possibile incontrare il centurione in atto di coordinare i legionari nella formazione e nell’addestramento col gladio, l’arma tipica del militare romano; i movimenti di formazione a testuggine caratterizzeranno le esercitazioni legionarie; mentre i gladiatori si alleneranno per le grandi cerimonie e celebrazioni alla presenza degli ufficiali romani e del prefetto di Miseno, Plinio il Vecchio.

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Panoramica dell’anfiteatro di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Le esibizioni, dedicate alla ricostruzione storica di vita civile e militare del I secolo d.C., si svolgeranno all’anfiteatro di Pompei il 7 aprile, 19 maggio, 8 settembre 2024 e in 4 fasce orarie (alle 10 e 12, e alle 15 e 17). La partecipazione all’evento è al costo di 5 euro, oltre al biglietto di ingresso al sito. Gratuito al di sotto dei 6 anni. Acquisto su www.ticketone.it  o presso le biglietterie del Parco. L’evento è per posti limitati. È consigliata la prenotazione e l’acquisto su piattaforma Ticketone > Special Tour per garantirsi la disponibilità di posti. Vendite a partire da martedì 3 aprile 2024. Durata: 1 ora. All’iniziativa delle domeniche seguirà il 28 e 29 settembre 2024 il grande raduno dei Gruppi Storici del I secolo d.C. composto da oltre 100 rievocatori con relativo accampamento militare nelle adiacenze dell’anfiteatro. L’anfiteatro sarà nuovamente sede di dimostrazioni di legionari in formazione e combattimenti gladiatori con un torneo dedicato all’imperatore Tito, anche lui impersonato e rievocato nell’occasione. Sarà evidenziata la compagine di Corte imperiale composta da Pretoriani e tutti gli altri Ufficiali delle Legioni presenti. Inoltre, al Foro avrà luogo la rievocazione di una cerimonia religiosa, cui seguirà un corteo storico che si sposterà verso l’Anfiteatro passando per via dell’Abbondanza.

Pompei. Nell’insula 10 della Regio IX scoperto un cantiere, sorpreso dall’eruzione del 79 d. C. in piena attività, che svela molti segreti sull’edilizia romana, su quell’opus caementicium senza il quale non esisterebbero il Colosseo o le Terme di Caracalla. Collaborazione tra il parco archeologico di Pompei e il Massachusetts Institute of Technology: “Un’occasione straordinaria per una stretta collaborazione tra archeologi e scienziati dei materiali”

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File di tegole e cataste di blocchetti in tufo giallo dall’atrio del panificio nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

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Regio IX a Pompei: affresco con decorazioni a tappezzeria dal cubicolo del panificio (foto parco archeologico pompei)

Strumenti di lavoro, tegole e mattoni di tufo accatastati e cumuli di calce: è l’immagine di un cantiere in piena attività quella che è emersa a Pompei negli ambienti di antiche domus che lo scavo archeologico sta portando alla luce nella Regio IX, insula 10, a cura del parco archeologico di Pompei, fornendo nuovi dati sull’edilizia romana. Secondo gli studiosi il cantiere era attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che iniziò intorno all’ora di pranzo e durò fino alla mattina del giorno successivo. Lo scavo nell’area in questione, finalizzato alla regimentazione dell’assetto idrogeologico lungo il confine tra la parte scavata e quella non scavata della città romana, sta attestando la presenza di un cantiere antico che interessava tutto l’isolato. Particolarmente numerose sono le evidenze dei lavori in corso nella casa con il panificio di Rustio Vero, dove è stata già documentata negli scorsi mesi una natura morta con la raffigurazione di una focaccia e un calice di vino (vedi Pompei. Nella Regio IX scoperto un affresco con un vassoio di benvenuto, del tipo xenia (doni ospitali), tra cui una “pizza”, una focaccia lontano antenato del piatto napoletano per eccellenza. L’intervento del direttore Zuchtriegel | archeologiavocidalpassato).

