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Fotografia in lutto. Si è spento a 91 anni Mimmo Jodice, un gigante della fotografia, voce poetica di Napoli. Cordoglio di tutta la città. Il ricordo commosso di enti culturali, istituzioni, ex allievi. Il ministro Giuli: “ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria”

Fotografie di Mimmo Jodice con i Corridori dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Quegli sguardi fissi, quegli occhi, quei movimenti che vengono dal passato e ti accompagnano verso l’uscita della stazione Museo della metropolitana di Napoli e ti preparano alle emozioni che ti aspettano, in superficie, al museo Archeologico nazionale di Napoli. Quelle immagini che fanno “parlare” l’Antico sono scatti memorabili del fotografo Mimmo Jodice: un patrimonio universale le sue foto, oggi ancora più prezioso. Domenico Mimmo Jodice si è spento a 91 anni il 28 ottobre 2025 a Napoli, nella sua Napoli dove erano nato, nel rione Sanità, il 29 marzo 1934. Lascia la moglie Angela, e i figli Barbara e Francesco. Napoli piange il suo figlio che ha fatto conoscere la città fuori dagli stereotipi. Grande il cordoglio di enti culturali, istituzioni, ex allievi, comuni cittadini. Per tutti il sindaco Gaetano Manfredi e tutta l’amministrazione comunale di Napoli esprimono “profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia e voce poetica della città. Con la sua arte, Jodice ha saputo raccontare Napoli al di là dei cliché, restituendone l’anima più autentica”.  Giovedì 30 ottobre 2025, dalle 12 alle 16.30, per volontà del sindaco e della famiglia, la camera ardente sarà allestita al Maschio Angioino, luogo simbolico e caro all’artista, che ha ospitato la sua ultima grande mostra “Napoli Metafisica”.

L’annuncio della morte di Mimmo Jodice da parte di RaiNews

Mimmo Jodice è stato uno dei più grandi fotografi di sempre. Autodidatta, si avvicina alla fotografia negli anni ’50. Negli anni ’60 Jodice ha collaborato con artisti come Andy Warhol, Joseph Beuys, Sol LeWitt, Michelangelo Pistoletto e Alberto Burri. Dal 1970 al 1994 ha insegnato fotografia all’Accademia di Belle arti di Napoli. Nel 1970 la sua prima mostra nazionale Nudi dentro cartelle ermetiche alla galleria il Diaframma di Milano, con presentazione di Cesare Zavattini. Negli anni successivi si susseguono le mostre personali nei musei di tutto il mondo: Philadelphia Museum of Art 1995; Maison Européenne de la Photographie 1998; museo di Capodimonte 1998; Galleria nazionale d’Arte moderna e contemporanea 2000; Massachusetts College of Art and Design 2001; Moscow House of Photography 2004; Museu de Arte de Sao Paulo 2004; MART 2004; Bassano Fotografia 2013. Nel 2001 la Galleria d’Arte moderna di Torino gli ha dedicato un’esauriente Retrospettiva 1965/2000. Nel 2002 vince il Premio Flauto d’Argento. Nel 2003 è il primo fotografo a ricevere il Premio “Antonio Feltrinelli” dell’Accademia nazionale dei Lincei. Nel 2006 l’università Federico II gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura. Nel 2007 espone alla Fondazione Forma di Milano l’importante retrospettiva “Perdersi a guardare – Trenta anni di fotografia in Italia” che verrà poi esposta l’anno successivo ad Arles e di cui l’Editore Contrasto pubblica il libro omonimo in italiano, inglese e francese. Il museo d’Arte contemporanea di Napoli (MADRE) nel 2016 decide di dedicare una grande retrospettiva sul lavoro del fotografo. Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli e la serie Anamnesi, le foto ai capolavori del museo Archeologico nazionale di Napoli. “Con Mimmo Jodice scompare un maestro indiscusso della fotografia italiana e internazionale”, dichiara il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “un uomo di rara sensibilità che ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria. Il suo sguardo era insieme antico e radicalmente moderno, capace di rendere visibile l’invisibile. La nostra amicizia, maturata durante la mia presidenza al Maxxi, era nutrita dalla comune convinzione che le arti riescano a trovare un senso compiuto quando vengono poste al servizio della società. È esattamente l’ideale che il maestro Jodice perseguì lungo l’intero arco della sua inarrivabile carriera. A sua moglie Angela e alla sua famiglia va il mio caloroso abbraccio”.

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, con il fotografo Mimmo Jodice (foto da profilo FB de luca)

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania: “Addio a Mimmo Jodice, uno dei grandi maestri della fotografia italiana del secondo Novecento e dell’età contemporanea. Legato intimamente a Napoli, in particolare al Rione Sanità, dov’era nato e cresciuto, ne ha rappresentato le problematiche e le contraddizioni sociali. È stato un grande innovatore delle tecniche e delle forme espressive. La macchina fotografica per Mimmo Jodice era un mezzo per raccontare la natura umana andando oltre il tempo e lo spazio. È stato un artista a tutto tondo, un grande intellettuale che ha dato lustro a Napoli e alla Campania a livello mondiale. Nel 2016, la Regione Campania, prodotta dal Museo Madre, gli aveva dedicato la prima monografia retrospettiva, come tributo ad una lunghissima carriera artistica. È una grave perdita per la nostra comunità. Facciamo le nostre condoglianze ai suoi familiari. Lo ricorderemo sempre con grande gratitudine ed affetto”.

Atleti dalla Villa dei Papiri, 1986: foto di Mimmo Jodice dei capolavori conservati al Mann

Museo Archeologico nazionale di Napoli. “Da ragazzo vivevo nella Sanità e lavoravo in una libreria a Port’Alba (…). Quando la libreria chiudeva per la pausa, mangiando il mio panino, mi fiondavo al Museo Archeologico. Lì trascorrevo la mia ora di pausa, conversando con la -mia- scultura. Ogni giorno sceglievo con chi parlare, un dialogo muto, intenso con uno degli Atleti, oppure con la Venere in Bikini o ancora con le Danzatrici. A seconda delle mie infelicità, paure o difficoltà, sceglievo colui o colei per confidare la mia vita difficile” (Mimmo Jodice per il libro “MANN che Storia”, “La Repubblica Napoli”, marzo 2022). Grazie a Mimmo Jodice, fotografo di fama internazionale che ha sempre conservato semplicità e coerenza, pur avendo segnato pagine indimenticabili della storia dell’arte. Il direttore generale del Mann, Francesco Sirano, lo ricorda così: “Mimmo Jodice ha dedicato al nostro Museo delle fotografie indimenticabili: tra queste, i celebri scatti dei capolavori della Villa dei Papiri sono la rappresentazione tangibile del valore universale dell’arte. Il perdersi a guardare di Mimmo Jodice rappresenta l’esito di un percorso rigoroso di studio attraverso uno sguardo onesto e acutissimo, appassionato di Napoli”.

Foto di Mimmo Jodice sulla copertina del libro “MANN che Storia” (“La Repubblica Napoli”, marzo 2022)

Paolo Giulierini, già direttore del Mann: “Addio Maestro, addio Mimmo. Scegliemmo uno dei tuoi capolavori per raccontare otto anni di riscatto. Non poteva essere altrimenti. E su quella scala del Museo, quel giorno che mi avevano estromesso, tu c’eri a metterci la faccia”.

Fotografie di Mimmo Jodice con le Danzatrici dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Anm Napoli. Con le immagini tratte dalla collezione delle Stazioni dell’Arte di Metro Linea 1, Museo e Municipio, rendiamo omaggio a Mimmo Jodice, grande maestro della fotografia italiana, scomparso il 28 ottobre 2025. Le accompagniamo con le sue stesse parole, tratte da una toccante intervista del 2015 in cui raccontava il suo profondo dialogo con la statuaria antica: “Ho dialogato con loro, ho cercato innanzitutto di rendere queste espressioni, queste facce, non come pezzi di marmo o di bronzo […] Prima di scattare una foto aspetto un tempo lungo, per cercare di capire che cosa stanno guardando questi occhi. La cosa che mi interessa di più è riuscire a cogliere i sentimenti. Tutto cambierà, ma queste immagini sono l’eternità, un modo di essere, come siamo stati e come saremo”.

Il fotografo napoletano Domenico Mimmo Jodice (foto paerco)

Il parco archeologico di Ercolano esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia contemporanea e testimone sensibile della bellezza e della memoria del nostro patrimonio. Con il suo sguardo unico, Jodice ha saputo restituire attraverso l’obiettivo l’anima senza tempo dei siti e reperti archeologici, tra cui spiccano quelli ercolanesi, intrecciando presente e passato in immagini che sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo. La sua arte, capace di cogliere silenzi, dettagli e prospettive, ha dato nuova voce ai luoghi della cultura, contribuendo a rafforzare il legame tra la comunità e le sue radici. Il Parco di Ercolano si unisce al dolore della famiglia, del mondo della fotografia e di quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzare la sua opera. Le sue immagini restano testimonianza viva e continueranno a ispirare le generazioni future.

La Piscina Mirabilis di Pozzuoli vista da Mimmo Jodice (pafleg)

Parco archeologico dei Campi Flegrei. Se n’è andato Mimmo Jodice, maestro della fotografia. Il suo sguardo innovativo, che si è posato anche sui monumenti dei Campi Flegrei, ha contribuito a rivoluzionare il mondo della fotografia. Il parco archeologico dei Campi Flegrei si stringe al cordoglio.

Mimmo Jodice col direttore Eike Schmidt al museo di Capodimonte (foto museo capodimonte)

Museo e real bosco di Capodimonte. Il direttore Eike Schmidt, i dipendenti e tutti i collaboratori del museo e real bosco di Capodimonte salutano il maestro Mimmo Jodice, immensa figura di artista e grande napoletano. “Nel porgere il nostro più profondo cordoglio alla famiglia e alla comunità artistica”, dichiara il direttore Schmidt, “non possiamo che rinnovare la nostra riconoscenza per il legame speciale che l’indimenticabile Maestro ha avuto con Capodimonte, testimoniato da importanti donazioni tra le quali la sua amata camera oscura. Caro Maestro, il Centro che porterà il suo nome sarà come voleva dedicato alla formazione dei giovani. Un impegno sacro preso con Lei e con la Sua famiglia che onoreremo con orgoglio”.

