Pompei. All’auditorium la conferenza “Una tomba neapolitana e un tempio pompeiano: cronache dionisiache”, con il professore Carlo Rescigno (all’università della Campania “Luigi Vanvitelli”) promossa dall’associazione internazionale “Amici di Pompei” sulle relazioni tra il santuario dionisiaco di S. Abbondio di Pompei e il mondo ellenistico di Napoli

C’è un filo rosso che lega Pompei e Napoli nel nome di Dioniso. Ne parla all’auditorium degli scavi di Pompei, venerdì 19 aprile 2024, alle 17, il professore Carlo Rescigno nella conferenza “Una tomba neapolitana e un tempio pompeiano: cronache dionisiache”, nuovo appuntamento promosso dall’associazione internazionale Amici di Pompei ETS. Al centro dell’incontro, gli studi del professore Rescigno, ordinario di Archeologia classica all’università della Campania “Luigi Vanvitelli” e coordinatore del corso di dottorato in Archeologia e Culture del Mediterraneo antico alla Scuola Superiore Meridionale di Napoli, che mettono in relazione il santuario dionisiaco di S. Abbondio di Pompei con il mondo ellenistico di Napoli, in particolare delle tombe a camera dell’epoca.

Capitello in tufo dal santuario dionisiaco di S. Abbondio a Pompei (foto luigi spina)

Carlo Rescigno (università della Campania)
“Fin dai tempi della sua scoperta”, scrive Rescigno, “il santuario dionisiaco di S. Abbondio, presso il limite urbano pompeiano, non ha mai smesso di far discutere gli studiosi. La divisione degli spazi, la funzione di essi e l’iconografia del frontone trovano interessanti paralleli in un mondo apparentemente diverso, l’insieme delle tombe a camera ellenistiche di Neapolis rimandando a specifiche ideologie funerarie. Partendo da dettagli decorativi, dal tempio e dalle domus pompeiane, ricostruendo possibili credenze funerarie e forme di organizzazioni sociali, nel corso della relazione si affronteranno aspetti del culto dionisiaco per un periodo che conosce un diretto intervento di Roma nelle forme di controllo di esse”.
Castellammare di Stabia (Na). Dopo un anno di stop per il nuovo allestimento, riapre il museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”. Inaugurazione con il ministro Sangiuliano. Uno spazio anche per il Doriforo di Stabia, trafugato dai clandestini ed esposto a Minneapolis (USA). Il procuratore Fragliasso fa il punto sull’iter giudiziario per far tornare il capolavoro in Italia

Il nuovo allestimento del museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)
6 marzo 2023 – 6 marzo 2024: è passato esattamente un anno dalla chiusura del museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella Reggia Quisisana di Castellammare di Stabia (Na) (vedi Castellammare (Na). Il museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” chiude per cambiare volto: ampliamento e valorizzazione dei depositi e degli spazi espositivi aperti sul paesaggio e le ville romane. Spazio speciale per il Doriforo trafugato, oggi ancora a Minneapolis | archeologiavocidalpassato). Il nuovo allestimento è stato completato e il 6 marzo 2024 il museo sarà riaperto al pubblico.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel in una visita al sito archeologico (foto parco archeologico pompei)
Lunedì 4 marzo 2024, alle 15, alla presenza del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, l’inaugurazione ufficiale del rinnovato allestimento del museo Archeologico di Stabia “Libero d’Orsi” con un percorso ampliato, depositi visitabili e scuola di formazione e digitalizzazione. Interverranno: il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna; il prefetto capo della commissione straordinaria di Castellammare di Stabia, Raffaele Cannizzaro; il direttore generale del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel; la direttrice del museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”, Maria Rispoli; il prof. Carlo Rescigno dell’università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Concluderà il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Nell’occasione il comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, cap. Massimiliano Croce presenterà il recupero di circa 125 reperti archeologici di produzione campana, condotto in sinergia con il parco archeologico di Pompei – Area Tutela. I reperti saranno tutelati e valorizzati nel contesto del rinnovato museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”.

Il nuovo allestimento del museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)
Chiudere per diventare più grandi. È stato questo il “motto” al museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella Reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia proponendo un concept innovativo che interessa i depositi, al fine di renderli sempre più non solo luoghi di conservazione ma anche di fruizione e ricerca, mentre il percorso di visita museale viene arricchito di ulteriori reperti, approfondimenti e strumenti multimediali (nel video del parco archeologico di Pompei l’allestimento dello splendido soffitto con testa di Medusa, restaurato e proveniente da Villa San Marco). Previsto nel nuovo allestimento anche uno spazio per il Doriforo di Stabia, la statua di eccezionale qualità oggi al Minneapolis Institute of Art (USA).

