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Nel museo Archeologico nazionale di Taranto nasce il Giardino dei Giusti. Il primo albero sarà piantato (quando l’emergenza sanitaria lo permetterà) per Khaled al-Asaad, torturato e decapitato dai jihadisti dell’Isis per difendere Palmira

L’archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall’Isis il 18 agosto 2015

Nel museo Archeologico nazionale di Taranto nasce il Giardino dei Giusti. Appena le norme per il contenimento del Covid-19 lo consentiranno, al museo avrà luogo la piantumazione di un albero di ulivo per sancire la nascita, nel chiostro dell’ex Convento degli Altarini che ospita il MArTA, del Giardino dei Giusti voluto dal museo Archeologico nazionale di Taranto e dal Comitato Qualità della Vita. Il progetto è nato da un protocollo di intesa sottoscritto lo scorso 6 marzo 2021, nella ricorrenza della Giornata dei Giusti dell’Umanità, tra il MArTA e il Comitato Qualità della Vita: insieme alla riqualificazione del verde della parte en plein air del Museo, si avrà la messa a dimora di alberi e varietà arboree in ricordo di quanti, in ogni tempo e luogo, hanno fatto del bene salvando vite umane e si sono battuti per i diritti umani. La direzione del MArTA ha deciso che il primo “giusto” a mettere radici nel museo tarantino sarà l’archeologo Khaled al-Asaad, uno dei più importanti studiosi di archeologia del Medio Oriente, morto per difendere un pezzo di storia dell’umanità mediterranea. Il primo albero del Giardino dei Giusti ospitato dal museo di Taranto sarà quindi dedicato a lui. “Tornare ai Giusti significa conservare e difendere la memoria e la storia, e riconoscere il merito di persone straordinarie, come Khaled al-Asaad, uno dei più importanti studiosi di archeologia del Medio Oriente, che nel 2015 venne torturato e decapitato dai jihadisti dell’Isis a Palmira – patrimonio Unesco – proprio tra i resti dell’antico anfiteatro della storica città siriana che lui aveva tentato di difendere”, dice la direttrice Eva Degl’Innocenti. “Preferiamo morire piuttosto che arrenderci”, diceva spesso Khaled Al-Asaad, evocando le parole profetiche della regina Zenobia, sovrana di Palmira.

“Etiam periere ruinae”: Tivoli con una mostra dedicata a Khaled Asaad denuncia le devastazioni subite da Palmira e il legame tra le due città. La regina siriana Zenobia terminò i suoi giorni proprio a Tivoli

Zenobia, regina di Palmira, sconfitta dall'imperatore Aureliano, morì a Tivoli

Zenobia, regina di Palmira, sconfitta dall’imperatore Aureliano, morì a Tivoli

Il manifesto della mostra di Tivoli "Etiam periere ruinae"

Il manifesto della mostra di Tivoli “Etiam periere ruinae. Tivoli ricorda Palmira”

“Etiam periere ruinae”, scriveva nel I sec. d.C. Il poeta latino Marco Anneo Lucano nella sua “Pharsalia” conosciuta anche come “De bello civili”: “Sono morte perfino le rovine”, distruzione totale, completa, alludendo a una frase detta da Giulio Cesare visitando le rovine di Troia. Paragone non poteva essere più appropriato parlando di una distruzione dei nostri giorni: Palmira. E proprio mentre dalla martoriata Siria giungono nuove notizie drammatiche sulle sorti della “sposa del deserto”, che sarebbe di nuovo caduta nelle mani dei miliziani dell’Isis, Tivoli con una mostra-lampo “Etiam periere ruinae: Tivoli denuncia le devastazioni a Palmira”, alle Gallerie Estensi fino al 23 dicembre 2016, richiama l’attenzione su Palmira e le violenze subite, interpreta quanto è avvenuto negli ultimi mesi a Palmira e racconta il legame profondo che c’è tra le due città. La regina siriana Zenobia terminò i suoi giorni proprio a Tivoli. Alla caduta di Palmira per mano delle legioni di Aureliano, Zenobia – era il 274 d.C. – legata con catene d’oro,  fu esibita come trofeo per il trionfo dell’imperatore. Sul suo destino poi ci sono due racconti, che finiscono entrambi a Tivoli. Il primo sostiene che Zenobia sarebbe morta poco dopo il suo arrivo a Roma, per malattia, sciopero della fame o decapitazione, essendosi rifiutata di riconoscere Aureliano imperatore. E poi sarebbe stata sepolta nella Villa Adriana a Tivoli. L’altro racconto, invece, più a lieto fine, riferisce che Aureliano, colpito dalla sua bellezza e dignità e dal desiderio di grazia, liberò Zenobia e le concesse un’elegante villa a Tibur (l’odierna Tivoli), dove si suppone sia vissuta nel lusso e divenuta una filosofa influente.