“Attesa” di Mimmo Jodice nella mostra opsitata al museo MADRE di Napoli

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e il museo Madre ricordano Mimmo Jodice. “In anni in cui il la fotografia era prevalentemente strumento per indagini documentaristiche”, scrive la storica dell’arte Olga Scotto di Vettimo, “Mimmo Jodice (Napoli, 1934) sperimenta le potenzialità stesse del mezzo fotografico, conducendo la sua ricerca all’interno di un ambito di ascendenza concettuale. Il nudo, il ritratto e l’oggetto banale diventano il pretesto per interrogare la tecnica e il linguaggio fotografico, mettendo in secondo piano ogni dato emozionale e interpretativo. In tal modo, Jodice sperimenta e decostruisce, combina elementi astratto-cubisti con quelli figurativi, interviene sulla carta attraverso il collage e lo strappo e, ancor prima, nella camera oscura, imponendo movimento e potenzialità a soggetti statici”. Il museo MADRE di Napoli ha conferito a Mimmo Jodice il suo primo “Matronato alla carriera” nel 2014, in riconoscimento della sua eccellente carriera artistica. Inoltre, nel 2016, il museo ha ospitato la più grande retrospettiva a lui dedicata, intitolata “Attesa, 1960-2016”, che presentava più di cento opere.

Festa Teatrale per il giorno onomastico del Teatro di San Carlo: scenoigrafia di Carosi su foto di Jodice (foto teatro san carlo)

Il Teatro di San Carlo di Napoli si unisce al cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice. Con la sua opera ha saputo raccontare Napoli, la sua luce e la sua memoria, restituendo alla fotografia una profonda dimensione poetica e civile. La sua ricerca artistica, segnata da sensibilità e visione, ha contribuito in modo indelebile alla cultura del nostro tempo. Il Teatro di San Carlo ricorda con riconoscenza un Maestro che ha onorato la nostra città con la sua arte e il suo sguardo unico sul mondo. Il 4 novembre 1987, la scenografia di Mauro Carosi fu basata su un celebre scatto di Mimmo Jodice in occasione dello spettacolo firmato da Roberto De Simone per il 250° anniversario del Teatro.

SCABEC. Ci lascia Mimmo Jodice, maestro che con il suo sguardo ha saputo trasformare l’antico in visione contemporanea. Grazie Maestro.

Villa Jovis a Capri: Opera 43, 1984, di Mimmo Jodice (musei di capri)

Musei di Capri. Con profonda tristezza apprendiamo la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia italiana contemporanea. Nel 2010 la Certosa di San Giacomo ha accolto la sua mostra “Figure del mare”. La visione del mare come luogo del vuoto, il silenzio, la sospensione del tempo, la persistenza del passato nel presente, frammenti di corpi e di volti di sculture della classicità restituiti dal mare.

Mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana” al museo delle Civiltà (foto muciv)

Il MUCIV-Museo delle Civiltà si stringe alla famiglia di Mimmo Jodice nel ricordo di un grande artista della fotografia. Attorno a colui che ha ispirato coloro che hanno deciso di fotografare il mondo grazie ai suoi generosi insegnamenti, alla sua visione tanto estetica quanto etica. Dalla Napoli antropologica e popolare a quella surreale e metafisica, dalle immagini in cui ridà vita a architetture, sculture e paesaggi dell’archeologia alle immagini dei vuoti delle megalopoli contemporanee. Jodice celebra un umanesimo paziente e sapiente, riuscendo a dare rappresentazione al tempo oltre che allo spazio, in un’”attesa” che non ha fine. Nel suo mare Mediterraneo continueremo a ricordarlo tra gli echi e le memorie della mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana”. Grazie, Mimmo.

Mimmo Jodice al Mart di Rovereto in occasione della presentazione della mostra: Mimmo Jodice. Dalla collezione “i Cotroneo” (foto Mart, Jacopo Salvi, 2016)

MART di Rovereto. Ci uniamo al cordoglio del mondo dell’arte per la scomparsa di Mimmo Jodice, artista a cui siamo molto legati e di cui conserviamo splendide opere. Fanno parte del patrimonio del Mart le fotografie del celebre ciclo “Mediterraneo”, alcune delle quali inserite nella mostra “Sport. Le sfide del corpo”, e sei opere appartenenti alla serie “Isolario Mediterraneo” che Jodice stesso decise di donarci. La nostra vicinanza va oggi ai familiari di Mimmo Jodice e in particolare al figlio Francesco a cui mandiamo un caloroso abbraccio.

Omaggio di Udine Musei al maestro Mimmo Jodice (foto da FB)

Udine Musei. Siamo vicini alla famiglia di Mimmo Jodice. Ci stringiamo attorno ad Angela, Barbara e Francesco. Oggi accendiamo con riconoscenza le luci sulla sua opera, le sue visioni e i suoi valori.

Occhi dalla collezione Mediterraneo di Mimmo Jodice (dal profil FB di laura noviello)

L’archeologa Laura Noviello: “Il “genio” di saper “scrivere con la luce”, il fotografare di Mimmo Jodice: di restituire al passato una contemporaneità viva di carne ferita e sangue. E al nostro quotidiano vivere un passato che è puro, eterno presente. Mimmo, un meraviglioso napoletano. Ci pensavo attraversando la metro, che i corridori ercolanensi mi guardavano accanto alle Danaidi nei tunnel cingolati di ferro, in mezzo alla folla. “Eccolo il genio”, e mentre tornavo in superficie davanti all’apparizione dell’Antro cumano con i suoi tagli straordinari di luce. Ai miei occhi ho sempre avuto peplophorai e amazzoni da lui ritratte, tanto che sabato davanti a quella ercolanense, ancora una volta, ho rivisto il suo occhio e il volto ferito. Non ho talento negli elogi pubblici, ma rivedo anche la mia prima, piccola agenda, costellata di sue foto vesuviane e in me è tutta la gratitudine immensa davanti alla costruzione di un universo complesso e stratificato di senso e significati. Se viviamo in questo tempo che è tutti i tempi insieme, danzando con le Danaidi e tra i corridori al Museo come in metro e ovunque a Napoli, è anche grazie a chi, come Mimmo, ha saputo cogliere e rendere tangibile questo straordinario miracolo che ci è dato. Ha lasciato un segno, uno sguardo, un modo di raccontare la terra campana: flegrea e vesuviana come nessun altro. D’altronde parlando di Napoli diceva e non a torto: “Se fossi nato a Milano o a Zurigo non avrei fatto il fotografo”. Inutile anche argomentarne il perché. A lui tutta la nostra viva e meravigliata gratitudine. Grazie Maestro”.

Il fotografo Mimmo Jodice con l’archeologo Giuliano Volpe (foto da FB)

L’archeologo Giuliano Volpe: “Un grande dispiacere per la perdita di Mimmo Jodice, grande fotografo con una sensibilità particolare per l’archeologia, il patrimonio culturale ma soprattutto per le persone. La sua celebre fotografia con la testa di Demetra tenuta con la sua stessa mano mentre la fotografava, è la copertina di un mio libro: Mimmo me la donò gratuitamente e generosamente, l’ho mostrata migliaia di volte in tante occasioni perché per me ha sempre rappresentato l’essenza del nostro patrimonio, bello, ricco, danneggiato e soprattutto bisognoso di una iniziativa dal basso, come quella mano. Una foto diventata anche simbolo del Rione Sanità, dove era nato e al quale è restato sempre legato, come presidente onorario della Fondazione San Gennaro e grande sostenitore del progetto di Antonio Loffredo. Grazie caro Mimmo, persona generosa, disponibile, colta, sensibile, le tue splendide foto resteranno immortali”.

Demetra, Opera III, Ercolano: foto di Mimmo Jodice (da profilo FB di caterina greco)

L’archeologa Caterina Greco: “Nessuno come lui ha saputo rendere contemporanea l’arte antica”.

Mimmo Jodice in Calabria (foto da profilo FB di Mirella Stampa Barracco)

Fondazione Napoli Novantanove. “Ci piace ricordare il nostro caro amico Mimmo Jodice”, scrive Mirella Stampa Barracco, “a cui ci legava affetto, stima e una profonda riconoscenza per quanto aveva fatto per la nostra Fondazione: dalla foto dell’Arco di Trionfo violato nel 1989 al magnifico album di 40 foto in Calabria rappresentazione in chiave moderna di un percorso del Grand Tour. Ci mancherà molto non solo a noi ma a tutti quelli come lui che hanno visto, sognato un mondo migliore. Grazie Mimmo”.

Gibellina in uno scatto di Mimmo Jodice (da profilo FB orestiadi)

La 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗢𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶𝗮𝗱𝗶 di Gibellina (Tp) ricorda con profonda gratitudine Mimmo Jodice, fotografo e testimone poetico del Novecento, la cui ricerca ha saputo trasformare lo sguardo in pensiero, la realtà in memoria. Con il suo lavoro ha raccontato l’Italia, Napoli, il Mediterraneo, il tempo e le sue assenze, rendendo la fotografia un linguaggio di conoscenza e coscienza civile. Alla fine degli anni Settanta Jodice arrivò a Gibellina, nella valle del Belìce, “𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑎𝑑𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑎𝑡𝑎” segnata dal sisma del 1968. Di quell’esperienza scrisse: “Ho cercato in quella terra addolorata gli spazi deserti, le architetture ancora in costruzione, la fantasmaticità dei luoghi, la ferita del paesaggio ancora aperta”. Da quell’incontro nacquero immagini potenti, tra memoria e rinascita, e un legame profondo con la visione di Ludovico Corrao, fondatore di Gibellina nuova e della Fondazione Orestiadi. Nel 1981 accompagnò Joseph Beuys a Gibellina, documentando quella visita in una serie di scatti raccolti nel volume “Joseph Beuys. Natale a Gibellina” immagini che ancora oggi raccontano la potenza del dialogo tra arte e ferita, distruzione e speranza. Oggi la Fondazione Orestiadi rende omaggio a un artista che ha saputo leggere l’anima dei luoghi e restituirla in luce.

Volti dall’antico di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di Koch)

Roberto Koch, presidente della Fondazione Forma per la Fotografia: “Se ne è andato Mimmo Jodice il grande e insostituibile Mimmo e lascia la sua adorata Angela e i figli Barbara e Francesco con tutti i nipoti. Lascia a tutti noi e al mondo le sue meravigliose foto come questa di Anamnesi che ho amato montare a Torino e a Udine. Lo piange tutta Napoli e tutto il mondo della fotografia. Lo abbiamo amato e continueremo ad amarlo con le sue foto ma con una grande tristezza”.

Lucia Valenzi con Mimmo Jodice (da FB)

Lucia Valenzi dell’omonima fondazione di Napoli: “Ci uniamo al cordoglio per la morte del grande maestro Mimmo Jodice. La sua preziosa opera ha percorso e sperimentato le espressioni più alte della fotografia dalla indagine sociale degli anni 60 e 70 alle città “metafisiche” di tutto il mondo, senza mai staccarsi dalla realtà di Napoli. Un pensiero particolarmente dolente va alla amatissima Angela, mentre ricordiamo la sua generosità arrivata anche a me e alla Fondazione Valenzi con le foto della mostra “La Napoli di Maurizio” e la testimonianza nel film “La Giunta”.

