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Roma-Eur. Al museo delle Civiltà si presenta (anche in diretta streaming) il libro “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli” che raccoglie gli atti del convegno tenutosi nel 2017 in occasione del centesimo anniversario della nascita del grande studioso di Arte orientale, allievo di Giuseppe Tucci

Locandina dell’incontro al Muciv per la presentazione del volume “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli”

Venerdì 15 ottobre 2021, alle 16.30, in presenza in sala conferenze Pigorini al museo delle Civiltà di Roma-Eur, e in diretta streaming https://youtu.be/O8keeHCsGn0, presentazione del volume “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli” (Roma 2021) a cura di Marco Bussagli, Paola D’Amore, Pierfrancesco Fedi, Laura Giuliano, Massimiliano A. Polichetti, Filippo Salviati per la collana Il Novissimo Ramusio 27, in co-edizione con il museo delle Civiltà. Dopo i saluti di benvenuto di Loretta Paderni (MuCiv), funzionario delegato dal direttore generale Musei, intervengono Adriano Rossi, presidente di ISMEO-Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente; Massimiliano A. Polichetti (MuCiv), coordinatore del museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”; Laura Giuliano (MuCiv), curatrice della sezione India e Sud-Est asiatico del museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”; Claudio Strinati, già soprintendente storico dell’arte del ministero della Cultura. Saranno presenti Marco Bussagli e i curatori del volume.

roma_palazzo-brancaccio_convegno-ereditù-mario-bussagli_locandinaNel 2016, in occasione del centesimo anniversario della nascita di Mario Bussagli (1917-1988), il figlio Marco e un gruppo di allievi di prima e seconda generazione, tutti collegati con la Sapienza università di Roma e/o con il museo nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ (poi confluito nel museo delle Civiltà e di cui Mario Bussagli ebbe la direzione transitoria nei primi mesi dalla sua istituzione nel 1957-1958), proposero al Dipartimento ISO della Sapienza e a ISMEO – Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente la co-organizzazione di un convegno sulla figura dello studioso. Il volume “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli” (Il Novissimo Ramusio 27, ISMEO- MuCiv, Roma 2021) a cura di Marco Bussagli, Paola D’Amore, Pierfrancesco Fedi, Laura Giuliano, Massimiliano A. Polichetti e Filippo Salviati, raccoglie gli Atti di quel convegno articolato in tre giornate (21 – 23 settembre 2017) e destinato a concludersi nel giorno del genetliaco dello studioso che, nato nel 1917, avrebbe compiuto cento anni, se – il 14 agosto del 1988 – una prematura scomparsa non l’avesse sottratto all’affetto e alla stima dei suoi cari, dei suoi amici e dei suoi colleghi.

Copertina del libro “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli”

Il volume raccoglie trentaquattro contributi a firma di colleghi, allievi e amici del professor Bussagli, che affiancano ricordi personali e aneddoti alla discussione delle più recenti tendenze degli studi archeologici e storico-artistici di cui si è occupato per decenni Mario Bussagli. In particolare studi legati a fenomeni artistici dell’India e dell’Asia Centrale e particolarmente all’arte del Gandhāra, aree d’elezione nelle ricerche bussagliane, si accompagnano – negli Atti che si presentano – all’interesse per il Tibet e agli influssi orientalistici nell’arte occidentale.

Il ritratto dell’orientalista Mario Bussagli accanto a una scultura dell’arte del Gandhara (foto muciv)

Mario Bussagli si formò presso la Scuola Orientale della Sapienza come allievo di Giuseppe Tucci, per divenire poi, dalla fine degli anni Cinquanta, ordinario della Cattedra di Storia dell’Arte dell’India e dell’Asia Centrale. Studioso di fama internazionale, egli “[…] seppe come pochi unire al rigore della ricerca scientifica un raro garbo di divulgatore. Senese di origine, la parlata toscana gli prestò un’innata facilità di parola e di scrittura, che rendono le sue opere, anche quelle più astruse, di lettura facile e piacevole. I suoi interessi spaziarono dall’arte dei Kushana, dell’India e della Cina fino alla natia Siena, nella cui arte e cultura seppe individuare influssi e motivi di origine orientale, rimasti finora inosservati. L’entusiasmo che Mario Bussagli seppe sempre infondere ai suoi discepoli, non rimase senza frutto e non pochi sono i suoi allievi e allieve che continuano, in cattedra, la tradizione da lui iniziata. […]” (Raniero Gnoli, in Le Grandi Scuole della Sapienza, Roma 1994).