Un momento del briefing sul Doriforo di Stabia con il procuratore Nunzio Fragliasso (foto parco archeologico pompei)
Sul caso del Doriforo di Stabia è intervenuto qualche giorno fa, in un incontro stampa col direttore del parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, che ha ripercorso e fatto il punto sull’iter giudiziario intrapreso per riportare il Doriforo di Stabia in Italia. Innanzitutto le tappe percorse dalla Procura di Torre Annunziata. “Il 18 gennaio 2022 su richiesta della Procura di Torre Annunziata – spiega – il Gip del Tribunale di Torre Annunziata ordina la confisca della statua del Doriforo avendo ritenuto provata la provenienza della statua del Doriforo, copia romana del capolavoro di Policleto. Un’altra è esposta al Mann, ma non a detta di chi vi parla – non sono un addetto ai lavori – ma degli esperti, è una copia ancora più bella. E secondo gli accertamenti della Procura e condivisi dal Giudice questa statua proviene da Stabia, appartiene all’Italia, ed è esposta al museo di Minneapolis dove è stata esportata clandestinamente. Il 21 febbraio 2022 – continua -, la Procura di Torre Annunziata ha inoltrato alle competenti autorità degli Stati Uniti – città di Washington – una rogatoria internazionale per riportare la statua del Doriforo in Italia dando istituzione della notifica di confisca in attuazione dei trattati internazionali stipulati tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti: il 9 novembre 1982, un altro il 3 maggio 2006, e un altro il 25 giugno 2013. Il 16 maggio 2022 su richiesta degli Stati Uniti la Procura di Torre Annunziata ha trasmesso alle competenti autorità statunitensi un nuovo esemplare del documento di confisca recante la certificazione dell’esecutività del provvedimento. Quindi il 18 ottobre e 14 dicembre 2022 sono stati trasmessi agli Stati Uniti integralmente i documenti sui quali si fonda l’adozione del provvedimento di confisca. E questi atti sono stati notificati al museo di Minneapolis. Il 3 marzo 2023 la difesa italiana del museo di Minneapolis ha ritirato presso la Procura di Torre Annunziata la copia integrale del procedimento penale nell’ambito del quale è stato emesso il provvedimento di confisca. A oggi, pur potendolo fare, il museo di Minneapolis non ha proposto alcun gravame – tecnicamente si chiama incidente di esecuzione – al provvedimento di confisca. Ciò non di meno la statua sta ancora esposta al museo. L’ultima notizia – ricorda – è del 15 dicembre 2023 la Procura di Torre Annunziata ha avanzato una formale richiesta di verifica alle autorità di Washington chiedendo che si dia corso alla rogatoria internazionale. Non abbiamo ricevuto risposta”. Ora si confida su un supporto anche dai contatti diplomatici e le buone relazioni tra l’Italia e gli Stati Uniti. Intanto lo Stato italiano ha bloccato ogni prestito dall’Italia al museo di Minneapolis finché non si risolve questo contenzioso.

Nunzio Fragliasso, procuratore della Repubblica di Torre Annunziata (foto graziano tavan)
L’azione giudiziaria iniziata due anni fa dalla Procura di Torre Annunziata ha ripreso, valorizzandola, una inchiesta dell’inizio degli anni ’80 del Novecento della Procura di Napoli per riportare la statua del Doriforo che all’epoca era esposta al museo di Monaco di Baviera. “E la statua era esposta – lo sappiamo da fonte certa – come Doriforo di Stabia”. “Da nostre indagini – riprende Fragliasso – sappiamo che la statua è stata esportata all’estero clandestinamente, passando dalla Svizzera scomposta in quattro pezzi, da Eli Borowsky, un trafficante internazionale – nel frattempo deceduto – di reperti archeologici e opere d’arte: quando un servizio della Rai mostrò le foto del Doriforo scomposto in quattro parti facendo montare la polemica, lo stesso Borowsky ammise che quelle foto, e quindi la statua, erano nelle sue disponibilità. La statua all’epoca – continua – fu anche sequestrata dalle autorità di Monaco di Baviera. Il sequestro durò circa un paio di anni, e poi fu dissequestrata dal procuratore generale di Monaco di Baviera, ma il museo di Monaco di Baviera a quel punto non la volle comprare. Da quel momento si perdono le tracce della statua che poi ricompare al museo di Minneapolis. E noi abbiamo la prova del fatto che quando i rappresentanti del museo di Minneapolis hanno acquistato la statua sapevano della sua provenienza clandestina. Noi abbiamo un carteggio, che ci è stato consegnato dagli Stati Uniti – sottolinea Fragliasso -, tra un rappresentante del museo di Minneapolis e quello di un altro museo nel quale si legge (siamo nel 1976 quindi ben prima dell’acquisto della statua, che è stato dopo il 1984) che la statua è stata ripulita solo dalla terra. E in un altro tra due rappresentanti dello stesso museo di Minneapolis si legge che la statua, secondo gli esperti di arte romana, proveniva dalla terra e non dal mare. Ciò smentisce quanto sempre sostenuto dal Borowsky, cioè che la statua era stata rinvenuta in mare. Se è così, cioè proveniente dalla terra, continuano i due, meglio non dirlo ad alta voce oppure il vecchio furto di Castellammare potrebbe venir fuori di nuovo. La prova del nove ce l’abbiamo con una verifica effettuata sulla statua dalle autorità tedesche: una perizia datata 11 settembre 1984 conclude che il genotipo della superficie del marmo della statua viene pregiudicato da due grosse macchie calcaree riconducibili al giacimento della statua per molto tempo sotto terra”.

