Torino. Al museo Egizio l’egittologo Renaud Pietri (università di Liegi) su “Sic parvis magna: Reconstructing papyri from Deir el-Medina kept in the Museo Egizio”. Conferenza in presenza e on line in collaborazione con Acme
Nel museo Egizio di Torino sono conservati circa 12.000 frammenti di papiri, probabilmente scoperti nel villaggio di Deir el-Medina, vicino all’antica città di Tebe, e risalenti all’epoca Ramesside (ca. 1295-1069 a.C.). Giovedì 10 novembre 2022, alle 18, nella conferenza “Sic parvis magna: Reconstructing papyri from Deir el-Medina kept in the Museo Egizio”, primo appuntamento con le conferenze organizzate con l’associazione ACME, Amici e Collaboratori del museo Egizio, Renaud Pietri (università di Liegi) parlerà del lavoro di ricostruzione dei papiri di Deir el-Medina conservati al museo Egizio. Introduce: Christian Greco, direttore del museo Egizio. L’evento di terrà nella sala Conferenze del Museo e l’ingresso è libero fino a esaurimento posti. Conferenza in lingua inglese con traduzione simultanea in italiano per il solo pubblico in sala. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo: https://www.youtube.com/watch?v=WsnHEiBArC4. Il programma di incontri è realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino. “Questi frammenti di papiro”, spiegano al museo Egizio, “appartengono a documenti più ampi, spesso parzialmente perduti e quindi definibili come puzzle frammentari, per i quali è necessario un lungo e paziente lavoro di ricostruzione. Nell’ambito del progetto internazionale “Crossing Boundaries: Understanding Complex Scribal Practices in Ancient Egypt”, è stato possibile trovare nuove connessioni tra questi frammenti, e quindi migliorare la ricostruzione di diversi documenti già noti, o identificarne di nuovi”. La conferenza presenta alcuni risultati di questo lavoro di ricostruzione attraverso diversi casi studio.

Renaud Pietri (università di Liegi)
Renaud Pietri si è prima formato in Storia dell’Arte e Filologia all’ Ecole du Louvre (Parigi), e dopo ha conseguito il suo dottorato “Chariot in Egyptian mind” all’università Paul Valéry Montpellier 3 nel 2017. Nel 2019, ha preso parte al progetto ‘Transforming the Egyptian Museum in Cairo’ come “project curator” e “Coordinator” per il Musée du Louvre, prima di unirsi al team di “Crossing Boundaries” nel gennaio 2020 come ricercatore post-doc all’università di Liegi. Vanta anche diverse esperienze sul campo in Egitto come apprendista nel Centro franco-egiziano per lo Studio dei Templi di Karnak, e come membro del team “Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project” e, più recentemente, a Deir el-Medina. Nell’ambito del progetto “Crossing Boundaries”, lavora sulla descrizione e sull’identificazione del contenuto dei diversi e frammentari papiri della collezione torinese focalizzandosi sui testi letterari, magici e religiosi. Nello specifico, mira a trovare, ricostruire e infine pubblicare le diverse versioni del famoso testo letterario Ramesside conosciuto come “Lettera Satirica di Hori”.
Al museo Egizio la cerimonia (in streaming) della consegna del Premio del Patrimonio / Premi Europa Nostra 2020 nella categoria ricerca al progetto Turin Papyrus Online Platform (TPOP) realizzato dal museo Egizio di Torino
Alla Turin Papyrus Online Platform (TPOP), progetto realizzato dal museo Egizio di Torino per la digitalizzazione e messa a disposizione della propria collezione papirologica, è stato riconosciuto il prestigioso Premio del Patrimonio/Premio Europa Nostra 2020 nella categoria ricerca. Lunedì 12 ottobre 2020 alle 18 al museo Egizio la cerimonia di presentazione del progetto e consegna del premio: l’evento verrà trasmesso in dirette streaming sul canale Facebook del museo Egizio. Con il progetto è stata digitalizzata e messa a disposizione la collezione dei papiri ieratici del villaggio di Deir-el-Medina. La collezione papirologica torinese è tra le più significative a livello mondiale, con quasi 700 manoscritti interi o ricomposti e oltre 17mila frammenti di papiro. TPOP, avviata nel 2017 e resa disponibile al pubblico a settembre 2019, è una piattaforma per la condivisione della collezione papirologica torinese, realizzata con l’obiettivo di renderla ampiamente accessibile e, in particolare, di consentirne liberamente lo studio alla comunità scientifica, oltre a garantirne una migliore conservazione e valorizzazione (Visita la Collezione Papiri Museo Egizio).

