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Mondo accademico in lutto. Si è spento all’età di 79 anni il prof. Gianfranco Paci, cattedratico di Epigrafia romana e Storia romana, professore Emerito dell’università di Macerata. Ha dedicato la propria attività di ricerca allo studio dell’epigrafia del territorio marchigiano, della Libia, della Dalmazia e del Trentino Alto-Adige

Gianfranco Paci, professore Emerito dell’università di Macerata, si è spento a 79 anni (foto unimc)

Lutto nel mondo accademico. Martedì 19 agosto 2025 si è spento all’età di 79 anni il prof. Gianfranco Paci, cattedratico di Epigrafia romana e Storia romana. Era nato a Sirolo (An), dove ancora risiedeva, il 7 gennaio 1946. Professore emerito dell’università di Macerata dal 2015, ha insegnato nelle università di Trento, Parigi Sorbonne e Macerata, dove ha ricoperto le cariche di direttore dell’istituto di Storia Antica (1983-1985), direttore del dipartimento di Scienze archeologiche e storiche dell’Antichità (1995-2007), direttore del Centro di Documentazione e ricerca sull’Africa Settentrionale (2012-2016), presidente del consiglio del corso di Laurea in Lettere (1991-1994), pro-rettore (1991-1994) e delegato alla firma (1994-1997), preside della Facoltà di Lettere (2006-2012). Proprio l’università di Macerata piange la scomparsa del professor Gianfranco Paci, “ricercatore instancabile, maestro generoso e figura di riferimento internazionale, ha formato generazioni di allievi unendo rigore scientifico e umanità”. Il rettore John McCourt: “Di lui ricordiamo la serietà e la dedizione alla ricerca, il rispetto e l’umanità nei rapporti con i colleghi, la generosità verso gli amici e gli allievi, l’umiltà di chi è mosso da una vivace curiosità e dal desiderio di ricostruire la verità storica”. Ha dedicato la propria attività di ricerca allo studio dell’epigrafia del territorio marchigiano, della Libia, della Dalmazia e del Trentino Alto-Adige, muovendosi tra scritture greche e latine e attraverso le diverse categorie epigrafiche. È stato direttore o membro di missioni archeologiche in Croazia, Libia e Albania. Ha organizzato diversi convegni di studi, nazionali e internazionali, curandone la pubblicazione degli Atti. Ha partecipato come relatore a un centinaio di convegni di studi nazionali e internazionali e pubblicato oltre 400 lavori scientifici di argomento storico-epigrafico. Ha tenuto conferenze in varie Università italiane, in Francia, in Spagna, in Croazia. Ha diretto la rivista Picus. Studi e ricerche sulle Marche nell’antichità. Membro dell’Association Internationale d’Epigraphie grecque et romaine, membro del Comitato organizzatore delle Rencontres franco-italiennes sur l’épigraphie du monde romain, membro della Commissione delle Inscriptiones Italiae. Socio corrispondente della Société des Antiquaires des France, della Real Acadèmia de Bones Lletres de Barcelona, della Deputazione di Storia Patria per le Marche, dell’Accademia Georgica di Treia, dell’Accademia Roveretana degli Agiati.

Il prof. Gianfranco Paci, cattedratico di Epigrafia romana e Storia romana, morto a 79 anni (foto archeo-unimc)

La soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Ancona Pesaro e Urbino si unisce al cordoglio per la scomparsa del professor Gianfranco Paci, epigrafista e storico del mondo romano. È stato un punto di riferimento imprescindibile per la conoscenza dell’Antichistica nelle Marche e ben oltre i confini regionali. Il professor Paci è stato un interlocutore e amico prezioso per la Soprintendenza, con il quale ha condiviso numerosi progetti, ricerche e occasioni di confronto, sempre all’insegna di uno spirito di collaborazione e di rara disponibilità. Oltre alla sua competenza, lo caratterizzavano la gentilezza innata, l’attenzione sincera verso le persone e la capacità di rendere il sapere un terreno comune, accessibile e stimolante. “Ci ha lasciato il professor Gianfranco Paci”, scrive Archeo Unimc. “Grande dolore è quello per la perdita di un vero Maestro, che oltre al mestiere, ci ha insegnato e trasmesso la passione, il senso del dovere, l’entusiasmo e la responsabilità che ogni giorno cerchiamo di mettere nel lavoro e nella vita quotidiana. Fino agli ultimi giorni è stato un importante punto di riferimento per tutti noi che cerchiamo di dare seguito al suo magistero lavorando per l’antichistica a Macerata negli scavi e nei progetti che lui stesso ha avviato, ereditato o, spesso, sostenuto nel momento iniziale, con la passione di chi credeva nel futuro e nei suoi allievi. Ci mancherà”.