Il Minneapolis Institute of Art (USA) (foto wikipidia)
“Questo dettaglio è importante – fa notare il procuratore – perché se la statua proveniva da sotto terra significa che questa proveniva da scavi clandestini e per la legislazione dell’epoca (legge 1089/39), ma che è stata una costante di tutte le leggi che si sono succedute, tutti i reperti archeologici provenienti dal territorio italiano appartengono allo Stato italiano. Perciò l’esportazione all’estero di beni archeologici rinvenuti nello Stato italiano è reato, e questo reato comporta obbligatoriamente la confisca anche in assenza di condanna. Viene fatta salva, come ha scritto la Corte costituzionale, la buona fede del terzo acquirente. E noi abbiamo dimostrato che i rappresentanti del museo di Minneapolis non fossero affatto in buona fede al punto tale – conclude – che molto prima di comprare la statua loro sapevano della provenienza della statua da sotto terra, e quindi da uno scavo clandestino, e consigliavano di non far emergere questa circostanza”.
Perugia. Al museo Archeologico nazionale “Egregio Prof. Torelli, Caro Mario. Una vita per l’Archeologia”, tre giornate di studio: tre giornate di studio a poco più di tre anni dalla scomparsa del professor Mario Torelli, archeologo di fama internazionale, con alcuni tra i maggiori studiosi che con lui si sono formati e hanno incrociato la sua straordinaria attività professionale. Ecco il programma
A poco più di tre anni dalla scomparsa del professor Mario Torelli, archeologo di fama internazionale (vedi Archeologia in lutto. È morto Mario Torelli, grande etruscologo, archeologo e docente di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana. Stava preparando una grande mostra su Pompei e Roma | archeologiavocidalpassato), per 35 anni docente di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana all’università di Perugia, il museo Archeologico nazionale dell’Umbria gli dedica “Egregio Prof. Torelli, Caro Mario. Una vita per l’Archeologia”, tre giornate di studio, dal 21 al 23 febbraio 2024, alle quali parteciperanno alcuni tra i maggiori studiosi che con lui si sono formati e hanno incrociato la sua straordinaria attività professionale. La direzione regionale Musei Umbria ha così voluto onorare la memoria e la carriera del professor Torelli con un evento che vedrà la partecipazione di docenti universitari, allievi, professionisti e studiosi italiani e stranieri, che, insieme, lo ricorderanno coniugando omaggi accademici e ricordi personali. L’ingresso è libero, fino a esaurimento posti. Molti gli ospiti illustri che interverranno, tra i quali Massimo Osanna, direttore generale Musei del ministero della Cultura e Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. L’iniziativa, promossa dai Musei nazionali di Perugia – Direzione regionale Musei Umbria, diretti da Costantino D’Orazio, è curata da Tiziana Caponi, direttrice del museo Archeologico nazionale dell’Umbria.
PROGRAMMA MERCOLEDÌ 21 FEBBRAIO 2024. Alle 9, Costantino D’Orazio, Tiziana Caponi (Musei nazionali di Perugia – direzione regionale Musei Umbria), Massimo Osanna (direzione generale Musei), e Alfonsina Russo (parco archeologico del Colosseo): “A Mario Torelli dall’Etruria al Colosseo”; Attilio Mastino e Raimondo Zucca (università di Sassari): “Baruffe chiozzotte: la vicenda della Laurea Magistrale honoris causa in archeologia al prof. Mario Torelli a Sassari e altre storie”; Carlo Rescigno (università della Campania “Luigi Vanvitelli”): “Le fanciulle di Reggio”; Franco Nardella: “Dall’Archeologia al Cinema. La ricostruzione storica come metodo”; Marco Fabbri (università di Roma “Tor Vergata”): “Mario Torelli e la divulgazione della conoscenza archeologica”. Pausa pranzo. Alle 15, Stefano Bruni (università di Ferrara): “Le farfalle di Larthia Seianti”; Simonetta Angiolillo (università di Cagliari): “1969 – 1976: a Cagliari con Mario”; Lucio Fiorini (università di Perugia): “Cronache on the road per Gravisca (e oltre) insieme a Mario, mio Professore e compagno di viaggio”; Angelo Centini: “Mario Torelli cittadino onorario di Tarquinia”; Antonio Sgamellotti (già università di Perugia): “Un lungo rapporto di amicizia e collaborazione scientifica con Mario”; Dorica Manconi: “1970: primi studenti sardi allo scavo di Gravisca”.
