Adria (Ro). Al museo Archeologico nazionale presentazione del progetto “Patricom. I patrimoni delle comunità: nuove narrazioni per un turismo culturale sostenibile in Veneto” promosso dal dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova con Scatola Cultura. Ecco il programma
Una nuova risorsa digitale per un turismo culturale sostenibile e di comunità nel territorio rodigino. È la piattaforma Patricom che sarà presentata domenica 16 novembre 2025, alle 16.30, in sala conferenze del museo Archeologico nazionale di Adria, in via Badini 59 ad Adria (Ro), nell’ambito del progetto “Patricom. I patrimoni delle comunità: nuove narrazioni per un turismo culturale sostenibile in Veneto” promosso dal dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova in partenariato con l’impresa culturale Scatola Cultura. Il programma: I LUOGHI DEL CINEMA NEL POLESINE, nuove narrazioni per un turismo sostenibile. Presentazione pubblica dei testi e delle videointerviste sul cinema del Polesine realizzati nell’ambito della ricerca. A cura di Giulia Lavarone, Farah Polato e Martina Nisticò, con la collaborazione del Circolo del Cinema “Carlo Mazzacurati” di Adria. ARCHEOVENETO, il portale per conoscere l’archeologia nel Veneto. Presentazione pubblica del portale web dedicato al patrimonio archeologico regionale, con particolare riferimento alla provincia di Rovigo. A cura di Jacopo Bonetto, Andrea Raffaele Ghiotto e Vittoria Scaroni, con la collaborazione della Regione del Veneto, la direzione regionale Musei nazionali del Veneto e le soprintendenze Archeologia Belle arti e Paesaggio con sede a Padova Verona e Venezia. Interverrà all’incontro Stefania Paiola, in rappresentanza dell’impresa culturale Scatola Cultura. Alle 18 verrà offerto un piccolo rinfresco a tutti i presenti. Sono invitati a partecipare tutti gli interessati.
Esclusivo. Con la prof.ssa Giovanna Gambacurta (università Ca’ Foscari) primo bilancio della campagna 2025 nel sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro): le tracce dell’insediamento sono pertinenti al periodo tra fine VI sec. e inizio V sec. a.C. e confermano l’orientamento delle strutture di tutto il sito; scorie di bronzo e frammenti di macine e macinelli rivelano invece la presenza di officine produttive. Tanti elementi da approfondire nei prossimi anni

La prof.ssa Giovanna Gambacurta (UniVe) osserva la trincea settentrionale dello scavo preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto graziano tavan)
Le tracce dell’insediamento preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) sono pertinenti a un periodo cronologico coerente, tra gli ultimi decenni del VI sec. a.C. e i primi del V sec. a.C., dato confermato dalla ceramica di importazione rinvenuta: è una delle conclusioni giunte dalla campagna di scavo 2025, condotto dalla prof.ssa Giovanna Gambacurta del dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari di Venezia, in convenzione con la soprintendenza ABAP di Verona, Rovigo e Vicenza (dott.ssa Giovanna Falezza), nell’ambito del progetto “San Basilio” finanziato dalla fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. La trincea settentrionale, anche se molto compromessa, conferma un orientamento delle strutture coerente con il resto dell’abitato, mentre la trincea meridionale ha restituito una capanna destinata a dare molte informazioni nelle future campagne di scavo. Costante anche la presenza sia di scorie di bronzo che di frammenti di macine e macinelli che ci parlano probabilmente di officine produttive. E poi un nuovo frammento di vaso del Pittore di Adria – congruente con quello ritrovato nel 2024 – impegna gli archeologi a capire la produzione di questa bottega adriese mai trovata prima al di fuori di Adria. Infine le indagini magnetometriche indicano che l’abitato era molto ampio. Ce n’è quindi abbastanza per capire quanto saranno impegnative anche le ricerche dei prossimi anni. Tra impegno, curiosità e prospettive future, ecco il resoconto di Giovanna Gambacurta in esclusiva per archeologiavocidalpassato.com.
“Nel 2025 abbiamo ripreso gli scavi a San Basilio di Ariano nel Polesine nell’ambito del progetto condotto dalle università di Padova e Venezia”, spiega la prof.ssa Gambacurta ad archeologiavocidalpassato.com. “Noi come università Ca’ Foscari abbiamo aperto due trincee. Avevamo l’idea di proseguire una delle due trincee aperte negli anni passati, quella più settentrionale, e di portarla a termine; e di approfondire invece il lavoro nella trincea più meridionale, aperta l’anno scorso e che sembrava avere delle evidenze piuttosto interessanti.