Gianfranco Paci ha dedicato tutta la sua attività allo studio dell’epigrafia romana (foto parco urbis salvia)

“Ci ha lasciato il professor Gianfranco Paci. Uno studioso di incomparabile levatura al quale il Parco archeologico e il Comune di Urbisaglia devono molto perché l’apporto scientifico delle sue ricerche storiche ed epigrafiche ha consentito, nell’arco di tre decenni, di puntualizzare e definire numerosi aspetti della storia della città antica di Urbs Salvia. Coloro che hanno avuto occasione di conoscerlo e, ancor più, coloro che hanno avuto il privilegio di essere suoi allievi potranno comprendere l’incalcolabile perdita umana legata alla scomparsa del professore. La naturalezza e la compostezza propria dei grandi nel diffondere e divulgare al grande pubblico l’esito delle sue ricerche, la gentilezza, la generosità e il rispetto nei confronti dei suoi allievi, il senso del dovere incrollabile che lo ha accompagnato sino agli ultimi momenti rimarranno per sempre parte di noi. Siamo molto addolorati e ci stringiamo intorno alla famiglia del professore e ai suoi allievi. Grazie caro professore, sit tibi terra levis”.

La sezione epigrafica del museo Archeologico nazionale delle Marche dedicata all’età romana, inaugurata nel 2023 e realizzata grazie alla collaborazione con il professor Gianfranco Paci (foto drm-marche)

Anche il museo Archeologico nazionale delle Marche si unisce al cordoglio per la scomparsa del professor Gianfranco Paci, epigrafista e storico romano, profondo conoscitore dell’Antichistica delle Marche e non solo. Accanto ai numerosi meriti accademici, di una vita dedicata alla conoscenza dell’antico, resta l’insegnamento più grande: lo spessore umano di professore che insegna, dialoga e ascolta, di uomo al quale riconoscere una brillante gentilezza e un costante rispetto verso l’interlocutore, quale esso fosse, con un’autorevolezza che non abbisognava di piedistalli”.

Gianfranco Paci. epigrafista, grande ricercatore, morto a 79 anni (foto unimc-ad.dc)

Filippo Demma, direttore dei parchi archeologici di Crotone e Sibari, così ricorda Gianfranco Paci: “Fu il Presidente della commissione che ci selezionò e nominò funzionari in forza alla SAM, poi diventò un amico. Ho imparato moltissimo dai suoi scritti, dí più dalle nostre chiacchierate, ma soprattutto ha fatto scuola per me la raffinata ironia che ne caratterizzava i modi. Un Signore vero, Gianfranco Paci, con tutti: dagli allievi, ai colleghi, ai superiori. Anche se superiori a lui, in quegli anni, ne ho visti davvero pochi. Forse nessuno”. E Attilio Mastino, storico epigrafista e saggista: “La scomparsa di un amico davvero caro: Gianfranco Paci (1946-2025). Laureato in Lettere classiche, cattedratico di Epigrafia romana e Storia romana, ha insegnato nelle Università di Trento, Parigi e Macerata: era l’allievo prediletto di Lidio Gasperini, soprattutto era il nostro amico e spaziava dalla Spagna alla Croazia, dalla Cirenaica alla Francia, con lavori (oltre 300) eleganti e raffinati. Caro Gianfranco, siamo vicini ai tuoi, con tutto il nostro affetto, col rimpianto per i tanti progetti che ancora potevamo portare avanti. Ti vogliamo bene. Un abbraccio fortissimo ai tuoi bravissimi allievi che ora ti piangono, perché hanno perso un padre amato, generoso, intelligente”. Gianluca Mandatori, filologo di Storia antica: “Conobbi il professor Paci qualche anno fa, presso l’Istituto Svizzero di Roma, in occasione di un convegno di antichistica; ebbi modo, poi, di incontrarlo più volte, a Napoli e ancora a Roma. In lui dottrina e umiltà, elevate al sommo grado, convivevano nobilmente. Pax tecum, vir bone et perite!”. L’archeologo Antonio F. Lombardi: “Docente illuminato, studioso di incomparabile levatura. Delicatissimo nel divulgare al grande pubblico l’esito delle sue ricerche. Docente di elevatissima gentilezza. Generoso e pieno di rispetto nei confronti di tutti. Dotato di alto senso del dovere sempre unito a grande umiltà”.

