Lanuvio (Rm). Apre la mostra “1884-1892 Gli scavi di Lord Savile Lumley al Santuario di Giunone Sospita a Lanuvio”: a oltre 130 anni dal ritrovamento tornano a casa i reperti appartenenti al gruppo scultoreo di Licinio Murena
Domenica 10 settembre 2023, alle 18, il Museo Civico di Lanuvio inaugura la mostra “1884-1892 Gli scavi di Lord Savile Lumley al Santuario di Giunone Sospita a Lanuvio”, ospitata nelle Segrete di Palazzo Colonna-Il Cantinone. Grazie a una sinergia tra gli archeologi del Leeds City Museum, il Comune di Lanuvio nella persona del sindaco Andrea Volpi, il direttore del Museo Luca Attenni, la soprintendenza Archeologia belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti e il museo Archeologico nazionale di Napoli, saranno esposti per la prima volta a Lanuvio i reperti appartenenti al gruppo scultoreo di Licinio Murena provenienti dal Santuario di Giunone Sospita. L’importante gruppo scultorio fu donato dal console Lucinio Murena per il santuario lanuvino, a seguito di una vittoria contro il re del Ponto e si ispira probabilmente ad un gruppo equestre in bronzo commissionato da Alessandro Magno. Risalenti al I sec. a.C. i reperti furono ritrovati appunti nell’800 da Lord Savile Lumley, ambasciatore presso sua maestà britannica che li portò in patria. Dopo oltre 130 anni l’importante ritrovamento ritorna quindi a casa e rimarrà esposto per un anno, con possibilità di visita dal martedì alla domenica. Domenica 10 settembre 2023, al termine dell’inaugurazione, seguirà una serie di visite guidate della mostra a cura del Personale del Museo Diffuso di Lanuvio. Al termine dell’inaugurazione seguirà una serie di visite guidate della mostra a cura del personale del Museo Diffuso di Lanuvio. L’esposizione avrà durata di un anno e sarà possibile visitarla dal martedì alla domenica
Archeologia in lutto. È morta a 70 anni l’archeologa Valeria Sampaolo, a lungo direttrice del museo Archeologico nazionale di Napoli, funzionaria di lungo corso per il ministero dei Beni culturali, grande esperta di affreschi antichi, ha guidato negli anni Novanta i principali siti di Santa Maria Capua Vetere. Il cordoglio del mondo accademico e istituzionale

L’ex direttrice del Mann Valeria Sampaolo in occasione della festa per il suo pensionamento il 1° febbraio 2018 (foto mann)
Il nome di Valeria Sampaolo compare sulla locandina delle “Sere del Mann” tra gli autori dei contributi del libro di Luigi Spina “Mosaico di Alessandro”, la cui presentazione è in calendario il 21 settembre 2023, alle 20, nel giardino delle Fontane. Ma l’archeologa, a lungo direttrice del museo Archeologico nazionale di Napoli fino all’arrivo del decreto sulle autonomie di Franceschini, è morta nella notte tra venerdì 8 e sabato 9 settembre 2023. I funerali si terranno il 10 settembre 2023 alle 9.30 nella chiesa della Madonna del Buon Consiglio in Napoli alla via Girolamo Santacroce. Nata a Roma nel 1953, aveva 70 anni. Funzionaria di lungo corso per il ministero dei Beni culturali, grande esperta di affreschi antichi, ha guidato negli anni Novanta i principali siti di Santa Maria Capua Vetere, curandone il prezioso riallestimento: dal museo Archeologico dell’antica Capua, a quello dei Gladiatori. Nel 2018 era stata festeggiata al Mann quando era andata in pensione. Ma le collaborazioni scientifiche nel “suo” museo non sono mai venute meno. Ricordiamo, ad esempio, la curatele per la mostra “Gladiatori”.

L’archeologa Valeria Sampaolo, già direttrice del museo Archeologico nazionale di Napoli, è morta a 70 anni il 9 settembre 2023 (foto paolo soriani)

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, con l’archeologa Valeria Sampaolo (foto paerco)
Tantissimi i messaggi di cordoglio arrivati dal mondo accademico e istituzionale a cominciare dal Mann. “La Direzione e tutto lo staff del museo Archeologico nazionale di Napoli si stringono attorno ai familiari di Valeria Sampaolo, già direttrice del Mann. Con Valeria – scrive il direttore Paolo Giulierini – ho condiviso molti anni di lavoro, ma lei c’era da molto prima di me e non posso non riconoscerle straordinaria dedizione al lavoro, senso dello Stato e grandi competenze scientifiche. Grazie Valeria per tutto quello che ci hai insegnato”. Anche il parco archeologico di Ercolano ricorda Valeria Sampaolo: “Il personale del parco archeologico di Ercolano con il Direttore Francesco Sirano, assieme al team di HCP, si uniscono a tutto il mondo dell’archeologia campana nel ricordo di Valeria Sampaolo, funzionario infaticabile, studiosa, animatrice di tanti convegni, mostre, allestimenti museali e pubblicazioni sui temi della tutela, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio della Campania e della pittura vesuviana della quale era profonda ed esperta conoscitrice. Al Parco di Ercolano Valeria Sampaolo ha dato importanti contributi, si ricorda con la partecipazione ad un simposio internazionale sulle Pratiche di gestione, di cui è recente la pubblicazione degli atti”.

Valeria Sampaolo al lavoro a Santa Maria Capua Vetere (foto antica capua circuito archeologico)
“Per noi oggi è un giorno molto triste”, si legge sul sito Antica Capua circuito archeologico, “ci ha lasciati una persona a noi molto cara, una studiosa appassionata che ha diretto l’ufficio per i beni archeologici di Santa Maria Capua Vetere a lungo, lasciando un segno indelebile della sua presenza e del suo lavoro in ogni angolo del nostro sito. Ci lascia oggi la dottoressa Valeria Sampaolo. Vogliamo ricordarla così, con alcune foto che la ritraggono attenta, curiosa, felice ed entusiasta nella sua ultima visita al museo, quando le illustrammo l’idea di restituire al pubblico la fruizione della tomba di stallia, rinvenuta anni prima sotto la sua sapiente direzione. Ciao Valeria, un grande abbraccio alla famiglia”. Anche a soprintendenza APAB dell’area metropolitana di Napoli si stringe intorno ai familiari di Valeria Sampaolo, a lungo direttrice del museo Archeologico nazionale di Napoli e funzionaria di lungo corso dell’attuale ministero della Cultura. “Valeria ha rappresentato per molti un punto di riferimento per la sua competenza e la passione profusa nel suo ufficio. Per il mondo della cultura napoletana rappresenta una grande perdita”, dichiara il soprintendente Mariano Nuzzo. La direzione del parco archeologico di Pompei esprime cordoglio per la scomparsa di Valeria Sampaolo. Nata a Roma nel 1953, è stata per anni direttrice del museo Archeologico nazionale di Napoli e poi conservatore capo del museo. Archeologa e studiosa di grande esperienza, era molto legata a Pompei, a cui aveva dedicato numerose pubblicazioni. La direzione generale del Parco, a nome di tutto il personale, esprime le più sentite condoglianze alla famiglia. Grande tristezza per tutto il personale del museo Archeologico nazionale dell’antica “Allifae” che ha avuto la fortuna di condividere il lavoro e la passione della dottoressa Valeria Sampaolo. Il direttore Antonio Salerno e tutto il personale del Museo si stringono attorno alla famiglia della dott.ssa Valeria Sampaolo, già direttrice dell’Ufficio dei beni archeologici di Santa Maria Capua Vetere: “Il suo costante impegno e il suo incessante lavoro ha segnato una svolta per la tutela del territorio e ha costituito un esempio per tutti, come lo sarà ancora per le future generazioni di archeologi”.

