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La conservazione di Villa dei Quintili protagonista con il parco archeologico dell’Appia Antica al Salone internazionale del Restauro di Ferrara. In presenza e on line

Dal 14 al 16 maggio 2025, il parco archeologico dell’Appia Antica è presente al Salone internazionale del Restauro di Ferrara, il grande evento internazionale dedicato all’eccellenza italiana nel restauro artistico e architettonico che celebra l’importante traguardo della 30a edizione. Per tre giorni, Ferrara Expo si trasformerà in una piattaforma dinamica di confronto tra memoria e innovazione, ospitando oltre 100 espositori e altrettanti appuntamenti, tra workshop, convegni e attività formative dedicate ai professionisti del settore. Diagnostica, digitalizzazione, restauro specialistico, impiantistica, sostenibilità: l’area espositiva offrirà una panoramica completa sulle tecnologie e le soluzioni più avanzate per il restauro architettonico, artistico e urbano. Nel ricco programma di incontri, a cui parteciperanno anche tecnici, ricercatori, direttori di Istituti e di Musei, ci saranno seminari, incontri, talk e momenti formativi di alto livello, offrendo nuove prospettive e approfondimenti sulle sfide e le opportunità del settore.

Villa dei Quinitli, una delle più belle ville edificate lungo la via Appia (foto parco appia antica)

Per il parco archeologico dell’Appia Antica il momento clou è giovedì 15 maggio 2025, quando, tra le 16 e le 17, nella Sala Mic – Padiglione 3, c’è l’incontro “Villa dei Quintili: un grande laboratorio per la conservazione e la conoscenza”, nel corso del quale saranno esposte le attività conservative e di ricerca più recenti effettuate presso la Villa dei Quintili in collaborazione con l’Istituto centrale del restauro e la Sapienza università di Roma. Diretta streaming: https://www.youtube.com/@FieraRestauro/streams. Dopo i saluti di Simone Quilici, direttore PAAA; Luigi Oliva, direttore ICR; Daniela Esposito, professoressa Sapienza università di Roma; gli interventi di Eleonora Gioventù, Edoardo Capasso, Sara Belletti, Giuliana Codato, Valentina Fantera “Ricerca, sperimentazione e restauro per la conservazione del patrimonio archeologico di Villa dei Quintili”; Marta De Pari (dottoranda SAPIENZA–UNIBA, Progetto PNRR 4.1) “Conoscere per Conservare. La Villa dei Quintili; un approccio multidisciplinare per l’impianto termale”; Roberta Boscherini, Raffaella Guarino, Sara Iovine (funzionari PAAA) “Conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico di Villa dei Quintili: gli ultimi interventi conservativi sui sectilia pavimentali”.

Torre Annunziata. Alla Villa di Poppea (villa A di Oplontis) tornano in situ statue e reperti conservate a Palazzo Criscuolo: nasce un museo diffuso per raccontare, conservare e valorizzare il patrimonio statuario di Oplontis

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Il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino della villa di Poppea (villa A) di Oplontis (foto parco archeologico pompei)

A Palazzo Criscuolo di Torre Annunziata (Na), sede del “Museo dell’Identità”, una passeggiata nel tempo alla scoperta delle bellezze e dei tesori oplontini, c’era una sala delle Sculture e degli oggetti ornamentali provenienti dalla “Villa di Poppea” e in parte provenienti dai depositi del Parco archeologico di Pompei- Ora quelle opere sono state riposizionate in alcuni ambienti della villa, regalando un imprevisto colpo d’occhio nel delicato contrasto tra il marmo delle statue, le linee eleganti dei bassorilievi e dei busti, e gli affreschi delle stanze che risaltano dei loro vivaci colori.

