Archivio tag | Regione Emilia Romagna

Ferrara. Al museo Archeologico nazionale aperta la mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo”, culmine delle celebrazioni Spina100: racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica

ferrara_archeologico_mostra.spina-etruisca_Ricostruzione-di-unabitazione-di-Spina_foto-università-zurigo

Ricostruzione di un’abitazione di Spina (foto università di zurigo)


comacchio_antica-spina-archeologica

Le Valli di Comacchio che conservano le tracce dell’antica città etrusca di Spina (foto http://www.rivadelpo.it)

“L’impresa archeologica più importante nell’ambito dell’Italia settentrionale preromana”: così Nereo Alfieri, primo direttore del museo Archeologico di Ferrara, chiosò nel 1960 l’epica vicenda degli scavi di Spina, che andavano allora chiudendosi dopo una stagione assai intensa di scoperte e ritrovamenti, campagne di scavo e trafugamenti, clamore mediatico e partecipazione popolare. Nella tarda primavera del 1922, durante le bonifiche dei bacini lagunari attorno a Comacchio, tra operai al lavoro e trincee colme di acque di risalita, riemerse dall’oblio la ricca città portuale degli Etruschi fondata in prossimità del delta del Po alla fine del sesto secolo a.C., sommersa per secoli dalle acque dolci e dal fango e perduta alla conoscenza diretta degli uomini. Solo le fonti antiche e i poeti (Boccaccio e Carducci, per fare qualche nome) ne conservarono memoria fino a cento anni fa.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_locandina

Locandina della mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara dal 22 dicembre 2022 al 23 aprile 2023

 

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_osanna-sgarbi-cozzolino_1_foto-drm-emilia-romagna

Presentazione della mostra “Spina etrusca”: da sinistra, Massimo Osanna, Vittorio Sgarbi e Giorgio Cozzolino (foto drm-emilia-romagna)

Dopo un secolo dall’impresa archeologica, il museo Archeologico nazionale di Ferrara, diretto da Tiziano Trocchi, nato per Spina e inaugurato nel 1935, intende celebrare questa ricorrenza con una mostra ospitata nei saloni di Palazzo Costabili, che – inaugurata il 22 dicembre 2022 – rimarrà aperta al pubblico fino al 23 aprile 2023: “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” (nel video, la presentazione ufficiale con Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura; Giorgio Cozzolino, direttore regionale Musei Emilia-Romagna; Massimo Osanna, direttore generale Musei; Monica Miari, soprintendente ABAP-BO reggente; Cristina Ambrosini, responsabile Cultura della Regione Emilia-Romagna; Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara; Giuseppe Sassatelli, presidente dell’istituto nazionale di Studi etruschi ed italici e presidente del comitato scientifico della mostra). La mostra racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica, porto dalla strategia aggressiva a controllo delle rotte verso occidente. La mostra rappresenta il culmine delle iniziative per le celebrazioni del centenario, coordinate dalla direzione generale Musei in stretta collaborazione con la direzione regionale Musei Emilia-Romagna e il museo Archeologico nazionale di Ferrara, d’intesa con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara, con la partecipazione di Regione Emilia-Romagna, delle amministrazioni comunali di Ferrara e Comacchio e delle università di Ferrara, Bologna e Zurigo.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_allestimento_1_foto-drm-emilia-romagna

Allestimento della mostra “Spina etrusca” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)

L’allestimento sceglie di affidarsi in modo consistente al linguaggio delle tecnologie di ricostruzione dei paesaggi e dei contesti antichi per dare vita a una narrazione di forte suggestione. Al di là dell’indubbio splendore materico dei reperti esposti – con importanti prestiti dai principali musei archeologici italiani e prestigiosi materiali provenienti dal Metropolitan Museum of Art di New York, alla cui presenza in mostra ha contribuito anche la Regione Emilia-Romagna -, la mostra intende suggerire ai visitatori il significato del grande porto di Spina per gli Etruschi del V secolo a.C. e per i cittadini “mediterranei” del 2022.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_allestimento_3_foto-drm-emilia-romagna

Ceramiche esposte nella mostra “Spina etrusca: un grande porto del Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)

Col tragitto per mare dal Pireo fino al delta del Po, su imbarcazioni percorse da marinai, cariche di contenitori di vino e profumi, ricche di raffigurazioni mitiche ben note agli Etruschi, comincia il percorso espositivo, accompagnato dalle narrazioni mitologiche che ambientavano qui, alla foce dell’Eridano (antico nome del fiume Po), le tristi vicende di Fetonte e di Icaro, degli eroi greci civilizzatori per antonomasia, Diomede ed Eracle. Il profilo di Spina, per chi vi approdava dal mare, si mostrava coi dossi e le depressioni delle sue necropoli, ancora evocati nella rappresentazione delle carte geografiche del Salone d’Onore del museo, e dichiarava nelle scelte del rituale funebre la complessità della comunità che vi abitava.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_allestimento_6_foto-drm-emilia-romagna

Corredi dalla necropoli di Spina (foto drm-emilia-romagna)

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_bronzetto_foto-drm-emilia-romagna

Bronzetto esposto nella mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)

Gli spineti si facevano seppellire con ricchi corredi di materiali ceramici e bronzei di provenienza eterogenea, che evocavano analoghe scelte nel rituale condivise con le élites aristocratiche degli altri grandi centri etruschi della Penisola. È una rete complessa di echi, di rimandi, somiglianze ed evocazioni quelle che si dipana tra gli oggetti delle tombe da Spina e da Pisa, Adria o Cerveteri. Ma la vita quotidiana degli spineti si muoveva tra l’abitato, con le sue costanti esigenze di manutenzione e adattamento all’ambiente lagunare, e il porto, fulcro dell’attività commerciale ed economica della città e dei suoi dintorni. Mercanti, anfore e marinai, rumori di sartie e di magazzini, prezzi e contrattazioni in più lingue. Anche testimonianze di culto, per pregare e ringraziare di un viaggio pericoloso giunto a destinazione. Il richiamo all’attualità, evocata con discrezione per associazione di funzioni e significati, senza mai sottintendere confronti impossibili, invita il visitatore a immaginare la storia “organica” che sfugge ai metodi di ricerca della disciplina archeologica: gli uomini, i rumori, gli odori che dovevano seguire il percorso dei bellissimi capolavori di ceramica attica oggi esposti in museo. Due mari, Tirreno e Adriatico, due porti, e lo stesso privilegio: come ci tramandano Dionigi e Strabone, entrambe le città etrusche di Spina e Pyrgi (Cerveteri), a cui la mostra dedica un’intera sezione, ebbero l’onore di costruire un donario nel santuario panellenico di Delfi.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_ceramiche_foto-drm-emilia-romagna

Preziose ceramiche a figure rosse dagli scavi di Spina (foto drm-emilia-romagna)

L’incredibile mobilità che connota la comunità spinete si riflette nella pluralità delle provenienze degli oggetti delle necropoli e nella molteplicità culturale ed etnica della compagine cittadina, frequentata da persone che parlavano e scrivevano in lingue differenti. La mostra non trascura di raccontare anche di una mobilità più recente, che testimonia i fenomeni di dispersione del patrimonio emerso dalle valli di Spina in diversi musei italiani e stranieri. Il prestigioso prestito dei vasi del Metropolitan Museum of Art di New York si fa portavoce di questo racconto e porta luce sulla presenza internazionale di Spina in numerose esposizioni museali. Il viaggio per mare dalle coste della Grecia si conclude con un percorso che termina a Ferrara, nel momento della scoperta della necropoli di Valle Trebba e nella conseguente decisione di dar vita al Regio Museo di Spina, oggi Museo archeologico nazionale di Ferrara. La mostra che celebra a Ferrara il centenario della scoperta di Spina segue dopo quasi vent’anni l’ultima grande esposizione dedicata alla città etrusca e vuole narrare il volto di un centro nodale nei traffici mediterranei e adriatici di età classica.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_hydria-etrusca_foto-drm-emilia-romagna

Hydria etrusca a figure nere del Pittore del Vaticano 238 dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto drm-emilia-romagna)

Nella seconda metà del 2023 la mostra “Spina etrusca” sarà ospitata dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ultima tappa del suo viaggio. “Un grande motivo di orgoglio”, commenta il direttore Valentino Nizzo, “di cui dobbiamo ringraziare la direzione regionale musei dell’Emilia Romagna e la Direzione generale Musei del MiC. Cercheremo di onorare adeguatamente l’impegno rendendo omaggio a Spina e a ciò che rappresenta nell’archeologia, nell’arte, nella storia e nel mito”.

