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Esclusivo. A pochi giorni dall’avvio della campagna 2024 al sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) l’archeologa Silvia Paltineri anticipa gli obiettivi delle nuove ricerche e fa il punto sulle scoperte fin qui acquisite nel centro del delta, primo grande approdo dei greci e luogo di incontro con Etruschi padani e Veneti tra VI e V sec. a.C.

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Ad Ariano nel Polesine (Ro) è tutto pronto per avviare la campagna di scavo 2024 del’università di Padova nel sito preromano di San Basilio (foto unipd)

Manca pochissimo alla ripartenza degli scavi di San Basilio 2024. Lunedì 29 aprile riapre lo scavo del sito etrusco diretto da Silvia Paltineri dell’università di Padova. È proprio l’archeologa del dipartimento dei Beni culturali dell’ateneo patavino ad anticipare ad archeologiavocidalpassato.com gli obiettivi della campagna 2024 e a fare il punto sulle indagini fin qui condotte che confermano l’importanza del sito di San Basilio che rappresenta il primo grande approdo a vocazione internazionale frequentato dai navigatori greci, che fra VI e V secolo a.C. trovarono nel Delta del Po e, più in generale, nell’Alto Adriatico, un luogo di incontro ideale con gli Etruschi padani e con i Veneti.

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San Basilio preromana: team della campagna di scavo 2023 (foto unipd)

 

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San Basilio preromana: team della campagna di scavo 2022 (foto unipd)

 

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San Basilio preromana: team della campagna di scavo 2021 (foto unipd)

“La campagna del 2024 dell’università di Padova nel sito di San Basilio”, spiega Paltineri, “riguarda in particolare l’insediamento preromano, un insediamento che inizia la sua vita intorno al 600 a.C. che è una data chiave per tutta l’Italia settentrionale perché è un momento nel quale nell’area del delta del Po le comunità locali si aprono ai commerci con il Mediterraneo. E San Basilio rappresenta il primo grande approdo a vocazione internazionale frequentato dai navigatori greci. Nell’area del Delta erano già stanziati gli Etruschi, principalmente di area padana, i quali, data la posizione geografica del Polesine, erano in strettissimo contatto con i vicini Veneti.

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La posizione del sito di San Basilio ad Ariano nel Polesine con la linea di costa antica (foto unipd)

Più antico di Adria e di Spina. “Il sito di San Basilio – continua -, un po’ come Adria e come Spina soprattutto, siti più noti ma rispetto ai quali San Basilio rimane comunque importante, proprio perché è il più antico, ha una vocazione internazionale fin dall’inizio della sua storia. Intorno al 600 a.C. questo centro, che si trovava in una zona retro-costiera lungo un cordone di dune, quindi protetto dal mare aperto però affacciato sul mare stesso, diventa un crocevia di scambi, ben testimoniato dagli scavi che stiamo conducendo nell’insediamento preromano a partire dal 2019 con campagne di indagine stratigrafica, precedute da una ricognizione che nel 2018 ho condotto insieme alla collega Giovanna Gambacurta dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Negli anni questo progetto di indagine si è ulteriormente articolato, grazie a una stretta sinergia con il museo Archeologico nazionale di Adria, guidato da Alberta Facchi, alla Soprintendenza competente nella persona di Giovanna Falezza e grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, che fin dal 2018 ha creduto in questa progettualità e attualmente ha investito in un ampio progetto culturale che si è allargato alla fase romana del sito di San Basilio, attualmente in corso di scavo da parte dei colleghi del mio dipartimento Jacopo Bonetto e Caterina Previato.

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Villaggio protostorico di Frattesina (Ro): l’area di scavo interessata dalla campagna 2023 (foto graziano tavan)

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Una delle aree di scavo della campagna 2023 del sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

Ma non solo. “Il Polesine è al momento al centro di importanti indagini archeologiche riguardanti fasi più antiche. Queste ricerche, grazie al finanziamento di Cariparo, sono attive nei siti di Frattesina di Fratta Polesine e di Villamarzana, dove attualmente sono impegnati il CPSSAE, l’università Sapienza di Roma e sempre l’università di Padova con le ricerche condotte da Michele Cupitò.

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Il posizionamento delle tre aree di scavo effettuati a San Basilio negli anni 1983-1987 (da Salzani, Vitali, 2002)

Prime indagini della soprintendenza negli anni ’80 del Novecento. “Quando abbiamo scelto di aprire saggi di scavo nell’insediamento preromano – ricorda Paltineri – in un certo senso non lavoravamo al buio, perché nell’area c’erano ricerche pregresse degli anni ’80 del secolo scorso condotte dalla soprintendenza Archeologica del Veneto sotto la direzione di Maurizia De Min prima, e di Luciano Salzani e di Daniele Vitali dell’università di Bologna poi.

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San Basilio (Ariano nel Polesine): scavi 1983 e 1987-1989, l’insediamento preromano (VI-V secolo a.C.) frequentato da Etruschi, Greci e Veneti, con le palificate lignee eccezionalmente conservate (foto unipd)

E queste indagini avevano già messo in luce un insediamento che presentava alcune evidenze eccezionali, tavolati e pali lignei ben conservati, e materiali di diversa provenienza e connotati culturalmente in maniera diversa, tra cui ceramica di produzione locale, cioè ceramica etrusca di produzione padana, ceramica greca di importazione – corinzia, ionica e soprattutto attica a figure nere -, e poi anche ceramica veneta decorata a fasce rosse e nere. Dunque queste erano un po’ le basi di partenza di un’indagine che attualmente ci vede impegnati e che anche quest’anno ci vedrà tornare sul campo proprio a partire da lunedì 29 aprile 2024. E per un mese saremo a San Basilio per proseguire le nostre ricerche.

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Lo scavo dell’università di Padova nel sito preromano di San Basilio (Ariano nel Polesine) visto da drone. Le frecce indicano l’andamento dell’antico canale ancora ben visibile (foto unipd)

Affacciato su un antico canale. “Cosa abbiamo fatto finora? Abbiamo aperto due trincee di scavo: una più grande di circa 15 x 15 metri, e una più piccola di 10 x 4 metri. In un punto strategico dell’area dell’insediamento preromano, un punto importante in quanto affacciato su un antico canale di cui rimane ancora una traccia evidente se si osservano le foto aeree, sia quelle degli anni Ottanta sia quelle effettuate grazie ai sorvoli con il drone condotti in collaborazione con il mio collega Jacopo Turchetto.

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San Basilio (Ariano nel Polesine): Battuto pavimentale in cocciopesto, con canalette basali per sostenere l’alzato in graticcio e buche di palo (foto unipd)

Edificio in graticcio con pavimentazione in cocciopesto. “Le evidenze che abbiamo rintracciato sul terreno – spiega l’archeologa – rispettavano l’orientamento del cordone e del canale. Abbiamo infatti rinvenuto resti di pavimentazioni costituite da uno straordinario battuto di cocciopesto che è stato anche analizzato dal collega Michele Secco, e questo battuto presentava canalette di fondazioni per le travi basali che sostenevano l’alzato e buche di palo, quindi un’edilizia deperibile, in graticcio, analogamente a quello che accade per esempio nel vicino sito di Spina. E l’orientamento di queste strutture asseconda la natura del luogo: quindi è ortogonale rispetto al canale e rispetto all’andamento della pendenza della duna.

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Frammento di ceramica greca da cucina ritrovato nel sito preromano di San Basilio nella campagna di scavo dell’università di Padova (foto unipd)

C’era una comunità di greci. “Orientato NW-SE, questo edificio di cui appunto abbiamo rinvenuto le tracce, restituisce materiali di grande interesse, in parte si tratta di produzioni già note, quindi ceramica etrusca di produzione padana, ceramica greca di importazione, ceramica veneta, però abbiamo avuto anche alcune sorprese. Per esempio abbiamo trovato la ceramica greca da cucina, cosa che accade ad esempio nel vicino sito di Spina. Questo rinvenimento testimonia che a San Basilio i Greci non arrivavano solamente come commercianti, come mercanti, ma con buona probabilità vi era nel sito una presenza greca, dal momento che la ceramica da cucina è un indicatore importante di certe abitudini alimentari.

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Applique in bronzo a forma di felino ritrovata nel sito preromano di San Basilio nella campagna di scavo dell’università di Padova (foto unipd)

Applique in bronzo a forma di felino. “E poi tra le altre sorprese – sottolinea Paltineri – vi è il rinvenimento di alcuni bronzetti configurati a forma di felino, a forma di quadrupede, produzioni di pregio che circolavano nel Mediterraneo occidentale in epoca tardo arcaica. Si rinvengono materiali analoghi in tutta l’Etruria ma anche nel Mediterraneo occidentale fino alla penisola iberica. Sono applique che con buona probabilità si trovavano sugli orli di patere bronzee, e che non sono in realtà una novità assoluta in Polesine, perché si conoscono anche esemplari da Adria

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Un vecchio documento che mostra il disegno del colino ritrovato a Pezzoli di Ceregnano (Ro) con un’applique uguale a quella rinvenuta a San Basilio (foto unipd)

e si sa di un vecchissimo rinvenimento, del ‘700 addirittura, da un contesto, di cui i materiali sono perduti, che è quello di Pezzoli di Ceregnano, sito nel quale erano stati rinvenuti materiali di provenienza funeraria tra i quali un infundibulum, cioè un colino, che aveva appunto una di queste applique, identica a quelle che abbiamo trovato noi. Il nostro rinvenimento di bronzetti è da riferire ad attività di rifusione. Quindi quando questi oggetti avevano perso la loro funzione primaria. Però rimane un rinvenimento importante.

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Panoramica delle cderamiche di importazione e di produzione locale rinvenute nello scavo nel sito preromano di San Basilio dall’università di Padova (foto unipd)

Dai buccheri alle ceramiche etrusco-padane decorate alla veneta. “Tra gli altri rinvenimenti significativi – continua – va segnalata ceramica meso-corinzia che data l’attivazione del sito almeno intorno al 590 a.C. e poi abbiamo bucchero attestato in notevole quantità, anche con forme che incominciano a comparire nella seconda metà del VII secolo e che poi hanno una evoluzione tipologica fino ai primi decenni del VI. Il fatto di aver trovato queste forme a San Basilio è importante, perché il range di nascita e morte del tipo ci consente di fissare il sicuro avvio del sito intorno al 600. E questo è un dato nuovo perché, rispetto ai rinvenimenti degli anni ’80 del secolo scorso, noi possiamo rialzare di un ventennio-un venticinquennio l’attivazione di San Basilio preromana, appunto a questa data chiave, al 600. Poi abbiamo rilevato altri aspetti molto interessanti nella tipologia dei materiali: per esempio, abbiamo forme che sono tipicamente etrusco-padane ma che presentano la decorazione veneta a fasce rosso nere. E questo è un fenomeno di ibridazione tipologica molto significativo, e che ha sicuramente a che fare con i gusti e le abitudini della committenza locale”.