L’archeologa Valeria Sampaolo mentre spiega la pittura pompeiana ai ragazzi (foto mann)
Giuseppe Di Leva: “Io me la immagino ancora così, a narrare la pittura pompeiana ai ragazzi”. Marco Minoja: “Il giorno in cui sono diventato un soprintendente archeologo la prima persona che ho voluto chiamare è stata Valeria Sampaolo. Per dirle grazie. Per dirle che quel che era successo era successo grazie a lei, al suo insegnamento, al suo appoggio, al suo esempio militante e determinato. E adesso che ci ha lasciato sento ancora più forte la gratitudine per averla incontrata. Valeria Sampaolo è una di quelle persone che nella vita ti cambiano in meglio, che ti regalano un punto di appoggio costante per il cuore e la coscienza. Che fortuna che ho avuto a conoscerti, Valeria”. Federico Marazzi: “Ho appreso con grande dispiacere la notizia della scomparsa di Valeria Sampaolo. Ho collaborato con lei al tempo della mostra sui Longobardi e ho avuto modo di imparare a conoscere la sua profonda cultura e la conoscenza del museo Archeologico di Napoli e delle sue collezioni e il suo sincero amore per quel luogo. È stata protagonista di una stagione importante dell’archeologia in Campania, lasciando segni rilevanti del suo operato anche sul territorio regionale, soprattutto a Santa Maria Capua Vetere. Le rivolgo un pensiero deferente e di profonda stima, anche in quanto direttore della Scuola di Specializzazione di UniSob e UniCampania, che con il Mann e con il territorio dell’antica Capua interagisce profondamente”. Tsao Cevoli: “Mi unisco al cordoglio di tanti colleghi archeologi per la scomparsa della dott.ssa Valeria Sampaolo, già soprintendente e direttrice del museo Archeologico nazionale di Napoli, una rappresentante dello Stato che ha speso la sua vita per la tutela del patrimonio archeologico. Sit tibi terra levis”. Ilaria Donati: “Un giorno arrivò sullo scavo a Brezza, io ero archeologa in erba, lei ispettrice di quell’area. Era giovane, aveva i capelli con un bel carrè vaporoso, vestiva casual, ma elegante. Mi ha fatto un gran sorriso di incoraggiamento e dopo una breve occhiata è andata via. Rispettosa, dolce, professionalissima. Quando ho consegnato la documentazione di quel saggio, attraverso la società per cui lavoravo, lei ha dato parere positivo, aggiungendo che lo scavo era stato condotto in maniera puntuale e che la documentazione era accurata e corretta. Lei mi ha fornito il primo riscontro diretto della correttezza del primo lavoro che non ho svolto da apprendista. Da allora i contatti con lei, anche quando era Direttrice del Mann, sono stati sempre positivi e proficui. Una bellissima studiosa, una donna generosa del suo sapere. Grazie Direttrice!”.

Teatri di Pietra: Aurelio Gatti con Valeria Sampaolo (foto aurelio gatti)
Il soprintendente arch. Gennaro Leva e tutto il personale della soprintendenza Archeologia Belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento si stringono attorno alla famiglia di Valeria Sampaolo, già direttrice dell’Ufficio dei Beni archeologici di Santa Maria Capua Vetere: “Il suo costante impegno e il suo incessante lavoro ha segnato una svolta per la tutela del territorio e ha costituito un esempio per tutti, come lo sarà ancora per le future generazioni di archeologi”. Aurelio Gatti: “È scomparsa Valeria Sampaolo, ricercatrice, archeologa, funzionario di molti siti e musei archeologici in cui ho lavorato, donna straordinaria e attenta partecipe del mio e nostro lavoro. Con Valeria Sampaolo, responsabile per l’Anfiteatro Campano di S. Maria Capua Vetere e il Prof. De Caro, al tempo Soprintendente di Napoli e Caserta, sono nati i Teatri di Pietra …. era il 1999 e tanto e buon lavoro si è fatto insieme …”. Rotary Club Torre del Greco Comuni Vesuviani: “Con dolore, comunichiamo che la nostra socia e Past President Valeria Sampaolo, già direttrice del Museo Archeologico Nazionale, si è serenamente addormentata. Il nostro Club perde una grande rotariana, prima donna ad entrare nel nostro sodalizio, la comunità degli studiosi è privata di un archivio vivente di conoscenze, noi tutti piangiamo un’amica buona, generosa e leale. Addio Valeria, non ti dimenticheremo mai!”.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale riprendono al giovedì le “Sere del Mann”: visite guidate alla mostra “Picasso e l’antico” e approfondimenti su Alessandro Magno. Ecco il programma
Con un invito alla mostra “Picasso e l’antico” (visite guidate gratuite, prenotazione obbligatoria su www.eventbrite.it) riprendono al museo Archeologico nazionale di Napoli le aperture serali del giovedì (dalle 19 alle 22.30, ultimo ingresso alle 22) per tutto il mese di settembre con un programma che continua gli approfondimenti su Alessandro Magno dopo il successo della grande mostra appena conclusa. Il biglietto speciale avrà il costo di 3 euro (1 euro sarà devoluto per l’Emilia Romagna colpita dall’alluvione) comprensivo delle collezioni – con l’opportunità di scoprire la nuova sezione Campania Romana – e delle mostre.

Copertina del libro “Mosaico di Alessandro” di Luigi Spina
Giovedì 7 settembre 2023 si parte con le visite guidate gratuite a “Picasso e l’antico” a cura del personale del Mann (alle 20.30; 21; 21.30). Il 14 settembre 2023, alle 20, nel giardino delle Fontane, incontro su Alessandro Magno a cura di Laura Giuliano, curatrice delle collezioni Gandhara, India e Sud Est Asiatico al museo delle Civiltà di Roma. Le visite a “Picasso e l’antico” si terranno alle 21; 21.15; 21.30. Il 21 settembre 2023, alle 20, nel giardino delle Fontane, presentazione del libro di Luigi Spina edito da Five Continents sul Mosaico di Alessandro, arricchito dai contributi del direttore del Mann Paolo Giulierini, Valeria Sampaolo, Fausto Zevi. Nel corso della stessa serata opening della mostra “Afrodisia” di Michele Iodice. Visite guidate alla mostra “Picasso e l’antico” in partenza alle 21; 21.15; 21.30. Le visite si svolgeranno negli stessi orari anche giovedì 28 settembre 2023. In occasione dell’ottantesimo anniversario delle Quattro Giornate di Napoli, alle 20, nel giardino delle Fontane, è prevista la conferenza “1940 – 1945: il Museo e la guerra attraverso le pagine del Taccuino napoletano di Amedeo Maiuri”, a cura di Andrea Milanese con Alessandro Gioia. Letture di Angela Luppino.

L’ingresso della mostra “Picasso e l’antico” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)
PICASSO E L’ANTICO. 43 i lavori di Picasso messi a confronto con le sculture Farnese e i dipinti da Pompei. Il progetto, curato da Clemente Marconi, si inserisce nel programma internazionale “Picasso Celebrazioni 1973 – 2023: 50 mostre ed eventi per celebrare Picasso” nel cinquantenario della morte. La mostra ha l’intento di illustrare la profonda influenza di uno dei più grandi musei di arte classica sull’opera di uno dei più importanti artisti moderni. Allestita nelle sale della Collezione Farnese, l’esposizione si divide in due parti: la prima relativa ai soggiorni a Napoli di Picasso – delineando come si presentava al tempo della visita dell’artista il Museo, allora non ancora solo “archeologico” – la seconda relativa al confronto tra le opere del Museo e i lavori di Pablo Picasso. In mostra sono presentate 37 delle 100 tavole che compongono la Suite Vollard, eccezionale prestito del British Museum di Londra. A queste si aggiungono i rilevanti prestiti del musée national Picasso-Paris e del museo Gagosian di New York. L’eco profonda del viaggio in Italia del 1917 sulla produzione artistica di Picasso è stata riconosciuta da tempo; il soggiorno a Napoli ha a sua volta una rilevanza particolare: il naturalismo di questa fase picassiana assume forme esplicitamente classicizzanti, ben riconoscibili nella maggior parte dei dipinti e disegni non cubisti degli anni dal 1917 al 1925 e nell’opera grafica degli anni ’30. Prorogata fino al 2 ottobre 2023 (vedi Napoli. Al museo Archeologico nazionale prorogata la mostra “Picasso e l’antico”. Giulierini: “Questa mostra è possibile solo al Mann, con un dialogo tra i capolavori del mondo classico e le opere del genio spagnolo che ne fu influenzato nella sua visita del 1917” | archeologiavocidalpassato).
Napoli. Al museo Archeologico nazionale la mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” chiusa con 200mila visitatori. E a ottobre si presentano due libri su Alessandro

Testa di Alessandro dal museo di Salonicco all’ingresso della mostra “Alessandro e l’Oriente” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)
Chiusa la grande mostra “Alessandro Magno e l’Oriente”, al museo Archeologico nazionale di Napoli è tempo di bilanci e di annunciare le iniziative a corollario dell’evento espositivo. Di prossima pubblicazione, infatti, editi da Electa, “Alessandro Magno”, volume di saggi a cura di Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, e il fumetto “Nico alla scoperta di Alessandro Magno” di Blasco Pisapia. Il primo titolo sarà presentato al Mann il 9 ottobre e il secondo il 26 ottobre 2023.