“Pompei è uno scrigno di tesori e non tutto si è svelato nella sua piena bellezza. Tanto materiale deve ancora poter emergere. Nell’ultima Legge di Bilancio abbiamo finanziato nuovi scavi in tutta l’Italia e una parte importante di questo stanziamento è destinata proprio a Pompei”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Mi ha fatto molto piacere quando il direttore del parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, ha ricordato che, mai come in questo momento, sono attivi così tanti scavi nel sito: possiamo dire che è un record degli ultimi decenni. Allo stesso tempo stiamo lavorando anche su altri fronti. Nei mesi scorsi il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha ceduto al ministero della Cultura l’ex Spolettificio di Torre Annunziata, dove nascerà un grande museo per raccogliere tutti questi reperti”.

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Larario nella Regio IX a Pompei: serpenti agatodemoni in stucco (foto parco archeologico pompei)

“Lo scavo nella Regio IX, insula 10, progettato negli anni del Grande Progetto Pompei sta dando, come era prevedibile, importanti risultati per la conoscenza della città antica”, afferma il direttore generale Musei, Massimo Osanna. “Un cantiere di ricerca interdisciplinare, nato come il precedente scavo della Regio V, dalla necessità di mettere in sicurezza i fronti di scavo, ossia le pareti di materiale eruttivo lasciate dagli scavi del XIX e XX secolo che incombono pericolosamente sulle aree scavate. Pompei continua a essere un cantiere permanente dove ricerca, messa in sicurezza, manutenzione e fruizione sono attività connesse e prassi quotidiana”.

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Regio IX di Pompei: materiale edilizio e ceramiche accumulato per i lavori in corso nel 79 d.C. sorpresi dall’eruzione del Vesuvio (foto parco archeologico pompei)

“È un ulteriore esempio di come la piccola città di Pompei ci fa capire tante cose del grande Impero romano, non ultimo l’uso dell’opera cementizia”, sottolinea il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “Senza il cementizio non avremmo né il Colosseo, né il Pantheon, né le Terme di Caracalla. Gli scavi in corso a Pompei offrono la possibilità di osservare quasi in diretta come funzionava un cantiere antico. I dati che emergono sembrano puntare sull’utilizzo della calce viva nella fase di costruzione dei muri, una prassi già ipotizzata in passato e atta ad accelerare notevolmente i tempi di una nuova costruzione, ma anche di una ristrutturazione di edifici danneggiati, per esempio da un terremoto. Questa sembra essere stata una situazione molto diffusa a Pompei, dove erano in corso lavori un po’ ovunque, per cui è probabile che dopo il grande terremoto del 62 d.C., diciassette anni prima dell’eruzione, ci fossero state altre scosse sismiche che colpirono la città prima del cataclisma del 79 d.C. Ora facciamo rete tra enti di ricerca per studiare il saper fare costruttivo degli antichi romani: forse possiamo imparare da loro, pensiamo alla sostenibilità e al riuso dei materiali”.

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Regio IX a Pompei: numerali a carboncino sullo stipite del tablino per i conteggi del cantiere (foto parco archeologico pompei)

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Regio IX a Pompei: quadro mitologico con “Achille a Sciro”, decorato in IV stile pompeiano su un’anta del tablino (foto parco archeologico pompei)

L’atrio era parzialmente scoperto, a terra si trovavano accatastati materiali per la ristrutturazione e su un’anta del tablino (ambiente di ricevimento), decorato in IV stile pompeiano con un quadro mitologico con “Achille a Sciro”, si leggono ancora oggi quelli che probabilmente erano i conteggi del cantiere, ovvero numeri romani scritti a carboncino, facilmente cancellabili a differenza dei graffiti incisi nell’intonaco. Tracce delle attività in corso si trovano anche nell’ambiente che ospitava il larario, dove sono state trovate anfore riutilizzate per “spegnere” la calce impiegata nella stesura degli intonaci. In diversi ambienti della casa sono stati scoperti strumenti di cantiere, dal peso di piombo per tirare su un muro perfettamente verticale (“a piombo”) alle zappe di ferro usate per la preparazione della malta e per la lavorazione della calce. Anche nella casa vicina, raggiungibile da una porta interna, e in una grande dimora alle spalle delle due abitazioni, per ora solo parzialmente indagata, sono state riscontrate numerose testimonianze di un grande cantiere, attestato anche dagli enormi cumuli di pietre da impiegare nella ricostruzione dei muri e dalle anfore, ceramiche e tegole raccolte per essere trasformate in cocciopesto.

