Archeologia subacquea in laguna di Venezia. Il team di Ca’ Foscari ha scoperto a Lio Piccolo, nel sito della villa romana, una vasca per l’acquacoltura dei molluschi con le ostriche di duemila anni fa eccezionalmente conservate
Gusci di ostriche di duemila anni fa a un metro e mezzo di profondità nella laguna di Venezia, in una vasca che probabilmente serviva per conservare i prelibati molluschi prima di essere degustati. Siamo nel sito lagunare di Lio Piccolo, nel comune di Cavallino Treporti, scoperto quasi venti anni fa dall’archeologo amatore Ernesto Canal. E l’ipotesi preliminare su cui sta lavorando il team interdisciplinare impegnato nei giorni scorsi nella seconda campagna di scavo archeologico subacqueo è che la struttura detta “Villa romana di Lio Piccolo” era dotata di piscine per l’acquacoltura, in particolare di ostriche. Le indagini sono state dirette da Carlo Beltrame, professore associato di archeologia marittima del Dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari Venezia, in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna. Il progetto di indagine, pluriennale, ha coinvolto anche studenti e studentesse con idoneo brevetto di subacqueo, che hanno avuto l’occasione di formarsi in condizioni di sicurezza. Inoltre, hanno partecipato l’impresa Idra di Venezia; Paolo Mozzi, geomorfologo e geoarcheologo del Dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova; e Elisabetta Boaretto, specialista in analisi al radiocarbonio del Weizmann Institute di Rehovot (Israele).

Le ostriche di duemila anni fa ritrovate sul fondo della vasca in mattoni per l’acquacoltura nel sito della villa romana di Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)
“Nel mondo romano”, spiega Carlo Beltrame, “le ostriche erano molto apprezzate e allevate, anche se forse già adulte, in Gallia e nella penisola italiane. Come ricorda Cicerone, famose erano quelle allevate nel Lago Lucrino da Sergio Orata. Gli autori antichi ci parlano anche delle ostriche dell’Istria ma non menzionano Altino, dove però ostriche sono emerse da vari scavi della città romana. Non stupisce quindi trovarle a Lio Piccolo, ossia in una località che in età romana doveva essere in prossimità del litorale, in condizioni ideali per la loro crescita”.

Ricerche subacquee dei ricercatori dell’università Ca’ Foscari nel sito della villa romana di Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)
La prima campagna si era svolta esattamente un anno fa e aveva permesso di mettere in luce alcune strutture murarie e palificate segnalate da Canal a poche decine di metri dall’argine di Lio Piccolo lungo Canale Rigà. Questa nuova breve campagna ha permesso di chiarire l’interpretazione e la datazione di quanto visto nel 2021. Il fondale conserva una vasca in mattoni sesquipedali di forma rettangolare databile, anche sulla base di analisi al radiocarbonio, al 1° e 2° secolo d.C. In età romana, la struttura era sommersa e serviva per la conservazione, forse poco prima della consumazione, di ostriche. Questi molluschi si sono infatti eccezionalmente conservati sul fondo della vasca. Le ostriche verranno ora studiate da Davide Tagliapietra di Cnr-Ismar. La presenza di un gargame in legno, che doveva suddividere lo spazio per mezzo di una saracinesca, fa pensare peraltro che questa non fosse l’unica specie ospitata nella vasca.

Spalletta della vasca in mattoni usata duemila anni fa per l’acquacoltura delle ostriche a Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)
Ostriche e affreschi per una villa di pregio. Gli studiosi hanno rinvenuto delle strutture fondazionali ad una profondità minore rispetto al livello del medio mare. Si tratta di fitte palificate infisse su un fondale argilloso compatto che sostenevano dei camminamenti in mattoni rivestiti di cocciopesto. Numerosi resti di affreschi di pregio, in corso di analisi ad opera di Alessandra De Lorenzi, chimico-fisica dell’ateneo veneziano, e di mosaici bianchi e neri completano il quadro. Secondo l’ipotesi preliminare del team di studiosi, ci troviamo di fronte a una villa marittima di un certo livello dotata di piscine per l’allevamento ittico. L’applicazione, in via sperimentale, della tecnica fotogrammetrica subacquea, condotta da Elisa Costa, assegnista di ricerca del Dipartimento di Studi umanistici dell’ateneo veneziano, sta dando ottimi risultati anche in queste acque a bassissima visibilità permettendo di documentare al meglio le strutture sommerse individuate.