Roma-Eur. Al museo delle Civiltà presentazione (anche in streaming) del libro di Eugenio Fantusati e Marco Baldi “Abu Erteila 2008-2020. Twelve Years of Research in a New Meroitic Site” sulla missione archeologica in Sudan di ISMEO e Accademia russa delle Scienze

La copertina del libro “Abu Erteila 2008-2020. Twelve Years of Research in a New Meroitic Site” di Eugenio Fantusati e Marco Baldi
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Locandina dell’incontro al Muciv su Abu Erteila (foto muciv)

Mercoledì 15 settembre 2021, alle 17, al museo delle Civiltà di Roma-Eur, presentazione del volume di Eugenio Fantusati e Marco Baldi “Abu Erteila 2008-2020. Twelve Years of Research in a New Meroitic Site”. Dopo i saluti istituzionali del museo delle Civiltà, interverranno il min. plen. Mohamed Elmouataz Jaffar E. Osman, ambasciata della Repubblica del Sudan a Roma; dr Hatim Elnour, NCAM General Director; S.E. Gianluigi Vassallo, ambasciatore d’Italia a Khartoum; amb. Fabrizio Lobasso, vice direttore per i Paesi dell’Africa sub-sahariana, ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; prof. Adriano Rossi, presidente ISMEO. È possibile partecipare all’incontro in presenza mostrando all’ingresso la certificazione verde COVID-19 (Green Pass). Contestualmente, l’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube accessibile al seguente link: https://youtu.be/KvbqAKXdcs4.

Il tempio maggiore di Abu Erteila in Sudan nella ricostruzione 3D (foto muciv)

Abu Erteila è situata nel moderno Sudan a Nord-Est della città di Shendi in corrispondenza della bocca del Wadi El-Hawad, circa 9 chilometri dalla necropoli di Meroe e meno di 5 chilometri dalla riva orientale del Nilo. Una missione archeologica congiunta italo-russa di ISMEO e dell’Istituto per gli Studi Orientali dell’Accademia russa delle Scienze, attiva sul campo dal 2008, ha portato alla luce i resti di un insediamento che ebbe la sua massima fortuna nel corso del I secolo d.C. Esso ebbe il suo nucleo in un tempio a più ambienti eretto per volontà della coppia reale Natakamani-Amanitore, e fiancheggiato da un edificio residenziale coevo. Un ulteriore edificio culturale di minori dimensioni, dedicato al dio leone Apedemak, fu presumibilmente costruito in epoca precedente. Numerosi rinvenimenti parrebbero indicare la consacrazione del tempio maggiore alla dea Iside: ne rappresentano testimonianza preminente arredi decorati e iscritti realizzati in arenaria ferrosa, riconosciuti dal National Corporation for Antiquities and Museums of Sudan (NCAM) fra le principali scoperte degli ultimi anni dell’archeologia nubiana.

Refusi nelle iscrizioni achemenidi di Persepoli: li ha scoperti il filologo Rossi dell’Orientale di Napoli che sta pubblicando il nuovo corpus delle iscrizioni reali persiane di 2500 anni fa

Rilievi achemenidi a Persepoli in Iran

Rilievi achemenidi a Persepoli in Iran: ora si studiano le iscrizioni trilingui

Sono passati 2500 anni da quando gli scalpellini persiani hanno inciso sulla pietra grigia le iscrizioni che il Re dei Re aveva loro ordinato di scrivere sulle pareti dei palazzi di Persepoli, capitale dell’impero persiano: nella maggior parte erano manifesti propagandistici della dinastia achemenide che dovevano raggiungere il più ampio numero di sudditi possibile. Di qui la necessità di redigere i testi nelle tre lingue all’epoca più diffuse: l’antico persiano, l’elamico e il babilonese. Tre lingue diverse, ma gli stessi caratteri di scrittura: i cuneiformi. Non stupisce quindi che in questi testi,  redatti dagli scribi di corte che dovevano avere un altissimo livello culturale, e incisi da più modesti artigiani, ci possa essere scappato qualche errore di ortografia, o come si dice oggi qualche refuso. Solo che a scovare questi errori non è stato un “correttore di bozze” al soldo di re Ciro o Dario, ma un professore dell’università L’Orientale di Napoli, il filologo  Adriano Rossi, che 25 secoli dopo la loro realizzazione si è messo a studiare quei testi e, come i maestri di un tempo, a segnare gli errori di ortografia.