“Carta d’Identità” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB mazzolini)

Monica Mazzolini dell’accademia d’arte Vittorio Marusso in omaggio e ricordo di Mimmo Jodice propone un testo del 2022 in cui analizzava tre fotografie scelte tra quello che è il suo vasto ed importante archivio. Fotografia 1. Appassionatosi alla fotografia nei primi anni ‘60 dimostra fin da subito attenzione alla sperimentazione ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico. Napoli è una città in cui gli artisti s’incontrano e Mimmo Jodice è attento osservatore oltre che attivo partecipante agli eventi (tra gli altri frequenta Andy Warhol, Vito Acconci, Joseph Beuys). È in questo clima dinamico che si pone il quesito sul senso della fotografia, sul significato della relazione che intercorre tra realtà e rappresentazione. Una delle fotografie che gli permettono di provare a rispondere a queste domande è: “Carta d’identità” (1978). Mimmo Jodice dopo aver fotografato e stampato il suo documento d’identità applica una sua fotografia sulla fotografia. Se la vedessimo dal vero osserveremmo un’immagine identica, che copre quella sottostante, proprio in corrispondenza dello spazio per la fototessera. Un passaggio che dona tridimensionalità all’oggetto – elemento mancante nella riproduzione non cartacea – aggiungendo un ulteriore livello concettuale. Immaginando di osservare dal vero “Carta d’identità” sorgono spontanee alcune domande. Partendo dall’assunto che nulla più di ogni altra è in grado di rappresentare l’identità di una persona se non il documento che dal punto di vista legale ne è la prova, quanto è reale questa fotografia, quanto è reale quest’autoritratto, quanto la fotografia è ingannevole?

Dal reportage “Gli Esclusi” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di mazzolini)

Fotografia 2. Mimmo Jodice negli anni ‘70 si occupa di un progetto, per quegli anni molto attuale, riguardante la documentazione fotografica all’interno degli ospedali psichiatrici. In effetti molti sono stati i reportage (tra questi “Morire di Classe” e “Gli esclusi”) che hanno messo in luce le problematiche e hanno dato un contributo fondamentale alla nascita del movimento d’opinione pubblica con la conseguente approvazione della legge 180/1978 fortemente voluta da Franco Basaglia. Mimmo Jodice fotograferà l’ospedale psichiatrico di Napoli che come tutte queste strutture è un non-lieux, un nonluogo citando Marc Augé. La sua è stata un’indagine antropologica e poetica allo stesso tempo. Osservando la fotografia qui di seguito si ritrovano molti degli elementi sopra descritti: lo sguardo fisso in avanti e l’attenzione all’inquadratura, alla geometria, alla composizione, ai vuoti e pieni. La grata – elemento parte dell’architettura di contenimento che separa il mondo dei sani da quello dei malati, il mondo libero da quello dei reclusi, il fuori dal dentro, l’essere umano e la disumanizzazione – divide l’immagine, volutamente asimmetrica per creare dinamismo, in sei spazi all’interno dei quali sono collocate parti del corpo, frammenti, che in questo modo vengono messi in evidenza. Ed il gomito, fuoriuscendo, crea un effetto trompe-l’œil che permette una maggiore tridimensionalità all’immagine ed accentua il desiderio di evasione. Vengono sottolineati in questo modo la postura, gli occhi e la condizione psicologica di quest’uomo che silenziosamente attende e chiede. Cosa aspetta? Cosa chiede? Cosa o chi guarda? Vuoto, silenzio, attesa, frammento, enigma, saranno concetti ripresi in seguito da Mimmo Jodice che, dopo una fase dedicata alla sperimentazione concettuale ed al reportage, enfatizza la cifra stilistica in cui: “le mie immagini sono i miei pensieri”.

“Alba Fucens” di Mimmo Jodice (dal profilo FB di mazzolini)

Fotografia 3. La scultura è stata una tra i primi soggetti della fotografia quale rappresentazione neutra ed oggettiva delle forme plastiche. Tuttavia è anche espressione autonoma, con un ruolo interpretativo, come accade per le fotografie di Mimmo Jodice dedicate alla statuaria. Simulacri delle radici culturali del Mediterraneo diventano immagini che trasfigurano il reale ed inducono a guardare con occhi diversi evidenziando la capacità di sopravvivenza rispetto al tempo dei classici che risultano sempre attuali. Jodice nella fase di stampa enfatizza gli elementi che durante lo scatto sono stati catturati, sottolinea i dettagli, accentua il contrasto dei toni. I suoi progetti sono caratterizzati da almeno tre passaggi: prima pensati poi iniziati in fase di ripresa e portati a termine in camera oscura. Attraverso fotografie come Alba fucens (2008) egli descrive la cultura Mediterranea ed il mondo antico. Ma la sua è un’interpretazione che si serve della relazione tra luce e ombra e del concetto di frammento. La parte per il tutto. Un’immagine parziale in grado di restituire la “pienezza di un tutto”. Parziale perché una parte della testa è mancante, rovinata dal tempo. Un’estetica del frammento che non patisce l’assenza di altri elementi corporei, il loro equilibrio, l’armonia, la proporzione. Parte di corpo che sottolinea la dicotomia tra perfezione e imperfezione mostrando segni che assomigliano a cicatrici, fratture. Sono corpi mutilati che mostrano la fragilità e la caducità di eroi e divinità ma anche la precarietà dell’uomo che li ha creati. Fotografie che cuciono il passato e la memoria con il presente facendoli coesistere ed allontanandoci dal concetto di tempo. La fotografia in bianco e nero, fortemente espressiva, diventa uno strumento che trasforma, carica di emozione ogni singola immagine e supera il reale. Lo sfondo scuro e la luce, sapientemente dosata, il mosso – una vibrazione ottenuta in camera oscura con il movimento della testa dell’ingranditore – evidenziano la forma ed esaltano quell’inquietudine tipica. È questo un messaggio che si può trasporre anche al nostro tempo così incerto? Io ho la mia opinione, lascio a voi la domanda aperta. Un viaggio nel tempo che partendo da lontano conduce lo spettatore in un mondo in cui convivono elementi profondamente umani: vita e morte, ieri e oggi, luce e buio, equilibrio tra bellezza e fragilità. Grazie Maestro!

Mario Beltrambini con Mimmo Jodice al SI FEST 2007 (foto Mario Beltrambini)

Mario Beltrambini, vice presidente Associazione Savignano Immagini APS: “Ci ha lasciato un altro grande, Mimmo Jodice. È difficile accettare che, uno dopo l’altro, stiano andando via coloro che hanno costruito le fondamenta della nostra idea di fotografia, della nostra sensibilità, del nostro sguardo sul mondo. Quanta verità nelle sue parole, che oggi risuonano ancora più forti: “Tutto il mio lavoro poggia su un inoppugnabile principio: la fotografia è una forma d’arte”. Grazie per la bellezza e per la luce che ci hai insegnato a vedere. Riposa in pace, Maestro”.

L’artista Costabile Giariglia Senseria: “Un pensiero per Mimmo Jodice, la cui fotografia ha segnato la mia vita a Napoli durante gli anni di studio all’Accademia di Belle Arti. Ci lascia Mimmo Jodice, artista che per interi decenni ha segnato la fotografia italiana e influenzato lo sguardo internazionale sul nostro Paese. Con le sue immagini ha costruito un lessico visivo capace di raccontare Napoli non come semplice sfondo, ma come organismo vivo: una città bella e ferita, luminosa e popolare, attraversata da tensioni sociali e da una stratificazione culturale unica. Le opere di Jodice non si limitano a descrivere: istituiscono un contesto. Le sue fotografie non mostrano Napoli com’è, ma ciò che Napoli fa vedere quando la si guarda con un pensiero. Architetture sospese, archeologia del presente, corpi e volti, mare e pietra: tutto, nelle sue immagini in bianco e nero, appare come luogo di un dialogo tra classico e contemporaneo, tra storia e mito, che tende sempre verso un’infinita bellezza stilistica e compositiva”.

Bimbo con la cascettella di Mimmo Jodice (dal profilo FB di parlato)

Accorata la testimonianza della giornalista Lucilla Parlato: “Nel 1969 iniziò infatti la lunga e proficua collaborazione con il gallerista napoletano e con altri galleristi napoletani, come Lia Rumma. Jodice si ritrovò a confrontarsi con le avanguardie di allora che attraversavano Partenope con disinvoltura: da Andy Warhol a Robert Rauschenberg, da Joseph Beuys, a Gino De Dominicis. E ancora Giulio Paolini, Josef Kosuth, Vito Acconci, Mario Merz, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Hermann Nitsch… a stretto contatto con questo mondo stimolante, Jodice si scoprì particolarmente sensibile alle emergenze scaturite in quegli anni. Altrettanto naturale fu dunque la ricerca sulle radici e la collaborazione con Roberto De Simone. Forse è quello il momento in cui il giovane Mimmo diventa Mimmo Jodice. Il momento in cui Napoli diventa definitivamente centrale ma mai scontata, mai banale. Anche quando fotografa altro e altrove. Anche quando fotografa ora e qui: una città mai oleografica, sospesa, sorpresa, inattesa. La sua Napoli metafisica. Lucente come una statua greca. Spesso vuota e silente. È questo, sopra tutti gli altri, il motivo per cui lo amavo. Per quella sua capacità di trasformare il brutto in bello, l’indicibile in visibile, le lamiere e i tubi innocenti che picchettavano i ruderi post terremoto in bellezza. Quasi una magia. Nella città di oggi, degli Jago, degli Jorit, ho sempre scritto che era l’unica J che contava. L’unica che rimarrà solida nel tempo. Fu bello qualche anno fa ritrovarcelo fuori al Mann, dove si lottava per difendere il ruolo benefico per il museo e per la città dell’allora direttore Paolo Giulierini. Perché poi Jodice, a differenza di tanti fotografi tronfi e dimenticabili, è sempre stato anche un militante: col sorriso, la presenza discreta e il dito sul click. Mai invasivo, sempre incisivo, esempio di classe innata e senso della bellezza, anche nel brutto. Esempio di come si sta al mondo. È doveroso per me ricordare che Andrea Maresca ed io gli dobbiamo l’ispirazione finale per le cascettelle: è anche grazie alla sua foto che nacque il disegno che ha impreziosito il libro che recupera e racconta questa vecchia e dimenticata tradizione dei bambini di Napoli prima che Halloween si mangiasse la nostra identità. Quel bimbo con la cascettella di cartone che poi siamo stati un po’ tutti noi, bambini di Napoli, in giro per le strade. Grazie di tutto grande Mimmo. Non potremo mai dimenticarti. Anche perché le tue foto, il tuo sguardo, sono ormai ancorati per sempre alle nostre anime, assetate di bellezza e di occhi migliori dei nostri, capaci di offrire visioni altre e alte di questa città che amiamo e che ce fa suffrì. Sei luce che ci ha lasciato luce. Grazie davvero”.

Mirella Armiero con Mimmo Jodice (da FB)

La giornalista Mirella Armiero: “Aveva un modo tutto suo di dire agli amici: ti voglio bene. Mimmo Jodice era un uomo speciale, partecipe e generoso. Napoli gli deve molto, anche perché l’ha liberata dalla rappresentazione folklorica e l’ha resa metafisica”.

