A Palazzo Meizlik di Aquileia apre la mostra “Da Aquileia a Betlemme: un mosaico di fede e bellezza” che celebra quel filo ancora inesplorato che unisce la Basilica della Natività a Betlemme e la Basilica di Aquileia, entrambe tappa e meta di pellegrinaggi, entrambi siti Patrimonio dell’Umanità


Mappa delle vie di cammino medievali (foto fondazione aquileia)
C’è un filo ancora inesplorato di fede e bellezza che unisce la Basilica della Natività a Betlemme e la Basilica di Aquileia, entrambe tappa e meta di pellegrinaggi, entrambi siti Patrimonio dell’Umanità. A celebrare la rinascita della Basilica della Natività di Betlemme e la storia dell’evoluzione della Basilica di Aquileia la mostra “Da Aquileia a Betlemme: un mosaico di fede e bellezza” che apre a Palazzo Meizlik domenica 11 luglio 2021, alle 18, alla presenza di S.E. Mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme; di S.E. Anastas, delegato di Palestina all’Unesco; del presidente della Fondazione Aquileia e sindaco Emanuele Zorino e dei curatori. La mostra è organizzata da Fondazione Aquileia, Bethlehem Development Foundation, Alto Comitato Presidenziale per gli Affari religiosi in Palestina e per il restauro della Basilica della Natività, Comune di Aquileia, Fondazione per la Conservazione della Basilica di Aquileia con il patrocinio del Ministero della Cultura e il sostegno di Piacenti spa. La mostra, che rimarrà aperta fino al 30 settembre 2021, è visitabile dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19 (apertura straordinaria lunedì 12 luglio 2021, in occasione dei SS. Patroni) e il biglietto d’ingresso alla mostra (6 euro) comprende anche l’ingresso alla Basilica di Aquileia, alla cripta affreschi e alla cripta scavi per permettere ai visitatori di proseguire il percorso alla scoperta delle meraviglie della Basilica di Aquileia. Al bookshop della mostra è disponibile il catalogo arricchito dai testi dei curatori e da un ricco repertorio fotografico (15 euro) e il dvd “Le meraviglie di Betlemme” (10 euro).

La navata centrale della Basilica di Aquileia con il più esteso mosaico pavimentale dell’Occidente (foto G. Baronchelli)

Emanuele Zorino, presidente Fondazione Aquileia
“Con questa mostra”, evidenzia Emanuele Zorino, presidente della Fondazione Aquileia, “confermiamo l’impegno nel raccontare la centralità della splendida civitas nella storia della Cristianità e nel rapporto vivissimo con il Mediterraneo e con l’Oriente. In una fase post-pandemica complicata per l’economia globale, la Fondazione Aquileia ha voluto scommettere su un’iniziativa che mette al centro l’indagine storico-archeologica come occasione per porre nuovi quesiti alla comunità scientifica, ma anche come strumento concreto per il rilancio turistico del territorio e per l’affermazione del dialogo interculturale, rivendicandone al tempo stesso la funzione di deterrente alle angosce contemporanee e alle nuove minacce di conflitto”.

Basilica della Natività a Betlemme: la stella d’argento che segna il luogo della nascita di Gesù nella grotta della Natività (foto fondazione aquileia)

S.E. Issa Kassissieh, membro del Comitato Presidenziale Palestinese per il Restauro della Basilica della Natività
S.E. Issa Kassissieh, membro del Comitato Presidenziale Palestinese per il Restauro della Basilica della Natività “La mostra”, sottolinea S.E. Issa Kassissieh, membro del Comitato Presidenziale Palestinese per il Restauro della Basilica della Natività, “valorizza la chiesa della Natività restaurata in tutta la sua bellezza artistica e significato storico, e ancor di più nel suo messaggio spirituale. In un momento in cui il mondo lotta contro una pandemia la Natività ci ricorda ancora della nascita e rinascita di Gesù, e con Lui germogliano nuova vita e nuove speranze. È con umiltà, e allo stesso tempo con orgoglio, che il popolo Palestinese presenta Betlemme e la sua chiesa al mondo: crediamo fermamente che attraverso la bellezza e il potere dell’arte, della storia, della cultura e della fede possiamo davvero promuovere la conoscenza tra culture, rafforzare il dialogo interreligioso, ed essere di ispirazione per il progresso delle generazioni future”.