Il salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli che ha ospitato la sezione principale della mostra “Alessandro e l’Oriente” (foto graziano tavan)
Circa duecentomila visitatori hanno ammirato la mostra che ha accompagnato l’avvio della fase esecutiva del restauro del grande mosaico della battaglia tra Alessandro e Dario, proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei, uno dei capolavori iconici del Mann. Promossa dal ministero della Cultura, l’esposizione organizzata dal Mann in collaborazione con Electa, con la curatela scientifica di Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, ha proposto con 170 opere il percorso di conquista di Alessandro. La mostra ha avuto il sostegno della Regione Campania, del parco archeologico del Colosseo e Intesa Sanpaolo, e si è avvalsa della collaborazione del museo delle Civiltà di Roma e del ministero ellenico della Cultura e dello Sport. Catalogo Electa.

Mostra “Alessandro Magno e l’Oriente”: da sinistra, i due curatori Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo tra il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e il direttore del Mann Paolo Giulierini (foto graziano tavan)
“Un grande successo per un museo che vuole essere luogo di confronto tra culture, identità e storie”, sottolinea il direttore Paolo Giulierini. “Siamo felici non solo per il numero degli ingressi, ma per il gradimento espresso dai visitatori e il riscontro eccellente della critica, anche internazionale. Il nostro racconto di Alessandro continua. Ad ottobre si parte con due presentazioni del vasto programma di iniziative editoriali che accompagneranno gli approfondimenti su Alessandro. Altri appuntamenti arricchiranno il programma degli incontri settimanali di Archeologia, da novembre, anche in collaborazione con l’università L’Orientale”.

Copertina del libro “Alessandro Magno” a cura di Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo (Electa)
Lunedì 9 ottobre 2023 sarà presentato al Mann il volume edito da Electa “Alessandro Magno” con testi di Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, che ne sono anche i curatori, e una preziosa raccolta di saggi di Stefano De Caro, Anna Trofimova, Emanuele Greco, Calogero Ivan Tornese, Paola Piacentini, Luca Attenni, Fausto Zevi, Theodoros Mavrojannis, Elena Calandra, Michaelis Lefantzìs, Laura Giuliano, Lara Anniboletti, Paolo Giulierini, Laura Forte. I testi raccolti in questo volume – che si aggiunge al catalogo pubblicato in occasione della mostra – raccontano, da vari punti di vista, questo irripetibile momento della storia umana, a partire dalle fonti e dalla ricca iconografia che da sempre accompagna Alessandro Magno.

Copertina del libro “Nico alla scoperta di Alessandro Magno” di Blasco Pisapia (Electa)
Giovedì 26 ottobre 2023 sarà presentato al Mann il volume destinato al pubblico dei più giovani e degli appassionati di fumetti “Nico alla scoperta di Alessandro Magno” (ed. Electa) firmato da Blasco Pisapia, da venticinque anni uno dei più apprezzati disegnatori Disney e Panini comics. Si tratta del quarto fumetto di Pisapia per il Mann, nell’ambito del progetto universitario Obvia, referente Daniela Savy (università di Napoli Federico II).
Vetulonia (Gr). Al museo Archeologico “Isidoro Falchi” ultima visita guidata infrasettimanale alla mostra “Corpo a corpo”. E poi week end con il Palio dei Ciuchi
Venerdì 1° settembre 2023, al museo civico Archeologico “Isidoro falchi” di Vetulonia ci sarà l’ultima visita guidata infrasettimanale alla mostra “Corpo a corpo. Dalla bellezza classica dei capolavori del museo Archeologico nazionale di Napoli alla classicità del bello nell’opera di Mitoraj” a cura delle archeologhe dello staff. Appuntamento alle 17.40. La prenotazione è gradita. Per tutti i partecipanti ingresso ridotto a 5 euro.
Questo fine settimana inoltre si festeggia inoltre la 71° edizione del Palio dei Ciuchi di Vetulonia. Per l’occasione domenica 3 settembre 2023 il MuVet sarà aperto con orario continuato dalle 10 alle 18 con ingresso ridotto a 2,50 euro per tutti i visitatori. Alle ore 11, come ogni domenica, c’è la visita guidata alla mostra “Corpo a corpo”. Programma del Palio. Sabato 2 settembre 2023: alle 17, giochi medievali in piazza con Jolly Blue Circus; 21, processione in onore della Madonna del Buon Consiglio con il coro “San Martino” di Roccatederighi. Domenica 3 settembre 2023: alle 9.30, rivelazione del Palio e benedizione; 15.30, Corteo Storico accompagnato dai Tamburini, musica popolare e giocolieri; 18, corsa del Palio dei Ciuchi; 19.30, APERIPALIO, musica di sottofondo e premiazioni.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale prorogata la mostra “Picasso e l’antico”. Giulierini: “Questa mostra è possibile solo al Mann, con un dialogo tra i capolavori del mondo classico e le opere del genio spagnolo che ne fu influenzato nella sua visita del 1917”

L’ingresso della mostra “Picasso e l’antico” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)
Ancora poco più di un mese per visitare la mostra “Picasso e l’antico” in corso al museo Archeologico nazionale di Napoli, diretto da Paolo Giulierini, la cui chiusura era inizialmente prevista per il 27 agosto 2023. Visto il grande successo di pubblico l’esposizione è stata prorogata al 2 ottobre 2023. Quarantatré i lavori di Picasso messi a confronto principalmente con le sculture Farnese e i dipinti da Pompei. L’esposizione, curata da Clemente Marconi, è allestita nelle sale della collezione Farnese, e illustra la profonda influenza di uno dei più grandi musei di arte classica sull’opera di uno dei più importanti artisti moderni. Promossa dal museo Archeologico nazionale di Napoli con il ministero della Cultura e il sostegno della Regione Campania, e con l’organizzazione della casa editrice Electa, la mostra si inserisce nel progetto internazionale “Picasso Celebrazioni 1973 – 2023: 50 mostre ed eventi per celebrare Picasso” nel cinquantenario della morte (vedi Napoli. Nelle sale della collezione Farnese al museo Archeologico nazionale la mostra “Picasso e l’antico”: quarantatré i lavori di Picasso messi a confronto principalmente con le sculture Farnese (il Toro e l’Ercole) e i dipinti da Pompei. All’inaugurazione segue la performance “Tauromachia” | archeologiavocidalpassato).

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, con il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano (foto graziano tavan)
“Siamo davvero felici nell’annunciare la proroga di Picasso e l’Antico, una mostra possibile solo al Mann, dialogo tra i capolavori del mondo classico e le opere del genio spagnolo che ne fu influenzato nella sua visita del 1917″, commenta il direttore Paolo Giulierini. “Il primo ringraziamento va al British Museum di Londra prestatore delle eccezionali tavole della Suite Vollard, al Musée national Picasso-Paris e alla Gagosian Gallery di New York che hanno acconsentito alla nostra richiesta. Poter proseguire fino al primo fine settimana di ottobre questa esposizione unica nel quadro di Picasso Celebrazioni 1973 – 2023: 50 mostre ed eventi per celebrare Picasso è una bella notizia non solo per il Mann ma per Napoli e la Campania che nel mese di settembre si prevede saranno sempre più meta di turismo culturale, sull’onda di un agosto straordinario. Un grazie anche all’Istituto Cervantes e al Consolato spagnolo. Con oltre 250mila visitatori finora Picasso e l’Antico si proietta verso il record assoluto della mostra su Canova che nel 2019 totalizzò 300mila presenze”.