Alla cerimonia di presentazione del progetto, lunedì 12 ottobre 2020, interverranno Evelina Christillin, presidente del museo Egizio; Christian Greco, direttore del museo Egizio; Susanne Töpfer, curatrice Papiri museo Egizio; Hermann Parzinger, presidente esecutivo di Europa Nostra (con un video messaggio); Maria Cristina Vannini, membro della giuria dell’European Heritage Awards / Europa Nostra Awards; Massimo Gaudina, capo della rappresentanza a Milano della Commissione Europea; Luca Jahier, presidente del comitato economico e sociale europeo. Chiude la consegna del premio, con questa motivazione: “L’Europa ha numerose collezioni papirologiche e raccolte di papiri, una ricchezza documentaria che testimonia l’interesse europeo per l’Orientalismo, emerso nel XVIII secolo e presente fino al XIX secolo, che ha permeato la sua cultura materiale. Lo sviluppo di una tale piattaforma online, di libero accesso e ad alta risoluzione, è di grande valore per i musei, soprattutto in considerazione del suo potenziale di essere utilizzato per la creazione di un museo digitale europeo che riunirebbe un patrimonio disperso, una raccolta virtuale omogenea che sarebbe impossibile realizzare a livello materiale. L’applicazione di strumenti dell’era digitale contribuisce allo sviluppo della conoscenza, alla conservazione della cultura materiale e alla sua accessibilità, sia per gli studiosi che per il pubblico generale, promuovendone la diffusione”.
#iorestoacasa. “Le Passeggiate del Direttore”: col tredicesimo appuntamento il direttore del museo Egizio, Christian Greco, ci fa conoscere i papiri scoperti a Deir el Medina, da quello famosissimo dello sciopero ai frammenti del giornale della necropoli
Le “Passeggiate del Direttore”, giunte al tredicesimo appuntamento, ci fanno scoprire quello che probabilmente è stato il più antico sciopero della storia. Ce lo racconta il direttore Christian Greco nel presentarci non solo il famosissimo “papiro dello sciopero” ma anche i frammenti del cosiddetto “giornale della necropoli”, che fanno parte della ricca collezione di papiri provenienti da Deir el Medina, il villaggio degli operai del faraone, e conservati al museo Egizio di Torino.