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Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, davanti al gruppo del Satiro con Ermafrodito proveniente dalla Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

Non si tratta solo della proposta di un nuovo percorso visita, con inediti scorci, ma di un invito al sentire, a lasciarsi sorprendere dall’impressione che la vista di tanta bellezza solleva. Emozioni che prendono corpo alla Villa di Poppea, attraverso la ricollocazione di statue e reperti originari, mai prima esposti nel sito. Un progetto di Museo diffuso permanente che consente di raccontare, conservare e valorizzare l’eccezionale patrimonio statuario di Oplontis. “Riportare questi reperti nel luogo originario di provenienza è stata un’operazione di tutela finalizzata a garantirne un’adeguata conservazione in ambienti monitorati, da un punto di vista della sicurezza e delle condizioni conservative”, dichiara Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei. “Ma anche di valorizzazione sia delle opere sia della villa in quanto l’esposizione in loco consente un racconto diretto e suggestivo del contesto reale”.

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La statua dell’Efebo inserita nel percorso di visita della Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

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Il Bambino con oca: la statua è ritornata alla Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

Quindici i reperti ricollocati, che un tempo adornavano la maestosa Villa, tra i quali un grande cratere in marmo pentelico a bassorilievi, ad aprire il percorso e grandi statue. La Nike, l’Artemide e l’Efebo, e poi il busto di Eracle, il bambino con l’oca, e ancora una testa di Afrodite e ritratti di bambini. A questi reperti già posizionati si aggiungeranno i centauri e il gruppo scultoreo del Satiro con Ermafrodito, al termine della mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” presso la palestra grande di Pompei, dove sono attualmente esposti. Progetto e realizzazione allestimento a cura di: arch. Arianna Spinosa, responsabile unico del procedimento; dott. Giuseppe Scarpati, progettista archeologo; dott.ssa Raffaella Guarino, progettista restauratore; dott.ssa Silvia Bertesago, responsabile Ufficio Mostre; dott.ssa Tiziana Rocco, supporto Ufficio Mostre; arch. Maria Pia Amore, supporto progetto allestimento; arch. Vincenzo De Luce, progetto allestimento. Operatori: Montenovi srl, Caditec srl.

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Ritratti di bambini riposizionati nella Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

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La statua della Nike della Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

L’itinerario ha inizio con il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino, oggi esposto nel grande salone di rappresentanza colonnato. Raffigurati in bassorilievo i gruppi di guerrieri di Pirro, disposti in coppia. Ognuno batte lo scudo con il braccio sinistro e tiene la spada con il destro. Un terzo uomo danza a destra. I guerrieri danzano in punta di piedi con le gambe incrociate e i corpi allungati. Non di minore impatto è la Nike, la donna alata, con il leggero piede nudo, che emerge dalla veste sollevata, teso verso il suolo nell’atto di atterrare, e collocata in uno degli ambienti che affacciano sulla piscina. E ancora l’Artemide, la dea, rappresentata in piena falcata, con il peso del corpo che poggia sulla gamba sinistra, e la destra sollevata. Particolare anche la scultura del bambino che gioca con l’oca. Gruppi di fontane con ragazzi che tengono in mano un uccello acquatico erano molto popolari nella scultura da giardino. Nella maggior parte dei casi il ragazzo era visto come Eros.

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La ricca decorazione parietale della villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico di Pompei)

La Villa di Poppea (nota anche come Villa A per distinguerla dalla villa B rinvenuta poco lontano) era una delle più importanti ville d’otium della costa del Golfo di Napoli. Per la grandiosità dell’impianto e la ricchezza degli apparati decorativi la villa A, nella quale è stata rinvenuta un’anfora in cui è menzionato il nome di Poppea, è attribuita alla seconda moglie di Nerone. Al pari delle lussuose ville di Stabia, presentava un accesso principale orientato verso la campagna retrostante, sviluppandosi poi in una ricca ed articolata distribuzione di sale di soggiorno e giardini aperti sul golfo e le sue bellezze paesaggistiche.

