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Paestum. Alla XXIV Bmta la 2ª Conferenza Mediterranea sul Turismo Archeologico Subacqueo: annunciato l’itinerario sommerso del Relitto del Lombardo per il 2023 alle isole Tremiti, e consegnato il Premio internazionale di Archeologia Subacquea “Sebastiano Tusa”

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Il relitto del Lombardo alle Isole Tremiti: a giugno 2023 sarà visitabile con un itinerario subacqueo (foto patrimonio subacqueo)

paestum_BMTA22-XXIV-edizione_logoA giugno 2023 sarà possibile visitare l’itinerario sommerso del Relitto del Lombardo appartenuto e utilizzato da Garibaldi durante lo sbarco dei Mille e poi dopo qualche anno naufragato al largo delle Isole Tremiti in Puglia: lo ha annunciato alla XXIV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Barbara Davidde soprintendente nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo nel corso della 2ª Conferenza Mediterranea sul Turismo archeologico subacqueo. “La soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo del MiC”, racconta Barbara Davidde, “sta portando avanti il percorso di realizzazione del progetto Amphitrite volto a creare itinerari subacquei all’interno di cinque Aree Marine Protette italiane: quella delle Isole Tremiti in Puglia, le Cinque Terre e Portofino in Liguria, Baia in Campania, Crotone in Calabria, Capo Testa – Punta Falcone in Sardegna. Alcuni di questi itinerari saranno dotati di una rete di nodi sensori che, grazie all’internet underwater things, permetterà la visita dei siti con dei tablet che hanno al loro interno la realtà aumentata e la ricostruzione di come doveva essere in antico il sito sommerso. Questo tipo di visita esiste già nel Parco di Baia e sarà realizzato nelle Isole Tremiti sicuramente sul relitto del Lombardo e forse anche sul Relitto delle Tre Senghe per il quale stiamo terminando gli studi propedeutici”.

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La soprintendente Barbara Davidde con l’archeologo subacqueo Roberto Petriaggi sulla barca appoggio a Baia (foto Marcello Adamo)

La 2ª Conferenza Mediterranea sul Turismo archeologico subacqueo – organizzata dalla Borsa nel ricordo del grande archeologo e studioso Sebastiano Tusa che ha vissuto la sua vita al servizio delle istituzioni per contribuire allo sviluppo locale e alla tutela del Mare Nostrum – è stata anche l’occasione per la soprintendente Davidde per lanciare, insieme a Ulrike Guérin Programme Specialist 2001 Convention on the Protection of the Underwater Cultural Heritage UNESCO Culture Sector, l’idea di creare una rete di percorsi subacquei e di proporre questi itinerari per l’iscrizione nella lista delle buone pratiche per la valorizzazione e la protezione del patrimonio culturale subacqueo. “Per noi è importante anche per dare il nostro appoggio e rendere il patrimonio acquatico sempre più accessibile, a patto che l’itinerario sia gestito”, spiega Ulrike Guérin che aggiunge “una candidatura sicuramente da presentare quale esempio di buona pratica per gli itinerari subacquei è quella del Parco sommerso Baia” rivolgendosi al direttore del parco archeologico dei Campi Flegrei, Fabio Pagano. Alla conferenza, con il coordinamento scientifico di Luigi Fozzati, sono intervenuti Valeria Patrizia Li Vigni presidente fondazione Sebastiano Tusa, Ferdinando Maurici soprintendente del Mare della Regione Siciliana, Cristiano Tiussi direttore fondazione Aquileia.

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Consegna premio internazionale di Archeologia Subacquea “Sebastiano Tusa” 2022: da sinistra, Lucrezia Maghet, Valeria Patrizia Li Vigni, Pippo Cappellano, Eric Rieth, Andrea Camilli, Luigi Fozzati (foto bmta)

Sempre nel ricordo dell’archeologo siciliano, il Premio internazionale di Archeologia Subacquea “Sebastiano Tusa” è stato consegnato a Eric Rieth direttore emerito CNRS Centre National de la Recherche Scientifique di Francia e responsabile dipartimento Archeologia Navale museo nazionale della Marina di Parigi per il riconoscimento alla carriera; Andrea Camilli direttore del museo delle Navi Antiche di Pisa per il progetto “Grande Tirreno”, per il progetto più innovativo a cura di Istituzioni, Musei e Parchi Archeologici; Pippo Cappellano giornalista, regista, foto cineoperatore subacqueo e autore di documentari per il miglior contributo giornalistico in termini di divulgazione. “Un’iniziativa a cui teniamo molto”, rimarca il fondatore e direttore della BMTA Ugo Picarelli, “per portare avanti l’eredità pionieristica dell’amico della Borsa Sebastiano Tusa”. A seguire la consegna della Targa “Claudio Mocchegiani Carpano”, alla presenza del figlio Luca, alla migliore Tesi di laurea sull’Archeologia Subacquea: premiata Lucrezia Maghet per la tesi “L’archeologia subacquea sul web: raccolta, analisi e lettura critica dell’offerta disponibile in rete” corso di laurea in Beni culturali, università di Udine.

Un regalo del 2019? Di certo il museo delle Navi Antiche aperto dopo vent’anni di ricerca e restauro negli Arsenali Medicei di Pisa: dallo scavo di San Rossore al più grande museo di imbarcazioni antiche esistente. Esposte sette imbarcazioni di epoca romana, databili tra il III secolo a.C. e il VII secolo d.C., di cui quattro integre, e circa 800 reperti

Che cosa ci lascia in eredità il 2019? Tra le novità conosciute durante l’anno, di certo una menzione lo merita il museo delle Navi Antiche aperto nel giugno 2019 agli Arsenali Medicei di Pisa dopo venti anni di ricerca e restauro: quasi 5000 metri quadri di superficie espositiva e 47 sezioni divise in 8 aree tematiche nelle quali saranno esposte sette imbarcazioni di epoca romana, databili tra il III secolo a.C. e il VII secolo d.C., di cui quattro sostanzialmente integre, e circa 800 reperti per un museo che racconta un millennio di commerci e marinai, rotte e naufragi, navigazioni, vita di bordo e della storia della città di Pisa. La concessione del museo è affidata a Cooperativa Archeologia, che ha seguito negli ultimi anni lo scavo archeologico e il restauro delle navi e dei reperti, sotto la direzione scientifica di Andrea Camilli, responsabile di progetto per la soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Pisa e Livorno. Si tratta di una tappa fondamentale per un percorso iniziato nel 1998, anno in cui nei pressi della stazione ferroviaria di San Rossore vennero alla luce i resti della prima nave. Nacque così il grande cantiere di scavo e restauro realizzato grazie all’importante e costante impegno del MiBAC e di un ricco ed eterogeneo gruppo di professionisti archeologi e restauratori.

