L’Atleta di Lisippo a Firenze non è in mostra a “Potere e Pathos” ma solo sul catalogo: il capolavoro è rimasto a Los Angeles. Resta aperta la vertenza con lo Stato Italiano per la sua restituzione dopo la confisca. L’ass. Cento Città chiede al ministero di interrompere la collaborazione con il Paul Getty Museum
Chi pensava di andare a Palazzo Strozzi a Firenze alla mostra “Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico” per ammirare l’Atleta di Lisippo, evitandosi una più impegnativa “trasferta” al Paul Getty Museum di Los Angeles dove il famoso bronzo del IV secolo è attualmente conservato, è rimasto deluso. Il capolavoro non c’è. L’opera attribuita a Lisippo, al centro di un’aspra contesa tra Italia e Usa approdata di recente anche in Corte Costituzionale, è nel catalogo della mostra ma non è esposto: l’Atleta vittorioso non è mai arrivato nelle sale dell’esposizione. E il fatto risulta ancora più sconcertante se si tiene presente che tra gli ideatori e promotori della mostra, aperta fino al 21 giugno 2015 a Palazzo Strozzi a Firenze, c’è proprio il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, che ha operato insieme alla National Gallery of Art di Washington e alla soprintendenza per l’Archeologia della Toscana, portando in riva all’Arno eccezionali esempi di statue bronzee che raccontano gli sviluppi artistici dell’età ellenistica (IV-I secolo a.C.). È proprio in questo periodo che, in tutto il bacino del Mediterraneo e oltre, si affermano nuove forme espressive le quali, insieme a un grande sviluppo delle tecniche, rappresentano la prima forma di globalizzazione di linguaggi artistici del mondo allora conosciuto. “L’utilizzo del bronzo”, spiegano gli organizzatori, “grazie alle sue qualità specifiche, permise di raggiungere livelli inediti di dinamismo nelle statue a figura intera e di naturalismo nei ritratti, in cui l’espressione psicologica divenne un marchio stilistico.

Un sopralluogo delle autorità marchigiane al Paul Getty Museum di Malibu di Los Angeles dove è conservato l’Atleta di Lisippo
Probabilmente la “mancata” concessione dell’Atleta di Lisippo (che a Los Angeles chiamano “Bronzo Getty”, facendo imbufalire i marchigiani che non riconoscono agli americani la proprietà dell’Atleta di Fano) è legata alla annosa querelle giudiziaria che è ancora aperta. “Il Getty museum di Malibù deve restituire all’Italia la statua dell”Atleta vittorioso attribuita a Lisippo, uno dei capolavori dell’arte classica acquisito nel 1977 dal trust americano” (per l’astronomica cifra di quasi 4 milioni di dollari), aveva chiesto, nella sua requisitoria innanzi alla Terza sezione penale della Cassazione, il sostituto procuratore generale Francesco Salzano ancora nel maggio 2014. In pratica il procuratore generale aveva chiesto il rigetto del ricorso di Clark Stephen, il curatore del Getty che si oppone all’ordinanza di confisca della statua emessa dal gip di Pesaro il 3 maggio 2012. La vicenda era stata trattata solo in camera di consiglio – a porte chiuse, come tutti i casi di confisca – con le conclusioni scritte dell’Avvocatura dello Stato che il 2 maggio, nell’interesse del Ministero dei Beni culturali, aveva presentato memorie di replica alle obiezioni difensive del Getty. Ma proprio questa “procedura a porte chiuse” a sorpresa ha convinto la Cassazione nel giugno 2014 a “passare la palla” alla Corte Costituzionale, allontanando così ancora i termini della chiusura della vertenza. Il “grande valore artistico e archeologico” della statua di Lisippo, e il fatto che la magistratura e l’Avvocatura dello Stato “sostengono” che il capolavoro fa parte “del patrimonio indisponibile dello Stato”, aveva sottolineato la Cassazione nella sua ordinanza, “avrebbe meritato che il procedimento di confisca, a carico del museo Getty che custodisce il capolavoro, fosse trattato in pubblica udienza e non a porte chiuse come è invece avvenuto nonostante ciò sia imposto dalle norme del codice di procedura penale. E per questa ragione ha inviato gli atti sulla confisca dell’Atleta vittorioso alla Corte Costituzionale che – ad oggi, un anno dopo – non ha ancora deciso sulla sua legittimità.