Bologna. Il museo civico Archeologico presenta un nuovo percorso di accessibilità col progetto “Musei… Speciali, per Tutti”, in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità 

bologna_archeologico_percorso-per-disabili_foto-bologna-musei

Una delle postazioni del percorso allestita nella grande sala del museo civico Archeologico dedicata a Bologna etrusca (foto Ornella De Carlo / Bologna Musei)

In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità proclamata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite il 3 dicembre, il museo civico Archeologico di Bologna si dota di un nuovo percorso di accessibilità realizzato nell’ambito del progetto “Musei… Speciali. Per Tutti”, proposto e sostenuto dall’ex IBACN (Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali dell’Emilia Romagna), oggi Settore Patrimonio culturale all’interno dell’assessorato alla Cultura e paesaggio della Regione Emilia-Romagna, per promuovere l’inclusione delle persone disabili e garantire a tutti un accesso arricchito al pieno godimento del patrimonio artistico, culturale e naturale. “Musei… Speciali, per Tutti” ha visto la partecipazione di nove musei selezionati nei nove ambiti provinciali della regione Emilia-Romagna, in collaborazione con gli istituti scolastici di riferimento individuati dall’Ufficio scolastico regionale, con l’obiettivo della definizione di chiavi interpretative del carattere generale del museo o di temi specifici relativi a percorsi tra i beni del museo e/o correlati col territorio. Individuato per l’Area di Bologna, per diventare “Speciale” il museo civico Archeologico ha stabilito come obiettivo la predisposizione di un percorso semplificato, inclusivo – cioè offerto a chiunque entri in museo -, fruibile in autonomia e senza prenotazione per le sale espositive che documentano la storia di Bologna nell’antichità dalla preistoria all’età romana.

Ravenna. Aperte le prevendite al Festival della Storia “Ravenna Historia Mundi” quest’anno intitolato “Verso Teodorico 1500° 526 – 2026 d.C.”

Sono aperte le prevendite di “Ravenna Historia Mundi”, Festival della Storia “Verso Teodorico 1500° 526 – 2026 d.C.” in programma dal 9 all’11 settembre 2022, rivolto sia agli appassionati di arte e cultura che ai turisti e agli abitanti del territorio, per rivivere a 360° scene di vita quotidiana e attività in uso nell’antichità. Ravenna Historia Mundi è organizzata da Fondazione RavennAntica – Parco Archeologico di Classe, Comune di Ravenna, Spasso di Ravenna e dal Comitato Cittadino di Classe grazie al prezioso supporto di Regione Emilia-Romagna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Gruppo Hera, Coop Alleanza 3.0, Edison, Romagna Acque, T&C Traghetti e Crociere, Camera di Commercio di Ravenna. Il festival prevede: venerdì 9 settembre, dalle 20.45 alle 23, un corteo storico, che animerà le vie del centro cittadino di Ravenna. Un gruppo di rievocatori, protagonisti in passato di numerosi speciali televisivi condotti da Alberto Angela, coinvolgerà la città. Sabato 10 settembre, dalle 10 alle 23, e domenica 11 settembre, dalle 10 alle 18, il parco antistante il Museo Classis Ravenna sarà protagonista di un vero e proprio viaggio nel tempo. Numerosi accampamenti storici riproporranno scene di vita passata, in un ideale percorso storico (dal I sec. d. C. fino al VII secolo d. C.) che illustra le civiltà che si sono susseguite in queste zone; un periodo che ha portato Ravenna ad essere 3 volte capitale. In programma laboratori didattici per bambini, conferenze storiche, proiezioni di film a tema ed incontri con autori e divulgatori del web. Tariffe e info sul sito: www.ravenninformazioni e sul sito www.ravennahistoriamundi.it. Col biglietto del Festival della Storia sabato 10 e domenica 11 settembre 2022 l’accesso al Museo Classis Ravenna sarà gratuito. Vendita online attiva sul sito www.ravennahistoriamundi.it.

Comacchio. A Palazzo Bellini apre la mostra “Spina 100. Dal mito alla scoperta” per le celebrazioni nazionali del centenario della scoperta della città etrusca di Spina (1922-2022)

È uno degli anniversari di grandi scoperte che l’archeologia riserva per il 2022: la scoperta della città etrusca di Spina (1922-2022). E proprio nell’ambito delle celebrazioni nazionali del centenario della scoperta apre la mostra “Spina 100. Dal mito alla scoperta”, a Palazzo Bellini a Comacchio (Fe). La cerimonia di inaugurazione mercoledì 1° giugno 2022, alle 12, nella sala polivalente San Pietro. Dopo i saluti di Pierluigi Negri, sindaco di Comacchio, e di Paolo Calvano, per la presidenza della Regione Emilia-Romagna, intervengono Massimo Osanna, direttore generale Musei, ministero della Cultura; Mauro Felicori, assessore alla Cultura e al Paesaggio della Regione Emilia-Romagna; Giorgio Cozzolino, direttore regionale Musei Emilia-Romagna; Monica Miari, soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Christoph Reusser, università di Zurigo, dipartimento di Archeologia, presidente del Comitato Scientifico della mostra; Emanuele Mari, assessore alla Cultura, Comune di Comacchio.

Le Valli di Comacchio che conservano le tracce dell’antica città etrusca di Spina (foto http://www.rivadelpo.it)

Fondata dagli Etruschi sulla sponda destra dell’Eridano, l’antico corso del Po, attorno alla metà del VI secolo a.C., Spina divenne il porto privilegiato di Atene nel nord Adriatico, assumendo il controllo dei traffici verso l’intera valle Pianura Padana. Sul finire del IV secolo a.C. la città iniziò il suo declino e l’insediamento etrusco cadde nell’oblio della storia. I continui mutamenti del territorio trasformarono il paesaggio deltizio e dell’antica città si persero le tracce. Con l’inizio delle bonifiche del territorio vallivo comacchiese, nel 1922, in Valle Trebba, si scoprì la prima tomba della necropoli. Prese così avvio l’epopea archeologica che portò alla scoperta di oltre quattromila tombe e che culminò con il ritrovamento dell’abitato di Spina nel 1956, ad oggi ancora indagato. Il percorso espositivo è articolato secondo una sequenza di ambienti che accompagna il visitatore alla scoperta dell’antica città etrusca e del suo tesoro.