Il progetto di scavo e restauro delle antiche navi di Pisa rappresenta uno dei più interessanti e ricchi cantieri di scavo e ricerca degli ultimi anni. La particolare condizione di conservazione dei reperti racchiusi in strati di argilla e sabbie ha richiesto un considerevole sforzo economico, organizzativo e tecnologico, mettendo a disposizione della ricerca laboratori, depositi, strumentazioni all’avanguardia e logistica devoluti al recupero degli oltre trenta relitti individuati e dei materiali ad essi associati. Il cantiere delle Navi Antiche è quindi diventato un centro dotato di laboratori, depositi e strumentazione che ha visto la collaborazione di decine di istituzioni universitarie e di ricerca italiane e straniere. Durante lo scavo, i relitti sono stati liberati dal terreno secondo il metodo proprio dello scavo archeologico, e dai pannelli in vetroresina, procedendo per piccole fasce di 50 centimetri/1 metro, rilevate tridimensionalmente, e quindi nuovamente protette con un tessuto in grado di trattenere l’umidità. Per garantire l’umidità necessaria, si è fissato sui reperti un impianto di nebulizzazione, progettato espressamente per ogni imbarcazione. A questo è stato sovrapposto un nuovo guscio di vetroresina per preservare l’imbarcazione durante il sollevamento, il trasporto e la messa a dimora. L’imbarcazione, così incapsulata, è stata fissata a un telaio metallico e quindi sollevata e spostata in laboratorio per il restauro.

L’allestimento degli Arsenali Medicei con le navi antiche romane (foto Barbara Setti)

Gli Arsenali Medicei sede del Museo delle Navi Antiche di Pisa (foto Barbara Setti)

Il museo, allestito all’interno degli Arsenali Medicei sul lungarno pisano, espone le navi di età romana e i reperti a esse riferiti rinvenuti e restaurati al Cantiere delle Navi Antiche. L’adiacente complesso di San Vito ospiterà a breve il Centro di restauro del Legno Bagnato, struttura di rilievo internazionale nel restauro delle sostanze organiche, attualmente ospitata provvisoriamente presso il cantiere di scavo. Il centro, simbolicamente, fornirà il supporto alle onerose manutenzioni del museo e lo arricchirà costantemente con il suo lavoro. “L’apertura del museo delle Navi Antiche di Pisa, all’interno degli Arsenali Medicei restaurati, ed ora integralmente visibili, costituisce la conclusione di una significativa fase di tutte quelle iniziative a cura del ministero per i Beni e le attività culturali che iniziarono col fortunato ritrovamento archeologico di Stefano Bruni a san Rossore”, dichiara Andrea Muzzi. “Da allora fondamentale fu il completamento dello scavo, gli studi e le complesse lavorazioni condotte dal Centro di Restauro del Legno Bagnato e la progettazione dell‘exhibition design dovuto a Maurizio di Puolo e Anna Ranghi, il tutto seguito fin ad oggi con passione da Andrea Camilli. Ho l’onore di concludere questo lavoro sostenuto con continuità dai finanziamenti del ministero, lavoro nel quale ho creduto fin dal mio arrivo a Pisa. Prima di me, oltre ai colleghi che mi hanno preceduto, e che ringrazio sentitamente a cominciare da coloro che mi hanno passato il testimone, vari istituti hanno collaborato e continuano a dare il loro fondamentale contributo a seconda dei rispettivi ruoli, dalla direzione generale, alla direzione regionale, poi, per gli esiti della recente riforma, al segretariato regionale”.

La ricostruzione del cantiere di scavo negli ambienti degli Arsenali Medicei (foto Barbara Setti)

Una rassegna delle anfore rinvenute dai carichi dei relitti delle navi romane (foto Barbara Setti)

Le spoglie di un marinaio e di un cane restituite dallo scavo delle navi antiche (foto Barbara Setti)

Il museo delle Navi Antiche risponde a una serie di caratteristiche: è il museo archeologico che mancava a Pisa, un museo duttile, in continua trasformazione con il proseguire delle ricerche e utilizza un linguaggio accessibile e diversificato, adatto a tutti. Il grande lavoro di progettazione svolto ha richiesto una costante sinergia e una pluriennale collaborazione con gli autori dell’exhibition design. “Siamo orgogliosi della chiusura di un percorso che in vent’anni ha coinvolto più di 300 persone dalle professionalità più disparate: archeologi, architetti, storici dell’arte, restauratori e il personale tecnico delle sovrintendenze”, continua Andrea Camilli. “C’è un’enorme soddisfazione nel constatare che una struttura statale ha realizzato una grande opera come questa: quasi 5000 metri quadri, innovativi anche sul piano museale. Si tratta del più grande museo di imbarcazioni antiche esistente. L’esposizione, inoltre, è costruita con un tipo di linguaggio che avvicina il pubblico all’archeologia. Abbiamo eliminato il ‘feticismo del reperto’, rimuovendo il più possibile le barriere visibili che separano l’utente dall’oggetto, rendendolo apparentemente a portata di mano del visitatore. Anche l’area dedicata alle alluvioni, dove una parete scaffalata rivela con le consuete cassette di deposito i materiali rinvenuti dopo un’alluvione catastrofica, introduce alla tematica della ricerca. Il linguaggio del museo non punta a stupire, ma utilizza un sistema di comunicazione plurilivello che non eccede nel multimediale e ricontestualizza la narrazione con accuratezza storica e scientifica”. L’esposizione delle Navi Antiche di Pisa si articola all’interno delle sale e delle campate degli Arsenali medicei, sul lungarno pisano, in origine capannoni adibiti alla costruzione e alla manutenzione delle galee dei cavalieri di Santo Stefano, il corpo cavalleresco a difesa della minaccia saracena. Gli arsenali andarono presto in disuso e diventarono prima alloggi militari, poi stalle. Fino alla metà del secolo scorso ospitarono il centro di riproduzione ippica dell’Esercito italiano. La volontà di conservare la struttura degli Arsenali ha condizionato le scelte museali, soprattutto nelle sale I, II e VIII, dove il mantenimento delle celle dei cavalli ha imposto una narrazione in microcapitoli, quasi a piccoli passi. I grandi ambienti delle campate sono invece lo spazio ideale per dispiegare le grandi navi restaurate.

