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Ustica (Pa). Al via l’Ustica Archeofilm 2025 – Festival internazionale del cinema di archeologia e ambiente nell’ambito della III Rassegna del Mare “Sebastiano Tusa”, promosso da Fondazione Sebastiano Tusa, Archeologia Viva e Firenze Archeofilm. Ecco il programma

Nella piazza centrale dell’isola di Ustica (Pa) nell’ambito della III Rassegna del Mare “Sebastiano Tusa”, alle 20, dal 17 al 19 settembre 2025, è il programma l’Ustica Archeofilm 2025 – Festival internazionale del cinema di archeologia e ambiente con l’attribuzione del “Premio Ustica Archeofilm 2025” per il film più votato dal pubblico. Evento organizzato da Fondazione Sebastiano Tusa, Archeologia Viva e Firenze Archeofilm. Selezione filmati e archivio cinematografico a cura di Firenze Archeofilm. Ingresso libero.

Frame del film “Saving Venice / Salvare Venezia” di Duncan Bulling

MERCOLEDÌ 17 SETTEMBRE 2025. Il film “Saving Venice” di Duncan Bulling (Regno Unito, 54’). Venezia è minacciata dal cambiamento climatico. Il livello del mare sta aumentando rapidamente. Le inondazioni stanno diventando sempre più frequenti ed estreme. A ogni inondazione, è sempre di più il sale che impregna gli edifici storici della città erodendo i mattoni, la malta e la pietra. L’esistenza stessa di Venezia è in bilico. Riusciranno scienziati e ingegneri a trovare il modo di proteggere questo gioiello unico di architettura, bellezza e cultura prima che sia troppo tardi?

Frame del film “I leoni di Lissa” di Nicolò Bongiorno

GIOVEDÌ 18 SETTEMBRE 2025. Il film “I leoni di Lissa” di Nicolò Bongiorno (Italia/Croazia, 76’). Il documentario evoca la storia della leggendaria battaglia navale di Lissa (1866), scontro simbolo e icona della marineria moderna. Attraverso un mosaico di suggestioni visive, storiche e mitologiche, lo spettatore viaggia con grandi maestri dell’esplorazione subacquea fino al grembo profondo di un capitolo dimenticato dell’Unità d’Italia. Un’immersione di grande importanza scientifica e archeologica, raccontata come una fiaba moderna.

Frame del film “Il patrimonio sommerso. Un viaggio sul fondo del mare” di Eugenio Farioli Vecchioli e Marta Saviane

VENERDÌ 19 SETTEMBRE 2025. Il film “Il relitto della Dieppoise. Nuova Caledonia” di Nicolas Job (Nuova Caledonia, 3’). Immersione sul relitto della Dieppoise, affondata a 26 metri di profondità nella splendida Laguna della Nuova Caledonia. A fare da guida in questo breve tour sottomarino la grande varietà di pesci e coralli che lentamente si sono riappropriati del loro ambiente, andando a riabitare un relitto trasformato in una formidabile scogliera artificiale. Segue il film “Il patrimonio sommerso. Un museo sul fondo del mare” di Eugenio Farioli Vecchioli, Marta Saviane (Italia, 60’). Un viaggio alla scoperta dello straordinario patrimonio sommerso dei nostri mari. Dalle meraviglie della città sommersa di Baia alla storia della nave romana di Albenga. Dal satiro danzante di Mazara del Vallo ai rostri navali della battaglia delle Egadi, nell’isola di Levanzo. Le pagine più importanti dell’archeologia subacquea italiana: dal lavoro pionieristico di Nino Lamboglia a quello dell’archeologo Sebastiano Tusa. Chiude la serata e il festival la Cerimonia di premiazione con l’attribuzione del “Premio Ustica Archeofilm 2025” per il film più votato dal pubblico.

Bacoli (Na). Aperto al parco di Villa Ferretti, in un bene confiscato alla Camorra, il nuovo Ufficio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza: un presidio per la tutela e la valorizzazione del patrimonio sommerso lungo le coste flegree e campane

Aperto a Bacoli il nuovo ufficio di Archeologia subacquea delal soprintendenza (foto sabap-na)

Dal 30 luglio 2025, nel parco di Villa Ferretti, in via Lucullo a Bacoli (Na), c’è il nuovo Ufficio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza per l’Area Metropolitana di Napoli. L’apertura di questa sede rappresenta un momento di grande rilevanza per il territorio dei Campi Flegrei e per l’intero panorama nazionale della tutela archeologica. La nascita di questa sede operativa, nel cuore dei Campi Flegrei, rappresenta un evento di straordinario rilievo culturale, scientifico e istituzionale, con implicazioni concrete per il futuro della tutela dei beni archeologici sommersi lungo le coste flegree e campane. Il nuovo ufficio, ospitato all’interno di un bene confiscato alla camorra e concesso in comodato d’uso gratuito dal Comune di Bacoli, opererà in stretta connessione con amministrazioni locali, università, centri di ricerca e comunità, promuovendo azioni concrete di monitoraggio, conservazione e fruizione sostenibile dei contesti archeologici subacquei, e sarà un punto di riferimento per la ricerca, la conservazione e la valorizzazione dei siti archeologici sommersi, con particolare attenzione ai ricchissimi fondali dell’area flegrea, tra i più significativi del Mediterraneo.

