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Roma. Apertura straordinaria del museo Paleontologico La Polledrara, noto come il cimitero degli Elefanti antichi: tre visite guidate gratuite

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Il museo Paleontologico La Polledrara, il cimitero degli Elefanti antichi, nella campagna romana a Nord Ovest della città di Roma (foto ssabap-roma)

Apertura straordinaria del museo Paleontologico La Polledrara, noto come il cimitero degli Elefanti antichi, domenica 6 novembre 2022. Appuntamento in via di Cecanibbio a Roma: visite alle 9.45, 11, 12.15 (gruppi di 25 pax). Le visite sono gratuite, senza prenotazione, fino ad esaurimento posti. Il perfetto stato di conservazione dei numerosi resti paleontologici individuati nel 1984 dall’allora soprintendenza Archeologica di Roma, ha motivato l’attuazione di un progetto di musealizzazione in situ del paleosuolo fossile individuato sul pendio di una collina nella campagna romana a Nord Ovest della città, tra la via Aurelia e la via di Boccea.

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Museo Paleontologico – La Polledrara: il deposito di migliaia di ossa fossili di grandi mammiferi: elefante antico, bufalo d’acqua, lupo, avifauna (foto ssabap-roma)

Il museo Paleontologico – La Polledrara custodisce un tratto di paleoalveo sul quale la corrente, circa 320mila anni fa, ha depositato migliaia di ossa fossili di grandi mammiferi: elefante antico, bufalo d’acqua, lupo, avifauna. In un momento di rallentamento delle acque, e dunque di impaludamento dell’area, alcuni elefanti rimasero intrappolati nel fango e la carcassa, ritrovata in connessione anatomica, fu oggetto di sfruttamento da parte di un gruppo di ominidi (Homo heidelbergensis), testimoniato dal ritrovamento intorno alle ossa dei grandi mammiferi di oltre 600 manufatti in selce molti dei quali conservano ancora le tracce prodotte dall’uso su carni e pelli.

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Una ricostruzione dell’ambiente quando era popolato dai grandi mammiferi (foto ssabap-roma)

Il progetto di musealizzazione è ancora in corso, al momento si sta lavorando sul nuovo apparato didattico-illustrativo e su un progetto di nuova illuminazione dei reperti ciò nonostante si è pensato ad un’apertura straordinaria la mattina del 6 novembre 2022, dalle 9.30 alle 13.30, con 3 visite guidate che apriranno una finestra sulla biodiversità del Paleolitico inferiore.

Parma. Al museo Archeologico nazionale (ora chiuso per restauri) nel Complesso monumentale della Pilotta una vetrina con un bifacciale acheulano e selci paleolitiche anteprima del nuovo allestimento

Il “bifacciale acheuleano” che è andato ad arricchire le collezioni preistoriche del museo Archeologico nazionale alla Nuova Pilotta di Parma (foto Pilotta)

Il museo Archeologico nazionale di Parma al Complesso monumentale della Pilotta è chiuso dal dicembre 2019 per lavori di restauro e riallestimento. Intanto la collezione preistorica si arricchisce di un prezioso strumento in selce che arriva da molto lontano: dal Paleolitico. Proviene infatti dal Paleolitico Inferiore (che nel nostro continente viene collocato tra i 750mila e i 120mila anni fa) la stupefacente selce che gli esperti definiscono come “bifacciale acheulano”, datata attorno al mezzo milione di anni fa, che una donazione davvero illuminata dell’associazione degli Amici dell’Istituto ha consegnato al Complesso monumentale, contribuendo all’ampliamento delle collezioni del museo Archeologico nazionale della Nuova Pilotta. “Si tratta di un oggetto, una scheggia di roccia silicea di dimensioni davvero stupefacenti”, sottolinea Simone Verde, direttore della nuova Pilotta, “che segna il sorgere nella specie umana dell’esigenza di fare, oltre a ciò che le è necessario per sopravvivere, anche qualcosa di “bello”. La superficie della roccia è infatti precisamente modellata dal nostro ignoto progenitore, alla ricerca di una forma simmetrica, che fosse bella, appunto, sfuggendo a fini utilitaristici e per la prima volta forse disponendosi a un uso di tipo simbolico, ovvero sociale”. Ombretta Sarassi, presidente dell’associazione “Amici della Pilotta” non può che essere soddisfatta per avere contribuito con la donazione del “Bifacciale” ad aggiungere al museo della Pilotta più prestigio e interesse, grazie anche alla bellissima esposizione che il direttore Simone Verde ha curato. Il museo della Pilotta sta procedendo a grandi passi a un’idea di museo sempre più innovativo e aperto ai cittadini e ai turisti. La nostra associazione “Amici della Pilotta” ha colto questo momento ed opera ad una promozione sempre più efficace delle nostre bellezze”.

Il “bifacciale acheuleano” al centro della vetrina visibile già dalla strada, appena superato il portale preceduto dai due leoni marmorei che sembrano voler difendere l’ingresso al museo (foto Pilotta).