Alkedo (il Gabbiano), l’ammiraglia della flotta pisana, nave da 12 rematori da diporto (foto Barbara Setti)

La ricostruzione di un piccolo planetario, per conoscere come gli antichi si orientavano con le stelle (foto Barbara Setti)

Sono quattro le imbarcazioni integre esposte: l’ammiraglia Alkedo da 12 rematori, la Nave “I” ossia un grande traghetto fluviale, un secondo barcone con ponti e albero ben visibili e una piccola imbarcazione per il trasporto merci. A queste, si affiancano altre navi parzialmente recuperate e la ricostruzione di una porzione del cantiere di scavo. In mostra anche i carichi rinvenuti, che includono gli oggetti personali dei viaggiatori, con migliaia di frammenti ceramici, vetri, metalli, elementi in materiale organico, da giochi per bambini a capi d’abbigliamento, e anche i resti di un marinaio morto con il suo cane: un mosaico che copre mille anni di commerci, navigazioni, rotte, vita quotidiana a bordo e naufragi. L’esposizione parte con la storia della città di Pisa tra archeologia e leggenda, fino alla fase etrusca prima e romana poi, conclusasi con l’arrivo dei Longobardi. Si prosegue con un focus sul rapporto della città con l’acqua, dalle catastrofiche alluvioni all’organizzazione del territorio tra canali e centuriazioni, fino a toccare il Porto di Pisa e tutta l’intensa attività produttiva cittadina. Dalla ricostruzione dei cantieri si passa, poi, all’esposizione integrale delle navi, che occupa due campate degli arsenali, per proseguire con le sezioni che raccontano le tecniche di navigazione con un piccolo planetario, per conoscere come gli antichi si orientavano con le stelle, mentre un tabellone elettronico degli arrivi e delle partenze racconta le principali rotte dei porti del Mediterraneo. Il percorso espositivo si conclude con un excursus sulla dura vita di bordo, sia per i marinai che per i viaggiatori, dall’abbigliamento ai bagagli, fino alle abitudini alimentari, ai culti e alle superstizioni.

La cosiddetta nave “D”, con ancora ben visibili ponti e albero (foto Barbara Setti)

La cosiddetta barca “F”, appartiene alla tipologia delle lintres, per il trasporto merci utilizzate per rapidi e più confortevoli spostamenti (foto Barbara Setti)

Le navi esposte. (1) Alkedo (il Gabbiano), l’ammiraglia della flotta pisana, nave da 12 rematori da diporto ma dalle forme che ricordano una nave da guerra; ha ancora inciso su una tavoletta il suo nome (Alkedo = gabbiano), esposta nella vetrina di fronte. A fianco ricostruzione a grandezza naturale di una nave da guerra (liburna). (2) Nave “I” (V sec. d.C.), grande traghetto fluviale a fondo piatto interamente costruito in legno di quercia e rinforzato all’esterno da fasce di ferro; il barcone, manovrato tra le due rive attraverso un sistema di funi, era mosso da riva tramite un argano, il cui asse centrale è stato rinvenuto nel corso degli scavi (esposto nella vetrina accanto all’imbarcazione). (3) Barca “F”, appartiene alla tipologia delle lintres, imbarcazioni più piccole per il trasporto merci utilizzate per rapidi e più confortevoli spostamenti e per il trasporto di dettaglio delle merci. Simili alle piroghe, erano realizzate per consentire la remata da un solo lato, come le attuali console veneziane (esemplari esposti del II e III sec. d.C.). (4) Nave “D”, con ancora ben visibili ponti e albero. Il grande barcone fluviale è stata rinvenuta rovesciata e il suo restauro ha richiesto un lavoro estremamente elaborato. Si tratta di un grande barcone fluviale adibito al trasporto della rena lungo il corso dell’Arno: un ampio boccaporto consentiva il carico della sabbia. L’imbarcazione era mossa da vela (conserva ancora l’albero originale) e trainata da riva da una coppia di cavalli o buoi. Lo scheletro di un cavallo ancora aggiogato è stato rinvenuto al di sotto di essa. Altre navi: Nave “E”, parziale, nave da carico di dimensioni medio-grandi; Barca “H” , barchino fluviale a fondo piatto; imbarcazione da carico di medio-grandi dimensioni che faceva la spola lungo le coste tra Campania e Spagna e trasportava un carico di anfore (tra cui spalle di maiale in salamoia) (II sec. a.C.). Ricostruzione del cantiere della Nave “A”, nave da carico (oneraria) di grandi dimensioni (più di 40 metri di lunghezza; ne è stata recuperata circa la metà) (II sec.d.C.). Trasportava un carico di anfore a fondo piatto riutilizzate e contenenti conserve di frutta. Per le sue dimensioni è stata esposta ricostruendo una parte del cantiere di scavo, mostrandola in corso di recupero.

La cosiddetta nave “E”, parziale, nave da carico di dimensioni medio-grandi (foto Barbara Setti)

Un’ancora esposta al museo delle Navi Antiche (foto Barbara Setti)

