Al via la VII edizione del Concorso Art Bonus: come funziona e come votare. Ecco quattro progetti da votare da Nord a Sud: Villa dei Mosaici a Negrar, epistolario di Paolo Orsi a Rovereto, stanza del custode degli Augustali al parco archeologico di Ercolano, rython assiro al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia
Ha preso il via il 1° febbraio 2023 la VII edizione del Concorso Art Bonus, l’iniziativa organizzata dal ministero della Cultura e ALES Spa, con la collaborazione di Promo PA Fondazione, finalizzata a rendere protagonisti i cittadini che potranno esprimere il loro gradimento su oltre 260 progetti beneficiari dei fondi Art Bonus nel 2022. Alla fine del 2022 risultano oltre 2434 gli enti registrati al portale Art Bonus, 31275 i mecenati, 5731 gli interventi pubblicati sulla piattaforma, più di 757 i milioni di euro raccolti su tutto il territorio nazionale. Quindici sono le regioni nelle quali si trovano i progetti in gara (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Veneto). Per votare, basta un semplice clic o like. La novità di questa edizione è l’introduzione di due categorie di progetti. 1) categoria “Beni e luoghi della cultura”: concorrono progetti di restauro e manutenzione di beni culturali e progetti di sostegno a favore di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche, complessi monumentali; 2) categoria “Spettacolo dal vivo”: comprende tutti i progetti di sostegno agli enti e alle attività di spettacolo. I vincitori della 7° edizione saranno due, uno per ciascuna categoria.
Le fasi di svolgimento del Concorso Art Bonus 2023: FASE 1 – Prima eliminatoria sul sito Art Bonus dal 1° febbraio 2023 fino alle ore 12 del 21 febbraio 2023 le votazioni si svolgeranno esclusivamente sulla piattaforma artbonus.gov.it/concorso2023. Sarà possibile esprimere una sola preferenza per ciascun progetto in gara ma ogni utente potrà votare più progetti. I voti ricevuti da ciascun progetto saranno visibili in tempo reale. FASE 2 – Seconda eliminatoria sul sito Art Bonus dalle ore 13 del 21 febbraio 2023 fino alle ore 12 del 14 marzo 2023 resteranno in gara sulla piattaforma del concorso i soli progetti che avranno ricevuto almeno 200 voti. I progetti con più di 200 voti rimasti in gara saranno divisi in due categorie: “Beni e luoghi della cultura” e “Spettacolo”. I sei progetti di ciascuna categoria che risulteranno più votati alla data del 14 marzo accederanno alla fase finale che si svolgerà solo sui canali FB e IG di Art Bonus. FASE 3 – Finale sui canali Facebook e Instagram di Art Bonus dalle ore 12 del 15 marzo fino alle 12 del 30 marzo 2023 i primi 12 progetti con il maggior numero di voti sulla piattaforma parteciperanno alle votazioni solo sui canali social, sfidandosi a suon di “Likes” sui profili Facebook e Instagram di Art Bonus. I 12 progetti finalisti saranno così suddivisi: 6 per la categoria “Beni e luoghi della cultura” + 6 per la categoria “Spettacolo”. FASE 4 – Proclamazione vincitori. i voti ottenuti da ciascun progetto sui social saranno sommati ai voti precedentemente ricevuti sulla piattaforma Art Bonus. La somma di questi voti determinerà l’ordine finale delle due classifiche e i due vincitori, uno per ogni categoria: 1° classificato categoria “Beni e luoghi della cultura”, 1° classificato categoria “Spettacolo”.
Ecco alcuni progetti da votare, da Nord a Sud.

Veduta d’insieme dei mosaici policromi del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)
NEGRAR (Vr). Villa Romana dei Mosaici: copertura protettiva mosaici (SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza). Il link per votare: Villa Romana dei Mosaici – Copertura protettiva mosaici – SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza – Art Bonus. Villa romana tardoantica (IV secolo d.C.) a carattere residenziale e produttivo, con mosaici di straordinario pregio ed eccezionale stato di conservazione.