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La villa di Poppea by night a Oplontis (Torre Annunziata) (foto parco archeologico di Pompei)

I colonnati dell’affaccio sud, i giardini e le terrazze, visti dal mare, costituivano parte integrante del panorama con il Vesuvio, la campagna circostante, le colline boscose e ricoperte di vigneti. Attorno alla metà del I secolo d.C. il complesso si ampliò con l’aggiunta dell’enorme piscina, 61×17 metri, lungo la quale si disposero le stanze da pranzo, il soggiorno, gli alloggi per gli ospiti e dei piccoli giardini d’inverno. La villa aveva inglobato anche i resti di un più antico complesso produttivo, posti a sud del quartiere della piscina, di cui è stato possibile indagare solo l’ambiente del torchio. Attorno alla piscina, nella ricca vegetazione, era collocata parte delle sculture che decoravano il lussuoso edificio.

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La Villa di Poppea nel sito di Oplontis a Torre Annunziata con i giardini (foto parco archeologico pompei)

Tra le molte ville vesuviane questa è l’unica che offre la possibilità di ricostruire, sulla base degli scavi archeologici, la composizione dei giardini interni, luoghi di riposo e meditazione, che rivestivano una grande importanza nella vita dell’aristocrazia romana. Studi paleobotanici, inoltre, hanno consentito di ricostruire la vegetazione originaria in essi presente: siepi di bosso, oleandri, limoni, platani, olivi, cipressi, edere rampicanti e rose erano disposti a complemento della decorazione scultorea e architettonica. Al momento dell’eruzione l’edificio doveva essere in gran parte disabitato a causa di lavori incorso, forse avviati in occasione di un passaggio di proprietà, che comportarono la rimozione di molti elementi architettonici e decorativi. All’interno delle azioni di miglioramento dei livelli di accessibilità della villa di Poppea, oltre all’inserimento di un nuovo percorso in LIS, nel mese di gennaio si sono conclusi i lavori di messa in sicurezza e sistemazione della rampa di ingresso. Quest’ultimo intervento consentirà anche alle persone con disabilità di accedere alla villa dal lato piscina e riconnettersi al percorso fruito da tutti i visitatori.

Pompei. Nella Domus del Larario (Regio V) scoperti gli arredi abbandonati durante l’eruzione del Vesuvio: piatti, vasi, anfore, oggetti in vetro e terracotta lasciati in bauli e armadi, e ancora un prezioso bruciaprofumi decorato, e sette tavolette cerate. Una fotografia della Pompei del ceto medio

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La stanza arredata scoperta all’interno della Domus del Larario, nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)


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Archeologi e restauratori all’opera nella stanza arredata scoperta nella Domus del Larario della Regio V di Pompei (parco archeologico di pompei)

Piatti, vasi, anfore, oggetti in vetro e terracotta lasciati in bauli e armadi, e ancora un prezioso bruciaprofumi decorato, e il gruppo unico di sette tavolette cerate raccolte da un cordino: sono stati abbandonati frettolosamente duemila anni fa, nel 79 d.C., dagli abitanti della Casa del Larario che cercavano di mettersi in salvo da quella pioggia incandescente di cenere e lapilli che il Vesuvio stava riversando su Pompei. La vita sembra essersi fermata, come in uno scatto fotografico: e ora, poco a poco, torna a riaffiorare con gli strumenti degli archeologi moderni nello scavo stratigrafico. È l’ultima scoperta di Pompei nell’area nord nella cosiddetta Regio V, uno dei grandi quartieri della città antica, già interessata da scavi nel 2018, nell’ambito del più ampio intervento di manutenzione e messa in sicurezza dei fronti di scavo lungo il perimetro del l’area non scavata della città, previsto dal Grande Progetto Pompei.

