Archivio tag | museo archeologico nazionale di Vulci

Vulci. Nella sala François del parco archeologico e naturalistico “Vulci. Work in progress”, II Incontro Internazionale, due giorni dedicati alla ricerca sul campo nella grande metropoli etrusca: in presenza e on line. Al museo Archeologico nazionale apre la mostra “La prima Vulci”

vulci_parco_ricerca-sul-campo_incontro-internazionale_locandinaIl 18 e 19 maggio 2023, nella sala François del parco archeologico e naturalistico di Vulci, appuntamento con “Vulci. Work in progress”, il II Incontro Internazionale dedicato alla ricerca sul campo nella grande metropoli etrusca.  L’accesso è consentito fino ad esaurimento posti. Il più ampio pubblico potrà seguire la diretta streaming sulla pagina Facebook. Negli ultimi anni la soprintendenza ha aperto, con concessioni annuali e triennali in accordo con la direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio del MIC, un intenso programma di scavi e ricerche affidate a Istituti nazionali e internazionali, in modo da arricchire la conoscenza di Vulci sotto ogni aspetto, sottraendola alle urgenze legate alla tutela, come è avvenuto per molti decenni. Torna quindi, dopo il I Incontro avvenuto nel dicembre del 2021, il convegno internazionale “Vulci work in progress”, il 18 e 19 maggio 2023. Un’occasione per presentare gli atti del convegno precedente, svoltosi sempre nella suggestiva location del parco archeologico e naturalistico di Vulci. Si approfitterà per fare il punto su tutte le scoperte, rinvenute anche di recente, in questo luogo che non smette mai di stupire. Inoltre, il 18 maggio 2023, alle 12, si avrà anche l’opportunità di poter apprezzare la mostra “La Prima Vulci”, che sarà inaugurata al museo Archeologico nazionale di Vulci, grazie alla collaborazione con la direzione regionale Musei del Lazio.

vulci_necropoli-dell-osteria_tomba-3_interno_foto-sabap-vt-etr-mer

L’interno della Tomba 3 recentemente scoperta nella necropoli dell’Osteria a Vulci (foto sabap-vt-etr-mer

“Vulci. Work in progress” è un momento di dialogo e di confronto sui nuovi dati acquisiti dalle ricerche svolte sul campo da vari istituti universitari, coinvolti per riflettere sulla storia, sull’evoluzione, sul passato, sul presente e sul futuro di questa terra con tutte le sue stratificazioni, i suoi usi e le sue frequentazioni. Atenei italiani e stranieri si inter‐scambieranno le reciproche esperienze, in nome del comune interesse per il patrimonio culturale vulcente. E gli attori‐soggetto di queste attività li ritroveremo nel II incontro internazionale di maggio. Saranno loro ad illustrare lo scenario venuto alla luce tra il 2022 e i primi mesi del 2023. Dopo i saluti istituzionali iniziali, alle 10, in primis del presidente della Fondazione Vulci, Gianni Bonazzi, l’introduzione spetterà ai sindaci dei comuni di Canino, Ischia di Castro e Montalto di Castro; a seguire sarà il turno delle autorità: il direttore della direzione generale Abap, Luigi La Rocca; il direttore della direzione regionale Musei Lazio, Stefano Petrocchi; del soprintendente, Margherita Eichberg. Per la soprintendenza, inoltre, interverrà in più contributi la funzionaria archeologa responsabile di zona, Simona Carosi e la funzionaria responsabile del servizio di archeologia subacquea, Barbara Barbaro.