Ipotesi ricostruttiva dell’Aula Sud della Basilica di Aquileia, vista da Ovest (foto fondazione aquileia)

Salvo Barrano, curatore della mostra “Da Aquileia a Betlemme”

Luca Villa, curatore della mostra “Da Aquileia a Betlemme”
“Aquileia e Betlemme”, spiegano Salvo Barrano e Luca Villa, i curatori della sezione aquileiese, “poste in due aree opposte del Mediterraneo, appaiono significativamente accomunate dal ruolo preminente nell’irradiazione e nell’affermazione del Cristianesimo, come suggeriscono le testimonianze monumentali che vi sono conservate. Sia il santuario sorto sulla Grotta di Gesù sia il complesso della città adriatica appaiono entrambi edificati in epoca costantiniana, agli inizi del IV secolo d.C. Sul luogo della Natività venne eretta, per volere dello stesso imperatore Costantino, una grande basilica, un complesso che ebbe da subito un’estrema rilevanza nel mondo cristiano, divenendo meta di pellegrinaggi da ogni parte dell’impero, come accadde anche per tutti gli altri luoghi della Terra Santa che conservavano traccia della vita e della passione di Cristo. Negli stessi anni ad Aquileia il vescovo Teodoro innalzava, alla guida di una fervente e benestante comunità locale, uno dei più antichi ed importanti complessi paleocristiani dell’Occidente, dove si conservano straordinarie testimonianze dell’arte cristiana, prima fra tutte il più esteso mosaico pavimentale dell’Occidente”.


Basilica della Natività a Betlemme: la basilica giustinianea vista da sud dopo il restauro del tetto (foto fondazione aquileia)
L’accostamento tra i due siti – e in particolare tra la Basilica della Natività di Betlemme e la Basilica di Aquileia – si deve all’interesse delle recenti scoperte nella Basilica della Natività, avvenute nel corso del sapiente restauro condotto a partire dal 2013 dall’azienda italiana Piacenti spa, eccellenza nel restauro. Ai lavori di Betlemme, finanziati grazie all’impegno dell’Autorità Palestinese, hanno fatto seguito ricerche accurate, che hanno evidenziato straordinarie analogie nella genesi e nell’evoluzione dei due complessi.


Basilica della Natività a Betlemme: restauratori al lavoro sul mosaico pavimentale della basilica costantiniana (foto fondazione aquileia)
Il percorso espositivo si snoda in due sezioni: la sezione Betlemme, curata da Taisir Hasbun, Alessandro Fichera e Tommaso Santi si avvale del progetto di scavo e restauro durato dieci anni come di un filo che permette di ricucire attraverso testi, foto e video la storia del monumento più antico della Cristianità per concludersi con un video dove viene letteralmente svelata la Basilica nella sua ritrovata bellezza.


Area archeologica della Domus e palazzo episcopale di Aquileia: il pavimento musivo dell’aula absidata (foto G. Baronchelli)
La sezione Aquileia, curata dagli archeologi Salvo Barrano e Luca Villa conduce direttamente alle origini dell’arte cristiana indagando in profondità il rapporto tra queste due città, separate da oltre duemila miglia. Si focalizza sui grandiosi mosaici di età costantiniana nel primo impianto della basilica di Aquileia realizzata dal Vescovo Teodoro e prosegue con il racconto dell’evoluzione della basilica cristiana nei secoli arricchito di contenuti multimediali.
“Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”: Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti con le esperienze di 34 archeologi italiani spiegano com’è l’archeologia oggi e come può diventare un lavoro. Grande festa e incontro al museo Pigorini di Roma