Veduta aerea dell’area occupata dalla Villa dei Mosaici di Negrar tra i vigneti della Valpolicella (foto sabap-vr)
Dopo il rinvenimento nel 1885 di alcuni mosaici in parte strappati e venduti al Comune di Verona, nel 1922 venne individuata ed esplorata una parte del settore residenziale (pars urbana) dall’archeologa Tina Campanile, prima donna ammessa alla Scuola Archeologica di Atene. Nel 1974 uno scavo distrusse alcuni ambienti della villa fino ad allora sconosciuti. Del sito non era più nota l’esatta localizzazione: nel 2018 la Soprintendenza riprese le ricerche con la finalità della tutela vincolistica e nel 2019 fu individuata l’area. Negli anni seguenti, grazie ai fondi ministeriali, è stato intrapreso lo scavo archeologico in estensione. Oltre alla riscoperta dei mosaici visti nel 1922, che tanta eco mediatica ha suscitato sulla stampa nazionale e internazionale e sul web (“I mosaici romani tra i filari dei vigneti della Valpolicella”) e di cui è stato finalmente possibile apprezzare la pregevole tecnica realizzativa e lo straordinario stato di conservazione, ne sono stati riportati in luce nuovi con disegni geometrici, raffigurazioni naturalistiche e ritrattistiche. La parte residenziale della villa, scenograficamente disposta su terrazzamenti che assecondavano il declivio naturale del terreno, collegati da scalinate e ordinata attorno a un cortile-giardino centrale cinto dal peristilio, comprendeva un ampio e articolato settore termale. È stata rinvenuta una quantità notevole di frammenti di intonaci a vivaci colori, capitelli, fusti e basi di colonna, oltre a reperti metallici e a numerose monete.

Una delle coperture esistenti a protezione dei pavimenti musivi della Villa dei Mosaici a Negrar (foto sabap-vr)
Il settore produttivo è caratterizzato dalla presenza di estesi vani lastricati; recentissima e particolarmente rilevante è l’individuazione di strutture dedicate alla produzione vinicola. Si ipotizza che l’abbandono e la spoliazione della villa siano avvenuti nel VI secolo; la successiva frequentazione del sito in epoca altomedievale, nei tre secoli successivi (VII-IX), è caratterizzata da demolizioni, nuove parziali edificazioni e dal riadattamento e riuso di alcuni ambienti superstiti. Sono riferibili a quest’epoca anche alcune sepolture in nuda terra o in cassa litica. Tutti i beni archeologici messi in luce appartengono allo Stato. L’intervento: realizzazione di due coperture con struttura in alluminio e teli con pareti apribili per la protezione dalle intemperie delle aree scavate, analoghe a quelle già esistenti, al fine di consentire gli interventi conservativi più urgenti sulle pavimentazioni musive, con un clima controllato e di permettere agli archeologi di proseguire l’indagine al coperto.

Il museo civico di Scienze e Archeologia a Palazzo Parolari a Rovereto (foto fmcr)
ROVERETO (Tn). Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto: Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini. Il link per votare: Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto – Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini – Art Bonus. Archeologia, zoologia, botanica, astronomia, scienze della terra, robotica: queste le discipline che animano il Museo di Scienze e Archeologia, dalle sale permanenti con le preziose collezioni fino alle importanti mostre temporanee che approfondiscono temi diversi ogni anno.

Ritratto dell’archeologo Paolo Orsi, nato a Rovereto nel 1859 (foto fmcr)
Il museo, situato a Palazzo Parolari, è dal 1998 sede della Fondazione Museo Civico di Rovereto, uno dei più antichi musei italiani, fondato come società privata nel 1851. Le collezioni storiche del museo hanno dato vita all’esposizione permanente con sale dedicate ai minerali, ai fossili e agli uccelli, con alcune delle più importanti collezioni regionali. Le sale di archeologia raccontano il territorio ma non solo, grazie alla splendida collezione Paolo Orsi e alla sala Portinaro-Untersteiner con una preziosa raccolta di vasi antichi di produzione italica. Disponibili per le attività per il pubblico e le scuole il Planetario situato nel giardino del museo e il primo LEGO Education Innovation Studio aperto in Italia. L’intervento: riordino, pubblicazione e valorizzazione dell’epistolario inedito e dell’archivio lasciato dall’archeologo roveretano Paolo Orsi (1859-1935) alla Fondazione Museo Civico di Rovereto. Realizzazione di un documentario su Paolo Orsi e il suo rapporto con la terra d’origine.

Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)
PARCO ARCHEOLOGICO ERCOLANO (Na). Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali. Il link per votare: Parco Archeologico Ercolano – Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali – Art Bonus. Il parco archeologico di Ercolano, istituto della cultura di rilevante interesse nazionale dotato di autonomia speciale, è la struttura amministrativa che ha il compito di ricercare, conservare, tutelare, divulgare e valorizzare l’antica Herculaneum, luogo in cui a partire dal 1738 è cominciata l’archeologia delle città vesuviane distrutte dall’eruzione del 79 d.C. L’area archeologica di Ercolano è stata inserita, dal 1997, insieme agli Scavi di Pompei e alle ville di Oplontis, nella lista dei siti del Patrimonio Mondiale redatta dall’UNESCO. Nel 1961 durante gli scavi a cielo aperto dell’antica Herculaneum, in un ambiente del Collegio degli Augustali, una vittima dell’eruzione del 79 d.C., un uomo di circa 20 anni, probabilmente il custode dell’edificio, fu trovato disteso su un letto di legno, sepolto dal fango vulcanico.

I resti del corpo carbonizzato del custode degli Augustali a Ercolano con la posizione dei resti analizzati dal team di Petrone (foto Petrone / Plos One)
Lo scavo del letto rimase volontariamente incompiuto per consentire al pubblico una prospettiva di visita immersiva lasciando la porzione più superficiale del letto e i resti scheletrici a vista, protetti da una teca in vetro. Negli anni successivi alla musealizzazione della stanza, la protezione in vetro è andata perduta e i resti scheletrici sono stati soggetti a ripetuti furti e danneggiamenti da agenti esterni, mentre i margini del letto in legno carbonizzato hanno perso l’adesione originaria al blocco di materiale piroclastico sottostante, presentando segni di fratture e sgretolamento. Negli anni più recenti, è stata avvertita la necessità di recuperare questo straordinario contesto archeologico, sia per preservare i dati concernenti il ritrovamento di una vittima dell’eruzione in condizioni di seppellimento molto peculiari, sia per garantire la conservazione del letto, che rientra nel novero di una collezione di mobili, di oggetti di uso comune nonché di elementi strutturali in legno carbonizzato unica al mondo. Per quanto riguarda lo scheletro, in corrispondenza del cranio della vittima, è recentissima la scoperta di resti cerebrali vetrificati il cui risultato più significativo è stata l’identificazione di diverse proteine presenti nei tessuti cerebrali umani, attribuibili al cervello della vittima e ai suoi capelli, consentendo altresì l’individuazione di un intero sistema nervoso centrale. Nell’ambito del progetto è pertanto prioritario procedere ad un’accurata rimozione dei resti scheletrici per preservarne l’eccezionale valore scientifico e garantire la prosecuzione di indagini interdisciplinari; nel contempo, la rimozione del banco tufaceo dell’eruzione, non ancora scavato, consentirebbe di recuperare i nessi strutturali verticali e orizzontali del letto e la possibilità di completarne il consolidamento e il restauro. Il progetto prevede altresì la manutenzione straordinaria degli elementi strutturali e degli apparati decorativi della stanza, con particolare riguardo alla parete in opus craticium, che ancora conserva tracce del graticcio in legno carbonizzato e la finestra originale, agli intonaci affrescati e al pavimento in cocciopesto. L’unicità dell’area archeologica è data dalla peculiarità del seppellimento che ha sigillato sotto una spessa coltre di materiale piroclastico l’intera città, restituendo l’unico fronte mare di una città romana ed edifici conservati sino al terzo piano di altezza, caratterizzati da apparati decorativi di grande pregio. Ercolano è il solo sito da cui sono stati portati alla luce reperti organici in grande quantità, tra i quali legno (utilizzato sia come elemento architettonico che per la costruzione di mobili e utensili), frammenti di tessuto ed alimenti di vario genere (cereali, legumi, frutta). L’unica biblioteca del mondo antico, la famosa collezione di papiri che dà il nome alla celebre Villa, è stata trovata qui. Le attività di studio e ricerca dello straordinario patrimonio culturale del Parco, mobile ed immobile, sono volte a migliorare la conoscenza della cultura materiale e della società romana del I sec. d.C., nonché a mettere in campo strategie di tutela e conservazione innovative ed efficaci per una fruizione sempre più ampliata, inclusiva e diversificata.

Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) a testa di leone proveniente da Veio e conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
ROMA. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: restauro Rython assiro a testa di leone. Il link per votare: Restauro Rython assiro a testa di leone – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – Art Bonus. Restauro del Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) conformato a testa di leone proveniente da Veio, il cui contesto è purtroppo sconosciuto, ma certamente riconducibile ad un corredo principesco. Utilizzato come contenitore per bere, era dotato probabilmente da un’ansa che permetteva una presa riconducibile a quella di un secchiello. Il reperto è stato realizzato in lamina di bronzo, a doppia parete, e decorato con la tecnica dello sbalzo con anima di materiale refrattario in corrispondenza dei volumi delle fauci. Il manufatto dovrà essere sottoposto a: esame e documentazione dello stato di conservazione iniziale del reperto mediante fotografie e schede descrittive; pulitura (meccanica e/o chimica) delle superfici da depositi incoerenti e coerenti; consolidamento dei materiali costitutivi; eventuale incollaggio con resine adeguate; integrazioni e/o lavorazioni di integrazioni esistenti; presentazione estetica delle integrazioni; applicazione di idoneo protettivo; progettazione ed esecuzione di un nuovo supporto. Il museo ETRU mira a costituire una rete integrata tra siti ed enti culturali volta a favorire la crescita culturale e sociale e lo sviluppo economico delle realtà territoriali che le sue raccolte rappresentano, incoraggiando la formazione di comunità patrimoniali nello spirito indicato dalla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005).
Mercato illegale. Il Getty Museum di Los Angeles sarebbe pronto a restituire a settembre l’eccezionale gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, di provenienza tarantina, richiesto da oltre vent’anni. E il museo Archeologico nazionale di Taranto è pronto ad accoglierle

“Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo magnogreco del IV sec. a.C. esposto nelle sale del Getty Museum di Los Angeles (foto MArTa)
Il museo Archeologico nazionale di Taranto è pronto ad ospitare “Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo del IV secolo a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles che, se l’anticipazione di ieri del “Los Angeles Times” è corretta, sta per essere recuperato al patrimonio nazionale e a settembre 2022 dovrebbe essere restituito all’Italia, dove in un primo tempo verranno esposte nel museo dell’Arte Salvata. Il gruppo in terracotta policroma è costituito dal giovane Orfeo, seduto, intento a suonare la cetra, e due Sirene stanti, una delle quali musicante anch’essa: una possibile traduzione della sfida che oppose lo straordinario cantore alle creature mitologiche dal busto umano e corpo d’uccello, che, allocate alle porte dell’Ade, nell’immaginario classico univano il suono dei loro strumenti e il loro canto a quello dei parenti dei defunti, accompagnandone la discesa agli inferi.

Orfeo che suona la cetra, statua parte del gruppo scultoreo del IV sec. a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles (foto mic)

Dettaglio del trono su cui siede Orfeo del gruppo scultoreo del IV sec. a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles (foto mic)
Le statue, veri e propri capolavori del IV secolo a.C., costituiscono un gruppo scultoreo di figure in terracotta a grandezza naturale e proverrebbero proprio dall’area tarantina a cui lo stesso Getty aveva già restituito negli anni scorsi antichi manufatti ceramici di produzione apula esposti poi al MArTA nella mostra “Mitomania” nell’aprile del 2019. “Quando un patrimonio di così inestimabile valore torna in patria è una grande conquista civica e morale, non soltanto per l’eredità culturale che rappresenta, ma anche per la vittoria del senso della legalità e del rapporto con i territori come ci insegna la stessa Convenzione di Faro”, commenta così la direttrice del museo Eva Degl’Innocenti che aggiunge: “Sarebbe pertanto auspicabile che Orfeo e le Sirene tornassero a casa e potessero entrare a far parte dell’esposizione permanente del MArTA. Dopo l’esposizione romana, dunque, il MArTA sarebbe pronto ad ospitare il gruppo di figure in terracotta, anche in virtù del progetto in corso di nuovo allestimento espositivo che consentirebbe al gruppo scultoreo di poter recuperare il proprio contesto identitario”.