Ma vediamo cosa sta dietro la definizione scientifica di questa preziosa selce. “Bifacciale” (o anche “amigdala”) perché la scheggia di roccia è stata lavorata creando due facce simmetriche, convesse, e per farlo quel nostro progenitore ci ha messo un bell’impegno. Mentre l’aggettivo “acheulano” richiama il quartiere Saint-Acheul della attuale città di Amiens, dove questo tipo di manufatti è stato ritrovato per la prima volta. Il reperto, acquistato sul mercato parigino, ci riporta ai primordi della creatività umana ed accoglierà i visitatori del nuovo museo Archeologico. Posto al centro di una vetrina che non potrà non catturare ogni sguardo, sarà visibile già dalla strada, appena superato il portale preceduto dai due leoni marmorei che sembrano voler difendere l’ingresso al Museo.

La grande vetrina con al centro il bifacciale acheuleano (foto Pilotta)

Il “bifacciale acheulano” non è da solo nella grande vetrina. A fargli da contorno sono diverse decine di selci provenienti da rinvenimenti nel territorio parmense. Esibendo il massimo della capacità “artistica” nota del suo tempo, al centro dei manufatti provenienti invece dalle aree di competenza archeologica della Pilotta, funzionerà come elemento cardine di una metafora museologica. Se la sua straordinaria forma è simbolo dell’attitudine universale del genere Homo a modificare l’ambiente perseguendo un ideale di ordine e di bellezza, in contrappunto con gli altri suoi simili di dimensioni più modeste ma provenienti dall’Emilia non farà che declinare nel particolare del territorio parmense e della sua storia cosmopolita ben rappresentata dalle collezioni della Nuova Pilotta, il senso di domande universali che costituiscono la missione di qualsiasi museo: cosa è l’arte? cosa è l’uomo? cosa ci distingue dalle altre specie? ​

Il Complesso della Pilotta a Parma

Il museo Archeologico nazionale di Parma è uno dei più antichi musei d’Italia: istituito nel 1760 per ospitare il prezioso materiale proveniente dagli scavi della città romana di Veleia, si è arricchito in più di due secoli con l’acquisizione di materiali Egizi, Etruschi e Romani, ma soprattutto è stato sin dalla fondazione punto di riferimento per le ricerche archeologiche nel Ducato. Conserva infatti i reperti provenienti dagli scavi scientifici condotti nel corso dell’Ottocento e del Novecento in tutto il parmense, raccontando la storia del territorio dal Paleolitico all’Alto Medioevo.

La “sala Pigorini” al museo Archeologico nazionale di Parma (foto Mibact)

Luigi Pigorini, divenuto direttore del Museo nel 1867, si occupò di allestire una sezione preistorica (una delle prime in Italia), organizzandola secondo l’esempio delle più avanzate istituzioni europee, ovvero mettendo a confronto le testimonianze della preistoria locale con quelle di altri paesi e con testimonianze etnografiche. Apre questa sezione la raccolta degli strumenti del Paleolitico, dovuta ad un altro padre degli studi preistorici italiani, Pellegrino Strobel: i materiali scelti illustrano i principali tipi di utensili (punte, lame, raschiatoi), tecniche di lavorazione e tipi di pietra impiegati dalle comunità umane del Paleolitico. Al Neolitico risalgono le prime comunità di agricoltori stanziatosi nella provincia di Parma: scavi moderni hanno portato in luce villaggi e necropoli che hanno restituito i molti materiali, come le asce in pietra levigata. Particolarmente abbondanti sono le testimonianze della c.d. cultura dei “Vasi a Bocca Quadrata” (prima metà del V millennio a.C.) rinvenute in diversi siti: tra questi, notevole è l’insediamento di Gaione – Case Catena, che ha restituito molto materiali non locali quali l’ossidiana da Lipari o dalla Sardegna, il cristallo di rocca, la steatite e la selce alpina. Alla medesima cultura appartiene la necropoli di Vicofertile, da cui proviene l’eccezionale statuetta di divinità femminile – rinvenuta deposta all’interno della sepoltura di una donna matura. Si prosegue poi con l’ampio spazio dedicato all’età del Bronzo. L’epoca del Bronzo antico è testimoniata da pochi ma significativi contesti, in particolare dai rinvenimenti di oggetti in legno in eccezionale stato di conservazione da Castione Marchesi. Durante la media età del bronzo (XVI-XII sec. a.C.) il territorio di Parma era fittamente costellato di villaggi “palafitticoli” difesi da fossati e terrapieni, indagati archeologicamente già dalla seconda metà del 1800. Tra queste si segnalano le terramare di Parma, Quingento, Castione, Vicofertile. I numerosi reperti testimoniano le principali attività che vi si svolgevano, quali la filatura e la tessitura, la lavorazione del metallo e dell’osso e del corno, e naturalmente l’agricoltura.