Un'opera elaborata per la mostra di Tivoli che denuncia le devastazioni di Palmira

Un’opera elaborata per la mostra di Tivoli che denuncia le devastazioni di Palmira

L'archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall'Isis il 18 agosto 2015

L’archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall’Isis il 18 agosto 2015

Ad esporre sono otto artisti, Annaluce Aglietto, Giovanni di Carpegna Falconieri, Lucio Castagneri, Paolo Garau, Francesco Grizi, Massimiliano Kornmüller, Nino La Barbera, Andrea Tudini, che denunciano le devastazioni nella città siriana.  “La comunità tiburtina”, spiega l’assessore alla Cultura e al Turismo, Urbano Barberini, “con questa mostra sulla magnifica e martoriata Palmira vuole significare la sua vicinanza allo straziato popolo siriano. Tivoli sempre attenta al recupero e alla valorizzazione delle sue radici e del suo patrimonio culturale non può essere sorda alle grida di dolore che provengono della città sorella Palmira”. La mostra, continua Barberini, “arricchisce il fitto calendario di eventi che anche quest’anno hanno reso le Scuderie Estensi protagoniste del panorama culturale del nostro territorio. È indubbia la valenza artistica dell’iniziativa, che vede coinvolti sia volti storici nell’ambito artistico nazionale, sia interessanti novità. Soprattutto mi preme sottolineare la valenza etica nel voler commemorare la città di Palmira, storicamente legata a quella di Tivoli, e nuovamente straziata dalla guerra. Con questa mostra si vuole tenere vivo il ricordo di uno dei siti archeologici patrimonio dell’Unesco, che nel 2015 è stato parzialmente distrutto dallo stato islamico, lasciandoci orfani di meravigliosi reperti archeologici, come un arco di trionfo e delle torri funerarie romane. Non possiamo non rivolgere un pensiero di gratitudine profonda all’archeologo martire a cui dedichiamo la mostra. La decapitazione di Khaled Asaad rappresenta l’annientamento del nemico attraverso l’assassinio della memoria e di chi la difende al costo della vita. Questi atti di orrore vengono condannati da tutta la comunità tiburtina che, profondamente solidale al destino di Palmira, auspica, dopo la recente rioccupazione da parte dell’Isis, il ritorno alla pace e ad una Siria unita”.

18 agosto 2015-2016. A un anno dall’uccisione del direttore di Palmira, Khaled Asaad, da parte delle milizie jihadiste, le Gallerie degli Uffizi di Firenze ricordano l’eroico archeologo con un “Omaggio” cui partecipano archeologi impegnati in missioni in Siria

L'archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall'Isis il 18 agosto 2015

L’archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall’Isis il 18 agosto 2015

18 agosto 2015 – 18 agosto 2016: un anno. È passato un anno dalla tragica esecuzione da parte dei jihadisti di Khaled Asaad, eroico difensore dei tesori e dell’integrità della sua amata Palmira, la “sposa del deserto”, la città di Zenobia, patrimonio dell’umanità. Proprio l’estremo sacrificio dell’anziano archeologo siriano, da decenni direttore del museo e del sito di Palmira, contribuì a portare all’attenzione del mondo lo scempio che si stava consumando nel cuore del deserto siriano, nell’indifferenza generale. Non erano serviti a nulla, infatti, gli appelli accorati degli archeologi siriani e dei molti colleghi stranieri, a partire dal decano di tutti gli orientalisti, l’italiano Paolo Matthiae, lo scopritore di Ebla, con i quali da anni condividevano missioni archeologiche in ogni angolo della Siria. Quell’uccisione vigliacca accese almeno le coscienze dei potenti. Ma per giungere alla liberazione di Palmira, e scongiurarne la sua distruzione totale, si è dovuto attendere il 27 marzo 2016, grazie all’intervento decisivo delle truppe russe mandate dal presidente Vladimir Putin a sostegno dell’esercito governativo di Bashar al-Assad.