Studenti di Ca’ Foscari impegnati nello scavo della trincea meridionale del sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto graziano tavan)
Come al solito sono presenti studenti dei tre gradi di formazione, quindi della triennale, delle magistrali, della specializzazione del dottorato, naturalmente con mansioni diverse. Ci sono circa 12-15 persone che hanno lavorato, per un mese (le quattro settimane di giugno 2025, ndr), alternandosi in turni, e cerchiamo di condurre a termine le operazioni di quest’anno anche per impostare la prosecuzione del progetto negli anni futuri”.
“Come dicevo, abbiamo aperto due trincee. La trincea più settentrionale – continua Gambacurta – è quella che avevamo già in esame da tre anni e qui la situazione – lo sapevamo – era molto compromessa dalle arature e quindi stiamo solo conducendo a termine quello che è possibile ricavare da questa situazione davvero molto molto compromessa e molto frammentaria.

Veduta da drone della trincea settentrionale (A) sul sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) con strutture incendiate (foto unive)
Situazione ormai molto residua, ma che ci darà delle indicazioni interessanti, almeno per quanto riguarda un orientamento coerente delle poche strutture rimaste con tutte le altre strutture dell’abitato. Quindi, sostanzialmente, per noi sono cose molto evidenti o resti microscopici, ma rientra in un inquadramento generale del sito e dell’insediamento.

Veduta da drone della trincea meridionale (D) sul sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) (foto unive)
Quello che invece ci interessa di più anche per le prospettive future è la trincea più meridionale dove compare una struttura insediativa, una capanna, i resti di una casa con i suoi piani pavimentali, le buche per i pali portanti, le strutture che dovevano reggere l’alzato, anche dei piani focati e dei resti di attività. Le azioni di quest’anno sono state rivolte a mettere in luce con chiarezza questo tipo di organizzazione di questo piccolo segmento dell’abitato per poterlo poi indagare meglio negli anni futuri. Diciamo che quest’anno abbiamo fatto molto lavoro preliminare. Per questo motivo abbiamo pochi materiali e molta documentazione di strati, di livelli e possibilità di ricostruzione”.

I buchi di palo della capanna portata alla luce nelal trincea D del sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto graziano tavan)
“Diciamo che anche nella diversità dello scavo, anche se abbiamo visto che le due trincee hanno restituito situazioni molto diverse dal punto di vista delle strutture, soprattutto dal punto di vista della loro conservazione, una cosa che si può dire – sottolinea Gambacurta – è che questi piani strutturali, questi resti di insediamento, erano pertinenti tutti a un periodo cronologico coerente, cioè siamo tra gli ultimi decenni del VI sec. a.C. e i primi del V sec. a.C. Lo abbiamo visto soprattutto da alcuni frammenti di ceramica di importazione che sono stati inquadrati, anche con l’ausilio di Simonetta Bonomi che, per tradizione, si occupa della ceramica attica anche di questa zona. Altre due caratteristiche che si possono sottolineare è la presenza sempre costante sia di scorie di bronzo che di frammenti di macine e macinelli che ci parlano probabilmente di officine produttive, forse anche di carattere metallurgico, anche se non abbiamo trovato proprio il focus della fornace, però tanti di questi strumenti, il che è ben comprensibile nell’ambito di un insediamento che era un porto e che quindi aveva bisogno di un artigianato molto efficace.

Frammento di ceramica a figure nere in corso di scavo sul sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto unive)
Un’altra cosa abbastanza significativa di quest’anno è che abbiamo trovato un altro frammento di un vaso che avevamo trovato l’anno scorso – probabilmente sono frammenti congruenti – un vaso di una produzione specifica adriese, del cosiddetto Pittore di Adria, un vaso figurato, e contiamo di vedere di riuscire a ricostruire almeno qualcosa di questa produzione molto particolare perché fino a oggi questo cosiddetto Pittore di Adria era un’officina, una bottega i cui prodotti erano rinvenuti solo ad Adria, e questo è il primo elemento che troviamo fuori della città, forse frutto di un rapporto tra i due centri”.