Inaugurazione dell’ufficio di Archeologia subacquea a Bacoli: da sinistra, Simona Formola, Paola Ricciardi, Josi Gerardo Della Ragione e Mariano Nuzzo (foto sabap-na)

All’inaugurazione hanno preso parte Paola Ricciardi, soprintendente ABAP per l’area metropolitana di Napoli e Mariano Nuzzo, soprintendente ABAP per le Province di Caserta e Benevento e già soprintendente ABAP per l’area metropolitana di Napoli; Josi Gerardo Della Ragione, sindaco di Bacoli, e Simona Formola, funzionaria archeologa responsabile per il settore dell’archeologia subacquea.

L’ufficio di Archeologia subacquea nel parco di Villa Ferretti a Bacoli (foto sabap-na)

La sede operativa si colloca significativamente in un luogo d’eccellenza, il Parco di Villa Ferretti, e in un punto nevralgico del tessuto urbano antico, perché immediatamente prospiciente le rilevanti strutture archeologiche sommerse della Villa di P. Cornelio Dolabella, alle pendici del Castello Aragonese di Baia. L’istituzione dell’Ufficio di Archeologia Subacquea a Bacoli segna un punto di svolta: per la prima volta, la Soprintendenza istituisce una sede operativa stabile dedicata esclusivamente alla gestione del patrimonio subacqueo. Il nuovo ufficio avrà competenze specifiche su: pianificazione e direzione di campagne di scavo e documentazione subacquea; attività di tutela, vigilanza e monitoraggio; progetti di restauro in situ; promozione di percorsi di visita e fruizione controllata; formazione, didattica e collaborazione con enti scientifici, università e organismi internazionali.

Ufficio di Archeologia subacquea a Bacoli: da sinistra, Mariano Nuzzo, Josi Gerardo Della Ragione e Paola Ricciardi (foto sabap-na)

“L’inaugurazione di questa sede operativa, fortemente voluta e alla quale stiamo lavorando da oltre un anno e mezzo, rappresenta un passo fondamentale verso una gestione più diretta, efficace e consapevole del patrimonio sommerso dell’area flegrea”, dichiara il soprintendente Mariano Nuzzo. “In un contesto unico al mondo per stratificazione storica e ricchezza archeologica, caratterizzata da contesti sommersi di eccezionale complessità e vulnerabilità, la presenza stabile della Soprintendenza sul territorio consentirà interventi più tempestivi ed efficaci in materia di conservazione, monitoraggio e valorizzazione. Questo presidio operativo garantirà inoltre una maggiore integrazione tra ricerca scientifica, governance territoriale e fruizione pubblica del patrimonio subacqueo. Il mare, da sempre confine e risorsa, torna oggi al centro della nostra attenzione culturale e identitaria”. “Accogliere a Bacoli la sede dell’Ufficio di Archeologia Subacquea è motivo di grande orgoglio per la nostra comunità”, dichiara il sindaco di Bacoli, Josi Gerardo della Ragione. “Questa inaugurazione rappresenta non solo un riconoscimento del valore storico e culturale del nostro territorio, ma anche una straordinaria opportunità di crescita. Il presidio stabile della Soprintendenza rafforza la rete di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico flegreo, in particolare quello sommerso, che costituisce una delle risorse più identitarie e distintive del nostro mare. Sarà anche un volano per la promozione di un turismo culturale sostenibile e per il coinvolgimento attivo dei cittadini nella salvaguardia della memoria storica”.

Firenze. A Spazio Libri di TourismA 2024 presentato il libro “Per aquam ad astra. Studi di archeologia delle acque in onore di Luigi Fozzati” (Sap libri) a cura di Alessandro Asta e Massimo Capulli

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Tourisma 2024: “Spazio Libri”, la nuova sezione curata da Massimo Cultraro (cnr-ispc) (foto AV

TourismA 2024 ha ospitato una nuova sezione, “Spazio libri”, dove sono state illustrate, alla presenza degli autori, le ultimissime novità editoriali riguardanti la comunicazione del passato e le grandi personalità che hanno fatto la storia, in un dialogo-confronto con il curatore della sezione, Massimo Cultraro, archeologo, dirigente di ricerca al Cnr-Ispc di Catania; docente di Archeologia egea e Preistoria del Mediterraneo nelle università di Palermo, Messina e Salerno; visiting professor alla Brown University di Providence (USA). Sabato 24 febbraio 2024, Massimo Cultraro con Massimo Capulli, docente di Metodologia della ricerca archeologica all’università di Udine, co-autore insieme ad Alessandro Asta, funzionario archeologo della soprintendenza Abap di Venezia, il libro “Per aquam ad astra. Studi di archeologia delle acque in onore di Luigi Fozzati” (Sap libri).

Per aquam ad astra”, sintetizza Massimo Capulli per archeologiavocidalpassato.com, “si inserisce nella lunga tradizione di libri che vengono fatti in onore di grandi studiosi da parte degli allievi. Io e Alessandro Asta, che è funzionario della soprintendenza a Venezia, mentre io insegno a Udine, siamo forse tra i primi allievi di Luigi Fozzati. Io sono stato il suo primo laureato quando insegnava a contratto a Venezia, e Alessandro Asta ha preso il suo posto in soprintendenza.