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Regio IX a Pompei: cataste di tegole e materiale demolito dall’oecus in secondo stile (foto parco archeologico pompei)

Si tratta di “un’occasione straordinaria per sperimentare le potenzialità di una stretta collaborazione tra archeologi e scienziati dei materiali”, scrivono gli autori di un articolo pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei. Nell’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive, il parco archeologico di Pompei si è avvalso del supporto di un gruppo di esperti del Massachusetts Institute of Technology, USA. “L’ipotesi portata avanti dal team è quella dello hot mixing, ovvero la miscelazione a temperature elevate, dove la calce viva (e non la calce spenta) è premiscelata con pozzolana a secco e successivamente idratata e applicata nella costruzione dell’opus caementicium”, si legge nel testo.

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Regio IX a Pompei: cumuli di materiale edilizio nel cortile sotto la scala cantiere (foto parco archeologico pompei)

Normalmente, la calce viva viene immersa nell’acqua, cioè “spenta”, molto tempo prima dell’uso in cantiere, formando il cosiddetto grassello di calce, un materiale di consistenza plastica. Lo “spegnimento”, ovvero la reazione tra calce viva e acqua, produce calore. Solo al momento della messa in opera, la calce viene poi mescolata con sabbia e inerti per produrre la malta o il cementizio. Nel caso del cantiere di Pompei, invece, risulta che la calce viva, ovvero non ancora portata a contatto con l’acqua, venisse in un primo momento mescolata solo con la sabbia pozzolanica. Mentre il contatto con l’acqua avveniva poco prima della posa in opera del muro. Ciò significa che, durante la costruzione della parete, la miscela di calce, sabbia pozzolanica e pietre era ancora calda per via della reazione termica in corso e di conseguenza si asciugava più rapidamente, abbreviando i tempi di realizzazione dell’intera costruzione. Diversamente quando si trattava di intonacare le pareti, sembra che la calce venisse prima spenta e successivamente mescolata con gli inerti per essere poi stesa, come si fa ancora oggi.

Seoul (Corea). Aperta al The Hyundai Seoul la mostra “Pompeii” organizzata dal Mann e promossa dall’IIC di Seul per celebrare i 140 anni delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Corea: 127 reperti e 8 contenuti multimediali raccontano gli ultimi giorni di Pompei

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Allestimento della mostra “Pompeii” a Seoul (Corea) dal 13 gennaio al 6 maggio 2024, organizzata dal Mann (foto iic-seul)

seul_iic_mostra-pompei_locandinaGli ultimi giorni di Pompei in mostra a Seul per celebrare i 140 anni delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Corea. Il 13 gennaio 2024 è stata inaugurata, al The Hyundai Seoul, la mostra “Pompeii”, promossa dall’Istituto italiano di Cultura di Seoul e dall’Ambasciata d’Italia in Corea, primo evento di un anno speciale per entrambe le nazioni. La mostra sarà aperta fino al 6 maggio 2024 e segna il ritorno in Corea dei reperti archeologici di Pompei dopo 10 anni.

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Allestimento della mostra “Pompeii” a Seoul (Corea) dal 13 gennaio al 6 maggio 2024, organizzata dal Mann (foto iic-seul)

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Allestimento della mostra “Pompeii” a Seoul (Corea) dal 13 gennaio al 6 maggio 2024, organizzata dal Mann (foto iic-seul)

La mostra, organizzata dal museo Archeologico nazionale di Napoli, The Chosunilbo (uno dei più grandi quotidiani della Corea) e CCOC (agenzia specializzata, nota per l’organizzazione annuale della mostra Bologna Illustrators Exhibition a Seoul), offre una straordinaria opportunità di esplorare la ricca storia dell’antica Roma, attraverso 127 reperti archeologici, tra cui affreschi, statue e reperti fossili dell’era greco-romana. In aggiunta, la mostra presenta 8 contenuti multimediali forniti dal museo Archeologico nazionale di Napoli, creando un’esperienza espositiva tridimensionale per il pubblico.