La copertina del libro di Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”
Chi è l’archeologo? Cosa fa l’archeologo? Bella domanda. Nell’immaginario collettivo la prima risposta che viene è il professore che scava tesori, decifra testi misteriosi, evita trappole mortali, duella con mummie: in una parola, Indiana Jones. Oppure lo vede chiuso nelle aule polverose di una biblioteca a studiare fonti lontane nei secoli e poi in giro per il mondo a scavare o imbalsamato tra le vetrine di un noioso museo. Niente di tutto questo. La realtà è ben diversa e certo meno avventurosa e poetica: da una parte i (pochi) che sono riusciti a trovare un posto nella pubblica amministrazione (università, soprintendenze, musei), dall’altra una schiera di volontari-freelance-collaboratori, in una parola: disoccupati o, al massimo, inoccupati. Ma si può cambiare una situazione che ai “giovani-che-amano-l’archeologia” non sembra dare un futuro? Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti ne sono convinti. E lo hanno scritto. Anzi hanno scritto un libro che è un vero manuale del giovane archeologo, ricco di esperienze e consigli, idee e progetti, difficoltà ed errori da evitare. Ecco dunque “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta” (Cisalpino Edizioni), da consigliare – prima ancora che ai giovani che sognano di fare l’archeologo – alle università perché inseriscano nei corsi di laurea anche degli insegnamenti che allarghino gli orizzonti e le applicazioni lavorative dell’archeologia.
“L’archeologo del XXI secolo non vive più di solo studio e scavo”, spiegano gli autori. “Oggi la moderna ricerca impone di affiancare al lavoro in cantiere e ai libri in biblioteca modi sempre nuovi di indagare, comunicare e gestire l’antico. Bastano un po’ di fantasia, versatilità e intraprendenza per dar vita oggi, da archeologo, alle attività più disparate”. Come hanno fatto i professionisti che si raccontano in Archeostorie: sono 34 professionisti che – sotto l’attenta regia della giornalista Cinzia Dal Maso e dell’archeologo Francesco Ripanti – narrano ciascuno la propria esperienza “di frontiera” e riflettono sul significato del proprio lavoro nel mondo d’oggi. Sono persone che hanno dato vita a un’archeologia forse un po’ “indie e underground” – come l’ha definita Giuliano De Felice nella conclusione – ma sicuramente viva, pragmatica e ricca di energia. Ancorata nel presente e per nulla immersa solo nel passato. Esperienze di archeologia vissuta, di un’archeologia che con molto impegno e un po’ di fantasia può diventare veramente un lavoro. Così nel manuale di Cinzia e Francesco troviamo chi cura un museo e chi gestisce un’area archeologica, chi narra il passato ai bambini e chi lo “fa vedere” ai ciechi, chi usa nel racconto le tecnologie e i linguaggi più diversi e persino i videogame; c’è poi chi ricostruisce l’antico in 3D e chi lo sperimenta dal vivo, chi organizza i dati di scavo e chi li rende disponibili per tutti; c’è chi scrive sui giornali e chi parla di archeologia alla radio o in tivù, chi realizza documentari e chi racconta l’archeologia sui social network; c’è ancora chi punta sul marketing e chi sul crowdfunding, chi fa dell’archeologia un’esperienza per tutti e chi difende le bellezze da furti e scempi. C’è anche chi studia e scava, e nel libro racconta la vita vera di studio e scavo al di là dei miti e dei sogni.