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Copertina del libro “Per aquam ad astra. Studi di archeologia delle acque in onore di Luigi Fozzati” a cura di Alessandro Asta e Massimo Capulli (Sap libri)

“E così – continua – abbiamo deciso di dedicargli un volume andando a collezionare i contributi di colleghi e amici che hanno incrociato la sua lunghissima carriera all’interno del ministero. È stato un lavoro complesso perché significava andare a ritrovare persone con cui noi non abbiamo avuto a che fare direttamente, persone che hanno lavorato con lui in soprintendenza quando era in Piemonte, persone che hanno lavorato con lui quando ancora prima di entrare nel ministero era cultore della materia all’università di Roma, all’istituto Orientale di Preistoria. Molte persone sono andate in pensione, e quindi bisognava cercare le e-mail: cose anche un po’ pratiche. Però alla fine siamo riusciti a mettere insieme ben 61 contributi che si condensano in 540 pagine. Quindi un volume assolutamente corposo che riflette un po’ quelle che sono le anime di Luigi Fozzati. Quindi, al di là di una introduzione di tipo biografico curata dall’ex direttore generale Luigi Malnati e dal fratello di Fozzati, Giorgio Fozzati, c’è tutta una parte dove lui ha lavorato a lungo: quindi Venezia e laguna, dove è stato direttore di Nausicaa; la regione Friuli-Venezia Giulia, dove ha finito la sua carriera come soprintendente; e poi ci sono altre aree tematiche che sono l’archeologia costiera del Mediterraneo, l’archeologia umida e lacustre, studi di carattere generale, e ultimi ma non ultimi – conclude – anche i contributi di colleghi stranieri che hanno voluto scrivere in onore di Luigi: grandissimi studiosi come Xavier Nieto, Katerina Dalla Porta, Eric Rieth, insomma persone che hanno segnato pagine molto importanti dell’archeologia subacquea mondiale”.

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Luigi Fozzati uno dei curatori della mostra “Thalassa” al Mann (foto graziano tavan)

Luigi Fozzati (Ivrea, 21 giugno 1951) archeologo subacqueo, antropologo del mare e delle acque. Laureatosi nel 1973 all’università di Torino, dopo un breve periodo come assistente all’università La Sapienza di Roma (1976-‘79), nel 1979 entra a far parte della soprintendenza per i Beni archeologici del Piemonte, prima come ispettore archeologo e poi archeologo direttore, ruolo che ricoprirà successivamente anche alla soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto (1993-2008), dove darà vita al Nucleo Archeologia Umida Subacquea Italia Centro Alto Adriatico (NAUSICAA), e infine sarà soprintendente per i Beni archeologici del Friuli Venezia Giulia (2008-2016). Parallelamente come archeologo subacqueo farà parte del Servizio Tecnico per l’Archeologia Subacquea del ministero per i Beni e le Attività culturali (Roma, 1987-2016) e terrà anche l’insegnamento di Archeologia subacquea all’università Ca’ Foscari di Venezia (1994-2011). Già presidente nazionale dell’Associazione Italiana Archeologi Subacquei-AIASub (2003-2009) e socio fondatore dell’Istituto Italiano di Archeologia e Etnologia Navale, è attualmente membro dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee e socio fondatore dell’Istituto Italiano di Archeologia Subacquea.

Taranto. La soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo inaugura il catamarano Amphitrite, la prima imbarcazione per la ricerca archeologica subacquea battente bandiera italiana

taranto_castello-aragonese_catamarano-amphitrite_presentazione_locandinaDopo quarantasette anni, finalmente una imbarcazione per la ricerca archeologica subacquea, battente bandiera italiana, torna a solcare i mari. Giovedì 11 gennaio 2024, alle 11, al Castello aragonese di Taranto, grazie all’ospitalità della Marina Militare, la soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo inaugura il catamarano Amphitrite che sarà laboratorio scientifico e base appoggio per le attività di tutela, monitoraggio, studio e ricerca archeologica in mare. Parteciperanno i rappresentanti delle istituzioni civili, militari e religiose per la benedizione. Madrina di Amphitrite sarà la dirigente dell’UNESCO Krista Pikkat, director Culture and Emergencies and secretary of the 1954, 1970 and 2001 Conventions – Culture Sector UNESCO. Gli invitati, inoltre, potranno fare l’esperienza immersiva sul commercio marittimo del marmo grazie ai contenuti in 3D a 360 gradi visibili con l’uso di oculus (durata di 8 minuti circa).

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Il catamarano Amphitrite della soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo destinata alla ricerca subacquea (foto patrimonio subacqueo)

La soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo, con sede a Taranto, si è dotata di un catamarano battezzato Amphitrite che sarà utilizzato come laboratorio scientifico e base appoggio per le attività di tutela, monitoraggio, studio e ricerca archeologica in mare. Il catamarano Amphitrite è stato acquistato con i fondi dell’omonimo progetto “Amphitrite. Archeologia Subacquea per tutti nei Parchi Marini digitali. Monitoraggio, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale sommerso delle Aree marine protette di Portofino, Capo Testa – Punta Falcone, Parco sommerso di Baia, delle Isole Tremiti, Capo Rizzuto”, finanziato dal ministero della Cultura. Motto dell’imbarcazione è Profunda speculamur aequora, che, tradotto in italiano significa Esploriamo le profondità del mare.