La giornalista Stella Cervasio: “Se fossi stata ancora in servizio, pur in un’epoca di giornalismo scadente e che pare senza prospettive, avrei ricordato Mimmo Jodice, che mi ha sempre accolto – lui e la sua bella famiglia – nella sua casa e nel suo studio con la cordialità e l’affetto di chi sa che un giornalista è un osservatore e un critico ma anche un vecchio amico. Mimmo Jodice era una persona che sapeva stare nel cuore delle persone, con le sue maniere di grande gentiluomo e con le sue immagini indimenticabili. Ad Angela, Barbara, Francesco un grande abbraccio da chi ha avuto la fortuna di incontrarli nella sua vita lavorativa e affettiva”.

Pasquale Raicardo con MImmo Jodice (foto FB)

Il giornalista Pasquale Raicaldo: “Che grande privilegio è stato conoscere Mimmo Jodice, vivere per qualche tempo dilatato i suoi spazi, leggere il mondo attraverso i suoi occhi. A Procida 2022 – Capitale italiana della Cultura una sua mostra straordinaria – “Abitare metafisico” – e poi le tante interviste con il privilegio di un racconto sempre intenso, mai banale, accompagnati da Angela, la compagna di una vita: nei loro sguardi il senso di un amore che è stato e sarà piena sintonia. L’ultima intervista qualche giorno fa, ancora non uscita. La terra gli sia lieve”.

Patrizio Paoletti, ex allievo: “Ho appreso con profonda commozione della scomparsa di Mimmo Jodice. Sono stato suo studente tra il 1978 e il 1983: insieme abbiamo fotografato i vicoli di Napoli, le luci e le ombre che li abitano. Da lui ho imparato a vedere l’invisibile — a passare dalla scena del teatro alla scena della vita, e a riconoscere come questa si formi prima di tutto nella nostra mente. È così che possiamo trasformare la realtà intorno a noi. Ricordo con nitidezza le ore passate in camera oscura: il silenzio, l’attesa, e poi la magia dell’immagine che prendeva vita sulla carta. In quell’attimo sospeso, come lui amava dire, il tempo si fermava. Era il tempo della verità, della visione, della nascita di un mondo possibile. Grazie Mimmo, maestro di sguardo e di luce. Hai insegnato a generazioni di uomini e donne che la fotografia non è un atto tecnico, ma un atto di coscienza. Il tuo “tempo sospeso” continuerà a parlarci, come una finestra aperta sull’eterno”.

Archeologia in lutto. Si è spento nella sua Agrigento all’età di 99 anni il prof. Ernesto De Miro, archeologo di fama internazionale, autorevole studioso di archeologia greca e romana nell’ambito del Mediterraneo, custode dell’integrità della Valle dei Templi, uomo di Stato

Il prof. Ernesto De Miro in missione (foto da FB Polito)

Archeologia in lutto. Venerdì 29 agosto 2025, si è spento nella sua Agrigento all’età di 99 anni il prof. Ernesto De Miro, archeologo di fama internazionale, autorevole studioso di archeologia greca e romana nell’ambito del Mediterraneo, custode dell’integrità della Valle dei Templi. Laureatosi in Storia antica con Santo Mazzarino all’università di Catania, è stato allievo della Scuola Archeologica Italiana di Atene nel 1955 insieme ad Enrica Fiandra, Antonio Giuliano e Giovanni Rizza. Già professore di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana alla facoltà di Lettere dell’università di Messina, è stato per molti anni soprintendente ai Beni archeologici per le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna e, nell’ultimo periodo, di Palermo e Trapani. La sua produzione scientifica conta più di 150 opere tra libri, monografie, articoli scientifici tanto importanti che oggi viene considerato uno tra gli studiosi più rappresentativi dell’archeologia del bacino del Mediterraneo. Lo ricordano ex colleghi e allievi.

Il prof. Ernesto De Miro con il direttore del parco della Valle dei Templi Roberto Sciarratta (foto regione siciliana)

Il direttore Roberto Sciarratta, a nome anche di tutto il personale del parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi (Ag), esprime profondo cordoglio per la scomparsa del professore Ernesto De Miro: “Non possiamo che manifestare la nostra profonda gratitudine verso un faro luminoso della ricerca, della tutela e della valorizzazione del patrimonio archeologico della nostra provincia e della Sicilia intera. Abbiamo perso un grande studioso, un uomo brillante che è stato custode appassionato della nostra storia e a cui vanno, e andranno, attribuiti grandi meriti per quanto fatto per comprendere e preservare la ricchezza di questa terra. Siamo vicini alla famiglia in questo momento di dolore”.

Il prof. Ernesto De Miro scomparso a 99 anni (foto regione siciliana)

Il soprintendente Vincenzo Rinaldi, unitamente al personale tutto della soprintendenza per i Beni culturali e Ambientali di Agrigento, esprime “il più profondo cordoglio per la scomparsa del professore Ernesto De Miro, uomo di altissima statura morale ed intellettuale, uomo dello Stato, soprintendente coraggioso che con forza, equilibrio ed una lungimirante ed inarrestabile azione amministrativa, ha permesso la perimetrazione della Valle dei Templi, già definita nel 1968 ma che venne riconfermata, grazie alle Sue indomite battaglie, con il Decreto Nicolosi nel 1991, atto che arginò definitivamente il tentativo di restringere i confini del Parco archeologico, salvando buona parte della città antica, oggi sito Unesco Patrimonio dell’Umanità. Lo spazio così mirabile della Valle dei Templi, così da Lui amorevolmente definita, saluta ed onora la figura dell’altissimo Funzionario dello Stato, studioso dalla rara sensibilità e dalla sconfinata cultura”.

Il prof. Ernesto De Miro in una conferenza (foto regione siciliana)

Parco archeologico di Morgantina e Villa del Casale: “Una grande perdita per l’archeologia siciliana la morte di Ernesto De Miro, tra le più eminenti figure dell’archeologia contemporanea. Già professore di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana presso la facoltà di Lettere dell’università di Messina, è stato per molti anni soprintendente ai Beni Archeologici per le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna e, nell’ultimo periodo, di Palermo e Trapani. Ha svolto ricerche sul campo nel territorio dell’ennese, inclusi scavi a Morgantina. È stato inoltre direttore dell’Istituto di Studi Micenei ed Egeo-anatolici del Cnr di Roma, presidente del consiglio scientifico del centro di archeologia greca del Cnr dell’Università di Catania e membro dell’Istituto archeologico germanico. Ha diretto numerosi scavi in diversi siti archeologici siciliani. A lui si devono anche ricerche in Libia nel sito Leptis Magna. È stato autore di numerose pubblicazioni che trattano in particolare aspetti e problemi di archeologia e d’arte della Sicilia antica. Il parco archeologico di Morgantina e Villa Romana del Casale porge sentite condoglianze ai familiari”.

Atene, Scuola Archeologica Italiana, maggio 1955: Giovanni Rizza, Enrica Fiandra ed Ernesto De Miro (foto Archivi G. Rizza)

La Scuola Archeologica Italiana di Atene partecipa al cordoglio per la scomparsa di Ernesto De Miro, Allievo della Scuola nel 1955. La SAIA ricorda la conversazione del Direttore con Ernesto De Miro del 2021: https://www.scuoladiatene.it/…/la-scuola-di-atene-1950…

“È scomparso, nella sua Agrigento, il professor Ernesto De Miro”, scrive Emanuele Cavallaro, sindaco di Rubiera (RE): “archeologo, docente all’università di Messina, per molti anni soprintendente ai Beni archeologici per le province di Agrigento Caltanissetta ed Enna e, nell’ultimo periodo, anche di Palermo e Trapani. I giornali lo ricordano come “una persona che ha dedicato la vita a difendere il nostro patrimonio culturale”. Ma bisogna aggiungere che lo fece anche pagando di persona: spesso i comuni non condividevano la sua ferma opposizione alle costruzioni nelle aree archeologiche, e arrivò perfino a ricevere minacce di morte, tanto che dovettero intervenire i prefetti dell’epoca. Ricordo tutto questo perché il professor De Miro era il padre della nostra nuova concittadina onoraria, Antonella De Miro, il prefetto che ha segnato la storia di Reggio Emilia nella lotta alle mafie. A lei e alla sua famiglia mando, a nome di tutta la comunità di Rubiera, le più sentite condoglianze. Ci sono persone che difendono la bellezza e la libertà del nostro Paese con coraggio e ostinazione, cambiando davvero il corso delle cose. E non dobbiamo mai dimenticarle”.

Il tempio della Concordia nella Valle dei Templi ad Agrigento (foto regione siciliana)

L’archeologo Giuseppe Castellana, professore di Preistoria e Protostoria: “Abbiamo appreso della morte del prof. Ernesto De Miro, emerito soprintendente per le province di Agrigento Caltanissetta ed Enna ed anche per le province di Palermo e Trapani. È stato mio soprintendente ad Agrigento ed ho appreso tanto da Lui Ho appreso la grande lezione della tutela e della salvaguardia dei beni culturali. Al prof. De Miro si deve la salvaguardia della Valle dei Templi in un periodo in cui proliferavano le costruzioni abusive. Un merito questo straordinario. Fu un grande studioso di archeologia classica e il suo insegnamento fu di sprone per tanti allievi. Insegnò come ordinario di Archeologia classica per tanti anni alla università di Messina. Fu anche direttore dell’istituto italiano di studi micenei. Moltissime le sue pubblicazioni, tutte di grande valore scientifico. Una perdita enorme per la cultura italiana e internazionale. Un saluto di grande stima. Riposi in pace. Caro Professore ci mancherai. Ad Armida un abbraccio”.

Il prof. Ernesto De Miro in un suo intervento (foto da FB Greco)

“Ci ha lasciato Ernesto De Miro, grande archeologo, studioso penetrante e soprintendente coraggioso e attivissimo”, scrive l’archeologa Caterina Greco, già direttrice del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo. “A lui si deve la perimetrazione del parco di Agrigento stabilita con il decreto di Rino Nicolosi del 1991, l’antefatto scientifico e di tutela fondamentale per la nascita, con la legge 20 del 2000, del parco. Con De Miro scompare l’ultimo esponente della generazione di archeologi del Novecento che hanno reso grande la Sicilia per la rilevanza e qualità del loro apporto alla nostra disciplina, e che crearono le basi dell’amministrazione regionale dei Beni culturali, oggi in grave crisi ma un tempo realmente all’avanguardia. Ed insieme perdiamo un grande uomo dello Stato che ovunque ha saputo profondere efficacia dell’azione e lungimiranza di visione storica. Uno studioso brillante, originale e inquieto, che ha affrontato molteplici temi scientifici emergendo sempre per l’acume e la profondità delle sue proposte. Come molti della mia generazione gli devo moltissimo, e ancor più perché ho avuto l’onore di essere per qualche anno soprintendente di Agrigento, di potermi giovare dei suoi consigli e di poter toccare con mano i frutti della sua immensa attività amministrativa e di tutela in tutto il territorio della provincia di Agrigento. Grazie di tutto Professore!”.

