Preistoria. Scoperto in Valle d’Aosta alle pendici del monte Fallère il più antico pascolo in quota dell’arco alpino: le ricerche di Idpa-cnr, soprintendenza, università di Ferrara, Milano-Bicocca e New York conquistano la copertina della rivista scientifica Journal of Ecology
Dalla vetta del Monte Fallere a tremila metri di quota lo sguardo apre sul Monte Bianco, il Gran Combin, la Grivola e altre cime delle Alpi Graie e della Alpi Pennine. Le sue pendici, tra la valle del Gran San Bernardo e la Valdigne, erano già frequentate dall’uomo nel Tardo Neolitico, 5600 anni fa. È qui che le ricerche, coordinate dall’Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali di Milano (IDPA-CNR), e svolte in collaborazione con la soprintendenza per i Beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta, le università di Ferrara, di Milano-Bicocca e di New York, hanno individuato il più antico pascolo di alta quota finora documentato sulle Alpi, mantenuto attivo per millenni. Un risultato eccezionale riconosciuto a livello internazionale dalla rivista scientifica Journal of Ecology che dedica alle ricerche sul Monte Fallère la copertina del numero di novembre 2017. “Siamo particolarmente lieti di apprendere questa notizia”, dichiara l’assessore regionale alla Cultura, Emily Rini, “che dà valore a una ricerca così importante per la conoscenza della storia del paesaggio valdostano sia sotto l’aspetto di valorizzazione sia di fruizione in ambito didattico e turistico. L’importante scoperta è frutto di uno studio multidisciplinare condotto al Mont Fallère dall’assessorato e dall’università degli Studi di Ferrara, grazie a un accordo tra gli enti nel settore della ricerca archeologica preistorica sul territorio valdostano”.

La torbiera di Crotte Basse a 2350 metri di quota dove sono stati trovati i sedimenti più interessanti
Il pascolo, il più antico dell’arco alpino finora documentato, è stato mantenuto attivo . si diceva – per millenni; le attività umane hanno favorito la diffusione di nuove specie vegetali. “Dati archeologici indicano la presenza di gruppi umani sull’altopiano del Fallère dal Tardo Neolitico, in corrispondenza con la fase di maggiore trasformazione del paesaggio”, spiega Roberta Pini, ricercatrice di Idpa-Cnr. “Mentre le attività dei gruppi mesolitici avevano effetti limitati sugli ecosistemi naturali, a partire dal Neolitico sorgono sui fondovalle abitati stabili e si accresce l’interesse dell’uomo per lo sfruttamento delle alte quote e la creazione di paesaggi antropici. Polline, spore fossili, frammenti di carbone e nutrienti, estratti dai sedimenti delle Crotte Basse, una torbiera a 2350 m di quota, testimoniano la distruzione di foreste millenarie di pino cembro e abete bianco, e la presenza di insediamenti stagionali preistorici. Infatti, a poca distanza dalla torbiera, il sito di maggior interesse ha restituito le vestigia di una capanna dell’Età del Rame, con tracce di focolari, un accumulo di pietre interpretato come un muro a secco, un’ascia in pietra verde levigata e industrie in cristallo di rocca. I risultati delle indagini – conclude – sono di grande interesse per la conoscenza della storia del paesaggio aostano, per la sua valorizzazione e fruizione didattica e turistica”.
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