Studenti dell’università Ca’ Foscari di Venezia impegnati nel lavaggio dei materiali nel sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto unive)
“Grazie al supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo abbiamo sostanzialmente una buona possibilità di altri 3 anni di lavoro qui a San Basilio in cui continueremo con le nostre ricerche, in cui credo che chiuderò la trincea più settentrionale, quella più compromessa, e approfondirò invece quella più meridionale dove i resti, come dicevo, sono più significativi, e non escludo di cercare di ubicare qualche altro saggio in relazione al fatto che abbiamo un’indagine magnetometrica, cioè abbiamo una ricerca di superficie che ci fa vedere che ci sono evidenze dell’insediamento in un ambito piuttosto ampio e quindi si può provare a fare qualche saggio anche collocato in punti diversi della campagna, sempre della campagna che abbiamo intorno. E naturalmente – conclude Gambacurta – questo tipo di operazioni vanno concordate con gli altri partner di progetto dell’università di Padova in modo tale che conduciamo un progetto che abbia delle linee guida sempre coerenti tra di loro. E nell’ambito di questo progetto abbiamo già sviluppato anche una ricostruzione tridimensionale ipotetica dell’insediamento sulla quale continueremo a lavorare per ulteriori dettagli”.
Esclusivo. Con la prof.ssa Caterina Previato (UniPd) primo bilancio della campagna 2025 nel sito romano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro): tra le scoperte, la banchina di una darsena per raggiungere la villa romana via acqua; e la planimetria dell’edificio di grandi dimensioni che poggiava su pali di legno. Tra i reperti un orecchino d’oro e due lucerne integre

La prof.ssa Caterina Previato (UniPd) sullo scavo della villa romana di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) (foto graziano tavan)

Una lucerna, rinvenuta integra, nello scavo della villa romana di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) (foto unipd)
Definito il limite settentrionale della villa romana di San Basilio, uno spazio scoperto, probabilmente una banchina, legato a una darsena o comunque a un bacino d’acqua che permetteva di raggiungere la villa tramite vie d’acqua. Dalle terme della villa recuperato un altro orecchino d’oro. E del grande edificio, sicuramente di carattere pubblico, la cui planimetria oggi è più chiara, si è scoperta che poggiava su pali di legno per una maggior tenuta delle strutture soprastanti. Sono i risultati più eclatanti da un primo bilancio provvisorio della campagna di scavo 2025, condotto dalla prof. Caterina Previato col prof. Jacopo Bonetto, del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, in collaborazione con la soprintendenza ABAP di Verona Rovigo e Vicenza (dott.ssa Giovanna Falezza), nell’ambito del progetto “San Basilio” finanziato dalla fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Tra impegno, curiosità e prospettive future, ecco il resoconto di Caterina Previato in esclusiva per archeologiavocidalpassato.com.

Il gruppo di studenti del primo turno allo scavo di San Basilio romana dell’università di Padova (foto unipd)

Il gruppo di studenti del secondo turno allo scavo di San Basilio romana dell’università di Padova (foto unipd)
LA CAMPAGNA 2025. La campagna di scavo del 2025 relativa all’abitato romano di San Basilio aveva come obiettivo quello di continuare ad indagare la cosiddetta villa, già individuata negli anni ’70 del secolo scorso e ormai in corso di scavo dal 2022, e parallelamente di procedere con lo scavo di un nuovo grande edificio individuato due anni fa grazie alle prospezioni geofisiche. Nello specifico la campagna di scavo si è svolta dal 12 maggio al 13 giugno 2025, per un totale di 5 settimane, e ha visto il coinvolgimento di numerosi studenti dell’università di Padova di diverso livello, con gruppi di 15 ragazzi che si sono alternati nel corso delle settimane. Le attività sul campo sono state coordinate da me, Caterina Previato, ma il progetto vede la co-direzione anche di Jacopo Bonetto dell’università di Padova e di Giovanna Falezza della soprintendenza Abap di Verona Rovigo e Vicenza.