L’esposizione delle Navi Antiche di Pisa si svolge all’interno delle sale e delle campate degli Arsenali medicei di Pisa ed è articolata in otto sezioni. I. La città tra i due fiumi: la prima sala del Museo è dedicata alla storia della città di Pisa tra archeologia e leggenda, il suo sviluppo fino alla fase etrusca prima e romana poi, l’arrivo dei Longobardi. II. Terra e acque: il rapporto della città con il territorio e l’acqua: le alluvioni, l’organizzazione del territorio tra canali e centuriazioni, il Porto di Pisa, le cave e le officine ceramiche, la pesca, l’agricoltura, il legname e come questa intensa attività produttiva abbia inciso sul territorio provocandone già in età antica il suo dissesto idrogeologico. III. La furia delle acque: la piana di Pisa fu soggetto a disastrose alluvioni per secoli: furono disastrose per il territorio, ma grazie agli scavi archeologici hanno consentito di ricostruire nel dettaglio una storia secolare fatta di navi, reperti, storie di vita e di commerci. Approfondimento sul metodo di scavo archeologico in ambiente umido. Il racconto di un naufragio e la storia di un’amicizia: il marinaio della nave B e il suo cane. IV. Navalia: non solo il luogo dove le navi venivano costruite, ricoverate e riparate (gli arsenali), ma le navi nel loro complesso: come si costruivano le navi nel mondo antico e come si costruiscono ora, le moderne tecniche di scavo e recupero e il restauro del legno archeologico. Ricostruzione del cantiere di scavo della nave A. V. Navi: l’esposizione delle navi e dei loro carichi e corredi, che occupa due campate degli arsenali, è suddivisa in due parti: la prima campata è dedicata alle navi da mare aperto, la seconda alle imbarcazioni da acque interne. Esposizione dell’Alkedo e sua ricostruzione a grandezza naturale. I barconi e i traghetti da fiume: nave D e nave I. Una nave dalla Spagna. VI. Commerci: si viaggia per mare anche e soprattutto per commercio: l’oggetto principe sono le anfore da trasporto, i contenitori di quasi tutti i prodotti che si vendevano nel mondo antico; diffusione, importazione ed esportazione di merci particolari: beni di lusso, marmi, ceramica fine da tavola. Tutte le anfore conosciute a Pisa su un’unica parete: forme, contenuti e provenienze. VII. La navigazione: le navi romane, a remi e con vele quadre, navigavano regolate da un complesso sistema di manovre; il cantiere ha restituito notevoli parti di vela, che permettono di ricostruire con molta affidabilità il complesso sistema che era alla base della struttura delle vele. L’ancora in legno della nave A, il pesce angelo portafortuna. Orientarsi con le stelle. Quanto duravano i viaggi per mare? Quali erano i porti e le rotte più frequentate? Consultate il nostro tabellone degli arrivi e delle partenze. VIII. Vita di bordo: viaggiare non era molto confortevole, sicuramente come marinaio ma anche come passeggero. Questa sezione descrive i vari aspetti di questa dura vita: l’abbigliamento, i bagagli, le tempeste, l’illuminazione di bordo, come si cucinava e si mangiava, culti e superstizioni, la vita quotidiana a bordo. Come si vestiva un marinaio? Il giaccone di pelle dell’Alkedo. Il bagaglio del marinaio della nave A: un piccolo gruzzolo e una manciata di oggetti personali. E nel tempo libero? Giochi per bambini e da tavolo.

Il museo delle Navi Antiche di Pisa tra i big del turismo alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico: “In cinque mesi di apertura già 13mila visitatori. È la nuova offerta turistica della città”

La cosiddetta Nave D esposta al museo delle Navi Antiche di Pisa (foto Sabap Pi-Li)

La XXII edizione della Borsa Mediterranea del Turismo archeologico si tiene a Paestum dal 14 al 17 novembre 2019

Le navi romane di Pisa sono approdate a Paestum. C’è anche il museo delle Navi Antiche di Pisa tra i big del turismo internazionale presenti alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, dal 14 al 17 novembre 2019, con centinaia di espositori da oltre 20 paesi esteri, più di 70 conferenze e incontri, decine di migliaia tra visitatori, buyer ed operatori da tutto il mondo. La partecipazione di Cooperativa Archeologia, che gestisce il museo con la direzione della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Pisa e Livorno, e ha seguito il progetto di recupero e restauro delle navi, è promossa dal Comune di Pisa che investe in quello che attualmente è il più grande museo di imbarcazioni antiche esistente con un’esposizione che in soli cinque mesi di attività ha oltrepassato le 13mila presenze, proponendolo come polo catalizzatore per l’intero territorio. Inaugurato lo scorso giugno, il complesso agli Arsenali Medicei sul lungarno pisano, con i suoi 4700 metri quadri di superficie espositiva e le 47 sezioni divise in 8 aree tematiche, accoglie sette imbarcazioni di epoca romana, databili tra il III secolo a.C. e il VII secolo d.C., di cui quattro sostanzialmente integre, e circa 800 reperti per un museo che racconta un millennio di commerci e marinai, rotte e naufragi, navigazioni, vita di bordo e della storia della città di Pisa.

Museo delle Navi Amtiche di Pisa: la sala con le anfore ritrovate sugli antichi relitti (foto Sabap Pi-Li)

Una nave da carico ritrovata a Pisa (foto Sabap Pi-Li)

L’ambizioso progetto di recupero e restauro, un unicum nel settore per tecniche e tecnologie messe in campo, ha richiesto oltre vent’anni. Il grande lavoro di progettazione dell’esposizione, inoltre, si è svolto grazie alla costante sinergia e alla pluriennale collaborazione con gli autori dell’exhibition design: il risultato è una narrazione museale innovativa che avvicina il pubblico all’archeologia anche attraverso la rimozione di barriere visibili che separano l’utente dai reperti, rendendoli apparentemente a portata di mano del visitatore. La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, unico salone espositivo al mondo del patrimonio archeologico e di ArcheoVirtual, l’innovativa mostra internazionale di tecnologie multimediali, interattive e virtuali, è una ulteriore opportunità per il polo pisano di porsi in un asset strategico per il turismo internazionale.

Una grande anfora esposta al museo delle Navi Antiche di Pisa (foto Sabap Pi-Li)

Le spoglie del marinaio e del cane ritrovate durante lo scavo delle navi romane (foto Sabap Pi-Li)

“La recente apertura del museo delle Navi Antiche di Pisa senza dubbio contribuirà sempre di più a far crescere l’offerta turistica della città”, interviene Paolo Pesciatini, assessore al Turismo del Comune di Pisa. “Il sostegno alla partecipazione del Museo alla Borsa del Turismo Archeologico, fortemente voluta dal sindaco Michele Conti, fa parte della nostra strategia di promozione turistica che, anche attraverso un’adeguata pubblicizzazione del nuovo straordinario Museo, vuol far conoscere e diffondere le bellezze della città nella loro totalità. Infatti, a Paestum, al nostro stand, oltre al materiale specifico del Museo stesso, c’è anche materiale promozionale dell’intero nostro territorio: città e litorale. In questo modo seguiamo il programma di promozione ‘Pisa oltre la Torre’ che mira a far conoscere ai visitatori l’offerta permanente e complessiva pisana. È il primo passo, questo, di una serie di azioni sinergiche e di collaborazioni, già avviate fra l’amministrazione comunale e il Museo, che saranno consolidate nel tempo e, quindi, nelle strategie future”. E il direttore scientifico del museo e responsabile di progetto per la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Pisa e Livorno, Andrea Camilli: “Il Museo, che presenta un approccio museografico innovativo, mirato alla ‘sdrammatizzazione’ del reperto e alla sua ricontestualizzazione, si vuole porre come un rinnovato rapporto tra città e territorio. L’eccezionalità dei reperti provenienti dalle navi aumenta esponenzialmente l’attenzione del visitatore grazie alla vicinanza di questo con i reperti”.