Pali di fondazione e resti di pavimento in mattoni nel sito della villa romana di Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)
Il progetto riguarda la portualità di Altino. Questo sito si inserisce nel progetto di archeologia dei paesaggi lagunari condotto da Carlo Beltrame in collaborazione con Paolo Mozzi e incentrato sulla ricostruzione della dimensione portuale di Altino. Negli ultimi due anni sono già stati oggetto di indagine il cosiddetto torrione romano, dimostratosi in realtà una cisterna di tipologia estremamente simile a quelle “alla veneziana” come quella, già nota, di Ca’ Ballarin (molto vicina alla villa di Lio Piccolo). È stato inoltre indagato un piccolo molo in opera pozzolanica, sempre di età imperiale romana, forse di servizio alla cisterna di Ca’ Ballarin, anch’esso a poche centinaia di metri dalla villa romana. Parte integrante del progetto sono anche le ricerche “terrestri” sull’area del porto urbano di Altino in località Vallerossa dove è stata indagata la grande darsena ad elle, di un ettaro di superfice, collegata al Sioncello, già nota da precedenti ricerche del Dipartimento di Geoscienze dell’ateneo patavino. “Le quote di giacitura di queste strutture sommerse – conclude Beltrame – sono preziosissimi markers per studiare il fenomeno dell’innalzamento relativo del livello del mare nelle sue due componenti eustatiche (innalzamento o abbassamento a scala globale del livello medio dei mari, non dipendente cioè da fenomeni locali) e di subsidenza regionale che, sommate, hanno portato gli edifici romani ad una sommersione di oltre due metri rispetto al livello del medio mare attuale”.
Veneto. Monitorato e georeferenziato il patrimonio culturale riemerso nelle acque interne per la siccità grazie alla collaborazione tra soprintendenza e carabinieri Tutela patrimonio culturale: ricognizioni nei fiumi Brenta, Bacchiglione, Piave e Adige, sul lago di Garda, e nel braccio di mare tra Malamocco ed Eraclea
La crisi idrica che ha colpito l’Italia e in particolare anche il Veneto ha esposto il patrimonio culturale sommerso nelle acque interne a una repentina esposizione. La proficua collaborazione tra il Servizio tecnico per l’Archeologia subacquea presso la soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno Padova e Treviso, con il coordinamento del funzionario archeologo Alessandro Asta, i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio culturale di Venezia, in aderenza al D.M. 05.03.1992 dell’allora ministero per i Beni culturali ed ambientali, con il supporto logistico ed operativo dei Nuclei elicotteri Carabinieri di Belluno e Bolzano, del Nucleo Carabinieri subacquei di Genova e del Nucleo natanti Carabinieri di Venezia, ha permesso di accertare lo stato del patrimonio conosciuto, acquisire elementi informativi su nuove emersioni ed effettuare attività preventiva sui siti.
Il Servizio tecnico per l’Archeologia subacquea della soprintendenza per l’Area metropolitana di Venezia, diretto da Alessandro Asta (alessandro.asta@cultura.gov.it) e i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio culturale di Venezia (tpcvenu@carabinieri.it), rimangono disponibili per la raccolta di ogni utile informazione/segnalazione nonché per la promozione di puntuali indicazioni per una pronta tutela dei siti subacquei, in questo momento particolarmente drammatico per i nostri corsi d’acqua, a fronte di un patrimonio culturale subacqueo capillarmente diffuso e di rilevante livello.

Affioramenti sul fiume Brenta a Limena (foto sabap-ve / Tpc)
Il dispiegamento dei mezzi aerei e dei natanti nei mesi di aprile, maggio e luglio 2022, per complessive 40 ore di navigazione aerea e navale e 12 ore di immersione, hanno supportato l’attività di ricognizione, documentazione fotografica e georeferenziazione delle installazioni oggetto di tutela nonché l’accertamento delle segnalazioni giunte alla soprintendenza da enti pubblici e cittadini. Le risultanze emerse sia a seguito dell’abbassamento del livello dei fiumi e dei laghi, in particolare sui tratti mediani e terminali dei fiumi Brenta, Bacchiglione, Piave e Adige e sul Lago di Garda, e relitti ricompresi nel braccio di mare tra Malamocco ed Eraclea, vengono ora valutati nelle loro attuali condizioni per la loro migliore tutela e valorizzazione.