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Un’attività dell’università di Padova nella campagna di scavo nel sito preromano di San Basilio (foto unipd)

“Queste indagini – conclude Paltineri – sono possibili – e voglio ricordarlo – grazie all’entusiasmo e all’impegno di tutti gli studenti, gli specializzandi e i dottorandi che ogni anno lavorano con noi nel sito”.

Padova. Nella giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità” presentati i risultati e le anticipazione della stagione 2024 del progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine” a Frattesina e Villamarzana, e del progetto “San Basilio”. Ecco le voci dei protagonisti

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Professori, funzionari. direttori, dottorandi e specializzandi protagonosti della giornata di studio “Archeologia in Polesine” al Palazzo Bo di Padova (foto graziano tavan)

padova_palazzo-bo_giornata-di-studi-archeologia-in-polesine-tra-protostoria-e-romanità_locandinaCi siamo. Sta per aprirsi la nuova stagione di ricerche archeologiche nel Medio Polesine (Frattesina di Fratta Polesine, Villamarzana: entramni nel progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine”) e nel Delta del Po (San Basilio di Ariano nel Polesine: progetto “San Basilio”) che impegneranno università (Padova, Venezia, Roma La Sapienza), musei (Fratta Polesine, Adria), soprintendenze (Sabap Verona Rovigo Vicenza), enti locali (Fratta Polesine, Villamarzana, Ariano nel Polesine), sponsor (fondazione Cariparo) in un impegno corale straordinario che sta dando frutti eccezionali tanto che si può dire che il Polesine si stia rivelando un vero laboratorio per conoscere dinamiche culturali, economiche, sociali e potenzialità delle popolazioni protostoriche non solo a livello padano-adriatico ma con implicazioni che coinvolgono territori dal Baltico al Levante. Una importanza sottolineata dalla giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità” promossa dall’università di Padova – dipartimento Beni culturali a Palazzo Bo a Padova (vedi Padova. A Palazzo Bo giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità. Risultati in progress dei progetti Prima Europa e San Basilio”, con la presentazione delle ricerche a Frattesina, Villamarzana e San Basilio | archeologiavocidalpassato). Con alcuni dei protagonisti vediamo come ci offrirà la stagione di ricerca 2024 in Polesine.

Jacopo Bonetto, del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, spiega ad archeologiavocidalpassato.com il senso della giornata patavina: “La giornata di oggi, 17 aprile, vuole essere una giornata di sintesi, di punto di arrivo, ma anche di ripartenza di quelle che sono le numerose e differenziate attività che l’università di Padova insieme all’università di Venezia, alla soprintendenza, al ministero, ai Comuni, agli enti territoriali, stanno conducendo nella vasta area del Polesine. È una giornata di studi che raccoglie i frutti dell’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ha deciso di investire in questo contesto, e investire nelle risorse culturali. È stata messa sul terreno una squadra molto ricca, molto variegata – appunto di universitari, funzionari di soprintendenza, direttori di museo, sindaci, soggetti del parco del Delta del Po -, e tutti assieme abbiamo dato vita a questi tre grandi cantieri di lavoro. Uno presso il sito arcinoto di Frattesina, uno presso il sito meno noto ma comunque di grande potenzialità di Villamarzana, per quanto riguarda la protostoria; e poi il contesto di San Basilio, anche questo noto da tempo, ma anche questo meritevole di approfondimenti. E da due anni e per i prossimi due almeno ci sono squadre di archeologi, formate da docenti, ricercatori, funzionari, ma anche molti studenti, molti dottorandi, che si alternano sul campo alla ricerca. La giornata di oggi presenta appunto i risultati delle campagne 2022-2023 con tutto quello che hanno portato di novità. Quindi grandi novità sulle fasi protostoriche ma anche grandi novità sulla fase di romanizzazione, di età romana, di tardo-antica che il sito di San Basilio sta restituendo. E credo che i risultati già a vedere le prime relazioni o a capire anche solo i titoli degli interventi siano veramente importanti”.

Sulla campagna 2024 a Frattesina dell’università La Sapienza di Roma con il CPSSAE, interviene per archeologiavocdalpassato.com Paolo Bellintani (Cpssae):

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Il professor Andrea Cardarelli (Sapienza università Roma) dirige gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

“Nella prossima campagna di ricerca Medio Polesine nel progetto Prima Europa per quanto riguarda Frattesina procederemo con una nuova campagna archeologica nel mese di settembre 2024 in particolare dedicata allo scavo della fornace che abbiamo individuato nel 2023, probabilmente dedicata alla produzione di vetro. Mentre tra luglio e ottobre 2024 procederemo al rilievo magnetometrico del sito di Campestrin di Grignano Polesine, nel sito della lavorazione dell’ambra, che ancora ha bisogno di chiarire questi aspetti prima di procedere in una seconda fase del progetto a nuove indagini archeologiche stratigrafiche anche in questo sito”.

Michele Cupitò del dipartimento Beni culturali dell’università di Padova, sintetizza per archeologiavocidalpassato.com le ricerche a Villamarzana 2024:

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Momenti di scavo nell’area con presenza di impianti produttivi nel sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

“La campagna di scavo 2024 a Villamarzana inizierà il 9 settembre e ci tratterremo sul sito per un mese, per quattro settimane, nell’ambito delle quali abbiamo intenzione di portare a compimento almeno una parte dello scavo che abbiamo aperto e di ampliare il settore per cercare di comprendere meglio le caratteristiche del tessuto abitativo – la forma delle case, le dimensioni delle case, se sono case, perché potrebbero anche essere strutture diverse. Come al solito il tutto si farà in collaborazione con la soprintendenza e con la direzione regionale Musei, in particolare con il museo di Fratta Polesine, soprintendenza di Verona naturalmente, e parteciperanno studenti, dottorandi, specializzandi, assegnisti: quindi lo “zoccolo duro” dell’università, che è quello che appunto più di tutto ci consente di lavorare. Parallelamente andremo avanti con il laboratorio allestito a Villamarzana per lo studio dei materiali, per gli aspetti archeobotanici e archeozoologici; e naturalmente proseguiremo anche con lo studio parallelo al laboratorio sul campo. L’obiettivo è di chiudere il 2024 – le attività di campo 2024, comprese l’estensione delle prospezioni geofisiche – con una messe di dati sufficiente per poter scrivere una storia – non più lineare, perché sarà complessa – ma un po’ più chiara di questo momento fondamentale della fine, dell’ultimo scorcio del Bronzo Finale nel Medio Polesine e in particolare a Villamarzana”.

Maria Letizia Pulcini, direttore del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, affronta per archeologiavocidalpassato.com il concetto di archeologia pubblica, declinato nelle sue diverse accezioni:

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Maria Letizia Pulcini illustra le attività di ufficio stampa del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine per il progetto “Prima Europa” (foto graziano tavan)

“Nel 2022 la direzione regionale Musei del Veneto, cui afferisce il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, ha stipulato con la soprintendenza ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza un accordo per le attività di valorizzazione e di ricerca che sono la mission del nostro ufficio. E proprio grazie a questa convenzione siamo riusciti ad avere un ruolo attivo all’interno del progetto “Prima Europa. La protostoria del Polesine” con un ruolo di coordinamento proprio per quanto riguarda le attività di valorizzazione e divulgazione e le attività di ricerca, perché comunque all’interno del progetto è prevista anche una fase di studio dei materiali scavati negli anni ’70-’80, in particolar modo, e che sono conservati nel museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine. Quindi noi ci siamo occupati del coordinamento delle varie figure coinvolte negli scavi del 2023 e poi anche dei prossimi scavi del 2024, e anche della progettazione e della realizzazione dell’aspetto comunicativo delle rubriche social, ma abbiamo svolto anche attività di ufficio stampa, ovviamente sempre in collaborazione con tutti gli altri partner coinvolti nel progetto Prima Europa e poi anche nelle attività di divulgazione con l’organizzazione degli open day, le attività per le scuole e anche la conferenza finale che c’è stata a novembre 2023 in cui abbiamo riportato i primi risultati delle indagini di scavo”.

Giovanna Gambacurta, dell’università Ca’ Foscari di Venezia, introduce per archeologiavocidalpassato.com il progetto “San Basilio” 2024 che ha restituito evidenze dagli etruschi ai romani: “Comincia anche quest’anno una campagna di scavi a San Basilio di Ariano nel Polesine.

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“Scavi aperti”: visite guidate allo scavo di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto unive)

È una campagna che comincerà con gli studenti dell’università Ca’ Foscari di Venezia il 27 maggio e si concluderà il 22 giugno 2024. Nell’ambito di questa campagna abbiamo anche delle occasioni di visita “scavi aperti”: una il 1° giugno, una il 22 giugno, quindi in fase inziale e in fase finale degli scavi, e pensiamo di andare ad approfondire alcune tematiche che abbiamo cercato di mettere in luce negli anni precedenti, e cioè la problematica della funzione di alcune aree ancora poco sicure nella loro strutturazione. Forse aree di lavorazione all’aperto, aree con dei focolari, aree con accensione di fuochi, e forse di andare ad aprire dei saggi laddove delle indagini geo-magnetiche ci danno indicazioni di possibili evidenze importanti che non abbiamo ancora cominciato a sondare. Quindi è un’idea ancora un po’ in costruzione che stiamo perfezionando in questi giorni per approfondire quello che è la ricerca su San Basilio e che lo sarà anche almeno nei prossimi anni”.

Caterina Previato, del dipartimento Beni culturali dell’università di Padova, per archeologiavocidalpassato.com si sofferma sullo scavo “romano” a San Basilio 2024:

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Nuovo edificio scoperto a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) con foto da drone a sensori multispettrali (foto unipd)

“Le ricerche sull’insediamento romano di San Basilio riprenderanno il 13 maggio 2024 per continuare per 5 settimane, quindi fino a circa metà giugno, e nello specifico quest’anno continueremo a indagare la cosiddetta Villa romana, già oggetto di ricerche da due anni, con l’obiettivo di comprenderne meglio la funzione e soprattutto di indagare tutte le sequenze stratigrafiche ancora non toccate dagli scavi del passato. Inoltre si aprirà un nuovo grande saggio di scavo che interesserà un edificio finora del tutto sconosciuto che è stato recentemente individuato grazie a delle prospezioni geofisiche condotte da una collega dell’università di Bamberg Wieke de Neef. E questa sarà probabilmente la scoperta più importanti, l’obiettivo più importante di quest’anno proprio perché è un edificio che finora non si conosceva e che apparentemente dovrebbe essere molto ben conservato”.