Coprttina del libro Epigraphica. LXXXVI (86), 2024 Periodico Internazionale di Epigrafia

Roberto Marcucci (L’Erma di Bretschneider): “Con grande tristezza apprendiamo della scomparsa di Gianfranco Paci, cattedratico di Epigrafia e Storia romana, autore e amico della nostra casa editrice sin dal 1975. Tra i suoi lavori ricordiamo il volume La Salaria in età antica e, più recentemente, il contributo pubblicato su EPIGRAPHICA 86, Due monumenti funerari d’età romana ad Armenzano di Assisi. La casa editrice L’Erma di Bretschneider si unisce al dolore della famiglia e della comunità scientifica per la perdita di uno studioso che ha lasciato un segno profondo nella ricerca storica ed epigrafica”. E Mariano Malavolta, professore all’università di Tor Vergata: “Ricordo con affetto il prof. Gianfranco Paci, e la lectio magistralis che svolse a Cossignano il 10 agosto 2019, accettando, insieme con Gabriele Baldelli, il mio invito alla giornata di studio dedicata “Genio loci”. Quel genio si unisce umilmente al coro del cordoglio per la scomparsa di un grande indimenticato Maestro”. Paolo Storchi (Falerio Picenus Archaeological Project): “”Falerio Picenus è un tesoro, prenditene cura, trattamela bene…”, mi aveva detto lo scorso anno. Ci proveremo, Professore!”. SAIC – Scuola archeologica italiana di Cartagine: “Ci ha lasciato uno studioso della Libia e non solo”. Simone Marchegiani: “Il mondo scientifico ha perso un grande studioso, ho avuto l’onore di conoscerlo e frequentarlo eravamo entrambi Presidenti di Archeoclub lui della sede di Macerata, io della sede di Treia, abbiamo collaborato ad interessanti iniziative, uomo di grande capacità scientifica ma soprattutto di grande semplicità, capace di divulgare in maniera semplice le conoscenze storiche, epigrafiche. Riposa in pace Professore”.

Ancona. Nei venerdì e sabato di agosto visiate guidate all’anfiteatro romano e ai resti archeologici degli edifici vicini

L’anfiteatro romano di Ancona (foto man-marche)

Anche per il mese di agosto 2025 sarà possibile visitare l’anfiteatro romano di Ancona e scoprire la lunga storia di quest’area del centro storico. Si potranno scoprire i resti archeologici di edifici vicino all’anfiteatro, visibili da via Pio II: si tratta dei balnea, le terme romane realizzate nel I secolo a.C., connesse e intrecciate alla struttura dell’anfiteatro, un caso davvero raro per il mondo romano. L’Anfiteatro romano di Ancona, che racconta la storia della città dall’età ellenistica ai giorni nostri, dalle terme romane al camminamento di marcia-ronda dell’ex carcere, è visitabile con guida il venerdì e il sabato, con partenza dal museo Archeologico nazionale delle Marche (via G. Ferretti, 6). Il venerdì visite guidate alle 14.30, 15.30, 16.30; il sabato visite guidate alle 17.30, 18.30, 19.30. Biglietti acquistabili alla biglietteria MAN Marche, fino a 15 minuti prima della partenza della visita. Biglietto intero (adulti) Anfiteatro + MAN Marche: 8 euro (con possibilità di visita al museo anche nel giorno successivo all’acquisto). Biglietto ridotto (18-25 anni): 2 euro. Gratuito per minorenni e categorie di legge. Posti limitati, info e prenotazioni al numero 071.202602.

