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Sibari (Cs). Al parco archeologico la mostra di Claudio Abate, uno dei più grandi fotografi del Novecento, per la rassegna “Copia-Copiae”. E la sera protagonista anche la chef stellata Caterina Ceraudo, terzo appuntamento enogastronomico collegato alla mostra “Linfa: essenze dalla terra”

Al parco archeologico di Sibari arriva la grande fotografia del Novecento. Sabato 28 giugno 2025, alle 18, debutta la rassegna “Copia-Copiae” con la mostra dedicata a uno dei maestri italiani più celebrati, Claudio Abate. Curata da Simone Zacchini, in collaborazione con l’Archivio Claudio Abate e il supporto organizzativo di BAM! – Eventi d’Arte, sarà visitabile fino al 28 settembre 2025.

“La malattia dell’occhio” (1976-79) di Claudio Abate (foto archivio claudio abate)

Le opere di Claudio Abate, protagoniste della mostra, sono legate al tema vino, ai corpi, all’essenza dei soggetti. Riprodotte in pannelli di vetro di grande formato, costelleranno il camminamento sopraelevato e l’area della terrazza che costeggiano gli scavi del Parco del Cavallo, secondo un allestimento di grande impatto visivo concepito per valorizzare l’urbanistica e le architetture più significative dell’antica città di Copia: la Plateia A, la Domus, l’emiciclo-Teatro e la Plateia B. Le opere scelte testimoniano il rapporto altamente sperimentale di Claudio Abate, l’attenzione dell’artista per l’elemento perturbante del mezzo fotografico. Il percorso della mostra, organizzata in collaborazione con la direzione generale Musei, inizia dalla serie “La malattia dell’occhio” (1976-79) esposta sul camminamento che costeggia la strada di ingresso all’antica città da nord, che rappresenta il fulcro della mostra manifestando la soggettività del fotografo e la “malattia” del suo occhio.

“Dopo cena” (1983) di Claudio Abate (foto archivio claudio abate)

La mostra prosegue con “Litro” (1999), una messa in scena aristocratica e sospesa che si ricollega allo scenario della Domus sottostante. Il percorso espositivo si conclude sulla terrazza che affaccia sulla parte meridionale dell’area archeologica, dove altre due foto altamente sperimentali degli anni Settanta e Ottanta si pongono in contatto visivo diretto con l’area dell’emiciclo-Teatro e della Plateia B, strada su cui si affacciavano le antiche botteghe.  Dalla serie “Contatti con la superficie sensibile” (1972) emerge la fotografia di Abate dal carattere performativo con l’impronta del corpo dell’amico artista Eliseo Mattiacci, mentre in “Dopo cena” (1983) la citazione straniante del maestro al cenacolo vinciano.

Sempre sabato 28 giugno 2025, dopo il vernissage ad illuminare la serata agli scavi sarà l’alta cucina per Saturday Ionic Tapas Night, terzo appuntamento enogastronomico di “Linfa: essenze dalla terra”, la mostra multisensoriale e immersiva organizzata da parchi archeologici di Crotone e Sibari al museo Archeologico nazionale della Sibaritide insieme all’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese. Caterina Ceraudo, la cuoca di Dattilo stella Michelin e già Miglior Chef Donna per la Guida Michelin, condurrà alle 20 il cooking show dedicato ai sapori della costa ionica crotonese. Firmerà un percorso raffinato e creativo del gusto attorno alla memoria e alle tradizioni.

La chef Caterina Ceraudo (foto drmn-calabria)

La Ceraudo darà corpo al dialogo armonico tra mare e campagna con il baccalà al sambuco e con la Pitta al majo. Con queste due interpretazioni del repertorio gastronomico di Dattilo, la cuoca offrirà una sintesi della sua visione di vita e di cucina che l’ha fatta entrare nel gotha dell’alta cucina nazionale e per la quale è stata consacrata tra le voci più autorevoli e sensibili del fine dining sostenibile. L’étoile della cucina calabrese, incanterà i presenti con la sua abilità di trasformare ingredienti semplici in pietanze estremamente eleganti e poetiche. I piatti saranno accompagnati da vini del territorio selezionati da Arsac.

Senigallia (An). Alla Rocca Roveresca apre la mostra “La forma dell’oro. Storie di gioielli dall’Italia antica” a cura di Massimo Osanna e Luana Toniolo, oltre 400 reperti di produzioni ornamentali nell’Italia peninsulare e in Sardegna dalla Preistoria all’Alto Medioevo

Dopo il museo nazionale Archeologico ed Etnografico “Giovanni Antonio Sanna” di Sassari e il museo Archeologico di Santa Maria delle monache di Isernia, la mostra “La forma dell’oro. Storie di gioielli dall’Italia antica”, a cura di Massimo Osanna (direttore generale dei musei) e di Luana Toniolo (direttrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma), arriva alla Rocca Roveresca di Senigallia (An), dal 12 giugno all’8 dicembre 2025, con inaugurazione il 12 giugno 2025 alle 11. Allestita nelle sale rinascimentali della fortezza roveresca, la mostra propone una selezione di preziose testimonianze archeologiche provenienti da varie parti d’Italia: si potranno ammirare oltre 400 reperti di produzioni ornamentali nell’Italia peninsulare e in Sardegna dalla Preistoria all’Alto Medioevo. La tappa marchigiana inserisce nell’esposizione due cifre stilistiche perseguite dalla Rocca negli ultimi anni: l’attenzione ad una fruizione accessibile, grazie alla riproduzione di alcuni reperti, e il dialogo con la realtà senigalliese insignita del titolo Città della fotografia, grazie ad una piccola esposizione fotografica in stretto dialogo con i reperti esposti. Il progetto è frutto della collaborazione scientifica tra le ex direzioni regionali Musei di Sardegna, Campania, Calabria, Molise, Marche, Puglia, Basilicata e il parco archeologico di Pompei, in un progetto del Sistema Museale Nazionale, che permette di valorizzare le ricchezze e i tesori di molti musei.

