Pompei. Nell’Insula 6 della Regio V, accanto alla Casa di Leda e il cigno, scoperta la Casa di Elle e Frisso (dal quadro mitologico presente nel triclinio) che porta nuova luce sugli ultimi momenti di Pompei con un estremo tentativo di salvezza da parte dei suoi abitanti

Il triclinio affrescato della Casa di Elle e Frisso nell’Insula 6 della Regio V a POmpei (foto parco archeologico pompei)
Il letto di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio, i resti di alcune vittime e gli oggetti quotidiani, segnali di una vita, poi bruscamente interrotta e che ancora una volta raccontano l’unicità di Pompei e dei suoi ultimi istanti prima della fine. È la scena che si è palesata con il recente scavo della Casa di Elle e Frisso lungo via del Vesuvio, e che restituisce la cronaca dei tentativi degli abitanti della dimora per salvarsi dall’ eruzione in corso. Gli approfondimenti scientifici su questo recente scavo sono stati pubblicati oggi sull’E-Journal degli scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/.
La Casa di Elle e Frisso è emersa nell’ambito dell’intervento “Restauro, Scavo e Valorizzazione della Casa di Leda – Regio V, insula 6 – Via del Vesuvio”, finanziato dalla programmazione ordinaria del parco archeologico di Pompei, a seguito di un progetto di ampliamento dello scavo della casa di Leda verso Est e Sud, al fine di potenziare la salvaguardia delle strutture archeologiche e delle decorazioni parietali emerse, mediante la creazione di un’area di rispetto più ampia.

Il quadro con il mito di Elle e Frisso nel triclinio dell’omonima Casa a Pompei (foto parco archeologico pompei)
La Casa di Elle e Frisso nella Regio V, Insula 6, prende il nome del quadro mitologico rinvenuto nel tricliinio, ed è ubicata vicino alla Casa di Leda e il cigno, già documentata nel 2018. Entrambe sono state oggetto di interventi di scavo conseguente ai lavori di consolidamento e tutela dei fronti perimetrali tra l’area scavata e non, e di miglioramento dell’assetto idrogeologico, e successivamente a interventi di restauro e di valorizzazione che ne consentiranno presto la fruizione al pubblico. Il quadro mitologico che dà il nome alla casa era nel pannello centrale di una parete del triclinio. Raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Il mito racconta che Elle e Frisso si salvarono dalla persecuzione di Ino volando in groppa ad un montone dal vello d’oro ma, durante il tragitto, Elle cadde nel mare che così prese il nome di Ellesponto. Nell’affresco è raffigurato il tragico momento della morte della fanciulla mentre tende la mano al fratello in cerca di aiuto. La raffigurazione del racconto mitologico è un esempio di un immaginario diffuso di tragedie di uomini e donne, ragazze e ragazzi, vittime di cataclismi vari, anche se non si può trascurare che nel I sec. d.C. queste storie non hanno più la valenza religiosa e culturale, che invece avevano avuto nell’età arcaica e classica. Dobbiamo supporre, dunque, che la loro funzione nelle case dei ceti medio e alto era principalmente l’intrattenimento, l’esibizione dello status economico e culturale, la “bellezza”, che traspare anche in questa domus di medie dimensioni.
“Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarietà della vita di tutti noi”, dichiara il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “In questa piccola casa meravigliosamente decorata abbiamo trovato le tracce degli abitanti che hanno cercato di salvarsi, bloccando l’ingresso di un piccolo ambiente con un letto di cui abbiamo realizzato il calco. Questo perché dall’apertura del tetto dell’atrio entravano i lapilli, le pietre vulcaniche che rischiavano di invadere lo spazio. Non ce l’hanno fatta, alla fine è arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente, le scosse sismiche avevano già prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpì questa città il 24 agosto 79 d.C., di cui ancora oggi troviamo le tracce”.

Casa di Elle e Frisso a Pompei: Il calco del letto messo di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio (foto parco archeologico pompei)
I principali ambienti portati in luce oltre all’ingresso, sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque), una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) con pareti riccamente decorate, e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato l’ingresso dei lapilli che cascavano a pioggia all’interno della casa durante le prime fasi dell’eruzione, e da cui le vittime, oggi rinvenute, avevano provato a proteggersi rifugiandosi in un ambiente, sbarrato con un letto. Di quest’ultimo è stato possibile riprodurre il calco, dopo aver individuato nella cenere solidificatasi dei vuoti, formatisi a seguito della decomposizione organica del legno. All’interno dei vuoti è stato versato il gesso per ricostruire la forma del letto conservato come impronta nella cenere. Alcuni elementi, quali le soglie asportate, l’assenza in alcuni punti di decorazione, le tracce di taglio di porzioni di muratura nell’ingresso della casa lasciano supporre che la casa fosse interessata, al momento dell’eruzione, da interventi di ristrutturazione. Tuttavia continuò ad essere occupata dai suoi abitanti che colti dall’eruzione, preferirono non allontanarsi dall’abitazione, trovando qui la morte.

Planimetri delal Casa di Elle e Frisso nell’Insula 6 della Regio V di Pompei (foto parco archeologico pompei)
“Gli scavi effettuati tra il 2018 e il 2019 hanno parzialmente indagato il limite Nord delle fauces (amb. 48) e uno dei cubicula laterali (amb. 10) della casa di Elle e Frisso”, scrivono Maria Rispoli, archeologa del Parco, e Marco Tartari, archeologo libero professionista, sull’E-Journal degli scavi di Pompei. “La nuova campagna ha messo in luce un’area che presumibilmente corrisponde a un terzo della superficie originaria della casa. Restano ancora sepolte dal materiale eruttivo e dagli strati di riporto le stanze a Sud e ad Est del corridoio (amb. 50). Si accede alla domus da Via del Vesuvio. La soglia di ingresso è in marmo. Uno dei pilastri che delimita l’ingresso mostra evidenti tracce del taglio del muro: ciò indica che in una fase precedente l’ingresso della casa era costituito soltanto dal corridoio (fauces) che nell’ultima fase fu allargato e trasformato in un’anticamera più ampia (amb. 48) con accesso diretto all’atrio (amb. 29). Una peculiarità dell’ambiente 48 è l’assenza di decorazioni sulla parete Nord. L’atrio (amb. 29), liberato solo in parte, misura 5,20 x 3,33 m. Sulla parete Nord si conserva una nicchia 40 x 40 cm con mensola di marmo. L’impluvio è inornato e posto fuori asse rispetto all’ingresso. La tubazione di sfogo della vasca era protetta da un disco forato in piombo, rinvenuto in frammenti. Sulla parete settentrionale si conservano due gradini in travertino che rappresentano molto probabilmente la base di una scala che doveva condurre ad un soppalco. Sul pavimento, nell’area individuata come sottoscala, è stata rinvenuta numerosa suppellettile che ha consentito di interpretare questo spazio come dispensa.
A Ovest dell’atrio è stato indagato al momento un singolo cubicolo, l’ambiente 10 (3,00 x 2,60 m), decorato con pitture in IV stile. Il registro mediano si articola in tre pannelli a fondo bianco, separati da stretti riquadri decorati da ghirlande. Sulla parete Nord è un volto femminile all’interno di una cornice circolare, su quella Ovest un amorino alato, mentre sulla parete Est una divinità alata”