Terme romane di Ancona: il pavimento del frigidarium con con l’iscrizione di dedica a Publio Hortorio Scauro (foto man-marche)

Balnea. I diversi spazi termali lasciano intuire le funzioni delle sale. Fra queste il grande frigidarium, pavimentato a mosaico bianco e nero con iscrizione di dedica a Publio Hortorio Scauro, che fece realizzare queste terme. In questa sala l’acqua fredda tracimava da una vasca (labrum), che doveva essere posizionata dove il pavimento è realizzato con lastre di trachite, una pietra vulcanica utilizzata ingegnosamente per un effetto antiscivolo.

Ancona. Prime visite guidate programmate all’anfiteatro romano, nell’ambito dei progetti di riqualificazione e valorizzazione dell’area, in collegamento con il museo Archeologico nazionale delle Marche. Ecco il programma

Panoramica dell’anfiteatro romano di Ancona (foto drm-mar)

La sezione romana del museo Archeologico nazionale delle Marche (foto drm-mar)

Il 15 aprile 2025 apre alle visite guidate l’Anfiteatro romano di Ancona, da pochi mesi entrato a far parte dei Musei italiani come luogo della cultura dell’ente “Palazzo ducale di Urbino-Direzione regionale Musei nazionali Marche”, in capo al ministero della Cultura, che ha avviato un programma di progetti di riqualificazione e valorizzazione dell’area archeologica. Mentre i tecnici sono all’opera per migliorare la fruibilità dell’anfiteatro e per consentire la piena visibilità del valore di questo importante monumento, la Direzione regionale Musei nazionali si è impegnata per predisporre un programma di apertura al pubblico. I primi appuntamenti saranno di martedì – per il momento sono in programma apertura nei giorni 15, 22 e 29 aprile; 6, 13, 20 e 27 maggio 2025 -, con visita guidata all’area dell’anfiteatro e possibilità di visita autonoma al museo Archeologico nazionale delle Marche. Il punto di ritrovo per le visite sarà la biglietteria del MAN Marche (Palazzo Ferretti) alle 10, dalla quale si raggiungerà a piedi l’Anfiteatro romano che dista circa 150 metri.

Panoramica dell’anfiteatro romano di Ancona (foto drm-mar)

Il personale della Direzione regionale Musei nazionali accompagnerà i visitatori alla scoperta della lunga storia dell’area dell’Anfiteatro romano, legata a doppio filo con quella della città di Ancona: nel cuore della città romana, sui resti dell’abitato ellenistico, l’area dell’anfiteatro ha visto sorgere strutture conventuali e il carcere di Santa Palazia, subendo le distruzioni della seconda guerra mondiale e del sisma del 1972, in una stratificazione di storie e di edifici concatenati. I posti sono limitati, per cui è consigliabile la prenotazione al centralino del MAN Marche, chiamando il numero telefonico 071-202602.

La sezione romana del museo Archeologico nazionale delle Marche (foto drm-mar)

La visita all’Anfiteatro ha una durata di circa 45 minuti; inoltre prima o dopo la visita sarà possibile visitare in autonomia il MAN Marche e la nuova sezione espositiva dedicata all’età romana nelle Marche. Per queste prime aperture l’accesso all’Anfiteatro sarà compreso nel biglietto ordinario MAN Marche: intero 5 euro, ridotto (18-25 anni) 2 euro, gratuito per minorenni e per le categorie previste dalla legge. In caso di maltempo la visita è rimandata alla settimana successiva, resta visitabile e aperto al pubblico il MAN Marche. Per le scolaresche è possibile verificare le disponibilità e prenotare scrivendo all’indirizzo drm-mar.museoancona@cultura.gov.it

La sezione romana del museo Archeologico nazionale delle Marche (foto drm-mar)