Il gruppo scultoreo del IV sec. a.C. di Orfeo e le Sirene dovrebbe rientrare in Italia a settembre 2022 (foto mic)

Una Sirena del gruppo scultoreo del IV sec. a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles (foto mic)
“A luglio 2020, eccezionalmente (poiché la percentuale di risposta del MiC alle mie interrogazioni è inferiore al 10%)”, ricorda la senatrice Margherita Corrado della commissione Beni culturali, “il ministro Franceschini sostenne che la rivendicazione dei tre manufatti esposti nel J.P. Getty Museum di Los Angeles, asseritamente acquistati nel 1976 (prima, cioè, che gli Stati Uniti ratificassero, nel 1983, la Convenzione UNESCO di Parigi del 1970), era scientemente rallentata in attesa di sciogliere il nodo di altre quattro restituzioni attese dallo stesso museo, al fine di onorare i principi di leale e reciproca collaborazione ai quali gli accordi bi- e multi-laterali si ispirano. Principi che, come commentai allora, sembrano valere solo per gli italiani. In realtà, la provenienza del gruppo scultoreo ‘tarantino’ dal mercato illegale dell’arte è certa, com’è certa la sua esportazione illecita dopo il recupero, anch’esso clandestino, in un sito ignoto della Magna Grecia. Lo attestano le polaroid che un famigerato spoliatore di siti archeologici inserì nel suo catalogo di proposte ai potenziali acquirenti, mostrate al pubblico anche in una puntata memorabile della trasmissione “Petrolio – Ladri di bellezza” andata in onda a dicembre 2018. La richiesta di restituzione di quell’opera di straordinaria fattura ed eccezionale stato di conservazione – continua la senatrice – pende, perciò, da oltre vent’anni: era già parte dei 52 capolavori richiesti al Getty Museum dall’inizio degli anni 2000, poi scesi a 46. Nel 2006 fu deciso il rientro di 26 reperti, mentre alcuni dei 20 rimasti sono tornati in Italia a partire dal 2007 ma il museo californiano ha sempre opposto particolare resistenza a rilasciare il gruppo tarantino, conscio della sua unicità. Ora, finalmente, sembra prossimo il momento in cui il museo statunitense – a settembre, secondo il “Los Angeles Times” – restituirà a Roma il ‘maltolto’, così proseguendo la lenta opera di ripulitura della propria reputazione di museo troppo spesso disattento ai principi etici cui dichiara di ispirarsi. Ma aspettiamo il Getty Museum alla ‘prova’ dell’Atleta di Fano…”.
Archeologia e legalità. Confiscato alla criminalità organizzata un terreno in località Civita Giuliana che passa sotto la tutela del parco archeologico di Pompei. Area densa di evidenze archeologiche

Un ex vivaio, nell’area di Civita Giuliana e nel più vasto territorio dell’Ager Pompeianus, il distretto agricolo e produttivo dell’antica Pompei, ritorna all’archeologia, sotto la tutela del parco archeologico di Pompei. Venerdì 25 febbraio 2022 è stata effettuata la consegna del terreno confiscato alla criminalità organizzata, ad opera dell’Agenzia del Demanio di Napoli. Il terreno, il primo dei beni immobili restituito, sarà gestito dal parco archeologico di Pompei, che oltre alla tutela si impegnerà in un programma valorizzazione che prevede anche interventi finalizzati alla ripresa dell’attività agricola, qui attestata da oltre 2000 anni.