Allestimento della mostra “La forma dell’oro” alla Rocca di Senigallia (foto drmn-marche)

Grazie all’impegno di Luigi Gallo, direttore di Palazzo Ducale di Urbino – direzione regionale Musei nazionali Marche – e del suo staff, la mostra sarà visibile su due piani della Rocca costituendo il primo appuntamento dopo i lavori di adeguamento, implementazione ed efficientamento energetico degli impianti di climatizzazione a servizio delle sale espositive realizzati con i fondi del PNRR, con i quali il monumento del XV secolo è ora adeguato agli attuali standard museali. “La mostra che si apre nell’antica fortezza di Senigallia”, afferma il direttore Gallo, “dimostra innanzi tutto che con il lavoro sinergico di vari istituti, i musei italiani sanno far rete per valorizzare e promuovere il nostro straordinario patrimonio, trasmettendolo alle generazioni future; inoltre l’esposizione certifica una volta di più quanto sia importante che il museo, oltre che luogo privilegiato di esposizione, si affermi anche come ambiente dedito alla ricerca scientifica: spazio vivo e vitale per creare infinite occasioni di conoscenza”.

Gioielli esposti nella mostra “La forma dell’oro” allestita nella rocca di Senigallia (foto drmn-marche)

UNA MOSTRA “PREZIOSA” Il gioiello è da sempre espressione di identità, complemento di seduzione e bellezza, segno di legami, di consuetudini e mode. Lucente, incorruttibile, prezioso, l’oro è materia nobile in cui plasmare elaborati ornamenti. Ma l’arte di adornarsi si compone anche di altri metalli, come bronzo, ferro, argento e, inoltre, di gemme e paste vitree, di composti organici come ambra, conchiglie, ossa e denti di animali, che raccontano una lunga storia di sperimentazioni e conquiste tecnologiche, di gusto estetico, di creatività artigianale. E allo stesso tempo è la storia di vivaci contatti tra le genti del Mediterraneo antico, dove agli scambi di beni si associano ideologie, comportamenti, usanze e riti in un amalgama denso di contaminazioni culturali. La ricca selezione di oggetti di grande valore storico-archeologico, in mostra a Senigallia fino al prossimo 8 dicembre, consente un affascinante viaggio geografico e temporale nell’Italia antica, dalla Preistoria all’alto Medioevo, tra ornamenti e gioielli che portano con sé, non solo bellezza e unicità, ma anche valenze simboliche legate agli ambiti del sacro, della magia, del potere e del prestigio sociale, attribuite in passato a questi oggetti che ancora suscitano attrazione e meraviglia in chi li guarda.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia presentazione del numero 0 dei “Quaderni cultura” del progetto Patrimonio Restauro come valore sostenibile di Fratelli Navarra srl

Mercoledì 28 maggio 2025, alle 16.30, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia è lieto di ospitare la presentazione del Quaderno cultura 0 del progetto Patrimonio Restauro come valore sostenibile, ad opera dei Fratelli Navarra. Dopo i saluti di Luana Toniolo, direttrice del Museo, interverranno Massimo Osanna, direttore generale Musei, ministero della Cultura; Gianfranco Dioguardi, presidente onorario Fondazione Dioguardi; Alberto Artioli, già soprintendente per i Beni architettonici e per il Paesaggio delle province di Milano Bergamo Como Pavia Lecco Sondrio Lodi e Varese; Alfonso Femia, fondatore e presidente di Atelier(s); Silvia Camporesi, fotografa; Attilio Maria Navarra, fondatore e amministratore delegato Fratelli Navarra Srl. Ingresso gratuito in sala Fortuna su prenotazione all’indirizzo mail: mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it. Questo è il primo di una collana di “Quaderni” che intende affrontare in modo divulgativo alcuni temi legati al patrimonio culturale, al restauro e alla conservazione. Un’idea di patrimonio che non è solo in relazione al passato ma si presenta come un divenire di tempi, funzioni e interpretazioni. L’obiettivo è quello di provare a rivitalizzare il monumento e attraverso immagini e testi, osservarlo non come forma immobile ma come geometria in continua trasformazione, farlo sollevando tutte le complessità che lo definiscono e che ne fanno ciò che è oggi.

Ruvo di Puglia (Ba). Aperta a Palazzo Jatta la mostra “RiScoperte. Luci e ombre del collezionismo” con duecento reperti provenienti da sequestri e recuperi effettuati dal Comando TPC dei Carabinieri

Mercoledì 21 maggio 2025, nel Grottone del museo nazionale di Palazzo Jatta a Ruvo di Puglia (Ba), apre la mostra “RiScoperte. Luci e ombre del collezionismo”, a cura di Filippo Demma e Francesco Longobardi. La mostra espone circa duecento reperti, provenienti da sequestri e recuperi effettuati dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e assegnati alla Puglia in base alla loro presumibile provenienza; a questi si aggiungono dieci reperti assegnati alla direzione regionale Musei nazionali della Basilicata e presenti in mostra in virtù di un accordo di collaborazione fra la direzione regionale Musei della Puglia e la Direzione Regionale Musei nazionali Basilicata. All’inaugurazione, moderata da Francesco Longobardi, delegato della direzione regionale Musei nazionali Puglia, sono intervenuti Pasquale Roberto Chieco, sindaco di Ruvo di Puglia; Andrea Jatta, Palazzo Jatta s.r.l.; Giovanna Cacudi, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bari; tenente colonnello Diego Polio, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale; Filippo Demma, delegato alla direzione regionale Musei nazionali Basilicata. Conclusioni affidate a Massimo Osanna, direttore generale Musei MiC

A più di mezzo secolo dall’ultimo intervento manutentivo, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia parte il restauro del Sarcofago degli Sposi, il capolavoro assoluto dell’arte etrusca risalente a 2500 anni fa

Venerdì 16 maggio 2025, alle 12, in sala della Fortuna, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, presentazione del restauro del Sarcofago degli Sposi, il capolavoro assoluto dell’arte etrusca risalente a 2500 anni fa. A distanza di oltre un secolo dal primo restauro che consentì di ricomporre da centinaia di frammenti di terracotta la celebre coppia di Sposi in un unico tenero abbraccio e a più di mezzo secolo dall’ultimo intervento manutentivo, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, in collaborazione con l’Istituto Centrale per il Restauro, ha avviato la prima fase di un nuovo intervento di conservazione e restauro che consentirà di definire metodi, materiali e tempistiche per l’intervento complessivo di restauro del Sarcofago, che sarà realizzato grazie al sostegno di un mecenate privato. Interverranno il capo dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale, Alfonsina Russo; il direttore generale Musei, Massimo Osanna; la direttrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Luana Toniolo; il direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro, Luigi Oliva; il presidente della Banca Popolare del Cassinate, Vincenzo Formisano. Grazie alla convenzione fra il Museo e l’Istituto Centrale per il Restauro, il Sarcofago degli Sposi è al centro di una nuova stagione di studi che prevede non solo il restauro ma anche la realizzazione di un piano conservativo, di manutenzione dell’opera e di valorizzazione. Inoltre, per raccontare ai visitatori questo momento delicato del percorso conservativo del Sarcofago, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia aprirà al pubblico le porte del laboratorio di restauro per due giorni alla settimana.