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Allestimento della mostra “Pompeii” a Seoul (Corea) dal 13 gennaio al 6 maggio 2024, organizzata dal Mann (foto iic-seul)

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Allestimento della mostra “Pompeii” a Seoul (Corea) dal 13 gennaio al 6 maggio 2024, organizzata dal Mann (foto iic-seul)

La città di Pompei fu tragicamente distrutta il 24 ottobre del 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio. In modo paradossale, l’eruzione vulcanica ha preservato la città in modo sorprendente, consentendo agli archeologi di svelare dettagli della vita quotidiana e dei tesori preziosi della civiltà antica. Particolarmente suggestivi sono i “calchi umani”, che verranno esibiti insieme a video immersivi, portando gli spettatori negli ultimi istanti di Pompei.

Bacoli (Na). Nei lavori di riqualificazione dell’area, scoperta una monumentale villa romana del I sec. d.C. nei pressi di Punta Sarparella a Miseno, da cui si ipotizza Plinio il Vecchio avrebbe visto l’eruzione del Vesuvio, e poi sarebbe salpato alla volta di Stabiae

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I resti della villa romana monumentale del I sec. a.C. scoperta a Punta Sarparella di Miseno a Bacoli (foto sabap-met-na)

A seguito di dissequestro e bonifica dell’intera area sono stati avviati i lavori per la realizzazione di una villa comunale, nelle immediate prossimità di Punta Sarparella nel comune di Bacoli (Na), per restituire alla pubblica fruizione uno degli accessi più spettacolari alla spiaggia di Miseno, per lunghi anni resa inaccessibile da rifiuti e sterpaglie, progetto al quale ha partecipato attivamente la soprintendenza ABAP per l’Area Metropolitana di Napoli intenzionata a supportare attivamente l’amministrazione comunale in questo progetto di riqualificazione, sono emersi i resti di quella che si è rivelata subito essere una monumentale villa romana. La struttura, databile intorno al I secolo d.C., si estende senza soluzione di continuità fino alla spiaggia e ai fondali antistanti, presso Punta Sarparella, il promontorio da cui si ipotizza che Plinio il Vecchio, Praefectus classis Misenensis, avrebbe visto l’eruzione del Vesuvio, e poi sarebbe salpato alla volta di Stabiae, per soccorrere gli abitanti delle diverse città costiere, minacciate dall’eruzione vesuviana. In attesa di valutare un progetto di scavo estensivo della villa e contestuale valorizzazione, attualmente il perimetro degli ambienti è stato ben individuato e recintato, e restituito, grazie anche alla prossima installazione di pannellistica esplicativa, al pubblico godimento.

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I resti della villa romana monumentale del I sec. a.C. scoperta a Punta Sarparella di Miseno a Bacoli (foto sabap-met-na)

In un’area già sottoposta a tutela da vincolo archeologico ministeriale per la densità di evidenze antiche disseminate nelle immediate prossimità di Punta Sarparella a Bacoli, dall’accesso al teatro romano di Misenum, al Collegio degli Augustali, al bacino interno del porto antico, è stata fatta infatti una scoperta archeologica di portata eccezionale. In occasione dei lavori di rigenerazione urbana del Comune di Bacoli, è stato avviato un progetto di recupero e valorizzazione dell’area occupata in precedenza dall’ex Lido Piranha, un ecomostro abusivo finalmente abbattuto in anni recenti. Durante le operazioni di sistemazione del piano di campagna, destinato a ospitare il nuovo vialetto di accesso, le panchine e l’area giochi per bambini, sono emersi i resti di quella che si è rivelata subito essere una monumentale villa romana, databile intorno al I secolo d.C., realizzata in opera reticolata di cubilia di tufo assai ben costruita, che si estende senza soluzione di continuità fino alla spiaggia e ai fondali antistanti. Sono stati individuati una decina di ambienti di grandi dimensioni con diverse fasi edilizie, piani di calpestio e tracce di rivestimento murario.