vulci_parco_ricerca-sul-campo_incontro-internazionale_programma_locandinaMolti i progetti che hanno coinvolto direttamente Fondazione Vulci e la soprintendenza, in particolare quelli riguardanti le indagini nell’Area C della necropoli dell’Osteria. Inoltre saranno presenti: l’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti‐Pescara con contributi riguardanti il sito di Poggio delle Urne (progetto: Usi funerari preromani) della prima età del Ferro e della fase orientalizzante; si parlerà delle ricognizioni territoriali nella bassa Valle del Fiora e degli scavi nella necropoli villanoviana ed etrusca di Ponte Rotto da parte dell’università di Napoli “Federico II” (All’origine di Vulci). E poi ancora tanti altri progetti: Understanding Urban Identities, a cura del dipartimento di Studi storici dell’università di Göteborg (Svezia); Vulci 3000, della Duke University (USA); Vulci Cityscape 2022 dell’università di Friburgo e Magonza; Sustainable Vulci della University College London (Londra). Di “Vulci: vecchi scavi, nuove prospettive. Un progetto condiviso” parleranno Alessandro Conti, della Sapienza università di Roma, e Cristian Mazet, dell’istituto nazionale di Studi etruschi e italici; quest’ultimo altro ente che va ad aggiungersi a tutte le fondazioni, istituzioni e atenei coinvolti nel II convegno internazionale Vulci work in progress 2023. Ancora, molti i contributi relativi ad indagini archeometriche su materiali vulcenti, che consentiranno riflessioni e nuove prospettive anche su materiali e contesti già noti. Non meno importante, la ricognizione sulle scoperte archeologiche avvenute sul territorio, grazie all’archeologia preventiva. Un bilancio dei risultati per tracciare le linee di progetti futuri.

Vulci. Riaperta la percorrenza del Ponte della Badia a conclusione dei lavori di restauro e sistemazione della spalla destra della struttura

vulci_badia_ponte_riaperta-la-percorrenza_il-passaggio-pedonale_foto-sabap-vt-etru-mer

Riaperta la percorrenza sul Ponte della Badia di Vulci (foto sabap-vt-etru-mer)

Riaperto il Ponte della Badia di Vulci. Lo comunica la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale. A conclusione dei lavori di restauro e sistemazione della spalla destra del Ponte della Badia di Vulci, è stata infatti ripristinata l’intera percorrenza del Ponte stesso e della strada che conduce dal museo nazionale della Badia al Parco di Vulci. I lavori, avviati ad inizio 2023 e che costituiscono il prolungamento di quelli che hanno interessato direttamente la struttura monumentale del Ponte, hanno previsto il restauro di pavimentazioni antiche, delle murature, la sistemazione di alcuni suggestivi punti di visuale, l’installazione di recinzioni e il riassetto della vegetazione e della pavimentazione stradale.

vulci_badia_ponte_riaperta-la-percorrenza_scorcio-sul-flora_foto-sabap-vt-etru-mer

Scorcio sul fiume Flora dal Ponte della Badia di Vulci (foto sabap-vt-etru-mer)

Un finanziamento ministeriale dedicato (attivato grazie alla L. 190/2014, D.M. 28.01.2016) ha permesso di intervenire sul monumento per il consolidamento e il restauro di tutta la struttura, consentendo, al termine dei lavori, nel dicembre 2021, di riconsegnare alla comunità un elemento del paesaggio vulcente di grande rappresentatività e un’opera antica che è un simbolo del patrimonio culturale italiano e internazionale. Il cantiere proseguirà, nelle prossime settimane, nella porzione posta immediatamente a Sud della strada, con attività di restauro e recupero della cd. Osteria di Annibal Caro e dell’area adiacente per completare, con opere aggiuntive, la fruizione di tutta l’area.

vulci_badia_ponte_veduta-dal-flora_foto-sabap-vt-etru-mer

Il Ponte della Badia di Vulci prima dei restauri visto dal letto del fiume Flora (foto sabap-vt-etru-mer)

Il ponte della Badia, che collega le due sponde del fiume Fiora nel punto più stretto, è un’opera molto stratificata e caratterizzata da una complessa processualità architettonica; presenta tre arcate, la maggiore delle quali ha una luce di 20 m, ed è sostenuto da due pile in opera quadrata. La fase costruttiva più antica risale all’epoca etrusca, a cui sono da riferire le parti in conci di tufo rosso; in epoca Repubblicana Romana le pile furono in parte ricostruite mediante opera cementizia rivestita da lastre di travertino; nel Medioevo furono aggiunti l’acquedotto, la spalletta meridionale e una pavimentazione. I danni rilevati a seguito delle piene consistevano principalmente nella perdita di molti blocchi di tufo e nenfro (in parte originali, in parte di restauro) della pila principale e nell’erosione della base fondale della spalla destra, a causa della conseguente diminuzione delle sezioni resistenti: tali danni creavano le premesse per una grave vulnerabilità dell’intera struttura.