PROGRAMMA DI GIOVEDÌ 22 FEBBRAIO 2024. Alle 9, Pedro Rodriguez Oliva (Universidad de Málaga): “Las relaciones de Mario Torelli con la Universidad de Málaga, Spagna”; Cristina Papa (già università di Perugia): “Mario Torelli e le intersezioni tra antropologia e archeologia”; Maurizio Di Puolo: “Un ricordo”; Francesca Silvestrelli (università del Salento): “Quand on voit soi-même on est sûr et le témoignage d’autrui n’est jamais aussi certain. I viaggi in Italia di Honoré d’Albert duca di Luynes (1825 e 1828)”; Arturo Ruiz (Universidad de Jaén): “El día que Mario Torelli vino a los campos de olivos”; Marco Arizza (CNR ISPC): “Tra i templi di Roma e le tombe di Veio. Incontri e ricordi con Mario Torelli”. Pausa pranzo. Alle 15, Nicola Terrenato (University of Michigan, Kelsey Museum of Archaeology): “La topografia più antica del Quirinale settentrionale alla luce delle nuove scoperte”; Roberto Marcucci (Casa editrice l’Erma di Bretschneider): “Un ricordo dell’amico Editore, Roberto Marcucci”; Maria Grazia Lungarotti (Fondazione Lungarotti): “L’Archeologo, l’Amico, una visione condivisa”; Elmo Mannarino (già università di Perugia): “Mario: l’amico e l’archeologo”; Lino Conti (Accademia delle Scienze dell’Umbria): Lara Anniboletti, Alessandro Mandolesi con Maria Rosa Lucidi (direzione generale Musei, museo Archeologico nazionale di Civitavecchia): “La dea Fortuna si era messa ad aiutarmi alla grande… Mario e il santuario di Punta della Vipera (S. Marinella)”.
PROGRAMMA DI VENERDÌ 23 FEBBRAIO 2024. Alle 9, Giuseppina Manca Di Mores (Accademia di Belle Arti di Sassari): “Troppe ali… Riflessioni sull’altorilievo fittile del tempio di Antas (Fluminimaggiore – Sud Sardegna)”; Massimo Cultraro (CNR ISPC): “Divagazioni sul Mediterraneo: Mario Torelli e la Grecia delle origini”; Francesco Marcattili (università di Perugia): “In viaggio con Mario, in viaggio con Enea”; Donatella Scortecci (università di Perugia): “Non solo il mondo classico… Mario Torelli e l’archeologia cristiana”; Massimo Nafissi (università di Perugia): “Mario Torelli, Sparta e il programma figurativo del Trono di Apollo ad Amicle”; Donato Loscalzo (università di Perugia): “L’ironia di Mario Torelli”; Pausa pranzo. Alle 15, Sabrina Boldrini (università di Perugia): “Libri e biblioteche di antichistica all’Università di Perugia”; Enrico Signorini, Olindo Stefanucci: “Con Mario, a Perugia, Cortona e oltre”; Primo Tenca: “Un amico leale e generoso”; Alberto Mori, Raffaele Davanzo: “Rinnovamento ippodameo di tracciati urbani etruschi”; Giancarlo Paoletti: “Pedagogia della polpetta”; Luana Cenciaioli: “La decorazione architettonica a Perugia in età romana ed il reimpiego degli elementi lapidei: il capitello con Scilla e i compagni di Ulisse”; Tiziana Caponi (museo Archeologico nazionale dell’Umbria): “Considerazioni conclusive”.
Reggio Calabria. In piazza Paolo Orsi del museo Archeologico nazionale l’evento “Agorà: L’archeologia di Reggio in piazza”: laboratorio sperimentale aperto al pubblico con attività scientifiche, solitamente riservate agli studiosi, in diretta. Apertura della mostra “Intrecci. Trame preziose tra Reghion e Reggio”, e lancio del progetto Farm
Grande attesa a Reggio Calabria per l’evento “Agorà: L’archeologia di Reggio in piazza”. Martedì 23 gennaio 2023, alle 11.30, in piazza Paolo Orsi, sarà possibile partecipare al laboratorio sperimentale e assistere in diretta ad attività scientifiche solitamente riservate agli studiosi. I reperti “in piazza” saranno le coloratissime terrecotte architettoniche provenienti dagli scavi urbani di Reggio Calabria. Contestualmente verrà inaugurata la mostra “Intrecci. Trame preziose tra Reghion e Reggio”, nata dalla collaborazione tra l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria e il MArRC, che espone una corposa collezione di gioielli scultura mono e polimaterici “da indossare”, vere e proprie sculture realizzate in Accademia nel 2012 e nel 2017. Sarà inoltre lanciato il progetto Farm, ideato e organizzato da Living Camera Srl in partenariato con il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, promosso dal ministero della Cultura e finanziato dall’Unione Europea – Next Generation EU attraverso i fondi PNRR “Transizione digitale organismi culturali e creativi”. “Un progetto nato da un’idea di Filippo Demma”, commenta il direttore Fabrizio Sudano, “che il personale del MArRC è riuscito a implementare e realizzare in breve tempo. Un segnale di accoglienza e apertura al territorio e di grande attenzione alla divulgazione scientifica”.

