Avio, “La preistoria e la montagna”. La soprintendenza presenta all’auditorium la spada dell’età del Bronzo rinvenuta casualmente nel 2021 sul monte Baldo a circa 1360 metri di altitudine da un escursionista veronese. Il prezioso e raro reperto andrà ad arricchire la collezione permanente dell’Antiquarium al Palazzo del Vicariato
Proviene dal monte Baldo e risale a oltre 3300 anni fa: si tratta di una spada dell’età del Bronzo, rinvenuta casualmente nel 2021 in prossimità del crinale del monte Baldo a circa 1360 metri di altitudine da un escursionista veronese. Per questo, la spada era stata consegnato alla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona ma poi, grazie alla collaborazione degli archeologi veronesi, una volta appurato che proveniva dal Trentino, in particolare dal territorio del Comune di Avio, è stata recapitata all’Ufficio beni archeologici provinciale. Nel caso di fortuiti ritrovamenti, come accaduto sul Monte Baldo, gli oggetti vanno consegnati alla Provincia, a tutti gli effetti proprietaria del materiale rinvenuto, come previsto dalla legge in materia. “Dei rinvenimenti di spade in Trentino”, spiegano all’Ufficio Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, “non si conoscono quasi mai le esatte condizioni del deposito originario, trattandosi di scoperte casuali. Tuttavia, sembra sempre trattarsi di luoghi di culto legati all’acqua e/o connessi alla frequentazione non occasionale di zone montane come le spade dal fiume Leno, presso Rovereto, dal letto del Sarca, presso Arco, o quella dalla torbiera dell’antico lago Pudro, presso Pergine Valsugana. Un esempio più simile a quello di Avio è quello delle due spade rinvenute presso il passo Vezzena, sugli altipiani di Lavarone e Luserna”. Venerdì 6 maggio 2022, alle 17, all’Auditorium di Palazzo Brasavola di Avio, la soprintendenza per i Beni culturali di Trento ha organizzato l’incontro “La montagna e la preistoria. La spada della tarda età del Bronzo da Avio – Monte Baldo” per presentare l’eccezionale reperto al pubblico. Con un obiettivo: sensibilizzare la popolazione alla valorizzazione del patrimonio culturale e restituire alla cittadinanza un bene archeologico che contribuisce a gettare nuova luce sulla storia antica del territorio. La spada andrà infatti ad arricchire la collezione permanente dell’Antiquarium di Avio, allestito a Palazzo del Vicariato. Dopo i saluti di Ivano Fracchetti sindaco di Avio, Mirko Bisesti assessore all’Istruzione Università e Cultura della Provincia autonoma di Trento, di Paola Salzani per la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, e di Franco Marzatico soprintendente per i Beni culturali della Provincia autonoma di Trento, la presentazione prevede brevi interventi sull’archeologia locale introdotti e moderati da Paolo Bellintani archeologo della soprintendenza: Franco Nicolis, direttore dell’Ufficio beni archeologici, su “La cazzuola tra le nuvole. Tutela archeologica alle alte quote”; Marco Avanzini, del Muse, su “Il Monte Baldo trentino: le prime tracce dell’uomo”; Mara Migliavacca, dell’università di Verona, su “Armi e pastori: la frequentazione protostorica degli Alti Lessini”; Maurizio Battisti, della Fondazione Museo Civico Rovereto, su “La protostoria del territorio di Ala-Avio e della Vallagarina”; Franco Marzatico su “Nel segno della spada: guerrieri, capi, eroi dell’età del Bronzo”.

La spada dell’età del Bronzo (3300 anni fa) scoperta sul monte Baldo, in quota (foto archivio ufficio beni archeologici provincia autonoma trento)
Datato alla tarda età del Bronzo (1350 – 1000 a.C. ca) e realizzato in lega di rame e stagno, il reperto è sostanzialmente integro, salvo la perdita degli elementi mobili dell’immanicatura (forse in materiale deperibile), di cui però rimangono i ribattini per il fissaggio. La spada risulta piegata giusto all’altezza dell’attacco dell’immanicatura. “Le caratteristiche della spada di Avio”, spiegano all’Ufficio Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, “rimandano alle cosiddette spade a lingua da presa (forma “Naue II”) peculiari dell’Italia del Nord e dell’Europa centro-orientale. La lingua da presa, ossia la parte del manico fusa assieme alla lama, è un’innovazione tecnologica che consente una presa di precisione e un miglior controllo dello strumento sia come arma da punta che da fendente. Rinvenimenti di questo tipo, ossia provenienti da luoghi isolati in prossimità di percorsi, valichi o picchi montani, vengono in genere interpretati come testimonianza non solo della frequentazione delle alte quote (per il pascolo estivo) ma anche di pratiche di culto che richiamano l’uso delle offerte votive nei santuari pagani e poi della tradizione cristiana. Nel caso della spada di Avio – continuano -, in mancanza di precisi dati sulle condizioni di giacitura originaria, il fatto che risulti intenzionalmente piegata all’attacco dell’immanicatura, ossia che sia stata resa inutilizzabile, potrebbe indicarne la destinazione come offerta votiva. Questa ipotesi può essere avanzata anche nel caso di un rinvenimento molto vicino al punto di scoperta della stessa spada e ad essa grossomodo contemporaneo: un coltello in bronzo da Malga Artilone, anch’esso intenzionalmente piegato. L’origine della spada, strumento da combattimento per eccellenza, risale a più di 5000 anni fa, quando fa la sua prima comparsa nel nord della Mesopotamia, ma si diffonde nel mondo mediterraneo e in Europa oltre mille anni più tardi. Nella provincia di Trento sono note circa una decina di spade dell’età del Bronzo (4300-3000 anni fa) le più antiche delle quali risalgono alla sua fase media (3650-3350 anni fa). Le ricerche archeologiche – concludono – hanno appurato che le spade dell’età del Bronzo erano strumenti con funzionalità molto specifica, destinati ad una élite guerriera e dalla forte connotazione simbolica e sacrale”.
“Archeologia dietro le quinte”: per le giornate europee dell’archeologia la soprintendenza di Verona apre la sede per far scoprire l’attualità degli scavi, gli avanzamenti di alcune importanti ricerche e la diversità della disciplina