Ercolano. “Il legno che non bruciò”: all’antiquarium l’esposizione permanente di un’ampia scelta della collezione di mobili e strumenti di legno provenienti dall’antica Ercolano, unica al mondo nel suo genere, già esposti alla Reggia di Portici. Sirano, che ha concluso il doppio mandato, resta al parco archeologico come delegato dal direttore ad interim Massimo Osanna

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, premiato con una targa di fine mandato (foto paerco)

Foto di gruppo ricordo del personale del parco archeologico con il direttore Francesco Sirano (foto paerco)

Il 10 aprile 2025 il taglio del nastro all’esposizione permanente “Il legno che non bruciò” all’antiquarium di Ercolano doveva suggellare la fine di un mandato di successo – otto anni che per il parco archeologico di Ercolano, sotto la sua guida, sono stati particolarmente significativi, con risultati per la ricerca, la tutela, la valorizzazione che sono davanti agli occhi di tutti -, invece – come annunciato dal direttore generale Musei Massimo Osanna -, per Francesco Sirano l’esperienza continua: la direzione del parco è stata infatti attribuita dal 10 aprile 2025 a Massimo Osanna con delega a Francesco Sirano, che rimane quindi operativo alla guida del parco archeologico di Ercolano (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2025/04/10/ercolano-allantiquarium-apre-il-legno-che-non-brucio-ad-ercolano-la-mostra-alla-reggia-di-portici-diventa-unesposizione-permanente-allinaugurazione/).

“Il legno che non bruciò”: allestimento della mostra permanente all’antiquarium di Ercolano (foto paerco)

L’antiquarium del parco archeologico di Ercolano, dal 10 aprile 2025, accoglie dunque un’ampia scelta della collezione di mobili e strumenti di legno provenienti dall’antica Ercolano, unica al mondo nel suo genere. Gli straordinari reperti, testimonianze della vita quotidiana dell’antica città romana, hanno assunto nel tempo un valore sempre più identificato per il sito: l’eruzione del Vesuvio infatti carbonizzò senza bruciare arredi e oggetti. Paradossalmente è stata proprio la distruzione operata dalla catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ad averceli consegnati; la massa alta 20 metri di fango piroclastico ad altissima temperatura precipitata sulla città ha fatto sì che a causa dell’assenza di ossigeno il legno si sia carbonizzato e non combusto.

Massimo Osanna, direttore generale Musei, con Francesco Sirano, direttore delegato del parco archeologico di Erciklano, all’inaugurazione dell’esposizione permanente “Il legno che non bruciò” (foto paerco)

A inaugurare la nuova esposizione il direttore generale Musei, Massimo Osanna, che dichiara: “Il Parco Archeologico di Ercolano rappresenta oggi un modello emblematico di collaborazione internazionale nel campo del patrimonio culturale. Il lavoro congiunto tra il Parco e il Packard Humanities Institute ha permesso di compiere passi significativi nella tutela, valorizzazione e accessibilità del sito, restituendo a questo luogo una nuova centralità, scientifica e culturale. I risultati ottenuti dimostrano quanto la cooperazione tra pubblico e privato possa generare interventi efficaci e sostenibili, capaci di coniugare rigore scientifico e visione progettuale. Ogni avanzamento a Ercolano non è solo un successo per la ricerca archeologica, ma anche un contributo concreto alla crescita della comunità e del turismo culturale. L’esposizione dei reperti lignei carbonizzati costituisce un’occasione straordinaria per mostrare come la fragilità dei materiali antichi possa ispirare nuove soluzioni di conservazione e valorizzazione. L’utilizzo di tecnologie innovative e il contributo congiunto di competenze specialistiche hanno reso possibile una presentazione rigorosa e accessibile, che restituisce agli oggetti la loro funzione e il loro significato originario. Una narrazione che, attraverso le tracce materiali, continua a ripristinare la voce della città antica”.

Una sala della mostra “Materia” alla Reggia di Portici che ricrea una radura immaginaria (foto graziano tavan)

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)

“Dopo la mostra alla Reggia di Portici, per la loro unicità, era necessario dedicare ai legni uno spazio espositivo”, dichiara il direttore Francesco Sirano, “e così oggi l’Antiquarium diventa non solo luogo di ricovero per questi arredi in legno carbonizzato, ma anche una finestra su una categoria di materiali archeologici che rende Ercolano unica al mondo. Il legno mirabilmente lavorato, decorato e persino intarsiato non rappresenta solo un vero e proprio miracolo salvatosi dall’eruzione, ma anche un filo rosso che dall’antichità ci accompagna ancora oggi nella nostra esperienza quotidiana. Tutto ci parla ad Ercolano, ogni reperto non è solo un frammento del passato, ma un testimone della vita vissuta, oggi possiamo offrire al pubblico un’esperienza che va oltre la semplice visita: un viaggio emozionale attraverso gli oggetti, le architetture e le storie degli antichi ercolanesi Abbiamo voluto che ogni tappa della visita al Parco fosse un momento di scoperta e riflessione. Dal Padiglione della barca, che ci racconta il dramma dell’ultimo istante, agli straordinari manufatti che rivelano le attività quotidiane, ogni reperto è un tassello di una narrazione più ampia, che parla di vita, di speranze e di resilienza”.

