Emilia-Romagna in zona arancione. Dal 22 febbraio 2021 a Bologna chiudono il museo civico Archeologico e i musei di Arte antica e a Ravenna il museo Classis nel giorno della sua programmata apertura

In ottemperanza al Dpcm del 14 gennaio 2021 e all’Ordinanza del ministro della Salute del 19 febbraio 2021, dal 22 febbraio 2021 e fino al permanere della Regione Emilia-Romagna in zona arancione tutti i musei dell’Istituzione Bologna Musei, tra cui il museo civico Archeologico e i musei civici di Arte antica, rimarranno chiusi, salvo ulteriori disposizioni governative. Sono inoltre sospesi anche gli eventi programmati negli stessi musei. Per ulteriori informazioni e aggiornamenti, si prega di consultare il sito www.museibologna.it.

Ma il cambio di colore della Regione Emilia Romagna è stato particolarmente penalizzante per Classis Ravenna – Museo della Città e del Territorio. Praticamente l’annuncio da parte della fondazione RavennAntica della riapertura, dopo un lungo periodo, del Classis Ravenna è coinciso con la decisione da parte del ministero della Salute di far passare la regione da giallo ad arancione. Così nel giorno programmato per la riapertura, è scattata lo stop dei musei. La riapertura – fa sapere RavennAntica – è rimandata a nuova comunicazione.
“Sere d’estate al parco archeologico dell’antica Kainua”: a Marzabotto, quattro appuntamenti con visita al museo Etrusco, apericena e spettacolo teatrale
Immergersi fra arte e natura, storia e boschi, tra i paesaggi e l’ospitalità tutta emiliana dell’Appennino bolognese. Entrare al museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” e farsi guidare attraverso l’unica città etrusca interamente visibile e poi, dopo un aperitivo e un piccolo buffet, sedersi in un anfiteatro realizzato con i ballini di paglia per assistere a spettacoli di altissima qualità legati al mondo classico e alle sue reinterpretazioni in epoca moderna e contemporanea. Non è uno slogan, ma l’estate di Marzabotto. Tornano infatti le “Sere d’estate al parco archeologico dell’antica Kainua” nella suggestiva cornice dell’area verde del Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria” a Marzabotto (via Porrettana Sud, 13). Dal 18 giugno al 18 luglio quattro appuntamenti con protagonisti come Moni Ovadia, Marco Paolini, Anna Bonaiuto e Silvio Orlando, per una rassegna che si annuncia il più importante evento teatrale dell’estate nell’Appennino bolognese.

Il caratteristico teatro di paglia che ospita gli spettacoli teatrali al parco archeologico di Marzabotto
Marco Montanari cura la direzione artistica delle “Sere d’estate”, promosse da Comune di Marzabotto, Unione Comuni Appennino Bolognese, Regione Emilia-Romagna assessorato alla Cultura, Distretti Culturali–Città metropolitana di Bologna, Polo museale dell’Emilia Romagna e soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara. Anche quest’anno gli spettacoli sono allestiti nel “teatro di paglia” realizzato con ballini di fieno (consigliamo al pubblico di dotarsi di cuscino per maggiore confort); prima di ogni spettacolo, si può partecipare alla visita guidata gratuita al museo e agli scavi (ore 19, info 051 932353) e godere dell’apericena al tramonto. In caso di maltempo gli spettacoli si terranno al Teatro di Marzabotto. Gli spettacoli iniziano alle 21. Alle 19, prima di ogni spettacolo, visita guidata al museo e al parco archeologico a cura della direzione del Museo (info 051 932353). Ogni sera aperitivo e piccolo buffet sul far del tramonto (8 euro) all’interno dell’area archeologica. Per il confort dei partecipanti, è consigliato portare un cuscino. Prenotazione obbligatoria Marco Tamarri: 3401841931 – marco.tamarri@unioneappennino.bo.it . Abbonamento ai quattro spettacoli 50 euro, ingresso singolo 15 euro, gratuito per under 14.