La lastra a rilievo dipinto con scena di danza (520- 500 a.C.), che costituiva forse una metopa dall’area sacra di località Griso-Laboccetta (Reggio Calabria): rappresenta due fanciulle riccamente abbigliate in movimento o di danza o di fuga (foto marrc)
Il progetto prende vita dal protocollo d’intesa sottoscritto pochi giorni fa tra il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la Provincia di Vibo Valentia per condividere attività, iniziative, programmi di ricerca, conservazione, tutela, promozione e valorizzazione dei contesti archeologici provenienti dal Territorio di Reggio e custoditi presso i depositi di entrambi gli Istituti. Nella Agorà/piazza Paolo Orsi del MArRC sarà possibile osservare in diretta una équipe di ricercatori della Scuola Superiore Meridionale di Napoli, guidata dal prof. Carlo Rescigno, impegnati nella digitalizzazione delle terrecotte architettoniche provenienti dagli scavi urbani di Reggio Calabria, ovvero l’area sacra Griso-Laboccetta, via XXIV maggio e piazza Italia. Il primo di una serie di “laboratori aperti”, calendarizzati fino all’arrivo della primavera, che vedranno puntare i riflettori su reperti mai esposti prima e teams di studio e ricerca in azione.

Il prof. Piero Sacchetti, direttore dell’accademia di Belle arti di Reggio Calabria (foto abarc)
Un momento di incontri e novità, come nelle migliori Agorà, che vedrà protagonista al museo anche l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, con l’inaugurazione della mostra “Intrecci. Trame preziose tra Reghion e Reggio” curata dal direttore dell’Accademia, prof. Piero Sacchetti, da Filippo Malice, docente titolare della Cattedra di Scultura e coordinatore della Scuola di Scultura, e dall’architetto Claudia Ventura, responsabile dell’Ufficio Tecnico del Museo. Nelle vetrine presenti in sala conferenze, verranno esposti gioielli e piccole decorazioni frutto della reinterpretazione della grande tradizione di artigianato artistico della nostra città, una passeggiata tra materiali, forme e colori quanto mai variegati. Un percorso espositivo che vede la presenza di opere di numerosi artisti, ex studenti dell’Accademia di Belle arti di Reggio Calabria, del liceo Artistico di Reggio Calabria, del liceo Artistico di Siderno e il liceo Artistico di Vibo Valentia.
E sempre in mattinata, la conferenza stampa di lancio del progetto Farm, ideato e organizzato da Living Camera Srl – azienda di comunicazione, produzioni video e cinematografiche – in partenariato con il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, promosso dal ministero della Cultura e finanziato dall’Unione Europea – Next Generation EU attraverso i fondi PNRR “Transizione digitale organismi culturali e creativi”. Farm è un progetto di formazione rivolto ai giovani, che avranno la possibilità di partecipare a masterclass e lezioni frontali su tematiche quali cinema, regia, montaggio video, grafica, marketing e sulla costruzione di contenuti in Realtà Aumentata per il patrimonio archeologico e culturale del territorio calabrese.
Capua. Al museo provinciale Campano inaugurato il nuovo percorso interattivo nel progetto Capua Innova: si può passeggiare nel bosco tra le Matres Matutae, ascoltare Federico II raccontare la sua storia e osservare i vasi prendere vita e svelare i loro antichi misteri
Si può passeggiare nel bosco tra le Matres Matutae, ascoltare Federico II raccontare la sua storia e osservare i vasi prendere vita e svelare i loro antichi misteri. Non è magia, ma il nuovo percorso interattivo inaugurato il 29 ottobre 2023 al museo provinciale Campano a Capua, nell’ambito del progetto Capua Innova. Un percorso digitale interattivo che accompagnerà i visitatori all’interno delle sale espositive in una esperienza totalmente innovativa e coinvolgente.
“Il progetto”, spiegano Sofia Del Prete e Fabiana Carboni di Lisitea Associati, società che ne ha curato la realizzazione, “punta ad una fruizione interattiva, semplice e intuitiva, pensata per l’integrazione e il coinvolgimento emotivo dell’utente. Mediante l’utilizzo di video e applicativi touch, il visitatore sarà coinvolto in un nuovo tipo di esperienza, ove saranno gli stessi reperti a prender vita e a raccontare la loro storia. Inoltre, il percorso è stato reso totalmente accessibile ai non udenti attraverso l’utilizzo di sottotitoli in lingua italiana ed inglese”.

Percorso interattivo del museo provinciale Campano di Capua: il bosco delle Matres Matutae (foto museo campano)
“Il museo provinciale Campano di Capua”, dichiara il presidente Giorgio Magliocca, “è uno scrigno unico di arte, di storia e di cultura, orgoglio della provincia di Caserta e dell’intera Campania. Crediamo fortemente nella sua valorizzazione e promozione ed è per questo motivo che continuiamo ad investire in progetti che possano rinnovare l’interesse e la curiosità dei visitatori verso il patrimonio storico ed archeologico di Terra di Lavoro. Divulgazione scientifica, creatività e innovazione tecnologica: un mix perfetto che, siamo certi, verrà apprezzato da visitatori e turisti”.

Percorso interattivo del museo provinciale Campano di Capua: Federico II (foto museo campano)
“È un’altra tappa”, aggiunge il direttore del museo campano Gianni Solino, “del percorso di modernizzazione digitale e tecnologica del museo Campano che abbiamo avviato negli ultimi anni. Dalle esigenze nate nel periodo della pandemia abbiamo imparato ad utilizzare meglio le nuove tecnologie, i social e le nuove forme di marketing e comunicazione. Con questo nuovo progetto portiamo il nostro museo ad un livello di innovazione ancora più elevato, paragonabile ai più importanti siti museali nazionali ed internazionali”.