Dettaglio della decorazione delle pareti del triclinio della Casa di Elle e Frisso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“Procedendo invece verso Est – continuano Rispoli e Tartari – si entra nell’ambiente 52, il triclinio che ha restituito l’affresco che ha dato il nome alla casa. L’ambiente presenta una forma rettangolare che misura 4,70 x 3,50 m. La stanza presenta importanti danni strutturali riferibili al fenomeno di “sgrottamento sottofondale”, che si verifica in presenza di vuoti e voragini al di sotto di un setto murario. Nonostante l’accertamento autoptico di questi elementi abbia confermato la presenza di un vuoto al di sotto del triclinio, per ora non è possibile appurarne né la natura né l’eventuale destinazione d’uso. Tuttavia, la vicinanza dell’impluvio dell’atrio e poco distante dal triclinio stesso lascia supporre che il vuoto sia imputabile alla presenza di una cisterna di dimensioni considerevoli. Gli affreschi del triclinio in IV stile sono caratterizzati da un’articolata partitura delle pareti. Sulle pareti Nord e Sud il registro inferiore, a fondo nero, è caratterizzato da elementi architettonici che inquadrano animali in volo e bucrani. Ai lati, cespugli di felci e fiori adornano i pannelli laterali. Sul registro mediano, si aprono, ai lati delle pareti, scorci prospettici con elementi architettonici, quali porte ed elementi della trabeazione, caratterizzati da una grande cura nei giochi di luce con cui si implementa la resa prospettica delle finte architetture. Il pannello centrale, di colore ocra, è inquadrato da un portale monumentale con soffitto a cassettoni. Al di sotto sono invece collocati, su tutte le pareti, scorci paesaggistici. Sulla parete di fondo, all’interno del pannello centrale, si conserva il quadro mitologico che raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Una cornice con profilo ad L, costituita da una composizione di ghirlande e bordi di tappeto, circoscrive i pannelli laterali del registro mediano. Al centro è posta una finestra con balaustra marmorea. Il parapetto richiama una decorazione bugnata in stucco arricchita da ippocampi o fiori. Gli scorci prospettici inquadrano parte di un’ambiente con soffitto a cassettoni e un’edicola con fastigio a volute. Sulle pareti Nord e Sud si aggiungono delle ghirlande. Il passaggio al registro superiore è segnato da una cornice dentellata azzurra. Le figure, prevalentemente dipinte di rosso, si impostano su uno fondo bianco. Sui lati vengono ripresi elementi a bande e ghirlande rosse, bordi di tappeto e cornici dentellate che inquadrano figure vegetali e animali, quali arbusti stilizzati, cerbiatti e ippocampi. Al centro si conserva, solo sul lato Nord, parte di una balaustra e alla sua sinistra un pinax con scorcio paesaggistico marino. Un fregio con maschera tragica sormonta infine il soffitto a cassettoni dell’edicola centrale”.

I resti di un individuo scoperti nello scavo della Casa di Elle e Frisso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di almeno quattro individui, tra i quali un bambino. A quest’ultimo probabilmente doveva appartenere la bulla in bronzo qui ritrovata, ovvero un amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’età adulta. Tra i vari altri oggetti rinvenuti anche un deposito di anfore, stipato in un sottoscala con funzione di dispensa, alcune delle quali adibite al contenimento del garum, una salsa di pesce molto diffusa; e un set di vasellame in bronzo, composto da un attingitoio, una brocca monoansata, un vaso a paniere e una coppa a conchiglia.
Pompei. Nell’insula 10 della Regio IX scoperto un cantiere, sorpreso dall’eruzione del 79 d. C. in piena attività, che svela molti segreti sull’edilizia romana, su quell’opus caementicium senza il quale non esisterebbero il Colosseo o le Terme di Caracalla. Collaborazione tra il parco archeologico di Pompei e il Massachusetts Institute of Technology: “Un’occasione straordinaria per una stretta collaborazione tra archeologi e scienziati dei materiali”

File di tegole e cataste di blocchetti in tufo giallo dall’atrio del panificio nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Regio IX a Pompei: affresco con decorazioni a tappezzeria dal cubicolo del panificio (foto parco archeologico pompei)
Strumenti di lavoro, tegole e mattoni di tufo accatastati e cumuli di calce: è l’immagine di un cantiere in piena attività quella che è emersa a Pompei negli ambienti di antiche domus che lo scavo archeologico sta portando alla luce nella Regio IX, insula 10, a cura del parco archeologico di Pompei, fornendo nuovi dati sull’edilizia romana. Secondo gli studiosi il cantiere era attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che iniziò intorno all’ora di pranzo e durò fino alla mattina del giorno successivo. Lo scavo nell’area in questione, finalizzato alla regimentazione dell’assetto idrogeologico lungo il confine tra la parte scavata e quella non scavata della città romana, sta attestando la presenza di un cantiere antico che interessava tutto l’isolato. Particolarmente numerose sono le evidenze dei lavori in corso nella casa con il panificio di Rustio Vero, dove è stata già documentata negli scorsi mesi una natura morta con la raffigurazione di una focaccia e un calice di vino (vedi Pompei. Nella Regio IX scoperto un affresco con un vassoio di benvenuto, del tipo xenia (doni ospitali), tra cui una “pizza”, una focaccia lontano antenato del piatto napoletano per eccellenza. L’intervento del direttore Zuchtriegel | archeologiavocidalpassato).
“Pompei è uno scrigno di tesori e non tutto si è svelato nella sua piena bellezza. Tanto materiale deve ancora poter emergere. Nell’ultima Legge di Bilancio abbiamo finanziato nuovi scavi in tutta l’Italia e una parte importante di questo stanziamento è destinata proprio a Pompei”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Mi ha fatto molto piacere quando il direttore del parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, ha ricordato che, mai come in questo momento, sono attivi così tanti scavi nel sito: possiamo dire che è un record degli ultimi decenni. Allo stesso tempo stiamo lavorando anche su altri fronti. Nei mesi scorsi il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha ceduto al ministero della Cultura l’ex Spolettificio di Torre Annunziata, dove nascerà un grande museo per raccogliere tutti questi reperti”.

Larario nella Regio IX a Pompei: serpenti agatodemoni in stucco (foto parco archeologico pompei)
“Lo scavo nella Regio IX, insula 10, progettato negli anni del Grande Progetto Pompei sta dando, come era prevedibile, importanti risultati per la conoscenza della città antica”, afferma il direttore generale Musei, Massimo Osanna. “Un cantiere di ricerca interdisciplinare, nato come il precedente scavo della Regio V, dalla necessità di mettere in sicurezza i fronti di scavo, ossia le pareti di materiale eruttivo lasciate dagli scavi del XIX e XX secolo che incombono pericolosamente sulle aree scavate. Pompei continua a essere un cantiere permanente dove ricerca, messa in sicurezza, manutenzione e fruizione sono attività connesse e prassi quotidiana”.