Roma. All’Odeion – museo dell’Arte classica dell’università La Sapienza ultimo appuntamento con il ciclo di incontri “Cronache vulcenti” e inaugurazione mostra “Vulci: il patrimonio disperso e ritrovato. Dalle ricerche ottocentesche al digitale”

roma_cronache-vulcenti_ecole-francaise-roma_acquarello-vulci-badia_trustees-british-museum

“Vulci, Ponte della Badia” (1842), acquerello di Samuel James Ainsley (1806-1874) (foto The Trustees of the British Museum): immagine usata dall’École française de Roma per il seminario “Cronache vulcenti”

Un Seminario sulla storia degli scavi e sulle collezioni archeologiche disperse per affrontare il tema della dispersione del patrimonio archeologico di Vulci, attraverso il recupero della documentazione d’archivio relativa agli scavi condotti nei secoli scorsi nelle necropoli della città e grazie al coinvolgimento di studiosi che sotto diversi aspetti hanno affrontato il tema. Giovedì 26 maggio 2022, alle 13.30, all’Odeion – museo dell’Arte classica dell’università La Sapienza di Roma, ultimo appuntamento con il ciclo di incontri ‘Chroniques vulciennes. Séminaire sur l’histoire des fouilles et des collections archéologiques dispersées – Cronache vulcenti’ organizzato dal dipartimento di Scienze dell’Antchità – Sapienza università di Roma, in collaborazione con l’École française de Roma e il patrocinio dell’Istituto nazionale di Studi Etruschi e Italici. Perché tra le grandi metropoli etrusche, Vulci è forse quella su cui ancora oggi pesano maggiormente le complesse vicende degli scavi, che hanno profondamente condizionato la possibilità di ricostruirne la storia e di apprezzarne adeguatamente il ruolo nel più ampio quadro dell’Italia preromana.

roma_sapienza_mostra-vulci-il-patrimonio-disperso-e-ritrovato_foto-sapienzaMolti sono i fattori all’origine di questa situazione che affligge la città, tra le più indagate e le meno conosciute dell’Etruria meridionale: se da un lato le convulse ricerche condotte a partire dall’Ottocento con finalità antiquarie hanno determinato la distruzione di numerosi contesti e un’immane dispersione del suo patrimonio archeologico in musei e collezioni di tutto il mondo, dall’altro il saccheggio indiscriminato delle sue necropoli perpetrato dagli scavatori clandestini fin dagli anni ’50 del Novecento, ha continuato, nonostante i tentativi di repressione, a provocare la diaspora sistematica di eccezionali reperti che, decontestualizzati, hanno per sempre perduto la loro condizione di documenti storici divenendo solo “begli oggetti” destinati ad arricchire raccolte museali o private, soprattutto all’estero. Per queste ragioni, il settore di Etruscologia e antichità italiche del dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza, in collaborazione con l’École Française de Rome e con il patrocinio dell’Istituto nazionale di Studi Etruschi e Italici, ha organizzato tra febbraio e maggio 2022 il ciclo di incontri Chroniques vulciennes. Séminaire sur l’histoire des fouilles et des collections archéologiques dispersées – Cronache vulcenti.