Nasce il museo Navigante: ben 58 musei del Mare e della Marineria d’Italia fanno rete. E ora salpa con la goletta Oloferne alla scoperta del patrimonio culturale marittimo italiano. Molti sono i musei archeologici: conosciamoli meglio

Il logo del museo Navigante nato nel dicembre 2017 mettendo in rete 58 musei italiani del Mare e della Marineria

Maria Paola Profumo, presidente dell’AMMM, Associazione Musei marittimi del Mediterraneo

Nasce la rete dei musei del Mare e della Marineria d’Italia. Cinquantotto musei del mare e della marineria insieme in un comune progetto per valorizzare il patrimonio culturale marittimo italiano. È nato così il museo Navigante – una iniziativa promossa dal Mu.MA-Galata di Genova, il museo della Marineria di Cesenatico, l’associazione La Nave di Carta della Spezia e l’AMMM-Associazione Musei marittimi del Mediterraneo – che ha riunito musei, pubblici e privati. E il 9 gennaio 2018, con l’inizio dell’Anno del patrimonio culturale Europeo, il museo Navigante salpa, a bordo della goletta Oloferne, per far rotta dall’Adriatico al Tirreno, con tappe in tutte le regioni costiere, e arrivare infine a Sète (Francia) in occasione della manifestazione Escale à Sète in rappresentanza dei musei italiani. “Finalmente abbiamo un primo censimento dei musei del Mare e della Marineria italiani, privati e pubblici, ad arricchire la rete dei musei Marittimi del Mediterraneo e le reti regionali che si stanno costituendo, dalla Catalana alla Ligure, dal Golfo del Leone alla Campania”, interviene Maria Paola Profumo, presidente dell’AMMM di cui il Galata è capofila. “Sono stati catalogati per quattro grandi categorie: storico-navale, archeologico, naturalistico ed etnografico. Ne è emerso un panorama molto ricco, diversificato e molto attivo. Il nostro obiettivo è far scoprire e promuovere il patrimonio marinaro, materiale e immateriale: barche, reperti, cimeli ma anche, e soprattutto, memorie di lavoro, di migrazioni, di comunità che di mare hanno vissuto e vivono”.

La goletta Oloferne dell’associazione La Nave di Carta della Spezia (foto Paolo Maccione)

La goletta Oloferne dell’associazione La Nave di Carta della Spezia, una sorta di museo vivente e galleggiante, è una imbarcazione a due alberi che diventa così un prolungamento del museo del Navigante e collegherà tutte le realtà italiane. La goletta – come si diceva – prenderà il mare il 9 gennaio, salpando da Cesenatico, facendo prima rotta su Trieste per poi discendere tutto l’Adriatico e risalire il Tirreno, facendo tappi nei porti dei musei per approdare poi a marzo a Genova, al Galata, che della rete è capofila. “Quello che vogliamo evidenziare con il museo Navigante”, spiega Davide Gnola, direttore del museo della Marineria di Cesenatico, premiato nel 2017 tra i migliori musei italiani (Premio ICOM-Italia), “è che i musei marittimi sono fattori di sviluppo nei territori. Se vogliamo migliorare la nostra offerta di turismo culturale, in un Paese che ha 8mila chilometri di coste e una tradizione marittima secolare, non possiamo trascurare i nostri musei e le nostre barche storiche”. Passato, presente e futuro si fondono nel museo Navigante che, in attesa di mollare gli ormeggi, è anche sui social network: su FB, su Twitter, su Instagram e su Youtube. @museonavigante.it

L’ex chiesa di San Francesco a Chioggia ospita il museo della Laguna Sud

Dei 58 musei entrati in rete con il museo Navigante, che verranno toccati dalla goletta Oloferne, molti sono archeologici o comunque espongono preziosi reperti archeologici. Scopriamoli un po’ meglio, seguendo idealmente la rotta della goletta dal Nord Adriatico, allo Ionio, al Tirreno, per finire nel canale di Sicilia. Il primo che incontriamo, il museo nazionale di Archeologia Subacquea a Grado (Gorizia), in realtà è ancora un cantiere: progettato nel 1987 dopo il ritrovamento del relitto di una nave romana del III secolo d. C. naufragata  con il suo carico di  anfore per il trasporto di olio, vino e pesce, il museo aprirà quest’anno, 2018. Al piano terra è previsto l’alloggio per il relitto della nave, al primo piano la mostra permanente dei reperti del carico. Tra i pezzi più importanti la statua di Poseidone e il contrappeso della stadera con Minerva. Anche più a sud, a Caorle (Venezia), il museo nazionale dell’Archeologia del mare, è ancora in allestimento e aprirà nei primi mesi del 2018. Nelle quattro sale espositive per complessivi 560 mq saranno raccolti reperti archeologici rinvenuti al largo di Caorle, tra i quali il relitto di una nave romana, anfore, vasellame e frammenti di ancora in piombo. Il primo museo aperto lo troviamo a Chioggia (Venezia). Nell’ex convento di San Francesco fuori le mura (XIV sec.) è allestito il museo della Laguna Sud. Inaugurato nel maggio 1997, si sviluppa su tre piani. Anfore, vasellame e monete testimoniano i commerci in età preromana; mentre una riproduzione della mappa del Sabbadino, ingegnere della Serenissima, riproduce gli squeri, ossia gli antichi cantieri navali chioggiotti, e le saline medievali dove si raccoglieva il prezioso sal Clugiae.

Il museo del Mare a San Benedetto del Tronto

Il museo della Regina, a Cattolica (Rimini), è stato istituito nel 2000 in un antico Hospitale per pellegrini. Composto da due sezioni, una archeologica dove sono esposti reperti recuperati durante gli scavi della Nuova Darsena e una di marineria organizzata per percorsi tematici: imbarcazioni e la loro costruzione, modi e forme del navigare, aspetti etno-antropologici della tradizione marinaresca della città. Ci sono modelli di grandi dimensioni dei principali tipi di barche della marineria tradizionale adriatica, che nei cantieri cattolichini raggiunse alcune delle sue vette più alte. Il museo del Mare di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) raccoglie in un unico polo cinque musei, nati in decenni diversi, a partire dal 1956. Quattro delle cinque sezioni trovano ospitalità nel complesso del Mercato Ittico all’ingrosso, risalente al 1935, alla radice del molo nord mentre la pinacoteca del mare con  quadri, dipinti, fotografie della civiltà marinara è ospitata a Palazzo Piacentini. L’antiquarium Truentinum (il museo archeologico) racconta lo sviluppo del territorio sambenedettese dal neolitico al fenomeno dell’incastellamento. Nel museo delle Anfore sono esposti per tipologia e in ordine cronologico gli antichi “contenitori” recuperati lungo tutto il Mediterraneo dalle reti della marineria locale.