Iscrizione achemenide trilingue del periodo di re Serse trovata a Persepoli

Iscrizione achemenide trilingue del periodo di re Serse trovata a Persepoli

Il prof. Rossi è direttore della missione epigrafica dell’Orientale e dell’ISMEO chiamata DARIOSH, che ricorda il nome in persiano di Dario, ma che in realtà è un acronimo per il progetto Digital Achaemenid Royal Inscription Open Schema Hypertext, curato in collaborazione con l’università della Tuscia. All’interno di questo progetto è stato inserito un programma pilota, della durata di un biennio, rivolto al corpus delle iscrizioni di Persepoli (complessivamente formato da circa 220 unità testuali, di cui 83 in anticopersiano, 66 in elamico e 69 in babilonese, corrispondenti a varie centinaia di esemplari epigrafici più o meno completi o frammentari).  Il filologo ha lavorato a lungo in Iran, dove ha illustrato ai suoi colleghi iraniani il metodo di studio che gli italiani applicheranno alle iscrizioni dei palazzi imperiali di Persepoli-Pasargade (corrispondenti ai re Ciro il grande, Dario, Serse e successori, 560-330 a.C.). “Possiamo avere diversi tipi di errori nelle iscrizioni achemenidi trilingui (antico-persiano, elamico, babilonese). A volte si tratta dell’omissione di un segno cuneiforme, in altri casi si tratta di segni scritti in modo che noi riteniamo ‘sbagliato’ dal punto di vista dell’ortografia”, spiega Rossi. In quest’ultimo caso, per esempio, in un testo antico-persiano, il nome del grande dio della dinastia achemenide, Auramazda, è scritto come se Aura e Mazda fossero due parole separate, anziché una sola. “L’obiettivo del programma Dariosh”, continua, “è la produzione di un prototipo attendibile in vista della catalogazione digitale dell’intero Corpus delle iscrizioni reali achemenidi, da pubblicare come riedizione aggiornata (in ottica interlinguistica) del sotto-corpus iscrizionale di Persepoli, con l’uso dell’inglese come lingua progettuale per spiegare i testi achemenidi”.

Il filologo Adriano Rossi dell'Orientale di Napoli

Il filologo Adriano Rossi dell’università L’Orientale di Napoli

Rossi è da poco tornato dall’Iran, dove ha effettuato ulteriori riscontri sul campo coordinando un gruppo di specialisti italiani, unico in grado di curare una nuova edizione critica delle iscrizioni trilingui achemenidi perché interamente basato sull’Orientale, l’unico ateneo al mondo in cui tutte e tre le lingue sono attualmente insegnate. La prima e ultima edizione del genere fu pubblicata nel 1911 dallo studioso tedesco Franz Weissbach, ma a quell’epoca era nota poco più della metà delle iscrizioni che conosciamo ora. Nel progetto Dariosh è inclusa anche la verifica e l’aggiornamento del repertorio fotografico delle iscrizioni di Persepoli e dei loro supporti, nonché di mappe, ricostruzioni ed altre elaborazioni grafiche da realizzare durante brevi periodi di soggiorno in Iran e in altre sedi museali (l’Iranian Cultural Heritage Organization – ICHO e il National Museum of Iran di Tehran contribuiranno alle spese di soggiorno in Iran). “Le foto delle iscrizioni achemenidi disponibili in Europa sono datate, di inadeguata qualità e coprono a malapena un terzo dell’intero corpus; con il nostro progetto si renderanno disponibili per il corpus persepolitano foto di elevato livello qualitativo curate dall’ICHO e digitalizzate per l’accesso a distanza tramite Internet”.

Suggestiva visione dell'apadana di Persepoli

Suggestiva visione dell’apadana di Persepoli

Gli archeologi italiani sono sempre stati in prima linea negli scavi della città imperiale di Persepoli, un riconoscimento per la ricerca italiana se si considera che l’impero achemenide, quello di Ciro il Grande, è considerato una gloria intoccabile per tutti gli iraniani e lo è sempre stato anche dopo l’avvento della Repubblica islamica. Con il nuovo corso del presidente Hassan Rohani, gli scambi si sono intensificati e il clima è diventato ancora più amichevole, in parte anche grazie alle ricerche degli archeologi dell’Orientale. «I legami tra gli archeologi italiani, in special modo dell’Orientale, e l’Iran, sono sempre stati forti, ma solo ora se ne inizia a parlare”, conclude Rossi. “Dopo anni di lavoro in Iran ora ci confrontiamo con una nuova generazione di dirigenti iraniani nei posti giusti. È verosimile che questa collaborazione possa crescere ancora. Ormai non sono pochi i giovani iraniani che vengono a studiare in Italia e i legami si rinsaldano sempre”.