Affioramenti sul fiume Adige ad Albaredo (foto sabap-ve / Tpc)
Una particolare criticità è emersa lungo il fiume Adige, tra Verona e Legnago, dove sono stati documentati resti di strutture verosimilmente appartenenti sia ad età antica che medievale-rinascimentale, oltre a relitti di età moderna. Per quanto concerne i fiumi Brenta e Piave, le condizioni drastiche di secca non hanno condotto all’emersione di siti strutturati o di relitti ma rimane altissima la probabilità di ritrovamenti di minori dimensioni, in considerazione della vasta antropizzazione del territorio fin dall’età del Bronzo. Analogamente il corso del Bacchiglione, fra i comuni di Montegalda (Vi) e Selvazzano Dentro (Pd) è stato oggetto di monitoraggio per l’alta potenzialità archeologica dell’area, suscettibile di ulteriori disvelamenti nel medio termine in costanza di criticità idrica.
Sul fronte marittimo le attività hanno riguardato il controllo della condizione di conservazione di relitti già conosciuti ed attività preventiva di documentazione della mancanza di condotte criminose in danno del patrimonio, in particolare in Venezia (loc. Santa Maria del Mare e San Nicoletto) ed Eraclea.
Sicilia. Scoperta nave romana del IV-V secolo carica di anfore nel mare delle Egadi nell’ambito della campagna di ricerca dell’università di Malta con l’R/V Hercules della Rpm Nautical Foundation coordinata dalla Soprintendenza del Mare. Valeria Li Vigni: “Scoperta eccezionale. Il mare delle Egadi racconta la storia della Sicilia e del Mediterraneo”
Due campagne di ricerca subacquea, a novembre 2020 e a luglio 2021, con un side scan sonar a bordo della nave da ricerca Hercules nello specchio d’acqua delle isole Egadi per una nuova importante scoperta di archeologia subacquea: una nave romana del IV-V secolo d.C. con un carico integro di anfore del tipo Almargo 51c di origine della penisola Iberica, adagiata sul fondale marino a 98 metri di profondità. La campagna di ricerca nel mare delle Egadi è stata coordinata dalla soprintendenza del Mare della Regione Siciliana in collaborazione con la Rpm Nautical Foundation, organizzazione no-profit di ricerca archeologica e di istruzione che dal 2005 sostiene la ricerca archeologica marittima della Regione Siciliana e l’università di Malta con l’R/V Hercules, dotato di un sistema di posizionamento dinamico e di capacità di elaborazione dati avanzate che includono un centro di controllo dati all’avanguardia; e di un adeguato spazio sul ponte e di sistemi di sollevamento per trasportare e dispiegare navi ausiliarie, nonché di un sistema Nitrox integrato per operazioni multi-sub. “L’eccezionale scoperta”, osserva Valeria Li Vigni, soprintendente del Mare, “è una conferma di quanto già sostenuto dalla soprintendenza del Mare sin dai tempi di Sebastiano Tusa che aveva indicato nel mare delle Egadi una fonte inesauribile di microstorie che ci portano verso la conoscenza della Storia, non solo della Sicilia ma del Mediterraneo”. E l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà: “Questa scoperta è l’ennesima dimostrazione di un lavoro incessante che prosegue sui nostri fondali per scoprire nuovi siti archeologici sommersi e ricostruire le vicende dell’antichità. L’uso sempre più frequente delle nuove tecnologie nel campo della ricerca subacquea sta consegnandoci soddisfacenti risultati aprendo il Mediterraneo ad una lettura più ampia e dettagliata. La Sicilia, infatti, è un prezioso scrigno di tesori il cui valore è quello di arricchire di dettagli la narrazione sui movimenti nel Mediterraneo in un tempo in cui la Sicilia si trovava strategicamente al centro di relazioni internazionali, di commerci e scambi”. Le numerose rilevazioni (strisciate), effettuate con avanzati strumenti di robotica quali l’Auv (autonomous underwater vehicle) e il Rov (remotely operated vehicles), hanno consentito di delineare in dettaglio il relitto con il suo carico di anfore la cui restituzione in 3D verrà realizzata nel 2022 dalla SopMare e l’università di Malta, grazie al professor Timmy Gambin e alla RPM in una campagna di misura.
“Il patrimonio sommerso. Un museo sul fondo del mare” vince l’Aquileia Film Festival 2021. Grande partecipazione per Alberto Angela in collegamento. E ora due serate con film fuori concorso “Il Patriarcato di Aquileia” e “Le città ideali”