Regio IX di Pompei: materiale edilizio e ceramiche accumulato per i lavori in corso nel 79 d.C. sorpresi dall’eruzione del Vesuvio (foto parco archeologico pompei)
“È un ulteriore esempio di come la piccola città di Pompei ci fa capire tante cose del grande Impero romano, non ultimo l’uso dell’opera cementizia”, sottolinea il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “Senza il cementizio non avremmo né il Colosseo, né il Pantheon, né le Terme di Caracalla. Gli scavi in corso a Pompei offrono la possibilità di osservare quasi in diretta come funzionava un cantiere antico. I dati che emergono sembrano puntare sull’utilizzo della calce viva nella fase di costruzione dei muri, una prassi già ipotizzata in passato e atta ad accelerare notevolmente i tempi di una nuova costruzione, ma anche di una ristrutturazione di edifici danneggiati, per esempio da un terremoto. Questa sembra essere stata una situazione molto diffusa a Pompei, dove erano in corso lavori un po’ ovunque, per cui è probabile che dopo il grande terremoto del 62 d.C., diciassette anni prima dell’eruzione, ci fossero state altre scosse sismiche che colpirono la città prima del cataclisma del 79 d.C. Ora facciamo rete tra enti di ricerca per studiare il saper fare costruttivo degli antichi romani: forse possiamo imparare da loro, pensiamo alla sostenibilità e al riuso dei materiali”.

Regio IX a Pompei: numerali a carboncino sullo stipite del tablino per i conteggi del cantiere (foto parco archeologico pompei)

Regio IX a Pompei: quadro mitologico con “Achille a Sciro”, decorato in IV stile pompeiano su un’anta del tablino (foto parco archeologico pompei)
L’atrio era parzialmente scoperto, a terra si trovavano accatastati materiali per la ristrutturazione e su un’anta del tablino (ambiente di ricevimento), decorato in IV stile pompeiano con un quadro mitologico con “Achille a Sciro”, si leggono ancora oggi quelli che probabilmente erano i conteggi del cantiere, ovvero numeri romani scritti a carboncino, facilmente cancellabili a differenza dei graffiti incisi nell’intonaco. Tracce delle attività in corso si trovano anche nell’ambiente che ospitava il larario, dove sono state trovate anfore riutilizzate per “spegnere” la calce impiegata nella stesura degli intonaci. In diversi ambienti della casa sono stati scoperti strumenti di cantiere, dal peso di piombo per tirare su un muro perfettamente verticale (“a piombo”) alle zappe di ferro usate per la preparazione della malta e per la lavorazione della calce. Anche nella casa vicina, raggiungibile da una porta interna, e in una grande dimora alle spalle delle due abitazioni, per ora solo parzialmente indagata, sono state riscontrate numerose testimonianze di un grande cantiere, attestato anche dagli enormi cumuli di pietre da impiegare nella ricostruzione dei muri e dalle anfore, ceramiche e tegole raccolte per essere trasformate in cocciopesto.

Regio IX a Pompei: cataste di tegole e materiale demolito dall’oecus in secondo stile (foto parco archeologico pompei)
Si tratta di “un’occasione straordinaria per sperimentare le potenzialità di una stretta collaborazione tra archeologi e scienziati dei materiali”, scrivono gli autori di un articolo pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei. Nell’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive, il parco archeologico di Pompei si è avvalso del supporto di un gruppo di esperti del Massachusetts Institute of Technology, USA. “L’ipotesi portata avanti dal team è quella dello hot mixing, ovvero la miscelazione a temperature elevate, dove la calce viva (e non la calce spenta) è premiscelata con pozzolana a secco e successivamente idratata e applicata nella costruzione dell’opus caementicium”, si legge nel testo.

Regio IX a Pompei: cumuli di materiale edilizio nel cortile sotto la scala cantiere (foto parco archeologico pompei)
Normalmente, la calce viva viene immersa nell’acqua, cioè “spenta”, molto tempo prima dell’uso in cantiere, formando il cosiddetto grassello di calce, un materiale di consistenza plastica. Lo “spegnimento”, ovvero la reazione tra calce viva e acqua, produce calore. Solo al momento della messa in opera, la calce viene poi mescolata con sabbia e inerti per produrre la malta o il cementizio. Nel caso del cantiere di Pompei, invece, risulta che la calce viva, ovvero non ancora portata a contatto con l’acqua, venisse in un primo momento mescolata solo con la sabbia pozzolanica. Mentre il contatto con l’acqua avveniva poco prima della posa in opera del muro. Ciò significa che, durante la costruzione della parete, la miscela di calce, sabbia pozzolanica e pietre era ancora calda per via della reazione termica in corso e di conseguenza si asciugava più rapidamente, abbreviando i tempi di realizzazione dell’intera costruzione. Diversamente quando si trattava di intonacare le pareti, sembra che la calce venisse prima spenta e successivamente mescolata con gli inerti per essere poi stesa, come si fa ancora oggi.
Pompei. Dallo scavo nella Regio V emerse 13 statuine in terracotta che sembrano rimandare al mito di Cibele e Attis, connesso al ciclo vitale delle stagioni e della fertilità della terra. E dalla Casa di Leda e il cigno una stanza finemente affrescata dove spiccano 4 tondi con volti femminili di raffinata eleganza
A Pompei affiorano dal lapillo 13 statuine di terracotta nel corso dello scavo di una domus a nord della Casa di Leda e il cigno. E il fatto che ciò sia avvenuto in piena atmosfera natalizia ha fatto associare la scoperta all’idea suggestiva di un presepe ante litteram, ma assolutamente priva di qualsiasi riscontro storico e scientifico. Le sculture sono emerse dal lapillo a un’altezza superiore ai 2 metri rispetto al piano pavimentale. L’ambiente che le conservava, probabilmente l’atrio della casa, presentava anche delle decorazioni affiorate per ora nella parte superiore delle pareti.

Collage delle statuine in terracotta emerse nella domus a nord della Casa di Leda nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico pompei)

Regio V di Pompei: l’ambiente dove sono state rinvenute le 13 statuine di terracotta (foto parco archeologico pompei)
“L’11 dicembre 2023, al di sotto di una coltre di lapillo, all’interno di una nicchia ricavata nella parete N-S dell’ambiente 42”, raccontano Maria Rispoli e Gabriel Zuchtriegel, archeologa e direttore del parco archeologico di Pompei, su http://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/, “sono state rinvenute 13 statuine in terracotta, di circa 15-20 cm, realizzate con matrici bivalve e caratterizzate da una vivace policromia. Esse sono state ritrovate schierate su un asse orizzontale in posizione eretta, all’interno di un vano definito da blocchi di travertino, dove presumibilmente si trovava un mobile scaffale. In realtà, il recupero di molti altri frammenti denota la presenza di una teoria di sculture senz’altro più copiosa. Oltre figure antropomorfe, si riconoscono una noce, una mandorla, la testa di un gallo in argilla, una pigna in vetro”.

Regio V a Pompei: statuetta accovacciata, identificato probabilmente con Attis (foto parco archeologico pompei)
Dai primi studi, alcuni soggetti sembrano rimandare al mito di Cibele e Attis, connesso al ciclo vitale delle stagioni e della fertilità della terra e dunque all’equinozio di primavera. “Il mito – spiegano – è originario della Frigia, in Asia Minore, dove la dea era venerata come Signora della natura, simbolo dei cicli vitali e naturali che contemplano la nascita, la morte e il continuo rinnovarsi della vita stessa. Come tale, Cibele era considerata la dea sia dei vivi sia dei morti e veniva venerata sotto molteplici valenze in diverse località̀ della Grecia e dell’Oriente. Il mito si diffonde nel Mediterraneo in due versioni principali: quella lidia e quella frigia”.