Una lucerna, rinvenuta integra, nello scavo della villa romana di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) (foto unipd)

Grande edificio romano a San Basilio: sistema di fondazione con pali lignei alla base del muro perimetrale (foto unipd)
TRE SAGGI DI SCAVO NEL 2025. Le indagini hanno interessato tre diversi settori di scavo: due relativi alla villa, già aperti negli scorsi anni, e uno relativo al nuovo edificio. Nei due saggi relativi alla villa ci siamo posti obiettivi diversi e di conseguenza anche le attività sono procedute in maniera diversa. Nel cosiddetto saggio 1, già aperto nel 2022, abbiamo deciso di approfondirci al fine di indagare le fasi più antiche dell’edificio, e soprattutto di definire la cronologia di costruzione della villa, e degli interventi di ristrutturazione che ha subito nel corso del tempo. Per quanto riguarda invece il saggio 2, sempre relativo alla villa, ci siamo posti un obiettivo di carattere planimetrico. In particolare abbiamo cercato di definire il limite settentrionale dell’edificio e il suo rapporto con l’ambiente circostante. Ed effettivamente siamo riusciti a individuare una struttura muraria che separava il complesso da uno spazio scoperto, probabilmente adibito a banchina, legato a una darsena o comunque a un bacino d’acqua che permetteva di raggiungere la villa tramite vie d’acqua. Per quanto riguarda invece il terzo saggio di scavo relativo al nuovo edificio, ci siamo dati un obiettivo ancora diverso, ovvero quello di definirne la planimetria dell’edificio, l’assetto architettonico e le caratteristiche costruttive. Di particolare interesse in questo settore è stata l’individuazione, grazie a un sondaggio di approfondimento in prossimità di un muro perimetrale, del sistema di fondazione che caratterizza questa struttura, che prevede il posizionamento alla base del muro di pali lignei funzionali ad asciugare il terreno e a permettere una maggior tenuta delle strutture soprastanti. Questo dato, oltre a essere interessante dal punto di vista tecnico-costruttivo, è per noi molto importante perché proprio attraverso l’analisi dei legni sarà possibile definire la cronologia d’impianto di questo edificio.

Orecchino d’oro dal settore termale della villa romana di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) (foto unipd)
CURIOSITÀ. Le attività di scavo di quest’anno, oltre a darci nuove preziose informazioni sulle caratteristiche planimetrico-architettoniche e sulla cronologia degli edifici, ci hanno restituito – come negli anni scorsi – anche molti interessanti reperti. Numerose sono state anche quest’anno le monete ritrovate in tutti i saggi di scavo che ci permettono di confermare l’importanza di snodo commerciale del sito di San Basilio in età romana. Tra gli altri reperti particolarmente interessanti si segnalano inoltre due lucerne integre, numerosi strumenti legati al mondo della pesca, e inoltre un orecchino d’oro dal settore termale della villa, che va a sommarsi a quello che avevamo già ritrovato due anni fa nello stesso settore.
PROSPETTVE FUTURE. I risultati di questa campagna di scavo, uniti anche agli eccezionali risultati degli anni precedenti di questo importante progetto che ha avuto il sostegno della Fondazione Cariparo, dimostrano chiaramente l’importanza del sito di San Basilio in età romana, e stimolano l’interesse a proseguire le indagini, per indagarne la storia, l’evoluzione nel corso del tempo, e anche il rapporto con l’ambiente circostante, in quanto i risultati che abbiamo ottenuto dimostrano come gli edifici fossero strettamente integrati con tutto il sistema di vie d’acqua che doveva caratterizzare questo territorio. Ci auguriamo quindi di poter proseguire le nostre ricerche il prossimo anno e anche negli anni a venire. L’attenzione sarà rivolta ancora alla villa che, benché nota dagli anni ’70 del secolo scorso, riserva ancora numerosissime sorprese, ma anche al nuovo grande edificio posto poco più ad ovest, che è sicuramente un unicum per le sue caratteristiche architettoniche e dimensionali, e su cui sarà importante approfondire le indagini per definirne la funzione. Si tratta infatti sicuramente un edificio di carattere pubblico, viste le sue dimensioni e la sua imponenza, ma la sua funzione resta ancora tutta da chiarire, così come la sua cronologia.
Verona riscopre le sue radici classiche con un’esperienza immersiva che unisce ricerca, tecnologia e turismo culturale di ultima generazione grazie a Verona Time Machine, il Capitolium in Realtà Aumentata: un progetto dell’associazione Archeonaute in collaborazione con ARtGlass, finanziato con fondi PNRR