“Il legno che non bruciò”: frammenti policromi del celebre Tetto della Casa di Telefo esposti all’antiquarium di Ercolano (foto paerco)

“Il legno che non bruciò”: allestimento della mostra permanente all’antiquarium di Ercolano (foto paerco)

La raccolta di arredi in legno carbonizzato risale agli scavi condotti da Amedeo Maiuri a partire dagli anni Venti del Novecento ed è particolarmente significativa per la tecnica di recupero adottata, basata sul consolidamento grazie alla paraffina. Le campagne di scavo condotte nel primo decennio del XXI secolo, nell’area della Villa dei Papiri e lungo la parte orientale dell’antica spiaggia, hanno portato alla luce nuovi frammenti di prezioso mobilio in legno e avorio, oltre ai resti di un tetto e di un controsoffitto ligneo policromo, appartenenti al salone dei marmi della Casa del Rilievo di Telefo. Questi sorprendenti ritrovamenti hanno dato impulso a un’intensa fase di restauro e ricerca sulla funzione, sulla produzione e sulla conservazione dei manufatti lignei, prese non solo dalla carbonizzazione, ma anche da un elevato grado di imbibizione. Il complesso processo di studio è stato portato avanti in stretta collaborazione con il team di archeologi e restauratori del Packard Humanieties Institutre, con l’obiettivo di approfondire le conoscenze e sviluppare strategie di conservazione sempre più efficaci. La fragilità di questi reperti ha reso chiaro che ogni spostamento rappresenta un’operazione delicata e rischiosa. Per questo motivo, la nuova esposizione è stata progettata con l’obiettivo di valorizzare questi straordinari reperti, utilizzando soluzioni tecniche innovative e tecnologie avanzate, al fine di renderli accessibili al pubblico, garantendo al contempo la loro conservazione ottimale. L’esposizione è stata infatti progettata rispettando le normative per la conservazione, con un costante monitoraggio delle condizioni microclimatiche degli ambienti espositivi. Un approccio di questo tipo unisce la tutela del patrimonio con una fruizione ottimale da parte del pubblico.

Ercolano. All’antiquarium apre “Il legno che non bruciò ad Ercolano”: la mostra alla Reggia di Portici diventa un’esposizione permanente. All’inaugurazione il direttore generale Osanna

Lo sgabello della Casa dei due Atri esposto nella mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto graziano tavan)

“Il legno che non bruciò ad Ercolano” da giovedì 10 aprile 2025 diventa esposizione permanente all’antiquarium del parco archeologico di Ercolano con un’ampia scelta della collezione di mobili e strumenti di legno unica al mondo nel suo genere. Dopo essere stati in mostra per oltre un anno alla Reggia di Portici gli arredi in legno saranno esposti in via sperimentale in un’ala dell’Antiquarium, per offrire ai visitatori un ulteriore approfondimento dell’esperienza di visita al Parco. Come con la barca e gli ori dei fuggiaschi ritrovati sull’antica spiaggia, anche attraverso i preziosi mobili ci si potrà immergere nel vissuto quotidiano attraverso materiali che conservano la loro stessa vitalità nel legno che non si è bruciato ma carbonizzato e, in alcuni casi, conservato tal quale con persino le originarie decorazioni dipinte. All’inaugurazione giovedì 10 aprile 2025, alle 12, all’Antiquarium del Parco, saranno presenti il direttore generale Musei Massimo Osanna e il direttore del parco archeologico Francesco Sirano.

Canosa di Puglia (Ta). Nella scuola Mazzini, al via la mostra “Forme e colori dell’Italia preromana. Canosa di Puglia” con i preziosi ori scoperti proprio a Canosa nel 1928 insieme alle produzioni artigianali più caratteristiche del popolo dei Dauni. È il primo evento in quella che sarà la nuova sede del museo Archeologico nazionale

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Il diadema e lo scettro della principessa dauna Opaka Sabaleida (III sec. a.C.) sono tornate a casa, in Puglia. Dopo le tappe nelle sedi prestigiose degli Istituti Italiani di Cultura a Santiago del Cile, Buenos Aires, San Paolo e nelle sale del Museo Nacional de Antropología di Città del Messico, e in Italia a Roma a Castel Sant’Angelo, gli straordinari reperti della mostra “Forme e colori dell’Italia preromana. Canosa di Puglia”, dal 15 marzo al 18 maggio 2025, ritornano nel luogo della loro scoperta, sottolineando il legame profondo tra i manufatti e il territorio d’origine, raccontando un capitolo della storia della penisola italiana che precede l’unificazione sotto Roma attraverso alcune fra le produzioni artigianali più caratteristiche del popolo dei Dauni fra il IV e il II sec. a.C.

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Stella Falzone, direttrice del museo Archeologico nazionale di Taranto (foto maximiliano massaroni / museo castel sant’angelo)

L’inaugurazione della mostra il 14 marzo 2025 all’interno di alcune sale al primo piano dell’edificio scolastico “G. Mazzini” destinato a diventare la nuova sede museale. Alla cerimonia di inaugurazione sono intervenuti Vito Malcangio, sindaco di Canosa di Puglia; Nadia Landolfi, dirigente istituto comprensivo Foscolo-Lomanto-Mazzini di Canosa di Puglia; Sergio Fontana, presidente Fondazione Archeologica Canosina; Anita Guarnieri, soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia; Francesco Longobardi, delegato alla direzione regionale Musei nazionali Puglia; Luigi Oliva, direttore istituto superiore per la Conservazione e il Restauro; Stella Falzone, direttrice del museo Archeologico nazionale di Taranto; Filippo La Rosa, direttore per la promozione della cultura e della lingua italiana MAECI; e Massimo Osanna, direttore generale Musei MiC.

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Una fase dell’allestimento della mostra “Forme e colori dell’Italia preromana. Canosa di Puglia” alla scuola Mazzini di Canosa, nuova sede del museo Archeologico nazionale (foto drm-puglia)

I reperti in oro saranno esposti insieme alle produzioni artigianali più caratteristiche del popolo dei Dauni. “La mostra a cura di Massimo Osanna e Luca Mercuri è oggi una espressione di pregio del grande patrimonio di civiltà di questa terra”, spiega la direttrice del MArTA, Stella Falzone, “perché restituisce onore al territorio in cui nel 1928 l’allora soprintendente e già direttore del museo di Taranto, Quintino Quagliati, rinvenne questo importante tesoro archeologico”. Nel 1928, infatti, proprio a Canosa, lungo la strada che conduce a Cerignola, nel tratto parallelo al tracciato dell’Appia Traiana, venne scoperta la tomba ipogeica, databile alla fine del III sec. a.C., che ha restituito materiali di straordinaria ricchezza, riconducibili alle produzioni orafe di lusso dell’artigianato tarantino.