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I resti della villa romana monumentale del I sec. a.C. scoperta a Punta Sarparella di Miseno a Bacoli (foto sabap-met-na)

Tali evidenze sono probabilmente pertinenti a quello che resta di una delle terrazze della residenza del Prefetto della Flotta romana del Tirreno, la Classis Misenensis. Che delle strutture si conservassero in quella zona era già risaputo, così come lacerti di murature in opera reticolata sono già visibili lungo la spiaggia della Sarparella, ma grazie ai lavori di bonifica prima – iniziati nel 2021 – e a quelli di riqualificazione in via di completamento, è stato possibile avviare una pulizia sistematica delle creste murarie ed individuare l’articolazione degli ambienti. L’ipotesi, ancora da verificare, che su Punta Sarparella fosse ubicata la residenza del Prefetto della Flotta, si basa sulla circostanza che quel luogo offrisse, per la sua posizione, la massima visibilità dell’intero bacino portuale ed un’ampia veduta sul Golfo intero; sarebbe stato questo il promontorio dal quale si ipotizza che Plinio il Vecchio, che ricopriva la carica di Praefectus classis Misenensis, avrebbe visto l’eruzione del Vesuvio, e poi sarebbe salpato alla volta di Stabiae, per soccorrere gli abitanti delle diverse città costiere, minacciate dall’eruzione vesuviana. La scoperta è ancor più eccezionale se si considera che ignoti sono ancora tuttora l’articolazione e lo sfruttamento degli spazi all’interno e intorno al porto romano per l’assenza quasi completa di dati che chiariscano le dinamiche organizzative della base logistica, le vie di comunicazione tra il porto e il resto della cittadina e l’ubicazione stessa del centro della Colonia di Misenum. L’individuazione di tali strutture in un punto nevralgico del territorio antico, prospiciente il bacino interno del porto romano, prossima all’ingresso del teatro di Misenum e all’area che doveva ospitare il foro cittadino, aggiungono un tassello di grande importanza alla conoscenza dell’articolazione del palinsesto insediativo antico.

Pompei. Dal 3 gennaio apre alle visite al pubblico il cantiere dei nuovi scavi della Regio IX: tutti i giorni dal lunedì al venerdì alle 11 per gruppi di 15 persone. Il personale di cantiere illustrerà – in italiano e inglese – i principali rinvenimenti e ambienti emersi e la metodologia di scavo

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Scavi in corso nella Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Dal 3 gennaio 2024 apre alle visite al pubblico il cantiere dei nuovi scavi della Regio IX. Tutti i giorni dal lunedì al venerdì alle 11 sarà possibile – previa prenotazione al numero 3272716666 – accedere in gruppi di 15 persone all’area, accompagnati dal personale di cantiere che illustrerà – in italiano e inglese – i principali rinvenimenti e ambienti emersi e la metodologia di scavo. Durata visita 45 minuti. Il servizio di prenotazione è attivo dalle 9.30 alle 13.30 dal lunedì al venerdì. Punto di incontro: via di Nola (angolo Nord-Ovest dell’Insula 10 della Regio IX, fra via di Nola e vicolo dei Gladiatori. L’apertura del cantiere al pubblico costituisce uno dei migliorativi offerti dalla ATI Cooperativa Archeologia/ Minerva S.r.l nell’Insula 10 della Regio IX. Le visite, effettuate dal personale impegnato nel cantiere saranno incentrate sull’illustrazione degli ambienti emersi e sulle attività in corso, con particolare attenzione agli aspetti delle metodologie di lavoro degli archeologi e dei restauratori e sulle tecniche di indagine, volte al recupero integrale del potenziale informativo della stratigrafia anche grazie all’applicazione di indagini scientifiche multidisciplinari. In caso di forte pioggia la visita sarà annullata e saranno contattati telefonicamente i partecipanti.