Verona Time Machine: con la Realtà Aumentata Palazzo Maffei, in piazza delle Erbe a Verona, diventa il Capitolium (foto Artglass)
Sei in piazza delle Erbe di Verona, il cuore della Verona romana, il foro, Indossi gli smartglass e il passato prenderà vita davanti ai tuoi occhi. Così l’imponente Palazzo Maffei si materializzerà nel Capitolium romano. In piazza Erbe rivive la città romana in Realtà aumentata ogni lunedì mattina alle 9.30 (italiano) e 11 (inglese), ogni venerdì pomeriggio alle 16 (inglese) e 17.30 (italiano), ogni sabato mattina alle 9.30 (italiano) e 11 (inglese), grazie a Verona Time Machine, il Capitolium in Realtà Aumentata, un esclusivo tour culturale dedicato alla riscoperta della città romana attraverso l’utilizzo della Realtà Aumentata, per scoprire la Verona romana come non l’hai mai vista: templi, strade, monumenti e meraviglie perdute rivivono in 7 tappe mozzafiato nel centro storico.

Verona Time Machine: con Archeonaute per scoprire il cuore di Verona romana in Realtà Aumentata (foto archeonaute)
Il progetto, finanziato in parte con i fondi dell’Unione Europea-Programma Next Generation EU, nell’ambito della Missione 1 del PNRR, ha l’obiettivo di promuovere la valorizzazione e fruizione del patrimonio storico-archeologico cittadino mediante strumenti tecnologici avanzati. Il percorso, realizzato dall’associazione Archeonaute di Verona, in collaborazione con ARtGlass, leader internazionale nel settore della Realtà Aumentata per il turismo e la cultura, ha una durata di circa 90 minuti e si sviluppa lungo un itinerario urbano che tocca sette punti d’interesse nel centro storico, seguendo l’antica viabilità della città romana. La narrazione e i contenuti visivi sono stati messi a punto in seguito ad una stretta collaborazione scientifica con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, che ha concesso il proprio sostegno al progetto.

Verona Time Machine: con gli smartglass alal scoperta della Verona romana in Realtà Aumentata (foto artglass)
Grazie all’impiego di smartglass (occhiali multimediali trasparenti e leggeri di ultima generazione), i visitatori possono esplorare in maniera immersiva ricostruzioni digitali di edifici, strade e monumenti in parte perduti o inglobati nel tessuto urbano contemporaneo. A condurre il tour saranno le guide abilitate, archeologhe, dell’associazione Archeonaute, che alla meraviglia delle modellazioni immersive e delle ricostruzioni 3D aggiungeranno la propria competenza nella divulgazione e il fascino insostituibile della relazione umana e della condivisione.
Il punto di partenza si trova in piazza delle Erbe, anticamente sede del foro romano, centro nevralgico della vita cittadina, mentre l’arrivo è in Corte Sgarzerie, dove si possono visitare gli scavi del Criptoportico romano. Protagonista dell’esperienza è il Capitolium, il principale tempio nel cuore cittadino della Verona romana, di cui oggi sono visibili le fondamenta nel sottosuolo: grazie alla Realtà ea rigorose e dettagliate ricostruzioni 3D realizzate dagli specialisti di No Real Interactive, su modello di Dario Gallina, è possibile osservarne la struttura originaria, molto più ampia e scenografica di quanto si possa immaginare e comprendere il valore simbolico e architettonico dell’edificio, che sorgeva nel luogo dove oggi è possibile osservare il magnifico Palazzo Maffei, che domina Piazza delle Erbe. Tra i partner e sostenitori del progetto, il Comune di Verona e il Ristorante Maffei, locale storico di Verona, da dove è possibile accedere alle fondamenta del Capitolium. Il tour, a cui è possibile prendere parte esclusivamente previa prenotazione, è disponibile in lingua italiana e inglese al costo di 20 euro a persona. Il percorso è articolato in sette tappe: le prime due in piazza delle Erbe, mentre la terza è dedicata a piazzetta Monte e consente di riscoprire l’immensa piazza antistante il tempio votato a Minerva, Giove e Giunone. Si prosegue in via Mazzanti, laddove in passato correva il decumano massimo. La tappa all’angolo del corso Sant’Anastasia conduce lungo l’antica via principale della città che sfociava all’interno del triportico del Capitolium, adibito ad archivio pubblico, nell’odierno vicolo Raggiri. Ci si appresta alla conclusione imboccando via Emilei, dove gli smartglass consentono di visualizzare l’ipotetico aspetto di alcuni degli ingressi del Criptoportico di Corte Sgarzerie, ultima tappa del percorso.