La distruzione del tempio di Baal a Palmira da parte dei miliziani dell'Isis

La distruzione del tempio di Baal a Palmira da parte dei miliziani dell’Isis

Il 18 agosto 2016 non passerà in silenzio. A ricordare l’archeologo Khaled al-Asaad a un anno dalla sua tragica caduta in difesa del patrimonio archeologico, direttore per 40 anni del sito archeologico di Palmira, orrendamente trucidato con pubblica esecuzione (prima decapitato e poi appeso a una colonna della monumentale via colonnata di Palmira) da gruppi jihadisti dello Stato Islamico, ci penseranno le Gallerie degli Uffizi di Firenze. L’incontro pubblico “Omaggio a Khaled al-Asaad” si svolgerà, a ingresso gratuito, giovedì 18 agosto 2016 a partire dalle 10.30, nei locali dell’ex-chiesa di San Pier Scheraggio a Firenze. Insieme al direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, interverranno il comandante del nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Firenze, Lanfranco Disibio, e archeologi che hanno partecipato a missioni internazionali di scavo in Siria: Giuliana Guidoni, funzionaria archeologa del Mibact e Sebastiano Soldi, archeologo del museo Archeologico nazionale di Firenze.

Siria. Liberata Palmira. Primo bilancio delle distruzioni dell’Isis: cancellati il tempio di Baalshamin e il santuario di Bel e le tombe a torre. Devastato il museo. Salvo l’80 per cento del sito. Si discute per la sua ricostruzione. Il museo dell’Ermitage offre la sua collaborazione

L'esercito governativo di Assad ha riconquistato la città e il sito archeologico di Palmira con l'aiuto dei raid aerei russi

L’esercito governativo di Assad ha riconquistato la città e il sito archeologico di Palmira con l’aiuto dei raid aerei russi

Nel giorno di Pasqua liberata Palmira. Ma la “sposa del deserto” sfregiata dall’Isis non sarà più come prima. L’esercito siriano ha ripreso il “pieno controllo” di Palmira, che lo scorso anno era stata conquistata dallo Stato islamico. Lo hanno reso noto fonti militari citate dai media di Damasco e l’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui l’esercito è rientrato a Palmira, con il sostegno dei raid russi: più di 200 solo nelle ultime ore dell’attacco. Secondo l’agenzia di stampa Sana le truppe governative e le milizie loro alleate hanno “ripulito” la città da tutti i militanti dell’Isis e “distrutto i loro ultimi covi”, mentre gli artificieri hanno eliminato tutte le mine e gli ordigni lasciati dai terroristi. Dal canto loro, gli attivisti dell’Osservatorio, con sede a Londra, citando “più fonti attendibili”, hanno fatto sapere che i militanti dello Stato islamico hanno ricevuto l’ordine di lasciare Palmira dalla leadership del Califfato a Raqqa. Le tre settimane di guerra per riconquistare la città, secondo l’Osservatorio, sarebbero costate la vita ad almeno 400 militanti e 180 soldati. “Un importante successo nella guerra contro il terrorismo”, proclama il presidente siriano, Bashar al-Assad.

Una veduta aerea del sito archeologico di Palmira: si vedono bene ancora integri il teatro romano e il lungo colonnato

Una veduta aerea del sito archeologico di Palmira: si vedono bene ancora integri il teatro romano e il lungo colonnato