Le “sere” a Marzabotto iniziano lunedì 18 giugno 2018, alle 21, con Moni Ovadia che presenta “Cabaret Yiddish”. Aperitivo a cura di Antica Osteria Etrusca. La lingua, la musica e la cultura Yiddish, quell’inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, la condizione universale dell’Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque, sono al centro di “Cabaret Yiddish” spettacolo da camera da cui è poi derivato il più celebre Oylem Goylem. Si potrebbe dire che lo spettacolo abbia la forma classica del cabaret comunemente inteso. Alterna infatti brani musicali e canti a storielle, aneddoti, citazioni che la comprovata abilità dell’intrattenitore sa rendere gustosamente vivaci. Ma la curiosità dello spettacolo sta nel fatto di essere interamente dedicato a quella parte di cultura ebraica di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica. Uno spettacolo che “sa di steppe e di retrobotteghe, di strade e di sinagoghe”. Tutto questo è ciò che Moni Ovadia chiama “il suono dell’esilio, la musica della dispersione”: in una parola della diaspora.
Seconda serata mercoledì 27 giugno 2018, alle 21, con Marco Paolini che presenta “U. Piccola Odissea tascabile”. Aperitivo a cura di agriturismo La Quercia. U è un’odissea tascabile ridotta ad un oratorio diviso in movimenti, rapsodie ballate e frottole. È preceduta da un’invocazione, un Preludio diviso in cadenze che anticipa brevemente sia la vicenda che le chiavi di lettura. La storia di U non finisce con il ritorno in Patria. Un epilogo serve a narrare la morte di U non come prevista dall’indovino Tiresia, ma come immaginata da Dante, in mare. La narrazione di Paolini viaggia su invenzioni di linguaggio immediato, pop, politicamente scorretto ma che mantiene fedelmente tutte le corrispondenze con le tappe, gli incontri e le peripezie del viaggio omerico. L’oralità riassume i canti dell’Odissea attraverso una sorta di verso libero che a tratti si fa ritmo sonoro, ballata che viaggia tra luoghi comuni, gli oggetti simbolo e feticci del nostro tempo trattati come isole di spazzatura galleggianti in mare. Non c’è compassione nella lingua quando descrive la terra, il mare è l’unico luogo dove essa può ancora avere un senso. È una storia tagliente questa narrata dal punto di vista di chi per salvarsi deve mentire, travestirsi, ingannare, combattere. La rotta tortuosa di U incrocia altre traiettorie di naufraghi. La barca di U è diventata una flotta. Per ridare dignità a un milione di odissee serve immaginarne il coraggio, la bellezza e l’astuzia e non solo l’orrore. Serve stupore e non solo pietà, serve ironia dentro la tragedia.
Terza serata giovedì 05 luglio 2018, alle 21, con Anna Bonaiuto che presenta “L’amica geniale”. Aperitivo a cura di az. agricola La Casetta. Del “Mistero Ferrante” si è cominciato a parlare fin dal suo esordio con “L’amore molesto” e si è continuato a farlo con ogni libro fino a diventare la “Ferrante fever” dopo il successo internazionale de “L’amica geniale”. Tutti si chiedono chi si nasconda dietro lo pseudonimo ma la scrittrice taglia corto dicendo che “se vedessimo passeggiare Tolstoj con Anna Karenina i nostri sguardi andrebbero tutti su Anna…”. Contano le parole e non la persona che le ha scritte. Anna Bonaiuto legge dei brani tratti da ciascuno dei 4 libri seguendo il tema principale: l’amicizia tormentata tra due donne, nata sui banchi delle elementari e continuata per 50 anni, isolandola dalla storia di decine di personaggi che raccontano per quasi 2000 pagine anche la storia dell’Italia. Come nei grandi romanzi dell’Ottocento.