Il famosissimo papiro dello sciopero proveniente da Deir el Medina e conservato al museo Egizio di Torino (foto museo Egizio)
Il “papiro dello sciopero”. Siamo nell’anno 29 del regno di Ramses III e i lavoratori si rifiutano di continuare le loro operazioni. Dicono di smettere di lavorare e di andarsi a sedere fuori dal “tempio di milioni di anni” di Tutmosi III. Cos’è il “tempio di milioni di anni”? “Nel Nuovo Regno – spiega Greco – le sepolture regali vengono a trasformarsi: i sovrani non sono più sepolti nelle piramidi, che non erano solo la sepoltura del sovrano ma un insieme di luoghi che permettevano il proseguimento del culto: dal tempio della valle alla via processionale al tempio mortuario. Quindi la piramide non conservava solo il corpo del defunto ma permetteva che il suo culto potesse proseguire. Col Nuovo Regno le tombe vengono costruite nella Valle dei Re: luoghi sotterranei che vengono raggiunti attraverso un dromos. Ci si incunea nella cavità della terra per raggiungere, attraverso corridoi decorati con testi importanti, la camera sepolcrale. Ma quello è il luogo della trasfigurazione del corpo del sovrano, che può raggiungere le divinità e continuare a compiere un periplo attorno alla Terra assieme al dio Sole. Nel Nuovo Regno il culto funerario quindi subisce delle modificazioni: le tombe sono ipogei con corridoi decorati con testi che servono alla preservazione, alla trasfigurazione del corpo del sovrano, così il culto deve essere portato avanti in un altro luogo. Ecco quindi che sorgono i cosiddetti templi funerari o templi di milioni di anni. Di “milioni di anni” perché devono garantire per l’eternità che il culto del sovrano possa andare avanti. E questi templi sono situati sempre a Tebe Ovest, però distanti rispetto alla Valle dei Re”. Torniamo al papiro dello sciopero: gli operai decidono nel 29mo anno di Ramses III di smettere di lavorare. Se ne vanno dalla Valle dei Re e, dice il testo, vanno a sedersi fuori del tempio funerario di Tutmosi III. Dicono che non torneranno al lavoro, dicono di mettersi in contatto con il loro signore perfetto, con il faraone, perché da due mesi non ricevono unguenti, non ricevono panni, non ricevono cibo e finché non verranno pagati non proseguiranno con le loro attività. “Sappiamo”, ci fa sapere Greco, “anche se il testo questo non ce lo dice, che torneranno poi a lavorare, che la situazione si risolverà, ma capiamo anche in quale crisi economica profonda l’Egitto stia entrando. Di lì a poco, nell’età di Ramses XI, sarebbe finito il Nuovo Regno, e il Paese sarebbe entrato nel Terzo Periodo Intermedio. Un momento in cui il centro di potere non sarà più unico: il potere politico sarà diviso all’interno dell’Egitto, e il Paese conoscerà anche un momento di compressione economica. Non saranno più in grado – ad esempio – di andare in Libano per reperire il legno di cui avevano bisogno per costruire sarcofagi. Ecco quindi che questo è un documento storico importantissimo perché ci fa capire anche le trasformazioni che l’Egitto sta subendo”.

L’importante papiro da Deir el Medina con il disegno architettonico della tomba di Ramses IV conservato al museo Egizio di Torino (foto museo Egizio)
Il Giornale della necropoli. Di grandissima importanza sono anche i frammenti del cosiddetto “giornale della necropoli”, giornale che ci racconta quello che avveniva, chi andava al lavoro, chi non andava al lavoro, le motivazioni per cui non andava, e avvenimenti storici. “Un papiro – racconta il direttore – annuncia la morte di Ramses III e la salita al trono di Ramses IV. È bellissimo vedere in che modo questo viene detto: “il falco è volato in cielo”, e il nuovo sovrano adesso “è seduto sul trono di Horus”. Non si dice “il sovrano è morto” ma “il falco è volato in cielo” dove il falco rappresenta Horus, che è il figlio di Osiride, il vendicatore del padre, e che è il dio della regalità, che si incarna di sovrano in sovrano, vola in cielo per poi incarnarsi di nuovo nel sovrano successivo il giorno dopo. La linea dinastica è garantita. La continuità di Maat in Egitto è garantita. E questo è simbolo di stabilità e di continuità all’interno dell’Egitto”. In un altro frammento molto importante che risale all’epoca di Ramses IV, il sovrano dice di aumentare a 120 il numero degli operai che devono lavorare alla sua tomba. “Tra i compiti che il nuovo sovrano aveva era quello di garantire che la costruzione della propria tomba potesse andare avanti. Questo non ci deve stupire. Quando si arrivava all’apice del cursus honorum era ovviamente importante dare un’accelerazione alla costruzione della propria tomba che era la casa per l’eternità, il luogo in cui il sovrano sarebbe vissuto per sempre”. E proprio dello stesso sovrano Ramses IV il museo Egizio conserva uno dei documenti più importanti che ci siano pervenuti dall’antico Egitto che è la pianta della tomba stessa di Ramses IV: vi è il corridoio, una porta, un secondo corridoio, un’altra porta, una stanza, e un’altra porta che dà accesso alla camera sepolcrale dove al centro si trova il sarcofago di Ramses IV, di cui si vede il coperchio. “È un documento importantissimo perché presenta un progetto architettonico in cui non solo c’è la pianta, ma in ieratico, la scrittura corsiva, vengono anche indicati che tipo di ambienti sono e le loro dimensioni. Questo ci attesta in che modo si potesse costruire. Il fatto di avere un disegno architettonico ci fa capire anche quale fosse la capacità di pensare in astratto e di progettare in astratto di modo che poi gli operai potessero lavorare all’interno della Valle dei Re”.