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Diadema in oro, corniole, granate, smalti colorati (fine III inizi II secolo a.C.,) proveniente dalla Tomba degli Ori di Canosa e conservato al museo Archeologico nazionale di Taranto (foto maximiliano massaroni / museo castel sant’angelo)

I reperti esposti – armature, ceramiche, gioielli e ornamenti – raccontano Canosa, uno dei centri più importanti dell’area dove, tra il IV e il II secolo a.C., i cosiddetti Principi, personalità di spicco dell’élite locale, furono sepolti in ipogei (tombe a camera familiari, scavate nel tufo locale) con un ricco corredo funerario che esibiva lo status sociale del defunto alla comunità. Tra tu spiccano i vasi policromi e plastici – dal peculiare colore rosa intenso – arricchiti da figurine applicate, che rappresentano una produzione originale delle botteghe canosine dell’epoca, ma anche due oggetti straordinari come il diadema in oro e pietre preziose, decorato da fiori, bacche e foglie mobili, e uno scettro in lamina aurea, custodi nel museo Archeologico nazionale di Taranto, appartenuti in origine a una donna canosina, sicuramente di rango regale. I materiali esposti provengono dai deposi e dalle collezioni di alcuni dei principali musei della Puglia, il museo Archeologico nazionale di Canosa di Puglia, il museo Archeologico nazionale di Taranto, il museo Archeologico di Santa Scolastica di Bari, nonché della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia e della soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo. In mostra sono presenti anche reperti recupera durante le operazioni di contrasto al commercio clandestino di beni culturali condotti e dal Comando Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale.

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Il ministro della Cultura Alessandro Giuli a Canosa di Puglia per la presentazione del progetto della nuova sede del museo Archeologico nazionale (foto drm-puglia)

La vernice della mostra, come si diceva, ha inaugurato anche la nascita del museo Archeologico nazionale di Canosa di Puglia nella sua nuova sede, l’edificio scolastico “Giuseppe Mazzini”. Il progetto era stato presentato nel novembre 2024 al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, dall’arch. Francesco Longobardi, delegato alla Direzione del Castello svevo di Bari – Direzione regionale Musei nazionali Puglia: “La città di Canosa”, aveva riferito davanti al ministro, “merita un museo archeologico capace di raccontare la storia e l’archeologia di un territorio così ricco di testimonianze che spaziano dalla preistoria all’età medioevale, che comprendono siti archeologici e reperti grazie ai quali si ricostruisce la storia di un insediamento fiorente e rilevante per molti secoli. Questa storia millenaria sarà il focus del museo, motore e raccordo della complessità di queste evidenze archeologiche”.

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La scuola “Giuseppe Mazzini” di Canosa di Puglia destinato a ospitare il museo Archeologico nazionale (foto drm-puglia)

L’iter parte da più lontano. Nel 2020, dopo un lungo e fruttuoso dialogo con il Comune di Canosa di Puglia, l’allora Polo Museale della Puglia (ora Castello svevo di Bari – Direzione regionale Musei nazionali Puglia) ha siglato un Contratto di Concessione in comodato d’uso gratuito per 50 anni di una nuova e prestigiosa sede individuata in un’ala dell’edificio scolastico Giuseppe Mazzini. L’area espositiva passerà cosi dai 300 mq dell’attuale allestimento a Palazzo Sinesi a più di 3.000 mq: il nuovo Museo diverrà, nelle intenzioni condivise del Ministero della Cultura e dell’Amministrazione Comunale, un luogo vitale di riferimento culturale per tutta la comunità canosina e per gli studiosi, per i visitatori e per i turisti. Intanto, con i finanziamenti a disposizione, per complessivi 7.100.000,00 euro, sono stai avviati i lavori del primo lotto che prevedono gli interventi strutturali e impiantistici su tutto il fabbricato, e la realizzazione al piano seminterrato di depositi, di laboratori e aule studio. Il piano rialzato invece sarà dedicato all’accoglienza, agli uffici, a spazi espositivi e per conferenze. Gli spazi esterni pertinenziali saranno suddivisi tra la scuola e il museo attraverso una ben precisa distinzione capace, da una parte, di evitare interferenze tra le due istituzioni ma, dall’altra, costruita in modo da generare un’osmosi che connetta la scuola e la città agli spazi museali. Il 5 novembre 2024 è stato pubblicato il bando di gara con scadenza fissata al 16 dicembre 2024. I lavori saranno avviati i primi mesi del 2025 e avranno una durata circa 24 mesi, durante i quali “sarà nostra priorità – ha anticipato Longobardi – garantire un uso graduale degli spazi”.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la mostra “Miti greci per principi dauni”: 25 reperti trafugati, importante gruppo di vasi apuli e attici a figure rosse, recuperati dai Carabinieri del Tpc e provenienti dall’Altes Museum di Berlino. Destinazione finale il costruendo museo della Legalità a Foggia

roma_villa-giulia_mostra-miti-greci-per-principi-dauni_locandinaFino al 16 marzo 2025 si potranno ammirare al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia nella mostra “Miti greci per principi dauni”, per poi passare al Castello Svevo di Bari, in attesa di trovare sede nel costituendo museo Archeologico nazionale di Foggia. Sono i 25 reperti archeologici, un importante gruppo di vasi apuli e attici a figure rosse, recuperati nell’ambito di una riuscita operazione di diplomazia culturale condotta con i Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale e provenienti dalle collezioni di antichità classica dell’Altes Museum di Berlino.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: da sinistra. Massimo Osanna, Alessandro Giuli, Luana Toniolo, Liuigi La Rocca (foto agnese sbaffi / mic)

All’inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia col ministro della Cultura Alessandro Giuli sono intervenuti la direttrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Luana Toniolo; il direttore generale Musei e curatore della mostra, Massimo Osanna; il capo dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale e curatore della mostra, Luigi La Rocca; il procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Roma, Giovanni Conzo; il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro; il capo dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Alfonsina Russo; l’Ambasciatore tedesco in Italia, Hans-Dieter Lucas.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il ministro Alessandro Giuli col dg Massimo Osanna (foto agnese sbaffi / mic)

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Cratere a volute rosse apulo con Ratto di Persefone, attribuito al Pittore di Dario (340-320 a.C.) esposto nella mostra “Miti greci per i principi dauni” (foto mic)

Il progetto espositivo, a cura di Luigi La Rocca, Massimo Osanna e Luana Toniolo, nasce nell’ambito dell’Accordo di cooperazione culturale siglato il 13 giugno 2024 a Berlino tra i ministeri della Cultura italiano e tedesco, la Fondazione per l’Eredità Culturale della Prussia (SPK) e il Museo di Berlino. Grazie a questa intesa, raggiunta a valle di un importante lavoro delle Procure della Repubblica di Roma e Foggia e dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, oltre che degli uffici del ministero della Cultura, è potuto rientrare in Italia un prezioso contesto funerario di 21 vasi apuli provenienti dalla Puglia settentrionale, area abitata dall’antica popolazione dei Dauni, assieme a due vasi attici a figure rosse, un cratere lucano a figure rosse e un frammento di affresco proveniente da una villa di Boscoreale, dichiarati di dubbia provenienza. In virtù della provenienza daunia, i materiali torneranno poi in Puglia e saranno assegnati definitivamente all’istituendo Museo di Foggia presso Palazzo Filiasi, all’esito dei lavori di restauro e adeguamento funzionale attualmente in corso e finalizzati alla realizzazione di un museo dedicato proprio alle attività di contrasto al fenomeno dello scavo clandestino e della illecita esportazione di beni archeologici. Con l’occasione e in virtù del dialogo virtuoso tra Italia e Germania, è stato avviato un programma di prestiti di opere a lungo termine con lo stesso museo berlinese, grazie alla collaborazione dei parchi archeologici di Paestum e Velia e del museo Archeologico nazionale di Napoli.

