Come è nato il termine “grottesche”? ne parlano gli archeologi del PArCo in attesa della grande mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” alla Domus Aurea di Roma
Non c’è ancora la data. Ma è vicina. Almeno questo sembra far trasparire l’annuncio da parte del parco archeologico del Colosseo sull’attesa mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”: “Il Parco Archeologico del Colosseo si unirà alle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello con una mostra interattiva unica nel suo genere, che permetterà di rivivere in prima persona la storia della scoperta della Domus Aurea e delle grottesche, a partire dalla loro fortuna nel Rinascimento”. E con l’occasione gli archeologi del PArCo tornano sul tema centrale della mostra: le grottesche. “La definizione di “grottesche” non è semanticamente riconducibile ai temi decorativi che questi dipinti rappresentavano”, spiegano gli archeologi, “bensì al modo in cui gli artisti tra la fine Quattrocento e i primi anni del Cinquecento le avevano riscoperte, “immergendosi” nelle “grotte oscure” all’interno della Domus Aurea di Nerone, all’epoca completamente sotterrata. Fu proprio Raffaello il principale artefice dell’esplosiva diffusione di questo genere decorativo”. Lo ricorda Benvenuto Cellini, scultore, orafo, scrittore, argentiere e artista italiano, considerato uno dei più importanti artisti del Manierismo, nella sua autobiografia (“Vita” – cap. XXXI, p. 154): “Queste grottesche hanno acquistato questo nome dai moderni, per essersi trovate in certe caverne della terra in Roma dagli studiosi, le quali caverne anticamente erano camere, stufe, studii, sale e altre cotai cose. Questi studiosi trovandole in questi luoghi cavernosi, per essere alzato dagli antichi in qua il terreno e restate quelle in basso, e perché il vocabulo chiama quei luoghi bassi in Roma, grotte; da queste si acquistarono il nome di grottesche”.
Domus Aurea, in attesa della grande mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”, gli archeologi del PArCo presentano la splendida decorazione della reggia di Nerone realizzata dal leggendario pittore Fabullus
La grande mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”, prevista da marzo 2020, quindi in pieno lockdown, dovrebbe aprire presto. Lo annunciano gli organizzatori del parco archeologico del Colosseo, che per prepararci meglio alla mostra, ci stanno offrendo un viaggio alla (ri)scoperta della Domus Aurea. Oggi parliamo della decorazione pittorica della Domus Aurea di Nerone che fu realizzata, secondo quanto ci racconta Plinio, dal pittore Fabullus. Secondo lo storico, il pittore passò talmente tanto tempo lavorando alla Domus Aurea di Nerone che si trasformò “nel suo carcere”. Ecco le sue parole nella “Naturalis Historia”, XXXV, 120: “Anche Fabullus visse poco: grave e severo e al tempo stesso pittore florido e rigoglioso per i colori vivi. Di lui c’era una Minerva che guardava sempre lo spettatore da qualsiasi direzione costui la osservasse. Dipingeva poche ore al giorno e con grande solennità sempre vestito in toga, anche sulle impalcature. La Domus Aurea fu come la prigione dell’arte sua: fuor di là non esiste gran che di lui”.

La sala di Achille a Sciro nella Domus Aurea decorata dal pittore Fabullus: al centro il riquadro con Achille rifugiatosi a Sciro tra le figlie del re Licomede (foto PArCo)
Ma torniamo a seguire le parole di Svetonio che nella “Vita di Nerone”, XXXI, scrive: “Nel resto della costruzione [Domus Aurea], ogni cosa era ricoperta d’oro e abbellita con gemme e madreperla. Il soffitto dei saloni per banchetti era a tasselli di avorio mobili”. Nella stupenda decorazione superstite della volta della sala di Achille a Sciro, il leggendario pittore Fabullus (citato da Plinio) realizzò una decorazione ispirata al ciclo troiano: nel riquadro centrale è infatti immortalato il momento in cui Achille, rifugiatosi a Siro tra le figlie del Re Licomede, svelò la sua vera identità, cadendo nel tranello di Ulisse. “Questi capolavori pittorici”, spiegano gli archeologi del PArCo, “che hanno influenzato gli artisti di ogni epoca storica, saranno parte integrante del percorso espositivo della mostra “Raffaello e la Domus Aurea”, che aprirà le sue porte al pubblico molto presto!”.
“Fiori e profumi erano sparsi sui convitati”: l’effetto descritto nella sala da pranzo di Nerone sarà ricreato nella sala Ottagona con la mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” prossimamente aperta al pubblico

Mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”: render Sala Ottagona. Allestimento e interaction design a cura di Dotdotdot
Scrive Svetonio nella “Vita di Nerone” (XXXI): “Il soffitto dei saloni […] perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. La sala principale era circolare e ruotava su se stessa tutto il giorno e la notte, senza mai fermarsi, come la terra”. Anche se Svetonio non si riferisce in questo passo proprio alla Sala Ottagona, spiegano gli archeologi del parco archeologico del Colosseo, “possiamo immaginare l’ambiente descritto come molto simile a quello che oggi vediamo, seppur spoglio di fasti decorativi originali. Questa sala sarà il cuore della mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” che sarà aperta prossimamente al pubblico, dopo il rinvio per il lockdown: attraverso gli allestimenti immersivi di dotdotdot.it vedremo alternarsi immagini astrologiche e cadute di petali di rosa, per ricreare l’affascinante immagine descritta da Svetonio.
#iorestoacasa. “Gli artisti del Rinascimento, tra cui Raffaello, scoprirono le pitture della Domus Aurea attraverso un’apertura. Lo stesso è capitato anche agli archeologi moderni”: così il parco archeologico del Colosseo ricorda la scoperta della Sala della Sfinge alla Domus Aurea

Particolare di una “grottesca” della Stanza delle Maschere nella Domus Aurea (foto parco archeologico del Colosseo)
In questi giorni la Domus Aurea avrebbe dovuto ospitare la grande mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”. Così il Parco archeologico del Colosseo sui social tiene vivo il tema tornando a parlare di Raffaello in Domus Aurea. Con un paragone interessante. “Come già capitato agli artisti del Rinascimento, anche gli archeologi, gli architetti e i restauratori del Parco archeologico del Colosseo si sono imbattuti in una grande apertura all’altezza della copertura di una stanza della Domus Aurea”. È così che è stata scoperta la Sala della Sfinge. E propone il video con il sopralluogo della direttrice del Parco, Alfonsina Russo, appollaiata sopra le impalcature, a verificare la straordinaria scoperta, grazie ad un ponteggio montato per restaurare la volta della sala 72 della Domus Aurea. Al momento se ne conoscono 150.
“Rischiarate dalle luci artificiali”, raccontano, “sono apparse l’intera volta a botte di una sala completamente affrescata, la sommità delle pareti e la finestra a bocca di lupo che si apre sulla lunetta di fondo dell’ambiente. Tra diverse figurine elegantemente dipinte con tratti di colore denso (centauri rampanti, figure di Pan con oggetti fra le mani, creature acquatiche stilizzate tra ghirlande e cespi) sulla lunetta di fondo si staglia una tipica architettura immaginaria con le sue esili colonne su uno sfondo inesistente. Accanto ad essa, una muta e solitaria sfinge da cui questa sala prende il nome”. In realtà la scoperta risale alla fine del 2018, ed è stata annunciata nel maggio 2019, dopo la messa in sicurezza degli affreschi, con la relazione di Alessandro D’Alessio, il funzionario responsabile della Domus Aurea: “Ci siamo imbattuti in una grande apertura posta proprio all’imposta nord della copertura della stanza. Rischiarata dalle luci artificiali è apparsa d’un tratto l’intera volta a botte di una sala adiacente completamente affrescata”.
Roma. Anticipazioni sulla mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” (per ora bloccata dall’emergenza coronavirus) promossa da Parco archeologico del Colosseo ed Electa nei suggestivi ambienti della reggia neroniana in occasione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio: ricostruzioni virtuali, riletture, e giochi di specchi

La pagina del sito di Electa che pone tra gli eventi futuri la mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”: l’immagine (foto De Agostini) mostra “Il Laocoonte nella Domus Aurea”, tela dipinta da George Chedanne e conservato al museo di Rouen
Era tutto pronto per il grande evento alla Domus Aurea promosso dal Parco archeologico del Colosseo per il cinquecentenario dalla morte di Raffaello Sanzio: la mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”. Ma l’emergenza coronavirus con la chiusura per decreto governativo di musei e parchi archeologici ha bloccato tutto. Lunedì 6 aprile 2020, in occasione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, il Parco archeologico del Colosseo insieme a Electa ha presentato una speciale maratona dedicata al maestro urbinate, in attesa della mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”, mostrando sotto una nuova luce i suggestivi ambienti della residenza neroniana, con anticipazioni sull’allestimento, e muovendo in anteprima tra le architetture e le decorazioni della Domus Aurea, tra ricostruzioni virtuali, riletture, e giochi di specchi.

Mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”: render Sala Ottagona. Allestimento e interaction design a cura di Dotdotdot
La mostra, il cui allestimento e interaction design sono progettati da dotdotdot.it, si svilupperà nella Sala Ottagona, vero e proprio capolavoro dell’architettura romana imperiale, e nei cinque ambienti limitrofi, oltre alle Stanze di Achille a Sciro e di Ettore e Andromaca ancora preziosamente affrescate, dove si possono ammirare tracce delle cosiddette “grottesche”. Per questa prima grande mostra realizzata all’interno della Domus Aurea viene progettato un ingresso dedicato. In una delle gallerie originata dalle sostruzioni delle Terme di Traiano che cancellarono la memoria di questo padiglione della Domus Aurea, lo Studio Stefano Boeri Architetti ha progettato una passerella pedonale che – dal parco di Colle Oppio – si insinua, sfiorandole, tra le rovine fino ad approdare nella Sala Ottagona della Domus Aurea. Una linea guida che accompagnerà il visitatore direttamente verso il fulcro dell’edificio neroniano. Il progetto, curato da Vincenzo Farinella con Stefano Borghini e Alessandro D’Alessio, intende narrare l’eccezionale storia della riscoperta della pittura antica sepolta nelle “grotte” dell’originaria Domus Aurea di Nerone, raccontando la storia e l’arte di uno dei complessi architettonici più famosi al mondo, che ha segnato e influenzato, con la sua scoperta, l’iconografia del Rinascimento. Alla mostra si accompagna il catalogo edito da Electa, che ripercorre la riscoperta della Domus Aurea e l’invenzione delle grottesche grazie allo straordinario impulso di Raffaello.

La famosa “coenatio rotunda” (Sala Ottagona) della Domus Aurea neroniana (foto parco archeologico del Colosseo)
La Domus Aurea. L’imperatore Nerone, dopo il devastante incendio del 64 d.C. che distrusse gran parte del centro di Roma, iniziò la costruzione di una nuova residenza che per sfarzo e grandiosità passò alla storia con il nome di Domus Aurea. Progettata dagli architetti Severus e Celer e decorata dal pittore Fabullus, la reggia era costituita da una serie di edifici separati da giardini, boschi e vigne e da un lago artificiale, situato nella valle dove oggi sorge il Colosseo. I nuclei principali del palazzo si trovavano sul Palatino e sul colle Oppio ed erano celebri per la sontuosa decorazione in cui a stucchi, pitture e marmi colorati si aggiungevano rivestimenti in oro e pietre preziose. L’enorme complesso comprendeva, tra l’altro, bagni con acqua normale e sulfurea, diverse sale per banchetti, tra cui la famosa coenatio rotunda, che ruotava su se stessa, e un enorme vestibolo che ospitava la statua colossale dell’imperatore nelle vesti del dio Sole. Dopo la morte di Nerone i suoi successori vollero cancellare ogni traccia dell’imperatore e del suo palazzo. I lussuosi saloni vennero privati di rivestimenti e sculture e riempiti di terra fino alle volte per essere utilizzati come sostruzioni per altri edifici. In occasione della mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”, la Domus Aurea sarà eccezionalmente aperta al pubblico con orari prolungati.

Particolare di una “grottesca” della Stanza delle Maschere nella Domus Aurea (foto parco archeologico del Colosseo)
La riscoperta delle Grottesche. La storia della riscoperta delle “grottesche” comincia intorno al 1480, quando alcuni pittori (Pinturicchio, Filippino Lippi e Signorelli tra i primi) si calarono nelle cavità del colle Oppio per recarsi, a lume di torce, ad ammirare le decorazioni pittoriche delle antiche abitazioni romane: pensavano di trovarsi di fronte agli affreschi delle Terme di Tito e invece stavano scoprendo, senza ancora saperlo, le rovine dimenticate dell’immenso palazzo imperiale che Nerone, dopo il disastroso incendio del 64 d. C., aveva voluto far costruire nel cuore di Roma. Nel 1496 appariva a stampa per la prima volta il termine “grottesche”, coniato probabilmente dagli stessi artisti per definire i diversi sistemi decorativi della pittura antica sepolta nelle “grotte” dell’originaria Domus Aurea. Sarà però Raffaello, nel secondo decennio del Cinquecento, insieme al fidato collaboratore Giovanni da Udine, a comprendere a fondo la logica di questi sistemi decorativi, riproponendoli organicamente, grazie alle sue profonde competenze antiquarie, per la prima volta nella Stufetta del cardinal Bibbiena (1516) e poi, sempre nell’appartamento del Bibbiena nel Palazzo Apostolico in Vaticano, nella Loggetta (1516-17), vera e propria prova generale per il grande ciclo di stucchi ed affreschi all’antica realizzato nelle Logge vaticane (1517-1519). La secolare fortuna delle grottesche, in particolare nell’interpretazione fornita da Raffaello e dai suoi seguaci, può essere documentata anche sul lunghissimo periodo: alcuni dei massimi artisti novecenteschi, come Paul Klee e Alexander Calder, hanno infatti subìto il fascino delle grottesche antiche e rinascimentali. Saranno in particolare i principali esponenti del Surrealismo (Victor Brauner, Salvador Dalì, Max Ernst, Joan Miro, Yves Tanguy), a causa della natura fantastica, irrazionale, sostanzialmente irrealistica, di questo sistema decorativo, a essere sedotti dall’“arte magica” delle grottesche, riproponendo ancora una volta, in chiave onirica e freudiana, quelle invenzioni capaci di scandalizzare il gusto dei classicisti e la falsa coscienza dei moralisti.
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