La città di Palmira, sito Unesco patrimonio dell’umanità, ricordiamolo, è una delle più antiche della regione. Esisteva già nel XIX secolo a.C. quando era conosciuta e citata negli antichi documenti con il nome di Tadmor o Tamar, nome registrato anche nella Bibbia che la ricorda come fortificata da Salomone. Per oltre un millennio, però, sulla città cala il silenzio, fino alla conquista da parte dei Seleucidi che, nel 323 a.C. prendono il controllo della Siria. Palmira si mantiene indipendente fino a circa il 19 a.C., nonostante il Paese fosse ormai nelle mani dei Romani. È sotto il regno di Tiberio e poi di Nerone che la città viene annessa all’Impero. Plinio il Vecchio ne racconta le ricchezze del suolo e l’importanza che essa ricopre all’epoca nei commerci tra Roma e l’Oriente, soprattutto Cina, India e Persia. Nel II secolo d.C. Adriano la visita e la proclama città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana. Tra la fine del II e l’inizio del III secolo, Settimio Severo o il suo successore, il figlio, Caracalla, concede a Palmira lo statuto di città libera. È nel III secolo che la città diventa famosa sotto il regno della regina Zenobia e del figlio Vaballato, che sognano di formare un impero d’Oriente da affiancare a quello di Roma. La mitica regina, infatti, inizia a ribellarsi al potere della città eterna e conquista Egitto, Palestina e Arabia, spingendosi fino alla Cappadocia e alla Bitinia. Ma la proclamazione di Aureliano a imperatore pone fine alle ambizioni di Zenobia e del figlio. Palmira viene conquistata, abbandonata e diventa base militare per le legioni romane. Dopo un periodo di nuova fioritura con l’impero bizantino, la città va in rovina sotto il dominio arabo.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2016/03/26/siria-ecco-cosa-resta-del-sito-archeologico-di-palmira-video_f8f1ed4d-cf16-4892-ada2-4cabef0e931a.html

 

La foto scattata il 27 marzo 2016 conferma che il tetrapilo non è stato distrutto dai jihadisti

La foto scattata il 27 marzo 2016 conferma che il tetrapilo non è stato distrutto dai jihadisti

Un portale in una distesa di detriti è il muto testimone di quanto resta del grande santuario di Bel a Palmira distrutto dai jihadisti

Un portale in una distesa di detriti è il muto testimone di quanto resta del grande santuario di Bel a Palmira distrutto dai jihadisti

“L’80 per cento dell’architettura dell’antica città siriana non sarebbe stata distrutta dall’Isis, anche se quel 20% non è perdita da poco, se pensiamo solo al tempio romano di Baalshamin e al grande santuario di Bel”, sostiene Selon Maamoun Abdulkarim, direttore di Antichità e Musei in Siria (Dgam), dopo l’esame delle immagini riprese dal drone russo su Palmira liberata. Il colonnato, l’agorà, il teatro, i bagni di Diocleziano, il tempio di Nébo e d’Allat sono ancora in piedi, a testimoniare millenni di arte e di storia, contaminazioni culturali assire, bizantine e greco romane nella città patrimonio dell’Unesco. Distrutto invece il tempio di Bel e Baalshamin, come decine di torri funerarie e l’arco trionfale, e le sculture e i reperti del museo archeologico. Proprio il museo, difeso fino a pagare con la vita dal suo direttore Khaled Asaad, è stato oggetto di saccheggio. “Ci vorranno cinque anni per ricostruirla”, sostiene Maamoun Abdulkarim, direttore di Antichità e Musei in Siria. Dopo la riconquista dell’antica città siriana, la Russia promette il suo aiuto per lo sminamento dell’area e il museo dell’Ermitage di San Pietroburgo offre la collaborazione di un team di esperti per i restauri. Il direttore Abdul-Karim ha detto che un team di esperti farà una stima dei danni. Ma gli esperti internazionali sono scettici. Credere di poter restaurare il sito archeologico potrebbe rivelarsi illusorio, ha dichiarato Annie Sartre-Fauriat, membro della Commissione di esperti dell’Unesco per il patrimonio siriano. E il 1° aprile a Parigi si terrà un incontro proprio su Palmira.

Una sala devastata del museo di Palmira che Khaled Asaad aveva difeso pagando con la propria vita

Una sala devastata del museo di Palmira che Khaled Asaad aveva difeso pagando con la propria vita

Esperti di antichità siriani si sono detti profondamente scioccati dalla distruzione dei jihadisti al museo di Palmira: innumerevoli reperti dispersi e statue demolite. Il museo, infatti, ospita una “importante collezione” dell’arte palmirena, frutto di antiche donazioni. “In quanto custodi del patrimonio di Palmira – ha detto Piotrovsky – potremo aiutare ad analizzare la situazione e dare consigli così che questo sito storico diventi un monumento alla cultura, un monumento alla vittoria sul fanatismo e non una replica moderna, semplice attrazione turistica”. La direttrice generale dell’Unesco Irina Bokova ha detto di sperare in una stretta collaborazione con l’Ermitage.