Per l’occasione, con l’autorizzazione della Regione Lazio proprietaria dell’Opera, sarà proiettato il docufilm “Mare Nostrum. Storie dal mare di Roma” regia di Guido Fuganti, soggetto e sceneggiatura di Roberto Petriaggi, prodotto da Syremont SpA e Agorasophia Edutainment SpA, con fondi del FESR POR 2014-2020. Il docufilm, dopo la presentazione in prima nazionale a Roma, il 4 febbraio 2020 ai Mercati Traianei, fu ritirato quasi subito, per il divampare dell’epidemia di Covid 19. Sarà la prima volta che viene reso nuovamente fruibile, dopo la fine dell’emergenza. Della durata di circa 20 minuti, presenta il mondo della marineria romana, con particolare riguardo al commercio dei beni alimentari (grano, olio, vino ecc.)  e generi di lusso, tra i quali spicca il marmo impiegato per le costruzioni, attraverso l’interazione tra attori, interpreti di una storia ambientata a Roma al tempo di Traiano, e il narratore della stessa, impersonato dall’archeologo subacqueo Michele Stefanile. L’opera ha partecipato alla Rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea e alla XXIX Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto del 2020, dove è stata selezionata dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per essere proiettata negli Istituti italiani di Cultura nel mondo.

 

Egnazia (Br). Al museo Archeologico nazionale inaugurato l’acquario, parte integrante di “Egnazia e il mare”: percorso emozionale con focus sull’archeologia subacquea

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L’acquario aperto nella sezione “Egnazia e il mare” nel museo Archeologico nazionale di Egnazia (foto drm-puglia)

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L’acquario aperto nella sezione “Egnazia e il mare” nel museo Archeologico nazionale di Egnazia (foto drm-puglia)

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L’acquario aperto nella sezione “Egnazia e il mare” nel museo Archeologico nazionale di Egnazia (foto drm-puglia)

Oltre 30mila litri di acqua salata in cui nuotano pesci che popolano i bassi fondali sabbiosi del mar Adriatico oggi come di ieri; al centro, un grande dolium romano, recuperato in mare al largo di Monopoli: un contenitore anche da trasporto, utilizzato nelle stive delle navi onerarie romane per il commercio dell’olio e del vino. È l’acquario del museo nazionale e parco archeologico di Egnazia (Br) è stato inaugurato giovedì 9 novembre 2023 al museo Archeologico alla presenza del direttore generale Musei Massimo Osanna, del delegato alla direzione regionale Musei Puglia Francesco Longobardi, e del direttore del sito Fabio Galeandro. L’acquario, parte integrante di “Egnazia e il mare”, l’allestimento inaugurato un anno fa al piano interrato del museo, avrà una importante valenza didattica. Il percorso, anche emozionale, riserva particolare attenzione all’archeologia subacquea, formidabile strumento di conoscenza in grado di svelare, attraverso i naufragi e i carichi perduti, la storia di uomini e genti, e di ricostruire i paesaggi marini.

Levanzo (Tp). Nuovi ritrovamenti archeologici nei fondali, sito della Battaglia delle Egadi: recuperati altri due rostri in bronzo. Sono l’Egadi 26 e l’Egadi 27. E poi 15 elmi, 20 paragnatidi, una spada e, per la prima volta, 7 monete d’argento

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Egadi 27: è il 27° rostro in bronzo nei fondali di Levanzo (Tp) sito della battaglia delle Egadi del 241 a.C. (foto regione siciliana)

E sono 27! Parliamo dei rostri recuperati nei fondali di Levanzo (Trapani), sito della Battaglia delle Egadi. Sono passati quasi 20 anni, da quel lontano 2004, quando la “scoperta” del primo rostro delle Egadi nello studio di un dentista trapanese ad opera del nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri confermò al compianto Sebastiano Tusa che il luogo di rinvenimento, a poche miglia a Nord-Ovest del Capo Grosso di Levanzo, doveva essere proprio il teatro dello storico scontro navale delle Egadi tra la flotta cartaginese e quella romana che nel 241 a.C. segnò la fine alla prima guerra punica (vedi Recuperato nel mare di Levanzo il dodicesimo rostro che conferma l’ubicazione della battaglia delle Egadi del 241 a.C. tra romani e cartaginesi, che pose fine alla prima guerra punica a favore dei romani | archeologiavocidalpassato).

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Area della battaglia delle isole Egadi tra romani e cartaginesi nel 241 a.C.
L’archeologo Sebastiano Tusa, tragicamente scomparso in un incidente aereo nel marzo 2018

“I fondali delle Egadi”, dichiara l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato, “si confermano ancora una volta uno scrigno prezioso di informazioni per comprendere lo scontro navale tra romani e cartaginesi. La scoperta di Sebastiano Tusa continua ancora oggi a ricevere conferme sempre più importanti, avvalorando l’intuizione dell’archeologo prematuramente scomparso nel 2019 che aveva consentito l’individuazione del teatro della battaglia che sancì il dominio dei Romani sul Mediterraneo”.

Egadi 26: è il 26° rostro in bronzo nei fondali di Levanzo (Tp) sito della battaglia delle Egadi del 241 a.C. (foto regione siciliana)

La campagna di ricerche che si sta svolgendo in questi giorni – come comunica la soprintendenza del Mare – ha consentito il recupero di due rostri in bronzo denominati “Egadi 26” e “Egadi 27”. Sono stati individuati su un fondale di circa 80 metri e recuperati con l’ausilio della nave da ricerca “Hercules” della fondazione statunitense RPM Nautical Foundation che negli anni ha permesso, grazie alle sofisticate strumentazioni presenti a bordo, l’individuazione e il recupero di numerosi reperti riguardanti l’importante battaglia svoltasi il 10 marzo del 241 a.C.