C’è entusiasmo ed energia nelle esperienze degli autori, tutti archeologi che hanno voluto ostinatamente fare della loro passione una professione, pur vivendo in un mondo che vanifica le aspirazioni dei più. Ma questa loro “ostinazione” è così contagiosa che sta già diventando un movimento. Pronti a trovarsi con quanti condividono passione e convinzioni al punto da organizzare una festa: la festa di Archeostorie. “Abbiamo deciso di farci conoscere raccontando in modo concreto le nostre storie ed esperienze. Per spiegare a tutti cosa fanno ogni giorno gli archeologi veri, al di là dei miti e dei sogni, e quanto il loro lavoro serva alla società tutta. Per far capire agli studenti di archeologia che non sono per forza destinati alla disoccupazione. E stimolare i loro professori a indirizzare gli studenti verso questi mestieri, così da formare professionisti e non disoccupati”.
L’appuntamento della grande festa è venerdì 10 aprile alle 17 al museo preistorico etnografico Pigorini di Roma, in sala conferenze: sono invitati tutti gli archeologi a unirsi e raccontare anche loro la propria storia. A mostrare che i possibili mestieri degli archeologi sono molti, e non sono affatto immersi nel passato ma concretamente radicati nel nostro mondo. Alla festa, insieme a Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti che presenteranno il loro libro “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”, parteciperanno Salvo Barrano, Luca Bondioli, Stefano De Caro, Adele Lagi, Massimo Vidale, Enrico Zanini, e gli autori Marta Coccoluto, Cinzia Dal Maso, Giuliano De Felice, Astrid D’Eredità, Antonia Falcone, Alessandro Fichera, Francesco Ghizzani Marcia, Marina Lo Blundo, Carolina Megale, Valentino Nizzo, Anna Paterlini, Luca Peyronel, Francesco Ripanti, Paola Romi, Lidia Vignola. Sarà proiettato in prima assoluta un video di animazione di Giuliano De Felice.
C’è un filo rosso che lega le diverse e variegate esperienze: la voglia, la necessità, la convinzione che studiare archeologia, lavorare in archeologia, significa comunicare, narrare, raccontare storie, che alla fine vuol dire raccontare l’uomo che c’è dietro ogni oggetto, reperto, traccia, segno che la ricerca, lo scavo, la conservazione, la tutela, la valorizzazione riporta alla nostra attenzione. Se facciamo un passo indietro qualcosa del genere l’aveva indicato già quarant’anni fa Sabatino Moscati col suo “Le pietre parlano”. Forse era troppo avanti. Ma oggi? I protagonisti di Archeostorie, scrive Giuliano De Felice, “dimostrano con il proprio lavoro quotidiano che il destino dell’archeologo non è necessariamente una scelta drammatica tra l’illusione della ricerca e l’umiliazione della ruspa. Le loro archeostorie riescono a farci ritrovare fiducia nel futuro di questa disciplina, più di ogni pur auspicabile riforma della formazione, della ricerca o della tutela. Cinzia e Francesco hanno infatti avuto la straordinaria intuizione – e la altrettanto straordinaria caparbietà – di trasformare qualcosa di tangibile e di concreto quel moto spontaneo e disordinato che già esiste nei social network, nei blog, nei canali YouTube, ma che risulta invisibile, se non addirittura inviso, all’accademia, all’amministrazione pubblica, alla politica. Non possiamo certo sapere oggi – conclude – quale sarà l’archeologia di domani, ma di una cosa siamo sicuri: indipendentemente da quanto sarà in grado di maturare, crescere e cambiare, dovrà prima di tutto riuscire a trasformare le proprie competenze e i propri sogni in esperienze di tutti. Come? Adesso lo abbiamo capito: imparando a raccontarsi”.
Dalla formazione alla professione nei Beni culturali: all’università di Padova tutti i protagonisti a confronto per dare un futuro ad archeologi, archivisti, bibliotecari, antropologi grazie alla nuova legge

