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Napoli. Al primo Digital day al museo Archeologico nazionale presentati 26 progetti digitali: Videogames, Tour Virtuali, App, video istallazioni e ricostruzioni 3D, il lancio della pagina sketchfab.com. Ecco alcune importanti novità e anticipazioni

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Logo del MANN VRm il Mann Virtual Visit del museo Archeologico nazionale di Napoli

che si aggiunge agli altri social del Mann: l’archeologia non è mai stata così contemporanea. Nel suo primo Digital day, lunedì 19 giugno 2023, dalle 10 alle 17.30, aperto ai visitatori e agli appassionati di tecnologia, il museo Archeologico nazionale di Napoli ha presentato 26 progetti digitali per la valorizzazione realizzati grazie ai fondi PON Cultura e Sviluppo, tra i quali alcune importanti novità ed anticipazioni. “Dal 2015”, spiega il direttore del Mann, Paolo Giulierini, “abbiamo correttamente impiegato tutti i fondi destinati al digitale, per la valorizzazione e per la catalogazione: 4 milioni e 700mila euro circa, di cui 800mila già spesi e due tranches di 2 milioni e 500mila e 1 milione e 500mila spesi al 60% e destinati a progetti tutti già contrattualizzati. Sicuramente l’emergenza coronavirus ha dato una accelerazione alla digitalizzazione anche nel settore dei Beni Culturali, ma non avremmo potuto conseguire certi risultati se non fossimo partiti ben prima con la programmazione, puntando subito su linguaggi vicini ai più giovani, dai videogiochi ai fumetti, coinvolgendo Università e ricercatori. Per raccontare a tutti questa nostra ‘rivoluzione digitale’ abbiamo scelto una formula campus, ovvero presentazioni in Auditorium, con la possibilità per il pubblico di incontrare gli esperti, e attività di svago e relax nel giardino della Vanella, con l’invito a connettersi per scoprire la nostra offerta digitale, giocare e visitare le sale del Museo”. E il prof. Ludovico Solima (università della Campania Luigi Vanvitelli), coordinatore delle linee guida della digitalizzazione nel Piano Strategico del museo Archeologico nazionale di Napoli: “Il Mann è uno dei pochi musei al mondo che ha introdotto il tema delle strategie digitali all’interno della propria programmazione pluriennale, con la presentazione del secondo piano strategico nel 2020. È importante sottolineare che tutti i progetti annunciati sono stati realizzati o sono in corso di completamento. Alcuni di questi sono particolarmente innovativi, perché si collocano sulla frontiera della tecnologia. Come già accaduto in passato il MANN di Paolo Giulierini è stato un apripista, anche sul tema del digitale, dimostrando coraggio e capacità di visione”.

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La piattaforma VRMANN, app del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Ecco le novità assolute presentate in anteprima: VR MANN è la piattaforma di navigazione per la visita virtuale del museo da remoto, illustrata da Francesco Gabellone (Technè. Servizi per comunicazione museale). Nella visita virtuale funzionalità avanzate permettono la fruizione ad altissima risoluzione delle sale (12K), la visione stereoscopica, sistemi multilingua e un tour assistito da una guida reale remota (“live-guided tour”) per gruppi di visitatori che potranno connettersi contemporaneamente sul web. La piattaforma è disponibile come WebApp, sia on-line che off-line, è compatibile con qualsiasi device e sistema operativo ed è integrata con schede di approfondimento, filmati, supporto LIS e modelli 3D interattivi.

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Il direttore del Mann, Paolo Giulierini (primo accosciato a sinistra), con il gruppo dell’app Greenbike (foto mann)