L'archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall'Isis nel 2015

L’archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall’Isis nell’agosto 2015

“Palmira è stata liberata dalle truppe di Assad grazie anche al supporto aereo dell’aviazione russa e di alcuni corpi speciali dispiegati sul campo. Le bande criminali di Daesh sono in ritirata e non hanno potuto portare a termine lo scempio preannunciato del sito archeologico dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Le cancellerie occidentali ed il governo italiano brillano per il loro assordante silenzio, con il quale sembrano voltarsi dall’altra parte mentre qualcuno fa il lavoro sporco della guerra, anche se di liberazione”, denuncia Paolo Romani, presidente del Gruppo Forza Italia al Senato. “Ricordiamo in questa occasione oltre alle centinaia di morti di combattenti siriani due uomini valorosi: Khaled al-Asaad, archeologo e custode dei siti romani, di quell’esempio unico nel mondo della civilizzazione dell’antica Roma, decapitato dai criminali di Daesh perché non ha voluto rivelare il luogo dove erano stati nascosti preziosissimi reperti dell’antica Palmira; e l’anonimo ufficiale delle forze speciali russe che trasmetteva le coordinate dei terroristi del Daesh per effettuare i raid ed ha deciso di indirizzare il fuoco contro se stesso, una volta circondato, pur di non cadere vivo nelle loro mani. È morto da eroe, comunicando la sua ultima posizione così da consentire di eliminare i jihadisti che lo avevano raggiunto. Ora e solo ora, il ministro Franceschini può inviare i caschi blu della cultura approvati dall’Unesco. Grazie al coraggio ed all’abnegazione di tanti altri sconosciuti eroi di guerra”.

Dai gladiatori all’arena di Verona, dai villanoviani agli etruschi di Marzabotto, dalla Palmira di Khaled Asaad all’Isis: al via a Bologna la 13.ma edizione di “Imagines: obiettivo sul passato”, rassegna del documentario archeologico del Gabo

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d'Italia

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Dai giochi gladiatori nell’arena alla scoperta di Verona romana, dal mezzo secolo del centro polesano di studi storici archeologici ed etnografici al secolo di cinema e archeologia, dagli etruschi villanoviani agli etruschi di Marzabotto, per finire con la testimonianza drammatica di Khaled Asaad, il coraggioso “custode” di Palmira decapitato dall’Isis, e gli effetti dello stato islamico sulla città di Zenobia, patrimonio dell’Unesco: è un programma particolarmente ricco quello che offre la tredicesima edizione di “Imagines: obiettivo sul passato”, rassegna del documentario archeologico promosso dal gruppo archeologico bolognese il 20, 21 e 22 novembre 2015 alla mediateca di San Lazzaro di Savena, in via Caselle 22, a San Lazzaro (Bologna).  “Nata nel 2003”, ricorda Giuseppe Mantovani, curatore della rassegna, “Imagines vuole creare un’occasione per i soci del gruppo e il pubblico appassionato di Archeologia e Storia per godere della proiezione di documentari e filmati introdotti da esperti del settore, autori, registi o archeologi, cui va il mio grazie per averci dato l’autorizzazione alla proiezione delle loro opere”.

Mosaico romano con raffigurati i giochi gladiatori nell'anfiteatro

Mosaico romano con raffigurati i giochi gladiatori nell’anfiteatro

Si inizia venerdì 20 Novembre 2015, alle 15.15. L’apertura della rassegna è affidata a Gabriele Nenzioni, direttore del museo della Preistoria “L. Donini” di San Lazzaro e a Giuseppe Mantovani, vicedirettore del Gruppo Archeologico Bolognese e curatore della rassegna. Quindi c’è la proiezione del documentario “Gladiatori e bestiari. I giochi nell’arena”, per la regia di Douglas Brooks (90’), introdotto da Federica Guidi, archeologa del museo civico Archeologico di Bologna. Il filmato presenta, attraverso ricostruzioni, ambientazioni ed effetti speciali, le vicende a volte gloriose, ma più spesso drammatiche, dei gladiatori, che combattevano fra loro nell’arena, e dei bestiarii, che affrontavano belve feroci, per il divertimento del popolo e per l’ambizione politica di coloro che organizzavano I giochi. Segue un buffet offerto dal Gruppo Archeologico Bolognese.