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Un portalucerna rinvenuto nella stanza arredata scoperta all’interno della Domus del Larario, nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

“Pompei davvero non finisce di stupire”, commenta il ministro per la Cultura, Dario Franceschini, “ed è una bellissima storia di riscatto, la dimostrazione che quando in Italia si lavora in squadra, si investe sui giovani, sulla ricerca e sull’innovazione si raggiungono risultati straordinari”. “Pompei è una scoperta continua”, sottolinea Massimo Osanna, direttore generale dei Musei. “Ma soprattutto si conferma essere un inesauribile laboratorio di studio e ricerca, che consente di non mettere mai un punto finale alla ricerca, ma al contrario di aggiungere nuovi dati alla storia della città. Il Grande progetto Pompei, con il quale attraverso superiori esigenze di tutela si sono determinati altri scavi, ha consegnato al Parco archeologico un’esperienza e una metodologia che oggi viene perseguita in un regime ordinario, nell’ambito del quale continuano a emergere eccezionali risultati”.

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Serpenti agatodemoni e pavoni popolano il larario scoperto negli scavi della Regio V a Pompei (foto di Ciro Fusco)

Le ricerche nella Regio V. In quest’area, con accesso dal vicolo di Lucrezio Frontone, nel 2018 emerse un lussuoso larario riccamente decorato. Si tratta di un ambiente adibito al culto, che presentava su una parete una nicchia sacra ai “Lari”, numi tutelari della casa e al di sotto due grandi serpenti “agatodemoni” (demone buono), simbolo di prosperità e buon auspicio. E tutt’intorno pareti dipinte con paesaggi idilliaci e una lussureggiante natura con piante e uccelli e su un lato una intera parete con scene di caccia su fondo rosso (vedi Dalla Regio V di Pompei emerge un sontuoso larario popolato di serpenti agatodemoni e pavoni, con decori floreali e scene di caccia: è tra le nuove scoperte che il ministro Bonisoli potrà ammirare nella sua visita ufficiale agli scavi | archeologiavocidalpassato).

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Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, nella stanza arredata scoperta nella Domus del Larario della Regio V di Pompei (foto Cesare Abbate)

Nel 2021 un progetto di scavo e di restauro del parco archeologico di Pompei, ha previsto l’estensione dell’indagine archeologica degli ambienti superiori al primo livello e quelli del piano terra, posti di fronte al larario, addivenendo alla scoperta di stanze (due sopra e due sotto) che celavano ancora diversi arredi, di cui è stato possibile realizzare i calchi, e di oggetti di uso quotidiano. Gruppo di lavoro è composto da Maria Rispoli, archeologo (rup); Raffaele Martinelli, architetto (direttore dei lavori); Antonino Russo, archeologo (direttore operativo); Vincenzo Calvanese, ingegnere (direttore operativo); Raffaella Guarino (direttore operativo restauri), Paola Sabatucci, restauratrice; Angelo Capasso, geometra; impresa Ingg. Mario e Paolo Cosenza srl; Bruno Baglivo e Francesca Longobardo, collaboratori archeologi; e Roberta Prisco, restauratrice.

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Il calco del baule rinvenuto nella stanza arredata della Domus del Larario nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

“Nell’impero romano c’era un’ampia fetta della popolazione che lottava per il proprio status sociale e per cui il ‘pane quotidiano’ era tutt’altro che scontato”, spiega il direttore del parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel. “Un ceto vulnerabile durante crisi politiche e carestie, ma anche ambizioso di salire sulla scala sociale. Nella Casa del Larario a Pompei, si riuscì a far adornare il cortile con il larario e con la vasca per la cisterna con pitture eccezionali, ma evidentemente i mezzi non bastavano per decorare le cinque stanze della casa, una delle quali fungeva da deposito. Nelle altre stanze, due al piano superiore e raggiungibili tramite un soppalco, abbiamo trovato un misto di oggetti, alcuni di materiali preziosi come il bronzo e il vetro, altri di uso quotidiano. I mobili di legno di cui è stato possibile eseguire dei calchi sono di estrema semplicità. Non conosciamo gli abitanti della casa ma sicuramente la cultura dell’ozio a cui si ispira la meravigliosa decorazione del cortile per loro era più un futuro che sognavano che una realtà vissuta”.