Il prof. Ernesto De Miro in una missione archeologica di scavo (foto da FB Polito)

Antonella Polito, archeologo alla soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Agrigento: “Nel giorno in cui è caduto l’ultimo sole di catulliana memoria e la comunità scientifica celebra giustamente l’archeologo di chiara fama, l’amministratore con una visione ampia e chiara sulla tutela e sulla valorizzazione della Valle dei Templi, nella mia memoria si affollano le immagini dei momenti di pausa, quando il temuto professore, il severo direttore di scavo, l’archeologo e storico di sconfinata conoscenza, cedeva il posto al compagno di missione. Collaborare con il prof. De Miro era un impegno totalizzante, richiedeva dedizione totale, ma era un viaggio affascinante nello spazio e nel tempo, dai libri al cantiere, dalla Libia a Lampedusa, da Morgantina alla Valle dei Templi: oggi il ricordo per me è una chiacchierata sul futuro seduti sul gradino più alto dell’anfiteatro di Leptis Magna, la riflessione sul saggio al di sotto di un mosaico del Quartiere ellenistico-romano mentre sgranocchiamo croccanti ‘nzudde messinesi, un bicchiere di plastica ad anelli che collassa in una sosta del viaggio da Tunisi a Tripoli, le risate che alla fine scappano a cena anche davanti ai mostri sacri dell’archeologia riuniti a tavola, i racconti di un mondo per me inarrivabile, la sorpresa di un tempio nuovo e sconosciuto che si svela pian piano sotto i nostri picconi ad Agrigento, le parole del biglietto per il mio matrimonio infinitamente augurando”.

Priniàs (Creta): Ernesto De Miro con Giovanni Rizza e Dario Palermo (foto MAI Priniàs)

La Missione Archeologica Italiana di Priniàs (Creta) vuole ricordare con questa foto il prof. Ernesto De Miro, scomparso il 29 agosto 2025. La foto, scattata a Creta negli anni ’80, in occasione di una sua visita alla Missione di Priniàs, lo ritrae con i due direttori della Missione che si sono succeduti dal 1969 al 2020: Giovanni Rizza, suo amico fraterno, e Dario Palermo. Con lui se ne va una generazione di archeologi di ferro, grandi studiosi e instancabili organizzatori, ai quali l’archeologia italiana deve tanto”.

Bianca Maria Sammarco, docente di Lingua e Letteratura latina e greca: “Apprendo da Armida De Miro, figlia del professor Ernesto e mia cara, cara amica sin dagli anni del nostro lavoro presso la soprintendenza archeologica degli scavi di Pompei. Gli agrigentini lo hanno conosciuto soprattutto come sovrintendente dei beni archeologici, ruolo nel quale si è distinto per la sua dedizione e per l’azione di tutela inflessibile della Valle dei Templi, contro l’aggressione dell’abusivismo edilizio degli anni ‘70 e ‘80. Se il perimetro della Valle è stato salvaguardato, da attacchi di proprietari di costruzioni abusive e politicanti complici, lo dobbiamo principalmente alla sua opera e a quella del suo successore, la professoressa Graziella Fiorentini. È stato uno studioso, un luminare della scienza archeologica, una figura di grande prestigio e autorevolezza, un “civil servant” dello Stato che ha svolto il suo dovere con grande passione, decoro ed efficacia. Che la terra gli sia lieve”.

Copertina del libro “La Sicilia dei due Dionisi” (L’Erma di Bretschneider) in memoria di Ernesto De Miro

“Siamo profondamente addolorati per la scomparsa di Ernesto De Miro, una delle figure più autorevoli dell’archeologia contemporanea”, si legge sul sito de L’Erma di Bretschneider. “Professore di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana, ha ricoperto incarichi di grande prestigio: soprintendente ai Beni archeologici, direttore dell’Istituto di Studi Micenei ed Egeo-Anatolici del CNR di Roma, presidente del consiglio scientifico del Centro di Archeologia Greca del CNR dell’università di Catania e membro dell’Istituto Archeologico Germanico. Ha guidato scavi fondamentali in Sicilia – ad Agrigento, a Eraclea Minoa e in diversi siti dell’interno – e ha condotto importanti ricerche in Libia, nel sito di Leptis Magna. Per la nostra casa editrice è stato un autore prezioso, con numerose pubblicazioni dedicate all’archeologia e all’arte della Sicilia antica. Tra queste ricordiamo La Sicilia dei due Dionisî (con Lorenzo Braccesi e Nicola Bonacasa) e Agrigento e la Sicilia greca. A lui abbiamo dedicato il volume Archeologia del Mediterraneo. Studi in onore di E. De Miro, a cura di Graziella Fiorentini, Maria Caltabiano e Anna Calderone. Una perdita enorme per il mondo dell’archeologia e per tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo”.

“La Sicilia piange la scomparsa di Ernesto De Miro”, si legge sul sito di Archeologia Viva. “Un personaggio storico, Il grande studioso di antichità siciliane e mediterranee si è spento all’età di 99 anni. Oltre agli incarichi accademici all’università di Messina, De Miro è stato soprintendente ai Beni archeologici di Agrigento Caltanissetta ed Enna. Inoltre, direttore dell’Istituto di Studi Micenei ed Egeo-anatolici al Cnr. Ad Agrigento ha diretto gli scavi nell’area dell’abitato, degli edifici pubblici, dei santuari e della necropoli. Sua anche la direzione degli scavi di Eraclea Mìnoa e di siti indigeni nelle valli del Salso e del Platani”.

Copertina del libro “L’Iliade e la ceramica greca. Studi metodi e argomentazioni” di Ernesto De Miro

Infine Massimo Cultraro ricorda Ernesto De Miro (1924-2025) in uno dei suoi ultimi studi maturato negli anni della Scuola Archeologica Italiana di Atene. “Di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri” καλό ταξίδι, κύριε Καθηγητά

Augusta (Sr). Al Nuovo circolo Tennis “Lilibeo: percorsi della terra e del mare”, secondo incontro del ciclo “Parole e pietre. Rassegna di libri e cultura classica”, promosso dall’Archeoclub di Augusta

Sabato 12 luglio 2025, alle 19.30, al Nuovo circolo Tennis di Augusta (Sr), in contrada Balate, “Lilibeo: percorsi della terra e del mare”, secondo incontro del ciclo “Parole e pietre. Rassegna di libri e cultura classica”, giunta alla IV edizione, quest’anno dedicato a “Parchi archeologici di terra e di mare poco conosciuti o poco raccontati”, promosso dall’Archeoclub d’Italia sede di Augusta. Introduce Mariada Pansera, presidente dell’Archeoclub d’Italia sede di Augusta. Intervengono Maria Grazia Griffo, archeologa del parco di Lilibeo-Marsala; Caterina Greco, già direttore del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo.

Agrigento-Palermo. “Pulcherrima et plurima spolia”: al via le “Giornate Gregoriane” dedicate al collezionismo e ai collezionisti di antichità in Sicilia tra Settecento e Ottocento e soprattutto al loro influsso sulla cultura e sul costume in Europa

agrigento-palermo_giornate-gregoriane_Pulcherrima-et-plurima-spolia_locandina“Pulcherrima et plurima spolia” è il titolo della 16esima edizione delle “Giornate Gregoriane”, che si tengono tra Agrigento e Palermo il 13 e 14 dicembre 2024. Tema di quest’anno è quello del collezionismo e dei collezionisti di antichità in Sicilia tra Settecento e Ottocento e soprattutto il loro influsso sulla cultura e sul costume in Europa. Le due giornate di studio si soffermeranno sulla nascita delle prime raccolte pubbliche museali e del ruolo svolto da privati che raccolsero opere che altrimenti sarebbero state distrutte o disperse… soprattutto su quelle figure che a loro modo tutelarono il patrimonio storico akragantino (e non solo) e del peso che quelle collezioni, una volta diffuse in tutta Europa, ebbero nella diffusione della cultura classica e dell’interesse verso Agrigento, la Sicilia e l’Italia. Il comitato scientifico è composto da Giuseppe Parello, Roberto Sciarratta, Claudia Lambrugo, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo. Del comitato organizzatore fanno parte Maria Concetta Parello, Maria Serena Rizzo e Giuliana Sarà.

PROGRAMMA 13 DICEMBRE: AGRIGENTO, Biblioteca Lucchesiana. Alle 9, saluti istituzionali: Roberto SCIARRATTA, direttore del parco Valle dei Templi; Giuseppe PARELLO, presidente del consiglio del parco Valle dei Templi; Maria Concetta PARELLO, “Le ragioni del convegno”; 9.30, Sac. Angelo CHILLURA, direttore della Biblioteca Lucchesiana, “Nihil solvito. La generosità e lungimiranza del vescovo Lucchesi Palli per il bene comune”; 9.50, Francesco MUSCOLINO, musei nazionali di Cagliari, “La Regia Custodia delle Antichità in Sicilia: protagonisti, normativa, attività”; 10.10, Josy LUGINBÜHL, università di Berna, “Off duty! Collecting antiquities in the Kingdom of the Two Sicilies”; 10.30, Fabrizio SLAVAZZI, università di Milano, “I vasi antichi figurati in età moderna: collezioni, collezionisti, moda e gusto”; 10.50, pausa caffè; 11.10, Claudia LAMBRUGO, università di Milano, William Hamilton in Sicilia: una storia poco nota all’origine della vase hunt siciliana; 11.30, Alessandro PACE, università di Milano, “Ippolito Cafici: più che un collezionista”; 11.50, Stefania PAFUMI, CNR (Istituto di Studi sul Mediterraneo), “Napoli, Il “Biscari ritrovato”: i manoscritti delle “Antichità di Catania” e altri documenti inediti per la storia del collezionismo e dell’archeologia catanese”; 12.10, Giuliana RANDAZZO, università Mediterranea di Reggio Calabria, “Le antichità di Ignazio Paternò Castello principe di Biscari e i disegni dei viaggiatori del Grand Tour settecentesco”; 12.30, Massimo CULTRARO, CNR (Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), “Catania, Una collezione dimenticata. La raccolta del barone Ferdinand von Andrian-Werburg (1835-1914) a Vienna e l’alba degli studi di Preistoria in Sicilia”; 12.50, Stefania SANTANGELO, CNR (Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), “Catania, Emanuele Taranto Rosso ed il “Gabinetto di Storia Naturale ed Archeologia” di Caltagirone (Catania)”; 13.30, pausa pranzo; 15, Rita FERLISI, soprintendenza BB. CC. AA. Agrigento, “Francesco Scaglione: il collezionismo come ossessione, tra archeologia e wunderkammer”; 15.20, Angela Maria MANENTI, parco archeologico e paesaggistico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Un collezionista “minore” della Sicilia meridionale: il canonico G. Pacetto di Scicli (1806-1884), i suoi “Ricordi archeologici di un viaggio eseguito nel territorio di Scicli nell’anno 1867”: legami con i collezionisti dell’isola e non solo”; 15.40, Simone PIAZZA, università Ca’ Foscari Venezia, “Un domenicano alla scoperta di reperti antichi, curiosità naturali e cimeli medievali: i due viaggi in Sicilia di Giuseppe Allegranza (1750-1/52)”; 16, Cristoforo GROTTA, parco Valle dei Templi di Agrigento, Scuola Normale Superiore, “La tutela delle antichità di Agrigento: il caso di studio del tempio D nella narrazione delle risorse archivistiche del XIX secolo”; 16.20, Giovanni SCICOLONE, soprintendenza BB. CC. AA. Agrigento, “Dal sarcofago di Fedra alla collezione del ciantro Panitteri. Storie di raccolte archeologiche di ecclesiastici agrigentini tra Settecento e Ottocento”; 16.40, Silvia CALÒ, università di Bari, “Il viaggio di Victor Baltard in Sicilia tra collezionisti ed eruditi”; 17, pausa caffè; 17.30, Jörg GEBAUER, Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek Munich, The Panitteri Vases – Core of the Munich Collections of Antiquities”; 17.50, Jorinde VAN ZUIJLEN, Independent researcher, “The Panitteri Collection: historical and museological contexts”; 18.10 , Donatella MANGIONE, parco Valle dei Templi, Giovanni SCICOLONE, soprintendenza BB. CC. AA. Agrigento, “Indagare un’antica collezione. Reperti archeologici “di famiglia” al Museo Civico di Girgenti”; 18.30, Alessio TOSCANO RAFFA, CNR (Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), “Catania. La città di Licata (Ag) e il dibattito sull’identificazione dell’antica Gela nei secoli XVIII-XIX: collezionisti locali, viaggiatori italiani e stranieri, tra recuperi, doni e acquisti di manufatti antichi”.