Ultima serata mercoledì 18 luglio 2018, alle 21, con Silvio Orlando che presenta “La vita davanti a sé”. Aperitivo a cura di locanda A Casa Dalla Ross. “La vita davanti a sé” un “reading” dal romanzo di Romain Gary, interpretato da Silvio Orlando, Momò musulmano, dieci anni forse e molta vita davanti, vive a pensione da Madame Rosa, ex prostituta ebrea «con più chiappe e seni di chiunque altro» che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli «incidenti sul lavoro» delle colleghe più giovani. Intorno a lui la variopinta, vitalissima e a volte disperata sarabanda del quartiere di Belleville, tra spazzini mangia fuoco e transessuali campioni di boxe, ruffiani cardiopatici e traslocatori di anziani moribondi, esorcismi tribali, vite che vanno alla rovescia e un’improbabile storia d’amore toccata dalla grazia. alla ricerca dell’infanzia perduta… Un romanzo splendido, per vitalità e drammaticità. Una storia narrata dal punto di vista di un bambino. Del bambino conserva la creatività linguistica, lo sguardo che a volte trasfigura le cose e a volte è capacissimo di cogliere la realtà.
“Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità”: apre a Modena la mostra clou per i 2200 anni della fondazione della colonia romana sulla via Emilia, che racconta le origini, lo sviluppo e il lascito che la città romana ha trasmesso alla città moderna. Scoperte inedite svelano nuovi aspetti della città romana tuttora sepolta nel sottosuolo di Modena

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018
“Splendidissima” la definì Cicerone. Sono esattamente 2200 da quando il console Marco Emilio Lepido fondò, nel 183 a.C., la colonia di Mutina lungo quell’asse viario, la via Emilia, aperta dallo stesso Lepido pochi anni prima, nel 187 a.C., strada che ancora oggi rappresenta la spina dorsale di un’intera regione. Ma di quella Modena “splendidissima” oggi si vede ben poco: la città romana “vive” cinque metri al di sotto delle strade del centro storico, custodita dai depositi delle alluvioni che si verificarono in epoca tardoantica. Ma il rapporto con questa realtà sepolta è stato pressoché continuo nel corso dei secoli e si è rivelato di fondamentale importanza nella costruzione dell’identità culturale cittadina. Con le celebrazioni del 2017 per i 2200 anni dalla fondazione della città di Modena, si è voluto rendere percepibile la realtà sepolta di Mutina attraverso una serie di eventi e una mostra, riuniti dal titolo “Mutina Splendidissima”, che favoriscano il dialogo fra passato e presente valorizzando tutti gli aspetti che lo straordinario patrimonio della romanità ha lasciato alla città moderna. Sabato 25 novembre 2017, alle 18, al Foro Boario di Modena, si inaugura la mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità”, punto di arrivo delle celebrazioni per i 2200 anni dalla fondazione, che racconta le origini, lo sviluppo e il lascito che la città romana ha trasmesso alla città moderna. Un racconto accessibile a tutti, fondato su dati archeologici e storici esaminato con uno sguardo pluridisciplinare, che parte dalla fondazione della colonia romana avvenuta nel 183 a.C.

I promotori culturali, amministrativi ed economici alla presentazione della mostra “Mutina Splendidissima” (foto Graziano Tavan)
La mostra, promossa dai Musei civici di Modena e dalla soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e curata da Luigi Malnati, Silvia Pellegrini e Francesca Piccinini, con ponderoso catalogo (De Luca Editori d’Arte) e una più agile guida per il visitatore meno specialista, si inserisce nel più ampio progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”, promosso dai Comuni di Modena, Reggio Emilia e Parma, dalle Soprintendenze Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle sedi di Bologna e Parma, dal Segretariato Regionale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per l’Emilia-Romagna e dalla Regione Emilia-Romagna. Non solo archeologia, dunque. “La mostra”, ha sottolineato alla presentazione il vicesindaco di Modena, Giampietro Cavazza, “racconta le origini della città che sono alla base della cultura e del benessere economico di oggi. I romani ci hanno lasciato monumenti materiali e immateriali, noi dobbiamo fare altrettanto per le future generazioni che non avremo il piacere di conoscere”. E il soprintendente Malnati: “Questa mostra, nata un anno fa quando c’era ancora la soprintendenza Archeologia regionale, e quindi si poteva ragionare per un territorio omogeneo, presenta i risultati eccezionali raggiunti a Modena dove la presenza della soprintendenza ha potuto seguire con attenzione tutti gli scavi urbani”. Prezioso il ruolo della Regione Emilia-Romagna attraverso l’istituto Beni culturali presieduto da Roberto Balzani: “Il progetto mette insieme più territori legati da un comune denominatore: la Via Emilia. E la mostra parla di urbs e di civitas, esamina la città nei suoi aspetti strutturali e li fa dialogare con la cittadinanza e la cultura che essa esprime”.