#iorestoacasa: il museo Egizio di Torino ufficializza le “Passeggiate” con il direttore Christian Greco: ogni giovedì e sabato su Yuotube. Si inizia con “L’Egitto e i Savoia”: ecco perché Torino è legata indissolubilmente alla civiltà dei faraoni
Le “Passeggiate” col direttore del museo Egizio di Torino, Christian Greco, già le conosciamo. Nelle ultime settimane, tra la prima chiusura provvisoria del museo e la chiusura per decreto nell’emergenza coronavirus, il direttore era già arrivato nelle case di tutti gli appassionati facendo conoscere alcuni reperti della ricca collezione di Torino (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/03/17/iorestoacasa-il-museo-egizio-di-torino-e-chiuso-cosi-il-direttore-christian-greco-porta-il-museo-nelle-case-degli-appassionati-con-passeggiate-che-focalizzano-su-reperti-esposti-n/). Ma ora sono ufficiali. Da oggi, giovedì 19 marzo 2020, sono su Youtube le “passeggiate del Direttore”. La prima puntata di una nuova produzione video del Museo Egizio in cui Christian Greco porta su Youtube il format delle sue visite guidate alla collezione. Una delle visite speciali più apprezzate del museo Egizio e rappresentato dalle “passeggiate del Direttore”, un appuntamento mensile per un gruppo di 30 persone che, su prenotazione, possono visitare la collezione guidati dal direttore Christian Greco che, ogni volta, sceglie a sorpresa un differente approfondimento tematico. Dinanzi alla momentanea e forzata chiusura delle sue sale, il museo Egizio apre a tutti questa ambita opportunità riproponendo la formula in versione digitale: da oggi sarà sufficiente collegarsi online per scoprire i reperti dell’antico Egitto in compagnia del Direttore attraverso una serie di video fruibili dal proprio device. Prima di questa “ufficializzazione”, lo scorso week end sono uscite due brevi “Passeggiate”. Vediamole.
In questa “Passeggiata” il direttore Greco ci porta a conoscere i papiri di Deir el Medina con alcuni testi documentali molto importanti per il museo Egizio. Tra questi, uno dei più famosi è il cosiddetto “papiro dello sciopero”: siamo nell’anno 29 del regno di Ramses III e i lavoratori il giorno 10 della stagione dell’inondazione si rifiutano di lavorare perché sono già passati 18 giorni senza aver ricevuto né pani, né vettovaglie, né unguenti (la paga era in natura). Così lasciano la valle dei Re, dove stavano lavorando, e si rifugiano al tempio funerario di Thutmosi III perché lo si faccia sapere al faraone. Proprio da questi papiri vien fuori la vita e l’organizzazione del villaggio di Deir el Medina in tutti i suoi aspetti.
La “Passeggiata” di questa sera il direttore Greco descrive il sarcofago di Hor, che si trova alla fine della Galleria dei Sarcofagi. È il cosiddetto sarcofago “a pilastrini”, una tipologia che si diffonde a partire dall’VIII sec. a.C., riprendendo una tipologia conosciuta già dagli albori della storia egizia. Questo sarcofago presenta un “cosmogramma” con tutte quelle azioni che devono essere intraprese per garantire la sopravvivenza del defunto nell’Aldilà.