Percorso interattivo del museo provinciale Campano di Capua: la Gorgone (foto museo campano)
Per il presidente del Consiglio d’amministrazione del museo Campano, Carlo Rescigno, “i nuovi media permettono di restituire voce ai musei e alle loro collezioni, rispettando sale e allestimenti storici. Gli oggetti trovati in un antico santuario, o un tempo esposti in chiese e cappelle dismesse, ritornano virtualmente nei loro contesti e dialogano con quanto la storia ha frammentato, distrutto o disperso in luoghi diversi. Il museo provinciale Campano ha in corso di realizzazione più progetti di digitalizzazione, per la condivisione del proprio patrimonio scientifico e per una divulgazione consapevole, aggiornata e aperta alle nuove forme di comunicazione della società contemporanea”.
Capua (Ce). Per gli “Appuntamenti al Museo di Capua il Luogo della Lingua festival” presentazione del libro di Paolo Giulierini “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici”. Interviene Carlo Rescigno (università della Campania)
A poco più di 24 ore dalla scadenza della proroga del suo mandato alla direzione del museo Archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini è ospite del museo Campano di Capua (Ce). Lunedì 13 novembre 2023, alle 18.30, nell’ambito degli “Appuntamenti al Museo di Capua il Luogo della Lingua festival”, per la direzione artistica di Giuseppe Bellone, presentazione del libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici” (Rizzoli editore) di Paolo Giulierini. Interviene Carlo Rescigno, professore ordinario in Archeologia classica all’università della Campania “Luigi Vanvitelli”, dipartimento di Lettere e Beni culturali, presidente CdA del museo Campano. Conduce Daniela De Rosa, professoressa del liceo “Salvatore Pizzi”. Saluti di Gianni Solino, direttore del museo Campano, in collaborazione con il liceo “Salvatore Pizzi”.

Copertina del libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici”
L’Italia prima di Roma. Il nostro Paese ci appare il più delle volte come l’erede per eccellenza della civiltà romana. Non c’è nulla di più vero, ma se ci mettessimo in viaggio percorrendo l’Italia da nord a sud scopriremmo che prima ancora che Italiani siamo stati Italici: in ogni regione la toponomastica, i monumenti, i reperti archeologici, le tradizioni etnografiche, persino le abitudini alimentari e culinarie raccontano la storia di popoli antichi che a partire dall’Età del ferro si sono frequentati, confrontati, scontrati. Celti, Veneti, Liguri, Etruschi, Sardi, Latini, Sanniti, Lucani, Piceni, Campani, Punici, Enotri, Siculi e molti altri hanno lasciato ovunque nella penisola tracce profonde, preziose per capire com’era l’Italia prima dell’avvento di Roma. Con la competenza dell’esperto e il passo avvincente del divulgatore, Paolo Giulierini ci accompagna in un viaggio affascinante, ci presenta gli Italici che siamo stati, ne approfondisce il rapporto con il territorio, le modalità insediative, la religione, la lingua e la scrittura, senza tralasciare il fondamentale incontro con i Romani e quello che ne è seguito. Corredato da immagini, questo libro è al tempo stesso un saggio sulla meravigliosa complessità della storia del nostro Paese e una guida per innamorarsi, oltre che di tutte le sue bellezze, anche delle genti che lo hanno abitato in tempi remoti, e che ancora oggi ci parlano: non solo di loro ma anche di noi, da sempre popolo in cammino che a ogni tappa aggiunge un viandante alla carovana.
Pompei. All’auditorium il workshop “Tempio di Iside a Pompei. Conoscenza, scavo, restauro e fruizione” per presentare gli esiti dei recenti workshop e gli scavi in corso
Un workshop dedicato al Tempio di Iside a Pompei alla sua conoscenza, scavo, restauro e fruizione. Mercoledì 11 ottobre 2023, all’Auditorium degli scavi di Pompei, dalle 11 alle 16, si terrà il workshop “Tempio di Iside a Pompei. Conoscenza, scavo, restauro e fruizione”, organizzata dal parco archeologico di Pompei in collaborazione con l’università Federico II di Napoli, la Scuola Superiore Meridionale e la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio (BAP) di Napoli, per presentare gli esiti dei recenti workshop (maggio 2021, aprile 2023, e scavi in corso) per la conoscenza, lo scavo, il restauro e la fruizione del tempio di Iside. L’evento è aperto al pubblico. Il programma della giornata sarà introdotto dal direttore del parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel e dal coordinatore del dottorato di ricerca Acma Carlo Rescigno, e si concentrerà sull’illustrazione degli esiti della campagna di scavo in corso presso il tempio, a cura dei funzionari del Parco. A seguire la prof.ssa Renata Picone, direttrice della Scuola di Specializzazione in Bap di Napoli, interverrà con un contributo su “Il Tempio di Iside a Pompei. Dalla storia dei restauri alle attuali problematiche conservative”. Tra gli interventi, anche un focus speciale su “Il fascino dell’Egitto nel mondo greco-romano” a cura del direttore del museo Egizio di Torino Christian Greco. Previsto anche sopralluogo allo scavo del tempio di Iside.

Il Tempio di Iside agli Scavi di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Il Tempio di Iside era dedicato al culto antichissimo (di tipo misterico, cioè riservato ai soli iniziati) della dea egizia, che si diffuse in tutto il Mediterraneo a partire dal III secolo a.C. per il suo messaggio di speranza in una vita oltre la morte. Secondo il mito, infatti, Iside recuperò le parti dello sposo Osiride, ucciso e smembrato da Seth, lo ricompose e gli ridiede la vita. Al centro di un cortile porticato si trova il tempio su alto podio; nello spazio antistante stanno l’altare, la fossa per le offerte e un piccolo edificio (purgatorium) al cui interno una scala porta al bacino cui attingere l’acqua, che si diceva provenisse direttamente dal Nilo. Alle spalle del tempio un’ampia sala era dedicata alle riunioni degli iniziati (ekklesiasterion), mentre in una più piccola (sacrarium) erano visibili pitture che narravano episodi del mito della dea.

