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Campania “gialla”. Lunedì 18 riapre il museo Archeologico nazionale. Possibile visitare collezioni permanenti e mostre in programma: Lucy, Etruschi, Heroes, Fuga dal museo. Omaggio ai primi visitatori. Il direttore Giulierini: “L’arte e la bellezza ci preparano alla rinascita. Il Museo sempre più vostro”

La locandina “Bentornati al Mann” per la riapertura del museo il 18 gennaio 2021

La Campania in “fascia gialla” e il museo Archeologico nazionale di Napoli da lunedì 18 gennaio 2021 riapre al pubblico. ”La riapertura dei musei nelle zone gialle,  con la massima attenzione alla sicurezza per visitatori e dipendenti, è un segnale fortissimo che ci fa  sentire tutti una orgogliosa comunità. Dove l’arte e la bellezza curano lo spirito e ci preparano alla rinascita.  In questi giorni difficili il vostro ‘Museo’ è ancora più vostro, dei cittadini di Napoli e della Campania. Vi invitiamo a viverlo in tranquillità, non solo come una casa accogliente, ma anche come il più straordinario dei viaggi, quello nella nostra storia. Bentornati”: così il direttore del Mann, Paolo Giulierini, anticipa il benvenuto ai visitatori che, dal 18 gennaio, torneranno a varcare la soglia del Mann. Lunedì 18, come segnale augurale, i primi venti visitatori del Museo avranno in dono la pubblicazione “E quindi uscimmo a riveder le stelle”, che racchiude il progetto di ricerca dedicato da Enzo Petito e Luigi Spina ai soffitti affrescati dell’Archeologico. Come previsto dalle disposizioni governative, il museo Archeologico nazionale di Napoli sarà aperto da lunedì al venerdì con i soliti orari (dalle 9 alle 19.30); il sabato e domenica, l’Istituto resterà chiuso. Nel rispetto della vigente normativa anti-Covid, grazie alle misure già adottate dopo il primo lockdown nazionale, sarà di nuovo possibile ammirare, in tutta sicurezza, le collezioni permanenti e le esposizioni del Museo.

Al Mann la mostra a fumetti “Lucy. Sogno di un’evoluzione” di Tanino Liberatore (foto Mann)

Tra le mostre, “percorribili” sino ad oggi solo in anteprima virtuale, da non perdere “Lucy. Sogno di un’evoluzione” di Tanino Liberatore. L’allestimento, realizzato in collaborazione con COMICON nell’ambito del progetti Obvia, è presentato nella sezione Preistoria e Protostoria del Mann: qui il “Michelangelo del Fumetto”, Tanino Liberatore, presenta i suoi lavori (disegni a matita e schizzi), ispirati ai ritrovamenti in Etiopia (1974) di un esemplare femminile di una giovane Australopithecus afarensis, capace già di camminare in posizione quasi eretta e chiamata Lucy dalla canzone Lucy in the Sky with Diamond dei Beatles.

Banner della mostra “Heroes of change” al museo Archeologico nazionale di Napoli: il cavaliere (foto mann)

Ancora un’incursione nell’arte contemporanea: nel Giardino delle Fontane del Museo, sono esposti i grandi stendardi dell’exhibit “Heroes of change”, promossa in rete con Amnesty International Italia per valorizzare le creazioni degli studenti della scuola “Nicolini- Di Giacomo” sui temi della Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Una vetrina della mostra “Gli Etruschi e il Mann” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Mann)

Da rivivere, naturalmente, il viaggio alla scoperta della grande mostra “Gli Etruschi e il MANN” che, con i suoi seicento reperti, in parte inediti, racconta il meltin’ pot culturale innestato dalla antica popolazione italica nella nostra regione. Per un’incursione nell’attualità, è ancora visibile “KENE/Spazio”, allestimento dedicato al progetto di inclusione sociale promosso in Mali dal giovane artista Mohamed Keita, mentre passeggiando nelle sale degli affreschi ci si potrà confrontare con le creazioni contemporanee di “Aritmia” di Andrea Anastasio.

L’allestimento della mostra “Fuga dal museo” di Dario Assisi e Riccardo Maria Cipolla nella galleria Principe di Napoli (foto Mann)

Dentro le sale dell’Archeologico con uno sguardo proteso verso la città: è stata prorogata, sino alla fine di febbraio, l’installazione in galleria Principe di Napoli dei fotomontaggi “Fuga dal Museo” di Dario Assisi e Riccardo M. Cipolla; le opere, in originale o riproduzione, contraddistinguono anche la rete dei Negozi Amici del Mann. I clienti dei punti vendita convenzionati (l’elenco degli esercizi è sul sito web del Museo), conservando lo scontrino del proprio acquisto, avranno ticket ridotto (8 euro) per l’Archeologico.