roma_sapienza_seminario_vulci-nell-era-digitale_locandinaProgramma. Alle 13.30, accoglienza e presentazione della sessione: Alessandro Conti, Christian Mazet, Laura M. Michetti. Seguono i saluti istituzionali: Giorgio Piras, direttore del dipartimento di Scienze dell’Antichità – Sapienza Università di Roma; Brigitte Marin, directrice de l’École française de Rome; Nicolas Laubry, directeur des études pour l’Antiquité – École française de Rome; Giuseppe Sassatelli, presidente dell’Istituto Nazionale di Studi Etruschi e Italici. Moderatore: Stéphane Verger, museo nazionale Romano. Alle 14, Cécile Colonna, Néguine Mathieux (Institut National d’Histoire de l’Art; Musée du Louvre) su “Le patrimoine de Vulci et le marché parisien du XIXe siècle”; 14.30, Benjamin Houal, Vincent Jolivet (CNRS, AOrOc) su “Fouilles anciennes, technologie numérique: la nécropole de Cavalupo”; 15, Maurizio Forte, Elisa Biancifiori (Duke University; Sapienza Università di Roma) su “Vulci nell’era digitale: il progetto Vulci 3000”; 15.30, Manuela Bonadies, Anna Sofia Lippolis, Laura M. Michetti, Arturo Zampaglione (Sapienza Università di Roma; CNR-ISTC; Direzione VNM) su “Vulci nel Mondo. Un museo virtuale del patrimonio disperso”; 16, Sara De Angelis (Direzione regionale Musei Lazio – museo Archeologico nazionale di Vulci) su “Raccontare il patrimonio disperso. Il fenomeno della sottrazione e spoliazione dei beni archeologici all’interno dei percorsi museali: sfide e opportunità”; 16.30, Simona Carosi (soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale): conclusioni del seminario “Vulci: la ricerca come volano per la tutela e la valorizzazione”.

roma_sapienza_mostra-vulci-il-patrimonio-disperso-e-ritrovato_locandina_foto-sapienza

La locandina della mostra “Vulci: il patrimonio disperso e ritrovato. Dalle ricerche ottocentesche al digitale” dal 26 maggio al 26 novembre 2022 al museo delle Antichità Etrusche e Italiche dell’università La Sapienza di Roma

Il Seminario è accompagnato da una mostra “Vulci: il patrimonio disperso e ritrovato. Dalle ricerche ottocentesche al digitale” che si apre il 26 maggio 2022, alle 17.30, nel museo delle Antichità Etrusche e Italiche del Polo Museale della Sapienza e alla quale il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha contribuito con il prestito di reperti e con materiali d’archivio. Alle 18.45, aperitivo di fine seminario nell’Odeion, Museo dell’Arte Classica. La mostra “Vulci: il patrimonio disperso e ritrovato. Dalle ricerche ottocentesche al digitale”, che rimarrà aperta fino al 26 novembre 2022, intende presentare le tematiche affrontate durante gli incontri di studio, al fine di sensibilizzare la comunità tutta sul tema cruciale della dispersione del patrimonio archeologico (vulcente e non solo) e condividere le diverse attività di studio, tutela, valorizzazione e comunicazione portate avanti da diversi enti e istituzioni.

Al museo di Francoforte aperta la mostra “Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci”: esposte le ultime scoperte archeologiche dalla metropoli di Vulci e alcuni reperti dal Foro e dal Palatino della Roma dei re etruschi

Promotori e organizzatori all’inaugurazione della mostra “Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci” al museo Archeologico di Francoforte (foto sabap etruria meridionale)
francoforte_mostra-sfingi-leoni-e-mani-d-argento_allestimento_foto-sabap-etruria-meridionale

L’inaugurazione della mostra “Löwen Sphingen Silberhände. Der unsterbliche Glanz etruskischer Familien aus Vulci – Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci” al museo Archeologico di Francoforte (foto sabap etruria meridionale)