Sistro con gatta e fiori di loto rinvenuto il 4 gennaio 1766 nell’ekklesiasterion del Tempio di Iside a Pompei e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Gli apparati decorativi, le sculture e gli arredi rinvenuti nel santuario sono esposti al museo Archeologico nazionale di Napoli, ma è possibile rivivere in parte l’effetto originario grazie alla ricollocazione in situ di alcune copie di affreschi e di statue.
Napoli. A Palazzo Reale presentazione del libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici” (Rizzoli) di Paolo Giulierini
Appuntamento venerdì 6 ottobre 2023, alle 19, nella sala Coerenza di Palazzo Reale a Napoli, per la presentazione del libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici” (Rizzoli) di Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli. Ingresso libero. Dialogherà con l’autore il prof. Carlo Rescigno.

Copertina del libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici”
L’Italia prima di Roma. Il nostro Paese ci appare il più delle volte come l’erede per eccellenza della civiltà romana. Non c’è nulla di più vero, ma se ci mettessimo in viaggio percorrendo l’Italia da nord a sud scopriremmo che prima ancora che Italiani siamo stati Italici: in ogni regione la toponomastica, i monumenti, i reperti archeologici, le tradizioni etnografiche, persino le abitudini alimentari e culinarie raccontano la storia di popoli antichi che a partire dall’Età del ferro si sono frequentati, confrontati, scontrati. Celti, Veneti, Liguri, Etruschi, Sardi, Latini, Sanniti, Lucani, Piceni, Campani, Punici, Enotri, Siculi e molti altri hanno lasciato ovunque nella penisola tracce profonde, preziose per capire com’era l’Italia prima dell’avvento di Roma. Con la competenza dell’esperto e il passo avvincente del divulgatore, Paolo Giulierini ci accompagna in un viaggio affascinante, ci presenta gli Italici che siamo stati, ne approfondisce il rapporto con il territorio, le modalità insediative, la religione, la lingua e la scrittura, senza tralasciare il fondamentale incontro con i Romani e quello che ne è seguito. Corredato da immagini, questo libro è al tempo stesso un saggio sulla meravigliosa complessità della storia del nostro Paese e una guida per innamorarsi, oltre che di tutte le sue bellezze, anche delle genti che lo hanno abitato in tempi remoti, e che ancora oggi ci parlano: non solo di loro ma anche di noi, da sempre popolo in cammino che a ogni tappa aggiunge un viandante alla carovana.
Castellammare (Na). A Villa San Marco dell’antica Stabiae i nuovi scavi portano alla luce la parte terminale del portico superiore con pitture e frammenti di pareti e soffitto che “raccontano” le dinamiche dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammenti della decorazione del peristilio (portico colonnato) superiore (foto parco archeologico pompei)

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: peristilio (portico colonnato) superiore (foto parco archeologico pompei)
A Villa San Marco dell’antica Stabiae, oggi Castellammare di Stabia, è emersa la parte terminale del portico superiore, parzialmente scavato e oggetto di ulteriore indagine di questo cantiere, con pitture ancora in situ e ampi stralci di sezioni crollate dalle pareti o dal soffitto. Sono i risultati della più recente campagna di scavo, avviata a marzo 2023 e tuttora in corso. Si tratta di parti preziose che contribuiscono ad indagare nel dettaglio e ad acquisire nuovi elementi circa le dinamiche della distruzione del complesso con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Lo scavo è condotto sul campo nella forma del cantiere didattico, con il coinvolgimento di docenti, giovani ricercatori e dottorandi in collaborazione tra il parco archeologico di Pompei, la Scuola superiore Meridionale, l’università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ e la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, sotto la direzione della professoressa Maria Luisa Catoni, del professor Carlo Rescigno e del direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammenti della decorazione del peristilio (portico colonnato) superiore (foto parco archeologico pompei)

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammenti architettonici (foto parco archeologico pompei)
“Questa campagna di scavi nell’antica Stabia”, ha commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, “propone scoperte di grande pregio archeologico e si aggiunge a tutte le altre attività messe in campo dal ministero della Cultura in questi mesi per la salvaguardia e lo sviluppo di tutta l’area. Il contesto che si snoda tra Stabia, Oplonti, Ercolano e Pompei è tra i più rilevanti al mondo e ha ancora tanto da rivelare”. E il direttore, Gabriel Zuchtriegel: “Grazie alla collaborazione con le università e alla professionalità del team del Parco Stabia si conferma come un centro per la ricerca archeologica di risonanza internazionale. Questo è un’ottima premessa per portare avanti i nostri ambiziosi progetti di valorizzazione: ampliamento del Museo “Libero d’Orsi” e creazione di un centro di formazione alla Reggia di Quisisana, valorizzazione delle ville S. Marco e Arianna con la creazione di servizi di accoglienza e didattica, studio e messa in sicurezza di Grotta San Biagio per progettare una sua futura fruizione”.