La possibilità di combinare il museo Archeologico nazionale delle Marche e l’Anfiteatro, permetterà al visitatore di immergersi completamente nel fascino del mondo antico, grazie al non proprio consueto “dialogo” tra contenuto e contenitore del luogo di cultura. Obiettivo della Direzione Musei è infatti sviluppare un programma di aperture al pubblico dell’anfiteatro per garantire la possibilità di fruire l’area archeologica più importante del capoluogo di regione non solo in giornate straordinarie, ma durante l’intera stagione turistica. “Nel corso degli ultimi anni”, afferma il direttore Luigi Gallo, “la Direzione regionale Musei nazionali Marche ha posto particolare cura nella valorizzazione delle sedi espositive e delle collezioni in esse contenute, intreccio di vicende e opere che contribuiscono in modo rilevante alla storia del patrimonio e dell’identità regionale. L’Anfiteatro romano è un importante tassello di questo percorso e restituisce ai cittadini e ai visitatori di Ancona lo spaccato di un periodo cruciale della storia della città Dorica; un lavoro che proseguirà nel corso dei prossimi mesi con l’elaborazione di un ampio progetto di restauro e valorizzazione del monumento antico, rendendo accessibili tutte le sue particelle, per offrire una visione quanto più completa e stratificata della città resa ulteriormente possibile dalla prossimità con il museo Archeologico nazionale, dove poco più di un anno fa è tornata visibile una rinnovata sezione museale dedicata all’età romana”.

Ancona. A 51 anni dal sisma del 1972 riapre la sezione “romana” del museo Archeologico nazionale delle Marche: apertura speciale gratuita il 6 e 7 dicembre

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L’allestimento della nuova sezione romana, nell’ala a mare del museo Archeologico nazionale della Marche ad Ancona. In primo piano un mosaico da Pollenza (MC) e un sostegno in marmo a forma di felino, da Falerone (FM) (foto drm-marche)

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La facciata di Palazzo Ferretti sede del museo Archeologico nazionale delle Marche ad Ancona (foto drm-marche)

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Ritratti di età repubblicana (I sec. a.C.) esposti nella sezione romana del museo Archeologico nazionale delle Marche (foto drm-marche)

A 51 anni dal sisma del 1972 riapre la sezione “romana” del museo Archeologico nazionale delle Marche: appuntamento mercoledì 6 dicembre 2023, alle 16, con la presentazione alle autorità; poi dalle ore 17 l’intero museo di Palazzo Ferretti ad Ancona resterà aperto con ingresso libero fino alle 23.30 e per l’intera giornata di giovedì 7 dicembre 2023. Nell’ambito del delicato intervento di rinnovamento (restauro architettonico e riallestimento) in corso al museo Archeologico nazionale delle Marche, mercoledì 6 dicembre 2023 riapre la sezione dedicata all’archeologia dell’età romana nel territorio marchigiano, chiusa dal 1972 a seguito dell’evento sismico che ha profondamente modificato il volto e la storia della città di Ancona. Il nuovo percorso espositivo proporrà all’attenzione dei visitatori una selezione di reperti che narrano le vicende della regione, dalla romanizzazione fino alla fine dell’Impero Romano. Dalle 17 del 6 dicembre 2023 saranno aperte a tutto il pubblico le porte della nuova sezione romana e per l’occasione il Museo sarà visitabile a ingresso gratuito nelle giornate del 6 (con apertura prolungata fino alle 23.30) e del 7 dicembre 2023, con il consueto 8.30-19.30. I dettagli della riapertura della sezione “romana” del museo Archeologico nazionale delle Marche saranno illustrati mercoledì 6 dicembre 2023, alle 11, al museo Archeologico nazionale delle Marche, a Palazzo Ferretti ad Ancona. Intervengono Luigi Gallo, direttore regionale dei Musei delle Marche; Diego Voltolini, direttore del museo Archeologico nazionale delle Marche; Manuela Faieta, restauratrice e coordinatrice Restauro e conservazione delle collezioni archeologiche; Nicoletta Frapiccini, archeologa e progettista scientifico della sezione museale; Amanda Zanone, archeologa e progettista scientifico della sezione museale.