Sulla promozione del sistema Delta del Po nel progetto “San Basilio” parla ad archeologiavocidalpassato.com Alberta Facchi, direttore del museo Archeologico nazionale di Adria:

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Il percorso ad anello del Centro turistico culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto drm-veneto)

“Il museo Archeologico nazionale di Adria è promotore del progetto fin dalla sua prima fase, nel 2018, quando quattro amiche – Maria Cristina Vallicelli della soprintendenza, io del museo Archeologico nazionale di Adria, Giovanna Gambacurta dell’università di Venezia, e Silvia Paltineri dell’università di Padova – ebbero così l’idea di ricominciare con gli scavi a San Basilio ma anche affiancare agli scavi una parte di disseminazione, di conoscenza dei risultati in realtà ripercorrendo le tappe di quelle che erano stati i vecchi scavi di San Basilio degli anni ’70 che avevano avuto un rapporto con la comunità molto stretto fin dall’inizio. Quindi in tutti questi anni, ormai si tratta di 6 anni – c’è stata la pausa del lock-down – alla ricerca si sono affiancati incontri, conferenze, e visite allo scavo: il primo anno siamo riusciti a offrire a tappeto a tutte le classi del delle scuole di Ariano nel Polesine e a moltissime delle scuole di Adria proprio la visita agli scavi. E queste attività hanno sempre affiancato la ricerca. Il museo di Adria non è che abbia avuto un ruolo di coordinatore perché i lavori sono sempre andati avanti parallelamente. Però diciamo che è un fratello maggiore e si sta cercando di fare adesso – questa forse è la cosa più importante – è la rete che si è venuta a creare tra il museo di Adria e il centro turistico culturale di San Basilio e l’area archeologica musealizzata di San Basilio. E si sta costituendo come una rete organizzata che potrebbe comprendere anche Loreo. Quindi il sistema di siti da visitare di stampo archeologico nel Delta del Po comincia a essere veramente interessante e articolato.  Importante. E questa giornata ha dimostrato quanto l’archeologia del Delta del Po sia importante”.

Chiude i nostri interventi Giovanna Falezza, della soprintendenza ABAP di Verona Rovigo e Vicenza, illustra ad archeologiavocidalpassato.com la nuova musealizzazione dell’area archeologica di San Basilio:

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La nuova illuminazione dell’area archeologica di San Basilio (foto drm-veneto)

“Un tassello importante di San Basilio archeologica è l’area archeologica valorizzata: nasce dopo gli scavi degli inizi Duemila e poi migliorata con la creazione della grande copertura a campata unica del 2014. Ma grazie prima a un corposo finanziamento Interreg Value e poi negli ultimi anni con ulteriore supporto della fondazione Cariparo siamo riusciti a terminare la sua valorizzazione. Quindi è stato ultimato il restauro, sistemati alcuni problemi di dilavamento che si erano verificati negli ultimi anni con una completa sistemazione con i ghiaini e parziale ricostruzione delle evidenze, una nuova pannellistica, e da ultimo l’illuminazione che permette una efficace, anche emotivamente coinvolgente, fruizione anche nelle ore serali dell’area archeologica”.

Rovereto. Al museo di Scienze e Archeologia per “I giovedì dell’archeologia”, Paolo Bellintani dell’Umst – soprintendenza di Trento parla di “Frattesina e le vie dell’ambra nella Protostoria europea”, un nodo strategico in una complessa rete di scambi dal Baltico al Levante mediterraneo

rovereto_civico_i-giovedì-dell-archeologia_frattesina-e-le-vie-dell-ambra-nella-protostoria-europea_locandina“Frattesina e le vie dell’ambra nella Protostoria europea” è il tema affrontato da Paolo Bellintani dell’Umst – soprintendenza per i Beni e le Attività culturali della Provincia Autonoma di Trento, giovedì 18 aprile 2024, alle 18, nel secondo dei due appuntamenti de “I giovedì dell’archeologia”, i tradizionali incontri con gli esperti per gli appassionati dell’antico, a ingresso gratuito al museo di Scienze e Archeologia di Rovereto, organizzati dalla Società Museo Civico di Rovereto, con la Fondazione Museo Civico e la Fondazione Alvise Comel, e con il sostegno del Comune di Rovereto, della Comunità della Vallagarina e della Provincia autonoma di Trento. La partecipazione è libera e gratuita. L’attività è riconosciuta ai fini dell’aggiornamento per gli insegnanti e del credito formativo per gli studenti della scuola secondaria di secondo grado.

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L’archeologo Paolo Bellintani del CPSSAE segue gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Alla fine dell’età del Bronzo, tra XII e X sec. a.C. ca., lungo un ramo scomparso del Po e a ca 40 km dal suo antico delta e dalla costa adriatica nord-occidentale, si sviluppò un centro abitato a metà strada tra il villaggio e la città, in cui ad un’economia di sussistenza a base agricola si affiancò un sistema produttivo e di scambio mai visto in precedenza nel Nord Italia. Frattesina di Fratta Polesine (Rovigo – Veneto) fu una sorta di “Venezia della Protostoria”, ossia un nodo strategico all’interno di una complessa rete di scambi, estesa dal Baltico al Levante mediterraneo, necessaria all’approvvigionamento di materie prime e prodotti, come metalli, ambra, vetro, avorio, ecc., di fondamentale importanza nelle dinamiche di auto-rappresentazione delle élite dominanti sia delle opulente civiltà vicino orientali che delle comunità tribali dell’Europa “barbarica” dell’età del Bronzo.

Padova. A Palazzo Bo giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità. Risultati in progress dei progetti Prima Europa e San Basilio”, con la presentazione delle ricerche a Frattesina, Villamarzana e San Basilio

padova_palazzo-bo_giornata-di-studi-archeologia-in-polesine-tra-protostoria-e-romanità_locandinaAppuntamento mercoledì 17 aprile 2024, dalle 10 alle 17.30, in aula Nievo, Palazzo Bo, a Padova, con la giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità. Risultati in progress dei progetti Prima Europa e San Basilio”, nella quale saranno presentati i nuovi dati delle ricerche nei siti di Frattesina di Fratta Polesine (Sapienza università di Roma e CPSSAE di Rovigo), Villamarzana (università di Padova), San Basilio di Ariano nel Polesine (università di Padova e università Ca’ Foscari di Venezia), progetti finanziati da Cariparo e realizzati in collaborazione con la soprintendenza ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza e con la direzione regionale Musei Veneto.

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L’estensione del villaggio protostorico di Frattesina sorto lungo il Po di Adria tremila anni fa (foto uniroma/cpssae)

IL PROGRAMMA. Alle 10, saluti istituzionali e introduzione alla giornata: M. Salvadori, prorettrice con delega al Patrimonio artistico, storico e culturale e al Sistema bibliotecario di Ateneo, università di Padova; G. Muraro, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo; F. Magani, soprintendente ABAP per le Province di Verona Rovigo e Vicenza; D. Ferrara, direttore regionale Musei Veneto; G. Valenzano, direttrice del dipartimento dei Beni culturali, università di Padova; M. Cupitò, J. Bonetto, dipartimento dei Beni culturali, università di Padova. I SESSIONE – Il Progetto “Prima Europa. La protostoria del Polesine”, chairman: V. Tiné, soprintendente ABAP per le Province di Belluno Padova e Treviso. Alle 10.30, “Frattesina: le nuove ricerche 2021-2023. Conferme e novità dal grande emporio e centro artigianale internazionale del Bronzo finale”: A. Cardarelli, dip. di Scienze dell’Antichità, Sapienza università di Roma; P. Bellintani, CPSSAE, Rovigo; P. Salzani, SABAP per le Province di Verona Rovigo e Vicenza; I. Angelini, dip. dei Beni culturali, università di Padova; M. Baldo, CPSSAE, Rovigo; N. Cappellozza, SAP, Società Archeologica srl; W. de Neef, Archaeology Department, Bamberg University; C. Nicosia, dip. di Geoscienze, università di Padova. Alle 11.15, pausa caffè. Alle 11.35, “Villamarzana 2022-2023. Nuovi dati per una lettura aggiornata del sistema Medio Polesine alla fine dell’età del bronzo”: M. Cupitò, D. Vicenzutto, C. Ambrosioni, I. Angelini, V. Baratella, V. Gallo, N. Noio, V.G. Prillo, S. Tinazzo, M. Vidale, dip. dei Beni culturali, università di Padova; P. Salzani, SABAP per le Province di Verona Rovigo e Vicenza; C. Bovolato, C. Balista, Geoarcheologi Associati sas; M.S. Manfrin, dip. di Beni culturali e ambientali, università di Milano; W. de Neef, Archaeology Department, Bamberg University; C. Nicosia, M. Dal Corso, E. Zaffaina, dip. di Geoscienze, università di Padova. Alle 12.20, “Raccontare la protostoria del Medio Polesine. Attività di comunicazione e valorizzazione 2023 a Frattesina e Villamarzana”: M.L. Pulcini, A. Gardina, direzione regionale Musei Veneto, museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine; P. Bellintani, CPSSAE, Rovigo; A. Cardarelli, dip. di Scienze dell’Antichità, Sapienza università di Roma; M. Cupitò, dip. dei Beni culturali, università di Padova; P. Salzani, SABAP per le Province di Verona Rovigo e Vicenza. Alle 12.45, pausa pranzo.