Verona Time Machine: con Archeonaute per scoprire il cuore di Verona romana in Realtà Aumentata (foto archeonaute)
“Abbiamo deciso di abbinare all’innovazione della Realtà Aumentata e di un’esperienza senza precedenti in Veneto la componente umana delle nostre guide”, spiega Annarosa Tricomi, rappresentante dell’associazione Archeonaute, che ha all’attivo numerosi tour guidati e gestisce l’animazione di alcune tra le principali aree archeologiche della Verona sotterranea, “perché crediamo fermamente che la combinazione vincente nel nuovo turismo culturale sia proprio quella tra dimensione fisica e digitale. Sarà infatti la guida, sulla base della narrazione e del momento, a quali scenari immersivi mostrare ai visitatori, inviando letteralmente sugli smartglass i contenuti, grazie a un software creato ad hoc da ARtGlass. L’ulteriore aspetto di valore è che i contenuti saranno personalizzati sulla base della lingua preferita dal visitatore e di sue specifiche necessità sensoriali, rendendo l’esperienza accessibile e inclusiva”.
“Questo progetto ha richiesto una combinazione unica di competenze e professionalità che hanno lavorato in sinergia”, aggiunge Michela Pasqualini, project manager di ARtGlass, che ha sedi a Monza, Verona e Richmond VA, negli USA e all’attivo oltre 120 progetti in siti culturali, tra i quali il Duomo di Milano, il parco archeologico di Pompei, gli scavi di Hegra, in Arabia Saudita. “Al lavoro di ricerca degli archeologi si è aggiunto infatti quello degli esperti di ricostruzioni 3D e autori specializzate che si sono confrontati con la sfida di un tour che trasforma il centro cittadino in un museo a cielo aperto”.

Verona Time Machine: a Corte Sgarzerie, ultima tappa del percorso con Archeonaute in Realtà Aumentata (foto archeonaute)
“Ad aggiungere valore al progetto”, conclude Annarosa Tricomi, “la collaborazione nata dalla messa in rete di Verona Time Machine con altri progetti partner sostenuti dal PNRR in siti prestigiosi come il museo Archeologico nazionale di Verona, il centro storico di Torino, la Rocca di Lonato del Garda. Una collaborazione che ci permetterà di attivare iniziative di co-marketing, scambio di buone pratiche e conoscenze, per avanzare insieme verso una dimensione innovativa della cultura e della partecipazione”.
Marano di Valpolicella (Vr). Festa della Musica al Tempio di Minerva con il jazz del gruppo Wood Quintet
È sold out la Festa della Musica che anche quest’anno il Comune di Marano di Valpolicella (Vr) promuove al Tempio di Minerva per celebrare il Solstizio d’estate. Sabato 21 giugno 2025, alle 20.45, la magia del jazz con il gruppo “Wood Quintet”, con Marco Pasetto (clarinetti e sax soprano), Enrico Breanza (chitarra), Michele Pachera (marimba), Massimiliano Zambelli (percussioni) e Gianni Sabbioni (contrabbasso). L’evento è finanziato dal Comune di Marano di Valpolicella e da BCC Valpolicella Benaco ed è organizzato in collaborazione con soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo Vicenza.
Ariano nel Polesine (Ro). A San Basilio per “Incontri di archeologia” conferenza di Caterina Previato (unipd), direttrice della campagna di ricerche, su “Novità dallo scavo romano” nell’ambito del “Progetto San Basilio. Alla riscoperta del passato”. E con “Scavi aperti” visita al cantiere con gli archeologi

Il cantiere di scavo dell’abitato romano di San Basilio interessato dalla campagna 2025 dell’università di Padova (foto unipd)
Week end speciale a San Basilio di Ariano nel Polesine (Ro). Venerdì 6 giugno 2025, alle 18.30, per “Conferenza – Incontri di archeologia” al Centro Turistico Culturale San Basilio “Novità dallo scavo romano”, seconda conferenza nell’ambito del progetto San Basilio a pochi giorni dalla chiusura della campagna di scavo 2025 degli edifici romani di San Basilio diretta da Caterina Previato nell’ambito del “Progetto San Basilio. Alla riscoperta del passato” che vede coinvolti la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, il museo Archeologico nazionale di Adria e il Comune di Ariano nel Polesine, con il sostegno della fondazione Cariparo. Sarà proprio la professoressa Previato del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova a presentare le novità scoperte in queste prime settimane di indagine al sito romano. Per info e prenotazioni: + 39 392-9259875.