In mostra – come hanno sottolineato i tre curatori – i reperti e le opere d’arte, accostati a preziose testimonianze provenienti da numerosi musei italiani, affiancano le ricostruzioni virtuali dei principali monumenti di Mutina (le mura, il foro, l’anfiteatro, le terme, una domus) realizzate a cura di Altair4 Multimedia e coinvolgenti videoracconti che fanno da contrappunto alla descrizione delle città dal periodo precedente la sua fondazione, avvenuta nel 183 a.C., alla decadenza verificatasi nella tarda età imperiale. Molte le novità che si presentano per la prima volta al pubblico, tra cui le decorazioni parietali con scene figurate tracciate con pigmenti pregiati e stucchi a rilievo, equiparabili per qualità a quelli provenienti da Pompei, esposte a fianco di elementi di arredo di elevato pregio artistico. Uno spazio significativo è dedicato alle testimonianze delle produzioni di eccellenza che le fonti attribuiscono a Modena: lucerne e laterizi, vino e quelle lane che erano tra le più pregiate e ricercate dell’impero, tanto da essere ricordate ancora nell’Editto dei prezzi, nel III secolo d.C.
Uno spazio significativo è dedicato alle testimonianze delle produzioni d’eccellenza che le fonti attribuiscono a Modena: lucerne, laterizi, vino e quelle lane così pregiate e ricercate nell’impero da essere ancora citate nel III secolo d.C. nell’Editto dei prezzi. Un’intera sezione è riservata ai profili dei Mutinenses, dai primi coloni ai cittadini emigrati in altre regioni dell’impero, svelati coniugando dati epigrafici e storici che ricostruiscono il multiforme e variegato profilo sociale della città. Dati geologici, archeobotanici e archeozoologici permettono di ricostruire l’assetto ambientale di 2200 anni fa. Alluvioni e terremoti che hanno profondamente mutato il paesaggio antico, soprattutto in coincidenza con la fine dell’impero romano e le invasioni barbariche, sono ora interpretati anche alla luce dei recenti fenomeni naturali che hanno profondamente colpito il territorio modenese e la pianura padana. La sezione dedicata al periodo tardo-antico e all’alto medioevo affronta in modo problematico il tema della continuità della città antica e fa da cerniera tra le due parti di una mostra che affronta con coraggio e spirito innovativo la sfida della continuità tra dimensione archeologica e dimensione storico-artistica.

Particolare delle formelle dell’architrave con immagini di San Geminiano dalla Porta dei Principi, del Duomo di Modena

“Governo della Repubblica” dipinto da Bartolomeo Schedoni nella sala del Vecchio consiglio del Palazzo Comunale di Modena
Il tema dell’eredità viene sviluppato nella seconda parte dell’esposizione evidenziando alcuni momenti particolarmente significativi, attraverso opere d’arte e documenti provenienti da diversi musei e biblioteche italiane, numerosi video e due ricostruzioni virtuali dedicate alle antichità esposte intorno al Duomo nel Rinascimento e alla perduta Galleria delle antichità di Francesco II in Palazzo ducale, anch’esse curate da Altair. La costruzione del duomo romanico a opera dell’architetto Lanfranco e dello scultore Wiligelmo, nel quale il rapporto con l’antichità appare strettissimo, costituisce la giuntura tra la città antica e quella moderna. Il periodo rinascimentale è quello in cui più consapevole diventa il richiamo al glorioso passato romano della città, le cui vestigia sono pubblicamente esibite nei luoghi più significativi. Tra Sei e Settecento il tema si declina variamente tra passioni collezionistiche, richiamo a un’antichità esemplare e nascita della grande tradizione erudita legata al nome di Muratori, che culmina nel primo Ottocento con la creazione del Museo Lapidario Estense. La precoce nascita di una cultura scientifico sperimentale a metà Ottocento e la fondazione del Museo Civico in epoca post-unitaria determinano approcci diversi al recupero della città sepolta fino al progressivo affermarsi nel corso del Novecento di una coerente politica di tutela e valorizzazione.