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Pompei, Regio IX, insula 10: mappa dell’area di scavo da drone al 21 febbraio 2023 (foto parco archeologico pompei)

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Affresco con disegni geometrici dalla Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Le indagini nella cosiddetta Regio IX di Pompei – uno dei nove quartieri in cui è suddiviso il sito – sono partite a febbraio 2023, in un’area estesa per circa 3.200 mq, quasi un intero isolato della città antica sepolta nel 79 d.C. dal Vesuvio. Il progetto si inserisce in un più ampio approccio che mira a rettificare e risolvere i problemi idrogeologici e conservativi dei fronti di scavo, ovvero il confine tra la parte scavata e quella inesplorata della città antica. Quest’ultima ammonta a circa 22 ettari di isolati e case ancora sepolti sotto lapilli e cenere, quasi un terzo dell’abitato antico.

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Il forno nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Lo scavo in quest’area della Regio IX, lungo via di Nola, fu iniziato nel 1888 ma ben presto interrotto. Dopo più di un secolo è stato ripreso restituendo due case ad atrio, già parzialmente indagate nell’800, costruite in età Sannitica e trasformate nel I secolo d.C. in officine produttive. Si tratta di una fullonica (lavanderia) impiantata nell’atrio dell’abitazione al civico 2, con banconi da lavoro e vasche per il lavaggio e la tintura degli abiti e di un panificio con il forno, con gli spazi per le macine e gli ambienti per la lavorazione dei prodotti alimentari da distribuire in città.

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Planimetria dell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

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Larario nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

In questi ultimi ambienti sono affiorati i resti ossei di tre vittime dell’eruzione, tre pompeiani che si erano rifugiati in cerca della salvezza e che hanno invece trovato la morte sotto i crolli dei solai. Una serie di osservazioni ha dimostrato che le persone impiegate nei lavori, così come gli asini usati per macinare il grano necessario a produrre il pane, fossero rinchiusi e sfruttati in condizioni di schiavitù. L’ ambiente emerso si presenta angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce. E nel pavimento intagli per coordinare il movimento degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati.

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L’affresco di una natura morta raffigurante una focaccia dall’atrio della domus nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

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La parete con l’affresco di una natura morta raffigurante una focaccia nell’atrio della domus nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Su una delle pareti invece dell’atrio è emerso l’affresco di una natura morta – che ricorda la “pizza” dei nostri giorni –   raffigurante una focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari (individuabili un melograno e forse un dattero), condita con spezie o forse piuttosto con un tipo di pesto (moretum in latino), indicato da puntini color giallastro e ocra. Sullo stesso vassoio, frutta secca e una ghirlanda di corbezzoli gialli, accanto a datteri e melograni. Si tratta di un genere di immagini, noto in antico con il nome xenia, che prendeva spunto dai “doni ospitali” che si offrivano agli ospiti secondo una tradizione greca, risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C.).

Alla Reggia di Portici (Na) ultimo mese per visitare la mostra “Materia. Il legno che non bruciò ad Ercolano” promossa dal parco archeologico di Ercolano: l’unica città del mondo romano che conserva il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Il direttore Sirano ci introduce alla mostra e ci accompagna in una breve visita guidata

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Veduta dall’alto della Reggia di Portici che ospita la mostra “Materia” promossa dal parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Materia - Il legno che non bruciò Ercolano

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)