Ad annunciare la nuova iniziativa, è stato lo stesso direttore Christian Greco con un trailer. “Da sempre ritengo che il museo Egizio debba essere un patrimonio condiviso e appartenente a tutti”, spiega, “e in questo momento, in cui siamo chiusi al pubblico e costretti a rimanere nelle nostre case, è per noi doveroso renderci comunque accessibili e metterci a disposizione della comunità. Questo è lo spirito e l’obiettivo di questa operazione: un regalo, a chiunque ne abbia voglia, per conoscere insieme a me la nostra collezione, capire la storia dei reperti che qui sono arrivati e che da quasi 200 anni il museo conserva”. Con due puntate settimanali di circa 8 minùti, messe a disposizione sul canale YouTube del museo ogni giovedì e sabato, nel corso dei prossimi mesi di marzo e aprile si andrà così a comporre una narrazione completa delle sale condotta da Christian Greco. Oltre alla nuova iniziativa, sono già numerosi i contenuti fruibili dagli utenti del web per visitare la collezione del museo Egizio da remoto: tra questi, brevi video auto-prodotti da curatori ed egittologi, disponibili su Instagram nella collezione #iorestoacasa, che comprendono piccoli tutorial, lezioni e consigli di lettura; la serie di video “Istantanee dalla collezione”; video dedicati alle analisi scientifiche della mostra “Archeologia Invisibile”, di cui è inoltre disponibile un tour virtuale a cui si può accedere dal sito del Museo. Modalità diverse e concrete con cui il museo apre le porte a tutti – virtualmente – con contenuti divulgativi e accessibili. Tutti i materiali sono disponibili sul canale Youtube del Museo e sui social.
La prima “Passeggiata” ufficiale con il direttore Christian Greco ci porta agli esordi della collezione egizia di Torino spiegando il rapporto dell’Egitto con i Savoia. Il benvenuto lo dà la statua in granito rosa di Ramses II, tra le prime opere giunte al museo, portata nel 1759 insieme ad altre 600 antichità da Vitaliano Donati, inviato dai Savoia in Egitto. Ma l’oggetto che in qualche modo aprì la tradizione egizia a Torino fu la Mensa Isiaca, arrivata nel 1626. La Mensa Isiaca è un pezzo eccezionale, egittizzante, una mensa d’altare del tempio della dea Iside in Campo Marzio a Roma, realizzata in Campania o a Roma nel I sec. d.C., e che testimonia il diffondersi nell’impero di questo culto orientale della dea Iside che garantiva ai suoi seguaci una vita nell’Aldilà. Greco ripercorre le vicende rocambolesche che hanno interessato la Mensa Isiaca, una tavola in bronzo, un materiale prezioso, che è riuscita ad arrivare fino al Rinascimento senza essere fusa, superando anche il sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi nel 1527, finendo in casa del cardinal Bembo che l’acquistò da un rigattiere. La Mensa Isiaca passò nelle collezioni Gonzaga, acquistata dal duca Vincenzo I, e intorno al 1626 arrivò a Torino. “La Mensa Isiaca permise ai Savoia di dare un mito alla città di Torino, da pochi decenni divenuta capitale del regno sabaudo, che ne legittimasse il suo ruolo: quale mito migliore di dire che Torino era stata fondata dagli Egizi! C’era il toro Api insito nel nome stesso di Torino, l’arrivo della stessa Mensa Isiaca, il ritrovamento del tempio di Iside nel sito di Industria, antica colonia romana, oggi nel territorio della città metropolitana di Torino, favoriscono questo mito. È da questo momento che la Casa dei Savoia si lega imprescindibilmente all’Egitto e pensare che Torino diventi per sempre la capitale dell’Egittologia internazionale”.
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