Due monete d’argento recuperate nella campagna di ricerche subacquee 2023 nei fondali di Levanzo (Tp) sito della battaglia delle Egadi (foto regione siciliana)
Paragnatide recuperato nella campagna di ricerche subacquee 2023 nei fondali di Levanzo (Tp) sito della battaglia delle Egadi (foto regione siciliana)

In particolare, in quest’ultima campagna, i subacquei hanno recuperato 15 elmi del tipo Montefortino, 20 paragnatidi (le protezioni per le guance e il viso dei soldati a corredo degli elmi), una spada, un centinaio di monete in bronzo e, per la prima volta in oltre vent’anni di ricerche, 7 monete in argento. Tutti i reperti sono stati trasferiti presso il laboratorio di primo intervento allestito presso l’ex Stabilimento Florio di Favignana e sono già al vaglio degli archeologi della soprintendenza del Mare. Le attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana sono condotte da un team formato dalla soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, dalla statunitense RPM Nautical Foundation e dalla SDSS The Society for Documentation of Submerged Sites.

Sala di controllo delle operazioni di ricerche subacquee nei fondali di Levanzo (Tp) (foto regione siciliana)

Sono 26 i rostri ritrovati con ricerche archeologiche subacquee a partire dai primi anni del Duemila. Micidiali armi di distruzione che, applicati sulla prua delle navi da guerra, consentivano lo speronamento delle navi nemiche e il conseguente affondamento. Negli ultimi 20 anni sono stati individuati anche 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, 2 spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore. Da alcuni anni, alle ricerche puramente strumentali condotte in collaborazione con la RPM, sono state affiancate le ricerche con l’impiego dei subacquei altofondalisti della SDSS che hanno consentito, grazie alla specializzazione nelle ricerche in acque profonde, l’individuazione e il recupero di importanti reperti.

Tarquinia. Per il ciclo di conferenze di archeologia subacquea “Tra Terra e Mare” incontro con Luca Moccheggiani Carpano su “Dieci anni di ricerche nell’Anfiteatro Flavio, dalle fondazioni al piano attico. Claudio Moccheggiani Carpano dal 1974 al 1985”

tarquinia_parco-palombini_conferenze-tra-terra-e-mare_locandinaA Tarquinia secondo appuntamento del ciclo di conferenze sull’archeologia subacquea “Tra Terra e Mare”, organizzato dalla Società Tarquiniense d’Arte e Storia (Stas), con il patrocinio del ministero della Cultura (MiC) e in collaborazione con l’Asd Assopaguro di Montalto di Castro e l’Assonautica provinciale Viterbo. Dedicati alle ricerche e archeologiche e alle ricognizioni subacquee lungo la costa tirrenica e nel mar MediTerraneo, gli incontri si tengono ogni giovedì, alle 21,30, dal 6 luglio al 10 agosto 2023.

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Indagine archeologica in acqua nel collettore EST (SUD), del sistema di smaltimento delle acque del Colosseo (foto giulio d’offizzi)

Appuntamento dunque giovedì 13 luglio 2023, alle 21.30, nella suggestiva cornice di Campo Cialdi, Parco Palombini, con ingresso via della Ripa 25, ingresso libero, con la conferenza “Dieci anni di ricerche nell’Anfiteatro Flavio, dalle fondazioni al piano attico. Claudio Moccheggiani Carpano dal 1974 al 1985” con Luca Mocchegiani Carpano, direttore del “Centro Ricerche Claudio Mocchegiani Carpano” che torna a parlare delle ricerche condotte da suo padre tra il 1974 e il 1985 all’Anfiteatro Flavio, il monumento di Roma più famoso al mondo. Claudio Mocchegiani Carpano inizia il suo lavoro di direzione dell’Anfiteatro Flavio nel 1974. Organizza un progetto di ricerca archeologica che lo porterà, anche in maniera avventurosa, ad indagare il monumento in tutta la sua interezza. I risultati di quelle ricerche, sono oggi, la base scientifica di tutti i nuovi approfondimenti e lavori.

Barcellona. Al museo Archeologico di Catalogna apre la mostra “Els Bronzes de Riace. La mirada artística de Luigi Spina”, prima collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. Affianca la mostra “Naufragi. Storia sommersa” sul patrimonio archeologico subacqueo del Mediterraneo

barcellona_archeologico-di-catalogna_mostra-i-bronzi-di-riace-di-luigi-spina_locandinaA Barcellona è tutto pronto. Arrivano i Bronzi di Riace. Non le statue dei due eroi venuti dal mare, ovviamente, ma i capolavori conservati al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria visti da quel genio artistico della fotografia che è Luigi Spina. Giovedì 29 giugno 2023, alle 19, al Museu d’Arqueologia de Catalunya (MAC), taglio del nastro della mostra “Els Bronzes de Riace. La mirada artística de Luigi Spina / I Bronzi di Riace. Lo sguardo artistico di Luigi Spina”. L’esposizione temporale, terza tappa della mostra fotografica dopo il museo Archeologico di Reggio Calabria e la Galleria dell’Accademia di Firenze, riprende la particolare e accattivante visione artistica che il noto fotografo italiano Luigi Spina ha riservato ai corpi dei “Bronzi di Riace”, opere simbolo della scultura greca classica, rinvenute a riva del mare nel 1972. Il progetto è a cura di Carmelo Malacrino, direttore del MArRC. Il libro-catalogo “Bronzi di Riace” che accompagna la mostra, in tre lingue, è edito da 5 Continents Editions.