APP “GREENBIKE MANN EST-OVEST: dall’arte al mare”. Segue la vocazione verde del museo la nuova APP, che ha la funzione di accompagnare l’utente alla scoperta della città metropolitana e delle bellezze del suo territorio attraverso il cicloturismo. Un progetto sostenibile che mette insieme paesaggio, storia, arte, archeologia, antropologia, curato da Paolo Giulierini, Daniela Savy, Riccardo Motti, Marialucia Giacco, Francesca Scamardella, Luca Simeone, Ludovica Lanzuise (Procida). Tutti gli itinerari prendono il via dal Mann (che ha appena inaugurato l’area bike esterna con rastrelliere, ricariche per bici elettriche e una fontanella) e Bicycle house nella Galleria Principe (afferente alla rete ExtraMann, progettata dall’Università Federico II nel quadro di OBVIA per il Mann). NAPOLI OVEST / Teatro Bellini, CSI Gaiola Pausyllipon, Chiesa di San Gennaro Pozzuoli, Anfiteatro Flavio, Serapeum, Tempio di Apollo lago d’Averno, Terme di Baia, Casina Vanvitelliana, Lago Miseno, Piscina Mirabile, Castello Aragonese, Museo archeologico di Baia. A questo itinerario è collegato quello di Procida, che si può raggiungere via mare da Pozzuoli. NAPOLI PROCIDA / Marina grande, Palazzo Merlato, i limoneti, il faro, il cottimo, Torre Aragonese in contrada Pozzovecchio, spiaggia del postino, la Parula, isolotto di Vivara, belvedere Centane, la casa di Graziella, Marina di Corricella, piazza dei Martiri, Santa Margherita nuova, Palazzo d’Avalos, Abbazia di san Michele. NAPOLI EST / Circumvesuviana, San Giovanni a Teduccio Polo UNINA, Pietrarsa, MAAV Museo del vino, Portici Reggia MUSA e Orto Botanico, Villa Campolieto, Ercolano. MANN E IL MARE / Acquedotto del Serino, Necropoli ellenistica, Pietrasanta, Chiesa dell’arte della Seta, Chiesa di San Pietro Martire, Porto Immacolatella, sito archeologico piazza Municipio, metro dell’arte, Palazzo Reale, Molo San Vincenzo. L’applicazione è disponibile sia per iOS che Android. L’app comprende svariate funzionalità, in italiano e in inglese, tra le quali sezioni dedicate alla descrizione degli itinerari (divisi per singoli punti di interesse) con collegamento a immagini di opere d’arte del MANN; geolocalizzazione dell’utente e dei siti; possibilità di filtrare il tipo di percorso; indicazione dei livelli di difficoltà dell’itinerario; linea grafica Kids. Il progetto di comunicazione comprende anche un video. L’App, realizzata da SPICI con il contributo di Hack The Duck, è stata illustrata da Mariangela Contursi (Dg SPICI).

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Locandina di Manncraft: il museo Archeologico nazionale nell’universo di Minecraft (foto mann)

MANNCRAFT. Il museo Archeologico nazionale di Napoli è tra i primi musei al mondo ad approdare all’universo di Minecraft (il celebre video gioco “sandbox” prodotto da Mojang e distribuito da Microsoft, capace di coinvolgere oltre 140 milioni di utenti attivi al mese). Per “sandbox” si intende un tipo di videogame che mette numerosi strumenti a disposizione dei giocatori, senza imporre un particolare obiettivo da raggiungere, lasciando loro la possibilità di inventare e modificare il gioco. Minecraft offre quindi ai suoi utenti (target 8-20 anni) piena libertà di invenzione e creazione. Non sorprende che sia stato adottato come strumento educativo da migliaia di scuole nel mondo, utile per avvicinare gli studenti all’apprendimento di varie discipline. Col tempo Minecraft è diventato un vero e proprio ecosistema, aperto ad iniziative di costruttori di mappe e creatori di contenuti. Il Mann approda a Minecraft in grande stile grazie ad una riproduzione in scala 1 a 1 dell’edificio principale e delle sue sale. Al suo interno, trova collocazione una selezione delle più celebri opere del Museo, riprodotte con lo stile a cubetti tipico di Minecraft. Il giocatore può interagire con le opere, ricavando le informazioni principali sulla loro storia, oppure esplorare la mappa dialogando con personaggi che non giocano, in grado di fornire ulteriori informazioni e aneddoti. Il gioco è disponibile da oggi e a fine giugno avrà un sito dedicato.

Fuga dal Museo è il titolo, ancora provvisorio, del nuovo gioco per dispositivi vocali Echo, che sarà distribuito a settembre sullo store digitale di Amazon. Si tratterà, a tutti gli effetti, di un escape game che richiederà all’utente di completare un percorso, le cui tappe saranno caratterizzate da porte da aprire e meccanismi da attivare. Grazie all’utilizzo della voce, il giocatore entrerà “virtualmente” all’interno delle sale del museo Archeologico nazionale di Napoli e diventerà protagonista di una misteriosa avventura, che gli richiederà di risolvere una serie di enigmi e di conoscere celebri personaggi storici legati alla storia del Museo. Interagendo con i dispositivi vocali Amazon Echo sarà possibile, molto facilmente, anche compiere azioni apparentemente complesse, come muoversi tra le sale, osservare oggetti posti in alto o in basso, aprire porte, azionare meccanismi, raccogliere indizi e tanto altro ancora. Fuga al Museo offrirà un’esperienza immersiva, in cui la curata componente sonora ricreerà un’atmosfera ricca di fascino e di mistero. Il progetto è presentato da Fabio Viola (Mobile idea srl).