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Piattini e ampolline rinvenuti nella stanza arredata della Domus del Larario nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Gli ambienti del piano inferiore, interamente arredati. Gli archeologi hanno recuperato l’intero arredo della stanza, in quanto i vuoti creatisi in fase di scavo nella cinerite, hanno consentito l’esecuzione dei calchi del mobilio (la tecnica prevede che il gesso liquido venga versato nei vuoti restituendo le forme degli oggetti o dei corpi, una volta consolidatosi).

La stanza da letto. Una delle stanze presenta un letto, di cui si conservano parti del telaio, nonché il volume del cuscino, di cui è ancora visibile la trama del tessuto. La tipologia del letto è identica a quella dei tre letti scoperti l’anno scorso nella villa di Civita Giuliana nella “Stanza degli schiavi”: si tratta di una brandina estremamente semplice, priva di elementi di decorazione, smontabile e senza materasso; ci si stendeva su una rete di corde, delle quali si conservano tracce nel calco realizzato, e su un tessuto poggiato al di sopra di essa. Accanto ad esso un baule ligneo bipartito, lasciato aperto nel momento della fuga e su cui sono crollati travi e tavole del solaio soprastante. Il baule conservava un piattino in sigillata ed una lucerna a doppio beccuccio con bassorilievo raffigurante la trasformazione di Zeus in aquila. Accanto ad esso, un tavolino circolare a tre piedi con sopra ancora una coppa in ceramica contenente due ampolline in vetro, un piattino in sigillata e un altro piattino in vetro. Ai piedi del tavolino, un’ampolla in vetro e brocchette ed anforette che testimoniano un uso quotidiano della stanza. Il mobilio e le forme ceramiche sono stati trovati nella posizione in cui dovevano essere nel momento della fuga, restituendoci una fotografia di quell’istante.

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L’armadio (visto dall’alto) rinvenuto nella stanza-deposito della Domus del Larario nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Il deposito con l’armadio ligneo. L’altro ambiente scavo sembra essere un locale deposito o magazzino. È l’unico degli ambienti a non avere le pareti intonacate ed anche il piano pavimentale è semplice terreno battuto. È stato possibile realizzare due calchi, di cui uno ha restituito la forma appena percepibile di uno scaffale in cui l’anforame era stipato, mentre il secondo ha restituito un accumulo di fasciame ligneo legati da corde. Assi di legno di essenze diverse, con diverso taglio e rifiniture, probabilmente per usi disparati, dal mobilio a lavori di riparazione su edifici domestici e di servizio.

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Brocchette, anforette e piatti in vetro affiorano sulla mensola superiore dell’armadio ligneo della stanza-deposito della Domus del Larario nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

L’armadio ligneo. Del tutto sorprendente è invece ciò che è stato possibile recuperare all’esterno dell’ambiente, nell’angolo sud del breve disimpegno, di fronte alla cucina. Conservatosi all’interno della cinerite, si è messo in luce un armadio ligneo con almeno quattro ante. La parte superiore del mobile e gli sportelli anteriori sono risultati compromessi dal crollo del solaio soprastante, con tegole, pavimenti ed intonaci che ne hanno sventrato i livelli superiori di cui però sono comunque percepibili le forme sul muro retrostante. Si tratta di un mobile di circa 2 m di altezza, con almeno cinque ripiani. Su quello più in alto sono stati rinvenuti brocchette, anforette e piatti in vetro, mentre è tuttora in corso lo scavo dei livelli inferiori.