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Bronzi di Riace: guerriero A, dettaglio (foto luigi spina)

Sedici fotografie di grande formato (90 x 134 cm) verranno presentate nel museo catalano a migliaia di visitatori, proponendo un dialogo visivo fra le due sculture, nella sequenza di otto più otto immagini. “Questo progetto fotografico”, commenta Luigi Spina, “è stato un’autentica sfida alla materia bronzea. Il linguaggio fotografico è riuscito nell’impresa di creare un nuovo dialogo, fatto per immagini, con questi capolavori assoluti che, da sempre, dimostrano di poter interagire con ogni cultura e di creare quell’azione culturale e sociale necessaria ad ogni comunità”. La mostra, arricchita anche con istallazioni video, sarà aperta al pubblico per l’intera stagione estiva. All’inaugurazione sarà presente anche il direttore Carmelo Malacrino. “I Bronzi di Riace, con la loro straordinaria bellezza, costituiscono un’eccezionale opportunità di promozione culturale e turistica per tutta l’area dello Stretto”, dichiara Malacrino. “Sono felice di questa esposizione al Museu d’Arqueologia de Catalunya e ringrazio il direttore Boya Busquets e tutto lo staff del MAC per questa magnifica collaborazione, che porterà queste icone della Calabria nel cuore di Barcellona”. E il direttore del MAC, Jusèp Boya Busque: “L’esposizione sui Bronzi di Riace è nata dalla collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria e, soprattutto, con il suo direttore Carmelo Malacrino, con il quale condividiamo il progetto e la volontà di continuare a lavorare insieme ancora in futuro, ponendo le basi per una collaborazione stabile tra i due Musei, aperta all’intero Mediterraneo. È un grande piacere per il MAC ospitare questa magnifica mostra fotografica in occasione del Cinquantesimo anniversario della scoperta di queste due statue meravigliose. Con questa esperienza Reggio e Barcellona, ​​la Catalogna e la Calabria, accomunate da tanti legami storici e culturali, si rincontrano di nuovo, iniziando una bella storia di collaborazione e scambio artistico e culturale. Un’amicizia che viene dal passato e che vuole essere proiettata nel futuro”.

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Bronzi di Riace: guerriero B, dettaglio (foto luigi spina)

Così la mostra viene presentata dal MAC. Attraverso le immagini, in grande formato, del celebre fotografo Luigi Spina si passa in dettaglio all’anatomia delle statue dei due eroi, capolavori dell’arte classica greca. La nave che li trasportava affondò nell’antichità e dopo essere stata ritrovata per caso nel 1972, un meticoloso restauro riuscì a recuperare il suo massimo splendore. Il museo Archeologico della Catalogna (MAC) presenta “I bronzi di Riace. Lo sguardo artistico di Luigi Spina”, una mostra fotografica che ruota attorno a uno dei reperti più eccezionali della storia dell’archeologia, e che risponde al desiderio del museo di stabilire relazioni e promuovere progetti di collaborazione stabili con altri musei, associazioni e istituzioni culturali sia in Catalogna che in tutto il mondo.

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I Bronzi di Riace esposti nel museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto MArRC)

La presentazione della mostra è stata possibile grazie al ponte che è stato realizzato con il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (MArRC), dove sono attualmente custodite le due iconiche sculture in bronzo, il tutto nell’ambito delle celebrazioni del 50° anniversario della scoperta. La mostra temporanea raccoglie il particolare e accattivante sguardo artistico che il celebre fotografo italiano Luigi Spina ha realizzato sui cosiddetti “Bronzi di Riace”. Anche Luigi Spina è rimasto affascinato dalla bellezza e dalla storia dietro queste opere. Questo lo ha portato a intraprendere un progetto artistico unico ed emozionante per catturarne l’essenza e trasmettere la sua grandezza al mondo. Con la sua macchina fotografica, Luigi Spina è riuscito a rivelare una nuova dimensione di questi capolavori emblematici. Con il suo sguardo, porta gli spettatori un passo oltre la superficie fisica delle sculture e li immerge nell’essenza stessa della loro storia e del loro significato.

barcellona_archeologico-di-catalogna_mostra-naufragi-storia-sommersa_locandinaLa mostra affiancherà il percorso espositivo “Naufragi. Storia sommersa”, realizzato dal MAC per raccontare la ricchezza e la diversità del patrimonio archeologico subacqueo della Catalogna e del resto del Mediterraneo. Questa mostra spiega le sfide e i misteri della nostra memoria sommersa. In fondo agli oceani, ai mari, ai fiumi e ai laghi del nostro paese, del nostro pianeta, si nasconde una memoria affascinante, una storia sommersa, che merita di essere conosciuta, preservata e trasmessa alle generazioni future. Una scenografia di 1.000 m2, evoca un fondale marino dove il patrimonio salvato e gli elementi audiovisivi, alcuni di grande formato, ritmano e rafforzano la vocazione immersiva del montaggio. La mostra mira a pubblicizzare anche l’importante lavoro di studio, salvaguardia e protezione di questo patrimonio che, dal 1992, è stato portato avanti dal Centre d’Arqueologia Subaquàtica de Catalunya (CASC), in occasione del trentesimo anniversario della sua creazione. La mostra mira anche ad avvicinare ed espandere la conoscenza pubblica dell’archeologia subacquea e rendere omaggio agli uomini e alle donne che l’hanno promossa e promossa, sia in Catalogna che in tutto il mondo. La mostra si distingue per una museografia innovativa con risorse audiovisive, digitali e immersive.