“Archeologia dietro le quinte”: la locandina dell’evento promosso dalla soprintendenza di Verona per le giornate europee dell’archeologia
“Archeologia dietro le quinte”: apertura serale straordinaria della propria sede di piazza San Fermo a Verona è quanto propone la soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, in occasione delle giornate europee dell’archeologia, durante la quale i funzionari incontrano il pubblico. Ai visitatori sarà presentata l’attività di tutela e di ricerca archeologica: un’occasione per scoprire l’attualità degli scavi, gli avanzamenti di alcune importanti ricerche e la diversità della disciplina con la possibilità di avvicinarsi d alcuni contesti archeologici e antropologici, approfondendo aspetti legati alla tutela e alla conservazione. Nell’occasione sarò offerta al pubblico la visita guidata al complesso monumentale di San Fermo, sede della soprintendenza scaligera.

La necropoli di Pradelle di Nogarole Rocca datata tra il Campaniforme e l’Età del Bronzo (foto Sabap-Vr)
Appuntamento venerdì 14 giugno 2019 con “Archeologia dietro le quinte”. Inizia, alle 17.30, Paola Salzani su “Storie del regno dei morti. Le necropoli di Nogarole Rocca, Arano, Olmo di Nogara, Terranegra”. Il recente scavo a Pradelle di Nogarole Rocca, nella bassa pianura veronese, ha portato alla luce, all’interno e sulle sponde di un antico paleoalveo, importantissime tracce di una necropoli che si configura come l’unica e più importante rinvenuta in Italia settentrionale per la quale si possa ipotizzare una continuità di utilizzo tra età Campaniforme (2500-2200 anni BC) ed età del Bronzo (2200-1150 BC). Lo scavo della necropoli di Nogarole Rocca ha portato alla luce più di 40 sepolture, probabilmente in antico sovrastate da tumoli di terra (circa 25), tipologia ben conosciuta in Europa in necropoli coeve dell’età del Rame e del Bronzo Antico. Il rito sepolcrale non è uniforme, sia per la fase Campaniforme che per l’età del Bronzo si può parlare di biritualismo: alcuni individui venivano infatti cremati, altri invece inumati in posizione anatomica diversa. Alle 18, Irene Dori su “Le ossa raccontano. Il mestiere dell’antropologo”. Non tutti sanno in che cosa consista il lavoro degli antropologi. Viene spontaneo immaginare che chi è impegnato in attività accademiche insegni, svolga ricerche e segua lavori di tesi, ma non è altrettanto facile figurarsi che cosa facciano gli antropologi che lavorano come consulenti nelle istituzioni e nei programmi di sviluppo pianificato.

Il centro di produzione di ceramica (I-III sec. d.C.) scoperto in piazza Arditi a Verona (foto Sabap-Vr)
Alle 18.30, Claudia Cenci su “Storie di terracotta. Verona, piazza Arditi: un quartiere artigianale di età romana”. La piazza Arditi a Verona è posta nelle immediate adiacenze di piazza Bra, corrispondenti in età romana alla zona occidentale dell’immediato suburbio, fortemente urbanizzato sin dall’età augustea. A seguito della realizzazione di un parcheggio pertinenziale, sono venuti in luce dati estremamente interessanti sull’organizzazione topografica e la destinazione artigianale del quartiere al limite ovest del settore residenziale compreso tra la via Postumia e l’anfiteatro. Il quartiere meglio esplorato era destinato prevalentemente alla produzione di ceramica comune figulina da mensa. Sulla base dei materiali che accompagnavano gli scarichi, esso appare attivo tra l’età augustea e la metà del III secolo d.C. Vi sono state rinvenute almeno 9 fornaci, alcune di dimensioni molto ridotte, 14 vasche per la decantazione dell’argilla, due pozzi a perdere, alcune fosse per la collocazione dei torni e il dispositivo in pietra per l’inserimento della base di un tornio.
Alle 19, Giovanna Falezza su “L’incendio di una domus: il larario di via Oberdan a Verona”. Nel corso di lavori di un privato in via Oberdan, è stata portata alla luce una domus romana in cui è stato individuato un larario con almeno 13 statuette in bronzo e una maschera. Alle 19.30, Brunella Bruno e Giulia Campanini su “Archeologia dietro le quinte: aree archeologiche e depositi”. Alla fine i funzionari architetti saranno disponibili ad accompagnare i visitatori fornendo informazioni sul complesso monumentale di San Fermo.
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