Dal museo nazionale Etrusco di Marzabotto parte lo spettacolo itinerante "Marzabotto 1889"

Il documentario “Kainua” ripercorre le tappe della città etrusca di Marzabotto

Sabato 21 Novembre 2015, seconda giornata: alle 15.15 proiezione del documentario “Cinquant’anni di novità dal nostro passato. CPSSAE 1964 – 2014”, regia di Giuseppe Mantovani (32’), introdotto da  Raffaele Peretto, presidente CPSSAE. Il filmato celebra il cinquantesimo anno della fondazione del Centro Polesano di Studi Storici Archeologici ed Etnografici (CPSSAE). Cinquant’ anni di scoperte, divulgazione, valorizzazione dell’identità dell’antico Polesine. Segue alle 16.15, proiezione del documentario “L’alba degli Etruschi. Aspetti e testimonianze della cultura villanoviana”, regia di Corrado Re (26’), introdotto da Fiamma Lenzi, archeologa dell’istituto Beni culturali dell’Emilia-Romagna. “Per far conoscere la cultura materiale legata agli esordi della civiltà etrusca”, spiega Mantovani, “l’Istituto Beni Culturali ha curato la realizzazione di questo docu-film che, alla presentazione di oggetti conservati nei musei dell’Emilia-Romagna, unisce la rievocazione storica e l’archeologia ricostruttiva per rivisitare alcuni aspetti della quotidianità nei secoli fra il IX e il VII a.C., avvalendosi anche di musiche realizzate nell’ambito dell’archeologia sonora sperimentale”. Dopo l’intervallo, si riprende alle 18 con la proiezione del documentario “Kainua”, per la regia di Ada Carpentieri (52’), introdotto da Giuseppe Sassatelli, docente di Etruscologia e Antichità Italiche dell’università di Bologna. Quello che rende unica la città di Kainua, l’odierna Marzabotto, è l’assenza di frequentazione dopo il suo abbandono, ciò che ha consentito la conservazione dell’impianto urbano rimasto perfettamente riconoscibile. Il filmato ripercorre le tappe della storia della città, che, insieme a Spina, Mantova e, naturalmente, Felsina, la princeps etruriae, fu un importante centro dell’Etruria Padana.

All'archeologo Khaled Asaad, decapitato dall'Isis, è dedicata la XXVI rassegna internazionale del cinema archeologico

All’archeologo Khaled Asaad, decapitato dall’Isis, è dedicato il film omaggio di Alberto Castellani

L’ultima giornata, domenica 22 novembre 2015, si apre alle 15.15 con la proiezione del documentario “Un secolo di cinema e archeologia. Da Howard Carter a Indiana Jones”, per la regia di Massimo Becattini (30’) che cura anche l’introduzione: l’avventura archeologica del Novecento attraverso I documenti cinematografici (spesso inediti) delle scoperte più importanti e l’influenza sui generi del cinema di finzione. Partendo dal filmato originale della scoperta della tomba di Tutankhamon ad opera di Carter nel 1922, e dai suoi epigoni di finzione, vengono esplorati i primi documenti archeologici di quegli anni, dall’Egitto all’Estremo Oriente. Segue alle 16.15 il documentario “Verona città aperta” di Marcello Peres (40’), introdotto da Erika Vecchietti,  archeologa dell’università di Bologna. Utilizzando un linguaggio più tecnico che televisivo, riprese aeree ed animazioni a mano libera, il documentario abbraccia le evidenze monumentali romane più universalmente riconosciute (l’Arena di Verona, il Teatro Romano, il Ponte Pietra, l’Arco dei Gavi e le porte monumentali) completando la comprensione organica di questa fase storica con uno sguardo inedito alla Verona sotterranea. Dopo l’intervallo, alle 18, il giornalista Graziano Tavan con una conversazione dal titolo “Palmira, da Zenobia all’Isis” introduce l’eccezionale instant movie del regosta veneziano Alberto Castellani “Khaled Asaad: quel giorno a Palmira. Memoria di un viaggio e un incontro” (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/10/06/aperta-la-xxvi-rassegna-internazionale-del-cinema-archeologico-di-rovereto-nel-nome-di-khaled-asaad-larcheologo-di-palmira-decapitato-dallisis-e-sabato-instant-movie/) documento-omaggio all’ex direttore del sito archeologico di Palmira, patrimonio dell’UNESCO, trucidato dall’Isis.