Bologna. I musei civici sono stati inclusi nell’elenco dei musei accreditati al Sistema museale regionale, primo passo per entrare nel Sistema museale nazionale

bologna_ist.bologna_musei_logoI musei civici di Bologna sono stati inclusi nell’elenco dei musei accreditati al Sistema museale regionale del territorio emiliano-romagnolo: museo civico Archeologico, collezioni comunali d’Arte, museo Davia Bargellini, museo civico Medievale, museo internazionale e biblioteca della musica, museo del Patrimonio industriale, MAMbo – museo d’Arte moderna di Bologna, museo Morandi, museo civico del Risorgimento, museo per la Memoria di Ustica. Il riconoscimento costituisce il passaggio necessario per l’inserimento nel Sistema museale nazionale, progetto nato nel 2018 e coordinato dalla Direzione generale Musei del ministero della Cultura che mira a migliorare la fruizione, l’accessibilità e la gestione sostenibile del patrimonio culturale. L’esito positivo, indicato nella Delibera regionale n. 503 del 4/4/2022, è stato conseguito al termine dell’istruttoria svolta dal Servizio Patrimonio culturale della Regione Emilia-Romagna, organo preposto alla valutazione, durante la prima finestra di accreditamento aperta dal 23 novembre 2021 al 15 gennaio 2022, alla quale l’Istituzione Bologna Musei ha partecipato su base volontaria.

sistema-museale-nazionale-di-qualità_logoL’adesione al Sistema museale nazionale rientra nella logica del miglioramento continuo, essendo basata sull’adozione dei Livelli Uniformi di Qualità (LUQ), definiti dal ministero della Cultura con Decreto Ministeriale 113/2018 e recepiti dalla Regione Emilia-Romagna con Delibera di Giunta 1450/2018. Ispirati alle migliori pratiche internazionali sul tema, i LUQ prevedono ben 112 requisiti articolati in tre ambiti principali: Organizzazione, Collezioni e Comunicazione, Rapporti con il territorio. Essi rappresentano un importante parametro di verifica del raggiungimento di standard minimi di qualità e, al tempo stesso, di supporto per la definizione di obiettivi di miglioramento. “Il riconoscimento”, commenta il sindaco di Bologna Matteo Lepore, “dà conto della raggiunta armonizzazione dei musei civici di Bologna sui livelli di qualità e sugli standard di funzionamento, sia per quanto riguarda il profilo organizzativo e gestionale, sia per gli aspetti relativi alla tutela, conservazione e promozione del patrimonio. Allo stesso tempo, tale riconoscimento deve rappresentare per i nostri musei un punto di partenza per un processo in itinere di sviluppo continuo, per un’offerta culturale di qualità accogliente e accessibile a tutti, in grado di generare valore negli impatti sociali e culturali a lungo termine sulle persone e sulle comunità. Sono quindi soddisfatto di questo riconoscimento che riguarda, voglio sottolineare, non solo i musei comunali ma anche molte altre realtà private del territorio oltre al Museo della Civiltà contadina della Città metropolitana”.

Parma. Inaugurata al Complesso della Pilotta la grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere”. Ecco una speciale visita guidata con i video live del direttore Simone Verde e di altri curatori di sezione

Una mostra da non perdere. Meglio, occasione per “scoprire” il Complesso della Pilotta a Parma ripercorrendo le vicende da cui nacque la sua avventura culturale, ovvero la storia della collezione Farnese, delle sue pratiche enciclopediche ispiratrici – anche dopo il trasloco di volumi, quadri e antichità a Napoli – per il risarcimento delle raccolte sottratte a Parma da Carlo di Borbone. La grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere” inaugurata il 18 marzo 2022 è tutto questo e molto ancora. La mostra è dedicata alla committenza della famiglia Farnese, con l’obiettivo d’indagare la straordinaria affermazione della casata nella compagine politica e culturale europea dal Cinque al Settecento, attraverso l’utilizzo delle arti come strumento di legittimazione. Il progetto scientifico presenta una doppia novità, quella di trattare i temi del collezionismo rinascimentale con gli strumenti della Global History, e di includere nel mecenatismo della famiglia le grandi fabbriche architettoniche. Realizzata dal Complesso Monumentale della Pilotta in collaborazione con Università di Parma, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Archivio di Stato di Parma, Ordine degli Architetti PPC di Parma, Fondazione Cariparma, Fondazione Arturo Toscanini, con il sostegno del Comune di Parma, del Comitato per Parma 2020, della Provincia di Parma e in partenariato con Electa, la partecipazione di Ambassade de France en Italie, Regione Emilia-Romagna Servizio Patrimonio culturale e Amici della Pilotta, “I Farnese. Architettura arte potere” si può visitare fino al 31 luglio 2022. La mostra è patrocinata dal Ministero della Cultura, è inserita nei progetti di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21 e ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica.

L’esposizione coinvolge gli ambienti più spettacolari del Complesso Monumentale e s’inserisce nel più ampio progetto di rilancio dell’Istituto, che nel 2022 inaugura la totalità dei suoi spazi restaurati e riallestiti. La rassegna presenta oltre 300 opere provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane ed europee insieme a opere della Collezione Farnese a Parma. Il percorso espositivo, sviluppato su diversi nuclei tematici, Architettura, Arte, Potere è articolato nei diversi spazi del Complesso della Pilotta: i Voltoni del Guazzatoio, il Teatro Farnese, la Galleria Petitot della Biblioteca Palatina e la Galleria Nazionale. Ad accompagnare l’iniziativa una serie di pubblicazioni che approfondiranno la storia globale del collezionismo farnesiano, con contributi dei maggiori studiosi al mondo di questo tema, e le complesse vicende della committenza artistica e architettonica. Per presentare la mostra proponiamo una speciale visita guidata con il direttore del Complesso della Pilotta, Simone Verde, e alcuni curatori di sezione, attraverso dei video live dei protagonisti che illustrano gli aspetti più significativi della mostra in generale e delle sezioni in particolare.

Bruno Adorni, storico dell’Architettura, e co-curatore della sezione dedicata alle architetture dei Farnese nella grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere” al Complesso della Pilotta a Parma, introduce alla sezione: 200 disegni di architettura – dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Galleria degli Uffizi, dalle raccolte grafiche statali di Monaco di Baviera, dagli Archivi di Stato di Parma, Piacenza, Napoli, Roma e Modena, dalla Biblioteca Nazionale di Napoli, dalla Reverenda Fabbrica di San Pietro e dello stesso Complesso Monumentale della Pilotta – presentano il quadro complessivo dell’architettura farnesiana dal punto di vista storico, urbano e territoriale, mettendo in rilievo la relazione tra questa disciplina e l’affermazione dinastica in termini di prestigio, espansione e visionarietà della committenza.

Bruno Adorni, storico dell’Architettura, e Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta, si soffermano sulla pianta iconografica della Pilotta esposta nella sezione Architettura della grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere” al Complesso della Pilotta a Parma. Concepito originariamente come contenitore dei servizi della corte farnesiana con lo scopo di integrare il sistema delle residenze ducali, la realizzazione del monumentale palazzo della Pilotta ebbe inizio con ogni probabilità intorno al 1583, durante gli ultimi anni del ducato di Ottavio Farnese (1547-1586) su progetto dell’urbinate Francesco Paciotto. Primo nucleo fu il cosiddetto Corridore, una galleria sopraelevata (oggi la Galleria Petitot della Biblioteca Palatina). Dal 1602 Ranuccio I contribuì a definire quello che, ancora oggi, è l’assetto della Pilotta, quale severo edificio organizzato a creare un sistema di corti, connesso con il palazzo Ducale (distrutto dopo l’ultima guerra) e con quello del Giardino, sito sull’altra sponda del torrente Parma. I cortili interni e le ali realizzate da milioni di mattoni erano destinati a contenere magazzini, scuderie, caserme, nonché una grandiosa sala “polifunzionale” poi trasformata in teatro di corte. Il complesso deriva il suo nome dal gioco nobiliare della “pelota” che si praticava nei suoi cortili.

Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta, spiega perché il Teatro Farnese, terminato nel 1618, ma inaugurato solo dieci anni dopo, fa parte integrante del percorso della grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere” al Complesso della Pilotta a Parma. La costruzione di una sala di spettacolo non fu una impresa ordinaria. La riscoperta del teatro antico, infatti, datava solo dai primi decenni del Cinquecento e aveva introdotto codici in netta rottura con le abitudini medioevali. Fu proprio nella reinvenzione del teatro, perciò, limitato nei secoli precedenti a rappresentazioni sacre nelle chiese o nelle piazze, che un nuovo modo di concepire i rapporti tra individuo e società, uomo e Dio, conobbe una delle forme più originali e caratteristiche dell’Europa moderna. Finalizzata a stupire per magnificenza, la sala era lunga 87 metri, larga 32 e alta 22, sovradimensionata rispetto alla piccola corte e per questo utilizzata solo nove volte, sempre per eventi dinastici, l’ultimo dei quali nel 1732 in onore di don Carlo di Borbone. Le rappresentazioni inscenate nell’edificio vennero tutte pensate come fulcro di complessi cortei propagandistici che si snodavano con scenografie effimere lungo il percorso che conduceva in città le nuove duchesse.

Grazie alla mostra “I Farnese. Architettura, Arte, Potere”, oggi le città di Napoli e Parma tornano a unirsi nel segno dei Farnese e, in particolare, nel nome di Elisabetta Farnese che fece dono al figlio Carlo di Borbone, Re di Napoli dal 1734, di una parte cospicua della collezione ponendo il Regno di Napoli al cospetto dei grandi reami europei. Sostanziali i prestiti dal Museo e Real Bosco di Capodimonte e dal Museo Archeologico nazionale di Napoli.

Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta, illustra le ragioni che hanno portato all’allestimento della Galleria del Duca con l’esposizione della collezione farnese, a iniziare dalla Wunderkammer, andata distrutta nell’ultima guerra: più di 80 oggetti dal Gabinetto delle Cose Rare del Museo e Real Bosco di Capodimonte tra cui la Cassetta Farnese, insieme alla Tazza Farnese dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, alle monete e medaglie del Complesso Monumentale della Pilotta e ai pezzi della Collezione Gonzaga di Guastalla confluiti nella collezione Farnese, permettono di ricostruire una camera delle meraviglie rinascimentale. E poi 20 dipinti, capolavori provenienti dal Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, tra cui spiccano opere di Raffaello, Tiziano Vecellio, El Greco e Annibale Carracci, sono disposti in dialogo con le opere del Complesso a rievocazione della galleria farnesiana, dove erano custoditi i 100 dipinti più significativi della collezione di famiglia. E in questa sezione c’è anche un prestito eccezionale, a conferma delle relazioni e dell’interesse dei Farnese per la cultura e gli oggetti provenienti da terre lontane e sconosciute: per la prima volta in Italia dal Musée des Amériques-Auch, la Messa di San Gregorio eseguita in Messico dagli indios per ringraziare Paolo III della bolla Sublimis Deus, che riconobbe l’umanità dei nativi americani e ne condannò lo sfruttamento.

Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta, ricostruisce la storia dei Colossi farnese presenti nel percorso espositivo della grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere” a Parma. La spettacolare coppia di Colossi in basanite del II sec. d.C., raffiguranti Dioniso ed Eracle, furono scoperti sul Palatino e trasferiti dai Farnese a Colorno per ornare il giardino della reggia. Nell’Ottocento, Paolo Toschi – celebre incisore e direttore dell’Accademia – convinse la duchessa Maria Luigia a ricoverarle nella grande e luminosa tribuna ovale della Galleria ducale (oggi Nazionale), dove si trovano tuttora. In corrispondenza con le due colossali statue romane di Ercole e Dioniso, è allestita una sezione dedicata all’architettura dei giardini e in particolare degli Horti farnesiani, dove i colossi furono rinvenuti negli anni Venti del Settecento. Sin dai tempi di Paolo III fu avviata, infatti, dai Farnese una intensa attività di scavo in varie zone di Roma, proseguita poi con i cardinali Alessandro e Odoardo, che consentì di radunare nelle residenze familiari una raccolta di arte antica assolutamente straordinaria per quantità e qualità dei pezzi archeologici, ulteriormente arricchita da una intensa attività di acquisti di collezioni aristocratiche romane. Nel 1720, a quasi un secolo dalla morte di Odoardo, gli scavi ripresero per impulso dei duchi Francesco e Antonio, in particolare sul Palatino, dove la famiglia possedeva un giardino acquistato dal cardinal Alessandro, i famosi Horti farnesiani. È da qui che proviene la parte della collezione Farnese di antichità giunta a Parma e scampata, pochi lustri dopo, per dimenticanza, costi o accidenti della storia, al trasferimento a Napoli delle raccolte storiche a opera di Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese.

Simone Verde introduce alla sezione della mostra “I Farnese. Architettura arte potere” dedicata alla colonizzazione del territorio, in uno spazio della Pilotta già dedicata ai Farnese in armi. La sezione è aperta da un’armatura che il direttore e curatore della mostra ha voluto presentare deposta, a ricordare i caduti nella battaglia di Fornovo. “E’ un morto deposto in un sarcofago di plexiglass”, spiega. E continua: “Inventato il ducato occorre amministrarlo. Per ambire al “buon governo” del territorio, e a sfruttarne il potenziale, occorre consolidare il controllo sulle terre ancora gestite da autonomie feudali e dotarsi di organismi amministrativi centralizzati e autorevoli, supportati da un apparato tecnico all’altezza. Riottenuta Piacenza nel 1556, un lungo processo porterà al graduale riassetto infrastrutturale, ma per vederne i primi esiti ci vorranno molti anni e tre confische, accompagnate da trucide esecuzioni, che ridurranno il residuo potere dei feudatari. Inoltre sarà necessaria la creazione di uffici operativi capaci di operare su vasta scala”.

Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta, affronta il tema della colonizzazione del territorio, ultima sezione della mostra “I Farnese. Architettura arte potere”. Una campagna di accurati rilievi del territorio produce il fondamentale corpus di conoscenze e la necessaria consapevolezza per definire gli obiettivi progettuali. Si incoraggiano le manifatture tessili, la stampa, i molini, le saline, si favorisce l’agricoltura intensiva, l’incremento delle reti di adduzione e di scolo delle città, l’espulsione dai centri abitati delle manifatture che producono residui macerati, quali concerie e cartiere, e si riforma l’apparato burocratico e normativo. Consolidare il controllo ducale porta risultati importanti: nuova efficienza, salubrità e, per alcuni, un miglioramento delle condizioni di vita. Parma passa da 18.000 abitanti a 26.000, mentre Piacenza a fine secolo supera i 30.000. Le riforme si condensano infine negli Statuti del 1623 emanati dal cardinal Odoardo, che non saranno più modificati nel successivo arco dinastico.

L’architetto Pietro Zanlari chiude la visita della grande mostra “I Farnese. Architettura arte potere” tornando sul tema della colonizzazione del territorio. Mentre si celebra il definitivo riconoscimento del nuovo Stato farnesiano con l’inserimento delle mappe del ducato nelle gallerie delle carte geografiche che si vanno diffondendo nelle corti europee, e poi negli atlanti a stampa, gli uffici degli ingegneri delle congregazioni assumono un ruolo decisivo nella politica del territorio e il loro archivio cartografico si configura come un vero e proprio laboratorio progettuale per trasformare le politiche in azioni di governo.