“È trascorso quasi un anno dalla inaugurazione della mostra sui legni alla Reggia di Portici”, dichiara il direttore del parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, “e in quest’anno sono stati migliaia i visitatori che hanno colto l’occasione di godere dell’offerta culturale integrata Reggia-Parco Archeologico grazie ad un progetto condiviso con entusiasmo e coraggio dalla Città Metropolitana di Napoli, dal dipartimento di Scienze agrarie, dal Centro MUSA e dal parco archeologico di Ercolano, con il sostegno della Regione Campania”. Ma c’è ancora un mese di tempo per poter visitare la mostra “Materia. Il legno che non bruciò ad Ercolano”, a cura di Francesco Sirano e Stefania Siano, scrigno privilegiato fino al 31 dicembre 2023 del patrimonio di reperti in legno assolutamente unico provenienti dall’antica Ercolano, allestita in un luogo anch’esso unico quale la splendida Reggia di Portici, residenza estiva della famiglia reale borbonica, sede dell’Herculanense Museum e oggi straordinario laboratorio di ricerca e luogo della cultura grazie alla presenza del dipartimento di Scienze agrarie dell’università “Federico II” di Napoli. Ercolano non solo è l’unica città del mondo romano che conserva il suo antico fronte a mare e l’elevato delle case sino al secondo piano, ma anche il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Lo si deve al particolare tipo di seppellimento, causato dalle ondate di fango vulcanico dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “È una mostra che porta su di sé non solo gli eccezionali valori storico archeologici dei mobili di legno dell’antica Ercolano – continua Sirano -, non solo l’interesse artistico e architettonico della reggia di Portici, ma anche il lavoro e la costante cura da parte di decine e decine di persone grazie al cui straordinario impegno essa è stata resa possibile. Anzi si potrebbe quasi dire che il legno, questa materia così particolare, quotidiana, sopravvissuta inaspettatamente a una immane catastrofe, abbia compiuto l’ulteriore miracolo di attirare intorno a sé tanta positiva energia da parte della comunità coinvolta nella gestione, così come da parte dei visitatori”. E proprio il direttore Sirano introduce alla mostra con due interventi per archeologiavocidalpassato.com.

Come è nata questa mostra? E perché nella Reggia di Portici? “Il patrimonio archeologico dell’antica Ercolano – sottolinea Sirano – è eccezionale sotto tutte le prospettive, ma in particolare ci colpisce la presenza del legno. Il legno, come altri materiali organici, si è conservato perché durante l’eruzione del Vesuvio i flussi piroclastici erano privi di ossigeno, molto densi dal punto di vista fisico. In mancanza di ossigeno non permisero che il legno bruciasse. Non ci fu combustione. Quindi i materiali organici nei secoli di permanenza sotto la coltre vulcanica si sono mineralizzati. Così abbiamo avuto la fortuna di avere un patrimonio incredibile, soprattutto di materiale da costruzione o anche materiale in legno che arredava le case. Questi materiali sono stati restaurati nei decenni dopo la loro scoperta per lo più durante gli scavi eseguiti sotto la direzione di Amedeo Maiuri a partire dagli anni Trenta del secolo scorso. Sono stati restaurati certosinamente da generazioni e generazioni di archeologi e di restauratori. Si trovavano nei nostri depositi. E a questo punto con tutto lo staffi del parco abbiamo deciso che non si poteva più aspettare, e bisognava condividere questo incredibile patrimonio con i visitatori. E abbiamo deciso non a caso di localizzare questa esposizione nella Reggia di Portici, un luogo per noi fondamentale: un po’ un ritorno dei materiali di Ercolano nel luogo in cui furono esposti a partire dal 1738, quando cominciarono gli scavi, e dopo pochi anni, una volta allestita la Reggia, qui ebbe sede l’Herculaneum museum, cioè quello che poi fu il primo nucleo del futuro museo Archeologico nazionale di Napoli”.

Con Sirano, breve introduzione-visita guidata alla mostra alla Reggia di Portici. “La mostra “Materia” cerca di condurre il visitatore in un viaggio anche emotivo – spiega Sirano – perché il legno, il materiale che accompagna la nostra vita tutti i giorni, è stato utilizzato per tutti i secoli e questo ci rende molto familiare il ritrovare degli oggetti che ancora oggi possiamo trovare e riconoscere nelle nostre case. È un viaggio che comincia passando per l’evocazione del momento della distruzione di questi luoghi a causa dell’eruzione del 79 d.C. e continua passando all’interno di un’officina. La “materia” che in latino vuol dire sia materia come è per noi oggi, ma anche il legno grezzo, legno destinato non ad ardere ma a essere materiale da costruzione oppure materiale per creare dei mobili. Questa materia ci viene introdotta dalla mostra dapprima nel suo stato originale: quindi abbiamo del legno. Evochiamo del legno fresco attraverso una sponsorizzazione tecnica, un aiuto che abbiamo avuto da una società di ebanistica che ha una collezione – si chiama xiloteca – una collezione di legni preziosi che ci ha messo a disposizione. Per passare poi in una evocazione di una sorta di officina dove il legno veniva lavorato. E qui troviamo strumenti, troviamo materiali vari di decorazione, applique, anche strumenti – come dicevo – sia dell’antica Roma del periodo appunto che vengono dagli scavi di Ercolano, sia strumenti molto più recenti, risalenti all’Ottocento, che ci fanno capire come le tecniche di lavorazione del legno siano delle tecniche molto conservative e che hanno una continuità straordinaria fino ai giorni nostri.