Siria. L’Isis distrugge due antichi mausolei islamici a Palmira, perché “simbolo del politeismo”. Per ora l’antica città romana, patrimonio Unesco, è stata risparmiata

Lo monumentali rovine di Palmira, patrimonio dell'Unesco, dominata dal mausoleo islamico dello sheikh Mohammad Ben Ali

Lo monumentali rovine di Palmira, patrimonio dell’Unesco, dominata dal mausoleo islamico dello sheikh Mohammad Ben Ali

Palmira a rischio distruzione da parte delle milizie jihadiste dell’Isis. Un evento temuto, annunciato, ma per ora rimasto – in parte – solo una minaccia. Perché se è vero che al momento non ci sono prove che l’Isis abbia infierito sulla città romana, patrimonio dell’Unesco, è invece certo che sono stati fatti saltare in aria due antichi mausolei, tra cui quello dello sheikh Mohammad Ben Ali, vicino al sito archeologico romano, ritenuti “un simbolo del politeismo”. Appena due giorni fa, in piena avanzata jihadista, era anche trapelato che l’Isis aveva piazzato mine e ordigni nella città vecchia. Per timore di distruzioni centinaia di statue e reperti del sito siriano erano stati trasferiti in altre località il mese scorso quando i jihadisti erano penetrati nella parte moderna della città. Ma poi questa notizia era stata smentita da Ahmad Daas, attivista politico siriano dell’opposizione, secondo cui le notizie circolate al riguardo “sono false”: “Non è vero che l’Is ha collocato degli ordigni tra le rovine di Tedmor e i rapporti che ne parlano sono imprecisi e si basano su fotografie fasulle scattate da alcuni cittadini”, smentendo quanto circolato nei giorni scorsi sui media e sugli osservatori per i diritti umani.

Il colonnato di Palmira, punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano

Il colonnato di Palmira, punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano

La Sposa del Deserto. Dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, Palmira fiorì nell’antichità come punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano ed ebbe un notevole sviluppo fra il I e il III secolo d.C. Per questo motivo fu soprannominata la “Sposa del deserto”. Il nome greco della città, “Palmyra”, è la traduzione fedele dall’originale aramaico, Tadmor, che significa “palma”. La città è citata nella Bibbia e negli annali dei re assiri, ma in particolare la sua storia è legata alla regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, ai romani e ai persiani. Poi venne incorporata nell’impero romano e Diocleziano, tra il 293 e 303, la fortificò per cercare di difenderla dalle mire dei Sassanidi facendo costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica. A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano. Durante la dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza. L’imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l’importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione. Poi sotto il dominio degli arabi la città andò in rovina.

Il mausoleo islamico di Mohammad Ben Ali, discendente del cugino del Profeta Maometto sulla cima di una collinetta a circa 4 chilometri dal sito romano prima dell'esplosione

Il mausoleo islamico di Mohammad Ben Ali, discendente del cugino del Profeta Maometto sulla cima di una collinetta a circa 4 chilometri dal sito romano prima dell’esplosione

Qui sopra, il momento dell'esplosione provocato dai miliziani jihadisti dell'Isis; sotto, quel che resta del mausoleo dopo l'esplosione

Qui sopra, il momento dell’esplosione provocato dai miliziani dell’Isis; sotto, quel che resta del mausoleo

palmira2La distruzione dei Mausolei. L’Isis, attraverso il suo “braccio mediatico” Wilayat Homs, ha pubblicato due foto del mausoleo islamico di Mohammad Ben Ali, discendente del cugino del Profeta Maometto – una costruzione in pietra e fango consumata dall’erosione, in fango sulla cima di una collinetta a circa 4 chilometri dal sito romano – prima e nel momento dell’esplosione, in cui si vedono le pietre proiettate in tutte le direzioni e pennacchi di polvere. Il servizio è intitolato “L’eliminazione dei simboli politeisti”. Si vedono inoltre di militanti che trasportano l’esplosivo al sito storico. L’Onlus, citata dai media, ha confermato l’avvenuta distruzione, e quella di un altro sacrario islamico antico, quello di Abu Behaeddin, una figura storica di Palmira. I jihadisti dell’Isis “considerano questi mausolei islamici contrari alla fede”, cioè una forma di idolatria, e perciò “hanno proibito qualsiasi visita ad essi”, ha detto, citato da Newsweek, Maamoun Abulkarim, direttore delle antichità del governo siriano. Finora non risultano invece essere state distrutte le rovine romane di Palmira del I e II secoli.