Alberto Angela protagonista della terza serata dell’archeologia all’Aquileia Film Festival 2021 (foto fondazione aquileia)
“Un’immersione per immagini e suoni nell’archeologia subacquea, divulgata al grande pubblico con un originale impianto narrativo”: comincia così la motivazione con la quale la giuria, composta da Dario Di Blasi (direttore Firenze Archeofilm), Marco D’Agostini (regista), Luca Villa (archeologo), Simonetta Di Zanutto (giornalista e travel blogger), Lorenza Cesaratto (FVG Social Ambassador), ha deciso all’unanimità di premiare vincitore dell’Aquileia Film Festival 2021 “Il patrimonio sommerso. Un museo sul fondo del mare”, di Eugenio Farioli Vecchioli e Marta Saviane, produzione: RAI Cultura; consulenza scientifica: Luca Peyronel. La proclamazione all’interno di una serata speciale, la terza dedicata all’archeologia, con la straordinaria partecipazione di Alberto Angela in collegamento, seguito dalle due piazze di Aquileia riservate al Film Festival tutte esaurite, e più di 4mila utenti unici collegati in streaming da tutta Italia. Ma l’Aquileia Film Festival non si ferma. Lunedì 2 e martedì 3 agosto 2021 sono in programma due serate fuori-concorso moderate dalla scrittrice e giornalista Elena Commessatti. Per tutte le serate è obbligatoria la prenotazione on-line per partecipare: la procedura è molto semplice, è sufficiente andare sul sito www.fondazioneaquileia.it, compilare il form con nome, cognome, mail e telefono, selezionare la serata e inviare. In risposta si riceverà una mail con il biglietto d’ingresso e il posto assegnato da esibire anche su smartphone ai varchi d’ingresso. I posti verranno assegnati in ordine cronologico di arrivo delle prenotazioni.

Lunedì 2 agosto 2021 ci sarà la proiezione in prima assoluta del documentario “Patriae. Viaggio nel patriarcato di Aquileia” di Marco D’Agostini (Italia 2021, 50’), prodotto da All e Arlef. Patriae è il viaggio di Carolina, una ragazza di 14 anni che svolge una ricerca sul Patriarcato di Aquileia e raccoglie sul territorio i passaggi più significativi di oltre tre secoli di storia (1077-1420). Dalla fondazione al suo progredire come entità politico-religiosa fluida, sintesi tra centro e periferie, città e contado, fino al suo declino dovuto anche all’alleanza di parte della nobiltà friulana con i veneziani. Nella successione di queste cornici narrative, la protagonista incontra le figure simbolo associabili a ogni periodo, immagina costruzioni e agguati, osserva opere d’arte e monumenti, ascolta le parole degli esperti. Alla proiezione del film seguirà una conversazione con Marco D’Agostini e Angelo Floramo a cura di Elena Commessatti. “Patriae – Viaç tal Patriarcjât di Aquilee”, scrive Marco D’Agostini, “è un docufilm nato da un’idea dall’Associazione Laureati in Lingue (ALL) dell’università di Udine e che poi si è ingrandito diventando una produzione a tre con Informazione Friulana e Arlef e con il supporto di Regione FVG, Fondazione Aquileia, Fondazione Friuli. Fin dall’inizio l’intento è stata la divulgazione alle giovani generazioni di un periodo storico che si conosce poco: il patriarcato di Aquileia (1077-1420). Per farlo abbiamo scelto come protagonista una ragazza di 14 anni (Carolina De Clara) che deve compiere una ricerca scolastica e nel suo viaggio incontra una serie di personaggi e artisti che testimoniano le loro esperienze e le raccontano aneddoti e approfondimenti sul periodo storico di riferimento. Pur avendo una chiave divulgativa, il docufilm è in realtà destinato a tutti gli spettatori interessati ad approfondire un periodo importante e poco conosciuto. Come per Incanto (2019) e altri progetti, ho cercato di utilizzare più linguaggi (doc, animazione, fiction) per dare ritmo, dimensione e profondità alle vicende narrate. Il documentario – continua – è costituito da 3 episodi narrativi che rappresentano le 3 fasi del Patriarcato (nascita e primi cento anni, Aquileia; fase centrale: i castelli e la vita quotidiana; declino e avvento di Venezia) per ognuno dei quali c’è un approfondimento su un Patriarca di riferimento e su aspetti peculiari di questa forma amministrativa-politica originale e unica in Europa. Abbiamo inoltre deciso di utilizzare la lingua friulana per contestualizzare e caratterizzare ancor di più fatti storici e di vita. Tra i “personaggi” coinvolti oltre ai protagonisti Carolina De Clara e Luca De Clara: Angelo Floramo, Fabiano Fantini, Glauco Venier, Claudio Zinutti”. Dopo l’anteprima del 2 agosto 2021 all’Aquileia Film Festival, il docufilm inizierà il suo percorso distributivo in Università, Istituti scolastici, centri culturali, Tv, rassegne e festival, piattaforme online.