Bologna. 1871-2021: nel 150mo della scoperta della Grotta del Farneto da parte di Francesco Orsoni doppia giornata di studio tra San Lazzaro di Savena e la sede del parco regionale dei Gessi bolognesi. Ecco il ricco programma del convegno che si può seguire anche on line. Libri ricordano le figure di Orsoni e Fantini

È il 1871 quando Francesco Orsoni, uno dei precursori dell’archeologia preistorica bolognese, scopre la Grotta del Farneto, sita al centro di una vasta zona carsica tutelata dall’Ente Parco, famosa fin dal secolo scorso per l’ingente messe di reperti archeologici, rinvenuti nei pressi dell’ingresso risalenti a diverse fasi dell’Età del Bronzo. 1871-2021: sono passati 150 anni dalla scoperta della Grotta del Farneto, anniversario che viene celebrato sabato 9 e domenica 10 ottobre 2021 con due giornate dedicate a un monumento sospeso fra natura e storia. La Sala Eventi della Mediateca di San Lazzaro di Savena e la sede del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa al Farneto ospitano, rispettivamente sabato e domenica, “1871-2021 150° Anniversario della scoperta della Grotta del Farneto”, un convegno tematico sulla Grotta del Farneto e il carsismo profondo nel settore Zena-Idice, con una sezione dedicata ai problemi di salvaguardia delle aree carsiche dell’Emilia Romagna, promosso da Comitato Organizzatore del Convegno “I 150 anni della Grotta del Farneto”, Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese, Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna, Ente di gestione Parchi dell’Emilia Orientale, Comune di S. Lazzaro di Savena, con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Ente di Gestione Parchi dell’Emilia Orientale, Comune di Bologna, Comune di S. Lazzaro di Savena, Società Speleologica Italiana, Istituto Italiano di Speleologia e la collaborazione del Museo Civico Archeologico di Bologna e del Museo della Preistoria “Luigi Donini”, di S. Lazzaro di Savena. In seguito alle attuali disposizioni, che regolano il numero di partecipanti alle manifestazioni in ambienti chiusi, il numero massimo di presenti al Convegno è stato contingentato in 60 persone dietro iscrizione, attualmente chiusa. Sono indispensabili l’esibizione del Certificato verde e, in interno, l’uso della mascherina. Comunque chiunque desideri assistere da remoto alla prima sessione del Convegno, il mattino del 9 ottobre 2021, potrà seguirla in diretta streaming su YouTube, all’indirizzo: www.youtube.com/c/ComunediSanLazzaroVideo.

L’ingresso della grotta del Farneto in una immagine intorno al 1960 (foto comune s. lazzaro di savena)

Meta sin dalla prima scoperta di continue escursioni da parte di insigni studiosi, ma anche di semplici visitatori attratti dal fascino e vicinanza di una cavità facilmente percorribile, la Grotta, pur mostrando le ferite inferte dal tempo e (soprattutto) dall’uomo offre, ad un secolo e mezzo dalla sua esplorazione, notevoli spunti di riflessione sul tema della conservazione, tutela e valorizzazione dei beni naturali e storici degli affioramenti carsici del territorio sanlazzarese. Animano il Convegno, fortemente voluto dal Comitato Organizzatore presieduto dal Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese, i rappresentanti di diverse Istituzioni coinvolte nel progetto permanente di recupero dei valori che la Grotta racchiude e custodisce. Nelle due giornate di lavoro si alternano interventi mirati a far comprendere la complessità e intreccio che da sempre lega il delicato ecosistema gessoso all’uomo: Sabato 9 ottobre 2021 verranno affrontati gli aspetti geomorfologici del carsismo del “sistema” Farneto, oggetto di recentissime indagini. In questa stessa sessione troveranno spazio anche approfondimenti sulle principali testimonianze preistoriche dei Gessi, a partire da quelle rinvenute nella Grotta stessa. Domenica 10 sarà la volta della presentazione dei video sulle grotte dell’Emilia-Romagna, prodotti e realizzati di recente dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna e dal Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese. In questo stesso contesto verranno illustrati dagli Autori la nuova guida a stampa dedicata ai fenomeni carsici del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e i volumi incentrati su Francesco Orsoni e Luigi Fantini, due pionieri il cui operato ha fornito un insostituibile apporto allo sviluppo della speleologia e dell’archeologia preistorica. A chiusura del simposio avranno luogo l’inaugurazione della nuova lapide dedicata alla memoria di Francesco Orsoni e la presentazione delle tavole che illustrano il nuovo rilievo topografico della Grotta e del sistema carsico di cui fa parte.

Programma 9 ottobre 2021, ore 8-14: prima SESSIONE, nella Sala Eventi della Mediateca di S. Lazzaro di Savena. Alle 8.30, indirizzi di saluto delle autorità; 8.45, apertura dei lavori con l’esposizione delle Relazioni ufficiali: David Bianco (parco regionale dei Gessi Bolognesi) su “L’esperienza e i progetti del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi nella fruizione dell’ambiente carsico: Grotta del Farneto, Grotta della Spipola e Risorgente dell’Acquafredda”; Massimo Ercolani (FSRER) su “I problemi della salvaguardia e della fruizione pubblica dei fenomeni carsici in ER, con particolare riferimento alla distruzione di Monte Tondo”; Jo De Waele (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali della Terra dell’università di Bologna) su “Il paesaggio dei Gessi, la sua evoluzione ed il contributo della Speleologia”; Luca Pisani (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali della Terra dell’università di Bologna e GSB-USB) su “Il sistema carsico della Buca di Ronzana-Grotta del Farneto. Esplorazioni ed osservazioni geomorfologiche”. Alle 11.20, dopo il coffee break, Laura Minarini e Paolo Bonometti (Museo Civico Archeologico) su “Il riordino dei reperti archeologici rinvenuti nella Grotta del Farneto”; Monica Miari, Sahra Talamo, Maria Giovanna Belcastro (Sabap Bologna, Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (BiGeA) dell’università di Bologna) su “Le datazioni e lo studio dei resti osteologici umani del Sottoroccia del Farneto e della Grotta Marcel Loubens”; Gabriele Nenzioni (museo della Preistoria “L. Donini”) su “Fiamma Lenzi: Il contributo delle ricerche speleologiche per la storia del popolamento dei Gessi Bolognesi, alla luce dei nuovi studi”.

Copertina della “Guida ai fenomeni carsici del parco regionale dei Gessi bolognesi”

Programma 10 ottobre 2021, ore 8-14: seconda SESSIONE nella Sede del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi, al Farneto. GSB-USB: Presentazione dell’elaborato grafico del nuovo rilevamento topografico della Grotta del Farneto, a cura di Luca Pisani (GSB-USB); presentazione dei volumi pubblicati da GSB-USB, Parco e FSRER nel triennio 2019-2021: “Francesco Orsoni. Storia di un Bolognese, pioniere della Speleologia e dell’Archeologia Preistorica” di Claudio Busi; “Guida ai fenomeni carsici del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi”, del GSB-USB a cura di Paolo Forti, Paolo Grimandi e Piero Lucci; “Luigi Fantini. Vita e ricerche di un uomo straordinario” di Claudio Busi e Paolo Grimandi; presentazione del video realizzato dalla FSRER: “Le Grotte nei Gessi dell’Emilia-Romagna” a cura di Francesco Grazioli e Piero Lucci; presentazione dei video immersivi realizzati dal GSB-USB, a cura di Sergio Orsini e Francesco Grazioli. Alle 11.20, dopo il coffee break, all’ingresso inferiore della Grotta del Farneto: inaugurazione della nuova lapide che il GSB-USB, l’Ente Parchi E.O. e la FSRER dedicano alla memoria di Francesco Orsoni ed inaugurazione delle tavole che illustrano il nuovo rilievo topografico della Grotta e del Sistema carsico di cui fa parte.