Il manifesto della tavola rotonda “Beni culturali: dalla formazione alla professione” promossa dall’università di Padova
Dalla formazione alla professione nei Beni culturali: se ne parla lunedì 9 marzo all’università di Padova in un confronto tra esperti, perché i professionisti dei beni culturali oggi non sono più solo un’etichetta sul biglietto da visita. Ora esistono, per legge: nel giugno del 2014 la Commissione Cultura della Camera ha approvato definitivamente, in sede legislativa, la legge per il riconoscimento dei professionisti dei beni culturali, la cosiddetta legge Madia, “Modifica al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professionisti dei beni culturali, e istituzione di elenchi nazionali dei suddetti professionisti”. Le nuove professioni sono così entrate finalmente nel codice dei beni culturali. Un risultato storico, che ha fatto esultare il ministro peri Beni culturali, Dario Franceschini: “Sono migliaia i professionisti dei beni culturali”, ha dichiarato, “che attendevano di vedere riconosciuta la propria professione. Questa legge risponde pienamente a questa domanda e offre allo Stato uno strumento in più per adempiere ai dettami costituzionali. È indubbio, infatti, che non può esserci piena tutela e valorizzazione del patrimonio culturale se non si valorizzano le competenze di chi vi opera quotidianamente”.
Il riconoscimento dei professionisti dei beni culturali è avvenuto, infatti, attraverso due modifiche al codice dei beni culturali. La prima riguarda l’articolo 9-bis, che affida esplicitamente tutti gli interventi di tutela, vigilanza e conservazione dei beni culturali, “alla responsabilità, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demo-etno-antropologi, antropologi esperti di diagnostica applicata ai beni culturali o storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione e professionalità”. Un settore che, secondo stime delle associazioni, riguarda in Italia almeno 30mila specialisti della cultura. La seconda modifica, che mira a regolamentare le professioni dei beni culturali, interviene sull’art. 182-bis del codice dei beni culturali, istituendo dei registri ufficiali per le singole professioni, ovvero elenchi aperti del Mibact ai quali potranno iscriversi tutti i professionisti delle specialità citate purché siano in possesso di determinati requisiti minimi, valutati dal ministero di concerto con gli enti interessati e che il Mibact, sentiti il Miur, la Conferenza Stato-Regioni e in collaborazione con le rispettive associazioni professionali, stabilisca con proprio decreto le modalità e i requisiti di iscrizione. La norma prevede che si adeguino i rispettivi corsi di laurea legati a questi profili professionali e che si individuino i livelli minimi di qualificazione.
Il riconoscimento per i professionisti dei beni culturali, è dunque un passaggio storico per la piena attuazione dell’art. 9 della Costituzione. È un momento storico per tutte quelle persone che hanno scelto di fare dell’archeologia, del restauro, della storia dell’arte, dell’archivistica una professione, oltre a coltivarne la passione. A quasi quarant’anni dall’istituzione del ministero si dà finalmente riconoscimento e dignità professionale a decine di migliaia di professionisti e una prospettiva a coloro che hanno intrapreso percorsi di studi in questo campo. L’Associazione Nazionale Archeologi fin dalla sua costituzione, nel 2005, ha perseguito con chiarezza l’obiettivo del riconoscimento giuridico. Per sensibilizzare la classe politica è scesa in piazza per ben tre volte per manifestare con governi di centrodestra (giugno 2008), di centro (dicembre 2012) di centrosinistra (gennaio 2014). “Come archeologi – afferma Salvo Barrano presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi e vicepresidente di Confassociazioni – sentiamo di dover ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a raggiungere questo obiettivo, comprese le forze politiche, sindacali e le associazioni”.
Sono passati però quasi otto mesi dall’approvazione della legge e mancano ancora i decreti attuativi. Ciò significa che non si sa ancora bene come applicare la legge e in che termini. Si capisce, quindi, come sia importante parlarne tra “addetti ai lavori”, e come la giornata di studi dell’università di Padova “Beni culturali dall’università alla professione. Incontri possibili tra formazione, mondo del lavoro e normative” diventi un momento di confronto da non perdere. “Questa tavola rotonda”, spiega Jacopo Bonetto che coordina l’iniziativa con Francesca Ghedini, “è la prima a livello nazionale che tratta del problema della legge sulle Professioni nel campo dei Beni culturali, che potrebbe cambiare tutto. Per questo abbiamo cercato di far sedere più protagonisti possibile attorno al tavolo e cominciare a parlarne. Non dimentichiamo che questa legge sarà fondamentale anche per l’occupazione dei giovani (e di riflesso per il futuro delle nostre Facoltà)”. L’appuntamento è dunque per lunedì 9 marzo in aula magna “Galileo