Selinunte, scoperta dai geologi dell’università di Camerino la città greca di 2700 anni fa. Le immagini dall’alto con la termocamera permetteranno di far vedere come era la prima Selinunte e avere informazioni per la salvaguardia del parco archeologico. Presto sondaggi mirati
Selinunte non ha bisogno di presentazioni. La città fondata nella seconda metà del VII sec. a.C. dai greci provenienti dalla colonia di Megara Hyblaea, una delle prime in Sicilia, costituisce oggi il più grande parco archeologico d’Europa, oltre 270 ettari, visitato da oltre 300mila persone ogni anno. Ma se dell’area archeologica sappiamo molto, dalla collina orientale (piana Marinella) con i tre grandi templi dorici “Tempio E”, “Tempio F” e il “Tempio G”, all’acropoli con le mura lungo le sponde del fiume Cottone; dalla collina di Manuzza con l’abitato vero e proprio e due santuari extraurbani, al santuario di Malaphoros sulla valle del fiume Selinus, della Selinunte di 2700 anni fa, all’epoca della sua fondazione, si sa ben poco. La risposta è arrivata dal sottosuolo grazie agli studi effettuati dai geologi dell’università di Camerino. I risultati sono stati presentati il 16 e 17 gennaio 2018 alla presenza del critico d’arte Vittorio Sgarbi, assessore ai Beni Culturali della Regione Sicilia, e del rettore Unicam Claudio Pettinari, dal team di ricercatori, guidato dal prof. Gilberto Pambianchi, ordinario di Geomorfologia e Geografia fisica dell’università di Camerino e presidente nazionale dei geomorfologi Italiani.

L’immagine rdi Selinunte ealizzata con la termocamera posizionata su un drone a cura dei tecnici dell’università di Camerino
Una termocamera ad alta sensibilità termica, caricata su drone, ha permesso ai geologi dell’università di Camerino di rilevare sul terreno dell’area archeologica di Selinunte, alcune anomalie riconducibili ad importanti strutture sepolte di circa 2700 anni fa che dal Tempio M scendono verso il porto. Lo spiega bene Fabio Pallotta, geoarcheologo consulente dell’università di Camerino del parco archeologico di Selinunte: “Verosimilmente era un susseguirsi di templi e di vasche colme di limpida acqua sorgiva che ruscellava verso il mare africano per offrire prezioso ristoro ai viaggiatori di confine. Da queste immagini termiche tutti possono osservare come il gradiente di calore delinea nel terreno perfetti disegni geometrici che circondano proprio i resti del cosiddetto Tempio M, ora collocato lungo la sponda destra del fiume Selino, ma che in origine spiccava con tutta la sua bellezza sull’estremo promontorio occidentale dell’incantevole laguna”. E precisa il prof. Pambianchi: “È da un anno che stiamo lavorando ad un progetto di ricerca molto importante e riguardante il sito archeologico di Selinunte, in Sicilia. Siamo riusciti a delineare, attraverso indagini di campagna e con la termo-camera, gli ambienti naturali dei primi insediamenti, dunque una realtà non ancora venuta alla luce, ma che è sotto. Siamo riusciti anche a individuare sul paesaggio alcune tracce, molto probabilmente correlate a terremoti, frane, alluvioni del passato che ora dovremmo inquadrare nel tempo. Questi indizi ci consentiranno di registrare una memoria storica estremamente importante per le politiche di prevenzione e di tutela dei siti archeologici non solo in Sicilia, ma anche in tutta Italia”.
Particolarmente soddisfatto Enrico Caruso, direttore del parco archeologico di Selinunte: “Il lavoro avviato con i geologi dell’Unicam, frutto di un anno di letture e sopralluoghi, promette bene: procedere alla conoscenza degli strati più profondi del terreno su cui i greci decisero di insediarsi, ci permetterà di trovare le soluzioni migliori per perpetuare nel futuro prossimo e anche oltre il patrimonio straordinario di Selinunte”. E continua: “Di Selinunte conosciamo le meraviglie dell’architettura religiosa, dell’urbanistica greca e delle sue principali componenti, quali le possenti fortificazioni. Molte parti di quelle che furono le magnificenze dell’antichità sono oggi allo stato ruderale perché gli edifici più grandiosi sono collassati a causa di violenti terremoti avvenuti in più tempi nei secoli scorsi. Non sappiamo però se le cause di queste distruzioni siano dovute a imperizia costruttiva o se dovute, invece, solo alle cause naturali che ne hanno decretato il crollo: conosciamo bene questi edifici dal punto di vista estetico e meno dal punto di vista statico, sia per ciò che attiene all’elevato che per il terreno su cui sorgono. Conoscere le ragioni dei crolli che hanno decretato la fine dei templi e delle case è molto importante anche per capire cosa si può fare oggi per salvaguardare le strutture giunte fino a noi, anche, e soprattutto, quelle crollate”.
Risultati eccezionali che hanno indotto l’università di Camerino e il parco archeologico di Selinunte a continuare le ricerche per altri due anni. Lo conferma il prof. Pambianchi: “A breve eseguiremo una serie di mirati e programmati sondaggi geognostici, strategicamente ubicati nell’area del parco e fondamentali alla taratura geoarcheologica, stratigrafica, cronologica e paleo ambientale del sito. Effettueremo dunque sul territorio dei sondaggi meccanici con una larghezza del foro di circa 10 cm ed una profondità variabile dai 5 ai 30 metri. Le carote estratte saranno identificate ed archiviate su apposite cassette catalogatrici depositate presso i laboratori del parco di Selinunte e quindi messe a disposizione dei ricercatori archeologi, botanici, geologi, storici, climatologi ed esperti di storia dell’alimentazione. Grazie allo studio dei materiali delle carote si potrà infatti risalire alle condizioni climatiche passate, allo stato della vegetazione e, con un po’ di fortuna, anche alla alimentazione degli abitanti di Selinunte”.
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