Plastico di Pompei: Pompei e il MANN, la nuova video installazione. Opera del videoartista Pietro Galifi della Bagliva, prodotta da IMAGO MUSE, sarà collocata nella sala del Plastico di Fiorelli (attualmente in fase di montaggio). Sei monitor di differenti dimensioni illustreranno in loop la corrispondenza tra il plastico ricostruttivo e la città antica di Pompei. Un’intricata rete di relazioni che si arricchisce degli oggetti rinvenuti e conservati nelle collezioni del Museo.

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Rielaborazione 3D del Toro Farnese conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Ecco gli altri progetti presentati nel corso della giornata, divisi per tematiche. ARCHEOLOGIA IN 3D: Digitalizzazione, modellazione e ricostruzione 3D di reperti della sezione Egizia del MANN, presentato da Davide Maria Calandra (DMC S.R.L.). Digitalizzazione e realizzazione con tecnologia 3D in metallo e polimeri del Toro Farnese, presentato da Alessandro Manzo. Il risultato è, per la prima volta, una riproduzione assolutamente fedele dell’opera, che potrà essere osservata da prospettive diverse e, toccata senza rischi per l’originale.

napoli_mann_mannapp_locandinaLE APP. MANNapp, presentata da Gianluigi De Lucia di Artware, da due mesi è la app gratuita riservata ai visitatori del museo. “ArtWareCaronte” è scaricabile gratuitamente inquadrando un QR Code o attraverso app-store. I contenuti audiovisivi, anche inediti, sono nel segno dell’inclusività. Tra le novità anche la possibilità per i visitatori di interagire commentando in tempo reale. Ulteriore elemento di innovazione è rappresentato da Archimede, la Web App dedicata alla visualizzazione dei dati sui visitatori mediante modelli di Data Science e Machine Learning. APP extraMANN: l’app di mappatura collaborativa che promuove il protagonismo attivo delle persone nel racconto dei siti extraMANN e del patrimonio culturale della città di Napoli, illustrata da Ilaria Vitellio di Cityopensource coinvolge gli oltre 40 siti della rete Obvia-ExtraMANN.  

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Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, gioca col videogioco “Father and son 2” (foto mario laporta / Kontrolab)

GAMING. Father and son 2 – Sequel di Father & Son, il primo videogame prodotto da un museo archeologico, è stato illustrato da Fabio Viola (Associazione culturale TUO Museo). Se nel primo episodio, l’utente era proiettato dall’Antico Egitto alla Napoli borbonica del Settecento, passando attraverso l’eruzione del Vesuvio vista da Pompei nel 79 d.C., nel secondo si può incontrare Cleopatra e Marco Antonio, in navigazione attraverso il Mediterraneo nel I secolo a.C. Arrivando in epoche più recenti, ci ritroviamo nel 1844 in compagnia di Charles Dickens durante la sua visita agli scavi di Ercolano e poi catapultati nella Napoli della Seconda guerra mondiale. Il videogame è stato recentemente segnalato con menzione speciale al Premio Gianluca Spina. Supervisore del progetto è il Prof. Ludovico Solima (Università della Campania L.Vanvitelli). “Project Ulisse – Le donne dell’Odissea come non sono mai state raccontate” è il titolo del videogioco i cui contenuti sono stati anticipati da Matilde Finarelli e Siro Toracchio di 20tab. Al centro della narrazione la storia di Ulisse e delle figure femminili che incontra nel suo percorso, cambiandolo per sempre. Un’avventura interattiva che farà riflettere sul ruolo della donna, in un contesto tanto antico quanto eccezionalmente attuale.