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Una fase dello scavo archeologico a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) curato dall’università d Padova (foto unipd)

II SESSIONE – Il Progetto “San Basilio di Ariano nel Polesine”, chairman: R. Peretto, CPSSAE, Rovigo. Alle 14, “Le indagini di Ca’ Foscari a San Basilio tra strutture, infrastrutture e cultura materiale”: S. Bonomi, già soprintendente ABAP del Friuli Venezia Giulia; F. Bortolami, G. Gambacurta, L. Lazzarini, G. Meneghetti, C. Moscardo, università Ca’ Foscari Venezia; N. Pollon, dip. di Storia culture civiltà, Alma Mater Studiorum università di Bologna. Alle 14.45, “San Basilio fra Etruschi, Greci e Veneti. Nuovi dati dalle indagini dell’università di Padova nell’insediamento preromano”: S. Paltineri, M. Secco, A. Giunto, G. Iadicicco, V.G. Prillo, F. Wiel-Marin, dip. dei Beni culturali, università di Padova; G. Garatti, dip. di Studi umanistici, università di Pavia. Alle 15.30, pausa caffè. Alle 15.50, “San Basilio in età romana: nuove ricerche multidisciplinari”: J. Bonetto, C. Previato, J. Turchetto, E. Bridi, C. Girotto, M. Asolati, S. Mazzocchin, A. Stella, V.G. Prillo, dip. dei Beni culturali, università di Padova; G. Falezza, SABAP per le Province di Verona Rovigo e Vicenza; W. de Neef, Archaeology Department, Bamberg University. Alle 16.35, “Progetti di valorizzazione a San Basilio: il rinnovamento del Centro Turistico Culturale e dell’area archeologica”: A. Facchi, direzione regionale Musei Veneto, museo Archeologico nazionale di Adria; G. Falezza, SABAP per le Province di Verona Rovigo e Vicenza. Alle 17, conclusioni: M. Harari, dip. di Studi umanistici, università di Pavia; M. Pacciarelli, dip. di Studi umanistici, università di Napoli “Federico II”.

Fratta Polesine. Al museo Archeologico nazionale, che festeggia i 15 anni, conferenza “Archeologia dell’anima: un viaggio nei ricordi – Storie delle prime ricerche a Frattesina” (prenotazione obbligatoria) e mostra fotografica “Frattesina. Affiorano anche i ricordi”

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La barchessa Nord di Villa Badoer a Fratta Polesine sede del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (foto drm-veneto)

fratta-polesine_archeologico_15-anni_locandinaDomenica 7 aprile 2024 speciale al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine nella barchessa Nord di Villa Badoer a Fratta Polesine (Ro) e non solo perché è la prima del mese a ingresso gratuito. Conferenza sui 15 anni del museo nazionale di Fratta Polesine e mostra fotografica su Frattesina: eventi gratuiti con prenotazione obbligatoria per la partecipazione alla conferenza, scrivendo all’indirizzo e-mail: drm-ven.museofratta@cultura.gov.it o telefonando al numero 0425 668523.

fratta-polesine_archeologico_conferenza-archeologia-dell-anima_locandinaAlle 16.30, il museo ospiterà la conferenza “Archeologia dell’anima: un viaggio nei ricordi – Storie delle prime ricerche a Frattesina”, organizzata in collaborazione con le associazioni CPSSAE – Centro Polesano di Studi Storici Archeologici Etnografici, e Il Manegium, gruppo culturale e di ricerca. L’introduzione sarà curata dalla direttrice Maria Letizia Pulcini, mentre a seguire verrà dato spazio agli interventi: “La scoperta di Frattesina e le prime ricerche del CPSSAE” di Carlo e Raffaele Peretto; “Il Manegium e il primo Antiquarium di Fratta Polesine” di Adriano Azzi; “Il CPSSAE, Anna Maria Bietti Sestieri e il museo nazionale di Fratta Polesine” di Paolo Bellintani. La conferenza, organizzata per celebrare i 15 anni del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, vuole ricordare i primi scavi che hanno portato alla scoperta del sito di Frattesina e il primo allestimento del museo civico “Antiquarium” a Fratta Polesine, precursore del museo attuale.

fratta-polesine_archeologico_mostra-frattesina-affiorano-i-ricordi_locandinaAl termine, verrà inaugurata la nuova edizione della mostra fotografica “Frattesina. Affiorano anche i ricordi”, che ripercorre proprio le tappe delle prime campagne di scavo, inizialmente proposta nel 2015 per celebrare i 50 anni del CPSSAE, e che rimarrà attiva tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30 fino al 30 giugno 2024.

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Sono passati ormai più di cinquant’anni dalla scoperta e dai primi scavi dell’abitato protostorico di Frattesina (foto cpssae)

Il villaggio di Frattesina è da considerarsi il primo vero punto d’incontro tra Mediterraneo e continente europeo. Tra la fine dell’Età del bronzo e l’Età del ferro (XII-X sec. a.C.) si sviluppa qui un centro di produzione e di scambio di straordinaria importanza, con connessioni commerciali a largo raggio. Le ricerche hanno permesso di stabilire l’esistenza di molteplici attività artigianali, distribuite in vere e proprie officine e aree di lavorazione al centro dell’abitato che costituiva un grande emporio specializzato. L’individuazione del villaggio risale al 1967 a seguito della segnalazione da parte di Stefano Casari di affioramenti di materiale archeologico nel podere di famiglia poco fuori Fratta Polesine. Fu la scintilla che portò alla luce l’abitato e negli anni successivi le due necropoli di Fondo Zanotto e Narde tramite una felice serie di campagne di scavi condotte dalla recentemente scomparsa Anna Maria Bietti Sestieri, Maurizia De Min e Luciano Salzani.

rovigo_cpssae50_logoIl CPSSAE nasce a Rovigo nel dicembre del 1964 grazie alle figure di Gian Battista Siviero e Gian Franco Bellintani e ben presto fu in grado di attivarsi in concrete indagini sul territorio grazie al “gruppo scavi” coordinato da Rodolfo Peretto e composto prevalentemente dai figli Raffaele e Carlo, oltre che da Renzo Padoan e Renato Siviero. In accordo con la soprintendenza e con la collaborazione di studiosi dell’università di Ferrara e del museo di Storia naturale di Verona, iniziò una serie di raccolte di superficie, di saggi di scavo e studi che portarono alla luce numerose testimonianze oggi conservate principalmente al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine e al museo dei Grandi Fiumi di Rovigo.

fratta-polesine_il-manegium_logoNegli scavi di Frattesina, inoltre, e più in generale nel mondo archeologico un ruolo fondamentale è stato spesso svolto dalle comunità, da intendersi sia come singoli individui che in forme associate, sia per la memoria storica e la conoscenza, che per l’amore e il rispetto che li lega al proprio territorio. Per questo è impossibile non citare il gruppo de Il Manegium, formatosi su base volontaria sin dal 1982 in seno alla Pro Loco di Fratta Polesine e con un proprio statuto autonomo dal 1986. Oggi, si occupa di convegni, studi e gestisce il museo della Civiltà e del Lavoro in Polesine, ma svolse un ruolo attivo nelle ricerche e negli scavi di Frattesina, istituendo poi il primo nucleo museale con il cosiddetto Antiquarium che, a partire dal 21 febbraio 2009, data dell’inaugurazione ufficiale, sarebbe poi confluito nell’attuale museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine.

Esclusivo. Il prof. Andrea Cardarelli (Sapienza università) e l’archeologo Paolo Bellintani (CPSSAE) fanno un bilancio della campagna di scavo 2023 nel villaggio protostorico di Frattesina di Fratta Polesine (Ro): le scoperte, l’ambiente, la posizione strategica, la storia degli scavi, le necropoli, le prospettive del progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine”

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Villaggio protostorico di Frattesina: veduta da drone dell’area di scavo nella campagna 2023 (foto uniroma/cpssae)

Oggi lo definiremmo un grande centro abitato a vocazione artigianale per la produzione di manufatti in metallo e oggetti in vetro anche con materiale da riciclo, un importante snodo commerciale, tra emporio e centro intermodale: parliamo del popoloso villaggio protostorico di Frattesina di Fratta Polesine, nel medio Polesine, fiorente tremila anni fa lungo l’asse del Po di Adria e a un passo dal corso dell’Adige, nodo strategico sulla via dell’ambra dal Nord Europa e i prodotti preziosi ed esotici dall’Egeo e il Vicino Oriente.

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Villaggio protostorico di Frattesina (Ro): l’area di scavo interessata dalla campagna 2023 (foto graziano tavan)

“Tra il II e il I millennio a.C.”, scrive Paolo Bellintani, archeologo del CPSSAE, che segue gli scavi di Frattesina, “il Polesine fu per la prima volta punto d’incontro tra Mediterraneo e continente europeo alla testa del Mare Adriatico, prima di Adria e Spina, di Ravenna e Aquileia e poi di Venezia. Le tracce di questo passato fatto di uomini, idee e merci in viaggio lungo la “via dell’ambra” che dal Baltico giungeva fino all’Egeo e alle coste levantine sono ora “palinsesti archeologici” fatti di terra, cocci, strumenti e ornamenti in bronzo, vetro, ambra, avorio ecc. sepolti sotto spessi depositi alluvionali. Le ricerche archeologiche hanno permesso di esplorare una parte di questo grande patrimonio culturale e di renderlo pubblico grazie soprattutto a due musei Archeologici nazionali (quelli di Adria e Fratta Polesine) e uno dei più grandi musei civici regionali: il museo dei Grandi Fiumi di Rovigo”.

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Il professor Andrea Cardarelli (Sapienza università Roma) dirige gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Sabato 18 novembre 2023, al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, alle 16.15, con la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini”, i protagonisti delle ricerche archeologiche presentano alle comunità locali i risultati raggiunti nel corso delle campagne di scavo condotte nell’estate 2023 a Frattesina e a Villamarzana. Evento gratuito con prenotazione obbligatoria (vedi Fratta Polesine (Ro). Al museo Archeologico nazionale la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini” promosso da soprintendenza, università di Padova e Roma, e CPSSAE nell’ambito del progetto “Prima Europa” finanziato dalla Fondazione Cariparo. Parleranno tutti i protagonisti delle ricerche. Per i bambini un laboratorio speciale | archeologiavocidalpassato).

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L’archeologo Paolo Bellintani del CPSSAE segue gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Archeologiavocidalpassato.com ha seguito gli ultimi giorni della campagna 2023 a Frattesina raccogliendo un primo bilancio da Andrea Cardarelli dell’università Sapienza di Roma e Paolo Bellintani del CPSSAE, gli archeologi che hanno condotto le ricerche nell’ambito del progetto finanziato dalla Fondazione Cariparo “Prima Europa. La protostoria del Polesine”, col coinvolgimento della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università La Sapienza di Roma e il CPSSAE in sinergia con il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (Ro) e l’amministrazione comunale di Fratta Polesine.

