Roma. La Svizzera finanzia un progetto del museo nazionale Romano per il restauro del corredo funerario della principesca “Tomba 93”, una delle più ricche della necropoli protostorica di via Laurentina Acqua Acetosa

Una fase del restauro del corredo della principesca Tomba 93 (foto mnr-roma)
Lo scorso mese di febbraio ha avuto inizio, presso le Terme di Diocleziano, il restauro del corredo funerario della principesca “Tomba 93”, una delle più ricche della necropoli protostorica di via Laurentina Acqua Acetosa a Roma, databile all’ultimo quarto del VIII secolo a.C. Scoperta a metà degli anni’80 del secolo scorso da Alessandro Bedini, funzionario dell’allora soprintendenza Archeologica di Roma, la tomba è oggi al centro di un progetto di restauro del museo nazionale Romano selezionato dall’Ufficio Federale della Cultura della Confederazione Svizzera come assegnatario del finanziamento “destinato al mantenimento del patrimonio culturale mobile in altri Stati contraenti della Convenzione dell’UNESCO del 1970”.

La principesca “Tomba 93”, una delle più ricche della necropoli protostorica di via Laurentina Acqua Acetosa a Roma (foto mnr-roma)
La definizione “principesca” è dovuta all’eccezionalità del rituale della sepoltura, caratterizzata dallo sfarzo e dalla ricchezza del corredo; sepolture con queste caratteristiche si rinvengono lungo l’intera penisola italiana, in particolare tra l’VIII e il VII secolo a.C., e connotano defunti di sesso maschile e femminile appartenenti a una élite. In questo caso la tomba è di un personaggio maschile, probabilmente un capo-guerriero con un ruolo politico e sacerdotale, simboleggiato da attributi specifici. Il ricchissimo corredo funebre, costituito da più di 100 oggetti, molti in metallo prezioso, comprende, infatti, l’elmo e gli scudi, la spada, le lance in ferro e bronzo, oltre a un carro e a un articolato apparato di oggetti in lamina di bronzo quali un vassoio-incensiere, un bacile, alcuni tripodi, un flabello e uno sgabello. Del corredo fanno parte inoltre numerose ceramiche, di produzione locale e di importazione, come l’anfora vinaria fenicia che, insieme agli alari, agli spiedi e ai coltelli, simboleggia la celebrazione del banchetto. Al defunto fu riservato il rito funerario dell’incinerazione, insolito per l’epoca, a richiamare pratiche più antiche e modelli eroici omerici; i suoi resti furono posti all’interno di un lebete, un bacile in bronzo con coperchio ricoperto da una stuoia.
Grazie per la preziosa segnalazione.
Occasione per un pensiero che troppo spesso trascuriamo di fronte alla documentazione di corredo che le istituzioni solitamente diffondono in occasioni come queste. Quando avviene la benemerita riesumazione da magazzini e da archivi di documentazione di scavo -soprattutto se in relazione con preparazioni del set straordinariamente difficili- sarebbe bene trovare una attenzione anche per le referenze di scavo preparatorie di foto e rilievi che non possono essere trattati come puro e anonimo “materiale d’archivio istituzionale”, ma che riconducono alla fatica e all’ingegno -andando di anni indietro non di rado al vero e proprio sacrificio personale- di qualche Collega, interno o esterno alla Amministrazione del Beni Culturali.
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