Lo scavo dell’abitato romano di San Basilio nella campagna 2025 dell’università di Padova (foto unipd)
Ma non è tutto. Sabato 7 giugno 2025, alle 10, con “SCAVI APERTI”, ci sarà la possibilità di seguire da vicino le grandi novità emerse in queste settimane. È la seconda giornata dedicata alla visita dello scavo romano condotto dal dipartimento dei Beni Culturali dell’università di Padova. Il ritrovo è al Centro Turistico Culturale di San Basilio alle 9.45. Info e prenotazioni: +39 392 9259875
Verona. Al giro di boa della terza campagna di scavo alla riscoperta della chiesa di San Martino in Aquaro, all’interno del cortile di Castelvecchio, i Musei civici organizzano quattro turni di visite guidate gratuite condotte dagli archeologi
A poco più di tre settimane dall’inizio dello scavo (12 maggio 2025) alla riscoperta della chiesa di San Martino in Aquaro, all’interno del cortile di Castelvecchio a Verona, e quando la campagna di sei settimane è al giro di boa, i Musei Civici di Verona organizzano quattro turni di visite guidate gratuite condotte dagli archeologi impegnati nelle attività di scavo: appuntamento il 5 giugno 2025, ore 16; il 10 giugno 2025, ore 10; il 19 giugno 2025, ore 16; il 24 giugno 2025, ore 10. Prenotazione obbligatoria alla Segreteria didattica dei Musei Civici alla mail segreteriadidattica@comune.verona.it, o ai numeri +39 045 8036353 – +39 045 597140 dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16, il sabato dalle 9 alle 13.

Castelvecchio di Verona: scavo alla riscoperta della chiesa di San Martino in Aquaro. Fasi della terza campagna 2025 (foto i-muv)
La campagna 2025 alla riscoperta della chiesa di San Martino in Aquaro prevede l’apertura della nuova area per indagare la navata centrale della chiesa di S. Martino in Aquaro e la riapertura e pulizia del settore già indagato nel 2023, per proseguire in estensione l’indagine stratigrafica. L’obiettivo è aprire l’area della navata centrale della chiesa, probabilmente coincidente con la prima chiesa altomedievale, e di riuscire a chiarire cosa vi fosse nel luogo dove sorse l’unica chiesa di Verona dedicata a San Martino, santo caro ai Franchi, a Carlo Magno e a suo figlio Pipino che fu spesso presente a Verona. Il progetto, avviato nel 2023 e della durata di tre anni, intende portare nuovamente alla luce il sito e i resti archeologici della chiesa di San Martino in Aquaro per approfondire lo studio e la valorizzazione del sito, proponendo alla cittadinanza e ai visitatori l’esperienza del cantiere aperto.

L’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Primi risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio. Gli scavi nel cortile del museo di Castelvecchio sono iniziati nell’autunno 2023. Il progetto vede la collaborazione dei Musei civici di Verona, del dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona, della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza e del Polo territoriale di Mantova del Politecnico di Milano e intende approfondire lo studio e la valorizzazione del sito e i resti archeologici della chiesa di San Martino in Aquaro. L’edificio religioso, attestato già tra VIII e IX secolo, proseguì la sua funzione anche dopo essere stato inglobato all’interno del recinto difensivo scaligero, trasformandosi in cappella castrense, fino alla completa distruzione avvenuta nel corso dell’ammodernamento del complesso dei primi anni dell’Ottocento.

Planimetria di Castelvecchio a Verona con tratteggiata la chiesa di San Martino in Aquaro nel cortile del museo (foto archivio carlo scarpa – castelvecchio)
Obiettivo della ricerca è anche quello di approfondire la conoscenza del contesto urbano nel quale l’edificio insisteva, mettendo in relazione le nuove acquisizioni di scavo con i ritrovamenti di età romana, alto medievale e scaligera venuti alla luce nella zona, per chiarire la storia e l’evoluzione di uno snodo di fondamentale importanza del tessuto urbano cittadino. Il sito venne superficialmente indagato negli anni Sessanta del Novecento, quando una campagna di scavo rintracciò parte del perimetro dell’edificio, nel quale erano reimpiegati numerosi elementi di età romana ancora conservati in situ. Nonostante Carlo Scarpa avesse cominciato a ragionare sulla valorizzazione dei resti archeologici, questi vennero per la maggior parte interrati, e l’area rimase di fatto uno spazio non del tutto risolto all’interno del limpido disegno del cortile elaborato dall’architetto veneziano.
“Il colle di San Briccio 3000 anni fa”, un viaggio tra archeologia, architettura e natura in due tappe: al museo di Storia naturale di Verona conferenza, docu-film e visita ai reperti; e a San Briccio (Lavagno) visita guidata al Forte