francesco-orsoni

Francesco Orsoni, scopritore della Grotta del Farneto

Chi è Francesco Orsoni. Nel 1871 Francesco Orsoni, figura assolutamente originale nell’ambito delle ricerche preistoriche avviate in territorio bolognese nel secondo Ottocento, scopre la Grotta del Farneto, uno dei più importanti insediamenti preistorici dell’Emilia-Romagna, e non solo. Autodidatta, eppure sorretto da una grande acutezza intellettuale e da un animo esuberante, Orsoni dà luogo a una serie di scavi nell’imponente stratificazione archeologica posta nei pressi dell’ingresso portando alla luce una delle più rilevanti collezioni riferibili a diverse fasi dell’età del Bronzo, oggi in gran parte custodite nel museo Archeologico di Bologna. Per merito suo e della sua caparbietà, prima che le avverse condizioni economiche e di salute lo costringessero all’abbandono delle ricerche, la Grotta, oltre a divenire meta irrinunciabile di escursioni da parte di comitive o semplici curiosi, attira l’interesse di alcuni degli artefici delle nascenti discipline preistoriche, Giovanni Capellini ed Edoardo Brizio, che nel corso del secondo Ottocento dedicano al deposito archeologico e alle sue evidenze materiali note e saggi di studio. La fama del “monumento preistorico” viene alimentata anche da altre illustri visite: Alessandro Albicini ed Enrico Panzacchi celebrano in rima il glorioso passato del Farneto, mentre Cesare Zanichelli e Giosuè Carducci, affascinati dal luogo, cercano di favorire, con il loro potere e fama, il lavoro di un Francesco Orsoni in perenne ricerca di fondi per sopravvivere e continuare le indagini sul giacimento.

luigi-fantini

Luigi Fantini, ricercatore naturalista

Chi è Luigi Fantini. L’inesorabile decadenza del luogo che segue alla scomparsa dello scopritore viene colmata diversi decenni dopo da Luigi Fantini che, nato a pochi passi dalla celebre Grotta, eredita l’animo esuberante e appassionato di Orsoni. Eclettica figura di ricercatore naturalista che alterna con sapiente disinvoltura l’esplorazione del sistema carsico bolognese a ricerche nel campo della mineralogia, paletnologia e insediamenti storici dell’Appennino, Luigi Fantini riscopre le valenze preistoriche del sito con l’individuazione nel 1924, a pochi passi dalla Grotta, di un sistema sepolcrale “a grotticelle” in uso durante la prima età del Rame (denominato “Sottoroccia del Farneto”) che restituisce resti umani e oggetti di corredo. La rapida decadenza del luogo, favorita dalla devastante attività estrattiva del gesso – già attiva al tempo della riscoperta dell’importanza del sito da parte di Fantini – che causa il profondo dissesto dell’intero versante, culminando nel 1991 col crollo del pilastro di ingresso della cavità. Da allora è lenta rinascita, grazie in primo luogo al GSB-USB – Gruppo Speleologico Bolognese- Unione Speleologica che ha profuso il suo costante impegno per la salvaguardia di questo straordinario monumento – decretato di interesse pubblico sin dal 1965 ai sensi delle leggi vigenti al tempo sulla protezione delle bellezze naturali e la tutela delle cose di interesse artistico e storico.  L’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni attirata su di esso finalmente ha favorito la creazione nel 1988 del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell’Abbadessa.  Nel 2008 ingenti lavori promossi dal Parco ripristinano un nuovo accesso alla Grotta che da quel momento comincia ad ospitare visite guidate in grado di approfondire gli aspetti peculiari del carsismo locale. A 150 anni di distanza, profondamente mutata nel suo aspetto originale, la grotta continua nella sua funzione di presidio sospeso fra natura e storia.

Noceto (Pr). Ci siamo: con l’inaugurazione del museo della Vasca Votiva si compie l’atto finale di un cammino durato, tra scavo, restauro e ricostruzione, 15 anni. Al pubblico si offre un’esperienza immersiva, multisensoriale e multimediale, nella pianura padana terramaricola di 3500 anni fa

Ebbene ci siamo! Venerdì 8 ottobre 2021, alle 10.30, verrà inaugurato il museo della Vasca Votiva di Noceto in provincia di Parma. La Vasca rappresenta, per dimensioni, caratteristiche, significato e grado di conservazione, un “unicum” a livello europeo, tale da innovare profondamente le conoscenze scientifiche sull’ Età del Bronzo. Si tratta infatti di un monumento senza confronti fra le strutture lignee datate a questo periodo.

Il trasporto dei pesanti vetri per l’allestimento delle vetrine del museo della Vasca Votiva a Noceto (Pr) (foto mic-ero)
noceto_museo-vasca-votiva_fasi-allestimento_2_foto-mic-ero

L’assemblaggio dei legni che costituivano la vasca votiva per l’allestimento del museo della Vasca Votiva a Noceto (Pr) (foto mic-ero)

Fervono gli ultimi preparativi per completare il museo entro il taglio del nastro. “I contenuti delle vetrine sono al loro posto”, raccontano i tecnici al lavoro in queste ore: “le prove fatte, seppure con supporti di fortuna, hanno facilitato il lavoro e in diversi casi si è riusciti a mettere anche qualche reperto in più rispetto a quanto ipotizzato. Il momento più difficile per le vetrine non è stato dunque l’allestimento dei reperti, bensì quello della messa in posto dei vetri. Alcuni di essi, particolarmente grandi, rischiavano addirittura di non passare dalla porta di ingresso! Ben sei persone sono state necessarie per movimentarli e, con estrema attenzione, indicazioni di manovra nonché qualche brivido, anche questi hanno varcato la fatidica porta. Davanti alla vetrina di destinazione sono stati puliti fuori e dentro, poi montati: questo era l’altro momento delicatissimo, perché i vetri così grandi e con i bordi molati in obliquo a 45 ° (per meglio far combaciare gli angoli delle diverse lastre) rischiano, per un colpo anche piccolo, di creparsi. Contemporaneamente altri professionisti hanno messo in funzione i dispositivi multimediali (per la verità non tanti), altre persone hanno sistemati un po’ di posti a sedere; poi è toccato alla vasca, riemersa dai teli un po’ impolverata ma senza aver perso nulla del suo fascino. Un po’ di maquillage a anche lei è a posto!”.

Con l’apertura del museo si compie l’atto finale di un cammino durato, tra scavo, restauro e ricostruzione, 15 anni, che ha visto collaborare in totale unità di intenti tutte le Istituzioni coinvolte. Oltre al Comune di Noceto, il progetto, infatti, ha interessato, sia in termini di finanziamento, sia in termini di collaborazione scientifica, il ministero della Cultura nonché l’università di Milano con il Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio” (professori Mauro Cremaschi prima, e Andrea Zerboni poi). Fondamentali sono stati anche gli ulteriori finanziamenti che l’Amministrazione Comunale ha ottenuto da parte della Regione Emilia-Romagna e della Fondazione Cariparma.