Allestimento della mostra “Picasso e l’Antico” al Mann: domina l’Ercole Farnese e, dietro, la Donna seduta di Picasso (foto valentina cosentino)
I soggiorni di Picasso a Napoli nel 1917, con la visita sia a Pompei sia al museo di Napoli che esponeva la Collezione Farnese e le opere da Ercolano e Pompei, hanno una rilevanza particolare nella produzione artistica di Picasso: il naturalismo del cosiddetto “secondo periodo classico” assume forme esplicitamente classicizzanti, ben riconoscibili nella maggioranza dei dipinti e disegni non cubisti degli anni dal 1917 al 1925 e nell’opera grafica degli anni ‘30.

Nella mostra “Picasso e l’Antico” al Mann le opere di Picasso dialogano con la collezione del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)
Quarantatré i lavori di Picasso messi a confronto principalmente con le sculture Farnese e i dipinti da Pompei. La mostra ha l’intento di illustrare la profonda influenza di uno dei più grandi musei di arte classica sull’opera di uno dei più importanti artisti moderni. Allestita nelle sale della collezione Farnese, l’esposizione si divide in due parti: la prima relativa ai soggiorni a Napoli di Picasso, delineando come si presentava il museo al tempo della visita dell’artista, allora non ancora solo “archeologico”, e la seconda relativa al confronto tra le opere del museo e i lavori di Pablo Picasso. Sono presentate 37 delle 100 tavole che compongono la Suite Vollard, eccezionale prestito del British Museum di Londra. Queste incisioni, realizzate tra il 1930 e il 1937, si configurano come un fulcro interpretativo nell’opera dell’artista. A queste si aggiungono i rilevanti prestiti del Musée national Picasso-Paris e di Gagosian New York.

Il catalogo Electa della mostra “Picasso e l’Antico”
Le tematiche della mostra sono ripercorse e approfondite dagli importanti saggi pubblicati nel catalogo edito da Electa che prende l’avvio dai due soggiorni effettuati da Picasso nel 1917 nel capoluogo campano e a Pompei per poi ripercorrere il tema portante dell’esposizione: la visita all’allora museo nazionale di Napoli, non ancora (solo) archeologico e l’influenza sulla sua arte. L’esposizione si inserisce nel progetto internazionale “Picasso Celebration 1973-2023: 50 mostre ed eventi per celebrare Picasso” nel cinquantenario della morte. Il volume ricostruisce ispirazioni e metamorfosi della sua arte a partire dall’osservazione di alcuni dei grandi capolavori dell’archeologia classica. Tappa fondamentale di un periodo speciale del percorso artistico di Pablo Picasso, il cui naturalismo assume forme esplicitamente classicizzanti dopo il viaggio in Italia, ben riconoscibili nella maggioranza dei dipinti e disegni non cubisti degli anni dal 1917 al 1925 e nell’opera grafica degli anni ‘30. Il confronto diretto di una serie di opere dell’artista con quelle del Museo, l’incontro con le sculture Farnese in particolare, che lo colpiscono per il gigantismo e la monumentalità, sono la principale rivelazione artistica che Napoli abbia offerto a Picasso. I saggi, ampiamente illustrati, restituiscono l’ispirazione dell’antico – e nello specifico delle opere del Mann –, le esplorazioni e invenzioni di Picasso che hanno generato un’arte nuova attraverso la trasfigurazione dei suoi modelli.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale ancora due settimane per visitare la mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” organizzata con Electa. L’intervento del direttore Giulierini. Gli approfondimenti sui principali temi della mostra

Mostra “Alessandro Magno e l’Oriente”: da sinistra, i due curatori Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo tra il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e il direttore del Mann Paolo Giulierini (foto graziano tavan)

Locandina della mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” al museo Archeologico di Napoli dal 29 maggio al 28 agosto 2023
Alessandro è stato re, filosofo, invincibile stratega e guerriero. Ha conosciuto meglio di ogni altro gli usi e i costumi dei popoli e delle genti di Europa e di Asia. È lui la guida che introduce il curioso visitatore alla scoperta delle sue imprese e delle grandi civiltà del passato. Un eroe che, come un’impareggiabile pop star, ha indossato gli abiti del faraone, quelli di Zeus, di Eracle, di Dioniso, di Shah di Persia, di raja di Taxila e dell’India. Solo le ali per ascendere al cielo non ha indossato, preferendo cavalcare due enormi e affamati grifoni come si raccontava nel Medioevo, attestando l’immediata aura di leggenda che ha avvolto Alessandro. La straordinaria figura di Alessandro Magno, le sue gesta, l’eco della sua immagine nei secoli, è narrata nella mostra “Alessandro Magno e l’Oriente”, a cura di Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, per l’organizzazione di Electa, con 170 opere provenienti da ogni angolo del mondo, dall’antica Persia al Gandhara, insieme ai numerosi reperti della collezione permanente del museo Archeologico nazionale di Napoli, il solo museo in cui si conservino tre ritratti del Macedone e tra questi il più prezioso, il Mosaico della battaglia di Gaugamela, dove si ammira l’eroe in sella a Bucefalo, mentre si scaglia contro Dario sull’alto carro. Quest’opera, attualmente in restauro, (la cui riproduzione è posta a tappeto nel Salone della Meridiana nell’area dove è ricostruito l’ambiente della casa del Fauno) secondo gli studiosi è una copia romana di un sublime quadro del più noto pittore dell’antichità, Apelle. La mostra si può visitare, salvo proroghe, fino al 28 agosto 2023 (vedi Napoli. Al museo Archeologico nazionale apre la mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” che racconta con 170 opere il percorso di conquista giunto fino alla lontana India, dopo aver annesso l’Egitto dei faraoni, il medio Oriente e la Persia | archeologiavocidalpassato).
“La mostra Alessandro Magno e l’Oriente”, spiega il direttore Paolo Giulierini ad archeologiavocidalpassato.com, “è una tappa fondamentale di questi anni di ricerca del museo. Si parte con i ritratti di Alessandro passando per gli affreschi di Boscoreale, quindi per l’Annunciazione del destino di Alessandro, e poi si continua con un confronto tra i Persiani e i Macedoni. Si prosegue nel salone della Meridiana con le grandi battaglie di Alessandro – Isso, Gaugamela e il Granico – e infine con l’entrata di Alessandro in Persia e l’arrivo in India: un incontro di popoli e tradizioni che fanno di questo di straordinario personaggio un simbolo di come oggi l’umanità dovrebbe muoversi e ascoltare le culture. D’altra parte la mostra non nasce isolata ma nasce nel seno dell’operazione di recupero del mosaico della battaglia di Alessandro, rinvenuto alla metà dell’Ottocento nella Casa del Fauno di Pompei, parte adesso la seconda fase con il recupero della parte posteriore e successivamente del tessellato del mosaico nella parte superiore: 12 mesi di lavoro, un milione di investimento per poter riavere, in pieno splendore, il più grande mosaico che l’antichità ci ha restituito”.

Affresco con filosofo, Alessandro e l’Asia, da Boscoreale, Villa di P. Fannius Synistor, oecus (metà del I sec. a.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann – luigi spina)
I Macedoni a Boscoreale. Agli inizi del Novecento fu scoperta a Boscoreale, nei pressi di Pompei, una splendida villa romana, quasi interamente ricoperta da pregevoli affreschi del II stile eseguiti alla metà del I secolo a.C., nell’età di Pompeo e di Cesare. La sontuosa dimora apparteneva, prima dell’eruzione del Vesuvio, a un tale Fannius Synister. La maggior parte degli affreschi fu strappata e venduta all’asta a Parigi nel 1903; solo alcuni rimasero a Napoli, dove oggi possiamo ammirarli. Da allora molti studiosi hanno tentato di interpretare il ciclo pittorico concentrandosi soprattutto sulla sala più importante del complesso, l’oecus. Ma era difficile giungere ad una interpretazione condivisibile senza avere una visione d’insieme, cosa che fu possibile solo grazie a recenti studi pubblicati nel 2013. Si può ora dire con certezza che il ciclo ripropone temi propri dell’età ellenistica e i dipinti dell’oecus in particolare, come alcuni sostenevano, raffigurano una corte macedone. Tale ipotesi è suffragata dalla presenza degli scudi con l’astro a rilievo, dagli abiti dei personaggi e dalle caratteristiche architettoniche degli edifici. Le scoperte archeologiche, avvenute in Grecia nella regione macedone negli ultimi decenni, confermano questa iniziale intuizione. La figura su cui maggiormente si è discusso, rappresentata sulla parete sinistra della sala, è quella del giovane in piedi in cui per diversi e inequivocabili motivi si può riconoscere Alessandro stesso. I segni che inducono a questa identificazione sono: il diadema, la lancia, lo scudo macedone, la kausia (il copricapo ufficiale dei re macedoni), le vesti, le caratteristiche fisiognomiche del volto simili a quelle del grande mosaico di Pompei e l’ambientazione. Il giovane re domina uno stretto di mare, una chiara allusione ai Dardanelli, e la punta della lancia è confitta sulla sponda opposta (dorikteta – conquistata colla lancia), quella asiatica, dove una donna seduta, in vesti orientali, si regge il capo con la mano destra e guarda verso il giovane che regnava sui due continenti allora conosciuti, l’uno per legittima discendenza, l’altro per diritto di conquista. E chi altro, se non Alessandro, aveva riunito sotto un unico scettro le due parti del mondo?