Galilei”, al Palazzo del Bo a Padova. Alle 9.30 ci sono i saluti del magnifico rettore G. Zaccaria, del direttore del Dipartimento dei Beni Culturali G. Valenzano, e dei coordinatori J. Bonetto, F. Ghedini della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici e Dottorato di ricerca in Storia, critica e conservazione dei Beni Culturali. Alle 10, la prima tavola rotonda dedicata alla “Formazione”, moderatori E. Zanini (Università di Siena) e M.S. Busana. Intervengono M. Salvadori e G. Tomasella (Università di Padova), presidenti dei corsi di studio in Archeologia/Scienze archeologiche; Storia e tutela dei Beni artistici e musicali/Storia dell’arte; F. Toniolo e P. Zanovello (Università di Padova), rispettivamente presidente del corso di studio in Progettazione e gestione del Turismo culturale e direttore del master in Pianificazione e gestione del prodotto turistico; J. Bonetto e G. Dal Canton (Università di Padova), direttori delle Scuole di specializzazione in Beni archeologici e in Beni storico-artistici; F. Ghedini (Università di Padova), direttore della Scuola di dottorato in Storia, critica e conservazione dei Beni Culturali; A. Pontrandolfo (Università di Salerno), consulta nazionale universitaria per l’Archeologia classica; L. Borean (Università di Udine), direttrice della Scuola di specializzazione in Storia dell’Arte, consulta nazionale universitaria per la Storia dell’arte.
Alle 11, seconda Tavola rotonda dedicata al “Quadro politico e legislativo” con moderatori F. Ghedini e J. Bonetto. Intervengono: C. Bon Valsassina (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), direttore generale Educazione e ricerca; M. L. Catoni (IMT Alti Studi Lucca), consigliere del ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo; G. Ericani, presidente dell’ICFA (International Council of Museums) e proboviro dell’ICOM; V. Tinè, soprintendente per i Beni archeologici del Veneto. Alle 12 la terza Tavola rotonda su “Il lavoro richiesto e il lavoro possibile” con moderatore J. Bonetto. Intervengono: L. Bison e A. Rodighiero, rappresentanti degli studenti del corso di laurea in Scienze archeologiche; A. Zaia e S. Polli, rappresentanti degli studenti dei corsi di laurea in Storia e tutela dei Beni artistici e musicali/Storia dell’arte; M. Covolan e D. Voltolini, rappresentanti degli studenti della Scuola di specializzazione in Beni archeologici; M. Tabaglio e L. Savio, tirocinio formativo attivo presso soprintendenza speciale Pompei, Ercolano e Stabia (“Unità Grande Pompei”); G. Rota e A. Lighezzolo (Università di Padova), Servizio Stage e Career Service.
Alle 13, J. Bonetto e V. Tiné presentano gli “accordi quadro per Stage e tirocini per studenti con le soprintendenze, gli enti pubblici, le società, le cooperative, le associazioni”. Quindi pausa pranzo. Si riprende alle 14.30, con Massimo Vidale (Università di Padova) che presenta il libro “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”, Cisalpino 2015, a cura di C. Dal Maso, giornalista, e F. Ripanti, Scuola di specializzazione in Beni Archeologici (Università di Trieste, Udine, Venezia Ca’ Foscari), che saranno presenti. “In realtà, più che un libro sta già diventando un movimento”, spiega Cinzia Dal maso. “Abbiamo riunito 34 archeologi che fanno le cose più disparate per mostrare che l’archeologo non sa solo scavare ma può fare tanti mestieri, mestieri che danno reddito perché sono necessari al mondo contemporaneo. Stiamo raccogliendo consensi ed entusiasmi ovunque! In particolare ci vogliamo rivolgere agli studenti universitari, perché sappiano che studiando archeologia possono fare un sacco di mestieri, e non solo finire disoccupati; e a chi ci governa e parla tanto di “nuovi” mestieri dei beni culturali, senza accorgersi che c’è chi li fa da un bel po’, e ci campa pure”.
Alle 15, la quarta Tavola rotonda su “Esperienze dal mondo del lavoro: assetto, difficoltà, esigenze” con moderatori E. Zanini (Università degli Studi di Siena) e J. Bonetto. Intervengono: P. Michelini, cooperativa Petra, Padova; A. Vigoni, Dedalo snc, Padova; A. Favero, SAP Società Archeologica srl, Mantova; S. Magro, Cultour Active, Treviso; C. Tagliaferro, associazione culturale Studio D, Padova; A. R. Tricomi, Archeonaute Onlus, Verona; C. Del Pino, Laformadelviaggio.it srl, Padova. Alle 16, la quinta e ultima Tavola rotonda su “Le associazioni professionali per i beni culturali” con moderatori S. Barrano (vicepresidente Confassociazioni) e J. Bonetto. Intervengono: A. Pintucci e G. Leoni, Confederazione Italiana Archeologi, CIA; G. Manca di Mores, Associazione Nazionale Archeologi, ANA; B. Mastrorilli e F. Rigillo, Associazione Storici dell’Arte Unitari, SAU; R. di Costanzo, Associazione Archivisti in Movimento, ARCHIM; C. Mezzadri, presidente Archeoimprese. Alle 17, dibattito e chiusura lavori.
L’Associazione nazionale archeologi: “Il nuovo ministro Franceschini segni una svolta nella politica di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico in generale e di Pompei in particolare”