“Partendo dal presupposto che la tutela e la valorizzazione delle aree archeologiche non possono prescindere dalla tutela del loro contesto”, sottolinea il direttore Gabriel Zuchtriegel, “l’azione del Parco si pone in linea con la Convenzione di Faro, che riconosce lo sviluppo umano e la qualità della vita come obiettivi primari della conservazione e dell’uso sostenibile del patrimonio culturale. Inoltre, in attuazione degli obiettivi di promozione dell’agricoltura biologica dell’Unione Europea e con quelli internazionali delle Nazioni Unite tesi a raggiungere uno sviluppo sostenibile il Parco intende sperimentare una forma di tutela attiva dello straordinario valore archeologico e paesaggistico del territorio”.


Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, e Pierpaolo Russo, responsabile Area governo del patrimonio della Direzione Regionale Campania dell’Agenzia del Demanio, sul terreno confiscato a Civita Giuliana (foto parco archeologico pompei)
L’interesse del Parco alla consegna del fondo è legato innanzitutto a finalità di ricerca e tutela archeologica, in virtù dalla sua localizzazione nell’area urbana situata a nord della città antica, estremamente densa di evidenze archeologiche, quali la villa rustica in proprietà Palma e la villa rustica in proprietà Risi Di Prisco, nonché l’importante complesso archeologico di villa Imperiali, che si prevede di aprire alla fruizione pubblica nei prossimi anni, all’esito dell’attività di scavo, condotta in sinergia con la Procura di Torre Annunziata e tuttora in corso. Inoltre, il terreno rientrerà in un programma di valorizzazione di tutti i suoli agricoli in consegna al Parco, non solo per tutelare il paesaggio nelle sue componenti percettive ma anche per contribuire al miglioramento della fertilità del suolo, al mantenimento della biodiversità, alla conservazione degli equilibri ecologici regionali.
Taranto. Per i “Mercoledì del MArTA” appuntamento on line con l’archeologo Paolo Gull (Università del Salento) su “Convenzione di Faro: una sfida fra locale e globale”, introdotto da Eva Degl’Innocenti direttrice del museo Archeologico nazionale

A quasi un anno dalla ratifica italiana della “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società”, stipulata nella città portoghese di Faro il 27 ottobre del 2005, se ne torna a discutere in un luogo come il museo Archeologico nazionale di Taranto che dei processi partecipati ha fatto una sua mission. Appuntamento il 27 ottobre 2021, alle 18, nell’ambito dei “Mercoledì del MArTA”, con la relazione del prof. Paolo Gull, professore associato di Metodologia e tecnica della ricerca archeologica dell’università del Salento, su “Convenzione di Faro: una sfida fra locale e globale” che si terrà on-line, in diretta sui canali YouTube e Facebook del MArTA. “La Convenzione di Faro”, chiarisce la direttrice del museo Archeologico nazionale di Taranto, Eva Degl’Innocenti, che curerà l’introduzione dell’appuntamento, “stabilisce un concetto chiave per il patrimonio culturale di un paese perché incoraggia a riconoscere che gli oggetti e i luoghi sono importanti per i significati e gli usi che le persone attribuiscono loro e per i valori che rappresentano. Essa offre una struttura per coinvolgere la società civile nei processi decisionali e di gestione relativi al contesto del patrimonio culturale”.


Paolo Gull (università del Salento)
La “convenzione” venne approvata nel 2005 nella città portoghese di Faro con l’intenzione di fare della cultura uno strumento di pace in linea di pensiero con le Convenzioni UNESCO del 2003 sulla protezione del patrimonio culturale immateriale e la promozione della diversità delle espressioni culturali. Il retroterra storico è rappresentato dalla guerra combattuta tra i paesi dell’ex Jugoslavia dal 1991 al 2001, durante la quale ricchezze del patrimonio culturale, come il ponte di Mostar o la Biblioteca di Sarajevo, vennero distrutte, in quanto simbolo della storia e dell’identità dell’etnia da debellare. E il prof. Gull: “La Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005) contiene numerosi concetti innovativi che hanno avuto però, nel nostro Paese, un’accoglienza contrastata. Tali principi sono in realtà profondamente radicati nei presupposti teorici e metodologici delle nostre discipline e pongono una serie di problemi rispetto alla gestione tradizionale dei beni culturali italiani (e non solo) che vanno affrontati, pena la perdita di contatto tra il patrimonio culturale e la società civile. Tuttavia, fare propri i principi della convenzione non può ridursi ad una loro accettazione acritica perché questi vanno a definire una nuova frontiera di sollecitazioni ponendo questioni inedite in cui la dimensione locale e territoriale del patrimonio culturale si confronta con lo scenario globale disegnato dal mondo del XXI secolo”.
Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia “Tular Rasnal. Etruschi senza confini”, la prima convenzione, in Italia, che intreccia relazioni con i Comuni italiani per promuovere la cultura etrusco-italica lungo tutta la Penisola: ecco tutte le opportunità e i vantaggi. E dal 6 agosto si entra col Green Pass