In questo percorso che collega passato e presente viene affrontata anche la dimensione del futuro attraverso il progetto “Capsule del tempo. Da Mutina al futuro”, che favorisce, attraverso la partecipazione diretta del pubblico, una riflessione sul ruolo imprescindibile della memoria nella costruzione della storia collettiva e delle storie individuali. Alla time capsule modenese, costituita da un grande contenitore in materiale trasparente collocato nella sede espositiva, visitatori e scolaresche potranno affidare oggetti, testi scritti, fotografie, articoli di giornale rappresentativi della contemporaneità e destinati a essere svelati in un momento del futuro che a sua volta rappresenterà una ricorrenza importante per la città: il 2099, 1000 anni dopo la posa della prima pietra del Duomo. Collaborano all’iniziativa le biblioteche e i punti di lettura del Comune di Modena, che tra novembre e aprile organizzeranno sul tema delle capsule una serie di laboratori, proiezioni, letture e incontri con l’autore. Si comincia il 26 novembre con una conferenza del divulgatore scientifico Paolo Attivissimo, che affronterà il complesso tema della conservazione dei dati digitali (foto, audio, video, documenti) offrendo esempi e consigli per evitare che chi verrà dopo di noi riceva in eredità solo un’illeggibile catasta di bit.

La Biblioteca estense di Modena ospita la mostra “Da Umanisti a Bibliotecari. Il Fascino dell’Antico nelle Collezioni Ducali”
Alla mostra “Mutina Splendidissima” allestita negli spazi del Foro Boario si collegano le iniziative curate dalle Gallerie Estensi. Alla Biblioteca Estense apre il 26 novembre 2017 in Sala Campori la mostra “Da Umanisti a Bibliotecari. Il Fascino dell’Antico nelle Collezioni Ducali” che esplora il contributo che generazioni di umanisti, antiquari e bibliotecari hanno portato allo studio della cultura classica. Il percorso espositivo si snoda nei secoli seguendo le acquisizioni dei bibliotecari di casa d’Este che per secoli hanno accresciuto il patrimonio librario della Biblioteca Ducale dimostrando un interesse mai estinto per la cultura del mondo antico. Contestualmente sarà disponibile la nuova APP di guida al Museo Lapidario Estense che attraverso un percorso narrato conduce i visitatori a scoprire la storia di questa importante collezione, presentando i personaggi di maggior spicco e i monumenti più importanti per la storia di antica di Modena.
“On the road. La Via Emilia, 187 a.C. – 2017”: Reggio Emilia celebra con una grande mostra la via tracciata nel 187 a.C. da Marco Emilio Lepido. Personaggi e storie, spaccati sociali e modi di vivere dell’antichità raccontati da oltre 400 reperti archeologici unici, dal cinema e dal digitale
Un uomo: il console Marco Emilio Lepido; il suo nome: Aemilius; la sua strada: via Aemilia; una città: Regium Lepidi – Reggio Emilia. È un percorso lineare quello che lega Marco Emilio Lepido alla Via Emilia e al capoluogo di Reggio Emilia. Mentre Modena e Parma festeggiano i 2200 anni della loro fondazione (183 a.C.), Reggio Emilia celebra con una grande mostra, “On the road. La Via Emilia, 187 a.C. – 2017”, la via tracciata nel 187 a.C. da Marco Emilio Lepido, il console romano che giocò un ruolo fondamentale nel dare forma istituzionale al Forum che da lui poi prese il nome di Forum o Regium Lepidi. La mostra dedica una particolare attenzione alla figura di Marco Emilio Lepido, il geniale costruttore che, sgominati Celti e Liguri, decise la costruzione di una lunghissima strada che collegasse le colonie di Rimini e Piacenza: una strada che avrà alterne fortune nel corso dei secoli ma che non sarà mai abbandonata. La storia della strada di origini preromane si intreccia con quella della città che porta il nome del fondatore della via Aemilia e del territorio che attraversa.