Il museo del Mare Antico a Nardò, nel Salento

Il museo del Mare Antico di Nardò (Lecce) nasce dopo il ritrovamento, nel 1982, in località Santa Caterina, a pochi metri di profondità, del relitto di una nave oneraria romana datata, in base al carico di anfore, al II sec. a.C., affondata contro la scogliera di Punta dell’Aspide, a 300 metri dalla costa. Il museo ha una sezione di archeologia subacquea, incentrato proprio sul relitto di S. Caterina, con settori che mettono in evidenza i rapporti commerciali marittimi e terrestri dell’antica Neretum in età ellenistica. Sempre a Nardò, ma nella frazione di Santa Maria al Bagno, nei locali di un ex asilo, è stato istituito nel 2015 il museo Acquario del Salento, che apre una finestra sulle profondità della costa salentina, sia dal punto naturalistico sia archeologico. Ben 17 vasche di acqua marina organizzate in quattro ambienti tematici: la grotta sommersa; la sala della costa; la sala del mare aperto con il relitto di una nave oneraria di epoca romana; la sala del mare profondo con relitti di due navi e un aereo della Seconda guerra mondiale.

Il museo Archeologico nazionale di Capo Colonna (Crotone)

Al museo Archeologico nazionale di Capo Colonna (Crotone) c’è anche una sezione di archeologia subacquea. Realizzato a seguito delle campagne di scavo effettuate dalla soprintendenza Archeologia negli anni 1999-2001 che hanno messo in luce i resti di età romana e le fondamenta del tempio greco di età classica dedicato al culto di Hera Lacinia, il museo espone contesti archeologici relativi al grande santuario che si sviluppò sul promontorio di Capo Colonna tra VII secolo a.C. e VI secolo d.C. Il santuario si trovava sul lembo estremo del promontorio dagli antichi greci denominato Lacinio, posto in uno dei tratti più frastagliati e frequentati della costa jonica calabrese. Numerosi relitti (databili tra il VI sec. a.C. e il III sec.d.C.) sono presentanti all’interno di una sezione appositamente dedicata all’archeologia subacquea con esposizione open space di circa 200 mq. Qui si trova   una parte del carico di marmi trasportati dalla nave naufragata presso Punta Scifo e databile al III sec. d.C., oltre ad altre suppellettili rinvenute durante lo scavo del relitto e oggetti prelevati da altri contesti sottomarini. Anche il museo Archeologico dell’antica Kaulon a  Monasterace (Reggio Calabria) ha una ricca sezione dedicata all’archeologia subacquea. Nel percorso espositivo la storia della colonia magno-greca di Kaulonia è illustrata dall’età di fondazione  fino ad età ellenistico-romana. Numerosi i reperti subacquei tra cui, ancore e resti di colonne lavorate da aree limitrofe all’odierno museo situato a poca distanza dalla costa nei pressi di Punta Stilo dove c’è il faro.

Il suggestivo Castello Santa Severa ospita il nuovissimo museo del Mare e della navigazione antica

Risalendo il Tirreno, sulle coste laziali, si incontra il museo della Navi romane di Fiumicino (Roma) al momento purtroppo chiuso. Dovrebbe riaprire nel 2019 per ospitare cinque relitti di imbarcazioni di età romana, rinvenuti durante i lavori di costruzione dell’aeroporto Leonardo da Vinci, fra il 1958 e il 1965, oltre a una serie di materiali relativi alle tecniche di costruzioni navali, le rotte, i porti, la vita di bordo e a tutta la rete commerciale del Mediterraneo. Un po’ più a nord, a Castello di Santa Severa (Roma), c’è il nuovissimo museo del Mare e della navigazione antica, che nel 2017 ha rinnovato negli spazi e nell’allestimento l’antiquarium Navale, istituito 23 anni prima. Ben sette nuove sale ospitano oltre cento reperti distribuiti lungo un percorso espositivo e didattico che introduce il visitatore al tema dell’archeologia subacquea e della navigazione antica illustrando i diversi aspetti della “vita sul mare e per il mare”. Il museo è destinato a conservare e valorizzare le testimonianze archeologiche provenienti dai fondali del litorale cerite compreso tra Alsium e Centumcellae, con particolare riferimento al porto di Pyrgi. La prima sala, “Dal fondo del mare la storia degli uomini”, con una ricca collezione di anfore romane introduce, tramite diorami, alla vita antica sul mare e per il mare. La seconda sala, “Gli antichi sugli oceani”, è dedicata alle esplorazioni e alle scoperte geografiche degli antichi uomini del Mediterraneo. La terza, “Le navi e le navigazioni più antiche” introduce alla marineria etrusca, fenicia e greca illustrando i principali relitti del Mediterraneo e le tecniche costruttive delle imbarcazioni. “Idraulica e navigazione” è il tema della quarta sala che ospita gli apparati di sentina delle navi romane con specifico riferimento alle pompe idrauliche. Vi si trova la ricostruzione di una pompa di sentina del tipo a bindolo funzionante. Nella quinta sala si affronta il tema “Nel porto e sulle navi a vela” con approfondimenti sulle manovre e sulle andature delle navi “a vela quadra” in funzione dei venti e delle correnti. La vita a bordo della navi romane è l’argomento della sesta sala (“La vita sul mare e per il mare”) che ospita una ricca collezione di ceppi di ancora originali provenienti dai fondali del litorale cerite e dal porto di Pyrgi. Di grande qualità ed interesse la ricostruzione in scala al vero della stiva di una nave oneraria del I secolo a.C., di medio tonnellaggio, con carico di anfore e vasellame. Nell’ultima sala, “Pyrgi sommersa”, sono illustrate le ricerche in corso sul fondale pyrgense e il progetto “Pyrgi Sommersa” curato dal museo civico in collaborazione con la soprintendenza e il centro studi Marittimi del gruppo archeologico del Territorio Cerite.