ACCESSIBILITÀ. I Capolavori del MANN – Raccontati dal Responsabile scientifico, prof. Alessandra Pagliano (università Federico II di Napoli, dipartimento di Architettura), sono circa 35 video dedicati alle principali collezioni del MANN. Attraverso la combinazione di grafica, animazione, suoni e racconto, forniscono accattivanti spiegazioni per varie tipologie di fruitori, articolate in quattro percorsi narrativi: SuperMANN, GigaMANN, UltraMANN e VirtualMANN. I contenuti sono stati elaborati tenendo conto delle necessità del pubblico con disturbo dello spettro autistico. GENS – Intrighi di famiglia è il nuovo format narrativo illustrato dalla prof. Alessandra Cirafici – (DADI Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli), fruibile nella App del Mann. La cifra innovativa della proposta è rappresentata sia dal linguaggio che dal ritmo narrativo adottato, assai prossimi alle strategie delle webseries.  

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Ricostruzione digitale della Quadriga di Ercolano nella sezione Campania romana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

PRODOTTI DIGITALI PER ALLESTIMENTI PERMANENTI E MOSTRE. Campania Romana – Studio e video-ricostruzione della Quadriga di Ercolano. La proposta ricostruttiva digitale si fonda sull’integrazione di tutte le informazioni offerte dalla documentazione iconografica antica, dalle fonti storiche e d’archivio e dalle evidenze archeologiche. La sua verifica attraverso le tecniche del restauro digitale ha permesso di riconsegnare agli studiosi e al pubblico un monumento ancora lacunoso, ma ora sicuramente molto più leggibile e fruibile nei suoi aspetti tecnici, artistici, figurativi, storici. Sono intervenuti Stefania Pafumi (CNR-Istituto di Studi sul Mediterraneo, Napoli), Francesco Gabellone (CNR-Istituto Nanotec, Lecce), Fabiana Cerasa (Dottorato in Scienze per il Patrimonio e la Produzione Culturale, Università di Catania). Video ricostruttivo della decorazione pittorica dell’Anfiteatro di Pompei, realizzato per la mostra “Gladiatori” da Paolo Saracini – Altair Multimedia srl. “Progettazione, allestimento digitale e multimediale del Plastico del MANN” è il progetto illustrato da Mario Grimaldi.

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L’ipogeo dei Cristallini, com’è e com’era, nella sezione Napoli greco-romana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Sezione Napoli greco-romana – Ipogeo dei Cristallini. Presentazione del rilievo architettonico con tecnologia laser-scanner dell’Ipogeo dei Cristallini di Federico Capriuoli (ACAS 3D) e illustrazione dello Studio ricostruttivo e VR Virtual reality App dell’Ipogeo dei Cristallini, con interventi di Raffaella Bosso (Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per il Comune di Napoli), Carlo Rescigno (università della Campania L. Vanvitelli – Scuola Superiore Meridionale), Francesco Gabellone. Lo studio ricostruttivo si inquadra nella più ampia finalità della conoscenza, valorizzazione e fruizione dei contesti delle necropoli magnogreca di Neapolis. L’obiettivo è quello di proporre forme di rappresentazione e metodi di comunicazione innovativi, che possano rivolgersi al grande pubblico, ma all’interno di un percorso rigoroso di ricerca. Il MANN dedicherà prossimamente un approfondimento sull’ipogeo dei Cristallini.

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BAIAExperience al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Sezione Mediterraneo antico – BAIAExperience. Viaggio virtuale nelle Terme sommerse di Baia. Con la tecnica della “fotografia VR” (Realtà Virtuale), è stato realizzato un video VR a 360° a partire da singole istantanee in qualità 4K collocate in punti selezionati lungo l’itinerario. La visita, della durata di circa venti minuti, si completa con un’audio descrizione in italiano e in inglese. Intervento di Nicolai Lombardo (associazione BAIAExperience).

La giornata si è chiusa con la proiezione dei video realizzati per importanti mostre, partendo da “Lucy. Sogno di un’evoluzione” e “Moebius. Alla ricerca del tempo,” realizzate in collaborazione con Comicon. Per la mostra Gladiatori sono stati illustrati il Totem Interattivo Multi-touch per la fruizione di modelli 3D (Davide Maria Calandra – DMC srl) e i Video ricostruttivi realizzati dal regista Aldo Zappalà (The Village doc&films), infine il progetto Slidedoor (Paolo Maria Chiarolanza – Intraluoghi) che ha messo in comunicazione l’atrio del MANN con il Colosseo. Contributo finale, le immagini del film “Agalma” di Doriana Monaco (voci di Sonia Bergamasco e Fabrizio Giufuni) che ha partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia – Giornate degli Autori nel 2020 ed è ambasciatore nel mondo della ‘vita segreta del museo’: intervento della produttrice Antonella di Nocera – Parallelo 41.