Il manifesto della mostra “On the road. La Via Emilia, 187 a.C. – 2017” al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia
La mostra “On the road. La Via Emilia, 187 a.C. – 2017”, che apre a Reggio Emilia sabato 25 novembre 2017, celebra la via consolare lungo la quale, da sempre, si sono incontrare persone, idee e culture diverse, contribuendo alla formazione di una città aperta e rivolta verso il futuro. Un monumentale racconto storico che si immerge nell’attualità: personaggi e storie, spaccati sociali e modi di vivere dell’antichità raccontati da reperti archeologici unici (oltre 400, provenienti da importanti musei nazionali o presenti nelle collezioni della città), dal cinema e dal digitale. Questo il cuore della mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017”, allestita nel Palazzo dei Musei di Reggio Emilia dal 25 novembre 2017 al 1° luglio 2018, propone una riflessione a 360 gradi sulla storia della via Emilia, sul suo fondatore e sul significato dell’importante arteria nella contemporaneità. La via Emilia ha lasciato un segno indelebile nel nome della città, unica fra i capoluoghi della regione a ricordare il gentilizio del suo costruttore; e la regione Emilia-Romagna è probabilmente l’unica al mondo a derivare il proprio nome da quello della strada su cui si impostava l’intero popolamento del suo territorio. Ma la strada non ha marchiato solo il nome. In tanti secoli ha mantenuto il suo tracciato, per lo meno in ambito urbano, continuando a veicolare merci e persone, e con esse anche idee, lingue e sensibilità religiose differenti, creando i presupposti per una città accogliente verso lo straniero, nell’antichità come ai giorni nostri. Da limes, cioè linea di confine fra l’Italia romana e un nord abitato da popolazioni “altre”, la Via Emilia sarebbe infatti presto diventata non solo asse portante delle comunicazioni padane ma collante di genti di lingua, idee e culture diverse, contribuendo alla formazione di una società aperta e rivolta al futuro. “Marco Emilio Lepido”, spiega il soprintendente Luigi Malnati, uno dei curatori della mostra, “è stato un personaggio determinante anche se non sufficientemente ricordato nei manuali di storia. La strada che porta il suo nome, e che ha poi dato il nome a un’intera regione, è frutto del suo progetto politico di costruire uno spartiacque tra i territori romani e quelli controllati dagli alleati a difesa delle popolazioni barbariche del nord, ma la via nata a scopo militare ha poi assunto funzioni civili e commerciali diventando quindi un luogo di unione”.
Fra gli obiettivi della mostra che Reggio Emilia dedica alla Via Emilia romana e al suo fondatore Marco Emilio Lepido c’è quello di avvicinare al grande pubblico l’archeologia e la storia, per riscoprire le origini della città attraverso importanti reperti esposti in prestigiose location museali e sorprendenti contaminazioni che attualizzino il passato in maniera informale e creativa, raccontando il significato della strada consolare nella contemporaneità. Ecco perciò coinvolti luoghi diversi, diffusi e quotidiani della città, con l’aiuto del cinema (citazioni da famosi film peplum), delle tecnologie più avanzate e della “personificazione” della storia. Il percorso espositivo, che riunisce alle testimonianze dal Reggiano alcuni importanti prestiti da prestigiosi musei, documenta la fortuna della strada dagli antefatti di età preromana al Medioevo, portando al centro dell’attenzione la figura del costruttore, il console Marco Emilio Lepido. L’antica Regium Lepidi si mette in mostra nelle sale del nuovo museo di palazzo S. Francesco per illustrare il ruolo essenziale della città attestato anche da importanti resti archeologici, in parte esposti per la prima volta. Le ricostruzioni dei mezzi di trasporto e degli scenari stradali sono parte fondamentale dell’esposizione. La mostra “On the road. La Via Emilia 187 a.C. – 2017” è promossa dai Musei Civici di Reggio Emilia, dal Segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l’Emilia-Romagna e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, con il contributo di Credem e Iren e il patrocinio di Anas. Curata da Luigi Malnati, Roberto Macellari ed Italo Rota, si avvale di un Comitato scientifico composto da Giovanni Brizzi, Annalisa Capurso, Francesca Cenerini, Antonella Coralini, Mauro Cremaschi, Renata Curina, Maurizio Forte, Maria Luisa Laddago, Daniela Locatelli, Roberto Macellari, Luigi Malnati, Giada Pellegrini, Elisabetta Pepe, Marco Podini e Paolo Sommella. La mostra fa parte del grande progetto di promozione della cultura e del territorio “2200 anni lungo la Via Emilia” www.2200anniemilia.it promosso da tre città – Reggio Emilia, Parma e Modena a cui si aggiungerà Bologna in un secondo momento -, due soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio –quella per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e quella di Parma e Piacenza- e dalla Regione Emilia-Romagna (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/04/12/la-via-emilia-ecco-il-ricco-calendario-di-grandi-mostre-presentazione-di-ricerche-e-scoperte-archeologiche-ricostruzioni-3d-cyber-archeoologia-ed-eventi-per-celebrare-i-2200-anni-dalla-fondazione/).