Paestum. Alla XXIV Bmta la 2ª Conferenza Mediterranea sul Turismo Archeologico Subacqueo: annunciato l’itinerario sommerso del Relitto del Lombardo per il 2023 alle isole Tremiti, e consegnato il Premio internazionale di Archeologia Subacquea “Sebastiano Tusa”

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Il relitto del Lombardo alle Isole Tremiti: a giugno 2023 sarà visitabile con un itinerario subacqueo (foto patrimonio subacqueo)

paestum_BMTA22-XXIV-edizione_logoA giugno 2023 sarà possibile visitare l’itinerario sommerso del Relitto del Lombardo appartenuto e utilizzato da Garibaldi durante lo sbarco dei Mille e poi dopo qualche anno naufragato al largo delle Isole Tremiti in Puglia: lo ha annunciato alla XXIV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Barbara Davidde soprintendente nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo nel corso della 2ª Conferenza Mediterranea sul Turismo archeologico subacqueo. “La soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo del MiC”, racconta Barbara Davidde, “sta portando avanti il percorso di realizzazione del progetto Amphitrite volto a creare itinerari subacquei all’interno di cinque Aree Marine Protette italiane: quella delle Isole Tremiti in Puglia, le Cinque Terre e Portofino in Liguria, Baia in Campania, Crotone in Calabria, Capo Testa – Punta Falcone in Sardegna. Alcuni di questi itinerari saranno dotati di una rete di nodi sensori che, grazie all’internet underwater things, permetterà la visita dei siti con dei tablet che hanno al loro interno la realtà aumentata e la ricostruzione di come doveva essere in antico il sito sommerso. Questo tipo di visita esiste già nel Parco di Baia e sarà realizzato nelle Isole Tremiti sicuramente sul relitto del Lombardo e forse anche sul Relitto delle Tre Senghe per il quale stiamo terminando gli studi propedeutici”.

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La soprintendente Barbara Davidde con l’archeologo subacqueo Roberto Petriaggi sulla barca appoggio a Baia (foto Marcello Adamo)

La 2ª Conferenza Mediterranea sul Turismo archeologico subacqueo – organizzata dalla Borsa nel ricordo del grande archeologo e studioso Sebastiano Tusa che ha vissuto la sua vita al servizio delle istituzioni per contribuire allo sviluppo locale e alla tutela del Mare Nostrum – è stata anche l’occasione per la soprintendente Davidde per lanciare, insieme a Ulrike Guérin Programme Specialist 2001 Convention on the Protection of the Underwater Cultural Heritage UNESCO Culture Sector, l’idea di creare una rete di percorsi subacquei e di proporre questi itinerari per l’iscrizione nella lista delle buone pratiche per la valorizzazione e la protezione del patrimonio culturale subacqueo. “Per noi è importante anche per dare il nostro appoggio e rendere il patrimonio acquatico sempre più accessibile, a patto che l’itinerario sia gestito”, spiega Ulrike Guérin che aggiunge “una candidatura sicuramente da presentare quale esempio di buona pratica per gli itinerari subacquei è quella del Parco sommerso Baia” rivolgendosi al direttore del parco archeologico dei Campi Flegrei, Fabio Pagano. Alla conferenza, con il coordinamento scientifico di Luigi Fozzati, sono intervenuti Valeria Patrizia Li Vigni presidente fondazione Sebastiano Tusa, Ferdinando Maurici soprintendente del Mare della Regione Siciliana, Cristiano Tiussi direttore fondazione Aquileia.

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Consegna premio internazionale di Archeologia Subacquea “Sebastiano Tusa” 2022: da sinistra, Lucrezia Maghet, Valeria Patrizia Li Vigni, Pippo Cappellano, Eric Rieth, Andrea Camilli, Luigi Fozzati (foto bmta)

Sempre nel ricordo dell’archeologo siciliano, il Premio internazionale di Archeologia Subacquea “Sebastiano Tusa” è stato consegnato a Eric Rieth direttore emerito CNRS Centre National de la Recherche Scientifique di Francia e responsabile dipartimento Archeologia Navale museo nazionale della Marina di Parigi per il riconoscimento alla carriera; Andrea Camilli direttore del museo delle Navi Antiche di Pisa per il progetto “Grande Tirreno”, per il progetto più innovativo a cura di Istituzioni, Musei e Parchi Archeologici; Pippo Cappellano giornalista, regista, foto cineoperatore subacqueo e autore di documentari per il miglior contributo giornalistico in termini di divulgazione. “Un’iniziativa a cui teniamo molto”, rimarca il fondatore e direttore della BMTA Ugo Picarelli, “per portare avanti l’eredità pionieristica dell’amico della Borsa Sebastiano Tusa”. A seguire la consegna della Targa “Claudio Mocchegiani Carpano”, alla presenza del figlio Luca, alla migliore Tesi di laurea sull’Archeologia Subacquea: premiata Lucrezia Maghet per la tesi “L’archeologia subacquea sul web: raccolta, analisi e lettura critica dell’offerta disponibile in rete” corso di laurea in Beni culturali, università di Udine.