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Molto apprezzato l’abbonamento “Open Mann”, un unicum nei musei autonomi nazionali

Sempre sino alla conclusione di febbraio, sarà possibile aderire alla campagna promozionale degli abbonamenti OpenMANN (10 euro per adulto, 15 per coppia di over 25 anni, 5 per studenti universitari e giovani tra 18 e 25 anni non compiuti); i titolari di card in corso di validità riceveranno una dilazione dei termini di scadenza, dilazione corrispondente al periodo di chiusura dell’istituto.

Paleoantropologia. L’Australopithecus Sediba, l’ominide più vicino al genere Homo, vissuto due milioni di anni fa, scoperto in Sudafrica, non poteva masticare cibi duri: nella ricerca internazionale anche l’università di Bologna

Il cranio fossile di Australopithecus Sediba scoperto in Sudafrica nel 2008

Il cranio fossile di Australopithecus Sediba scoperto in Sudafrica nel 2008

La scoperta risale al 2008. Siamo in Sudafrica. Vicino a Johannesburg, nella grotta di Malapa, i paleoantropologi hanno rinvenuto il cranio fossile di Australopithecus Sediba, una specie pre-umana che visse circa due milioni di anni fa in Sud Africa, ritenuto uno dei principali antenati del genere Homo. Su quel cranio fossile gli studiosi hanno realizzato un modello digitale e ne hanno simulato la capacità di masticazione applicando una serie di metodi biomeccanici, simili a quelli comunemente utilizzati in campo ingegneristico per testare la resistenza alla rottura di costruzioni e macchinari come ponti, aeroplani, autovetture. E i risultati della ricerca, pubblicati nel febbraio 2016 sulla rivista “Nature communications”, sono stati davvero sorprendenti. Diversamente da alcune specie di Australopithecus che hanno fatto fronte ai cambiamenti ambientali avvenuti fra tre e due milioni di anni fa adattandosi a diete coriacee, il “sediba” ha rivelato un apparato masticatorio che limitava la sua capacità di masticazione: per lui niente gusci o cibi duri.

Lo studio pubblicato su Nature Communications sull'apparato masticatorio dell'Australopithecus Sediba

Lo studio pubblicato su Nature Communications sull’apparato masticatorio dell’Australopithecus Sediba

Le australopitecine – ovvero le specie di Australopithecus – si ritrovano tra i 4,2 milioni e i 2 milioni di anni fa (il più noto è l’Australopithecus Afarensis, di 3,4 milioni di anni fa, famoso col nomignolo di “Lucy”) e sebbene presentino alcuni tratti umani, come per esempio la capacità di camminare su due gambe, la maggior parte di loro non possiede altre caratteristiche tipiche dell’uomo, quali un grande cervello, faccia ortognata con riduzione della mandibola e dei denti, così come la capacità di utilizzare utensili. “Molte specie di Australopithecus presentavano sorprendenti adattamenti craniali, utili per processare cibi duri, ossia potevano sprigionare elevate forze durante la masticazione”, spiega David Strait, antropologo alla Washington University di St. Louis (Usa) e responsabile della ricerca. «Tuttavia”, continua Stefano Benazzi, paleoantropologo e ricercatore presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna (Campus di Ravenna) e co-autore dell’articolo, “i nostri risultati indicano che la morfologia dell’apparato masticatorio di Australopithecus sediba poneva grossi limiti durante la masticazione, perché se avesse utilizzato tutta la potenza dei suoi muscoli masticatori, avrebbe rischiato la lussazione della mandibola”.

L'antropologo Stefano Benazzi dell'università di Bologna

L’antropologo Stefano Benazzi dell’università di Bologna

I primi rappresentanti del genere Homo derivano quasi certamente da un’australopitecina e l’Australopithecus sediba è candidato per essere il diretto antenato. La ricerca pubblicata su “Nature Communications” non definisce il grado di parentela dell’Australopithecus sediba con il genere Homo, fornisce però importanti indicazioni sugli effetti che i cambiamenti della dieta hanno avuto per l’evoluzione del nostro genere. «Anche l’uomo infatti”, continua Stefano Benazzi, “presenta grosse limitazioni nel generare elevate forze masticatorie, e probabilmente questo caratterizzava anche i primi rappresentanti di Homo, così come alcune australopitecine. Ciò significa che mentre alcune australopitecine si sono evolute per massimizzare la capacità di masticare in modo energico, altre, tra cui quelle che hanno dato origine al genere Homo, si sono evolute nella direzione opposta. In definitiva, vari fattori ecologici devono aver modificato il comportamento alimentare e la dieta delle australopitecine, rivestendo quindi un ruolo fondamentale nell’origine del genere Homo”.