Due parole etrusche: Tular Rasnal, i confini degli Etruschi. E un sottotitolo, Etruschi senza confini, che sembrano essere in contraddizione. In realtà non è così. Ma è un’opportunità in più questa estate (e non solo) per venire a visitare ETRU – museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. “Tular Rasnal. Etruschi senza confini” è la prima convenzione, in Italia, che vuole intrecciare relazioni con i Comuni italiani per promuovere la cultura etrusco-italica lungo tutta la Penisola, con l’obiettivo di stimolare la partecipazione collettiva e favorire la crescita culturale e sociale. Con “Tular Rasnal” il Museo ritrova la sua centralità territoriale come agente del cambiamento e, ispirandosi alla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005), incoraggia la formazione di comunità patrimoniali. Per entrare a far parte della famiglia di ETRU è sufficiente scaricare il modello di convenzione dalla pagina dedicata del sito https://www.museoetru.it/convenzione-tular-rasnal e promuovere l’iniziativa e i suoi valori attraverso la stampa e i canali di comunicazione dell’Ente.
In un video lo spiega molto bene Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, che nell’illustrare la valenza dell’iniziativa ci fa anche un ripasso sulle presenze etrusche monumentali e storiche dei più di 20 Comuni italiani che hanno deciso di aderire senza alcun costo alla convenzione “Tular Rasnal. Etruschi senza confini”, offrendo ai propri residenti un motivo molto convincente per compiere una visita al Museo più rappresentativo al mondo della cultura e della civiltà etrusca. Esibendo un documento di riconoscimento che attesti la residenza in uno dei Comuni aderenti, si può beneficiare di una significativa riduzione sull’acquisto del biglietto d’ingresso e sulle varie formule di abbonamento all’ETRU. E ci sono anche una serie di vantaggi negli acquisti al bookshop e nell’accesso al Temporary Garden. Sono Alatri, Amelia, Bolsena, Bracciano, Calcata, Canale Monterano, Castiglione della Pescaia, Cerveteri, Chiusi, Cortona, Labico, Lanuvio, Monte Romano, Perugia, Segni, Tarquinia, Todi, Trevignano Romano, Tuscania, Verucchio, Volterra i comuni italiani che ad oggi hanno accolto l’appello del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, sposandone i valori, promuovendone le opportunità. Fra di loro, i Comuni di Amelia, Bolsena, Lanuvio e Todi hanno anche previsto condizioni di reciprocità per l’ingresso nei musei civici. Questo significa che i possessori di un biglietto o di un abbonamento al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, esibendo il titolo, possono ottenere una riduzione all’ingresso nei musei del circuito cittadino. E così le opportunità di visita si moltiplicano, i legami si intrecciano, le persone ne beneficiano. Insomma, l’invito lanciato dal museo ETRU lo scorso anno a tutti gli Enti locali, in piena pandemia, è stato certamente un atto di impegno verso la ripresa delle relazioni attive fra il Museo e il territorio, ma anche un segno di fiducia nei confronti dell’importanza dei legami fra le persone.
“Dal 6 agosto 2021”, ricorda Valentino Nizzo, “c’è l’obbligo per accedere al museo di esibire il Green Pass. Io ce l’ho già. Molti lo stanno ottenendo in questi giorni. Insomma è un gesto molto significativo di rispetto per noi e per gli altri. Davvero è semplice verificare il possesso di quello che non è un lasciapassare, ma è una promessa, una condivisione nella speranza appunto di non aver più bisogno di mostrare nulla. Però consideriamolo come un nostro documento di identità, consideriamolo davvero come un gesto di rispetto alla luce delle sofferenze che tutti quanti noi abbiamo provato. Il personale lo chiederà all’ingresso. Davvero speriamo nella collaborazione di tutti perché dobbiamo puntare a uscire da questa situazione che ha limitato le nostre libertà. Il Green Pass non le limita ma le rende possibili per tutti. Grazie”.
Roma. Per le Giornate europee dell’Archeologia appuntamento domenica alla villa di Massenzio sull’Appia Antica con “Aspettando Archeofest®”, contest dimostrazioni e tavoli espositivi sulla sperimentazione archeologica