Alessandro Magno: dettaglio del grande mosaico della battaglia di Gaugamela, proveniente da Pompei e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
L’immagine di Alessandro. Conosciamo Alessandro soprattutto attraverso le statue di Lisippo, l’unico artista, oltre ad Apelle, che ebbe il diritto di ritrarlo dal vivo. Ma del grande pittore di Colofone poco o nulla rimane e forse solo il grande mosaico della Casa del Fauno porta i segni della sua arte. Dello scultore invece sono giunte fino a noi alcune opere in cui si vede l’eroe in una postura a lui consueta, con il collo lievemente piegato verso sinistra e una celeste ispirazione nello sguardo. Plutarco riferisce che la carnagione del macedone era chiara e “il bianco della pelle diventava rosso particolarmente sul petto e sul volto”. Alcuni direbbero che era il segno di una certa femminea timidezza. Apelle lo rappresentò in un famoso dipinto nelle vesti di Zeus con un colorito bruno e scuro. Ma Plinio dice che il pittore aveva stabilito il principio teorico di “nascondere i difetti”, soprattutto quando ritraeva gli uomini famosi e potenti. Non sappiamo neanche quale fosse il vero colore dei suoi capelli, che pettinava colla scriminatura centrale, e, a differenza del padre e dei suoi conterranei, rasava accuratamente la barba. L’unico ritratto certo è nel citato mosaico conservato a Napoli, in cui lo si vede a cavallo, colla lancia ben ferma nella mano, avanzare deciso contro il carro di Dario. Ha i capelli rossicci e ondulati, gli occhi grandi e scuri un po’ inclinati verso il basso, il naso forte e leggermente adunco e la bocca piccola e contratta nella foga dell’azione e per lo sforzo. Sono gli stessi tratti che riconosciamo nell’affresco di Boscoreale in cui si profetizza il suo avvento sul trono dell’Asia. Molti particolari, in queste due immagini, discordano con i ritratti lisippei o col mosaico di Pella in cui è raffigurato nudo e giovane mentre caccia un leone. È difficile anche stabilire una somiglianza col padre. Molte fonti attendibili testimoniano che tra i due vi erano pochi tratti in comune. Anch’egli, quindi, come altri sovrani dopo di lui, volle diffondere di se stesso un’immagine ben diversa da quella reale e cambiò spesso abito e stile. Adottò senza esagerare i costumi orientali, si travestì da Eracle o da Dioniso e in Egitto vestì con i simboli e gli abiti del faraone. Il suo genio era poliedrico così come il suo aspetto, difficilmente assimilabile all’eroe alto, biondo, dagli occhi cerulei qualche anno fa propostoci da un bel film a lui dedicato.

Tetradramma in argento di Filippo II che sul dritto mostra la testa laureata di Zeus (359-336 a.C.) conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)
Filippo II, il padre. Il padre di Alessandro, Filippo II, era nato nel 382 a.C. a Pella, terzo figlio del re Aminta III, ed aveva poche speranze di salire al trono. Da giovane aveva vissuto a Tebe, forse nella casa paterna di Epaminonda, e aveva avuto modo di apprendere le più avanzate tecniche belliche. Per una serie di favorevoli circostanze divenne reggente della Macedonia nel 359 all’età di 22 anni; uno dei primi affari a cui si dedicò fu la riforma dell’esercito, e alla potenza della falange sommò l’impeto e la velocità della cavalleria. Con questi strumenti Filippo, dopo avere ampliato il suo regno nei Balcani e verso la Tracia, volse la sua attenzione alle antiche città della Grecia. Si mosse con grande prudenza, ed anche con un certo reverenziale timore nei confronti di Atene. Finanziava un po’ tutti, in particolare i partiti a lui legati, quello di Atene capeggiato da Eschine, e minava sottilmente alla base le antiche democrazie. Da buon stratega aveva capito l’importanza del dominio sugli stretti, i Dardanelli e il Bosforo e, avendo esteso il regno fino alle sponde del mar di Marmara, stava sottraendo ad Atene gli alleati indispensabili per mantenere il dominio sul mare.

Medaglione in oro con, sul dritto, il busto di Olimpiade (III sec. a.C.) da Abukir, conservato al museo Archeologico nazionale di Tessalonica a Salonicco (foto graziano tavan)
Olimpiade, la madre. Olimpiade, la madre del nostro eroe, fu la quarta moglie di Filippo: si conobbero nel 357, a Samotracia, al santuario dei Grandi Dei. Lei, principessa dell’Epiro, il regno dei Molossi, era una donna dal carattere prorompente e volitivo. Una baccante, capace di amare e di uccidere con bruciante passione. Partorì Alessandro a Pella, il 6 di Ecatombeone, cioè il 20 o il 21 del mese di luglio. La sua nascita fu annunciata da diversi prodigi: il tempio di Artemide ad Efeso prese fuoco, il padre Filippo, dopo un lungo assedio, conquistò Potidea e i suoi cavalli vinsero ad Olimpia. Secondo Plutarco fu lei, offesa dal marito e temendo per la legittima successione al trono del figlio, ad organizzare l’assassinio di Filippo, avvenuto nel teatro di Ege (Verghina) nel 336 a.C. Olimpiade sopravvisse al figlio e con grande coraggio combatté, contro le mire di Cassandro, per difenderne la moglie e la progenie.

Statuetta in bronzo di Alessandro su Bucefalo da Ercolano probabile copia in miniatura del Gruppo del Granico di Lisippo, conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)
Al Granico. Al Granico, i satrapi dell’Anatolia erano tutti in prima linea. L’ala destra della cavalleria era comandata da Memnone il rodio. Poi c’era Arsame, satrapo della Cilicia; quindi Arsite con i Paflagoni e infine gli Ircani con Spitridate. Al centro vi erano cavalieri di varia nazionalità, duemila dei quali provenienti dalla Bactriana, al comando di Reomitre; all’ala destra i Medi. La fanteria era schierata di riserva in seconda linea. Tra questi spiccavano duemila mercenari greci. I Macedoni erano così disposti: all’ala destra sette squadroni di cavalleria degli eteri, con gli arcieri, al comando di Filota, i prodromi e lo squadrone di cavalleria di Socrate. Seguivano gli ipaspisti, armati di spada, affidati a Nicanore, il fratello di Filota, i pezeteri (cioè la fanteria) guidati da Perdicca, Ceno, Cratero, Aminta e Meleagro. All’ala sinistra la cavalleria tracia e tessala. I due eserciti più o meno si equivalevano. Alessandro non fu il primo a varcare il fiume. Prima di lui le unità speciali – il piccolo battaglione dei prodromi, i Peoni e lo squadrone di Socrate – ebbero il compito di scompaginare le file dell’esercito nemico, attestate sulla sponda opposta del fiume. La loro funzione era quella di aprire alcuni varchi nelle file avverse e di preparare il terreno per la decisiva carica del loro re. I Macedoni gridarono in coro “Enualio!”, per incoraggiare gli arditi che attraversavano la rapida corrente sotto i dardi e i giavellotti nemici. I due battaglioni soffrirono non poco e molti soldati furono uccisi, tranne quelli che ripiegarono verso Alessandro che, vista la situazione, si gettò nell’acqua con l’ala destra del suo schieramento, i fedeli eteri, e raggiunse rapidamente l’altra riva. Divampò la battaglia. Demarato di Corinto combatté fianco a fianco con il giovane re e con lui Aretis, il suo staffiere. La lancia si spezzò nel terribile scontro e il re dovette presto chiederne un’altra. Nella mischia gli sembrò di vedere Mitridate, il genero di Dario, cavalcare in avanscoperta con uno squadrone di cavalleria disposto a cuneo. Alessandro l’affrontò, disarcionandolo. Ma i due quasi si equivalevano per coraggio e maestria. Il nobile persiano Resace a sua volta colpì il Macedone con un fendente, e quasi gli spaccò l’elmo, secondo Plutarco gli infranse la corazza. Alessandro reagì con prontezza leonina e lo trafisse con la lancia. Nel frattempo, alle sue spalle, nella mischia, era accorso Spitridate, pronto a vibrare un colpo fatale. L’avventura d’Asia rischiava di naufragare in quell’istante. Ma Clito il Nero, accortosi del pericolo, giunse in aiuto del re. Impugnò a due mani la spada e tranciò la mano al satrapo nemico. Di quel gesto si poté vantare per lungo tempo con compagni e amici, ma la sua insistenza esasperò Alessandro che, in un momento di cieca rabbia, trucidò l’amico che l’aveva salvato.