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La posizione strategica del villaggio protostorico di Frattesina lungo il Po di Adria 3mila anni fa (foto uniroma/cpssae)

Innanzitutto vediamo perché 3mila anni fa Frattesina è nata proprio lì, lungo il Po di Adria. “Il successo di Frattesina e probabilmente anche il motivo della sua nascita”, spiega Cardarelli, “è legato alla posizione strategica che questo abitato aveva. Si colloca lungo il Po, non distante da quello che doveva essere il delta dell’epoca e quindi facilmente raggiungibile dal mare, e in prossimità anche di un’altra via d’acqua, quella dell’Adige, il cui corso antico si avvicinava moltissimo al Po di Adria. E quindi questo consentiva di sfruttare le rotte che dalle Alpi portavano il rame e dall’area transalpina, l’Europa centrale e poi l’Europa settentrionale, l’ambra. Questo per quanto riguarda i contatti con il Nord. Per quanto riguarda i contatti con il Sud, ovviamente l’Adriatico è una specie di grande canale che finisce con quello che viene chiamato il Caput Adriae. E Frattesina era in una posizione strategica quasi alla fine di questo percorso dell’Adriatico, ma in grado di intercettare in maniera ottimale le rotte appunto che provenivano dalle Alpi e le rotte transalpine. Quindi era proprio un luogo di collegamento. Ce lo confermano i materiali che abbiamo trovato. Qui sono stati trovati avorio di elefante, uova di struzzo, e chiaramente qua non c’erano né elefanti né struzzi in quell’epoca, e quindi dovevano venire dal Mediterraneo orientale, o dall’Egeo forse, o mediante vari passaggi, ma comunque sicuramente materiale esotico. E poi c’era l’ambra e il metallo: e anche questi non sono locali. Quindi sono tutte quante evidenze che ci confermano questo ruolo strategico di emporio di controllo delle rotte commerciali dell’epoca”.

Ma quando è stato scoperto il villaggio protostorico di Frattesina? Spiega ancora Cardarelli: “Frattesina fu scoperta a seguito di lavori agricoli di livellamento del suolo già alla fine degli anni Sessanta del Novecento. Nel corso degli anni Settanta furono fatte ricerche di superficie e poi furono fatti i primi scavi che continuarono nella seconda metà degli anni Ottanta. Poi ci fu una lunga stasi tra gli anni Novanta e il 2014 quando furono riprese le indagini, in particolare soprattutto foto aeree, remote sensing, carotaggi, finestre stratigrafiche, ma non veri e propri scavi. Nel 2020 abbiamo iniziato questo progetto per la conoscenza, per l’approfondimento delle conoscenze di Frattesina anche attraverso gli scavi. Abbiamo prima fatto delle indagini geofisiche che ci hanno indirizzato in maniera molto eclatante, molto evidente rispetto alle strutture sepolte, e quindi siamo andati con una certa sicurezza a indagare le strutture che erano visibili in queste analisi di superficie”.

È il momento di entrare più nel dettaglio per capire come è andata la campagna 2023. Ce ne parla Paolo Bellintani: “La campagna di quest’anno a Frattesina ha potuto mettere in luce una specie di piccolo quartiere, un quartierino – chiamiamolo così – di questo grande villaggio dell’Età del Bronzo del medio Polesine. In particolare nell’area che stiamo esplorando sono emerse due grandi strutture abitative. Una l’abbiamo scoperta quasi integralmente nell’area orientale dello scavo. Di un’altra, praticamente a fianco di questa, abbiamo portato alla luce solo una metà perché l’altra metà è al di sotto della sezione di scavo orientale che speriamo di poter indagare l’anno prossimo. Quindi si tratta di due grandi abitazioni che sono state realizzate al di sopra della colmatura di uno dei grandi canali che attraversavano l’abitato e che sono vissuti per circa metà del periodo di occupazione dell’abitato di Frattesina (XII-X secolo a.C.). Due abitazioni cresciute, edificate al di sopra del grande canale centrale che noi abbiamo in parte indagato nella campagna del 2022. E altre strutture le abbiamo trovate un pochino più a Nord, sulla sponda settentrionale di questo grande canale centrale. Le abbiamo in parte scavate: sono piattaforme, probabilmente per lavorazioni artigianali. Purtroppo non sono emersi elementi utili per capire nell’immediato a cosa servivano queste piattaforme. Speriamo di capirlo meglio attraverso altri tipi di indagine di laboratorio. Comunque non erano strutture pavimentali come quelle che abbiamo qui nelle due grandi abitazioni prima descritte. Lì probabilmente sono piattaforme per lavorazioni artigianali. Altre due importanti situazioni sono emerse nel corso dello scavo di quest’anno: una fornacetta e un piccolo ripostiglio di bronzi”.

Bellintani ha accennato alla scoperta di una fornacetta nella campagna 2023. Ecco la sua descrizione. “Si diceva della fornacetta”, riprende Bellintani. “È una struttura ben evidente nella sua camicia costitutiva creata da una specie di muricciolo in terra pressata che poi appunto si è colorata grazie all’esposizione del fuoco, diventando una sorta di terracotta.

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Campagna 2023 a Frattesina: la fornacetta alla fine dello scavo (foto graziano tavan)

Ora, che siamo alla fine della campagna di scavo, si vede svuotata perché in origine l’abbiano trovata colmata dei residui, dei frammenti di quello che doveva essere la volta di copertura della fornace stessa. Quest’anno ci siamo limitati allo scavo semplicemente degli elementi interni, degli elementi della volta, della colmatura della fornace. L’anno prossimo dovremo invece scavare tutto attorno per capire il piano di posa dove è stata costruita e i piani su cui questa fornace conviveva. Per vedere se ci sono residui ulteriori delle attività di lavorazione della fornace. Parlo di residui di lavorazione perché non sappiamo esattamente a cosa servisse questa struttura. Non abbiamo trovato elementi particolarmente importanti all’interno che dirimessero immediatamente la questione del suo utilizzo. Poteva essere dedicata – come diciamo noi – ad attività pirotecnologiche, cioè attività dove il fuoco diventa l’elemento di trasformazione di particolari materie prime. E sto parlando della metallurgia, che è una delle attività principali di Frattesina. Ma sto parlando, forse con più probabilità, della lavorazione del vetro, perché un’altra grande attività di Frattesina è appunto la lavorazione del vetro e, forse, pensiamo la stessa produzione di vetro da materie prime. Con Ivana Angelini dell’università di Padova stiamo proprio indagando in particolare tutti questi elementi trovati all’interno per capire alcuni dei quali sono vetrificati, quindi vedere magari se si tratta effettivamente di lavorazione del vetro, per vedere se riusciamo a capire meglio le attività di queste pirotecnologie tipiche di Frattesina. In particolare vediamo che la struttura della fornace è in prossimità delle abitazioni, come se le attività di artigianato specializzato non si svolgessero in quartieri specifici dell’abitato, ma piuttosto all’interno dell’abitato stesso, in vicinanza o addirittura negli stessi spazi dove abitavano gli artigiani fonditori del metallo, gli artigiani del vetro, ecc.”.

L’altra scoperta frutto della campagna 2023 è un ripostiglio di bronzi. Ce ne parla ancor Bellintani. “All’inizio della campagna di scavo 2023”, ricorda, “è emerso un piccolo insieme di oggetti di bronzo che gli archeologi chiamano ripostiglio.

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Campagna 2023 a Frattesina: ripostiglio “da fonditore”. Insieme di pezzi di lingotto e frammenti di vari oggetti usurati (armi, ornamenti, strumenti ecc.) probabilmente destinati al riciclaggio (foto uniroma/cpssae)

Si tratta di un insieme di materiali come lingotti o pani, che sono gli elementi che escono dalle zone di prima lavorazione del metallo per essere destinati ai villaggi dove venivano rifusi per essere colati in matrici e assumere le forme di oggetti, strumenti di lavoro, armi, ornamenti, ecc. Insieme a frammenti di lingotti, in particolare alcuni con una forma specifica e particolare tipica di quest’epoca, che abbiamo chiamato pani a piccone proprio per la forma a piccone. In genere li ritroviamo in frammenti stretti e lunghi, con un foro centrale e con le estremità appuntite. E poi panelle tondeggianti, o piano-convesse per la precisione, ma anche un insieme di materiali usurati, frammenti di armi, strumenti, in pessime condizioni come se fossero destinati al riciclaggio. Parliamo di metallo, parliamo di bronzo, una lega di rame e stagno che all’epoca si usava per molte pratiche anche della vita quotidiana. E nella tarda età del Bronzo questo materiale è già abbastanza diffuso. Non è più preziosissimo come nelle origini della metallurgia, però ancora sufficientemente prezioso da non essere sprecato neanche in singole gocce, potremmo dire. E quindi recuperato e tenuto probabilmente dagli stessi artigiani metallurghi come scorta di materiale appunto per la produzione di nuovi oggetti”.

Com’era questo territorio 3mila anni fa? “Intanto c’era un grande fiume, il Po di Adria”, spiega Cardarelli, “che lo costeggiava, e quindi questo era un aspetto importante che fa la differenza dall’attuale visione che noi abbiamo di quest’area. L’abitato era percorso da canali ed era occupato fittamente da case e da strutture produttive. Ora proprio quest’anno alcune di queste case le abbiamo cominciate a intravedere. Sappiamo come erano fatte, e cominciamo ad avere dei dati importanti relativi appunto alla ricostruzione di questo paesaggio antico.

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L’estensione del villaggio protostorico di Frattesina sorto lungo il Po di Adria tremila anni fa (foto uniroma/cpssae)

E quindi dobbiamo immaginare un abitato grande almeno 25 ettari, quindi molto esteso, con decine – probabilmente anche centinaia – di case e di strutture produttive. Demograficamente quindi è abbastanza consistente. Possiamo immaginare molte centinaia, ma forse anche migliaia di abitanti. Quindi un abitato di grande consistenza per l’epoca. E tutto attorno il paesaggio era fiumi, canali, ma anche aree agricole. Sappiamo, dall’analisi delle faune, che c’era l’allevamento dei caprovini, dei suini e dei bovini. C’era anche caccia e pesca. La pesca in particolare orientata anche a pesci di grandi dimensioni, come gli storioni e i lucci che erano abbondanti in quell’epoca nel Po. Poi abbiamo anche fauna selvatica, come cinghiali cervi caprioli. Quindi era integrato l’aspetto dell’allevamento, che era prevalente, da queste altre attività di caccia. Poi sappiamo che coltivavano cereali, leguminose, farro. Questa è un’altra indagine che attualmente stiamo affrontando per comprendere meglio il tipo di colture, già in parte note, e quindi sappiamo che erano già piuttosto evoluti dal punto di vista agricolo e delle tecniche di produzione alimentare”.