Regio V a Pompei: statuina che raffigura una madre in procinto di porgere al lattante il seno scoperto, probabile ex voto a Cibele (foto parco archeologico pompei)
In Italia il culto arriva attraverso la Magna Grecia. Esso fu accolto a Roma soprattutto dai ceti più abbienti. A Pompei la figura di Attis compare nella Casa di Pinarius Cerialis (Regio III 4, 4) dove il pastore è raffigurato sulla parete di un cubiculum con il pedum di fianco ad un pino. La figura di Attis compare nelle città vesuviane, Ercolano, Pompei e Oplontis nei bronzetti come ex voto ma anche negli arredi. La presenza di questi oggetti lascia intuire come la figura del pastore sia diventata popolare presso il territorio vesuviano, entrando così nei luoghi privati, case e botteghe, non soltanto come forme del culto ma anche come parte del repertorio decorativo. Nel contesto rinvenuto nell’ambito dello scavo della Casa di Leda, Attis è connotato da diversi attributi, il berretto frigio, la cista, il pedum e un gallo, animale che nella nicchia in questione ritorna anche da solo come ex voto rimandando alle figure dei sacerdoti officianti il culto. Quindi Attis è presente nelle sembianze del pastore, veste una tunica con maniche, che copre le spalle e lascia scoperto il ventre. “Siamo, dunque, di fronte ad un contesto di grande interesse – concludono gli archeologi del Parco – che mostra momenti del racconto mitologico ma che restituisce anche ex voto che rimandano all’evocazione di precise azioni rituali. Tra questi una pigna in vetro, conservatasi in maniera sorprendente, richiama un rituale a cui i sacerdoti, preposti al suo culto, si sottoponevano: durante le cerimonie, che ricordavano la morte di Attis, questi erano soliti percuotersi il petto proprio con delle pigne”.

Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, con una delle statuette trovate durante lo scavo nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Il cantiere in corso sta interessando ambienti già noti della Casa di Leda (messi in luce tra il 2018 e il 2019 nell’ambito dei lavori previsti dal Grande Progetto Pompei) e quelli di due domus, non meglio identificate, che si sviluppano a Nord e a Sud della casa di Leda. Lo scavo è finalizzato alla messa insicurezza dei fronti di scavo (perimetro tra strutture già in luce e aree non scavate) e alla salvaguardia e alla conservazione degli apparati decorativi, in vista anche della pubblica fruizione del complesso.

Regio V, Casa di Leda e il cigno a Pompei: volto di figura femminile con corona di foglie (foto parco archeologico pompei)

Regio V, Casa di Leda e il cigno a Pompei: volto di figura femminile con monili e ramoscello d’ulivo (foto parco archeologico pompei)
Durante la fase di rimozione delle terre ancora presenti in alcuni ambienti della Casa di Leda, al fine di raggiungere il livello del piano pavimentale, è inoltre emersa una stanza finemente affrescata dove spiccano 4 tondi con volti femminili di raffinata eleganza: tra queste, una figura femminile adornata da monili e caratterizzata dalla presenza di un ramoscello di ulivo; e un’altra caratterizzata da una corona di foglie di vite intorno il capo.
A Pompei si torna a scavare: avviate le ricerche nell’Insula 10 della Regio IX (area centrale del sito) con l’obiettivo di migliorare la conservazione, rimodulando il fronte di scavo e acquisire nuovi dati archeologici. Ecco i primi risultati

Veduta da drone dell’Insula 10 della Regio IX del sito di Pompei oggetto di nuove ricerche e scavi (foto parco archeologico pompei)

Scavi archeologici nell’Insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Nella mappa ufficiale del sito di Pompei la Regio IX è definita “la città che non ti aspetti”. Qui, lungo via di Nola, sulla quale si affacciano le già note Terme Centrali, Casa di Obellio Firmo e Casa dei Pigmei, riportate alla luce nel corso degli scavi dei secoli scorsi, si sta nuovamente scavando nell’Insula 10 della IX Regio, in un’area estesa per circa 3200 mq, quasi un intero isolato della città antica sepolta nel 79 d.C. dal Vesuvio. Il progetto si inserisce in un più ampio approccio che, sviluppato durante gli anni del Grande Progetto Pompei, mira a rettificare e risolvere i problemi idrogeologici e conservativi dei fronti di scavo, ovvero il confine tra la parte scavata e quella inesplorata della città antica. Quest’ultima ammonta a circa 15 ettari di isolati e case ancora sepolti sotto lapilli e cenere, quasi un terzo dell’abitato antico.
“Scavare a Pompei è un’enorme responsabilità”, dichiara il direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel . “Lo scavo è un’operazione non ripetibile, quello che è scavato lo è per sempre. Perciò bisogna documentare e analizzare bene ogni reperto e tutte le relazioni stratigrafiche e pensare sin da subito a come mettere in sicurezza e restaurare quello che troviamo”.

Scavi archeologici nell’Insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
L’impostazione del nuovo scavo, ubicato nell’Insula 10 della Regio IX, lungo via di Nola, è dunque la stessa già attuata nello scavo della Regio V durante gli anni 2018-2020 che, sotto la direzione dell’allora direttore, Massimo Osanna, ha visto emergere la casa di Orione, la casa con Giardino e il Thermopolium. Oltre a migliorare le condizioni di conservazione e tutela delle strutture millenarie attraverso una sistemazione dei fronti di scavo, da sempre elementi di vulnerabilità a causa della pressione del terreno sui muri antichi e del deflusso delle acque meteoriche, i nuovi scavi si avvalgono dell’impiego delle diverse professionalità dell’archeologia, tra cui archeologi, archeobotanici, vulcanologi numismatici, topografi antichi, oltre ad architetti, ingegneri e geologi, per trarre il massimo di informazioni e dati dalle operazioni di indagine stratigrafica.

Le ricerche dell’Insula 10 nella Regio IX di Pompei: lo scavo della superficie dell’area (foto parco archeologico pompei)
Lo scavo è ancora all’inizio, ma cominciano già ad affiorare le creste murarie dei piani superiori degli edifici antichi, tra cui una casa, trasformata nelle sue ultime fasi in fullonica (lavanderia) e scavata già intorno al 1912, e una casa con forno e cella superiore. Nei livelli ancora più alti, gli archeologi hanno documentato una serie di buche praticate nel terreno in anni forse più recenti e presumibilmente funzionali all’utilizzo agricolo del terreno o forse legati alle attività di cava di lapilli che subì l’area in epoca moderna.