L’esposizione si sviluppa nelle tre sedi di Palazzo dei Musei, palazzo Spalletti Trivelli e museo Diocesano e in altri luoghi del centro storico coinvolti a vario titolo nel circuito tematico della mostra. Fra questi il municipio, che rende omaggio alla figura del suo fondatore accogliendo il visitatore con la scultura settecentesca di Marco Emilio Lepido, ora restaurata da Angela Allini di Opus Restauri con il contributo del Lions Club Marco Emilio Lepido di Reggio Emilia, oppure l’incrocio fra la via Emilia e via Crispi (che ricalca il tracciato di una strada romana obliqua riportata in luce di recente sotto palazzo Busetti) dove una riproduzione 3D della statua del console (realizzata da Geis–Geomatics engineering innovative solutions) segnala l’itinerario verso Palazzo dei Musei. Nella sede del museo Diocesano viene approfondito il tema del primo Cristianesimo lungo la via Emilia (Via Aemilia, Via Christi) mentre palazzo Spalletti Trivelli, sede del gruppo bancario Credem, ospita una sezione dedicata all’edilizia romana sullo sfondo dei resti del foro della città tuttora conservati nei sotterranei dell’istituto di credito (Regium Lepidi underground).

“Dona militaria” (onorificenze) da un monumento fuebre di Rubiera, oggi ai musei civici di Reggio Emilia (foto Carlo Vannini)
Ma la mostra vera e propria è ospitata nel Palazzo dei Musei, un percorso che coinvolge l’intero edificio con installazioni, ricostruzioni 3D, proiezioni e l’esposizione di oltre 400 reperti provenienti da importanti musei nazionali e da collezioni della città che illustrano le sette aree tematiche: L’Emilia prima dell’Aemilia, Via Emilia-SS9, Marco Emilio Lepido e la sua città, Ruote zoccoli e calzari, La buona strada, Racconti per l’eternità, Est modus in rebus. L’allestimento, curato dall’architetto Italo Rota, punta a restituire alla sensibilità contemporanea i preziosi reperti archeologici esposti, inserendoli in ricostruzioni virtuali dell’antica strada romana e contestualizzandoli con l’aiuto di spezzoni di celebri film peplum. Si può rivivere l’affascinante storia della via Emilia attraverso le vicende dei suoi protagonisti mentre una serie di installazioni multimediali, sovrapponendo la via Emilia storica a quella contemporanea, consentono di cogliere con immediatezza persistenze, differenze e analogie.

La riproduzione 3D della statua di Marco Emilio Lepido posta all’incrocio fra la via Emilia e via Crispi
Gli altri eventi. La mostra è affiancata da una serie di iniziative promosse da vari enti e istituzioni culturali fra cui quelle dei dieci Comuni reggiani depositari di materiali archeologici che propongono eventi collegati al tema della Via Emilia, dalle passeggiate sulle strade della centuriazione alle visite a ponti e segmenti di vie antiche, da convegni scientifici ad attività divulgative e didattiche. In occasione della mostra saranno realizzati progetti educativi sul tema della viabilità e dell’incontro tra culture e popoli diversi e incontri con archeologi e storici dell’antichità di università, soprintendenze e musei che tratteranno il tema della viabilità antica e contemporanea nel Reggiano, in Emilia, nell’Impero romano. Oltre alle visite guidate alla mostra e a musei e siti di interesse archeologico in città e in altri luoghi del Reggiano, sono in programma workshop e seminari per studenti di topografia, archeologia e antichistica inerenti i temi della mostra, con il coinvolgimento di urbanisti e architetti del paesaggio.