Molte informazioni sugli abitanti di Frattesina 3mila anni fa vengono dalle sue necropoli, come spiega Cardarelli. “Frattesina è uno dei pochi insediamenti di cui conosciamo contemporaneamente l’abitato e le necropoli”, sottolinea Cardarelli. “Sappiamo che c’era una grande necropoli a Nord di Frattesina, la necropoli delle Narde che è stata indagata e di cui si conoscono svariate centinaia di tombe. E poi anche a Sud un’altra necropoli, quella di fondo Zanotto. Attualmente abbiamo delle informazioni.

SISTEMAZIONE VELOCE COLORE E  RADDRIZZAMENTO ORIZZONTALE

Allestimento del corredo della tomba 227 dalla necropoli delle Narde al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (foto drm-veneto)

Sono necropoli a incinerazione prevalentemente. Quasi esclusivamente a incinerazione. Quindi le ossa cremate dei defunti venivano deposte all’interno di urne accompagnate spesso da oggetti di corredo. E quello che si vede dalle analisi di questi oggetti di corredo è una diversificazione a livello di organizzazione sociale. Quindi vediamo una piramide alla cui estremità sommitale abbiamo poche tombe molto ricche, sia femminili che maschili, e alla base invece tante tombe molto più povere, e in mezzo anche delle situazioni intermedie. Quindi c’è già una diversificazione socio-economica che comincia a intravedersi in maniera significativa. Dal punto di vista della popolazione sappiamo che in particolare a Narde 1 c’è un’aspettativa di vita per l’epoca abbastanza alta. Quindi le condizioni di vita, di sopravvivenza, non erano male: per l’epoca erano piuttosto significative. E in più abbiamo fatto anche delle analisi isotopiche che ci confermano che la maggioranza dei defunti che sono stati cremati e deposti all’interno delle urne erano locali. Cioè erano nati qui e hanno vissuto tutta quanta la loro vita qui, intorno a questo territorio. E ciò nonostante Frattesina fosse un luogo molto aperto, perché sappiamo dei traffici la collegavano sia verso l’Egeo e il Mediterraneo orientale, sia verso le Alpi e l’Europa. Però almeno dal campione che noi abbiamo analizzato, un campione ridotto però non del tutto insignificante, l’evidenza è che si tratta di persone che abitavano qui o perlomeno in questa zona. Ovviamente gli isotopi dello stronzio, con i quali possiamo indagare, ci danno un’evidenza della popolazione in vita, non sappiamo se i loro antenati magari fossero venuti da un’altra parte. Per fare questa analisi bisognerebbe fare l’analisi del DNA, ma purtroppo questo tipo di analisi nelle cremazioni non si può fare perché viene distrutto”.

La campagna 2023 è archiviata. Ci sono prospettive per il 2024? Il prof. Cardarelli è fiducioso. “Come dicevo, Frattesina è uno degli insediamenti più rilevanti della tarda età del Bronzo non solo italiana ma europea. E gli scavi di quest’anno lo hanno ulteriormente dimostrato. Già si sapeva, ma insomma quest’anno sono emerse situazioni che ci confermano in maniera eclatante questo aspetto straordinario: produttivo, artigianale di Frattesina. Le prospettive sono estremamente positive dal punto di vista di quello che si può ancora scoprire. Perché Frattesina è stata indagata, ma è stata indagata per una percentuale molto limitata. Quello che noi abbiamo scoperto quest’anno sono cose importanti. Perché abbiamo capito un po’ come erano fatte le case; abbiamo capito aspetti dell’attività artigianale. Ma tante altre cose sono ancora da scoprire. Si sa molto di più oggi di come era organizzato l’insediamento di Frattesina, ma a livello di dettaglio tutto quanto ciò va ulteriormente indagato. Quindi le prospettive sono estremamente positive. È chiaro che questo significa continuare ad avere un appoggio importante da parte delle istituzioni, da parte delle fondazioni, da parte delle università: tutti quanti i soggetti che sono stati coinvolti in maniera prioritaria in questo progetto, il progetto “Prima Europa” coordinato dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza”.

Fratta Polesine (Ro). Al museo Archeologico nazionale la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini” promosso da soprintendenza, università di Padova e Roma, e CPSSAE nell’ambito del progetto “Prima Europa” finanziato dalla Fondazione Cariparo. Parleranno tutti i protagonisti delle ricerche. Per i bambini un laboratorio speciale

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Non sono passati neppure due mesi dalla chiusura della campagna 2023 a Frattesina e Villamarzana, in Polesine, nell’ambito del progetto finanziato dalla Fondazione Cariparo “Prima Europa. La protostoria del Polesine”, ed è tempo di “rendere conto” agli abitanti di questi territori, prima ancora che agli studiosi, quanto emerso dalle ultime ricerche e quali prospettive ci sono per il futuro. Così, In linea con la mission del progetto, che mira a integrare l’aspetto della ricerca sullo straordinario patrimonio protostorico del Medio Polesine con quello della sua valorizzazione, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università di Roma La Sapienza e il CPSSAE in sinergia con il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (Ro) e le amministrazioni comunali di Fratta Polesine e Villamarzana, organizzano per sabato 18 novembre 2023, alle 16.15, al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini”, con l’obiettivo di presentare alle comunità locali i risultati raggiunti nel corso delle campagne di scavo condotte nell’estate 2023. Evento gratuito con prenotazione obbligatoria. Info e prenotazioni: drm-ven.museofratta@cultura.gov.it, 0425668523. Per i bambini, nella stessa giornata, alle 15.30, sarà organizzato sempre al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, un laboratorio didattico gratuito a cura della cooperativa sociale Scatola Cultura, dedicato allo scavo archeologico. Info e prenotazioni: visitmuseofrattapolesine@scatolacultura.it, 3891208491

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Il professor Andrea Cardarelli (Sapienza università Roma) dirige gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Proprio grazie ai finanziamenti di fondazione Cariparo, Soprintendenza, Università di Padova e Roma, e CPSSAE hanno potuto riprendere gli studi sui grandi insediamenti della fine dell’età del bronzo e dell’inizio dell’età del ferro (XII-X secolo a.C.) di Frattesina di Fratta Polesine e di Villamarzana che, in quel periodo storico, rappresentavano uno snodo di importanza fondamentale nelle relazioni tra Europa, Italia peninsulare e Mediterraneo. In tal senso, il progetto “Prima Europa” prevede, oltre allo studio e alle analisi dei reperti provenienti da indagini pregresse, anche e soprattutto la ripresa delle ricerche sul campo, al fine di fornire un’immagine più precisa possibile delle caratteristiche dei due abitati e più in generale dell’organizzazione territoriale del Polesine.

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Il prof. Michele Cupitò dell’università di Padova, direttore dello scavo del sito protostorico di Villamarzana, mostra alcune stratigrafie (foto graziano tavan)

Apriranno l’incontro i saluti istituzionali di Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo; Enrico Ferrarese, presidente della Provincia di Rovigo; Paolo Carafa, prorettore del Patrimonio archeologico della Sapienza-Università di Roma; Monica Salvadori, prorettrice con delega al Patrimonio artistico, storico e culturale e delega al sistema bibliotecario di Ateneo dell’università di Padova; Elena Biasin, consigliere del Comune di Rovigo per il museo dei Grandi Fiumi; Cinzia Mantovani, assessore alla Cultura del Comune di Fratta Polesine; Daniele Menon, sindaco di Villamarzana; e Adriano Azzi, presidente dell’associazione “Il Manegium”.

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L’archeologo Paolo Bellintani del CPSSAE segue gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Seguiranno gli interventi dedicati ai risultati degli scavi archeologici tenuti da Andrea Cardarelli (uniroma), Paolo Bellintani (cpssae), Nicola Cappellozza (sap) e Ivana Angelini (unipd) per lo scavo di Frattesina (“Le indagini 2023 a Frattesina di Fratta Polesine: primi risultati e prospettive future”) e da Michele Cupitò (unipd) e Paola Salzani (sabap-vr) per lo scavo di Villamarzana (“Le indagini 2023 nel sito di Villamarzana: primi risultati e prospettive di ricerca”). Un contributo sarà infine dedicato alle attività di comunicazione e archeologia pubblica realizzate nell’ambito del progetto dal museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine con Maria Letizia Pulcini e Andrea Gardina (drm-veneto) su “Raccontare l’Archeologia. Attività di comunicazione e valorizzazione delle indagini 2023 a Frattesina e Villamarzana”.

Esclusivo. Col direttore dello scavo prof. Michele Cupitò (unipd) visita guidata alla scoperta del sito protostorico di Villamarzana (Ro) che sembra vocato alla produzione agricola, fonte di sostentamento del fabbisogno alimentare probabilmente per il vicino sito di Frattesina. Ecco gli obiettivi anche ambiziosi della ricerca inserita nel progetto “Prima Europa. La Protostoria del Polesine” con una mission: valorizzare e comunicare

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Campi coltivati a mais nel medio Polesine: in mezzo la piccola trincea di scavo del sito protostorico di Villamarzana (foto graziano tavan)

I campi di mais appena tagliato si perdono a vista d’occhio nella pianura polesana dove oggi, come tremila anni fa, si pratica l’agricoltura. Come sta dimostrando il sito protostorico di Villamarzana (X – IX sec. a.C.) di quasi 80 ettari, dove dal 4 settembre 2023 è attiva la prima campagna di scavo diretta dal prof. Michele Cupitò del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, che segue quelle del 1970 (diretta da Leone Fasani) e del 1993 (diretta da Luciano Salzani) e i sondaggi della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza nel 2004.