“Questa mostra porta con sé il concetto di diplomazia culturale, di cooperazione, di amicizia con una nazione così importante come la Germania”, interviene il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “e con un allestimento completamente orientato all’idea dell’inclusione e dell’accessibilità che è un esempio modello da seguire in tutte le realtà museali”.

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Allestimento della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

“Grazie all’attività di diplomazia culturale del ministero della Cultura è stato possibile sottoscrivere questo importante Accordo di cooperazione con la Fondazione dell’Eredità Culturale Prussiana che ha consentito la restituzione all’Italia di 25 preziosi reperti archeologici, precedentemente esposti presso l’Altes Museum di Berlino”, commenta il capo dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale, Luigi La Rocca. “I pregiati manufatti di produzione apula e attica, tra cui crateri di grandi dimensioni a figure rosse, piatti decorati, una kylix, skyphoi, anfore e un’hydria, possono ora essere ammirati nella suggestiva cornice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia per essere restituiti alla collettività e infine esposti in Puglia, il luogo dal quale furono scavati clandestinamente e successivamente esportati.  Un nuovo successo delle istituzioni italiane deputate alla tutela del patrimonio culturale e al contrasto dei traffici illeciti dei nostri beni archeologici”.

“Questo progetto è il risultato emblematico di un’operazione culturale di successo, incarnata dall’intesa conclusa con la Fondazione dell’Eredità Culturale Prussiana”, ricorda il direttore generale Musei, Massimo Osanna. “Grazie a questo accordo, frutto di un significativo lavoro delle Procure, dei Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale e, naturalmente, degli uffici del ministero della Cultura, torna in Italia un importante nucleo di vasi apuli e attici a figure rosse, originari dell’area della Puglia settentrionale, storicamente abitata dagli antichi Dauni. Considerata la loro provenienza, dopo l’esposizione a Villa Giulia e il successivo allestimento presso il Castello Svevo di Bari, questi materiali saranno definitivamente destinati al costituendo Museo di Foggia, che sarà dedicato proprio alle attività di contrasto all’illecita esportazione di beni archeologici. Un progetto di ampio respiro dunque, che parla di diplomazia culturale, salvaguardia del patrimonio, pubblica fruizione e promozione della legalità, in un’ottica di rete e collaborazione tra istituzioni”.

“La restituzione di questi manufatti è in linea con la posizione di principio dei Musei Berlinesi nei confronti delle antichità”, spiega l’ambasciatore tedesco in Italia, Hans-Dieter Lucas, “e rappresenta un altro bell’esempio per la già esemplare cooperazione tra Germania e Italia nel settore della tutela e della restituzione di beni culturali. Abbiamo un interesse comune a proteggere i beni culturali con valore identitario da saccheggi, scavi illegali, furti e contrabbando. Poiché il furto e il contrabbando di opere d’arte e beni culturali non creano solo ingiustizia e danni materiali, già di per sé gravi, ci privano anche dell’opportunità di conoscere meglio la tradizione, i proprietari e gli ideatori di questi reperti”.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro (foto agnese sbaffi / mic)

“Il patrimonio culturale di una nazione rappresenta la propria identità storica da proteggere e conservare, quale testimonianza incancellabile delle proprie radici e tradizioni”, sottolinea il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro. “Quando opere d’arte vengono sottratte al loro contesto originario, non solo viene violata la norma a tutela del Paese di provenienza, ma viene cancellata la traccia dell’identità culturale di un popolo. È per questo che con profonda soddisfazione, con l’inaugurazione al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia della mostra “Miti greci per principi dauni”, viene celebrato un altro importante recupero di straordinari reperti archeologici costituiti da un corredo di 21 vasi apuli del IV sec. a.C. di inestimabile valore, frutto di scavi clandestini operati in Puglia negli anni ’70-’80. Questo rimpatrio testimonia un’efficace azione sinergica posta in essere tra i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, il ministero della Cultura, le autorità giudiziarie di Roma e Foggia e l’istituzione museale di Berlino. Pertanto, l’accordo siglato tra il ministero della Cultura italiano e l’Altes Museum di Berlino costituisce un vero e proprio modello di cooperazione per tutte le future attività di diplomazia culturale tra lo Stato italiano e le altre nazioni nell’opera di recupero e restituzione di beni d’arte sottratti ai territori e alle comunità di origine”.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il capo dipartimento Alfonsina Russo con l’ambasciatore Hans-Dieter Lucas (foto agnese sbaffi / mic)

“Il museo di Villa Giulia già custode del celebre Cratere di Eufronio dal 2009 al 2015, simbolo del successo delle politiche di diplomazia culturale del nostro Paese, rappresenta il luogo ideale per celebrare il ritorno di questo significativo gruppo di reperti archeologici, finora conservati all’Altes Museum”, aggiunge il capo dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Alfonsina Russo. “Questi vasi straordinari, con le loro affascinanti narrazioni mitologiche, saranno ora protagonisti, prima di tornare definitivamente in Puglia, di due importanti mostre che ne potranno esaltare il valore storico e culturale. Con l’occasione e in forza del proficuo dialogo tra Italia e Germania, è stato inoltre avviato un programma di prestiti di opere a lungo termine con lo stesso museo berlinese, grazie alla collaborazione dei parchi archeologici di Paestum e Velia e del museo Archeologico nazionale di Napoli. Una iniziativa che non solo conferma la qualità dell’impegno dell’Italia per la protezione del patrimonio culturale, ma che dà vita ad un ampio programma di valorizzazione e fruizione integrata”.