Locandina per l’inaugurazione del museo Archeologico Vasca votiva di Noceto (Pr)

Programma della giornata. Alle 10.30, inaugurazione e saluti istituzionali: Fabio Fecci, sindaco del Comune di Noceto; Corrado Azzollini, segretario regionale del ministero della cultura per l’Emilia-Romagna; Cristina Ambrosini, direttrice del Servizio Patrimonio Culturale dell’Emilia-Romagna; Marco Masetti, direttore del Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio”; Franco Magnani, presidente della Fondazione della Cassa di risparmio di Parma; Andrea Corsini, assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna. Alle 11.10, intervengono: Maria Bernabò Brea su “La Vasca di Noceto nel contesto dell’Età del Bronzo”; Mauro Cremaschi, docente dell’università di Milano, su “La struttura della Vasca: dallo scavo al museo”; Angela Mutti, funzionaria archeologa del MiC su “Il contenuto della Vasca: dallo scavo al museo”; Guillaume Pacetti, architetto “Il progetto del museo”.

La sistemazione nel museo della Vasca votiva di Noceto (Pr) dei reperti dell’Età del Bronzo da contesto terramaricolo (foto mic-ero)

Il percorso museale e l’organizzazione degli spazi, risultato di un accurato progetto architettonico, offriranno al visitatore un’esperienza immersiva, multisensoriale e multimediale. Oltre alla Vasca Votiva, elemento centrale di potente capacità attrattiva, nel museo saranno esposti un numero sorprendente di oggetti caratteristici della cultura terramaricola che caratterizzava circa 3500 anni fa, la quasi totalità della pianura Padana e la cui storia viene raccontata attraverso testi, immagini, ricostruzioni, video e dispositivi interattivi. Nella giornata di venerdì 8 ottobre 2021 a partire dalle 15 sarà possibile effettuare un breve tour all’interno del museo con ingressi ogni mezz’ora circa su prenotazione al numero 340 1939057. Da sabato 9 ottobre 2021 il museo sarà aperto dal giovedì alla domenica con i seguenti orari: 10-13 e 15-18 fino al 31 ottobre, poi 10-13 e 14-18.

A Noceto (Pr) si stanno ultimando gli ultimi lavori in vista dell’inaugurazione del museo Archeologico della Vasca Votiva, un unicum a livello europeo che innova le conoscenze scientifiche sull’Età del Bronzo. Gli archeologi anticipano qualche curiosità sugli oggetti ritrovati e qualche ipotesi sull’utilizzo rituale della vasca

Locandina per l’inaugurazione del museo Archeologico Vasca votiva di Noceto (Pr)

Alla vigilia di Ferragosto dal segretariato dell’Emilia Romagna del ministero della Cultura con l’augurio di “Buone vacanze” c’era stato anche un arrivederci importante: “Ci vediamo il 1° ottobre 2021 a Noceto, in provincia di Parma, per l’inaugurazione del museo Archeologico della Vasca votiva”. La Vasca Votiva rappresenta un unicum a livello europeo tale da innovare profondamente per dimensioni e caratteristiche le conoscenze scientifiche sull’Età del Bronzo. Si tratta infatti di un monumento senza confronti fra le strutture lignee pre-protostoriche europee. Il museo di Noceto è stato costruito proprio per ospitare esclusivamente questo incredibile reperto e gli oggetti ritrovati al suo interno. Ma non sarà aperto il 1° ottobre. L’attesa cerimonia è stata fatta slittare di una settimana. L’appuntamento è per venerdì 8 ottobre 2021, a Noceto (Pr), in via Ignazio Silone 1, per l’inaugurazione del museo Archeologico della Vasca votiva. L’inaugurazione sarà in presenza nel rispetto delle norme anti-Covid. Per accedere sarà necessario essere dotati di Green Pass. Diretta sul profilo Facebook del Comune di Noceto @ComuneNoceto.

Dettaglio della vasca votiva al centro del nuovo museo Archeologico di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

Programma della giornata. Alle 10.30, inaugurazione e saluti istituzionali: Corrado Azzollini, segretario regionale del ministero della Cultura per l’Emilia-Romagna; Andrea Corsini, assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna; Fabio Fecci, sindaco del Comune di Noceto; Elio Franzini, magnifico rettore dell’università di Milano; Marco Masetti, direttore del dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio”; Franco Magnani, presidente della Fondazione della Cassa di risparmio di Parma; Cristina Ambrosini, direttore del servizio Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna. Alle 11.10, intervengono: Maria Bernabò Brea su “La Vasca di Noceto nel contesto dell’Età del Bronzo”; Mauro Cremaschi, docente dell’università di Milano su “La struttura della Vasca: dallo scavo al museo”; Angela Mutti, funzionaria archeologa del Mic su “Il contenuto della Vasca: dallo scavo al museo”; Guillaume Pacetti, architetto “Il progetto del museo”.

Oggetti recuperati dalla vasca votiva pronti per essere sistemati nelle vetrine del nuovo museo Archeologico di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

Intanto prosegue a ritmo serrato il completamento dell’allestimento. “Allestire una vetrina”, spiega lo staff tecnico sul sito del segretariato regionale del Mic, “è operazione appassionante ma al tempo stesso fonte di preoccupazione, perché maneggiare i reperti comporta sempre un certo rischio. Per di più, quando si prepara un nuovo allestimento non basta spostare un oggetto da un posto all’altro, ma occorre provare più versioni espositive fino a raggiungere quella ottimale. La situazione è ancora più complessa quando il nuovo allestimento è completamente da realizzare: in questo caso sono addirittura da calcolare le dimensioni delle vetrine, la tipologia dei basamenti interni e finanche dei singoli supporti. Non sempre però si dispone di uno spazio e, ancor più, dell’attrezzatura di scena per effettuare queste prove come davvero si vorrebbe. E qui entra in gioco la capacità di immaginazione e l’inventiva degli archeologi, abituati a soluzioni improvvisate degne di un MacGyver o di Archimede pitagorico: i più svariati tipi di oggetti (purché stabili!) diventano utili per una simulazione”.

Prove di allestimento di una vetrina del nuovo museo Archeologico Vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)
noceto_museo-archeologico-vasca-votiva_allestimento-vetrine_2_foto-mic-ERO

Proposta di allestimento di alcuni oggetti lignei recuperati dalla vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

“Per buona parte dei reperti di Noceto”, continuano i tecnici, “nastro di carta e metro, cassette di svariato materiale, fogli per appunti e macchine fotografiche sono stati più che sufficienti per simulare perimetri di vetrine, suddividere gli spazi interni, riprodurre piani espositivi di diversa altezza, fissare le soluzioni individuate. La stessa procedura era però impossibile per i reperti lignei, troppo delicati per essere ripetutamente maneggiati e spostati. Per loro si è dunque fatto ricorso al modellino in scala: in parte con il vecchio stile (forbici per ritagliare le figurine, cartoncino e colla), in parte con tecniche più moderne, ossia con un programma di grafica. Il timore che la versione reale non fosse all’altezza del modello c’era, ma oggi, ad allestimento avviato, il risultato ci sembra niente male”.

Alcuni vasi in ceramica recuperati dalla vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

La vasca conteneva ben 100/150 vasi interi o “ricomponibili”: si tratta di un ristretto numero di vasi integri, molti vasi “ricomponibili”, ossia in frammenti ma pressoché completi, e altri mancanti di qualche parte che potrebbe essere andata perduta durante lo scavo. “Quasi tutti i vasi rinvenuti nei pressi del fondo della vasca”, intervengono gli archeologi impegnati nelle ricerche, “erano ad esempio “ricomponibili”; sono stati i primi ad esservi depositati e hanno subito più degli altri il peso dei sedimenti e dei manufatti che li hanno coperti. Molti dei vasi “integri” provengono invece da livelli più alti, dove si sono conservati perché probabilmente sottoposti a una pressione minore”.