Il Teatro Grande di Pompei nel dipinto del pittore settecentesco Jacob Philipp Hackert (foto parco archeologico pompei)
Vedute sette-ottocentesche, come si vede nel dipinto di Jacob Philipp Hackert, mostrano come il plateau al di sopra degli scavi fosse adibito a diverse coltivazioni agricole, tra zone boscose e edifici rurali, e serre di agricoltori erano ancora presenti fino al 2015. Un paesaggio, quello storico dei decenni della riscoperta di Pompei, che il Parco vuole valorizzare e raccontare anche attraverso un altro progetto che punta alla riqualificazione delle aree verdi del sito e dei suoi dintorni. Proprio in queste settimane è in corso la procedura di selezione di un partner per la coltivazione dei vigenti del Parco nell’ambito di un partenariato pubblico-privato, che prevede l’ampliamento delle aree coltivate, e in futuro anche la messa a regime di uliveti, frutteti e orti sociali.
Pompei. Vediamo da vicino il Termopolio della Regio V alla fine di un restauro a tempi di record, la Casa di Orione e la Casa del Giardino i cui cantieri di scavo non si sono ancora conclusi: dal 12 agosto sono aperti al pubblico con visite straordinarie. Zuchtriegel: “Si tratta di un approccio integrato tra conservazione, ricerca e fruizione”


Il termopolio della Regio V a Pompei apre al pubblico dopo un restauro a tempo di record (foto parco archeologico di pompei)
Apre al pubblico dal 12 agosto 2021 il Termopolio della Regio V, l’antica tavola calda di Pompei, portata in luce durante gli ultimi scavi in un’area della città antica mai prima indagata, con visite straordinarie al cantiere della Casa di Orione e della Casa del Giardino. L’annuncio una settimana fa da Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, e Massimo Osanna, già direttore del Parco oggi direttore generale dei Musei (vedi Pompei. Dal 12 agosto apre al pubblico il termopolio della Regio V, l’antica tavola calda di Pompei, tra le scoperte degli ultimi scavi. E contestualmente visite guidate al cantiere della Casa di Orione e della Casa del Giardino | archeologiavocidalpassato). Le visite del termopolio saranno possibili tutti i giorni dalle 12 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30), con accesso da via di Nola e uscita dal vicolo delle Nozze d’argento. Non è necessaria la prenotazione. Contestualmente alla visita del Termopolio saranno previste visite straordinarie anche al cantiere della casa di Orione e del Giardino – con accessi contingentati e percorsi differenziati per una visita accompagnata in sicurezza – dove sono in corso i lavori di sistemazione in vista degli interventi definitivi di restauro e coperture propedeutici all’apertura permanente dell’intera area. Entrambe le dimore, dalle straordinarie decorazioni, sono emerse e sono state messe in sicurezza nel corso degli scavi della Regio V, connessi al più ampio intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo previsto dal Grande progetto Pompei. Le visite saranno possibili tutti i giorni dalle 16 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30). L’accesso è previsto ogni 20 minuti, per gruppi di massimo 5 persone per volta accompagnati da personale del Parco. Ingresso da via di Nola e uscita dal vicolo delle Nozze d’argento. L’accesso gratuito è fino ad esaurimento disponibilità; è consigliata la prenotazione sul sito www.ticketone.it (costo prenotazione on-line 1,50 euro).

“Sono molto lieto di vedere aperto al pubblico il termopolio al termine di tempestivi lavori di restauro dell’edificio rinvenuto nei nuovi scavi della Regio V”, dichiara Massimo Osanna. “Per consentirne la pubblica fruizione è stato necessario procedere alla messa in sicurezza delle strutture, al restauro dei delicati affreschi e garantire la protezione di tutto l’ambiente con adeguate coperture. Ai visitatori che stanno tornando ad affollare le strade dell’antica città si restituisce una nuova esperienza di visita in un’area del tutto inedita. La scoperta, avvenuta nell’ambito di un sistematico intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo, al fine di prevenire la minaccia del dissesto idrogeologico sulle strutture già in luce, ha costituito una occasione unica di ricerca interdisciplinare che ha portato a nuove acquisizioni sulla dieta e sulla vita quotidiana dei pompeiani. Un ringraziamento a tutto il team che ha contribuito alla straordinaria scoperta, alle successive ricerche e al bel progetto di fruizione”.

“L’apertura del thermopolium si pone in piena continuità con l’approccio adottato dal Grande Progetto Pompei sotto la direzione di Massimo Osanna, che ringrazio insieme a tutta la squadra per il lavoro eccezionale che è stato svolto”, aggiunge Gabriel Zuchtriegel. “Si tratta di un approccio integrato tra conservazione, ricerca e fruizione, che con l’apertura al pubblico giunge al suo compimento, mentre stiamo lavorando sulla progettazione del restauro della casa di Orione e della casa del Giardino. Il progetto di scavo e restauro del thermopolium, che è partito da esigenze di tutela e di messa in sicurezza dei fronti di scavo, ha portato a scoperte straordinarie che ci aiutano a comprendere meglio anche i circa ottanta thermopolia già noti a Pompei. Con le visite accompagnate alle case ancora da restaurare vogliamo sensibilizzare il pubblico per il fatto che Pompei è un grande cantiere dove ricerca, conservazione e restauro continuano sulla base dell’innovazione e della collaborazione con importanti enti di ricerca nazionali e internazionali”.
I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine per il ceto medio e basso consumare il prandium (il pasto) fuori casa. Sebbene nella sola Pompei se ne contino almeno una ottantina, il termopolio della Regio V si distingue per l’eccezionale decorazione del bancone dipinto, con le immagini della Nereide a cavallo di un ippocampo e di animali probabilmente preparati e venduti proprio nel locale. L’impianto commerciale era emerso in due momenti diversi. Era stato indagato solo in parte nel 2019, durante gli interventi del Grande Progetto Pompei per la messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo storici. Considerate l’eccezionalità delle decorazioni e al fine di restituire la completa configurazione del locale – ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi- nel 2020 si è deciso di predisporre un ulteriore intervento finalizzato al completamento dello scavo, al restauro degli ambienti e degli apparati decorativi presenti. Al contempo è stata realizzata una nuova copertura lignea a protezione del bancone dipinto, e si è proceduto al rifacimento dell’antico meniano (balcone) a sbalzo, su cui è stata collocata parte dell’originaria pavimentazione in cocciopesto rinvenuta nel corso dello scavo.

La Casa di Orione prende nome dal mosaico pavimentale presente in un ambiente della domus, e raffigurante una tra le più raffinate e inedite iconografie rinvenute a Pompei, quella del mito di Orione. La scena rappresenta il catasterismo dell’eroe Orione, ovvero la sua trasformazione in costellazione, ed è probabilmente connessa a quella di un secondo mosaico della casa. Entrambi i mosaici, denotano un notevole livello culturale e probabili rapporti del proprietario con il mondo mediterraneo orientale, da cui potrebbero provenire.

La dimora, era stata già intercettata nel corso degli scavi ottocenteschi, tra il 1891 e il 1893 e nel 2017 è stata interamente portata in luce. Presenta una struttura con atrio centrale, circondata da stanze decorate con pregiate pitture di I stile e mosaici pavimentali. E’ molto probabile che la casa abbia volutamente mantenuto, negli spazi di rappresentanza, questa più antica decorazione in I stile che, in altre dimore pompeiane, era stata frequentemente sostituita da decorazioni più moderne. Al momento dell’eruzione del 79 d.C. l’abitazione era in corso di ristrutturazione. Gli scavi attuali hanno consentito di individuare diversi cunicoli, praticati in passato prima degli scavi ufficiali, allo scopo di recuperare oggetti preziosi, che hanno purtroppo compromesso in più punti la struttura della casa.