Stele egizia dal tempio di Iside a Pompei, con riferimenti alle imprese macedoni (fine del IV – inizi del III sec. a.C.) conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann – giorgio albano)
Egitto. L’Egitto fu una prova molto dura per le salde e semplici convinzioni dei Macedoni. Non dovettero combattere contro nemici forti e ben armati, ma piuttosto confrontarsi con idee molto diverse dalle loro. Si trovarono immersi in una delle più antiche civiltà del mondo e quell’anno di sosta, tra il 332 e il 331 a.C., li trasformò profondamente. Il primo a subire la malia dei luoghi fu proprio Alessandro. A Menfi fu accolto dai sacerdoti dei grandi santuari e nel tempio di Ptah fu incoronato faraone. I sacerdoti e le classi dominanti avevano le idee ben chiare. Il Paese sarebbe restato unito e pacifico solo a determinate condizioni, che Alessandro accettò. Doveva rispettarne la religione, gli usi e i costumi. Lasciare ai sacerdoti il loro potere e le loro ricchezze e occuparsi solo dell’ordine interno e della difesa dei confini. Secondo Curzio Rufo, un rodio di nome Eschilo e il macedone Peuceste furono nominati governatori del Paese e a Polemone fu affidato il compito di difendere, con una piccola flotta, le fortezze poste alle bocche del Nilo. Due egiziani, Doloaspi e Petisi, assursero a nomarchi, cioè reggenti dei due regni. Ma Petisi presto rinunciò all’incarico e tutto il potere amministrativo rimase nelle mani di Doloaspi. Non si hanno notizie sui due egiziani prescelti ma il nome Petisi richiama un altro notissimo personaggio: si tratta di un sacerdote di Amon-Ra, Petosiris, la cui tomba è uno splendido esempio di fusione dello stile egizio e di quello greco. Nella sua autobiografia il grande sacerdote narra di essere vissuto in un’epoca di estrema turbolenza, quando il Paese, retto da Nectanebo II (nelle fantasie del Romanzo di Alessandro il vero padre del Macedone), era libero dalla dominazione persiana. Poi, nel 352 a.C., le armate di Artaserse al comando di Mentore e di Bagoa costrinsero il faraone a fuggire nell’estremo Sud. L’eroe macedone si presentò come un pacificatore e spostò ad Alessandria, da lui fondata, tutte le attività economiche e commerciali, lasciando l’Egitto vero e proprio nelle mani delle aristocrazie sacerdotali.

Rilievo in calcare con scena di battaglia tra Alessandro e Dario (fine II – inizi I sec. a.C.) conservato nel museo nazionale di Santa Maria delle Monache a Isernia (foto graziano tavan)
Gaugamela. La notte prima della battaglia Alessandro aveva a lungo ripassato i suoi piani e solo all’alba era andato a dormire. Come ultimo gesto pubblico aveva compiuto un sacrificio al dio della paura, Fobos. L’esercito persiano, composto da tanti diversi popoli, aveva tre principali punti di forza: la cavalleria, i carri falcianti e gli elefanti, non però in numero sufficiente per determinare le sorti dello scontro. Sul lato sinistro agiva la cavalleria bactriana, comandata da Besso, e sul destro quella persiana, affidata a Mazeo. Al centro operavano gli Immortali, i migliori guerrieri del Re dei Re. Il piano di Alessandro prevedeva una penetrazione degli eteri a cavallo, ai suoi diretti ordini, verso il centro dell’armata nemica. La sua azione doveva scattare fulminea dopo le prime cariche dei Persiani, che avrebbero sbilanciato in avanti l’esercito di Dario, lasciando dei possibili varchi di penetrazione. Frattanto Parmenione con i Tessali avrebbe dovuto riposizionarsi in diagonale e resistere alla carica dell’ala destra, comandata da Mazeo, mentre la falange macedone, dopo avere resistito all’attacco dei carri, avrebbe tenuto sotto pressione il centro dello schieramento nemico. La vittoria richiedeva tempismo ed intuito e un perfetto affiatamento tra gli eteri. Le cose andarono più o meno come lui aveva previsto e la fortuna, come in molte battaglie, aiutò i Macedoni. Le sorti dello scontro rimasero sospese per lungo tempo e la situazione si chiarì solo dopo la fuga precipitosa di Dario. In quello stesso frangente, però, Parmenione, sull’ala sinistra, stava per cedere e chiese aiuto ad Alessandro, che dovette abbandonare l’inseguimento di Dario e correre al galoppo verso quel lato del campo di battaglia. Nel mentre la falange era stata scompaginata dall’impeto dei cavalieri della guardia persiana che, per ordine di Dario, avevano proseguito la loro marcia fino all’accampamento macedone, al fine di liberare i membri della famiglia del re tenuti in ostaggio. I Greci avevano avuto così insperatamente il tempo di riorganizzarsi quando erano sul punto di soccombere. Fu una straordinaria ed inattesa vittoria. Dinanzi ad Alessandro si aprivano le porte dell’Oriente. Nessuno avrebbe contrastato la sua avanzata verso le splendide città di quella fertilissima terra La via della seta. Nel 328 a.C., Alessandro giunse a Maracanda (Samarcanda), nella Sogdiana. Proseguì di lì, declinando verso est, per raggiungere il fiume Iaxarte (il Syr Darya) dove fondò, nell’agosto del 329 a.C., la più lontana delle Alessandrie, Ultima, o Eschàte, che poi si è chiamata Leninabad. La città, situata nella parte sud occidentale della valle di Fergana (ora Chujand, in Tagikistan), ebbe vita lunga e gloriosa. Godeva di un’invidiabile posizione strategica e commerciale, sospesa tra due mondi: la Cina e l’Occidente. Furono soprattutto i cavalli di Fergana e i cammelli bactriani a incrementare gli scambi commerciali. L’imperatore Wu della dinastia Han definì quella razza equina con un termine felice: “cavalli celesti”. I discendenti dei Macedoni, che rimasero in quei luoghi, venivano chiamati dagli abitanti del celeste impero Da Yuan (i Grandi Ioni). Non erano nomadi, vivevano in città murate, ed erano divisi in tanti piccoli regni. Furono i primi a favorire il commercio della seta tra Oriente ed Occidente.

Nozze di Alessandro e Roxane, affresco dalla Casa del Bracciale d’Oro di Pompei, conservato nel parco archeologico di Pompei (foto graziano tavan)
Roxane. In quella lontana regione viveva la bellissima Roxane, la prima moglie di Alessandro. Curzio Rufo racconta che lo straordinario sposalizio, reso eterno dal pennello del pittore greco Aezione, avvenne per un caso fortuito. Alessandro aveva preteso, come atto di omaggio, che i tre figli di un signorotto locale si arruolassero nel suo esercito. Questi organizzò un sontuoso banchetto all’uso orientale. Mentre i commensali stavano mangiando, fece entrare trenta nobili giovinette e tra queste la figlia del satrapo Oxiarte, Roxane. Appena Alessandro la vide provò per lei una fortissima attrazione e decise di sposarla. Plutarco afferma: “si trattò di una storia d’amore”. Ed aggiunge subito dopo: “perfettamente in armonia con i progetti politici di Alessandro”. Roxane non era particolarmente nobile. Ma la loro unione ebbe un enorme valore simbolico. Per avvicinare i vincitori ai vinti bisognava togliere agli uni la superbia e agli altri la vergogna, e quale altro messaggio, se non l’amore, poteva infrangere con un solo gesto le barriere della diffidenza?