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Il bruciaprofumi in forma di culla rinvenuto nelle stanze al piano superiore della Domus del Larario nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)


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Calco delle tavolette cerate: gruppo di sette trittici, legati tra essi da un cordino sia in senso orizzontale che verticale (foto parco archeologico di pompei)

Gli ambienti del piano superiore: le tavolette cerate, il bruciaprofumi. Gli ambienti superiori sono stati scavati per prima, tuttavia i materiali rinvenuti sono stati prevalentemente ritrovati in fase di caduta nella volumetria degli ambienti sottostanti. Tra questi di gran valore documentario è il piccolo calco delle tavolette cerate. Un unicum per la tipologia di ritrovamento, che ne ha permesso di realizzare il primo esemplare di calco, che ne consente la perfetta restituzione della volumetria e dei dettagli. Si tratta di un gruppo di sette trittici, legati tra essi da un cordino sia in senso orizzontale che verticale. Il polittico doveva probabilmente essere conservato su qualche scaffale, unitamente ad altri oggetti in ceramica e in bronzo. Contenute all’interno di un grosso armadio, crollato durante l’eruzione, sono inoltre state recuperate diverse forme ceramiche d’uso comune, da cucina e da mensa, ma anche forme in sigillata (tipo di ceramica romana fine da mensa) ed in vetro, molto ben conservate. A queste si affianca un piccolo set di forme in bronzo, tra cui spicca una ben conservata pelvis (bacile) con fondo perlinato ed anse con attacchi a palmette. Con essa anche due brocche bronzee, una delle quali con ansa con applique sormontante a forma di sfinge ed attacco inferiore a testa leonina. Oltre alle forme metalliche, anche il ritrovamento di un bruciaprofumi in forma di culla, in ottimo stato conservativo, con la decorazione pittorica policroma perfettamente conservata che ancora mostra i dettagli di labbra, barba e capigliatura del soggetto maschile e decorazione geometrica sull’esterno.

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L’incannucciata contenuta nel cuore della malta del controsoffitto della stanza alle spalle della Domus del Larario nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

L’ambiente alle spalle della Domus del Larario. Alle spalle della Domus del Larario, infine, è stato indagato un ambiente pertinente ad un’altra unità abitativa., che ha restituito il parziale crollo del controsoffitto in cui, attraverso la tecnica dei calchi in gesso, è stato possibile recuperare il volume dettagliato dell’incannucciata contenuta nel cuore della malta del controsoffitto. Sono visibili i diversi fasci di sottili cannucce, legate tra loro da un sottile cordino e rivestite da una garza che le isolava dalla malta umida. Con la medesima tecnica, è stato successivamente possibile ottenere i calchi di ciò che al momento sembra una boiserie lungo le pareti nord, est e sud della stanza. Alcuni pannelli presentano una decorazione incisa a cassettoni mentre altri restituiscono una decorazione ad intarsio con l’inserimento di piccoli e sottili elementi in osso, alcuni dei quali fortunatamente ancora nella loro collocazione originaria.

Pompei. Restaurato il grande affresco del giardino della Casa dei Ceii: tornano al loro splendore le scene di caccia, i paesaggi egittizzanti con i Pigmei e la fauna del Delta

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Affresco del giardino della Casa dei Ceii a Pompei: dettaglio dei Pigmei (foto parco archeologico di Pompei)

Torna a splendere nei suoi intensi colori, il grande affresco del giardino della Casa dei Ceii a Pompei al termine di un importante restauro sugli apparati decorativi, diretto da Stefania Giudice, con Luana Toniolo direttore operativo archeologo, e Raffaella Guarino direttore operativo restauratore, e curato dalla RWS di Padova. Come una pellicola sbiadita dal tempo e restaurata, così riprende vita, in tutto il suo fulgore e  vividezza, la grande pittura  che orna la parete di fondo del giardino di questa casa, con la scena di caccia con animali selvatici, assieme alle scene di paesaggi egittizzanti popolati di Pigmei e animali del Delta del Nilo raffigurati sulle pareti laterali. L’intervento è stato realizzato con fondi ordinari del parco archeologico di Pompei.