Pieve d’Alpago (Bl). Nel ventennale del ritrovamento della situla Alpago a Pian de La Gnela, incontro internazionale con i massimi esperti e studiosi su “Studi e confronti sull’Arte delle Situle: Monte Krn (Slovenia)-Alpago (Veneto)-Caravaggio (Lombardia)”

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Il ritrovamento della situla Alpago a Pian de la Gnela nel 2002 (foto drm-veneto)

2002-2022: a vent’anni da ritrovamento della situla a Pian de la Gnela, da parte di alcuni volontari del Circolo Amici del Museo dell’Alpago, venerdì 17 giugno 2022 il Comune di Alpago e la rassegna culturale Mese del Libro (che ritorna con questa anteprima dopo un anno di stop dovuto alla pandemia) dedicano alla ricorrenza, un incontro internazionale con i massimi esperti e studiosi di questa arte intitolato: “Studi e confronti sull’Arte delle Situle: Monte Krn (Slovenia)-Alpago (Veneto)-Caravaggio (Lombardia)”. Appuntamento alle 15 in sala Placido Fabris a Pieve d’Alpago (Bl). A confronto i reperti sloveni, alpagoti e lombardi con specialisti del settore: Alessandro Vanzetti, docente di Archeologia all’università “La Sapienza” di Roma; Luca Zaghetto, ricercatore indipendente; Bastjan Laharnar, Peter Turk, museo nazionale della Slovenia; Miha Mlinar, museo di Tolmino; Diego Voltolini, direttore del museo Archeologico nazionale delle Marche; Louis Nebelsick, docente di Archeologia all’università Cardinal Stefan Wyszynski di Varsavia; Elia Bettini, Ricercatore indipendente.

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Eugenio Padovan, presidente degli Amici del Museo dell’Alpago (foto comune pieve alpago)

L’idea di riunire gli esperti è del presidente degli Amici del Museo dell’Alpago, Eugenio Padovan. Questo incontro di studio offre l’opportunità, anche al pubblico, di scoprire quanti possano essere i contenuti racchiusi in reperti come le situle e a quali significati e relazioni tra genti dell’Età del ferro potrebbero fare riferimento. Uno scambio di conoscenze e culture tra popoli così distanti tra di loro, dalla Slovenia all’Alpago fino alla Lombardia, ma che realizzavano oggetti conosciuti come l’Arte delle Situle, sviluppatasi tra il Po e il Medio Danubio e da Bologna alla Slovenia.

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La situla Alpago ritrovata a Pian de la Gnela nel 2002 (foto drm-veneto)

Siamo all’inizio del percorso per il ritorno della “Situla Alpago” (VI-V sec. a.C.) per il quale esiste un progetto, commissionato dal comune di Alpago (Bl), che prevede la realizzazione di una sala espositiva in un piano dello storico Palazzo Municipale di Pieve dove troveranno collocazione anche i ricchi corredi funerari rinvenuti nella necropoli a cremazione di Pian de la Gnela (VII-V sec. a.C.). Questo piano è sostenuto dalla ferma volontà dell’amministrazione guidata dal sindaco Alberto Peterle. E vuole arrivare all’obiettivo di arricchire l’Alpago, ma anche l’intero Bellunese, di una eccellenza culturale ed economico-turistica, posta lungo il percorso ciclabile Monaco -Venezia e, nel contempo inserirlo in una collaborazione Interreg Italia – Austria, seguendo la “Via dei Santuari”. Contribuendo attivamente ad incentivare il funzionamento della Rete Museale Provinciale. Una prospettiva che coincide con la mission della direzione generale dei Musei del ministero della Cultura.

Roma. Aperta alle Scuderie del Quirinale la mostra “TOTA ITALIA. Alle origini di una Nazione”, oltre 400 reperti (da 36 enti di 12 regioni italiane) per raccontare la prima grande unificazione della penisola al tempo di Augusto

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Locandina della mostra “Tota Italia. Alle origini di una Nazione” alle Scuderie del Quirinale fino al 25 luglio 2021

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Statua di Apollo lampadoforo (I sec. a.C.), bronzo da Pompei (foto Archivio dell’Arte -Luciano Marco Pedicini)