L’iscrizione scoperta nella V Regio di Pompei che avvalorerebbe la datazione dell’eruzione a ottobre del 79 d.C. (foto parco archeologico Pompei)
La Casa del Giardino, cosiddetta per la presenza di un giardino con portico affrescato, è nota per il rinvenimento dell’iscrizione a carboncino che cambia la data dell’eruzione. Sul portico affaccia la bella sala delle megalografie, raffiguranti in un riquadro Venere con una figura maschile (Paride o forse Adone) e Eros, e in un altro Venere in atto di pescare, assieme a Eros. Sempre nello stesso ambiente è presente un raffinatissimo ritratto femminile, probabilmente la domina. Sull’atrio si affaccia la stanza degli scheletri, dove sono stati ritrovati i resti di una decina di individui che qui si rifugiarono nel vano tentativo di salvarsi, e i cui resti sono oggetto di studio e analisi del DNA. In alcuni ambienti di servizio, invece, è stata ritrovata una cassetta in legno contenente monili femminili e amuleti contro la malasorte, probabilmente appartenenti ad una delle vittime rinvenute nella casa e oggi esposti nell’Antiquarium di Pompei.
Pompei. Dal 12 agosto apre al pubblico il termopolio della Regio V, l’antica tavola calda di Pompei, tra le scoperte degli ultimi scavi. E contestualmente visite guidate al cantiere della Casa di Orione e della Casa del Giardino

Lo ricordate? Era il 26 dicembre dell’anno scorso quando il direttore generale del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, annunciò l’importante scoperta nella Regio V del sito di Pompei, dove da un paio di anni si sta esplorando un “cuneo” ancora inesplorato: scoperto un termopolio, una tavola calda dell’epoca. A Pompei queste tavole calde, molto simili ai nostri street food, che i romani chiamavano con termine greco termopoli (thermopolium), erano molto diffuse – se ne contano un’ottantina -, ma è certo che quello scoperto nella Regio V è particolarmente importante: “Con l’immagine della Nereide a cavallo”, spiegano gli archeologi, “già parzialmente scavato nel 2019, è riaffiorato per intero con altre ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione”. E il ministro Dario Franceschini si era lasciato prendere dall’entusiasmo del momento: “Una scoperta eccezionale” (vedi Pompei. Nuova scoperta eccezionale nella Regio V: torna alla luce un termopolio (una tavola calda dell’epoca) intatto, con ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione. Il direttore del parco archeologico Osanna descrive la scoperta. E il ministro Franceschini: “Pompei esempio di tutela e gestione” | archeologiavocidalpassato).

Sono passati poco più di sette mesi, e quella che era semplicemente una grande scoperta diventa un nuovo punto di attrazione per i visitatori. Il 12 agosto 2021 il termopolio della Regio V apre infatti al pubblico. Le visite saranno possibili tutti i giorni dalle 12 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30), con accesso da via di Nola e uscita dal vicolo delle Nozze d’argento. Non è necessaria la prenotazione. L’impianto commerciale era emerso in due momenti diversi. Era stato indagato solo in parte nel 2019, durante gli interventi del Grande Progetto Pompei per la messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo storici. Considerate l’eccezionalità delle decorazioni e al fine restituire la completa configurazione del locale – ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi- nel 2020 si è deciso di predisporre un ulteriore intervento finalizzato al completamento dello scavo, al restauro degli ambienti e degli apparati decorativi presenti. Al contempo è stata realizzata una nuova copertura lignea a protezione del bancone dipinto, e si è proceduto al rifacimento dell’antico meniano (balcone) a sbalzo, su cui è stata collocata parte dell’originaria pavimentazione in cocciopesto rinvenuta nel corso dello scavo.

Contestualmente alla visita del termopolio saranno organizzate visite straordinarie anche al cantiere della casa di Orione e della Casa del Giardino – con accessi contingentati e percorsi differenziati per una visita accompagnata in sicurezza – dove sono in corso i lavori di sistemazione in vista degli interventi definitivi di restauro e coperture propedeutici all’apertura permanente dell’intera area. Entrambe le dimore, dalle straordinarie decorazioni, sono emerse e sono state messe in sicurezza nel corso degli scavi della Regio V, connessi al più ampio intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo previsto dal Grande progetto Pompei. Le visite saranno possibili tutti i giorni dalle 16 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30). L’accesso è previsto ogni 20 minuti, per gruppi di massimo 5 persone per volta accompagnati da personale del Parco. Ingresso da via di Nola e uscita dal vicolo delle Nozze d’argento. L’accesso gratuito è fino ad esaurimento disponibilità; è consigliata la prenotazione sul sito http://www.ticketone.it (costo prenotazione on-line 1,50 euro).
Pompei. Nuova scoperta eccezionale nella Regio V: torna alla luce un termopolio (una tavola calda dell’epoca) intatto, con ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione. Il direttore del parco archeologico Osanna descrive la scoperta. E il ministro Franceschini: “Pompei esempio di tutela e gestione”
Una Nereide in groppa a un cavallo marino ben visibile a decoro del bancone della tavola calda attirava l’attenzione dei potenziali avventori che nella piccola piazzetta di Pompei, si godevano la frescura di una fontana: lì si potevano trovare bevande e cibi caldi per poter pranzare fuori casa senza problemi. A Pompei queste tavole calde, molto simili ai nostri street food, che i romani chiamavano con termine greco termopoli (thermopolium), erano molto diffuse – se ne contano un’ottantina -, ma è certo che quello scoperto nella Regio V, e annunciato oggi, 26 dicembre 2020, da Massimo Osanna, direttore generale ad interim del parco archeologico di Pompei, è particolarmente importante: “Una scoperta eccezionale”, è stata definita anche dal ministro ai Beni e alle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini. “Il termopolio della Regio V, una delle antiche tavole calde di Pompei, con l’immagine della Nereide a cavallo”, spiegano gli archeologi, “già parzialmente scavato nel 2019, è riaffiorato per intero con altre ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione”.


Le anfore trovate davanti al bancone del termopolio della Regio V scoperte nel 2019 (foto Parco archeologico di Pompei)
L’impianto commerciale era stato indagato solo in parte nel 2019, durante gli interventi del Grande Progetto Pompei per la messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo storici (vedi: Pompei. Nuova scoperta dallo scavo della Regio V: è emerso un termopolio (tavola calda) con “l’insegna commerciale” e anfore davanti al bancone | archeologiavocidalpassato). Considerate l’eccezionalità delle decorazioni e al fine restituire la completa configurazione del locale, ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, si è deciso estendere il progetto e di portare a termine lo scavo dell’intero ambiente. Di fronte al termopolio, nella piazzetta antistante, erano già emerse una cisterna, una fontana, e una torre piezometrica (per la distribuzione dell’acqua), dislocate a poca distanza dalla bottega già nota per l’affresco dei gladiatori in combattimento (vedi: Pompei: nuova eccezionale scoperta nel cantiere della Regio V. Nel sottoscala di una bottega con alloggio (forse con prostitute) riemerge l’affresco realistico di due gladiatori: uno, soccombendo, chiede la grazia | archeologiavocidalpassato).