In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, il sito archeologico sull’Appia Antica ospita una giornata di presentazione di Archeofest®, con diverse attività di Archeologia sperimentale per il pubblico. Contest, dimostrazioni e tavoli espositivi sul tema della sperimentazione archeologica animeranno l’evento “Aspettando Archeofest®”, che sarà ospitato domenica 20 giugno 2021, dalle 10 alle 19, all’interno del complesso archeologico della Villa di Massenzio sulla via Appia Antica. L’iniziativa è promossa da Roma Culture, sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è ideata e organizzata dall’Associazione Culturale Paleoes-EXTAD, con il partenariato del Consiglio d’Europa e in collaborazione con la Società Cooperativa Matrix96 e Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. L’ingresso è libero e gratuito, fino a esaurimento dei posti disponibili e nel rispetto delle misure di prevenzione anti Covid-19. L’edizione 2021 del festival, in partenariato con il Consiglio d’Europa, sarà dedicata alla Convezione di Faro ratificata dall’Italia a settembre 2020 (https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convenJon), e si terrà al parco archeologico del Colosseo a settembre 2021. Durante le giornate del festival è previsto un workshop sul tema del ruolo delle comunità patrimoniali nella trasmissione dell’eredità culturale alla luce della Convenzione. L’evento “Aspettando Archeofest®” è una giornata di presentazione di “Archeofest®”, festival di Archeologia sperimentale, pubblica e partecipata, il cui obiettivo è far riconoscere la ricerca, l’approfondimento e la divulgazione delle antiche tecnologie, dalla preistoria sino alle società moderne, quali valori culturali comunitari, per un processo di riappropriazione dell’eredità culturale. Nel corso dell’intera giornata saranno infatti proposte diverse attività sul tema dell’Archeologia sperimentale, sotto forma di contest, dimostrazioni e tavoli espostivi, liberamente fruibili dai visitatori e condotti da archeologi sperimentali e archeotecnici della comunità patrimoniale di “Archeofest®” e provenienti da diverse regioni italiane.

Sono due gli appuntamenti che avranno luogo nel corsi dell’iniziativa. Alle 16 sarà ospitato un incontro sul tema della Convezione di Faro, con l’obiettivo di riflettere sulle attività di valorizzazione del beni culturali svolte dalle comunità patrimoniali sui territori. Prenderanno parte Carola Penna, presidente della Commissione XII – Turismo, moda e relazioni internazionali, Carmela Lalli, assessore alle Politiche dei Diritti alla Scuola, Crescita Culturale, Turismo e Sport del Municipio IX e Valeria Corazza, sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali. Più tardi, alle 17, è prevista anche la presentazione del volume degli atti del Convegno di Archeofest® 2018, dedicato al tema della transumanza. È dunque la sperimentazione archeologica, strumento di conoscenza e partecipazione, a caratterizzare sia Il festival “Archeofest®” che la giornata di presentazione “Aspettando Archeofest®”: grazie al processo partecipativo e immersivo i partecipanti e i visitatori avranno l’occasione non solo di assistere al racconto delle tecnologie del passato ma di riscoprire le pratiche quotidiane delle comunità, trasformando il bagaglio nozionistico in agire quotidiano.
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