Vasi ricomposti dopo il restauro, provenienti dalla vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)
noceto_museo-archeologico-vasca-votiva_vasi-in-ceramica_scavo_foto-mic-ERO

Un vaso in ceramica al momento dello scavo della vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

“Poi ci sono i vasi scompleti, mancanti di qualche parte”, continuano: “è vero che tali parti potrebbero essere andate perdute in scavo, ma se così non fosse? Se questi vasi fossero stati deposti nella vasca già privati di un frammento o di una parte perché l’offerente desiderava conservare un legame con la divinità destinataria, condividendo con lei un oggetto investito di un importante significato? Bisogna infine dire che la vasca conteneva anche migliaia di frammenti ceramici; dunque come escludere del tutto l’ipotesi che alcuni oggetti fossero intenzionalmente frammentati e poi deposti, oppure che una semplice parte di vaso fosse ritenuta sufficiente a rappresentare, simbolicamente, l’intero dono? Per verificare queste ipotesi bisognerebbe esaminare migliaia di frammenti, cercare quelli cha attaccano e procedere, fino a dove il puzzle lo consente, con la ricomposizione. Oggi un’operazione del genere è quasi un sogno, ma in futuro chissà!”.

Fusaiole e pesi da telaio ritrovati nella vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)
noceto_museo-archeologico-vasca-votiva_ricostruzione-telaio_foto-mic-ERO

Nel disegno un’ipotesi di ricostruzione e utilizzo del telaio nell’Età del Bronzo (foto Mic-ERO)

“Tra i diversi oggetti in terracotta ritrovati nella vasca”, ricordano gli archeologi, “c’erano una ventina di fusaiole e alcuni (4) pesi da telaio. Fusaiole e pesi si rinvengono abbastanza facilmente negli abitati, mentre gli elementi lignei cui sono associatisi trovano in casi rarissimi: dalla vasca provengono invece almeno tre fusi, bastoncini con le due estremità assottigliate e appuntite e un altro manufatto forse usato con il telaio. Il fuso, con il movimento rotatorio impressogli dalla filatrice, trasforma in filo la matassa informe di fibre, lana o lino, avvolta su una conocchia (o rocca) retta dalla filatrice stessa con l’altro braccio; le fusaiole, infilate nella punta inferiore del fuso, gli garantiscono stabilità durante la rotazione. I fili sono poi collocati su un telaio verticale, tenuti tesi con il peso legato alla loro estremità inferiore; i fili verticali costituiscono l’ordito e un altro filo, intrecciato trasversalmente ai primi con l’aiuto di una spoletta (o navicella), dà origine alla trama. In epoca preistorica filatura e tessitura erano praticate in ambito familiare e dalle donne, comprese quelle appartenenti alle classi sociali più elevate; sappiamo tutti che Penelope, pur regina, trascorreva gran tempo al telaio. E non vorremo certo dimenticare la Bella addormentata, caduta vittima del malefico incantesimo proprio pungendosi con un fuso!”.

Fusaiole affiorano durante lo scavo della vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

“Tornando a filatura e tessitura, come interpretare la presenza entro la vasca di oggetti legati a queste attività?”, si chiedono gli esperti. “Un’ipotesi è che nella mitologia di molte culture antiche, anche di aree distanti tra loro, vita e destino dell’uomo sono spesso assimilati a un filo, retto, avvolto e troncato da apposite figure divine e che, sempre nel mondo antico, si riteneva spesso che il passaggio tra mondo dei vivi e mondo dei morti avvenisse attraverso l’acqua”.

Alcuni vasi trovati impilati uno sull’altro sul fondo della vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

“Uno dei temi più dibattuti nel corso dello scavo”, spiegano ancora gli archeologi sul sito del segretariato regionale del Mic, “era con quali criteri e, soprattutto, in che modo erano affidati alla vasca gli oggetti che conteneva? Innanzitutto si può constatare che i primi vasi deposti si distribuivano lungo i lati Nord ed Est, formando delle piccole concentrazioni alternate a spazi vuoti. Forse perché questi lati erano quelli rivolti verso il villaggio e quindi i primi a cui si giungeva? E perché le concentrazioni? Corrispondevano forse a offerte effettuate in momenti diversi ma sempre dallo stesso punto del bordo, forse più facilmente accessibile? Ed è possibile che ognuna fosse ricollegabile o addirittura riservata a una stessa famiglia o a un clan familiare?”.

Piccola concentrazione di vasi ritrovati lungo un bordo della vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

“Quando poi i doni più antichi e le travi basali erano già sepolti dai sedimenti – continuano -, le offerte (peraltro mai interrotte) si fanno di nuovo numerose. Che fosse in atto una carestia o fosse necessaria una maggiore produttività dei terreni per l’aumento della popolazione? A differenza dei doni più antichi, le offerte di questa fase si concentrano nell’angolo Nord-Est, che viene riempito da un enorme numero di vasi”.

Proposta di ricostruzione dei riti alla vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)
noceto_museo-archeologico-vasca-votiva_rendering-utilizzo-vasca_foto-mic-ERO

Nel disegno un’ipotesi di come venivano depositati gli oggetti sul fondo della vasca votiva di Noceto (Pr) (foto Mic-ERO)

“A criteri precisi sembra poi rispondere la distribuzione dei principali manufatti in legno; aratri e vanghe, i più grandi attrezzi ritrovati entro la vasca, erano tutti in corrispondenza di angoli. Rami, intrecci, ghirlande sembrano invece distribuirsi un po’ su tutta la superficie, forse perché, a differenza degli oggetti pesanti che andavano subito a fondo, potevano galleggiare sulla superficie prima di affondare. Infine si tende a pensare che gli oggetti fossero delicatamente posati lungo il bordo, a pelo d’acqua, ma non possiamo non notare alcune stranezze: alcuni vasi sono esattamente sovrapposti tra loro, un grosso vaso rovesciato e privo di fondo era ben lontano dal bordo vasca. Come spiegare questi aspetti? Casualità forse o, come scherzosamente ipotizzato, dovremmo davvero pensare che a qualcuno spettasse l’onore (o l’onere?) di tuffarsi per andare a deporre gli oggetti? Incarico, almeno dal nostro punto di vista, poco attraente e nemmeno agevole data la presenza di un reticolo di travi anche alla sommità della vasca”.

Emilia-Romagna in zona arancione. Dal 22 febbraio 2021 a Bologna chiudono il museo civico Archeologico e i musei di Arte antica e a Ravenna il museo Classis nel giorno della sua programmata apertura

In ottemperanza al Dpcm del 14 gennaio 2021 e all’Ordinanza del ministro della Salute del 19 febbraio 2021, dal 22 febbraio 2021 e fino al permanere della Regione Emilia-Romagna in zona arancione tutti i musei dell’Istituzione Bologna Musei, tra cui il museo civico Archeologico e i musei civici di Arte antica, rimarranno chiusi, salvo ulteriori disposizioni governative. Sono inoltre sospesi anche gli eventi programmati negli stessi musei. Per ulteriori informazioni e aggiornamenti, si prega di consultare il sito www.museibologna.it.

Classis Ravenna, il museo della Città e del Territorio, aperto nell’ex Zuccherificio

Ma il cambio di colore della Regione Emilia Romagna è stato particolarmente penalizzante per Classis Ravenna – Museo della Città e del Territorio. Praticamente l’annuncio da parte della fondazione RavennAntica della riapertura, dopo un lungo periodo, del Classis Ravenna è coinciso con la decisione da parte del ministero della Salute di far passare la regione da giallo ad arancione. Così nel giorno programmato per la riapertura, è scattata lo stop dei musei. La riapertura – fa sapere RavennAntica – è rimandata a nuova comunicazione.