L’altro lato del bancone del termopolio scoperto nella Regio V di Pompei con decorazione di anatre, un gallo e un cane da guardia al guinzaglio (foto Luigi Spina)
Le decorazioni del bancone – le prime emerse dallo scavo – presentano sul fronte, l’immagine di una Nereide a cavallo in ambiente marino, e sul lato più corto l’illustrazione, probabilmente, della bottega stessa alla stregua di un’insegna commerciale. Il ritrovamento, al momento dello scavo, di anfore poste davanti al bancone rifletteva non a caso l’immagine dipinta. In questa nuova fase di scavo, sull’ultimo braccio di bancone portato alla luce sono emerse altre pregevoli scene di nature morte, con rappresentazioni di animali, probabilmente macellati e venduti nel locale. Frammenti ossei, pertinenti gli stessi animali, sono stati inoltre rinvenuti all’interno di recipienti ricavati nello spessore del bancone contenenti cibi destinati alla vendita. Come le due anatre germane esposte a testa in giù, pronte ad essere preparate e consumate, un gallo e un cane al guinzaglio, quasi un monito alla maniera del famoso Cave Canem. Una sbeffeggiante iscrizione graffita “Nicia cineade cacator” si legge sulla cornice che racchiude il dipinto del cane: Nicia ( probabilmente un liberto proveniente dalla Grecia) Cacatore, invertito! Forse lasciata da un buontempone che aveva voluto prendere in giro il proprietario o da qualcuno che lavorava nel termopolio.

Altro dato interessante è il rinvenimento di ossa umane, ritrovate, purtroppo, sconvolte a causa del passaggio di cunicoli realizzati nel XVIII secolo da scavatori clandestini in cerca di oggetti preziosi. Alcune sono pertinenti ad un individuo di almeno 50 anni, che verosimilmente al momento dell’arrivo della corrente piroclastica era posizionato su un letto o una branda, come testimoniano il vano per l’alloggiamento del giaciglio e una serie di chiodi e residui di legno rinvenuti al di sotto del corpo. Altre ossa, ancora da indagare sono di un altro individuo, e sono state rinvenute all’interno di un grande dolio, forse qui riposte sempre dai primi scavatori.

Inoltre nel termopolio è stato rinvenuto diverso materiale da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta), in cui in alcuni punti sono stati inseriti frammenti di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio). I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa.
“Oltre a trattarsi di una ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei”, dichiara il direttore Massimo Osanna, “le possibilità di analisi di questo termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un simile ambiente per intero ed è stato possibile condurre tutte le analisi che le tecnologie odierne consentono. I materiali rinvenuti sono stati, infatti, scavati e studiati sotto ogni aspetto da un team interdisciplinare composto da: antropologo fisico, archeologo, archeobotanico, archeozoologo, geologo, vulcanologo. I materiali saranno ulteriormente analizzati in laboratorio e in particolari i resti rinvenuti nei dolia (contenitori in terracotta) del bancone, rappresenteranno dei dati eccezionali per capire cosa veniva venduto e quale era la dieta alimentare”.
“Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone”, interviene il ministro Dario Franceschini, “oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa”.

“Le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio”, spiega Valeria Amoretti, funzionario antropologo del parco archeologico di Pompei: “tra i dipinti del bancone sono raffigurate due anatre germane, e in effetti un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze. D’altro canto, le prime analisi archeobotaniche hanno permesso di individuare frammenti di quercia caducifoglie, probabilmente pertinente a elementi strutturali del bancone. Sul fondo di un dolio – identificato come contenitore da vino sulla base della bottiglia per attingere, rinvenuta al suo interno – è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate/macinate. Apicio nel De re Coquinaria (I,5) ce ne fornisce il motivo, asserendo che venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo”.

Nell’angolo tra le due porte (angolo nord occidentale della stanza) del termopolio è stato rinvenuto uno scheletro completo di cane. “Non si tratta di un grande cane muscoloso come quello dipinto sul bancone”, spiega l’antropologa, “ma di un esemplare estremamente piccolo, alto 20-25 cm alla spalla, pur essendo un cane adulto. Cani di queste piccolissime dimensioni, sebbene piuttosto rari, attestano selezioni intenzionali avvenute in epoca romana per ottenere questo risultato”.

Erano presenti inoltre, all’interno della stanza – e in particolare dietro al bancone dove sono state trascinate dai primi scavatori – un buon numero di ossa umane pertinenti ad un individuo maturo -senescente, di almeno 50 anni di età. Una prima analisi permette di associare queste ossa trascinate a ciò che resta di un individuo rinvenuto nell’angolo più interno della bottega, che verosimilmente al momento dell’arrivo della corrente piroclastica era posizionato al di sopra di un letto o una branda, come testimoniano il vano per l’alloggiamento del giaciglio e una serie di chiodi e residui di legno rinvenuti al di sotto del corpo.

“Ancora da indagare – conclude Amoretti – sono le ossa pertinenti ad almeno un altro individuo, rinvenute all’interno di un grande dolio, probabilmente risistemate in tale posizione sempre dai primi scavatori. Questi sono solamente i primi dati macroscopici forniti dallo scavo in corso, ma non saranno sicuramente gli ultimi: infatti i reperti prelevati e portati in laboratorio, verranno ulteriormente indagati tramite indagini specifiche in dipartimenti e università in convenzione, che permetteranno di affinare sempre più i dati a nostra disposizione e quindi la conoscenza del termopolio e del sito”.
Il Grand Palais di Parigi apre il 1° luglio dopo il lockdown con una mostra-evento “POMPÉI. Promenade immersive. Trésors archéologiques. Nouvelles découvertes”: un percorso scientifico ma dal forte impatto emozionale che, attraverso un evento digitale immersivo e un linguaggio diretto, permette di far conoscere le recenti scoperte di Pompei e la sua storia
Dopo tre mesi di chiusura per emergenza Covid-19, il 1° luglio 2020 riapre a Parigi il Grand Palais. E lo fa proponendo una mostra-evento “POMPÉI. Promenade immersive. Trésors archéologiques. Nouvelles découvertes”, una mostra archeologica che diventa una “passeggiata immersiva” nel più famoso sito di una città romana dell’antichità: Pompei. Un percorso scientifico ma dal forte impatto emozionale che, attraverso un evento digitale immersivo e un linguaggio diretto, permetterà di far conoscere le recenti scoperte di Pompei e la sua storia. La mostra, curata da Massimo Osanna, direttore del Parco archeologico di Pompei, e organizzata da Réunion des musées nationaux – Grand Palais e GEDEON Programmes in collaborazione con il Parco archeologico di Pompei, era programmata per il 25 marzo 2020. Poi la pandemia ha bloccato tutto. Ora ci siamo: la mostra “Pompei” sarà visitabile sempre con prenotazione obbligatoria dal 1° luglio al 27 settembre 2020, al Salon d’honneur del Grand Palais (entrata Square Jean Perrin) dal giovedì al lunedì dalle 10 alle 20, il mercoledì dalle 10 alle 22, chiusura settimanale il martedì.