Per la prima volta i nuovi ritrovamenti archeologici provenienti dagli scavi in ​​corso della necropoli della città etrusca di Vulci si possono vedere fuori dall’Italia: succede al museo Archeologico di Francoforte dove il 2 novembre 2021, alla presenza del console generale d’Italia Andrea Samà e dell’assessore alla Cultura Ina Hartwig, del direttore del museo Wolgang David, del sindaco di Montalto di Castro Sergio Caci, di Simona Carosi della soprintendenza, di Carlo Casi e Carlo Regoli di Fondazione Vulci, è stata inaugurata la mostra “Löwen Sphingen Silberhände. Der unsterbliche Glanz etruskischer Familien aus Vulci – Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci” (3 novembre 2021-10 aprile 2022) che tra agosto e settembre 2021 aveva avuto un’anteprima nel complesso monumentale di S. Sisto a Montalto di Castro, comune nel quale insiste l’area archeologica di Vulci.

La locandina della mostra “Löwen Sphingen Silberhände. Der unsterbliche Glanz etruskischer Familien aus Vulci – Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci” a Francoforte dal 3 novembre 2021 al 10 aprile 2022
francoforte_mostra-sfingi-leoni-e-mani-d-argento_allestimento-1_foto-alessandro-lugari

Una vetrina della mostra “Löwen Sphingen Silberhände. Der unsterbliche Glanz etruskischer Familien aus Vulci – Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci” al museo Archeologico di Francoforte (foto alessandro lugari)

Le ultime scoperte archeologiche dalla metropoli di Vulci e le più recenti riflessioni sullo sviluppo della civiltà etrusca in Italia, come nella recente mostra “Etruschi. Viaggio nella terra dei Rasna” a Bologna (vedi Bologna. Al museo civico Archeologico riapre la grande mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna”, grazie a Istituzione Bologna Musei ed Electa, e alla solidarietà dei gran musei europei prestatori: biglietti solo on line e ingressi contingentati. In 75 minuti si possono ammirare 1400 oggetti che dialogano con la collezione bolognese | archeologiavocidalpassato) hanno spinto la SABAP dell’Etruria Meridionale, insieme al museo di Francoforte, alla Fondazione Vulci (ente gestore del Parco di Vulci) e al parco archeologico del Colosseo, a promuovere l’evento. “La mostra rappresenta un esempio straordinario”, commenta il soprintendente Margherita Eichberg, “di una riuscita collaborazione internazionale tra il nostro Ministero e il Museo tedesco. È anche grazie alla condivisione e alla diffusione della conoscenza del nostro patrimonio che si combatte il traffico illecito dei reperti e si stimola la coscienza di una cultura partecipata dal più ampio pubblico possibile”.

Alcune sfingi da Vulci esposte nella mostra “Löwen Sphingen Silberhände. Der unsterbliche Glanz etruskischer Familien aus Vulci – Leoni, Sfingi e Mani d’argento. Lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci” al museo Archeologico di Francoforte (foto sabap etruria meridionale)

Alla mostra di Francoforte si possono ammirare i reperti rinvenuti nei recenti scavi effettuati nella Necropoli dell’Osteria e in quella di Poggio Mengarelli. Fanno bella mostra di sé i corredi della Tomba delle Mani d’argento, della Tomba dello Scarabeo Dorato e della Tomba 18 con la rarissima coppa tolemaica, oltre che gli esempi delle più importanti produzioni di artigianato artistico vulcente, come la statuaria in pietra e gli elementi della devozione popolare in terracotta. In mostra, inoltre, alcuni reperti da contesti sacri e sepolcrali dal Foro e Palatino di Roma, relativi al periodo della Roma dei Re Etruschi.