PROGRAMMA 14 DICEMBRE: PALERMO, Museo Archeologico A. Salinas. Alle 10.30, saluti: Giuseppe PARELLO, direttore del museo Archelogico Regionale “A.Salinas”; 10.40, Clemente MARCONI, università di Milano, New York University, “Archeologia in Sicilia al tempo dei Borbone: una revisione”; Il ruolo delle collezioni private per la nascita dei grandi musei di Siracusa e Palermo: SIRACUSA. Alle 11, Anita CRISPINO, Agostina MUSUMECI, parco archeologico e paesaggistico di Siracusa, Eloro Villa del Tellaro e Akrai, “Dal Regio Custode Saverio Landolina al Direttore Paolo Orsi: collezioni e collezionisti a Siracusa tra XVIII e XIX secolo e il loro ruolo nella formazione del Museo Nazionale”. PALERMO. Alle 11.30, Francesca SPATAFORA, già direttrice del museo Archeologico regionale “A.Salinas”, “I Borbone e il Museo della Regia Università di Palermo”; 11.50, Roberto GRADITI, ricercatore indipendente, “Collezionismo e massoneria nella Palermo del Settecento”; 12.10, Carla ALEO NERO, soprintendenza BB. CC. AA. di Palermo, Maria Lucia FERRUZZA, museo Archeologico regionale “A.Salinas”, “Il collezionismo palermitano del Marchese Antonio De Gregorio”; 12.30, Caterina GRECO, già direttrice del museo Archeologico regionale “A.Salinas”, “Dai Medici ai Borbone: intrecci collezionistici per la statua di Diana cacciatrice dal Parco della Favorita di Palermo”; 12.50, Alessandra CARRUBBA, museo Archeologico regionale “A. Salinas”, “Così lontani, così diversi… La raccolta orientalista in mostra al Museo Salinas”; 13.10, Antonino CRISA’, Prince Mohammad Bin Fahd University, Arabia Saudita, “Antonino Salinas e il museo nazionale di Palermo: le collezioni numismatiche tra strategie intelligenti ed acquisti mirati (1878)”; 13.30, pausa pranzo; 15, Rosanna EQUIZZI, ricercatrice indipendente, “Dall’Abbazia al Museo: la collezione Archeologica di San Martino delle Scale”; 15.20, Roberto GRADITI, Ricercatore indipendente, Costanza POLIZZI, Museo Archeologico Regionale “A.Salinas”, “Gli Etruschi in Sicilia tra collezionismo e temperie risorgimentale”; 15.40, Sandra RUVITUSO, museo Archeologico regionale “A.Salinas”, “Giovanni D’Ondes Reggio e la Collezione Campolo. Una pagina inedita della storia del Museo Salinas”; 16, Giuliana SARA; museo Archeologico regionale “A.Salinas”, Lucia SCALIA, museo Regionale Palazzo Mirto, “Collezionismo aristocratico e archeologia: dar vasi del Principe di Mirto alle scoperte di von Andrian-Werburg”; 16.20, Lavinia SOLE, università di Palermo, “Il Medagliere del Museo Salnitriano: ricostruzione della collezione numismatica di età greca e romana”; 16.40, Enrico CARUSO, già direttore del parco archeologico Lilibeo – Marsala, “Instancabili peripli – I passaggi dei beni archeologici di Lilibeo dalle collezioni Grignani, Hernandez e Lipari ai musei Salinas di Palermo, Pepoli di Trapani, Lilibeo-Marsala e Whitaker di Mozia”; 17, Francesca SPATAFORA, Conclusioni.

Caltanissetta. Alla Fondazione Sicana il convegno “Quali sono le buone pratiche dell’archeologia?” promosso da Italia Nostra: per tre giorni di studio e confronto alcuni tra i massimi archeologi illustreranno le buone pratiche nello scavo, nel restauro, nella manutenzione programmata, nella musealizzazione e nella valorizzazione

caltanissetta_fondazione-sicana_convegno-le-buone-pratiche-dell-archeologia_locandina“Quali sono le buone pratiche dell’archeologia?” è una domanda ma anche il titolo del convegno promosso da Italia Nostra il 28, 29 e 30 ottobre 2024 nella sede della Fondazione Sicana di SICILBANCA a Caltanissetta, col patrocinio del Comune di Caltanissetta, Fondazione Sicana e Sicilbanca: per tre giorni di studio e confronto alcuni tra i massimi archeologi dell’accademia internazionale e italiana cercheranno di dare una risposta proprio a questa domanda.

A introdurci al convegno con un video di Italia Nostra sono Lorenzo Guzzardi, archeologo e già direttore della Villa del Casale di Piazza Armerina e di molti siti della soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali della Sicilia, e Caterina Greco, archeologa e già direttrice del museo Archeologico regionale ‘A. Salinas” di Palermo. “In un panorama scompaginato da attività tra le più disparate – Telamoni ricostruiti ad Agrigento, festini tra i templi di Selinunte, sfilate di moda nel Parco Archeologico di Nora e concerti rock nel Teatro greco di Siracusa – tutte tese a dare spazio esistenziale ad un turismo guarda e fuggi”, commentano gli organizzatori di Italia Nostra, “vogliamo ragionare oggi intorno alla possibilità per i nostri siti archeologici di essere riconosciuti per quello che sono: un diritto collettivo di godere della bellezza, partecipare della cultura, acquisire competenze e appartenenza a una storia identitaria e condivisa e mitigare le disuguaglianze sociali”. I relatori illustreranno le buone pratiche nello scavo, nel restauro, nella manutenzione programmata, nella musealizzazione e nella valorizzazione, con particolare attenzione ai rapporti tra siti archeologici e territorio.

PROGRAMMA LUNEDÌ 28 OTTOBRE 2024. Alle 15, saluti istituzionali: sindaco di Caltanissetta, Walter Tesauro; vicesindaco e assessore alla Cultura e Turismo, Giovanna Candura; presidente di SICILBANCA, Giuseppe Di Forti; presidente del consiglio regionale Sicilia di Italia Nostra, Leandro Janni. Introduzione ai lavori: contributo del vicepresidente della Fondazione Sicana, Antonio Piraino. PRIMA SESSIONE: comunicazioni provenienti dalle aree europee. Alle 15.45, introduce e coordina: Michel Gras. Alcuni casi in ambito europeo: Dominique Garcia, “Il nuovo modello francese”; Giorgio Rocco, “Prospettive per una disciplina del restauro dell’antico”; Nikolaos Stampolidis, “Il caso studio di Eleutherna (Creta) dagli scavi al museo e sito UNESCO”.

PROGRAMMA MARTEDÌ 29 OTTOBRE 2024. Alle 10, SECONDA SESSIONE: esempi italiani provenienti da alcune aree gestite direttamente dal MiC ovvero da altre istituzioni. Coordina: Michele Campisi. Carlo Pavolini, “Il caso di Ostia e i Parchi archeologici come possibili esperienze di gestione multidisciplinare”; Silvia Guideri, “Un’esperienza di valorizzazione integrata di un patrimonio archeologico e paesaggistico: il Sistema dei parchi della Val di Cornia in Toscana”; Enrico Rinaldi, “Il Parco archeologico di Sepino: gestione, manutenzione programmata e valorizzazione”; Anna Maria Rotella, “Il caso di Vibo Valentia e il “parco archeologico diffuso”; Fabio Pagano, “Il Parco archeologico dei Campi Flegrei, una memoria relazionale”. Alle 15, TERZA SESSIONE: casi siciliani nelle varie forme delle organizzazioni al fine di identificare i punti di forza e quelli di debolezza. Coordina: Leandro Janni. Caterina Greco, “Musei in Sicilia: analisi, problemi e proposte”; Elisa Bonacini, contributo, “Esperienze, soluzioni e tecniche di comunicazione e valorizzazione per un patrimonio al digitale”; Lorenzo Guzzardi, “La grande esperienza delle istituzioni siciliane soprintendenze/parchi/musei”; Serena Raffiotta, “Archeologia e comunità d’eredità: buone pratiche dall’entroterra della Sicilia”; Simona Modeo, “La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale della Sicilia centrale e il ruolo delle Associazioni di volontariato: i casi di Sabucina, Montagna di Marzo e Monte Scalpello”; Rosa Lanteri, “Il Parco archeologico di Siracusa. Dalla perimetrazione alla gestione”.