Nei sotterranei del museo Archeologico di Napoli la sezione “Stazione Neapolis” della mostra “Thalassa” fa il punto sulla più importante scoperta archeologica recente: il porto antico con alcuni importanti relitti. Per la prima volta esposti alcuni reperti come la grande ancora in legno

Nel seminterrato del Mann, accanto alla Sezione Epigrafica, c’è la Stazione Neapolis, dedicata alla scoperta del porto antico di Napoli (foto Graziano Tavan)

La locandina della mostra “Thalassa, meraviglie sommerse dal Mediterraneo” dal 12 dicembre 2019 al 9 marzo 2020

L’accesso alla “Stazione Neapolis” passa quasi inosservato alle centinaia di visitatori che ogni giorno varcano l’ingresso del museo Archeologico nazionale di Napoli: letteralmente rapiti nel grande atrio dalle meraviglie annunciate dai poster-arazzi che descrivono le diverse sezioni e le collezioni, la piccola locandina all’imbocco della scala che porta alla Sezione Epigrafica rimane muta resta ai margini del flusso. Eppure la scala che scende nelle “viscere” del Mann porta a rivivere forse la più importante scoperta archeologica recente a Napoli: il porto antico. Nella sala “Stazione Neapolis” del Mann sono esposti reperti che ricostruiscono storia e caratteristiche del porto antico di Napoli, partendo dalla prima fase di scavi della metropolitana di piazza Municipio, agli inizi degli anni Duemila, e giungendo sino agli ultimi ritrovamenti, tra 2014 e 2015. Per gentile concessione della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, sono visibili al Mann, per la prima volta proprio in occasione della mostra “Thalassa. Meraviglie sommerse del Mediterraneo” (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2019/12/30/al-museo-archeologico-nazionale-di-napoli-la-mostra-thalassa-meraviglie-sommerse-dal-mediterraneo-vetrina-delle-scoperte-dellarcheologia-subacquea-dal-1950-ad-oggi-viaggi/), tre importanti e singolari reperti lignei: una splendida ancora di oltre due metri e mezzo (databile alla fine del II sec. a.C.), un remo e un albero (età imperiale), residui delle imbarcazioni che attraccavano nell’antico porto cittadino. Opere che è stato possibile presentate al pubblico grazie a un intervento conservativo realizzato dall’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro.

Il modello dell’imbarcazione “Napoli C”, l’horeia ritrovata nel porto antico di Napoli (foto Graziano Tavan)

Scese le scale si è accolti da una barca, modello ligneo che propone in scala 1:5 la ricostruzione di una imbarcazione particolare: la Napoli C (fine I sec. d.C.), i cui resti furono messi in luce nel 2004 in piazza Municipio durante lo scavo dei fondali del porto romano. Si tratta di un’imbarcazione da trasporto e da carico (una horeia), in origine di 14 metri, con la prua a specchio che permetteva un attracco perpendicolare alle banchine portuali e ai fianchi delle navi alla fonda. L’horeia Napoli C doveva navigare nel golfo di Napoli ed essere utilizzata nel bacino portuale. Le più antiche fasi del porto di Napoli risalgono alla nascita di Parthenope nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. in rapporto all’espansione di Cuma, la più antica colonia greca d’Occidente, e alla fondazione di Neapolis tra il VI e il V sec. a.C.: entrambi i centri dominavano l’accesso meridionale delle bocche di Capri e quello settentrionale del canale di Procida e ciò permetteva il controllo di un passaggio obbligato della rotta tra il basso e l’alto Tirreno.