Il neo ministro per i Beni culturali Dario Franceschini giura nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Sul suo tavolo il neo ministro dei Beni culturali si troverà l’abolizione della Direzione Generale delle Antichità, ruolo e aspettative di archeologi e operatori culturali, una rete di siti, musei e parchi che pretendono attenzione, e ovviamente l’area archeologica di Pompei con la quale ogni titolare dei Beni culturali deve fare i conti. Un compito gravoso prima ancora di cominciare. Ma l’Associazione Nazionale Archeologi guarda con “fiducia” alla nomina di Dario Franceschini alla guida del ministero dei Beni Culturali e del Turismo e auspica un dicastero che sappia imprimere “una svolta decisiva alle politiche di tutela, fruizione e di valorizzazione” e che vigili su Pompei. “Ci auguriamo”, afferma Salvo Barrano, presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi e vicepresidente di Confassociazioni, “che il ministro sappia individuare da subito le priorità e le esigenze delle diverse anime che compongono l’universo della cultura italiana perché sulla sua azione di governo pesano già alcune ipoteche che esigono risposte urgenti».
«Non può più essere procrastinata al Senato”, entra subito nel merito, “l’approvazione all’unanimità da parte della Camera della proposta di legge (pdl 362) che riconosce il ruolo di archeologi, archivisti, bibliotecari, storici dell’arte, quale parte integrante di un sistema di tutela gravemente penalizzato negli ultimi vent’anni. Lo chiede con forza il mondo professionale le cui istanze vanno recepite e non più umiliate come è già accaduto nel Bando ‘500 giovani per la cultura. Per riformare il ministero – continua – non basta rientrare nei termini imposti dalla spending review, ma è necessaria l’apertura di un tavolo di dialogo con tutti gli operatori dei beni culturali e del turismo che possa evitare proposte sbagliate come quella di abolire la Direzione Generale alle Antichità”.
L’Italia, infatti, fa notare il presidente, “ha accumulato rispetto all’Unione Europea ritardi normativi, a cominciare dalla ratifica della Convenzione Europea per la protezione del patrimonio archeologico, firmata 22 anni fa a La Valletta, ma non ancora effettiva nel nostro Paese. Il governo Letta nel Consiglio dei Ministri del 14 febbraio ha varato un ddl per la sua immediata ratifica facciamo, quindi, appello al ministro affinché riprenda con immediatezza l’iter già avviato. Si tratta di un passo ormai imprescindibile che darebbe nuovo vigore alle politiche di tutela e di governo del paesaggio riscattando non solo l’azione di tutela del ministero, ma il valore sociale dell’archeologia stessa e dei suoi professionisti”.
La nota dell’Associazione nazionale archeologi si chiude con una richiesta al ministro Franceschini: “Chiediamo di prestare la massima attenzione al Grande Progetto Pompei e di vigilare affinché i lavori proseguano secondo i programmi stabiliti considerata la necessità di spendere i fondi entro il 2015 e la grande attenzione che tutto il mondo presta a uno dei siti archeologici più visitati al mondo”.
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CHI SIAMO
Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)
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