Interno della Casa dei Ceii a Pompei (foto parco archeologico di Pompei)

La Casa dei Ceii, scavata tra il 1913 e il 1914, rappresenta uno dei rari esempi di dimora antica di età tardo-sannitica (II sec. a.C.). La proprietà della domus è stata attribuita al magistrato Lucius Ceius Secundus, sulla base di un’iscrizione elettorale dipinta sul prospetto esterno della casa. La facciata della domus, con il suo rivestimento a riquadri in stucco bianco e l’alto portale coronato da capitelli cubici, è esemplificativa dell’aspetto severo che doveva avere una casa di livello medio d’età tardo sannitica (II sec. a.C.). Al centro dell’atrio tetrastilo peculiare è la vasca dell’impluvio, realizzata con frammenti di anfore posti di taglio, secondo una tecnica diffusa in Grecia ma che Pompei trova solo un altro confronto nella Casa della Caccia Antica (vedi Pompei. Dal 1° novembre aprono al pubblico la Casa dei Ceii e i Praedia di Giulia Felice, che si aggiungono alle altre importanti dimore che si possono visitare tutti i giorni | archeologiavocidalpassato).

Affresco del giardino della Casa dei Ceii di Pompei prima del restauro (foto parco archeologico di Pompei)
Affresco del giardino della Casa dei Ceii di Pompei dopo il restauro (foto parco archeologico di Pompei)
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Nel nuovo allestimento della Casa dei Ceii anche il calco del mobilio (foto parco archeologico di Pompei)

La domus era stata oggetto negli anni passati, nell’ambito del Grande progetto Pompei, di interventi di  riqualificazione, regimentazione delle acque meteoriche e manutenzione delle coperture, resisi necessari a causa di una progressiva perdita di funzionalità delle stesse, che negli anni stava esponendo ad un serio rischio degrado gli ambienti sottostanti, caratterizzati da intonaci decorati e pavimenti di grande pregio. Nella casa era stato riproposto parte dell’allestimento originario della dimora, con la ricollocazione del tavolo in marmo e della vera di pozzo nell’atrio, dove è anche visibile il calco di un armadio e il calco della porta di accesso della casa. Mentre nella cucina è visibile una piccola macina domestica.

Affresco del giardino della Casa dei Ceii di Pompei: dettaglio della caccia (foto Luigi Spina)

Apparati decorativi. Si trattava di soggetti spesso ricorrenti  nella decorazione dei muri perimetrali dei giardini pompeiani, al fine di ampliare illusionisticamente le dimensioni di tali spazi ed evocare all’interno degli stessi un’atmosfera idilliaca e suggestiva. In questo caso, con ogni probabilità, il tema delle pitture testimoniava anche un legame e un interesse specifico che il proprietario della domus aveva per il mondo egizio e per il culto di Iside, particolarmente diffuso a Pompei negli ultimi anni di vita della città.

“Negli anni a causa della mancanza di una adeguata manutenzione e all’utilizzo di pratiche di restauro non idonee”, spiega Stefania Giudice, “si è assistito a un progressivo degrado dei dipinti e al danneggiamento degli affreschi, soprattutto nelle parti basse dove maggiormente influisce l’umidità. Grazie ad un intervento, molto complesso, si è potuti addivenire ad una pulitura della pellicola pittorica anche mediante l’utilizzo del laser, che ha permesso di ripulire porzioni importanti del dipinto, soprattutto nella parte relativa alla decorazione botanica dell’affresco. Le parti abrase del dipinto sono state recuperate attraverso un ritocco pittorico puntuale. Tutto l’ambiente è stato chiuso per evitare, per il futuro, infiltrazioni di acqua piovana e preservarne adeguatamente l’area”.

“In questo momento sto effettuando il ritocco pittorico sulle parti abrase dell’affresco”, spiega Paola Zoroaster, restauratrice RW, “e lo sto facendo in modo puntuale; dove invece abbiamo fatto una stuccatura di dimensioni maggiori rispetto alle abrasioni, realizzata con una malta naturale composta da calce e parti di pietra, andiamo a fare una ricostruzione cromatica sempre puntinata in modo che la superficie stuccata sia comunque uniforme al resto dell’affresco che, essendo stato precedentemente oggetto di vari interventi e avendo una certa età, è già molto mosso e abraso”.