Firenze. Al museo Archeologico nazionale apre la nuova sala della Chimera, simbolo del Maf, primo intervento del più ampio progetto di valorizzazione e riallestimento del museo. Il direttore Maras spiega il mito e il ritrovamento della Chimera, e la restauratrice Basilissi il suo restauro

“Il Museo si addormenta”. Così il museo Archeologico nazionale di Firenze nell’ottobre 2024 annunciava l’apertura del cantiere per i lavori di rinnovamento del Maf: “la più grande operazione di ammodernamento e restyling del museo fiorentino dalla grande alluvione”, aveva dichiarato il direttore Daniele Maras, all’indomani del suo insediamento pochi mesi prima. “L’appuntamento è nel 2026, in tempo per il 60° anniversario dell’alluvione del ’66, che all’epoca colpì duramente e senza pietà l’edificio e le sue collezioni. Per allora il Museo ritornerà a splendere tra i gioielli della corona di Firenze, con l’auspicio di restituire alla città il suo ruolo di Capitale etrusca d’Italia”. (vedi Firenze. Il museo Archeologico nazionale chiude parzialmente a rotazione per la più grande operazione di ammodernamento e restyling dall’alluvione del 1966. Il direttore Maras: “Appuntamento al 2026 proprio per il 60° della piena dell’Arno” | archeologiavocidalpassato). Non è ancora il 2026, ma il risveglio del MAF è già cominciato con l’apertura della nuova sala della Chimera. Il museo Archeologico nazionale di Firenze è pronto a restituire alla città e a tutti i visitatori il capolavoro dell’arte etrusca, la Chimera di Arezzo, simbolo delle collezioni medicee, esposta in una suggestiva sala interamente rinnovata, e ora di nuovo offerta alla pubblica fruizione, dopo un accurato intervento di conservazione insieme a tre bronzetti etruschi raccolti nel 1553 nello stesso contesto di ritrovamento. La riapertura della Sala è il primo intervento del più ampio progetto di valorizzazione e riallestimento del museo Archeologico nazionale di Firenze e sarà presentata alla stampa mercoledì 19 novembre 2025.

Daniele Federico Maras, direttore del museo Archeologico nazionale di Firenze, tra due capolavori del Maf, la Chimera e l’Arringatore (foto maf)

Per prepararci al grande evento, il museo Archeologico nazionale di Firenze ha prodotto con l’agenzia Bovindo due contributi video che oggi proponiamo ai lettori di archeologiavocidalpassato.com. Nel primo, il direttore Daniele Maras ci fa conoscere il mito della Chimera, il suo ritrovamento e come è diventata un simbolo, prima dei duchi di Firenze ora del MAF. Nel secondo, andiamo a scoprire tecniche e problematiche del restauro della Chimera con le spiegazioni di Giulia Basilissi, restauratrice del laboratorio di restauro Erminia Caudana del Maf.

“La Chimera di Arezzo”, spiega il direttore Maras, “è una scultura etrusca di bronzo, capolavoro dell’arte etrusca del 400 a.C. ca, che raffigura un mostro mitologico, la Chimera, una bestia impossibile composta di una testa e un corpo di leone, una testa di capro che spunta dal dorso e una coda di serpente o di drago. Era un mostro che secondo la mitologia infestava le montagne della Licia in Asia Minore e fu sconfitta dall’eroe Bellerofonte.

La Chimera di Arezzo, scultura etrusca del IV sec. a.C., uno dei simboli del museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

“Il capolavoro scultoreo etrusco – continua Maras – rappresenta la Chimera ferita nel momento in cui sta tentando l’ultima difesa: ruggisce contro il suo avversario mentre la testa di capro sta già morendo sul suo dorso ferita da una lancia. Dobbiamo immaginare che originariamente ci fosse il Bellerofonte a cavallo che stava sconfiggendo la Chimera e che quindi fosse un gruppo scultoreo molto importante che era stato offerto in un luogo di culto dell’antica Arezzo presumibilmente da un’importante autorità.

La Chimera di Arezzo esposta al museo Archeologico nazionale di Firenze prima del restauro in corso (foto maf)

“Oggi abbiamo soltanto la Chimera che è stata trovata nella Porta San Lorentino nel 1553 al momento in cui il duca di Firenze, Cosimo I, stava fortificando la città nel corso della sua guerra contro Siena. La Chimera fu festeggiata come un importante ritrovamento e un ottimo augurio per il futuro del Duca, nuovo difensore degli Etruschi contro i Senesi che erano assimilati ai Romani. E quindi dato che Siena ha come modello di riferimento, come simbolo, tra i suoi simboli, anche la Lupa capitolina, la Chimera era di nuovo il simbolo etrusco. E gli Aretini, in particolare Giorgio Vasari, che era consigliere artistico e culturale del Duca di Firenze, vollero donare al Duca la Chimera che venne quindi portata subito a Firenze, dopo neanche un mese dal suo ritrovamento. E da allora – conclude Maras – fa bella mostra di sé nei palazzi del potere, e poi dal 1871 esposta nel museo Archeologico nazionale di Firenze, dove oggi la si può vedere. E da oggi in poi la vedremo in una luce migliore”.

“Ci troviamo all’interno del laboratorio di restauro del museo Archeologico nazionale di Firenze”, interviene la restauratrice Giulia Basilissi, “laboratorio intitolato ad Erminia Caudana, che è la prima donna restauratrice presente sul territorio italiano. Il compito più importanti dell’istituzione museale, del museo, è quello di garantire il corretto stato di conservazione delle opere mediante una conservazione programmata. E all’interno proprio di queste attività si inerisce ciò che è stato eseguito negli ultimi mesi sulla Chimera di Arezzo. La superficie è interessata da alcune patinature di colore scuro, definite “patinature lorenesi”, che a tutti gli effetti interessavano tutti i bronzi del museo, e che sono stati rimosse su alcuni dei bronzi, ma che ancora si conservano sulla superficie della Chimera.

Il laboratorio di restauro “Erminia Caudano” del museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

“La Chimera – ricorda Basilissi – è stata portata quindi nel laboratorio di restauro dove abbiamo fatto un’attenta verifica delle superfici per valutarne lo stato di conservazione. E sono stati riscontrati alcuni aspetti che devono essere nel tempo monitorati con grande cautela. È stata quindi eseguita un’accurata spolveratura e una pulitura principalmente mediante tecniche a secco delle superfici con alcuni punti che sono stati trattati con tecniche meccaniche per andare a rimuovere principalmente nell’area della criniera alcune delle stesure che andavano un po’ ad offuscare la corretta lettura di tutti i dettagli appunto della criniera stessa. È stato fatto un monitoraggio della documentazione con microscopio digitale per continuare a monitorare nel tempo lo stato di conservazione della Chimera. Che per quanto a tutti gli effetti possa sembrare in un ottimo stato di conservazione – conclude Bsilissi – necessita di continui controlli per garantirne la conservazione”.  

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