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Lacunare del soffitto in legno della Casa del Rilievo di Telefo a Ercolano (foto graziano tavan)

“Si passa poi a conoscere il legno nel suo uso architettonico – continua Sirano -. E abbiamo lo splendido soffitto della Casa del cosiddetto Rilievo di Telefo, appartenuta in origine alla famiglia dei Noni Balbi, una delle famiglie più importanti soprattutto in età augustea di Ercolano antica, una sala splendidamente decorata con marmi al pavimento, alle pareti e poi con questo soffitto di legno colorato, addirittura con lacunari – che quindi sono davvero una premessa di quelli che poi saranno i soffitti rinascimentali, lacunari che come dicevo giocano a trompe l’oeil, cercano di suggerire una serie di livelli che vanno verso l’alto, verso il tetto, e decorati al centro con rosette di cui sono state ritrovate anche delle tracce di foglia d’oro. Quindi una decorazione sontuosa.

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Mostra “Materia” alla reggia di Portici: sala con una barca e strumenti legati al mondo della marineria (foto graziano tavan)

“Per poi passare a un altro degli utilizzi che rendeva il legno così prezioso, come già Plinio ci racconta, per gli antichi (“Mille sono gli usi degli alberi, in mancanza dei quali non sarebbe possibile vivere. Con l’albero solchiamo i mari e avviciniamo le terre l’una all’altra, con l’albero costruiamo le case”, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XII, 2). E infatti qui abbiamo una sala dove si espone una barca e si espongono altri strumenti che sono legati al mondo della marineria.

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Mostra “Materia” alla Reggia di Portici: una sorta di fiume dove dove scorrono i nomi degli alberi associati a una divinità (foto graziano tavan)

“E poi si passa attraverso una sala in cui si evoca questo significato forte che ha il legno. Il legno non è un semplice materiale per gli antichi romani, ma anche una materia vivente nella quale si innestano una serie di presenze, di divinità: ci sono dei miti legati al legno, ai vari tipi di albero, e ci sono anche – si ricordano nelle fonti letterarie – le varie invenzioni tecniche legate all’uso del legno (“Alcune specie di alberi sono oggetto di una continua protezione in quanto dedicate ciascuna ad una sua propria divinità, come la quercia a Giove, l’alloro ad Apollo, l’olivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole. Inoltre, crediamo che i boschi siano popolati da Silvani, Fauni e varie specie di dee, attribuendo alle selve divinità peculiari, come se fossero scese dal cielo”, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XII, 2): e qui c’è una sorta di fiume dove passano queste parole che ci introducono all’ultima sala, che è una radura.

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Una sala della mostra “Materia” alla Reggia di Portici che ricrea una radura immaginaria (foto graziano tavan)

“Si propone una radura immaginaria. Cambia il pavimento. Diventa morbido il calpestio, perché si immagina di essere in un sottobosco e ai piedi di alberi diciamo stilizzati noi troviamo questi mobili, cioè il legno lavorato. E qui una serie di oggetti di straordinario interesse si susseguono uno all’altro, permettendoci di avere un’idea insieme ammirata, ma anche molto familiare. E a questo collabora il fatto che abbiamo deciso di trasformare un po’ anche la didattica della mostra – conclude Sirano – e sarà una sorpresa appunto che vi riserveremo per chi avrà il piacere di venirci a trovare”.