La piantina di Napoli ripropone la linea di costa in età romana con il posizionamento dei relitti trovati nello scavo della metropolitana di Napoli (foto Graziano Tavan)

Il Porto di Neapolis in età ellenistica e romana. In antico il mare arrivava fino a comprendere le piazze Municipio e Bovio, formando una grande insenatura protetta da due promontori dove oggi sorgono Castel Nuovo (a Ovest) e la chiesa di S. Maria di Porto Salvo (a Est). Il versante sud-occidentale della baia è stato impiegato per l’impianto del porto, indagato a piazza Municipio, che lì risulta protetto da venti e moto ondoso dall’altura di Castel Nuovo e da un basso isolotto adiacente. Nel III sec. a.C. era uno scalo frequentato, e proprio per mantenerne la funzionalità si rese necessario effettuare un’imponente e onerosa opera di dragaggio del fondale; nello stesso momento le pendici intorno all’insenatura furono regolarizzate con muri di terrazzamento e una rampa di accesso al mare. In età augustea tale sistemazione fu messa fuori uso e furono costruiti una banchina, un molo frangiflutti e un asse viario, da identificare con la via per cryptam che collegava Neapolis al suo porto e proseguiva verso i Campi Flegrei. Durante il I e II sec. d.C. lungo la strada si svilupparono due impianti termali e lo specchio d’acqua del porto accolse un molo e pontili di legno ai quali attraccavano le imbarcazioni che caricavano e scaricavano le merci. Lo scalo conosce continuità per tutta l’età imperiale e agli inizi del V sec. d.C. si è formato un ambiente lagunare, cui è seguito un progressivo insabbiamento che determinò l’avanzamento della linea di costa e lo spostamento del porto in posizione avanzata, verso l’attuale piazza Bovio.

Nella foro di Paolo De Stefano il cantiere di scavo della metropolitana di Napoli per la stazione Municipio che ha portato alla scoperta del porto antico di Napoli

La scoperta archeologica. La realizzazione della linea metropolitana ha generato una delle più grandi indagini archeologiche urbane programmate negli ultimi decenni in rapporto a un’opera pubblica e ha permesso per la prima volta di esplorare per tutti i periodi storici il litorale compreso tra i siti di Parthenope e Neapolis. La stazione Municipio (circa 23mila mq) ha assunto per la sua dimensione e per l’entità dei rinvenimenti archeologici grande rilievo. La storia svelata dallo scavo comincia dalle fasi del porto di Parthenope e Neapolis sino alla fine dell’età antica quando, a causa di trasformazioni ambientali, il mare lascia spazio alla terra e a nuove forme di insediamento. Prosegue con gli straordinari resti edilizi e con il nuovo porto di età angioina, e documenta, infine, i sistemi di fortificazione esterni alla reggia fortezza di Castel Nuovo, realizzati prima da re Alfonso V di Aragona e successivamente dai viceré spagnoli.

Suggestiva immagine del cantiere di scavo a Stazione Municipio con i relitti A, B, e C (foto Giuseppe Avallone)

Il cantiere di Stazione Municipio con i relitti A, B e C, in un plastico presente in mostra (foto Graziano Tavan)

Le imbarcazioni di Municipio. Nel 2004 l’esplorazione dei fondali del porto di Neapolis ha rivelato tre relitti. Come ancora oggi accade, arriva un momento in cui le imbarcazioni sono abbandonate perché non conviene più ripararle: è la sorte toccata ai relitti Napoli A e Napoli C lasciati affondare e poi progressivamente insabbiati per giungere eccezionalmente fino a noi. Il relitto B è forse naufragato per una mareggiata, infrangendosi contro il molo con il suo carico di spezzoni di calcare e di calce. Queste imbarcazioni sono costruite a “guscio portante” con tutte le tavole del fasciame collegate tra di loro secondo il metodo classico della costruzione navale greco-romana detto a “mortase e tenoni”. Mentre “A” e “B” sono velieri di piccolo tonnellaggio utilizzati, probabilmente, per un’attività commerciale in ambito regionale e per una navigazione di cabotaggio, l’imbarcazione “C” è invece una più rara horeia. Questo tipo di barca, con un’estremità a specchio verticale di solito a prua, è noto dalle fonti iconografiche, da due esemplari rinvenuti nel porto di Tolone in Francia e da un’esemplare nello scavo di Isola Sacra a Ostia. La horeia poteva essere anche collegata all’attività di pesca.