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Allestimento della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

“La mostra “Miti greci per principi dauni” allestita a Villa Giulia”, spiega la direttrice Luana Toniolo, “è una mostra che celebra il rientro di 25 reperti dall’Altes Museum di Berlino. Una mostra accessibile, anzi direi accogliente. Una mostra che infatti nella prima sala, con un allestimento immersivo che integra LIS, racconta gli specifici miti dei primi cinque grandi vasi: miti a volte poco noti come il mito di Reso o di Diomede come fondatore della Daunia ad altri miti più grandi come la gigantomachia o il ratto di Persefone. Nella seconda sala un grande video ci racconta i rituali funerari dauni e il rientro dei vasi in Italia e la loro apertura nell’emozione generale a Villa Giulia. La mostra si conclude con altri reperti non pertinenti all’area di Arpi, il più importante e esteso insediamento della Daunia, ma provenienti dal mondo attico e dalla Lucania”.

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Cratere a volute rosse apulo con scena di Gigantomachia, attribuito al Pittore dell’Oltretomba (330-310 a.C.) esposto nella mostra “Miti greci per i principi dauni” (foto mic)

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Il ministro Giuli segue i supporti multimediali della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

Tra gli oggetti in mostra un gruppo di straordinari vasi a figure rosse di grandi e medie dimensioni – ben attribuibili per caratteristiche stilistiche ad alcuni dei ceramografi più noti e prolifici, attivi nella seconda metà del IV secolo a.C., come il Pittore di Dario e il Pittore dell’Oltretomba -, e due vasi attici, prodotti cioè nella regione di Atene, e uno lucano pure appartenenti al rimpatrio da Berlino. Oggetti di lusso prodotti essenzialmente per essere deposti nelle tombe e decorati con scene mitologiche. Grazie a un allestimento immersivo e accessibile, le opere raccontano la loro storia e quelle degli dei e degli eroi in essi raffigurati. Il nucleo di reperti compariva nell’elenco di beni trafugati dal noto trafficante d’arte Giacomo Medici, condannato nel 2009 per traffico illecito di beni culturali. In base alle indagini, fu prima acquisito da una famiglia svizzera (collezione Cramer) e poi venduto all’Altes Museum dal commerciante di antichità Christopher Leon, per 3 milioni di marchi nel 1984.

 

Roma. Riaperto il Passetto di Borgo, il suggestivo corridoio fortificato tra Vaticano e Castel Sant’Angelo tornato fruibile dopo sei anni con un programma permanente di visite guidate speciali. Entro gennaio accesso possibile anche ai disabili

Il Passetto di Borgo tra Castel Sant’Angelo e il Vaticano illuminato di blu (foto dms-roma)

Costruito nel Medioevo, ha svolto un ruolo cruciale per la sicurezza dei Papi nei momenti di crisi. Durante il Sacco di Roma del 1527, Papa Clemente VII fuggì attraverso questo corridoio cercando rifugio a Castel Sant’Angelo. Parliamo del Passetto di Borgo: dal 23 dicembre 2024, a poche ore dall’apertura del Giubileo 2025, il suggestivo corridoio fortificato tra Vaticano e Castel Sant’Angelo è tornato fruibile dopo sei anni con un programma permanente di visite guidate speciali. Oggi, percorrere di nuovo il Passetto significa rivivere uno dei capitoli più intensi della storia della città. La riapertura del Passetto è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra la soprintendenza Speciale di Roma, che ha curato i lavori di messa in sicurezza, conservazione e restauro, e la direzione generale Musei / Istituto Pantheon e Castel Sant’Angelo – direzione Musei nazionali della città di Roma, responsabile del progetto di valorizzazione e della nuova narrazione museologica. All’inaugurazione erano presenti Luca Mercuri, dirigente delegato dell’istituto Pantheon e Castel Sant’Angelo – direzione Musei nazionali della città di Roma; Massimo Osanna, direttore generale Musei MiC; la soprintendente speciale Archeologia Belle arti e Paesaggio di Roma, Daniela Porro; e l’on. Federico Mollicone, presidente della VII Commissione (Cultura, Scienze e Istruzione) alla Camera dei Deputati.

Le visite guidate, realizzate in collaborazione con Coopculture e acquistabili sull’app e la piattaforma Musei Italiani, permettono di percorrere l’intero tratto del Passetto, dalla Torre del Mascherino su piazza della Città Leonina, fino al Bastione San Marco a Castel Sant’Angelo. Il percorso alterna due livelli: il livello superiore, scoperto, offre una passeggiata panoramica con viste spettacolari sulla città; il livello inferiore, coperto, rappresenta invece il corridoio “segreto” che consentiva ai Pontefici di spostarsi in sicurezza dagli appartamenti papali al castello fortificato. All’arrivo al Bastione San Marco, i visitatori sono accolti in un ambiente allestito per l’occasione con opere e oggetti che raccontano le vicende storiche legate al Passetto e a Castel Sant’Angelo. Una installazione multimediale, realizzata in collaborazione con Studio Azzurro, offre ulteriori spunti per un’esperienza immersiva. Un virtual tour, infine, disponibile sul sito web di Castel Sant’Angelo, consente di poter fruire del Passetto da qualsiasi luogo e distanza.

Visite guidate al Passetto di Borgo tra Castel Sant’Angelo e il Vaticano (foto maximiliano massaroni / dms-roma)

Le visite guidate, per gruppi di 25 persone, prevedono 3 diverse formule: la visita guidata diurna al Passetto e al Bastione San Marco senza ingresso a Castel Sant’Angelo, la visita guidata diurna integrata con l’ingresso ordinario a Castel Sant’Angelo e la visita speciale notturna che include la visita guidata al Passetto e una suggestiva passeggiata all’interno di Castel Sant’Angelo tra Bastioni e Sala Paolina, senza altro pubblico presente. L’ingresso diurno al solo Passetto e al Bastione San Marco costa 4 euro (con riduzioni e gratuità di legge) + 12 euro per la visita guidata obbligatoria della durata di un’ora (gruppi di 25 persone, gratis fino a 6 anni, 2 euro fino ai 18 anni non compiuti). L’ingresso diurno integrato al Passetto + Castel Sant’Angelo prevede il costo del biglietto di accesso ordinario a Castel Sant’Angelo (16 euro con riduzioni e gratuità di legge) + 10 euro per la visita guidata al Passetto di Borgo e al Bastione San Marco della durata di un’ora (gruppi di 25 persone, gratis fino a 6 anni, 2 euro fino ai 18 anni non compiuti). L’ingresso speciale notturno prevede la visita guidata di un’ora al Passetto di Borgo e al Bastione San Marco e una passeggiata suggestiva all’interno di Castel Sant’Angelo, senza altro pubblico presente, che include il dromos, i bastioni e la Sala Paolina: costa 4 euro (con riduzioni e gratuità di legge) + 24 euro per la visita guidata speciale (gruppi di 25 persone, gratis fino a 6 anni, 2 euro fino ai 18 anni non compiuti).