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Una delle aree di scavo della campagna 2023 del sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

Villamarzana si trova a una decina di chilometri da Rovigo, a soli tre da Fratta Polesine dove è noto dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso il villaggio protostorico di Frattesina (XIII – IX sec. a.C.) che copre un’area di 20 ettari, in questo periodo oggetto di scavi da parte dell’università Roma La Sapienza e del Cpssae di Rovigo. Entrambi i siti sorsero lungo un ramo del Po di Adria, oggi un paleoalveo, ma presentano caratteristiche diverse. E se dell’abitato di Frattesina, la cui scoperta stupì il mondo degli studiosi, si sa molto, di Villamarzana è ancora quasi tutto da definire: rispetto a Frattesina, qui sembra emergere un’estensione sì più grande ma con tessuto abitativo più rarefatto, meno densamente occupato. Villamarzana potrebbe quindi diventare il testimonial della vita dei nostri antenati di tremila anni fa fornendoci notizie sull’ambiente in cui vivevano e su cosa coltivavano. E quindi grazie a questa campagna di scavo si potrà chiarire anche il rapporto con la vicina Frattesina di cui Villamarzana, ma è solo un’ipotesi al momento tutta da dimostrare, e la prudenza degli archeologi è d’obbligo, potrebbe essere stata il “granaio” o comunque la fonte di sostentamento.

villamarzana_sito-protostorico_incontri-pubblici_locandinaEntrambi i piani di ricerca archeologica rientrano nel progetto “Prima Europa. La protostoria del Polesine” finanziato dalla Fondazione CARIPARO, che mira a integrare l’aspetto della ricerca sullo straordinario patrimonio protostorico del Medio Polesine con quello della sua valorizzazione. In linea con la mission del progetto, a Villamarzana il 14 e per il 27 settembre 2023 vengono organizzati due eventi di archeologia pubblica. Un bell’esempio di archeologia pubblica che vede coinvolto anche il Comune di Villamarzana con il sindaco Daniele Menon, il cui supporto è stato, è e sarà essenziale.

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Il prof. Michele Cupitò dell’università di Padova, direttore dello scavo del sito protostorico di Villamarzana, mostra alcune stratigrafie (foto graziano tavan)

Per saperne di più abbiamo chiesto al prof. Michele Cupitò di introdurre i lettori di “archeologiavocidalpassato.com” al sito protostorico di Villamarzana. Una visita guidata esclusiva in quattro step per capire meglio la ricerca archeologica, i suoi obiettivi e il rapporto con il territorio. Per prima cosa il prof. Cupitò ci introduce al progetto Prima Europa; quindi fa una disamina della storia degli scavi, e del sito sotto l’aspetto geomorfologico e topografico in rapporto al sito di Frattesina; il professore illustra poi la campagna di scavo 2023 e infine ci porta alla scoperta dei laboratori temporanei a supporto della ricerca archeologica.

“Il progetto Prima Europa – esordisce Cupitò – è un progetto di ricerca archeologica finanziato dalla fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ha fortemente voluto investire sul recupero di questo straordinario patrimonio archeologico, nello specifico protostorico, che caratterizza il Polesine in generale e il medio Polesine in particolare, soprattutto l’area compresa tra i due grandi siti di Villamarzana e di Frattesina. Gli enti che sono coinvolti nel progetto sono la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza nella persona della dott.ssa Paola Salzani, e per quanto riguarda lo scavo di Villamarzana il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova; per quanto riguarda invece lo scavo di Frattesina a Fratta Polesine, che è in corso in questo stesso periodo, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università di Roma la Sapienza e il Cpssae di Rovigo. Nel tempo inoltre è stata messa in atto una sinergia molto importante con la direzione regionale Musei del Veneto e, in particolare, con il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine diretto dalla dott.ssa Maria Letizia Pulcini soprattutto per gli aspetti della comunicazione. Lo scavo a Villamarzana è diretto dal prof. Michele Cupitò, lo scavo a Frattesina è diretto dal prof. Andrea Cardarelli dell’università di Roma e dal dottor Paolo Bellintani del Cpssae”.

“Il grande sito di Villamarzana – riprende Cupitò – è noto fin dagli anni ’70 del Novecento, scavo condotto dal professor Fasani e dal dottor Luciano Salzani, poi approfondito negli anni ’90. Però è un sito che è rimasto un po’ all’ombra rispetto alle straordinarie evidenze di Frattesina. E cito questo importantissimo sito non a caso perché si tratta di due siti molto vicini, troppo vicini – diciamo – nel senso che una delle ragioni fondamentali che noi cerchiamo di capire è perché due siti di così grande importanza e di così grandi dimensioni siano sorti l’uno vicino all’altro. E questo già ci fa immaginare che ci fosse una relazione stretta tra questi due insediamenti, cioè che si trattasse di un sistema insediativo e non di siti separati. Allora per cercare di porsi le domande giuste su Villamarzana è inevitabile parlare del pre Villamarzana perché Villamarzana, a differenza di Frattesina, è un sito che nasce solo allo scorcio dell’Età del Bronzo, cioè nel X secolo a.C. e perdura fino ai primi inizi dell’Età del Ferro. Frattesina invece, che appunto si trova a pochi chilometri a Ovest di Villamarzana, ha una vita molto più lunga. È già un insediamento vivo nel XIII secolo, cioè nella fase che gli archeologi chiamano Età del Bronzo recente, si sviluppa, e raggiunge la straordinaria evidenza, che tutti voi potete vedere in museo e nelle pubblicazioni, tra il XII e l’XI secolo a.C., soprattutto quindi nelle prime fasi del Bronzo finale. Con il X secolo, dicevo, pochi chilometri a Est di Frattesina, cioè dove ci troviamo qui, e sulla stessa sponda del Po di Adria, che si trova a Nord di entrambi i siti, nasce appunto il sito di Villamarzana. Che è un sito di enormi dimensioni, ma su queste enormi dimensioni bisogna riflettere. Cioè le enormi dimensioni di Villamarzana sono determinate ad oggi fondamentalmente solo sulla diffusione dei materiali di superficie, ceramiche, reperti, che le arature hanno portato in superficie. Non è detto ovviamente che uno spargimento di ceramica corrisponda a un’area abitativa in senso proprio. E le prospezioni magnetometriche che abbiamo condotto già nell’agosto nel 2022 mostrano proprio questa situazione, cioè che Villamarzana probabilmente era un sito composto da nuclei giustapposti, vicini, che occupano complessivamente un’estensione di anche 80 ettari, ma separati tra loro da aree destinate alle attività produttive primarie, cioè l’agricoltura, l’orticoltura, l’allevamento”.

“La campagna di scavo 2023, che attualmente è in corso – il prof. Cupitò entra nel vivo -, è iniziata il 4 settembre ’23 e poggia su quelle che erano state le ricerche pregresse che avevamo condotto già nel 2022, prospezioni magnetometriche finalizzate a leggere senza scavare le evidenze che stanno sotto il piano di campagna in modo da avere un’idea di dove si vanno ad aprire gli scavi, e poi appunto su due trincee di verifica che abbiamo aperto nel dicembre 2022: una più a Nord che corrisponde a un’area che mostrava una forte concentrazione di strutture apparentemente abitative, comunque a strutture di una certa rilevanza, e invece una seconda in un settore più a Sud che coincideva con un fossato o un canale, non abbiamo ancora chiaro se si trattasse di un canale naturale antropizzato o di un fossato antropico in senso proprio, che sembra cingere questa parte dell’insediamento. L’obiettivo chiaramente era quello di leggere in contemporanea un segmento del tessuto abitativo e poi questo aspetto molto importante della delimitazione del sito. Perché di Villamarzana per ora poco è noto e quasi nulla dal punto di vista topografico.

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Momenti di scavo nell’area con presenza di impianti produttivi nel sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

“Gli scavi che sono ora in corso, per cui do delle informazioni che domani potrebbero essere anche superate, perché fa parte dell’archeologia procedere per integrazioni di dati costanti, nella parte che noi ipotizzavamo essere occupata da case mostrano che in realtà probabilmente non siamo in un’area veramente di case abitazioni, ma più probabilmente di impianti di tipo produttivo. Non è ancora chiaro per la produzione di cosa, quello che tendiamo a escludere è che si trattasse di aree artigianali in senso proprio cioè per la produzione la lavorazione del bronzo, del vetro, della ceramica, dell’osso del palco di cervo. È possibile anche, sulla scorta di confronti con altri contesti che sul piano stratigrafico sono analoghi, si trattasse di aree destinate alla trasformazione delle derrate alimentari, in particolare dei cereali.

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Il prof. Cupitò mostra quella che sembra essere una struttura di perimetrazione, una sorta di palizzata, bruciata, a delimitare il sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

Nel secondo settore, quello prossimo all’area di delimitazione del sito, l’obiettivo è quello di verificare appunto l’andamento di quella che sembra essere una struttura di perimetrazione, una sorta di palizzata, bruciata, che abbiamo identificato già nel dicembre 2022, e di scavare un dato molto importante che sono sicuramente gli spessori di un’area destinata a campi o orti. È quindi chiaro che il sito di Villamarzana, perlomeno per quello che stiamo vedendo adesso, ci darà – ed è questo quello che più di tutto ci interessa – delle informazioni collaterali rispetto a quello che è lo scavo “normale” di un’area abitativa. Cioè finalmente si aprirà una finestra su quello che era tutto l’hinterland che però era la base fondamentale della vita dele comunità: cioè le aree dei campi, le aree degli orti, le aree di lavorazione dei cereali e, quindi, una finestra sull’ambiente. Ecco noi riteniamo che a Villamarzana che potrebbe avere avuto anche una funzione in qualche modo collegata a Frattesina come centro produttivo per il sostentamento del fabbisogno alimentare di questo sito vocato invece principalmente all’artigianato e allo scambio, vorremmo tentare di aprire una finestra su quella che era la campagna e l’agricoltura di questo territorio tremila anni fa. Ed è molto bello – secondo me – vedere come noi camminiamo su campi di oggi e sotto i nostri piedi, a 60-70 centimetri, abbiamo campi o comunque aree di produzione agraria antiche oltre tre millenni.

“Perché comunicare? Perché comunicare è la base fondamentale per far conoscere, e conoscere è la base fondamentale per valorizzare, parola che ormai è estremamente utilizzata, fondamentale, però è una parola che talvolta è più uno slogan che una realtà. Noi vogliamo invece cercare di riempire la parola valorizzazione, comunicazione, con dei contenuti che sono di fatto il tentativo di ricostruire la vita di questo territorio qualche migliaio di anni fa e renderla attuale”.

“In concomitanza con lo scavo sul campo, il progetto Villamarzana – conclude il direttore dello scavo – ha previsto anche l’allestimento di laboratori temporanei in un’area molto piacevole – un piccolo giardino pubblico comunale – e all’interno di uno stabile di proprietà della parrocchia che, grazie ai buoni rapporti con il Comune di Villamarzana che è fondamentale dal punto di vista del supporto, siamo riusciti ad avere. In questo laboratorio temporaneo si processano fondamentalmente quattro cose: il primo di tutto, a livello informatizzato, è l’elaborazione di piante, foto piani, quindi tutta la documentazione di scavo, che è a tre chilometri di distanza, quindi molto comodo, e quindi c’è anche la possibilità di avere subito un riscontro di quelle che sono le attività, di verifica di quelle che sono le attività di campo.