2017, anno record per i musei italiani: superati i 50 milioni di visitatori, e un terzo ha scelto un museo o un sito archeologico. Il Colosseo con oltre 7 milioni di visitatori è in assoluto il monumento più visto, seguito dagli scavi di Pompei con 3,4 milioni. In crescita anche le piccole aree e collezioni archeologiche

File per entrare al Colosseo: nel 2017 superati i 7 milioni di visitatori (foto Omniroma)

Il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini

L’archeologia si conferma vincente nell’anno dei record per i musei nazionali: nel 2017 superati i 50 milioni di visitatori, un risultato eccezionale per l’Italia, e di questi un terzo ha scelto un museo o un sito archeologico. E il monumento più visitato in assoluto si è confermato il Colosseo, ma con un incremento del 10% che ha fatto superare il tetto dei 7 milioni di visitatori. Alla presentazione dei dati finali dell’anno raccolti ed elaborati dal ministero dei Beni e della attività culturali e del turismo, il titolare del dicastero Dario Franceschini ha espresso tutta la sua soddisfazione: “I dati definitivi del 2017 segnano il nuovo record per i musei italiani: superata la soglia dei 50 milioni di visitatori e incassi che sfiorano i 200 milioni di euro, con un incremento rispetto al 2016 di circa +5 milioni di visitatori e di +20 milioni di euro”. E prosegue: “Il bilancio della riforma dei musei è davvero eccezionale: dai 38 milioni del 2013 ai 50 milioni del 2017, i visitatori sono aumentati in quattro anni di circa 12 milioni (+31%) e gli incassi di circa 70 milioni di euro (+53%). Risorse preziose che contribuiscono alla tutela del nostro patrimonio e che tornano regolarmente nelle casse dei musei attraverso un sistema che premia le migliori gestioni e garantisce le piccole realtà con un fondo di perequazione nazionale. I musei e i siti archeologici italiani stanno vivendo un momento di rinnovata vitalità e al successo dei visitatori e degli incassi corrisponde una nuova centralità nella vita culturale nazionale, un rafforzamento della ricerca e della produzione scientifica e un ritrovato legame con le scuole e con i territori”. Per il quarto anno consecutivo – sottolinea Franceschini-  l’Italia viaggia in controtendenza rispetto al resto d’Europa con tassi di crescita a due cifre, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno che, anche nel 2017, hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione del trend nazionale. La Campania è ormai stabile al secondo posto della classifica delle regioni più virtuose: “La rinascita di Pompei è stata sicuramente da traino ma sono state molto positive anche le altre esperienze delle gestioni autonome dalla Reggia di Caserta, al Museo archeologico Nazionale di Napoli, a Capodimonte, a Paestum. Nel 2017 – conclude Franceschini – tutti i musei hanno registrato significativi tassi di crescita, ma il patrimonio archeologico è stato il più visitato: circa un terzo dei visitatori si sono concentrati tra Pompei, Paestum, Colosseo, Fori, Ostia Antica, Ercolano,  l’Appia antica e i grandi musei nazionali come Napoli, Taranto, Venezia e Reggio Calabria e il Museo nazionale romano”.

Lo straordinario complesso della villa dell’imperatore Adriano a Tivoli: new entry nella “top 30” dei musei più visitati nel 2017

Non è un caso, quindi, che sul podio dei musei più visitati d’Italia, ben due “medaglie” siano andati a monumenti antichi e aree archeologiche: il primo posto è andato al Colosseo (oltre 7 milioni di visitatori) e il secondo a Pompei (3,4 milioni di visitatori), mentre il terzo è stato conquistato dagli Uffizi (2,2 milioni di visitatori), risultato che poi viene confermato anche dai visitatori complessivi delle tre regioni di appartenenza, con il Lazio (oltre 23 milioni di visitatori) davanti a alla Campania (quasi 9 milioni) e alla Toscana (poco più di 7 milioni). Nella “Top 30” i tassi di crescita più sostenuti sono stati registrati da Palazzo Pitti (+23%) e da quattro siti campani: la Reggia di Caserta (+23%), Ercolano (+17%), il museo Archeologico di Napoli (+16%) e Paestum (+15%). A seguire i musei reali di Torino (+15%) e il Castello di Miramare di Trieste (+14%). Importante infine segnalare la significativa crescita in classifica della Pinacoteca di Brera (+7 posizioni), di Palazzo Pitti (+5 posizioni) dei musei reali di Torino (+4 posizioni) e l’ingresso in classifica, per la prima volta, di Villa Adriana e del Museo di Capodimonte. Complessivamente nei primi trenta musei italiani ben 10 sono archeologici: Colosseo, 1° (posizione confermata), 7.036.000 visitatori, +10%; Pompei, 2° (posizione confermata), 3.382.240, +7,60%;  museo Egizio di Torino, 8° (posizione confermata), 845.237, -0,80%; museo Archeologico di Napoli, 12° (persa una posizione), 525.687, +16,20%; Ercolano, 13° (posizione confermata), 470.123, +17,30%; Paestum, 15° (guadagnata una posizione), 441.037, +15,10%; museo Archeologico di Venezia, 19° (persa una posizione), 343.582, -0,40%; museo nazionale Romano, 21° (perse due posizioni), 333.555, -1,80%; Ostia antica, 24° (perse tre posizioni), 311.379, -1,60%;  Villa Adriana, 28° (new entry), 242.964, +5,70.