Martedì 3 agosto 2021, sempre alle 21, proiezione del docu-film prodotto da RTV Slovenija che racconta “Le città ideali” per la regia di Amir Muratović (Slovenia 2019 – 2020, 53’). Nella pianura friulana e lungo il confine sloveno, sono nati – in tempi diversi e con motivazioni diverse – molti insediamenti progettati seguendo il modello di città ideale. Una città ideale è un modello utopico che attraversa tutta la storia dell’umanità. In un raggio di quaranta chilometri troviamo Aquileia, Gradisca d’Isonzo, Palmanova, Torviscosa e Nova Gorica: città create a partire da un progetto unitario, innestate su reticoli geometrici di strade, in mezzo a campi infiniti. Nel documentario la storia delle città s’intreccia con la vita dei loro abitanti. A seguire conversazione a cura di Elena Commessatti con il regista del film.

Ma torniamo alle premiazioni dell’Aquileia Film Festival 2021 vinto dal film “Il patrimonio sommerso. Un museo sul fondo del mare”, di Eugenio Farioli Vecchioli e Marta Saviane, con questa motivazione: “Il lungometraggio è un’immersione per immagini e suoni nell’archeologia subacquea, divulgata al grande pubblico con un originale impianto narrativo. I diversi capitoli legati alla ricerca archeologica in diverse zone d’Italia permettono di svelare originali e profonde storie di vita. Tra queste un giusto e importante tributo è riservato a Nino Lamboglia, figura decisiva per l’archeologia italiana. Dal punto di vista tecnico è utilizzato al meglio lo spettro degli strumenti del linguaggio audiovisivo: regia, fotografia, grafiche animate e montaggio”.

La giuria ha deciso inoltre all’unanimità di premiare con una menzione speciale “Choquechirao, la geografia sacra degli Incas” di Agnes Molia e Nathalie Laville (Francia 2017, 26’). “Il documentario consente di far conoscere agli spettatori un luogo poco noto ma di grande fascino. Raccontato con un’ottima fotografia e una narrazione coinvolgente, il cortometraggio si insinua in una zona del territorio peruviano mostrando elementi affascinanti e originali. Il tutto in un flusso ritmato e coinvolgente”.
Venezia. L’università Ca’ Foscari indaga la villa romana di Lio Piccolo, residenza di pregio (I sec. d.C.) connessa allo sfruttamento delle risorse locali. Al via i primi rilievi subacquei con l’archeologo Carlo Beltrame. Scavo terrestre a settembre. Studio sull’antico litorale e il paleo-ambiente

