Dalle steppe asiatiche di 4mila anni fa a Licodia Eubea (via Federico II di Svevia): l’VIII rassegna del documentario e della comunicazione archeologica apre al territorio e fa conoscere l’antica arte della falconeria con il maestro Antonio Centamore, dal 2007 patrimonio immateriale dell’Umanità

Il maestro falconiere Antonio Centamore, patrimonio Unesco dal 2007, con una poiana sulle colline di Licodia Eubea (foto Graziano Tavan)
Succede a Licodia Eubea (Ct). L’VIII rassegna del documentario e della comunicazione archeologica esce dalla badia e si apre alla comunità. Così si scopre che esistono “personaggi” che potrebbero essere protagonisti di uno dei film proiettati nella rassegna. È il caso di Antonio Centamore, maestro falconiere. Bastano pochi minuti di amabile conversazione con lui per essere letteralmente rapiti non solo dal fascino dei rapaci da alto volo che lui alleva, ma dalla storia che c’è dietro la falconeria, non a caso definita un arte antica e dal 2016 “patrimonio umano vivente” iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Ma all’epoca del prestigioso riconoscimento, “Antonio Centamore e la sua arte della falconeria” era già da anni patrimonio immateriale dell’umanità: riconosciuto nel 2007 dall’Unesco nella categoria “saperi”.

Il maestro falconiere Antonio Centamore con un avvoltoio davanti al suo allevamento a Licodia Eubea (foto Graziano Tavan)
Arte, non spettacolo; cultura millenaria, non circo. Così Antonio Centenaro dalle colline di Licodia Eubea e dai territori all’ombra dell’Etna si è imposto all’attenzione del mondo. E proprio nella sua terra, su un cucuzzolo appena fuori Licodia Eubea, ha in mente un progetto ambizioso: un centro volo per rapaci dove poter ammirare le evoluzioni di falconi, poiane e avvoltoi, e la sera di gufi, barbagianni e civette. Con orgoglio rivendica di potersi definire un autentico discendente del primo grande falconiere in Italia, re Federico II di Svevia, nipote del Barbarossa, autore del famosissimo De arte venandi cun avibus pubblicato nella prima metà del secolo XIII. “Fu lui a portare nelle nostre terre l’arte antica della falconeria, che aveva conosciuto e apprezzato in Arabia”. In realtà quando Federico II “scoprì” l’antica arte della caccia con i rapaci questa aveva già alle spalle una storia millenaria. La falconeria era infatti nata sugli altopiani delle steppe asiatiche circa 4000 anni fa. Qui i Berkuci (falconieri) andavano a cavallo con le loro aquile e cacciavano volpi, conigli e persino lupi. L’aquila diventò il miglior alleato dell’uomo aiutandolo a procurarsi la carne necessaria per la sopravvivenza. L’arte della falconeria viaggiò con le carovane dalla Persia fino in Arabia, dove venne perfezionata la tecnica della caccia col falcone la quale viene praticata ancora oggi. Ed è qui, in Arabia, che Federico II imparò a praticarla portandola poi in Europa.
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