Archeologia subacquea in laguna di Venezia. Il team di Ca’ Foscari ha scoperto a Lio Piccolo, nel sito della villa romana, una vasca per l’acquacoltura dei molluschi con le ostriche di duemila anni fa eccezionalmente conservate

Gusci di ostriche di duemila anni fa a un metro e mezzo di profondità nella laguna di Venezia, in una vasca che probabilmente serviva per conservare i prelibati molluschi prima di essere degustati. Siamo nel sito lagunare di Lio Piccolo, nel comune di Cavallino Treporti, scoperto quasi venti anni fa dall’archeologo amatore Ernesto Canal. E l’ipotesi preliminare su cui sta lavorando il team interdisciplinare impegnato nei giorni scorsi nella seconda campagna di scavo archeologico subacqueo è che la struttura detta “Villa romana di Lio Piccolo” era dotata di piscine per l’acquacoltura, in particolare di ostriche. Le indagini sono state dirette da Carlo Beltrame, professore associato di archeologia marittima del Dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari Venezia, in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna. Il progetto di indagine, pluriennale, ha coinvolto anche studenti e studentesse con idoneo brevetto di subacqueo, che hanno avuto l’occasione di formarsi in condizioni di sicurezza. Inoltre, hanno partecipato l’impresa Idra di Venezia; Paolo Mozzi, geomorfologo e geoarcheologo del Dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova; e Elisabetta Boaretto, specialista in analisi al radiocarbonio del Weizmann Institute di Rehovot (Israele).

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Le ostriche di duemila anni fa ritrovate sul fondo della vasca in mattoni per l’acquacoltura nel sito della villa romana di Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)

“Nel mondo romano”, spiega Carlo Beltrame, “le ostriche erano molto apprezzate e allevate, anche se forse già adulte, in Gallia e nella penisola italiane. Come ricorda Cicerone, famose erano quelle allevate nel Lago Lucrino da Sergio Orata. Gli autori antichi ci parlano anche delle ostriche dell’Istria ma non menzionano Altino, dove però ostriche sono emerse da vari scavi della città romana. Non stupisce quindi trovarle a Lio Piccolo, ossia in una località che in età romana doveva essere in prossimità del litorale, in condizioni ideali per la loro crescita”.

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Ricerche subacquee dei ricercatori dell’università Ca’ Foscari nel sito della villa romana di Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)

La prima campagna si era svolta esattamente un anno fa e aveva permesso di mettere in luce alcune strutture murarie e palificate segnalate da Canal a poche decine di metri dall’argine di Lio Piccolo lungo Canale Rigà. Questa nuova breve campagna ha permesso di chiarire l’interpretazione e la datazione di quanto visto nel 2021. Il fondale conserva una vasca in mattoni sesquipedali di forma rettangolare databile, anche sulla base di analisi al radiocarbonio, al 1° e 2° secolo d.C. In età romana, la struttura era sommersa e serviva per la conservazione, forse poco prima della consumazione, di ostriche. Questi molluschi si sono infatti eccezionalmente conservati sul fondo della vasca. Le ostriche verranno ora studiate da Davide Tagliapietra di Cnr-Ismar. La presenza di un gargame in legno, che doveva suddividere lo spazio per mezzo di una saracinesca, fa pensare peraltro che questa non fosse l’unica specie ospitata nella vasca.

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Spalletta della vasca in mattoni usata duemila anni fa per l’acquacoltura delle ostriche a Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)

Ostriche e affreschi per una villa di pregio. Gli studiosi hanno rinvenuto delle strutture fondazionali ad una profondità minore rispetto al livello del medio mare. Si tratta di fitte palificate infisse su un fondale argilloso compatto che sostenevano dei camminamenti in mattoni rivestiti di cocciopesto. Numerosi resti di affreschi di pregio, in corso di analisi ad opera di Alessandra De Lorenzi, chimico-fisica dell’ateneo veneziano, e di mosaici bianchi e neri completano il quadro. Secondo l’ipotesi preliminare del team di studiosi, ci troviamo di fronte a una villa marittima di un certo livello dotata di piscine per l’allevamento ittico. L’applicazione, in via sperimentale, della tecnica fotogrammetrica subacquea, condotta da Elisa Costa, assegnista di ricerca del Dipartimento di Studi umanistici dell’ateneo veneziano, sta dando ottimi risultati anche in queste acque a bassissima visibilità permettendo di documentare al meglio le strutture sommerse individuate.

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Pali di fondazione e resti di pavimento in mattoni nel sito della villa romana di Lio Piccolo nella laguna di Venezia (foto unive)

Il progetto riguarda la portualità di Altino. Questo sito si inserisce nel progetto di archeologia dei paesaggi lagunari condotto da Carlo Beltrame in collaborazione con Paolo Mozzi e incentrato sulla ricostruzione della dimensione portuale di Altino. Negli ultimi due anni sono già stati oggetto di indagine il cosiddetto torrione romano, dimostratosi in realtà una cisterna di tipologia estremamente simile a quelle “alla veneziana” come quella, già nota, di Ca’ Ballarin (molto vicina alla villa di Lio Piccolo). È stato inoltre indagato un piccolo molo in opera pozzolanica, sempre di età imperiale romana, forse di servizio alla cisterna di Ca’ Ballarin, anch’esso a poche centinaia di metri dalla villa romana. Parte integrante del progetto sono anche le ricerche “terrestri” sull’area del porto urbano di Altino in località Vallerossa dove è stata indagata la grande darsena ad elle, di un ettaro di superfice, collegata al Sioncello, già nota da precedenti ricerche del Dipartimento di Geoscienze dell’ateneo patavino. “Le quote di giacitura di queste strutture sommerse – conclude Beltrame – sono preziosissimi markers per studiare il fenomeno dell’innalzamento relativo del livello del mare nelle sue due componenti eustatiche (innalzamento o abbassamento a scala globale del livello medio dei mari, non dipendente cioè da fenomeni locali) e di subsidenza regionale che, sommate, hanno portato gli edifici romani ad una sommersione di oltre due metri rispetto al livello del medio mare attuale”.