La villa romana del Varignano a Porto Venere: nel 2017 registrati 3470 visitatori (+133%)

Tra i luoghi della cultura tradizionalmente meno visitati notevole è l’aumento registrato dalla Villa Romana del Varignano a Porto Venere (La Spezia) +133% (dai 1.489 del 2016 ai 3.470 visitatori nel 2017), dal museo Archeologico di Volcei “Marcello Gigante” a Buccino (Salerno) +129% (dai 2.491 visitatori del 2016 ai 5.717 del 2017). Anche i siti archeologici meno integrati nei grandi flussi turistici hanno registrato forti incrementi in termini di visitatori come dimostrano il museo e parco Archeologico di Gioia del Colle (Bari) (+122%), il museo nazionale Archeologico di Altamura (Bari) (+108%), il museo Archeologico di Sepino (Campobasso) (+98%), il museo Archeologico di Vulci (Montalto di Castro) (+86%), il museo Archeologico di Venosa (Potenza) (+38%), il museo Archeologico statale di Ascoli Piceno (+35%), Villa Jovis a Capri (+33%) e l’anfiteatro e mitreo di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) (+30%). Infine, anche tra i luoghi della cultura con ingresso gratuito, si segnala il Pantheon, visitato da oltre 8 milioni di persone.

“Gli Ori di Vulci, dal sequestro al restauro”: in mostra a Roma l’eccezionale corredo funerario di una dama etrusca di 2700 anni fa, sequestrato ai tombaroli più di mezzo secolo fa e “riscoperto” nei depositi solo nel 2010

Il manifesto della mostra “Tesori per l'Aldilà. La Tomba degli Ori di Vulci. Dal sequestro al restauro” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma

Il manifesto della mostra “Tesori per l’Aldilà. La Tomba degli Ori di Vulci. Dal sequestro al restauro” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma

Trafugati, recuperati, dimenticati, ritrovati: sono ori lucenti, pendenti raffinati e preziosissimi scarabei ora al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma nella mostra “Tesori per l’Aldilà. La Tomba degli Ori di Vulci. Dal sequestro al restauro” risultato di una grande scoperta giunta però non da uno scavo sul terreno, ma dal museo. Successe sei anni fa. Era il 2010 quando gli archeologi aprirono delle casse “riemerse” nei depositi durante i lavori di riallestimento del museo Archeologico nazionale di Vulci al castello della Badia. E alla vista del contenuto strabuzzarono gli occhi: lì dentro c’era un vero e proprio tesoro, un corredo ricchissimo che doveva accompagnare nell’aldilà una qualche nobile etrusca di 2700 anni fa. Ma da dove proveniva quel tesoro eccezionale? “Tra la meraviglia degli archeologi”, ricorda Alfonsina Russo, soprintendente Archeologia per l’Etruria meridionale, “partirono le indagini, a suon di materiali d’archivio e testimonianze. Fino a risalire a un sequestro effettuato dai carabinieri a Ischia di Castro, nel Viterbese, nel giugno del 1962, quando monili e gioielli furono miracolosamente sottratti ai tombaroli”. Quel meraviglioso corredo doveva essere appartenuto alla cosiddetta Tomba degli Ori – denominazione non casuale -, una tomba trafugata dalla necropoli della Polledrara, proprio a Vulci, che nel VII sec. a.C. era una megalopoli straordinaria, estesa su oltre 100 ettari, dall’entroterra al mare, abitata da molte migliaia di persone (e per questo negli anni ’60 meta prediletta degli scavi clandestini). La necropoli della Polledrara comunque continua anche oggi a regalare scoperte straordinarie e, purtroppo, ad attirare tombaroli senza scrupoli. Proprio quest’inverno la necropoli vulcente ha restituito un altro preziosissimo tesoro appartenuto a una “principessa bambina” e ora al centro di una vasta campagna di scavi (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/03/10/parco-archeologico-di-vulci-scoperta-nella-tomba-dello-scarabeo-doro-fine-viii-sec-a-c-inviolata-il-tesoro-di-una-principessa-etrusca-bambina-salvato-al-saccheggio-de/).