Veduta satellitare di Villa San Marco dell’antica Stabia sul pianoro di Varano (foto parco archeologico pompei)
Stabia, l’antica città vicino a Pompei, era divenuta alla fine del I secolo a.C. un luogo di villeggiatura dell’élite romana. Qui, ancora oggi, sono presenti preziose testimonianze di architetture e pitture di straordinaria qualità, tra cui Villa San Marco. Si tratta di un grande complesso esteso per più di 11mila metri quadri che occupa parte del ciglio del pianoro di Varano, cuore del vecchio centro urbano. Negli ultimi anni, la Villa è stata interessata da diverse campagne di scavo volte ad indagare fasi edilizie precedenti del complesso e a comprendere l’estensione dell’intera struttura. La Villa San Marco era stata scavata per cunicoli e a cielo aperto nella prima epoca borbonica, quindi risepolta e nuovamente scavata restaurata e integrata da Libero D’Orsi negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Inoltre, la dimora è stata nuovamente restaurata a seguito dei danni subiti dal terremoto del 1980.

Villa San Marco è una delle perle del territorio stabiese (foto parco archeologico pompei)

Planimetria dell’area di villa San Marco a Stabia interessata dai nuovi scavi archeologici (foto paco archeologico pompei)
Il complesso si articola in un quartiere con doppio atrio e impianto termale, un giardino colonnato inferiore con una grande piscina coronata a est e a ovest da raffinati ambienti di soggiorno e rappresentanza (il Grande Salone a Ovest e le due diaetae a Est). La struttura si conclude con un portico superiore monumentale a tre bracci aperto verso il mare. Di quest’ ultimo era noto l’avvio, e solo in anni recenti ne è stata individuata la fine, a circa cento metri di distanza dall’angolo oggi conservato. Una ampia parte di tale articolazione è quindi ancora da portare alla luce. Nel 2020 era iniziato un primo cantiere, parte di un più ampio programma di ricerca centrato sullo scavo del portico attivo anche in questi mesi.

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: lo scavo riporta alla luce poco a poco frammenti della decorazione del peristilio (portico colonnato) superiore (foto parco archeologico pompei)

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammenti del tetto crollato del peristilio (portico colonnato) superiore (foto parco archeologico pompei)
La struttura emerge dai lapilli nel suo assetto originario con la ricca decorazione pittorica in IV stile alle pareti e molto ben conservata. E con il monumentale soffitto figurato in crollo sull’alto strato di lapillo grigio e le architetture poderose concluse con una fuga di colonne tortili. Seguendo il racconto fornito dalle stratigrafie di lapilli e di crolli e dalla sequenza dei flussi piroclastici che hanno invaso atri, giardini e sommerso i tetti provocandone in tempi diversi i crolli, è inoltre possibile ricostruire le ultime ore di vita della villa.

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammenti della decorazione del peristilio (portico colonnato) superiore (foto parco archeologico pompei)
A conclusione della pioggia dei lapilli, o quando questa sembrò indebolirsi, un gruppo di abitanti, per ragioni a noi ancora sconosciute, tornò sul luogo o emerse da nascondigli di fortuna, ma fu sorpreso dall’ultimo parossismo eruttivo. Correnti piroclastiche, venti densi, caldi, generati dal crollo al suolo della colonna eruttiva sommersero tutto. Decretando la fine dell’insediamento e lasciando sopravvivere solo alcune parti di quella che fu la lussuosa villa di San Marco.

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammento di affresco con figura seduta sulle architetture (foto parco archeologico pompei)

Antica Stabiae (Castellammare), Villa San Marco: frammento di affresco con amorini (foto parco archeologico pompei)
Nonostante la distruzione drammatica, la vita e il lusso della villa riaffiorano nelle gamme cromatiche delle pitture su pareti e soffitti, negli stucchi, nei capitelli, nei preziosi rivestimenti e coronamenti di colonne e coperture. Le pitture riproducono tappeti, candelabri e scene fantastiche, finte architetture con profondi scorci prospettici spesso realizzate in diversi toni di azzurro. Le pareti sono popolate da figure sedute sulle architetture, attori o figure mitiche, o disposte a riempire il centro dei tappeti, spesso in volo. Nelle finte architetture troviamo statue dorate, quadretti con rappresentazioni di genere, nature morte, paesaggi marini e architettonici, naumachie.
Videogames, Tour Virtuali, App, video istallazioni e ricostruzioni 3D, il lancio della pagina 




LE APP. MANNapp, presentata da Gianluigi De Lucia di Artware, da due mesi è la app gratuita riservata ai visitatori del museo. “ArtWareCaronte” è scaricabile gratuitamente inquadrando un QR Code o attraverso app-store. I contenuti audiovisivi, anche inediti, sono nel segno dell’inclusività. Tra le novità anche la possibilità per i visitatori di interagire commentando in tempo reale. Ulteriore elemento di innovazione è rappresentato da Archimede, la Web App dedicata alla visualizzazione dei dati sui visitatori mediante modelli di Data Science e Machine Learning. APP extraMANN: l’app di mappatura collaborativa che promuove il protagonismo attivo delle persone nel racconto dei siti extraMANN e del patrimonio culturale della città di Napoli, illustrata da Ilaria Vitellio di Cityopensource coinvolge gli oltre 40 siti della rete Obvia-ExtraMANN. 



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