Una delle navi restaurate ed esposte nella Sala V del museo delle Navi antiche di Pisa

Una delle scoperte più importanti dell’ultimo scorcio del Novecento, le antiche navi di Pisa, costituiscono il cuore del museo delle Navi agli Arsenali medicei di Pisa. Il museo che ospiterà 30 navi romane con il loro carico di anfore, ceramiche, vetri, metalli, strumenti di bordo, scavate e restaurate in oltre 16 anni di lavori, è ancora in allestimento, ma il cantiere dal dicembre 2016 è visitabile su prenotazione. Era infatti il 1998 quando, poco fuori l’antica cerchia delle mura di Pisa, verso il mare, le Ferrovie iniziarono lavori di scavo a fianco della stazione di Pisa San Rossore. Immediatamente emersero oggetti di legno di cui gli archeologi compresero l’eccezionale importanza. Il Mibact, in accordo con la Rete Ferroviaria Italiana, iniziò subito una indagine archeologica nell’area. A circa tre metri di profondità emerse un’impressionante serie di relitti di navi. Nel 1999 RFI decise, necessariamente, di spostare altrove l’edificio. Si aprì quindi un grande cantiere di scavo, concluso nel 2016, che ha restituito circa trenta imbarcazioni di epoca romana e con esse importantissime testimonianze sui commerci, sulle tecniche di navigazione antica.

Ancora esposta al museo del Mare di Licata

La nave punica esposta al museo Archeologico regionale Lilibeo-Marsala

Il nostro viaggio virtuale a bordo della goletta Oloferne si chiude sulle coste siciliane. A Licata (Agrigento) c’è il museo del Mare, nato per iniziativa del locale gruppo archeologico Finziade che, dal 2012, si è dotato di un nucleo subacqueo. I lavori di recupero, condotti sotto la supervisione della soprintendenza del Mare, presso il sito dell’isolotto San Nicola e della Secca Poliscia (tuttora in corso) hanno riportato a galla reperti archeologici databili tra il periodo protostorico e l’età medievale che ora sono musealizzati nei locali comunali del chiostro di Sant’Angelo. La collezione più importante  è quella delle ancore:  due ancore a gravità a un foro, tre a gravità a tre fori, due ceppi litici, sei ceppi in piombo e una contrammarra plumbea. Tra le ancore in ferro, una di epoca romana del tipo a freccia, una bizantina, un’ancora Trotman (XIX secolo) e un ammiragliato (XX secolo). Tra gli oggetti restituiti dal mare una delicata gemma in pasta vitrea con incisa una figura umana sdraiata. Seguendo la costa, verso Ovest, c’è Sciacca (Agrigento) che dall’aprile 2017 ospita un nuovo museo del Mare in cui si incrociano storie di legalità ripristinata, archeologia subacquea, ricerca storica. Il museo di Sciacca, che ancora non è stato intitolato, è un esempio di allestimento lineare ed elegante che valorizza le collezioni che provengono in parte da reperti recuperati dalla Guardia di Finanza e, in parte, dalle ricerche subacquee coordinate dalla soprintendenza del Mare. Il pezzo più antico è una rarissima tazza in terracotta del II millennio a. C., scoperta nel mare di Sciacca. Nella prima delle due sale (sala delle anfore) le testimonianze della vivacità dei traffici marittimi dell’antichità: anfore puniche, tardo repubblicane e imperiali, olearie africane grandi, vinarie greco-italiche, romane dell’adriatico e bizantine. Nella seconda sala otto cannoni in bronzo e ferro della seconda metà del XVI sec., oltre a diverse parti strutturali della nave, stoviglie, strumenti di bordo. Prima di doppiare capo Boeo, si getta l’ancora a Marsala (Trapani), che fu potente colonia fenicia chiamata Lilibeo. In un edificio storico, il Baglio Anselmi, stabilimento vinicolo del XIX secolo, è allestito il museo Archeologico regionale di Lilibeo – Marsala (Trapani) che si trova all’interno del Parco archeologico di Lilibeo. I locali furono acquisiti al Demanio regionale e adibiti a museo nel 1986 per esporre il relitto della Nave punica (III sec. a.C) e illustrare la storia della città antica. Nel marzo del 2017 è stato inaugurato il nuovo percorso espositivo, completamente rimodulato e arricchito di reperti provenienti da recenti scavi e del relitto della nave tardo-romana di Marausa (IV sec. d. C). Il percorso  dedicato alle collezioni subacquee comprende la saletta Porti di Lilibeo, sala Nave Punica, sala Nave di Marausa. Terra e mare si fondono in queste sale che custodiscono oggetti del passato strappati al mare come  la statua di guerriero, di epoca romano-imperiale, e un tesoretto aureo recuperati dal mare di capo Boeo, le anfore dal porto o gli elmi in bronzo, dal mare di capo San Vito. L’ultimo tratto di navigazione ci porta a Favignana, nelle isole Egadi, dove nell’ex stabilimento Florio, costruito nella seconda metà dell’Ottocento per iniziativa del senatore Ignazio Florio, all’epoca il più importante e moderno stabilimento industriale per la lavorazione del tonno, oggi è il museo del Mare più grande d’Italia con una superficie di quasi 20mila mq e 18 sale espositive. Alcune sale conservano le antiche imbarcazioni usate per la pesca del tonno, altre  reperti archeologici, altre ancora testimonianze della famiglia Florio. Nell’Antiquarium reperti archeologici provenienti dalle acquee delle Egadi, due sale dedicate a testimonianze della Battaglia delle Egadi del 241 a.C, con rostri romani ed elmi di tipo Montefortino.

Pisa. A 18 anni dalla scoperta della “Pompei del mare”, trenta imbarcazioni romane dal III sec. a.C. al VII d.C., è stato presentato agli Arsenali medicei il primo nucleo del Museo delle Navi antiche, visitabile su prenotazione

Le antiche navi romane trovate a San Rossore sono ospitate negli Arsenali medicei di Pisa

Le antiche navi romane trovate a San Rossore sono ospitate negli Arsenali medicei di Pisa