Un’occasione unica per vedere riuniti nello stesso luogo reperti dall’assoluto valore storico, quali il Trono decorato a rilievo delle Gallerie nazionali Barberini Corsini di Roma, il Ritratto di Augusto con il capo velato del museo Archeologico nazionale delle Marche, il Busto di Ottavia Minore del museo nazionale Romano – Palazzo Massimo alle Terme; corredi funerari iconici come il Corredo della “tomba dei due guerrieri”, conservato al museo Archeologico Melfese “Massimo Pallottino” e il Corredo di una tomba femminile proveniente dalla necropoli di Montefortino d’Arcevia e custodita nel museo Archeologico nazionale delle Marche. E ancora la Cista portagioielli con iscrizione in latino arcaico del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, il Sostegno di mensa con due grifoni che attaccano un cerbiatto del museo civico di Ascoli Satriano fino al celebre Rilievo con scena di battaglia tra un cavaliere greco e un persiano custodito nel museo Archeologico nazionale di Taranto. Dove possiamo ammirare tanti tesori tutti insieme? Alle Scuderie del Quirinale a Roma dove, fino al 25 luglio 2021, è aperta la mostra “Tota Italia. Alle origini di una Nazione”, una nuova grande esposizione, inaugurata dal Presidente Sergio Mattarella, e curata da Massimo Osanna e Stéphane Verger, resa possibile grazie allo straordinario impegno della Direzione Generale Musei e di tutto il sistema museale italiano. Ben 36 prestatori, fra musei statali e civici nonché soprintendenze di Stato, dal Veneto alla Calabria, per un totale di 12 regioni, hanno fatto “rete” per raccontare, in un momento così complesso, un periodo cruciale della storia del Paese, manifestando concretamente, nonostante la situazione di chiusura forzata in cui tali Musei si trovavano, la capacità e la volontà di riaprire e mostrare un patrimonio culturale unico al mondo.

Corona dal corredo di una tomba femminile (III sec. a.C.) dalla necropoli di Montefortino d’Arcevia conservata nel museo Archeologico nazionale delle Marche di Ancona (foto Sabap-Marche)
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Statua di Marsia con ceppi da schiavo (III sec. a.C.) da Paestum (foto pa-paeve)

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Ritratto di filosofo su erma iscritta, Parmenide (prima metà I sec. d.C.,) da Velia (foto pa-paeve)

“Con Tota Italia la cultura riparte alle Scuderie del Quirinale con uno sguardo introspettivo, capace di indagare, attraverso il nostro patrimonio, le radici più profonde della nostra identità”, sottolinea Dario Franceschini, ministro della Cultura. “La stretta sinergia fra una delle sedi espositive più prestigiose del Paese e il ministero della Cultura ha permesso infatti di allestire in breve tempo una mostra di grande spessore scientifico e culturale, che ripercorre la progressiva fusione delle differenti popolazioni italiche in un’unica nazione nel segno di Roma”.  E Mario De Simoni, presidente e ad di Ales – Scuderie del Quirinale: “Dopo l’imprevista ma straordinaria esperienza della mostra su Raffaello le Scuderie riaprono con una mostra di grande rilievo culturale e simbolico, realizzata con la direzione generale Musei del MiC. Una mostra che vuol essere segno tangibile della partecipazione delle Scuderie allo sforzo delle riaperture, plastica rappresentazione della collaborazione armonica di tutto il sistema museale italiano e stimolo per un’ulteriore riflessione sui valori dell’unità nazionale, nell’anno del 160° anniversario della moderna unità d’Italia, del 150° dalla proclamazione di Roma Capitale, del 75° dalla proclamazione della Repubblica”. Aggiunge Matteo Lafranconi, direttore Scuderie del Quirinale: “Una straordinaria prova di coesione sinergica tra istituzioni nazionali; un’autentica mostra-gioiello che rivela ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la formidabile ricchezza del patrimonio diffuso nei musei di tutta Italia e il suo potenziale inesauribile come terreno della migliore ricerca scientifica”.

Ritratto di Augusto con il capo velato (fine I sec. a.C.) conservato al museo Archeologico nazionale delle Marche di Ancona (foto sabap-marche)

“Tutta l’Italia giurò spontaneamente fedeltà a me” (Iuravit in mea verba tota Italia sponte sua) scriveva Augusto nelle sue Res gestae divi Augusti (“Le imprese del divino Augusto”): il titolo della mostra riprende proprio la famosa formula del giuramento di Augusto, l’uomo che per la prima volta riunificò l’Italia in un territorio omogeneo, non solo dal punto di vista politico e amministrativo ma anche culturale, religioso e linguistico. Partendo dalla straordinaria varietà e ricchezza culturale dell’Italia preromana, affascinante mosaico di genti e tradizioni, Tota Italia racconta il processo di romanizzazione, che fu scontro, incontro e ibridazione, e ripercorre le tappe che condussero all’unificazione sotto le insegne di Roma, dal IV secolo a.C. all’età giulio-claudia.

