Pompei. La tavolozza dei pittori antichi si arricchisce del “grigio pompeiano”: la scoperta del colore dalla ricerca “Pompeian pigments. A glimpse into ancient Roman colouring materials” del parco archeologico con l’università del Sannio e la “Federico II” di Napoli pubblicata sulla rivista Journal of Archaeological Science

La raccolta dei pigmenti dai contesti di scavo a Pompei (foto parco archeologici pompei)
Nella tavolozza dei pittori di Pompei fa capolino il grigio, il grigio pompeiano. La ricerca “Pompeian pigments. A glimpse into ancient Roman colouring materials” appena pubblicato sul numero 177 / 2025 della prestigiosa rivista internazionale Journal of Archaeological Science (vedi https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0305440325000500), ha infatti dimostrato il primo utilizzo, finora conosciuto, di un nuovo colore grigio in cui la presenza di barite e alunite, forniscono la prima prova dell’utilizzo del solfato di bario nel Mediterraneo in epoca antica. La ricerca è il frutto di una fruttuosa collaborazione del parco archeologico di Pompei con il gruppo di ricerca di Mineralogia e Petrografia del dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’università del Sannio, in collaborazione con gli studiosi del dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e delle Risorse dell’università “Federico II” di Napoli. Tale collaborazione prevede anche lo studio dei colori negli affreschi pompeiani, cogliendo le possibilità scientifiche offerte dai nuovi ritrovamenti negli scavi in corso, dove le analisi diagnostiche non invasive vengono condotte coordinandosi con le operazioni di restauro. L’ultima campagna ha riguardato la stanza rossa della “Casa del Tiaso”.

Prodotti base per la realizzazione dei colori usati dagli antichi pittori di Pompei (foto parco archeologico pompei)
L’indagine ha avuto come oggetto lo studio dei pigmenti rinvenuti in alcuni eccezionali contesti pompeiani, che vanno dal III secolo a.C. all’eruzione del 79 d.C., coprendo la quasi totalità della tavolozza pittorica degli antichi pittori. La gamma cromatica è composta da pigmenti naturali e sintetici, inorganici e organici e la composizione dei pigmenti è stata rivelata grazie a un approccio analitico non invasivo che combina la microscopia con la spettroscopia, concepito per preservare tali beni per il futuro. Tale approccio ha permesso di scoprire che gli artisti mescolavano sapientemente le materie prime per ottenere un’innumerevole gamma di tonalità cromatiche.

Lo studio del blu egizio nella ricerca “Pompeian pigments. A glimpse into ancient Roman colouring materials” (foto parco archeologico pompei)
“Questo studio rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione delle tecniche pittoriche degli antichi Romani”, ha dichiarato Celestino Grifa, professore associato di Petrografia e Petrologia al dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’università del Sannio. “La possibilità di quantificare accuratamente i composti coloranti nelle miscele ci ha permesso di rivedere il processo artistico delle pitture murali, che prevedeva miscelazione dei pigmenti puri -in particolare il blu egizio, il bianco e il rosso piombo- che venivano sapientemente proporzionati per creare la palette desiderata”.

Analisi dei pigmenti nella ricerca “Pompeian pigments. A glimpse into ancient Roman colouring materials” (foto parco archeologico pompei)
“È uno studio essenziale anche ai fini del restauro degli affreschi pompeiani, che sono molto fragili e richiedono una conoscenza approfondita per una corretta conservazione”, aggiunge il direttore del Parco, Gabriel Zuchtrieghel. “Simili analisi sono già in corso per la megalografia dionisiaca recentemente scoperta. Esemplare sinergia tra ricerca e tutela che esprime l’eccellenza italiana in questo settore”.
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