Archeologia, territorio, cultura: verso il Parco archeologico dell’Alto Adriatico. Convegno a Venezia
Come valorizzare il patrimonio culturale del territorio e come aumentare la fruizione dei siti archeologici già noti o dei potenziali siti archeologici ancora da studiare presenti nelle nostre comunità? Può il patrimonio archeologico aumentare la competitività territoriale anche in termini di sviluppo economico? A queste domande cercherà di rispondere il convegno “Archeologia, territorio, cultura: verso il Parco archeologico dell’Alto Adriatico” che si terrà nella giornata di mercoledì 19 marzo a Venezia, al Palazzo della Regione (ex Grandi Stazioni). Nel corso del convegno saranno presentati i risultati della ricerca “Metaprogetto” sviluppata dalle università di Padova, di Ca’ Foscari e Iuav nell’ambito del progetto europeo PArSJAd-Parco archeologico dell’Alto Adriatico, di cui la Regione del Veneto è capofila. Rivolto in particolare ad amministratori e ad operatori degli enti locali e del settore culturale, il convegno intende fornire strumenti di pianificazione territoriale e di gestione dei beni storico-culturali e paesaggistici, attraverso una fruizione più incisiva e mirata dei beni archeologici.
Il progetto Parco Archeologico dell’Alto Adriatico – PArSJAd, finanziato dal Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, si pone l’obiettivo generale di valorizzare il patrimonio archeologico dell’area costiera dell’Alto Adriatico, dal litorale emiliano a quello sloveno, in un’ottica unitaria e transfrontaliera, assumendo la pianificazione culturale quale strumento di governo dell’intervento pubblico a favore dell’attrattività e della competitività del territorio coinvolto. Capofila del progetto è la Regione del Veneto, mentre il partenariato coinvolge 8 partner: l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna, il Comune di Bagnara di Romagna (RA), il Comune di Russi (RA), il Comune di Voghiera (FE), il Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali – Regione Friuli Venezia Giulia, il Narodni Muzej Slovenije (Museo Nazionale di Slovenia), l’Università del Litorale, Centro di Ricerche Scientifiche / Univerza na Primorskem, Znanstveno-raziskovalno središče e lo Zavod za varstvo kulturne dediščine Slovenije / Istituto per la tutela dei beni culturali della Slovenia.
Partendo dall’esperienza maturata con PArSJAd nel laboratorio partecipato di archeologia nella pianificazione ad Altino, nel Veneziano, la ricerca mette a fuoco modalità di riconoscimento delle potenzialità culturali, turistiche ed economiche dei territori offrendo spunti pratici per sperimentazioni locali. Uno specifico modulo sarà dedicato al management del patrimonio archeologico nella prospettiva della competitività territoriale. Nel pomeriggio la tavola rotonda moderata da Vincenzo Tiné, Soprintendente per i beni archeologici del Veneto, vedrà la presenza, tra gli altri, di Italo Candoni di Confindustria Veneto, di Marco Tamaro della Fondazione Benetton Studi Ricerche, di Irena Lazar dell’Università di Capodistria e dei sindaci del Comune di Ariano nel Polesine, di Concordia Sagittaria e di Quarto d’Altino. Al termine della giornata sarà consegnato in anteprima ai partecipanti il volume Archeologia e paesaggio nell’area costiera veneta: conoscenza, partecipazione e valorizzazione, che condensa in 140 pagine ricche di esempi pratici i risultati della ricerca.
Il progetto PArSJAd, finanziato dal Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, si pone l’obiettivo generale di valorizzare il patrimonio archeologico dell’area costiera dell’Alto Adriatico, dal litorale emiliano a quello sloveno, in un’ottica unitaria e transfrontaliera, assumendo la pianificazione culturale quale strumento di governo dell’intervento pubblico a favore dell’attrattività e della competitività del territorio coinvolto.
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