PROGRAMMA MERCOLEDÌ 30 OTTOBRE 2024. Alle 9.30, QUARTA SESSIONE: gli aspetti teorici e normativi: un problema aperto. Introduce e Coordina: Filippo Coarelli. Rita Paris, contributo, “La figura di Parco archeologico: creazione e funzionamento”; Adriana Laudani, “Il contesto normativo in Sicilia: la sua genesi e il suo tradimento?”; Francesca Valbruzzi, “Luoghi della Cultura in Sicilia: lo Stato dell’Arte”; Massimo Frasca, “Esempi di buone pratiche in archeologia: collaborazione fra le istituzioni”. Tavola rotonda: per l’elaborazione del documento finale delle giornate. Coordina: Massimo Frasca. Intervengono: Michel Gras, Michele Campisi, Massimo Cultraro, Dieter Mertens. I lavori si concluderanno con una relazione del prof. Filippo Coarelli con il compito di trarre le più opportune conclusioni e sullo “stato presente” dell’Archeologia in Sicilia.

 

Lipari. Per i 70 anni dell’apertura al pubblico del museo Archeologico regionale Eoliano “Luigi Bernabò Brea” tre giorni di eventi: una mostra, un convegno e l’incontro annuale IIPP. Si inizia con la due giorni di convegno “Raccontare il museo di Lipari a Settant’anni dall’apertura al pubblico” 

lipari_archeologico_70-anni-del-museo_locandina1954 – 2024: il museo Archeologico regionale Eoliano “Luigi Bernabò Brea” di Lipari festeggia il settantesimo anniversario dalla sua apertura al pubblico, avvenuta appunto nell’estate del 1954. E per commemorare questo importante traguardo, il museo, situato nello storico Castello di Lipari, ospiterà una serie di eventi e convegni dal 4 al 6 luglio 2024. Si parte giovedì 4 luglio 2024 a Lipari, nel padiglione ex ostello, alle 12, con l’inaugurazione della mostra “1942-1954 verso il Museo”, curata da Maria Clara Martinelli, Maria Bernabò Brea e Luana La Fauci, dedicata alla storia del Museo, sulla base dei documenti e della ricca corrispondenza conservata nell’Archivio storico. La mostra, che sarà permanente e visitabile con il biglietto di ingresso al museo, da lunedì a sabato  9 – 19 e la domenica 9 – 13, offre una panoramica delle ricerche e delle scoperte archeologiche che hanno segnato la nascita del museo, inaugurato grazie agli sforzi di Luigi Bernabò Brea, che dopo la dismissione del campo di confino situato sul Castello durante il regime fascista, iniziò le ricerche archeologiche che portarono alla creazione di questa istituzione culturale. Si continua sempre giovedì 4 luglio col convegno di due giorni che mira a esplorare la trasformazione del Castello di Lipari da luogo di prigionia a fulcro di attività culturali, enfatizzando l’importanza del museo non solo come custode di tesori archeologici, ma anche come custode della memoria storica dell’area. E si arriva al clou sabato 6 luglio 2024 con il XIII Incontro Annuale di Preistoria e Protostoria, organizzato dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Quest’anno, il focus sarà sui “Musei di Preistoria. Esperienze a confronto”, dove esperti nazionali e internazionali condivideranno le loro esperienze e visioni sul ruolo e l’evoluzione dei musei di preistoria.

lipari_archeologico_convegno-raccontare-il-museo-di-lipari-a-70-anni-dall-apertura-al-pubblico_locandinaGiovedì 4 e venerdì 5 luglio 2024, dalle 10, nella sala conferenze dell’ex chiesa Santa Caterina, si svolgeranno i lavori del convegno “Raccontare il museo di Lipari a Settant’anni dall’apertura al pubblico” nel corso del quale si traccerà la storia del percorso formativo della prestigiosa istituzione museale, in cui andava via via prendendo forma l’appassionante progetto culturale eoliano di Luigi Bernabò Brea, in una visione da subito condivisa con gli abitanti delle isole, che lo hanno sempre supportato, offrendo appassionate e fondamentali collaborazioni. I saluti delle autorità della Regione Siciliana saranno esposti dall’assessore dei Beni culturali e dell’identità siciliana e dal direttore del dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana; dai sindaci dei Comuni delle Isole Eolie; dall’arcivescovo di Messina, Patti e Santa Lucia del Mela; da Mirella Vinci soprintendente di Messina. A seguire Rosario Vilardo, direttore del parco archeologico delle Isole Eolie, del quale oggi il museo è la sede principale, e l’archeologa Maria Clara Martinelli illustreranno i nuovi progetti espositivi realizzati e in corso di realizzazione per far sì che l’istituzione mantenga sempre il suo ruolo dinamico; lo storico Giuseppe La Greca racconterà lo stato dei luoghi del Castello prima del 1950; Maria Bernabò Brea, già direttrice del museo nazionale Archeologico di Parma, insieme a Madeleine Cavalier, studiosa che ha condiviso con Luigi Bernabò Brea la creazione del museo e le ricerche nelle Eolie, ricorderanno alcuni dei momenti più importanti della lunga e faticosa strada percorsa; Annunziata Ollà, archeologa della soprintendenza di Messina, si occuperà della collaborazione scientifica per la tutela di questo particolare territorio; Gabriella Tigano, direttrice del parco archeologico di Giardini Naxos e Taormina, racconterà i primi passi della ricerca a Milazzo, i cui risultati sono esposti in due sale del museo di Lipari; Monica Miari, funzionario del ministero della Cultura e già presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze, descriverà il rapporto tra Paolo Graziosi, fondatore dell’Istituto, e Luigi Bernabò Brea; Caterina Greco, già direttrice del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo, presenterà l’importante museo siciliano; Massimo Cultraro, dirigente archeologo del CNR-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale e docente dell’università di Palermo, confronterà il museo di Lipari con quello di Lemnos, anch’esso dovuto all’iniziativa di Luigi Bernabò Brea; e poi Andrea Cardarelli, docente dell’università La Sapienza di Roma, oggi presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze, darà voce a quella che è la più importante stratigrafia preistorica scoperta in un sito archeologico; Isabella Matelli, docente dell’università La Cattolica di Milano, discuterà della collezione di maschere teatrali di Lipari, ritenuta unica nel mondo classico; infine l’attore Christian Poggioni terrà una lezione – spettacolo nella quale interpreterà Prometeo.

Sambuca di Sicilia (Ag). A Palazzo Panitteri si inaugura il nuovo percorso espositivo con Il corredo funerario della Tomba della Regina di Monte Adranone, scoperto nel 1886 e rimasto per 136 nei depositi del museo Salinas di Palermo. Visite guidate speciali

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Parte del corredo della Tomba della Regina di Monte Adranone esposti a Palazzo Panitteri di Sambuca di Licata (Ag) (foto regione siciliana)

sambuca_archeologico_nuovo-percorso_corredo-tomba-della-regina-di-monte-adranone_locandinaIl corredo funerario della Tomba della Regina di Monte Adranone ritorna a casa dopo 136 anni: sedici pezzi, infatti, entreranno a fare parte del percorso museale di Palazzo Panitteri di Sambuca di Sicilia, nell’Agrigentino. Sarà inaugurato giovedì 21 marzo 2024, alle 11, a Palazzo Panitteri, a Sambuca di Sicilia, il nuovo percorso espositivo che comprende i 16 reperti del corredo funerario della Tomba della Regina, rinvenuti nella zona archeologica di Monte Adranone nel 1886 e fino a qualche giorno fa custoditi nel museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo. Interverranno l’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana Francesco Paolo Scarpinato; il direttore del parco archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, Roberto Sciarratta; il sindaco di Sambuca, Giuseppe Cacioppo; la direttrice del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas”, Caterina Greco; e le archeologhe che hanno curato il progetto. I reperti sono stati rinvenuti nei depositi del museo “Antonino Salinas”, dove il grande archeologo e docente universitario a cui la struttura è intitolata volle trasferirli, intuendone il valore dopo i primi scavi del 1886. L’integrazione nel percorso espositivo è stata resa possibile dalla collaborazione tra il parco archeologico della Valle dei Templi, responsabile della valorizzazione dell’area di Monte Adranone, il museo palermitano e l’amministrazione comunale della città agrigentina. Un’occasione unica dunque per immergersi nella storia e ammirare da vicino reperti unici che tornano a splendere nella loro terra d’origine. Inoltre, dal 21 al 26 marzo 2024, si può vivere un’esperienza esclusiva con le visite guidate curate dall’archeologa del parco archeologico, Valentina Caminneci. Per informazioni e prenotazioni vcaminneci@parcovalledeitempli.it.

Archeologia in lutto. Si è spento improvvisamente a 82 anni Malcolm Bell III, luminare dell’archeologia classica a livello internazionale, specialista di Morgantina, nome indissolubilmente associato al suo da oltre 60 anni

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Il prof. Malcolm Bell III, l’archeologo di Morgantina, è morto a 82 anni a Roma

Archeologia in lutto. Il 7 gennaio 2024 si è spento a 82 anni, a Roma, in ospedale, portato via da un improvviso aggravarsi di una brutta influenza, l’archeologo Malcolm Bell III, luminare dell’archeologia classica a livello internazionale, specialista di Morgantina, nome indissolubilmente associato al suo da oltre 60 anni.  Era nato il 1° giugno 1941. L’Archeoclub Aidone Morgantina invita la comunità aidonese e chiunque abbia conosciuto e stimato il professore Malcolm Bell ad unirsi in preghiera domenica 14 gennaio 2024 alle 10.30 nella chiesa di Sant’Anna di Aidone, dove sarà celebrata una messa in suffragio del caro defunto.

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Il prof. Malcolm Bell III dell’università della Virginia (USA)