Triade Capitolina (II sec. d.C.) conservata al museo civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” di Guidonia Montecelio (foto Giovanni Coccia)

Roma, cuore pulsante di un gigantesco impero globale, conquistò il suo spazio e il suo ruolo relazionandosi, di volta in volta, con le tante culture e popolazioni che avevano guadagnato nei secoli un posto sulla scena del Mediterraneo, avendo come primo grande teatro del suo espansionismo la penisola italiana. Un’unificazione sotto il segno di Roma ma capace di conservare, al contempo, quella divisione in regioni che testimonia ancora oggi la ricchezza e la varietà delle nostre tradizioni.

Decorazione di uno scudo (episema) con Taras (IV sec. a.C.) dal santuario di Rossano di Vaglio conservata al museo Archeologico nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu” a Potenza (foto mic)
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Sostegno di mensa (trapezophoros) con due grifoni che attaccano un cerbiatto (seconda metà IV sec. a.C.) conservato nel museo civico di Ascoli Satriano (foto sabap-Barletta-Andria-Trani e Foggia)

Lungo un percorso coerente ed unitario, articolato su entrambi i piani delle Scuderie sarà possibile ammirare nella stessa sede espositiva le opere più significative di quella varietà espressiva che concorse alla formazione dell’Italia augustea e dell’Impero. Oltre 400 reperti esemplari, quali statue, elementi di arredo, produzioni ceramiche, a testimonianza del complesso dialogo tra Roma e il resto della Penisola. Il filo conduttore della prima parte della mostra sarà la varietà dei popoli italici prima dell’unificazione romana; in primo piano, dunque, gli aspetti sociali, culturali e artistici caratterizzanti la variegata composizione etnica della Penisola. La seconda parte del racconto sarà incentrata sulla guerra, documentata attraverso oggetti iconici o grandi fregi figurati in grado di fornire nitide istantanee dell’espansione di Roma e dell’impatto sui suoi avversari, a partire dall’unificazione romana dopo le guerre puniche fino all’età di Augusto.

Rilievo con scena di battaglia tra un cavaliere greco e un persiano (III sec. a.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Taranto (foto MArTA)
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Affresco con anatre appese e antilopi (prima metà I sec. a.C.) dalla Villa dei Papiri di Ercolano, conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

“Attraverso una selezione di opere di eccezionale rilevanza conservate nei principali musei italiani”, spiega Massimo Osanna, direttore generale Musei del ministero della Cultura, e curatore dell’esposizione, “con la mostra Tota Italia. Alle origini di una Nazione si è inteso proporre una riflessione su quel lungo e grandioso processo di unificazione culturale, linguistica e giuridica e di trasformazione degli assetti economici, sociali e territoriali che, sotto la spinta di Roma, portò le varie popolazioni dell’Italia antica a riconoscersi in un’unica grande entità comune. Nella prima parte della mostra, alcune delle più rappresentative testimonianze archeologiche delle culture proprie delle genti italiche illustrano la grande varietà dei modi di vivere e di esprimersi, di costruire e di abitare, di onorare i morti e di venerare le divinità diffusi nella Penisola prima della cosiddetta romanizzazione. Nel prosieguo del percorso espositivo, le marcate differenze tra i popoli tendono a sfumare gradualmente ed emergono con forza i tratti comuni e distintivi di quella Tota Italia che, dopo la guerra sociale e, definitivamente, al tempo di Augusto, riconobbe sé stessa come nazione unica e centro del mondo mediterraneo. Una mostra corale – conclude -, in cui opere provenienti da tanti musei italiani raccontano la storia di una straordinaria ricchezza culturale che affonda le sue radici nell’Italia più antica e nella prima, grande unificazione augustea della Penisola, e che permea ancora profondamente l’Italia di oggi attraverso i tanti lasciti di Roma nella cultura, nella lingua, nel diritto, ma anche nei confini regionali, nel tracciato delle strade, nelle città e nei paesaggi rurali”.