Frame del docu-film “Il colle di San Briccio 3000 anni fa. Viaggio tra protostoria e storia” di Giovanni Tosi
“Il colle di San Briccio 3000 anni fa”: è un viaggio tra archeologia, architettura e natura quello proposto dalle associazioni San Briccio in Festa e All’ombra del Forte in collaborazione con il museo di Storia naturale di Verona, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, e l’associazione Alteritas-Interazione tra i Popoli, in due giornate: venerdì 23 maggio e sabato 31 maggio 2025. L’iniziativa vuole riportare alla memoria frammenti di vita di una piccola comunità di Veneti antichi che sul colle di San Briccio ha vissuto, lavorato, creduto, attraverso i reperti archeologici presenti nei depositi e nelle sale espositive dei Musei Civici e della Soprintendenza di Verona. Il progetto, ideato da Giovanni Tosi e attuato da un team di volontari, ha portato alla realizzazione di un docu-film e di roll-up espositivi.
Si inizia venerdì 23 maggio 2025, alle 16.30, al museo di Storia naturale di Verona, in lungadige Porta Vittoria 9. In sala conferenze “S. Ruffo” intervengono Giovanni Tosi, curatore del progetto; Nicoletta Martinelli e Massimo Saracino, museo di Storia Naturale; Paola Salzani, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo Vicenza; Simona Marchesini, associazione Alteritas-Interazione tra i Popoli. Quest’ultima interviene su xFormal, un progetto nato per verificare l’impatto dell’apprendimento informale e non formale nei musei su studenti e cittadini di ogni età e che ha interessato alcuni reperti provenienti da San Briccio ed esposti nel museo di Storia naturale di Verona.
Segue la proiezione del docu-film “Il colle di San Briccio 3000 anni fa”. Al termine della proiezione sarà possibile approfondire la storia delle ricerche archeologiche di San Briccio attraverso i roll-up posizionati nell’atrio e ammirare i reperti esposti nella sala della Preistoria veronese. Chiuderà un momento conviviale.

Planimetria del sito del colle di San Briccio (Lavagno, Vr) dalla scheda del Catalogo generale dei Beni culturali (foto mic)
Il “viaggio” continua sabato 31 maggio 2025 al Forte di San Briccio, nel comune di Lavagno (Vr). Ritrovo alle 10 nel piazzale antistante il forte. Visita guidata all’omonimo forte militare, oggetto delle prime ricerche e recuperi archeologici durante la sua costruzione tra il 1883 e il 1888. Ingresso gratuito con prenotazione online entro il 29 maggio al link https://rb.gy/ndua8l. “Il colle su cui sorge il forte San Briccio di Lavagno – si legge nella scheda del Catalogo generale dei Beni culturali del Mic – fu sede di insediamenti in epoche preistoriche e storiche. La posizione strategica è confermata da una pista stradale preistorica ai piedi dell’altura, corrispondente al tracciato della via Postumia (II secolo a.C.). La prima frequentazione risale all’eneolitico (III millennio a .C.) e continua in tarda età del bronzo (seconda metà II millennio a.C.) e durante l’età del Ferro (I millennio a.C.), quando l’abitato assume una rilevante importanza testimoniata dall’abbondanza di materiali archeologici rinvenuti. Nella zona dovevano verosimilmente esserci anche un sepolcreto ed un santuario o area votiva. La continuità di insediamento è confermata anche nell’età romana. Durante gli scavi per il forte, vennero individuate le fondamenta riferibili al castello medievale documentato anche da fonti scritte. Ad esclusione del mappale occupato dal forte, la cui costruzione deve aver distrutto la stratigrafia antica e le strutture relative al castello, le aree poste all’esterno del forte presentano ancora stratigrafie e strutture antiche”.








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