Autorità sul Passetto di Borgo: da sinistra a destra, Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura Camera; Giulia Ghia, assessore alla Cultura del I Municipio; Massimo Osanna, direzione generale Musei; Daniela Porro, soprintendente speciale di Roma; Luca Mercuri, Musei Statali città di Roma (foto ssabap-roma)

“Sono particolarmente lieto”, dichiara Massimo Osanna, direttore generale Musei, “di celebrare la riapertura al pubblico del Passetto di Borgo, dopo anni di chiusura. Questo passaggio fortificato non è soltanto un elemento architettonico di rara suggestione, ma rappresenta un capitolo fondamentale della storia di Roma, capace di raccontare momenti cruciali della città e della sua dimensione universale. Oggi viene restituito ai cittadini e ai visitatori un luogo che invita alla scoperta e alla conoscenza, proponendo un dialogo tra storia, cultura e paesaggio urbano. Le nuove modalità di fruizione, con percorsi guidati diurni e serali, l’allestimento del Bastione San Marco e soluzioni accessibili, confermano l’impegno verso un patrimonio culturale che possa essere sempre più esperienza condivisa, capace di connettere passato e presente in una narrazione viva”. “Il grande intervento del Passetto di Borgo”, commenta Daniela Porro, soprintendente speciale di Roma, “in collaborazione con la direzione generale Musei e il segretariato regionale del Lazio, non poteva non concludersi che con il restauro realizzato dalla Soprintendenza con i fondi del Giubileo di Porta Angelica, in epoca medioevale parte integrante delle Mura Leonine e oggi ingresso privilegiato a piazza San Pietro e alla Basilica Vaticana. Ma è con soddisfazione che sottolineo come questi interventi abbiano reso Passetto più accessibile, anche alle persone con difficoltà di deambulazione, grazie a due nuovi ascensori e alla riconfigurazione di alcune pendenze del percorso. Un grande traguardo che offriamo ai visitatori romani e di tutto il modo per il Giubileo”.

Passetto di Borgo tra Castel Sant’Angelo e il Vaticano: visite guidate serali in notturna (foto alice bella / dms-roma)

Questa riapertura del Passetto rappresenta un punto di partenza verso una fruizione sempre più ampia e inclusiva di un monumento tanto significativo e affascinante quanto, per sua natura originaria, concepito per essere impervio, segreto e inaccessibile. Un percorso che oggi si apre al pubblico con l’obiettivo di trasformare quella che era una fortificazione difensiva e una via di fuga in un luogo di scoperta e partecipazione. Grazie al nuovo elevatore installato presso la Torre del Mascherino, a partire da gennaio 2025 saranno attivate visite accessibili, pensate per garantire questa esperienza anche ai visitatori con difficoltà motorie. Dalla primavera, inoltre, saranno disponibili pacchetti e attività dedicate alle scuole, con percorsi didattici pensati per avvicinare i più giovani alla storia e al valore di questo luogo. Durante la prossima estate, grazie ai progetti di valorizzazione promossi dal ministero della Cultura, sarà anche avviato un programma di aperture speciali che permetterà l’accesso e la visita autonoma, offrendo un affaccio privilegiato sulla città eterna. Infine, finanziamenti pari a 2,5 milioni di euro, provenienti dalla programmazione straordinaria Lavori Pubblici, permetteranno all’istituto Pantheon e Castel Sant’Angelo – direzione Musei nazionali della città di Roma, in collaborazione con la soprintendenza speciale di Roma e la direzione generale Musei, di proseguire, nel prossimo triennio, con ulteriori interventi mirati alla valorizzazione e tutela del Passetto, consolidando così, sempre di più, questo ampio progetto di fruizione, accessibilità e condivisione del patrimonio culturale.

Passetto di Borgo tra Castel Sant’Angelo e il Vaticano: il passaggio coperto (segreto) dei Papi (foto dms-roma)

IL PASSETTO DI BORGO: TRA STORIA E MEMORIA. Il Passetto di Borgo, progettato per collegare il Vaticano con Castel Sant’Angelo, vanta una storia ricca e stratificata. Le prime fortificazioni dell’area risalgono all’impero del re ostrogoto Totila nel VI secolo d.C. Successivamente, papa Leone IV, nel IX secolo, ampliò le difese costruendo una cinta muraria a protezione del Vaticano e della Basilica di San Pietro, per contrastare i ripetuti attacchi dei Saraceni. Nel 1277, sotto papa Niccolò III Orsini, fu realizzato il collegamento tra il Passetto e Castel Sant’Angelo, con l’intento di garantire un passaggio sicuro per i Pontefici. Successivi interventi, come quello di Alessandro VI Borgia (1492-1503), aggiunsero un passaggio coperto, conferendo al Passetto l’aspetto che conosciamo oggi.

Passetto di Borgo tra Castel Sant’Angelo e il Vaticano: il passaggio coperto (segreto) dei Papi illuminato di blu per le visite guidate (foto alice bella / dms-roma)

La funzione difensiva e strategica del Passetto divenne celebre durante il Sacco di Roma del 1527, quando papa Clemente VII riuscì a sfuggire alle milizie imperiali di Carlo V utilizzandolo come via di fuga verso Castel Sant’Angelo. Questa via sicura permise al Pontefice di mettersi al riparo e, successivamente, di progettare la sua fuga verso Orvieto. Nel 1565, sotto il pontificato di Pio IV Medici, furono realizzate ulteriori modifiche urbanistiche con la costruzione delle mura di Borgo Pio, Vittorio e Angelico, segnando il passaggio del Passetto da struttura difensiva a elemento urbano integrato. Oggi, grazie al completamento dei lavori di restauro e alla nuova proposta di valorizzazione, il Passetto di Borgo torna a raccontare le sue storie, accogliendo i visitatori in un percorso che intreccia passato e presente, offrendo un’esperienza unica di scoperta e conoscenza.