Non è un caso che poche settimane fa, di fronte a questo impasse, l’associazione culturale marchigiana “Le Cento Città” abbia invitato il ministero per i Beni e le attività culturali “a sospendere ogni collaborazione culturale con il Trust Getty sino alla restituzione alla città di Fano della statua dell’Atleta Vittorioso di Lisippo, e a intervenire presso la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, dove è in corso la mostra “Potere e pathos”, per il ritiro di tutte le raffigurazioni della statua accompagnate dalla dizione Bronzo Getty”. Non solo, le Cento Città, che ha fatto riaprire il procedimento legale sull’esportazione illecita della statua negli Usa, chiede che il Mibac dia mandato all’Avvocatura dello Stato perché “persegua in ogni sede l’utilizzo di tale dizione per la presentazione della statua”. “La statua non appartiene per il diritto italiano al Trust J Paul Getty, ma il J. Paul Getty Trust continua a pubblicizzarla come Bronzo Getty. E da ultimo, ha pubblicato la fotografia della statua nel catalogo della mostra “Potere e Pathos bronzi del mondo ellenistico” organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi con questa didascalia”.
L’associazione Cento Città ricorda che il bronzo attribuito a Lisippo, e ripescato negli anni Sessanta del XX secolo al largo di Fano, è stato oggetto di tre procedimenti penali innanzi alla magistratura di Pesaro conclusisi con la sua confisca a favore del patrimonio culturale italiano. Fino alla Corte di Cassazione che ha sollevato una questione di costituzionalità relativamente alla procedura seguita dai giudici pesaresi per non aver consentito la presenza della stampa alle udienze di trattazione e discussione del caso. Ma le Cento Città sottolineano che “la stampa ha avuto modo di intervistare tutti i protagonisti del processo e l’opinione pubblica è stata ampiamente informata anche dalla stampa estera circa le tesi sostenute dal Trust J. Paul Getty. La presenza in aula dei giornalisti al processo, non contrastata né dal Pubblico Ministero né dal ministero dei Beni culturali e dalla associazione Cento Città, non era necessaria e, comunque sarebbe stata di danno ulteriore alla immagine del Trust coinvolto nel traffico clandestino di beni archeologici nei suoi direttori di settore, come accertato dalla magistratura romana in via definitiva. Ciò nonostante, il Mibac continua a mantenere rapporti di collaborazione con il J. Paul Getty Trust assolutamente non paritetici”. Ma, conclude l’associazione, “non si fa cultura con i furti, soprattutto quando sono definitivamente accertati. Auspichiamo che il J Paul Getty Trust dia finalmente prova di un ravvedimento operoso scrollandosi di dosso comportamenti che hanno offeso la cultura e la stessa legge americana”.
Il bronzo, datato tra il IV e il II secolo a.C., attribuito, su base esclusivamente stilistica, allo scultore greco Lisippo o a un suo allievo, fu ripescato casualmente al largo di Fano, da un peschereccio italiano e, dopo vari passaggi di mano, fu acquistato dal Getty Museum di Malibu nel 1977. L’ipotesi più accreditata è che in antichità la statua sia naufragata nel medio Adriatico insieme alla nave che la stava trasportando dalla Grecia verso la penisola italiana, e probabilmente puntava al porto di Ancona. Le dimensioni della statua (151,5 cm) erano proporzionate al vero. Il giovane atleta è rappresentato on nudità eroica. La statua si presenta con la base mancante sino all’altezza delle caviglie, forse i piedi si sono staccati nel momento in cui la statua si è impigliata nella rete del peschereccio che ne ha effettuato il recupero, ma non è escluso che la rottura sia da ricondurre in età antica al momento del naufragio della nave che trasportava l’opera verso occidente. Gli occhi, mancanti, furono probabilmente realizzati separatamente in pietra colorata o pasta vitrea e inseriti a fusione ultimata, mentre i capezzoli sono in rame. Mentre il braccio sinistro si distende lungo il fianco, il braccio destro è alzato, con il gomito all’altezza della spalla e la mano all’altezza della fronte. Questo gesto è stato interpretato come l’atto, appena compiuto, di incoronarsi con la corona del vincitore, apparentemente quella in olivo selvatico usata per i vincitori a Olimpia. I capelli corti sono raggruppati in ciocche fluenti e ondulate che si dipartono uniformemente verso destra e sinistra a partire dall’altezza dell’occhio sinistro. La struttura rigorosamente geometrica dell’opera, riscontrabile nell’anatomia del corpo e del viso, rimanda ad ambiente peloponnesiaco e sicionio in particolare. L’impostazione antitetica delle due metà del corpo conduce a Lisippo e alla sua scuola.
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- novembre 24, 2016 -
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