Rilievo 3D del relitto Napoli G a cura del Politecnico di Milano

Le imbarcazioni di Municipio: le nuove scoperte. Tra il 2013 e il 2015, nello scavo del sottopasso tra la stazione Municipio e l’area del porto attuale sono emerse altre quattro imbarcazioni: i relitti “Napoli E” e “Napoli H”, databili al II sec. a.C., i relitti “F” e “G”, naufragati intorno alla fine del II-III sec. d.C. La cattiva conservazione dei relitti più antichi, non rende possibili ipotesi sulla loro forma, architettura e funzione originaria. Sul relitto “E” resta traccia del rivestimento di piombo. Questa protezione dell’opera viva, utilizzata per le imbarcazioni di epoca ellenistica, sarà successivamente soppiantata dall’uso della pece e dell’encausto. Il relitto “F” per le sue caratteristiche strutturali è pertinente, come “Napoli A” e “B”, a un veliero per il trasporto marittimo. Il relitto “G” documenta il tipo della horeia, aggiungendosi all’analogo relitto “Napoli C” indagato nel 2004. Tuttavia esso presenta delle peculiarità: la forma triangolare dello specchio di una delle estremità e la presenza di uno spazio adibito all’evacuazione dell’acqua di sentina. Lo specchio nel nuovo caso napoletano potrebbe corrispondere, dunque, alla poppa e non alla prua come nelle altre horeiae conosciute a meno di non pensare a una barca anfidroma (cioè che può navigare da prua e da poppa).

Attrezzature e oggetti di svago, scoperti sui fondali del porto antico o sui relitti, che testimoniano la vita di bordo (foto Graziano Tavan)

La vita di bordo: attrezzature e svago. Il sedimento marino dei fondali del porto e la falda acquifera che successivamente ha invaso l’area hanno consentito la conservazione oltre che dei relitti di numerosi reperti organici. Essi documentano le attrezzature di bordo delle imbarcazioni come bozzelli e bigotte per le manovre delle vele, frammenti di cime e cordame. Sono venuti alla luce inoltre oggetti personali dell’equipaggio o dei passeggeri: calzature, dadi custoditi in apposite scatoline e altri giochi che servivano come passatempo in viaggio.

La riproduzione di un tratto dei fondali del porto antico di Napoli con le numerose ceramiche che vi si sono depositate nei secoli (foto Graziano Tavan)

La vita nel porto: i traffici, le merci, il lavoro. Il ritrovato porto di Neapolis ha svolto intense attività commerciali nel corso della sua vita millenaria, dal III sec. a.C. agli inizi del V sec. d.C. Sui suoi fondali si sono accumulati i materiali più diversi, in parte rifiuti scaricati dall’area adiacente il bacino, in parte oggetti perduti durante le operazioni di carico e scarico delle merci, oppure le dotazioni di bordo delle imbarcazioni. I reperti sono la testimonianza dei traffici e dei consumi della città nelle diverse epoche: migliaia di frammenti ed esemplari quasi integri di stoviglie, contenitori di derrate alimentari, lucerne, oggetti di vetro, monete.

La grande ancora di legno e piombo trovata all’imboccatura del porto antico di Napoli (foto Mann)

L’ancora del porto di Napoli in un disegno che ne descrive le varie parti (foto Graziano Tavan)

L’ancora lignea del porto di Neapolis. Numerose sono le ancore disperse nei fondali: le più comuni sono in pietra con marre di legno. Straordinaria per dimensione (2.60 x 1.50 m) e per conservazione è l’ancora di legno e piombo esposta dopo il restauro effettuato dall’istituto superiore di Conservazione e Restauro. Essa è stata portata alla luce in prossimità dell’imboccatura del porto antico sui fondali marini di fine II sec. a.C.: la mole dell’attrezzo testimonia l’ormeggio di grandi navi, come dimostra anche un mezzo ceppo di piombo recuperato a poca distanza, che doveva appartenere a un’ulteriore ancora di misura maggiore. L’ancora è un tipo diffuso nel Mediterraneo tra l’età Repubblicana e l’Impero, simile, solo per citare quelli più vicini, ad esemplari rinvenuti nel lago di Nemi o nel porto antico di Pisa. Si conservano: il fusto a sezione rettangolare sino all’estremità inferiore (diamante), i bracci a uncino (marre), l’elemento orizzontale in piombo che fissava le marre al fusto (contromarra). Le marre sono connesse al fusto attraverso due larghi tenoni fissati da cavicchi. La contromarra evitava che le marre si divaricassero e si spezzassero durante la trazione e appesantiva la parte inferiore dell’ancora. Attorno alla strozzatura del diamante era fissata la cima che serviva per facilitare il recupero dell’attrezzo. Non si conserva il ceppo di appesantimento, ma è probabile che fosse del tipo fisso , con tenone passante nel fusto.