Gli Arsenali medicei di Pisa sede del museo delle Navi antiche

Gli Arsenali medicei di Pisa sede del museo delle Navi antiche

Le navi sono tornate negli Arsenali Medicei di Pisa. Ma non sono le galee tanto importanti per Cosimo I che nella seconda metà del Cinquecento volle questa importante struttura per soddisfare le richieste del porto di Livorno e dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. Tra le volte a tutto sesto di due delle otto sale dell’arsenale disegnato da Bernardo Buontalenti, nel centro di Pisa, interamente ristrutturato dal ministero dei Beni culturali, sono state ormeggiate alcune delle trenta imbarcazioni di epoca romana, di cui 13 integre, risalenti tra il III secolo a.C e il VII d.C., scoperte dal 1998, complete di carico, con oggetti personali dei marinai, e migliaia di frammenti ceramici, vetri, metalli, elementi in materiale organico. È il primo nucleo del “Museo delle Navi antiche” che si è concretizzato a diciotto anni dalla straordinaria scoperta di navi romane nel vecchio alveo dell’Auser (l’odierno Serchio)  che fece chiamare Pisa la “Pompei del mare”. È stato presentato al pubblico il 25 novembre 2016 dal soprintendente di Archeologia e Belle Arti e Paesaggio di Pisa e Livorno Andrea Muzzi e dai progettisti e direttori dei lavori Andrea Camilli, archeologo, e Marta Ciafaloni, architetto, funzionario della soprintendenza. E da sabato 3 dicembre 2016 è possibile la visita al cantiere di scavo e al cantiere di allestimento del museo delle navi antiche su prenotazione, in giorni stabiliti o su richiesta: per informazioni turismo@archeologia.it e 055.5520407. “L’apertura del museo”, spiega Andrea Muzzi, “è importante perché rendiamo finalmente visibile una straordinaria avventure archeologica che rappresenta un patrimonio culturale di inestimabile valore non solo sotto il profilo museale ma anche per la particolarità del restauro effettuato”. E Andrea Camilli: “A San Rossore abbiamo riscritto un pezzo di storia del restauro modificando anche i protocolli internazionali e costituendo un centro di eccellenza di richiamo internazionale, dove si sono sperimentate con successo tecniche mai usate prima d’ora”.

Una fase dello scavo delle navi romane antiche a San Rossore

Una fase dello scavo delle navi romane antiche a San Rossore

Era il 1998 quando, vicino alla stazione ferroviaria di San Rossore a Pisa, vennero alla luce i resti della prima nave, determinando il blocco dei lavori per la costruzione della ferrovia. La scoperta si rivelò presto ben più importante del previsto, trattandosi di un sito di grande importanza. Inizialmente si riteneva si trattasse di uno scalo portuale, ma ben presto si è identificata la vera natura del deposito: si tratta del punto di incrocio di un canale della centuriazione pisana con il corso del fiume Serchio (l’antico “Auser”), dove, a seguito di una serie di disastrose alluvioni (ne sono state identificate almeno sette, dal II secolo a.C. al VII sec. d.C.), sono affondate almeno trenta imbarcazioni, che sarebbero giunte da varie parti del Mediterraneo: Gallia, Campania, Adriatico, ecc. Nacque così il grande cantiere di scavo e di restauro. Il laborioso lavoro di archeologi e restauratori di Cooperativa Archeologia, che si è occupata anche del montaggio dei relitti sotto la direzione dell’archeologo Andrea Camilli, ha ricomposto il mosaico di una lunga storia, fatta di commerci e marinai, navigazioni e rotte, vita quotidiana a bordo e naufragi.  Il tutto disseminato all’interno degli Arsenali Medicei di Pisa, considerato il luogo più adatto per la realizzazione di un museo: costruiti – come si diceva – nella seconda metà del Cinquecento per volontà di Cosimo I, sono formati da una serie di capannoni in mattoni, in origine aperti, decorati sulla facciata verso l’Arno da mascheroni in marmo, stemmi e iscrizioni che ricordano le vittorie navali dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano.  I primi due ambienti ad essere aperti al pubblico (saranno 8 in tutto) sono la sala V e, con una sezione introduttiva a questa, la sala IV, con l’esposizione della prima imbarcazione rinvenuta, la nave A (lunga 18 metri e risalente al II secolo d.C).

Una delle navi restaurate ed esposte nella Sala V del museo delle Navi antiche di Pisa

Una delle navi restaurate ed esposte nella Sala V del museo delle Navi antiche di Pisa

Nella grande sala V sono esposte tutte le navi restaurate: da guerra, da commercio, da mare aperto e da fiume. Al momento, qui si possono vedere la Nave F (del II secolo d.C.), che rientra nella categoria delle piccole imbarcazioni fluviali, veloci, a forma di piroga, dalla caratteristica prua monossile, ossia scolpita in un unico blocco.  Lo scafo è deformato per il pilotaggio da un solo lato, come le gondole; la Nave I (del IV-V secolo d.C) è un traghetto a fondo piatto interamente realizzato in legno di quercia e rivestito all’esterno da fasce chiodate in ferro per proteggere lo scafo dai fondali bassi.  La nave era manovrata a riva da un argano; la Nave D ((VI secolo d.C) è visibile posta su una grande struttura metallica, che sostiene questa imponente imbarcazione, lunga 13 metri e larga più di 4: una nave fluviale adibita al trasporto di sabbia, trainata da riva da una coppia di cavalli. È inoltre presente la ricostruzione a grandezza naturale della Nave C, l’Alkedo (inizi I secolo d.C.), finalmente libera dal guscio che l’ha protetta per 15 anni. Consistenti tracce di colore hanno permesso di riprodurre il suo colore originale, in bianco con rifiniture in rosso e il nero per il simbolo dell’occhio, dipinto sulla prua a protezione delle avversità di chi va per mare.

Un'anfora in corso di scavo visibile in uno dei padiglioni del Museo delle Navi Antiche di Pisa

Un’anfora in corso di scavo visibile in uno dei padiglioni del Museo delle Navi Antiche di Pisa

La sala IV, invece, è dedicata alla tecnica di costruzioni delle navi e racconta come un semplice cantiere di scavo venne ampliato e attrezzato per una scoperta così inaspettata.  Il progetto di scavo e restauro delle antiche navi di Pisa è innovativo a livello internazionale, considerato che per la prima volta sono state restaurate delle navi per intero, senza che venissero smontate. Quindi il restauro è iniziato in corso di scavo. In cantiere è stato progettato un preliminare sistema di protezione dei reperti con pannelli in vetroresina.  A breve, sarà svelato il resto, per un totale di 4.800 metri quadrati: una serie di sale tematiche dove sarà allestito, in 70 sezioni, un museo della storia antica di Pisa. L’ingresso sarà dal cortile, con il lungo corridoio che costituisce la spina dorsale del percorso, la narrazione di tutto quello che era Pisa prima delle navi, gli eventi alluvionali che portarono al loro progressivo affondamento, tutte le navi restaurate e tanto altro, fra cui il bagaglio del marinaio, una cassetta di legno con monete e medicamenti. Sarà un percorso tra amuleti e tanti oggetti di bordo come fornelli, vasellame da mensa e da cucina, piatti e attrezzi da carpentiere per le riparazioni, lucerne e oggetti di culto che i marinai portavano con loro durante viaggi pericolosi, come oggetti votivi, piccole statuine delle divinità e scarabei, calzature in legno, frammenti di indumenti in cuoio, resti vegetali come semi, utili sia per capire i commerci che l’alimentazione dei marinai.