Rilievo in marmo dedicato a Efestione (IV sec. a.C.) da Pella, conservato nel museo Archeologico di Tessalonica (foto graziano tavan)
La morte di Alessandro. Efippo d’Olinto, un compatriota di Callistene, scrisse un libello intitolato Morte di Efestione e di Alessandro, di cui sono rimasti pochi frammenti. Vi si vede Alessandro minacciato dalle ombre del crepuscolo. Siamo nel 324 a.C., il re si comporta in modo stravagante, porta gli abiti sacri agli dèi: “Talvolta il mantello di porpora, le scarpe e le corna di Ammone”; altre volte si veste da donna, come Artemide; o si mostra all’esercito in abiti persiani e ostentando un arco e una lancia; o ancora come Ermes con i sandali alati, il largo cappello e il caduceo nella mano. Molti altri commentatori riferiscono che nell’ultimo mese di vita Alessandro aveva rinunciato alla sua proverbiale sobrietà. Roxane era giunta agli ultimi mesi di gravidanza e da lì a poco sarebbe nato un figlio maschio, il sospirato erede al trono, che Alessandro non conobbe mai. Un giorno, Medio, uno dei più fidati tra gli eteri, lo invitò a partecipare ad un banchetto. Il re accettò. Seduti a tavola con lui c’erano anche Perdicca, Tolomeo, Olchio, Lisimaco, Eumene e Cassandro. Alessandro bevve smodatamente. Domandò una coppa colma di quattro litri di vino e la bevve in un sorso e si accasciò sul cuscino. Alcuni dicono che quello fu il vero motivo della morte, avvenuta dopo undici giorni. I Diari reali permettono di seguire con una certa precisione gli eventi. La festa di Medio durò circa due giorni. Quindi, dopo il malore, il re si riprese e rimase a bere con gli amici fino a notte inoltrata. Ma aveva già la febbre. Andò avanti così, tra alti e bassi, fino a che non gli andò via la voce. La notizia si sparse tra i soldati. Alessandro convocò tutti i fidati compagni nel palazzo imperiale, paventava disordini. I Macedoni, sicuri che alcuni nascondessero la verità, si radunarono intorno alle porte della reggia. Finalmente riuscirono ad entrare e sfilarono davanti al suo letto. Li salutò uno per uno, sollevando appena la testa. Dopo due giorni di agonia morì. Era il 10 giugno del 323 a.C., avrebbe compiuto 33 anni nel mese di luglio. “Era”, scrive Arriano, “di corpo bellissimo, amante delle fatiche; acutissimo di mente e coraggioso”. Il suo corpo mummificato fu portato in Egitto ad Alessandria, dove giacque in una tomba voluta da Tolomeo, figlio di Lago.

Testa in terracotta di Helios con raggi (in legno, integrazione moderna) (150-100 a.C.) conservata al museo Archeologico di Rodi (foto graziano tavan)
Imitatio Alexandri. Cesare, in Spagna, vedendo una statua di Alessandro si rattristò e gli amici lo videro piangere. Gliene chiesero il motivo ed egli rispose che l’eroe macedone alla sua età aveva conquistato mezzo mondo e regnava su infiniti popoli, mentre lui si affannava a combattere in Iberia. A Pompeo, il suo più acerrimo avversario, andò meglio. A poco più di 24 anni, le truppe lo acclamarono imperatore e Silla lo abbracciò e lo salutò a gran voce col soprannome di “Magno”. D’altronde avrebbe, nel corso della vita, ampliato i confini della Repubblica da un oceano all’altro e ne avrebbe esteso il dominio su tre continenti. Al suo terzo trionfo nel 61 a.C., quando aveva soggiogato la Media, la Mesopotamia, l’Armenia, la Siria e molti altri stati, non bastarono due giorni per fare sfilare le truppe, i vinti e gli elefanti. Lui e Cesare si contendevano la mitica eredità di Alessandro che a loro indicava la strada per divenire divini e cosmocrati, cioè imperatori del mondo. Il Macedone era riuscito lì dove molti altri, compreso il padre Filippo, avevano fallito. In Egitto i sacerdoti lo avevano venerato quale un dio sulla terra e l’oracolo di Siwa aveva confermato la sua diretta discendenza da Zeus. Anche gli imperatori romani dovettero coniugare gli opposti poli di un mondo diviso tra chi ammetteva che un regnante potesse essere divino in vita e chi non lo avrebbe in alcun modo accettato. Ottaviano fu quello che più di ogni altro individuò nel Macedone un modello ideale da imitare. Lo dichiarò esplicitamente e, quando giunse ad Alessandria, si recò sulla tomba dell’eroe, il famoso Soma, vi depositò una corona d’oro e la fece coprire di fiori. Quando gli chiesero se voleva vedere le tombe dei Tolomei, rispose “Volevo vedere un re e non dei morti”. A Roma Ottaviano, ormai divenuto Augusto, decorò il suo Foro con i dipinti di Apelle raffiguranti le vittorie di Alessandro. Per il suo Mausoleo utilizzò molto probabilmente i simboli e le immagini della tomba del Macedone – i gruppi scultorei di Achille e Pentesilea e di Aiace ed Achille – che aveva ammirato in Egitto. Dopo di lui fino ad Alessandro Severo tutti i sovrani, e in particolare Caracalla, in un modo o nell’altro ne seguirono le orme. Perfino Costantino, l’imperatore cristiano, che non poteva certo aspirare all’apoteosi in terra, esaltò l’humanitas di Alessandro. Virtù che, più della forza e della violenza, rende durature le conquiste e pacifica i popoli.

Frame del video che racconta il trasferimento del Mosaico di Alessandro da Pompei al Real Museo Borbonico (foto mann)

Lo spostamento del Mosaico di Alessandro nel museo di Napoli nel 1916 (foto archivio mann)
Il restauro del mosaico della Battaglia di Gaugamela al centro della grande mostra su Alessandro Magno. Tema centrale della grande mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” è il restauro dello straordinario mosaico della Battaglia tra Alessandro Magno e Dario di Persia (331 a.C.), capolavoro iconico del MANN e tra i più celebri dell’antichità. L’opera musiva scoperta nel 1831, datata tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C., è straordinaria non solo per il soggetto rappresentato, ma anche per le sue dimensioni: quasi due milioni di tessere ed una superficie di eccezionale estensione (5,82 x 3,13 m). Il ‘gran musaico’ (peso stimato circa 7 tonnellate) giunse a Napoli nel novembre del 1843, quando fu messo in cassa e condotto da Pompei al Real Museo Borbonico su un carro trainato da sedici buoi. Nel gennaio del 1845 le casse furono aperte e l’opera ebbe la sua prima collocazione sul pavimento di una sala al piano terra dell’ala occidentale; mentre nel 1916 fu spostato dove si trova attualmente, a parete, nella sezione mosaici, al piano ammezzato. La mostra su Alessandro accompagna quindi l’avvio della fase ‘esecutiva’ dei lavori. Grazie a un cantiere ‘trasparente’ il pubblico e, naturalmente, la comunità scientifica potranno seguire una nuova ‘grande impresa’ nel nome di Alessandro Magno, che richiederà il ribaltamento della colossale opera (vedi Napoli. Al museo Archeologico nazionale partita la seconda e ultima fase di restauro del grande mosaico di Alessandro (termine lavori marzo 2024) in concomitanza dell’inaugurazione della mostra “Alessandro e l’Oriente” alla presenza del ministro Sangiuliano. Intervista esclusiva della responsabile dei restauri Maria Teresa Operetto | archeologiavocidalpassato).