La locandina della mostra “POMPÉI. Promenade immersive. Trésors archéologiques. Nouvelles découvertes” al Grand Palais di Parigi dal 1° luglio al 27 settembre 2020
Fin dalla scoperta delle sue rovine sepolte, la città di Pompei ha affascinato gli archeologi e non solo. Ricca di una storia plurisecolare, crocevia di popoli del mondo mediterraneo, Pompei sotto la dominazione di Roma prosperava grazie al commercio e al suolo fertile. L’arte era fiorente, l’agiata borghesia abbellì la città, ma nel giro di una giornata del 79 d.C., si compì il tragico destino della città. L’eruzione del Vesuvio che la devastò e annientò la popolazione, tuttavia, fermò il tempo preservando la città e sottraendola agli sguardi, per molti secoli. Oggi Pompei costituisce la testimonianza più straordinaria di una città di età romana e da nessun’altra parte è stato possibile trovare una simile concentrazione di edifici, affreschi e manufatti romani. Questo importante sito archeologico, inscritto nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, è visitato da quasi 4 milioni di visitatori ogni anno: cifre, purtroppo, ora destinate a cambiare nel rispetto delle nuove regole imposte dall’emergenza sanitaria.

L’affresco con Leda e il Cigno, rinvenuto negli scavi della Regio V alla fine del 2018, è una delle più importanti scoperte recenti a Pompei (foto parco archeologico Pompei)

Quanto restava della Schola Armaturarum dopo il crollo del 2010 (foto coordinamento Uil beni culturali)
Ma questa situazione idilliaca non è sempre stata così. Sono passati dieci anni, era il 2010, dal crollo della Schola Armaturarum che ha richiamato l’attenzione della comunità internazionale sull’assoluta necessità di tutelare le rovine più famose del mondo. Proprio a seguito di quell’evento, è stato avviato un grande progetto per la messa in sicurezza e il restauro del sito (il Grande Progetto Pompei), associato a scavi di ampia portata, come non accadeva da decenni, che hanno permesso di riportare alla luce un intero quartiere, con straordinari esempi di apparati decorativi, come il raffinato ritratto di donna dalla Casa con giardino, di affreschi raffiguranti divinità e animali e di mosaici eccezionali, ma anche oggetti d’uso quotidiano, scheletri delle vittime dell’eruzione. Queste nuove scoperte, che archeologiavocidalpassato ha seguito passo passo, permettono di approfondire le conoscenze di questo sito emblematico della civiltà romana e della sua storia.
Proprio per condividere con il pubblico le recenti scoperte, la Réunion des musées nationaux – Grand Palais propone una esposizione digitale immersiva: un’esperienza nuova che mostra Pompei in maniera spettacolare e suggestiva. Per realizzare ciò la Rmn-GP ha collaborato con il Parco archeologico di Pompei e con la società GEDEON Programmes, leader francese nel settore dei documentari archeologici e del patrimonio, che utilizzando tecnologie d’avanguardia sul sito (cartografia laser, termografia a infrarossi, fotogrammetria,…) ha effettuato riprese ad altissima risoluzione e realizzato ricostruzioni in 3D di estrema precisione. L’esperienza digitale propone proiezioni immersive, accompagnate dai rumori della città e da musiche originali che risveglieranno i sensi immergendo il visitatore nel cuore di Pompei, dandogli l’impressione di partecipare di volta in volta alla vita frenetica della città, al suo funesto destino, alla sua gloriosa riscoperta.
La prima parte della mostra mette l’accento sulla vita effervescente delle strade, ricostruite in 3D grazie, soprattutto, alle riprese effettuate con i droni. Al centro del percorso, un dispositivo invita il visitatore a entrare nel cuore del dramma e segue la cronologia del disastro: al culmine dell’eruzione la città è investita dal flusso piroclastico. La terza parte è consacrata alla riscoperta di Pompei, dimenticata per secoli, narrando la storia degli scavi dal XVIII secolo, ricordandone il mito e ponendo l’accento sulle scoperte recenti, in particolare quelle che, nel 2018, hanno consentito di riconsiderare con maggiore precisione la data dell’eruzione.

I grandiosi affreschi delle ville pompeiane in mostra al Grand Palais di Parigi (foto parco archeologico di Pompei)
L’ultimo spazio della mostra invita a contemplare, a grandezza naturale e in tutto il suo splendore, gli affreschi che decorano le più belle ville pompeiane. È anche possibile ammirare alcune scoperte frutto dei nuovi scavi esposte per la prima volta al pubblico, tra le quali il tesoro di monili e amuleti in pasta di vetro, avorio, osso, ambra, bronzo, un coniglio di marmo e un magnifico mosaico del ninfeo Arianna e Dioniso. Viene presentata anche una selezione di oggetti provenienti dagli scavi precedenti: gioielli, una statua di Livia e un affresco raffigurante Venere su un carro trainato da elefanti. Infine, le copie di alcuni calchi delle vittime ricorderanno la tragica fine dei pompeiani nel 79 d.C. Questa mostra propone un’esperienza sensoriale avvincente, che immerge il visitatore nel cuore della città antica e gli fa rivivere in maniera spettacolare la vita quotidiana dei pompeiani e l’epopea della sua riscoperta.
#iorestoacasa. Pompei: un volo con il drone sulla città antica e nei nuovi scavi alla scoperta delle domus venute alla luce nella Regio V. Un esclusivo tour virtuale con la narrazione del direttore Massimo Osanna
È la primavera del 2018 quando Massimo Osanna, direttore generale del parco archeologico di Pompei, annuncia che a Pompei si torna a scavare su vasta scala. “La messa in sicurezza globale dei fronti di scavo e l’indagine del cuneo rappresentano il più grande intervento nell’area non scavata di Pompei, dal dopoguerra. Finora si era sempre proceduto per piccoli interventi di tamponamento nei punti più critici”. Gli interventi interessano soprattutto la Regio V. In questi due anni è stato tutto un susseguirsi di grandi ritrovamenti e di eccezionali scoperte (di cui archeologiavocidalpassato ha dato puntuale notizia): la casa del Giardino con gli splendidi affreschi del triclinio e il portico dipinto; la casa di Orione con le pitture di Primo stile e il mosaico di Orione, unico nel suo genere; ma anche gli ambienti della vita di tutti i giorni. Uno spaccato straordinario della vita quotidiana della città.
Un volo con il drone sulla città antica e nei nuovi scavi alla scoperta delle domus venute alla luce nella Regio V: un esclusivo tour virtuale con Massimo Osanna direttore del Parco archeologico di Pompei. Tutto questo è visibile sul canale YouTube del MiBACT, dove dall’inizio dell’emergenza coronavirus i musei, i parchi archeologici e gli istituti autonomi statali stanno fornendo contributi audiovisivi di ogni genere per permettere alle persone di continuare a godere del patrimonio culturale nazionale. Gli scavi della Regio V, resi possibili dal Grande Progetto Pompei, hanno portato alla luce ambienti straordinari dell’antica città: strade, edifici con balconi, la Casa del Giardino, di cui i paleobotanici hanno ricostruito interamente la flora, e la Casa di Orione, con i due straordinari mosaici di ispirazione egizia che narrano il catasterismo dell’eroe greco nell’omonima costellazione. Come visibile dalle suggestive immagini riprese dall’alto grazie al volo del drone, la Regio V si affaccia sulla via di Nola, una delle grandi arterie di Pompei, una zona ricca di attività commerciali e di case sfarzose, benché non di grandi dimensioni. Segno di quella classe media che nella antica città aveva prosperato fino all’eruzione del 79 d.C.















Commenti recenti