A ricordare la figura del professore Malcolm Bell III è l’archeologa siciliana Serena Raffiotta, ricercatrice nel museo Archeologico regionale di Aidone. “Malcolm Bell era l’amico di tutti”, scrive Raffiotta; “per me, prima ancora che un maestro, Mac era come un parente per la grande, forte e sincera amicizia che da sempre lega la mia alla sua famiglia. Quante calde estati trascorse negli anni Ottanta a Serra Orlando insieme ai suoi figli, ai tempi in cui bambini lo seguivano insieme alla moglie ad Aidone, trascorrendo in Sicilia qualche mese di vacanza mentre lui era dedito al suo lavoro e molto impegnato come direttore della missione americana a Morgantina. Dopo averlo sentito a Natale per i consueti auguri, lui felice di trascorrere le feste a Roma con figli e nipoti, lo avevo pensato proprio ieri pomeriggio, senza sapere che da qualche giorno si trovava ricoverato in ospedale per una pesante influenza. Avevo promesso a me stessa di impegnarmi personalmente per organizzare in primavera la presentazione ad Aidone del suo ultimo lavoro, la monumentale monografia sull’agorà di Morgantina edita un anno fa. Ne avevamo parlato mesi fa ma senza raggiungere un accordo, data l’incertezza sulla sua prossima trasferta in Sicilia a causa delle precarie condizioni di salute. Non avevo insistito, intuendo che non si sentiva sicuro di viaggiare soprattutto nella stagione fredda, ma in cuor mio non riuscivo ad accettare che non dovesse essere protagonista di una grande festa tutta per lui al museo, sapendo quali immani fatiche gli era costato lavorare a quest’ultima pubblicazione. E invece Mac ieri 7 gennaio 2024 è volato in cielo, così all’improvviso, nel silenzio e nella riservatezza che lo hanno sempre contraddistinto, lontano dalla sua cara Virginia, a Roma dove insieme alla moglie amava tanto stare e dove ha sempre avuto un’accoglienza speciale dagli amici dell’Accademia Americana, dove aveva vissuto da studente negli anni Sessanta e poi da docente negli anni Novanta e dove da qualche tempo trascorreva gran parte dell’anno, per poter stare più vicino ai suoi adorati figli e nipoti, residenti in Europa. È andato via senza prendersi i nostri accorati applausi, i nostri più bei complimenti e i nostri doverosi e dovuti ringraziamenti per aver investito la sua intera esistenza su Morgantina, per aver fatto di Aidone – dov’era amico di tutti – la sua seconda casa, per aver voluto tanto bene agli aidonesi da meritare nel 2008 la cittadinanza onoraria, per aver lavorato negli ultimi anni – impegnandosi senza sosta, notte e giorno, nonostante l’età avanzata – alla revisione dei dati di scavo in archivio e dei reperti nei depositi del museo di Aidone con l’obiettivo di regalare alla comunità scientifica mondiale il suo più importante studio su Morgantina, una monumentale e minuziosa opera – il volume VII dei Morgantina Studies – dedicata alle attività archeologiche nell’area dell’agorà. Il vuoto che lasci è incolmabile, mio carissimo Mac. E sono certa che la tua anima vivrà per sempre lì, tra le rovine di Morgantina, tra quelle pietre che le tue mani hanno accarezzato tante volte in cerca di risposte. Li a Serra Orlando, dove ogni giorno soffia un vento leggero che ristora, sono certa che ti rivedrò passeggiare, sorridente, calmo e paziente come sei sempre stato, immerso nella beatitudine che è dei buoni. Riposa in pace, Mac!”.

aidone_epigrafe-lutto-malcolm-bell-IIIMolte le partecipazioni al lutto. A cominciare dal sindaco di Aidone, Annamaria Raccuglia, insieme all’amministrazione comunale e al consiglio comunale: “Con grande rammarico abbiamo appreso la triste notizia della dipartita del prof. Malcolm Bell. Profondamente riconoscenti per l’impegno profuso nel corso della sua carriera per Aidone e Morgantina, partecipiamo al cordoglio della famiglia. Il 26 giugno 2008, il Comune di Aidone conferì la cittadinanza onoraria a Malcolm Bell III, professore di Storia dell’Arte all’università della Virginia, direttore degli scavi americani a Morgantina dal 1980, riconoscendo con gratitudine il suo fondamentale contributo alla conoscenza di Morgantina attraverso le ricerche scientifiche e le pubblicazioni sulla città antica. Di lui ricordiamo il garbo e l’entusiasmo nell’approccio con la comunità aidonese che ha sempre nutrito grande stima nei suoi confronti”. L’associazione Ecomuseo di Aidone “I semi di Demetra” ricorda il prof. Malcolm Bell III che “ha servito con passione e generosità la nostra Morgantina. Lo ricorderemo con tantissimo affetto per lo spessore umano e per le capacità professionali che lo hanno distinto, oltre a essergli profondamente riconoscenti per quanto ha fatto per tutta la comunità di Aidone”. I soci dell’Archeoclub Aidone-Morgantina lo ricordano con affetto e stima “grati della sua disponibilità anche quando ci accompagnava nelle interessanti Archeopasseggiate in cui ci faceva partecipi delle ultime scoperte inerenti Morgantina. Grazie Professore”. E scrivono: “Il suo amore per Aidone, la sua appassionata attività di ricerca dedicata a Morgantina, la sua gentilezza e disponibilità incondizionate e la sua affettuosa vicinanza alla nostra associazione saranno il più caro ricordo che custodiremo in eterno”.

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Il prof. Malcolm Bell III nel museo Archeologico di Aidone

Molti anche gli attestati in ricordo del “prof”. Caterina Greco, direttore del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo: “Con grande dolore apprendo della morte di Malcolm Bell, grande studioso di Morgantina (e non solo), cui la ricerca archeologica in Sicilia deve moltissimo. Nei primi anni 2000 stilammo insieme una convenzione di studio tra la Soprintendenza di Enna (il parco ancora non esisteva) e la Virginia University, in modo da dare continuità e il dovuto riconoscimento istituzionale al rapporto ultra decennale che legava la Missione Americana a Morgantina. E il suo ruolo fu fondamentale per il rientro in Sicilia di tanti preziosissimi cimeli illecitamente sottratti all’archeologia siciliana, in primis gli acroliti arcaici e gli argenti della casa di Eupolemos. Un grande studioso e un uomo riservato e gentile, amante della musica e dell’arte, cui mi hanno legato stima reciproca e amicizia sincera. E soprattutto un uomo integro e di principi saldi e incrollabili, che perseguiva con ammirevole tenacia. Ci mancherai molto Mac!”. Flavia Zisa, professore associato di Archeologia classica all’università Kore di Enna: “Mi dispiace davvero molto.  Studioso illuminato ed intuitivo. Le nostre vite si sono intrecciate in varie occasioni e in vari luoghi tra America e Italia. A lui devo l’amore per Morgantina e l’onore di aver scavato nell’agora con lui. Non sono stata sempre in sintonia con lui, ma non ho fatto in tempo a dirgli che invece ero d’accordo con lui su una ipotesi, che però lui stesso ha silenziato. Non la dirò più neanche io: era l’unico con cui avrei avuto il piacere di discuterne. Mi rimarrà la questione aperta… Raffinato, gentile, colto, amava moltissimo la Sicilia, pur rimanendo un perfetto americano in tutto e per tutto. Lo ringrazio per tante cose, per la città antica ci ha svelato ma, personalmente, lo ringrazio per quella giornata bellissima e indimenticabile trascorsa con mio padre, mia madre e mia nonna. C’era il sole, la luce, l’aria bella e i profumi. Buon viaggio, Malcolm dagli occhi sorridenti”. Ezio Di Serio di Enna: “Scompare un grande archeologo di fama internazionale che ha legato molto della sua vita al sito archeologico di Morgantina (Aidone). Addio grande Malcolm Bell III”. L’archeologa palermitana Francesca Spatafora: “Un’altra dolorosa perdita per tutti noi e per l’archeologia”.

Palermo. Al museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” apre la mostra “Sicilia//Grecia//Magna Grecia. E dunque quello che cercavo sono (Odisseo Elitis)”: un dialogo tra i capolavori del Salinas, del museo dell’Acropoli di Atene e del museo nazionale di Ruvo di Puglia, e da altri musei dell’Italia meridionale

“Sicilia//Grecia//Magna Grecia. E dunque, quello che cercavo sono (Odisseo Elitis)” è il titolo della mostra che cita il poeta greco, premio Nobel per la letteratura nel 1979. La mostra allestita nel museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo sarà inaugurata alle 21 di mercoledì 20 dicembre 2023 e sarà visitabile fino al 31 marzo 2024 (dal martedì al sabato dalle 9 alle 18, domenica e festivi 9-13.30). Alla presentazione saranno presenti l’assessore regionale ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato; l’assessore alla Cultura del Comune di Palermo, Gianpiero Cannella; l’assessore al Centro storico del Comune di Palermo, Maurizio Carta; la direttrice del museo Salinas, Caterina Greco, curatrice della mostra insieme alla professoressa di Storia greca dell’università di Lecce, Flavia Frisone, e alla ricercatrice di Museologia dell’università di Bari Elisa Bonacini. La mostra, finanziata dal ministero della Cultura con fondi europei del Pon “Cultura e sviluppo” (Fesr 2014-2020), fa parte di un programma di interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana, per i quali l’assessorato regionale dei Beni culturali ha sottoscritto un accordo con il Comune di Palermo.

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Caterina Greco, direttrice del museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo nella sala delle metope del Tempio E di Selinunte (foto regione siciliana)

Filo conduttore della mostra è “Il viaggio”, come racconta lo stesso logo. Una barca che solca le onde del mare, quelle “strade liquide” capaci di creare una fitta rete di relazioni sociali, culturali ed economiche fra Grecia, Sicilia e Magna Grecia, aree nelle quali si sviluppò il grande fenomeno della grecità occidentale che sta a fondamento della cultura europea. Un “dialogo” fra i capolavori del museo Salinas, dai sarcofagi della Cannita alle metope dei Templi di Selinunte, e quelli dell’arte greca, come il rilievo dell’Atena pensosa proveniente dal museo nazionale dell’Acropoli di Atene, e dell’arte magno-greca, come il monumentale cratere apulo del pittore di Licurgo, in prestito dal museo nazionale di Ruvo di Puglia. Tanti gli altri preziosi reperti provenienti dai numerosi musei prestatori siciliani, che in questa occasione hanno fatto rete intorno al museo palermitano, in una narrazione corale da oriente a occidente in Sicilia. La mostra sarà accompagnata da narrazioni digitali di differente tecnologia, dall’esperienza immersiva in realtà virtuale a brochure interattive e corredate di video storie animate e podcast, realizzate dalle aziende del gruppo Vodafone Italia.

 

Palermo. Al museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” conferenza “La mummia del museo Salinas. L’abate Paternostro e i primordi dell’Egittologia in Sicilia”: storia di un ritrovamento nei depositi e della connessione tra Sicilia e Antico Egitto

palermo_archeologico_conferenza-la-mummia-del-museo-salinas_locandinaNascosta tra i numerosi reperti non esposti al pubblico che il Salinas conserva nei suoi magazzini, quasi dimenticata e sconosciuta a seguito dello scorrere del tempo, riemerge dal passato una preziosa mummia egizia. La ricerca scientifica sul ritrovamento, di grande rilevanza culturale, è stata affidata all’antropologo siciliano Dario Piombino-Mascali, e viene adesso, per la prima volta, presentata alla comunità cittadina. Se ne parla venerdì 22 settembre 2023, alle 17.30, al museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo, nella conferenza “La mummia del museo Salinas. L’abate Paternostro e i primordi dell’Egittologia in Sicilia”. Relatore Dario Piombino-Mascali (università di Vilnius). Introduce Caterina Greco (museo Salinas). Interverranno Selima Giorgia Giuliano (soprintendenza BB.CC.AA. Palermo), Laura Anello (fondazione Le Vie dei Tesori). Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Ripercorrendo la storia e l’evoluzione della pratica dell’imbalsamazione nell’antico Egitto, attraverso il fascino esercitato dalla terra dei faraoni nella Sicilia preunitaria, l’indagine della mummia del Salinas arricchisce il patrimonio culturale del più antico museo dell’isola. Sarà una straordinaria avventura nel tempo, mentre si scopre insieme l’affascinante connessione tra la Sicilia e l’Egitto antico. Un’opportunità unica per immergersi nella storia e nell’Egittologia in Sicilia.