Restauratori al lavoro nel 2020 sul grande mosaico di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Marco Pedicini)
Un restauro epocale e indispensabile. Nata come mosaico pavimentale, l’opera è da oltre un secolo collocata in verticale, scelta fatta in virtù della presunta derivazione iconografica da un dipinto su tavola, ipotesi largamente condivisa dalla comunità scientifica. Dietro la superficie musiva si conservano ancora gli strati di preparazione antichi, ovvero malte realizzate oltre duemila anni fa. Nel corso del tempo il mosaico è stato oggetto solo di interventi di manutenzione ordinaria, eseguiti prevalentemente dai restauratori del Museo, consistenti in riadesioni puntuali di tessere, velinatura di piccole lesioni che sono andate formandosi, altre operazioni necessarie. Lo stato conservativo è andato, tuttavia, gradualmente peggiorando, ragion per cui da circa una ventina di anni il mosaico è diventato una sorta di ‘sorvegliato speciale’: si sono susseguite indagini diagnostiche e proposte di intervento, finalizzate alla definizione di un restauro complessivo e non più limitato a interventi puntuali. L’inaccessibilità del retro, infatti, non ha mai permesso di comprendere se e in che misura lo stato di conservazione delle malte originali è connesso ai fenomeni di degrado che si rilevano sulla superficie. Tali fenomeni consistono in: ampia depressione della superficie musiva nella parte centrale del mosaico, stato di generale e diffuso distacco delle tessere e della relativa malta di allettamento dagli strati preparatori sottostanti, rigonfiamenti puntuali in particolare lungo il perimetro, diffuse lesioni soprattutto in corrispondenza della citata depressione centrale. La scelta di intervenire anche sugli strati di preparazione che si trovano sulla parte posteriore del manufatto era pertanto improcrastinabile. Ne consegue che il ribaltamento del mosaico è una operazione propedeutica e necessaria alla esecuzione del restauro, per una conoscenza completa degli strati di sottofondo.

Maria Teresa Operetto, responsabile del restauro del mosaico di Alessandro, mostra al ministro Gennaro Sangiuliano le fasi dell’intervento (foto graziano tavan)
La squadra del restauro. Questa seconda fase, in continuità con la precedente, è condotta prevalentemente con professionalità interne al MIC, ricorrendo ad incarichi esterni solo per le competenze non rinvenibili all’interno dell’Amministrazione. Il progetto si realizza con la collaborazione tra il Mann, l’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) e il parco archeologico del Colosseo, mentre per le indagini diagnostiche sono coinvolti l’università del Molise e il Center for Research on Archaeometry and Conservation Science (CRACS), organizzazione accademica formata dal Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse (DiSTAR) dell’università di Napoli Federico II e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie (DST) dell’università del Sannio di Benevento. La progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sono state invece oggetto di una procedura di gara aperta, a seguito della quale le prestazioni sono state aggiudicate ad un raggruppamento temporaneo di imprese.

Attività di diagnostica sul mosaico di Alessandro al Mann (foto Pedicini Fotografi)
I tempi e lo stato dell’opera. Il restauro del mosaico di Alessandro si configura, alla luce di questi elementi, come una operazione complessa e articolata, nella quale si alternano fasi di progettazione e di esecuzione di lavori. A seguito della prima fase diagnostica sullo stato del manufatto, seguita dalla messa in sicurezza, il passo successivo è stata la elaborazione del PFTE, Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica posto a base di gara, sulla base del quale gli operatori economici che hanno aderito al bando hanno elaborato il progetto definitivo. La successiva progettazione esecutiva ha avuto ad oggetto il sistema di movimentazione meccanica dell’opera: adesso tutto è pronto per dare il via alla seconda fase esecutiva, che prevede, appunto, il ribaltamento del mosaico in modo da rendere accessibile il retro dell’opera e indagare lo stato di conservazione del supporto originario.

Il grande mosaico della battaglia di Gaugamela tra Alessandro Magno e Dario III dalla Casa del Fauno di Pompei, simbolo del Mann (foto Pedicini Fotografi)
Il cantiere trasparente. Il mosaico verrà restaurato in situ, il cantiere sarà allestito nelle sale espositive e sarà quindi sempre direttamente visibile al pubblico, benché opportunamente delimitato e inaccessibile. Solo nelle fasi in cui le lavorazioni da eseguire siano incompatibili con la presenza di visitatori – montaggio del sistema di movimentazione, uso di solventi, ecc. – le sale saranno chiuse al pubblico, ma sarà comunque garantita la visione delle attività, grazie alla presenza di delimitazioni trasparenti, che garantiranno anche la protezione dalla polvere, e di supporti audiovisivi (webcam) che restituiranno le immagini dei restauratori al lavoro. Questo restauro epocale, pertanto, parte della mostra “Alessandro e l’Oriente”, verrà eseguito in diretta, sotto gli occhi dei visitatori del Museo e di coloro che, da remoto, si connetteranno al sito web del Mann. La comprensione degli interventi, inoltre, sarà integrata da appositi momenti di approfondimento con gli esperti. Il costo complessivo, gran parte finanziato con Fondo Sviluppo e Coesione (Piano stralcio cultura e turismo 2014/2020, Delibera CIPE 3/2016), dell’intervento è, in pari a circa 700.000 euro nella cifra è compresa la sponsorizzazione offerta dall’emittente giapponese The Asahi Shimbun, di 200.000 euro, prevista nell’ambito della collaborazione tra il Mann e il museo nazionale di Tokyo.
Ferragosto 2023 al museo: con oltre 24mila ingressi il Colosseo, seguito da Pompei, è stato il sito più visitato d’Italia. Il grazie del ministro Sangiuliano “a chi, in questi giorni di vacanza, ha lavorato per garantire la fruibilità dei siti”

Record di visitatori, oltre 24mila, per Ferragosto 2023 al Colosseo (foto PArCo)
Il Colosseo, seguito da Pompei, è stato il sito più visitato d’Italia nella giornata di Ferragosto 2023 e anche nel Ponte di Ferragosto 2023. “I nostri musei sono una ricchezza della Nazione, rafforzano l’identità e la consapevolezza della nostra storia. Sono parte essenziale della bellezza che l’Italia offre ai propri cittadini e al mondo. Ogni museo è un’esperienza culturale che merita di essere vissuta. Questi numeri così rilevanti confermano che stiamo facendo un buon lavoro. Ringrazio in primo luogo chi, in questi giorni di vacanza, ha lavorato per garantire la fruibilità dei siti. Ieri mi sono personalmente recato al Colosseo e al Museo Nazionale Romano per incontrare alcune lavoratrici e lavoratori che, nella giornata di Ferragosto, erano presenti. Grazie per il loro impegno”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, commentando i numeri relativi agli ingressi nei musei e parchi archeologici statali durante il lungo ponte di Ferragosto.

Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in visita al Colosseo accompagnato da Alfonsina Russo, direttrice del parco archeologico del Colosseo (foto PArCo)
Totale ingressi 12-13-14-15 agosto 2023 nei musei e parchi archeologici. Colosseo. Anfiteatro Flavio 95.853; area archeologica di Pompei 62.269; Foro Romano e Palatino 53.257; parco archeologico di Ercolano 7.015; museo e area archeologica di Paestum 6.887; museo Archeologico nazionale di Napoli 5.830; museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria 5.730; Villa Adriana 4.196; Terme di Caracalla 2.711; necropoli dei Monterozzi e museo Archeologico nazionale di Tarquinia 1.517; Palazzo Massimo 1.101.
Totale ingressi 15 agosto 2023 nei musei e parchi archeologici. Colosseo. Anfiteatro Flavio 24.191; Foro Romano e Palatino 13.707; area archeologica di Pompei 13.305; parco archeologico di Ercolano 1.740; museo e area archeologica di Paestum 1.468; Villa Adriana 1.264; museo Archeologico nazionale di Napoli 1.141.













I gladiatori sono tornati al Colosseo. E ci resteranno, alcuni almeno fino a fine anno. Il parco archeologico del Colosseo propone infatti la mostra “Gladiatori nell’Arena. Tra Colosseo e Ludus Magnus”, ideata e realizzata dal parco archeologico del Colosseo con la curatela di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Barbara Nazzaro e Silvano Mattesini. L’evento si compone di una installazione multimediale permanente (





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