Primi rilievi sulla parte sommersa della villa romana avviati in questi giorni dall’archeologo subacqueo Carlo Beltrame, professore di Archeologia marittima, per verificare la possibilità di comprendere meglio le strutture visibili sul lato del canale Rigà, nell’ambito di un progetto di ricerche archeologiche, anche subacquee, che mette in sinergia il Comune di Cavallino-Treporti e l’università Ca’ Foscari di Venezia. Partono così gli studi e la ricerca archeologica per consentire la scoperta del passato di Lio Piccolo, il borgo immerso nella laguna di Venezia, patrimonio dell’UNESCO, per restituire al presente i reperti e le strutture pertinenti la villa romana del borgo. Il Comune di Cavallino-Treporti ha deciso di conoscere meglio l’estensione e l’articolazione di questa struttura e, in collaborazione con il dipartimento di Studi umanistici di Ca’ Foscari, ha avviato un progetto di ricerca sul sito della villa stessa, al fine di comprendere quanto si conservi ancora di questo antico insediamento. Una di queste ville costiere è già stata al centro della narrazione archeologica della mostra 2019 “Vivere d’Acqua, archeologie tra Altino e Lio Piccolo”. “Approfondire il passato e la cultura di questo luogo per Cavallino-Treporti è di fondamentale importanza perché Lio Piccolo raccoglie in sé moltissima storia. Quella della ricerca con l’università è uno dei punti focali per partire anche con un grande progetto di tutela, salvaguardia e riqualificazione di questo sito. Dopo anni essere riusciti ad avviare le ricerche archeologiche per noi è una grande soddisfazione e un nuovo punto di partenza per tracciare il percorso delle nostre origini”, afferma l’assessore comunale alla cultura Alberto Ballarin. “Lio Piccolo diventerà quindi un’aula a cielo aperto: in questi giorni infatti sono coinvolti studenti e ricercatori brevettati che hanno qui un’occasione unica di formazione in un ambiente di lavoro a bassissima visibilità e che potranno confrontare la metodica di ricerca sott’acqua con quella a terra, applicata sullo stesso monumento. Contestualmente agli scavi saranno organizzate visite guidate su prenotazione, per coinvolgere in queste attività anche i residenti e gli ospiti di Cavallino-Treporti, in un percorso esperienziale storico-culturale”.

“La villa romana di Lio Piccolo è un sito archeologico di grande interesse scoperto da Ernesto Canal. Scopo della nostra missione”, afferma Beltrame, “è verificare le indicazioni di Canal, eseguire i rilievi delle strutture sommerse e procedere a dei saggi di scavo per conoscere la potenza del deposito stratigrafico e cercare di interpretare meglio questo sito e di dare una datazione più precisa”. Spiega Diego Calaon, professore di Topografia antica a Ca’ Foscari e direttore degli scavi assieme alla collega Daniela Cottica, professoressa di Archeologia classica: “Gli eccezionali rinvenimenti di frammenti di decorazione architettonica, affreschi e reperti pertinenti alla villa romana di Lio Piccolo ci restituiscono il quadro di una residenza di un certo pregio, probabilmente connessa allo sfruttamento delle risorse locali, databile al I secolo d.C. e in uso per alcune generazioni”.
Lo scavo terrestre stratigrafico sarà effettuato nel mese di settembre 2021. Scavi archeologici realizzati in concessione del ministero della Cultura – direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, che uniranno le informazioni già acquisite nel passato per aggiornarle con nuove indagini, per conoscere nel dettaglio la qualità della cultura materiale del sito, gli aspetti decorativi e lo stato di conservazione delle strutture pertinenti la villa romana di Lio Piccolo. Tutte le attività di indagine archeologica saranno eseguite in regime di concessione e vedranno il supporto attivo e l’alta sorveglianza dei funzionari archeologi della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il comune di Venezia e Laguna. Il progetto prevede anche uno studio dettagliato dell’antico litorale di Lio Piccolo e del paleo-ambiente circostante, con particolare interesse per la ricostruzione del profilo vegetazionale e per lo studio dell’interazione uomo-ambiente. Le indagini bio-ambientali e geomorfologiche saranno eseguite anche in collaborazione con docenti e ricercatori delle università di Pisa, Bologna, Aix-Marseille e con il centro Agricoltura Ambiente “Giorgio Nicoli”. Un ulteriore obiettivo di progetto sarà poi inserire la villa romana di Lio Piccolo all’interno del contesto lagunare più ampio, approfondendo i rapporti fra la villa ed il centro urbano di riferimento, la vicinissima Altino.
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