Dettaglio di una lamina in oro dal corredo della Tomba degli Ori di Vulci

Dettaglio di una lamina in oro dal corredo della Tomba degli Ori di Vulci

Un gioiello d'oro dal corredo sequestrato nel 1962 a Ischia di Castro

Un gioiello d’oro dal corredo sequestrato nel 1962 a Ischia di Castro

Se ora i gioielli della Tomba degli Ori – a più di mezzo secolo dal sequestro – risplendono nelle teche di Villa Giulia, è grazie al lavoro di restauro dell’ISCR e al contributo filantropico della Fondazione Paola Droghetti onlus, che dal 1998, attraverso il finanziamento di borse di studio a ex allievi o laureandi della Scuola di Alta Formazione dell’istituto, contribuisce al recupero e alla valorizzazione del patrimonio artistico e archeologico italiano. Per la progettazione dei supporti sono state impiegate le tecnologie 3D, mentre le analisi radiografiche e di fluorescenza dei raggi X hanno permesso all’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro l’identificazione delle leghe di metalli, per lo più rivestite in oro. “I diversi materiali che compongono questo corredo funerario, metalli come l’oro, l’argento e il bronzo, ma anche ambra, pasta vitrea e faïence”, raccontano le restauratrici Irene Cristofari e Flavia Puoti, “hanno richiesto un approccio multidisciplinare e interventi conservativi differenziati”.

Uno degli scarabei in oro trovati nella Tomba degli Ori di Vulci

Uno degli scarabei in oro trovati nella Tomba degli Ori di Vulci

Appuntamento dunque al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma dove, nella sala 21, fino al 31 dicembre è aperta la mostra “Tesori per l’Aldilà. La Tomba degli Ori di Vulci. Dal sequestro al restauro”, realizzata in collaborazione con la soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale, l’Istituto superiore per la Conservazione e il restauro e la fondazione Paola Droghetti. Tra i pezzi più belli esposti, una sontuosa fibula da parata in lega d’oro, tre rari pendenti a disco in argento dorato con simboli astrali. E poi tre scarabei portafortuna incastonati in pendenti-sigillo di tipo siro-fenicio e un raffinato bracciale tubolare in argento decorato in filigrana d’argento dorata insieme a lamine finemente intarsiate e grandi vasi in bronzo realizzati da artigiani provenienti dal Mediterraneo orientale. Tutto a testimoniare l’alto rango della dama vulcente che ne era proprietaria e un significativo spaccato della composita temperie culturale che connotò Vulci nella prima Età Orientalizzante. Ecco quindi che la Tomba degli Ori, conclude Barbara Davidde Petriaggi, la coordinatrice del progetto, “nel restituirci un tesoro ci svela pure gli intensi scambi marittimi che gli Etruschi avevano con i Greci e i Fenici, spinti sulle coste del Lazio settentrionale dall’esigenza di attingere alle fonti di approvvigionamento di materie prime necessarie al progresso industriale e tecnologico”.