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Laboratori temporanei: il prof. Cupitò nel settore dove si puliscono i reperti dal sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

Poi naturalmente c’è il primo processamento dei materiali dei reperti di tutti i tipi, dalla ceramica, alle faune, agli elementi in osso e palco di cervo, che vengono lavati, catalogati. E poi molto importante proprio per quello che è l’obiettivo del progetto, quello di essere un progetto che non guarda solo il sito ma guarda anche molto l’ambiente nel quale il sito tremila anni fa era inserito, del quale faceva parte, sono due settori: uno dedicato allo studio praticamente sul posto delle faune, cioè dei resti di pasto, per capire quindi che tipo di animali venivano allevati e consumati, e lo sfruttamento degli animali; e l’altro, attraverso la setacciatura con acqua o flottazione, dedicato allo studio dei macroresti vegetali, quindi semi, carboni, che possono darci una informazione molto importante su quella che era appunto la copertura vegetale, l’ambiente e soprattutto quelle che erano le colture, cosa veniva coltivato, cosa veniva sfruttato per l’alimentazione a livello vegetale. Altro aspetto importante che però è affrontato in un altro laboratorio non sul campo ma a Padova, è quello che riguarda la palinologia e la micromorfologia che sono curati dal collega Cristiano Nicosia del dipartimento di Geoscienze che sono un altro tassello per la ricostruzione da un lato dell’ambiente più in senso ampio attraverso lo studio dei pollini, dall’altro da un punto di vista – attraverso la micromorfologia – della composizione reale degli strati. Quindi che cosa contengono, come si sono formati: una decodificazione sempre più approfondita di quelli che sono i segreti della stratigrafia che speriamo di svelare”.

Preistoria. Alla Muraiola di Povegliano Veronese, uno dei più rilevanti siti a livello internazionale, con un abitato dell’Età del Bronzo, conclusa la prima campagna di scavo del Progetto Geodap diretto dal prof. Cristiano Nicosia (università di Padova): “Si è tornati a scavare dove si sono fermate le ricerche fatte negli anni ‘80”.

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Il gruppo di lavoro dell’università di Padova sul sito dell’Età del Bronzo alla Muraiola di Povegliano Veronese: al centro il direttore del progetto Geodap, prof. Cristiano Nicosia (foto geodap)

Nei giorni scorsi in località La Muraiola a Povegliano Veronese si è conclusa la prima parte di scavi del progetto Geodap (GEOarchaeology of DAily Practices: extracting bronze age lifeways from the domestic stratigraphic record) diretto dal professor Cristiano Nicosia, geoarcheologo del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova a cui nel dicembre del 2020 è stato assegnato un prestigioso ERC Consolidator Grant. Il progetto Geodap, che mira a studiare in modo nuovo l’Età del bronzo, concentrandosi sulle strutture abitative dell’epoca, si sviluppa su dieci siti archeologici di sei Paesi europei e la prima tappa si è conclusa pochi giorni fa a Povegliano Veronese, in località Muraiola dove si è tornati a scavare a distanza di quasi 40 anni dai primi ritrovamenti, quando fu scoperta una capanna con un focolare. Il magazine “Il Bo Live. Università di Padova” ha visitato gli scavi. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar.

“Siamo tornati qui aprendo un settore di scavo affianco alle strutture che furono ritrovate negli anni ’80. Adesso abbiamo maggiori tecnologie, tecniche analitiche, di rilevamento e rilievo che sono molto più avanzate rispetto al passato”, spiega Nicosia. Dal sito, uno dei più rilevanti a livello internazionale, sono emersi piani di calpestio e focolari relativi a questo abitato dell’età del Bronzo. I reperti, tra cui molta ceramica, raccontano pezzi di vita dell’epoca e nel caso degli oggetti in ambra parlano anche di scambi commerciali con luoghi lontani a nord delle Alpi. Gli ossi ritrovati verranno indagati dal punto di vista faunistico e permetteranno di sapere quali animali venivano macellati e consumati. “E raccogliamo anche campioni di terreno sia per analisi micromorfologiche, quindi analisi in sezione sottile degli strati di terreno che costituiscono questo sito, sia per analisi paleobotaniche, con l’estrazione di semi, carboni, fitoliti e pollini per avere una ricostruzione delle persone che hanno vissuto qui circa 3500 anni fa”, continua il geoarcheologo dell’università di Padova. 

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Marta Dal Corso, ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, con un’allieva (foto geodap)

A caratterizzare il progetto è infatti un innovativo approccio interdisciplinare che integra la geoarcheologia, la chimica organica e l’archeo-botanica. Particolare attenzione è dedicata ai resti vegetali che sono indagati con diverse metodologie. Le prime indagini sono condotte direttamente sul sito grazie a un macchinario che consente di compiere le operazioni di flottazione con cui vengono recuperati i resti di dimensioni più grandi. “Molto spesso questi resti sono combusti e usiamo l’acqua per farli galleggiare da un campione di terra e li recuperiamo usando un setaccio dalle maglie molto fini”, spiega Marta Dal Corso, ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova. “In questo modo otteniamo sia carbone sia residui di semi e frutti combusti. In seguito confronteremo queste informazioni con quelle si ottengono dallo studio, in laboratorio, di campioni molto più piccoli, come i palinomorfi e i fitoliti”. 

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Alunni in visita guidata al sito dell’Età del Bronzo alla Muraiola di Povegliano Veronese (foto geodap)

Durante le settimane di scavi i cittadini hanno potuto interagire direttamente con i ricercatori grazie a visite guidate e iniziative di coinvolgimento, alcune delle quali pensate nello specifico per le scuole. “Volevamo trasmettere il messaggio che un sito archeologico non è una caccia al tesoro e che ad essere importanti non sono solo gli oggetti belli o di valore. Anzi, molto spesso per noi scienziati è proprio il contrario perché è l’umile terra a restituirci informazioni essenziali. Insomma, setacciamo, laviamo e guardiamo la terra che contiene i materiali più che i materiali contenuti”, osserva il professor Nicosia. 

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Ripresi gli scavi a Frattesina di Fratta Polesine (Ro) a cura della soprintendenza e dell’università La Sapienza di Roma (foto sabap-uniroma)

Le attività del progetto Geodap adesso continuano in altri siti archeologici. “Alcuni siti sono scavati da colleghi e noi ci occupiamo solo della parte analitica, quindi del post-scavo con analisi archeo-botaniche, sedimentarie e micromorfologiche”, spiega il docente. È il caso, ad esempio degli scavi in località di Frattesina, in provincia di Rovigo, che sono ripartiti proprio in questi giorni sotto la guida della Soprintendenza e in collaborazione con l’università La Sapienza di Roma. “In altri siti invece scaviamo direttamente noi e quindi abbiamo un controllo maggiore su tutta l’articolazione stratigrafica del sito stesso”, continua Nicosia. In questa tipologia rientrano i lavori che stiamo conducendo a Codroipo, in provincia di Udine, in armonia con il museo civico di San Vito al Tagliamento.

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L’area delle ricerche sul sito dell’Età del Bronzo alla Muraiola di Povegliano Veronese (foto geodap)

La prima tappa al di fuori dell’Italia sarà in Serbia, più precisamente a Rabe al confine con l’Ungheria. E a ottobre riapriranno anche gli scavi a Povegliano Veronese dove già l’analisi magnetometrica “preparatoria”, condotta a fine 2021, aveva dato i risultati sperati. Si scava dunque a colpo sicuro, come confermato anche dalle attività più recenti. 

I vetri antichi protagonisti al museo di Arte Orientale di Venezia con la giapponese Fuyuki Kaida (“La Bellezza Nascosta del Vetro Antico del Veneto”) e al museo Archeologico di Adria con la mostra “ORNAMENTA. Trasparenze tra storia e design”

La famosa vetrina dei vetri antichi al museo Archeologico nazionale di Adria

Il libro di Fuyuki Kaida “Secret Beauty of Ancient glass from the via Annia and Northern Italy”

C’è un filo rosso che unisce l’insediamento protostorico di Frattesina di Fratta Polesine e Venezia, un legame, un denominatore comune che passa per Adria etrusca e Aquileia romana: il vetro. L’arte del vetro fiorì nelle fasi in cui l’Alto Adriatico svolse un ruolo strategico negli scambi commerciali tra Europa e Mediterraneo orientale. E il primo episodio, la prima volta in cui si produsse vetro in Europa, fu proprio a Frattesina. A seguire e ripercorrere questo percorso “con gli occhi ammirati di chi per la prima volta si è avvicinato alla materia e al nostro patrimonio culturale” è stata la studiosa giapponese Fuyuki Kaida nel libro “Secret Beauty of Ancient glass from the via Annia and Northern Italy” studiando i vetri antichi conservati nei musei nazionali del Veneto. Proprio Fuyuki Kaida (“Se ci avviciniamo al vetro possiamo sentire il mormorio degli antichi”, è il suo motto) è protagonista dell’incontro di giovedì 16 maggio 2019, alle 16, al museo d’Arte Orientale Ca’ Pesaro di Venezia, su “La Bellezza Nascosta del Vetro Antico del Veneto / Secret Beauty of Ancient Glass in Veneto dal 1200 a.C. a 400 d.C.”.

Vetri esposti nella mostra “Ornamenta. Trasparenze tra storia e design” al museo Archeologico nazionale di Adria

La locandina della mostra “ORNAMENTA. Trasparenze tra storia e design” ad Adria

Ancora il vetro (o, meglio, le trasparenze anche dei gioielli) protagonista sabato 18 maggio 2019, con l’apertura straordinaria dalle 19.30 alle 22.30, al museo Archeologico nazionale di Adria in occasione della Festa e Notte dei Musei. Adria in occasione della Festa e Notte dei Musei. I visitatori saranno accompagnati in un viaggio attraverso la bellezza con la mostra “ORNAMENTA. Trasparenze tra storia e design” (appena inaugurata e aperta fino al 14 ottobre 2019) grazie alla disponibilità del personale del museo. Il dialogo istituito tra passato e futuro in questa seconda edizione della mostra affianca gioielli di designer contemporanei selezionati da Venice Design Week agli splendidi vetri antichi custoditi nei depositi del museo, solitamente non visibili al pubblico e “portati alla luce” in questa occasione. Nell’allestimento, questo speciale accostamento segue un tema principale comune a tutti gli elementi, quello della trasparenza, declinato secondo diverse suggestioni, rimandi, emozioni e particolari evocativi. Le relazioni tra i gioielli contemporanei e i pregiati e rari reperti del museo contribuiscono così alla lettura degli oggetti stessi e partecipano alla loro valorizzazione.