Pakistan. A Saidu Sharif (Swat) celebrato il 70mo della MAI in Pakistan oggi co-gestita da ISMEO e l’università Ca’ Foscari Venezia e lanciato il nuovo progetto “Khyber PATH” di Ca’ Foscari per proteggere i siti archeologici, migliorane la leggibilità, e rafforzare la filiera turistica

Veduta aerea del tempio buddista scoperto a Barikot, nello Swat, dalla missione archeologica italiana dell’Ismeo e dell’università Ca’ Foscari di Venezia (foto ismeo/unive)
Il 25 ottobre 2025 a Saidu Sharif (Swat, Pakistan) si è celebrato il settantesimo anniversario della Missione Archeologica Italiana in Pakistan oggi co-gestita da ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente) e l’università Ca’ Foscari Venezia. Ne dà notizia il numero di cafoscariNEWS del 29 ottobre 2025. Le attività archeologiche italiane in Swat, provincia del Khyber-Pakhtunkhwa (KP), hanno inizio nel 1955, quando Giuseppe Tucci, famoso tibetologo e orientalista, visitò per la prima volta la regione. Così ebbe inizio un’attività ininterrotta per 70 anni, che ha visto la missione archeologica italiana dell’allora IsMEO, l’istituto presieduto da Tucci (oggi ISMEO) assumere un ruolo di primo piano nell’archeologia dell’Asia meridionale. La celebrazione è stata aperta da un messaggio dell’Ambasciatrice d’Italia in Pakistan, Marilina Armellin, che ha sottolineato il ruolo della Missione nel promuovere la visibilità su scala globale del patrimonio culturale del Pakistan e nel rafforzare la storica collaborazione tra i due Paesi. Sono seguiti una serie di interventi da parte delle istituzioni pakistane e italiane che da anni sostengono il lavoro della Missione. È stato trasmesso anche un messaggio della rettrice dell’università Ca’ Foscari, Tiziana Lippiello, che ha affermato: “La Missione Archeologica Italiana in Pakistan celebra oggi il suo 70° anniversario – 70 anni di esplorazione del ricco patrimonio del Pakistan e di costruzione di ponti culturali e di una profonda e duratura amicizia tra i nostri due paesi. L’università Ca’ Foscari Venezia è orgogliosa della sua vocazione internazionale e della sua volontà di imparare dal mondo, specialmente dall’Asia, rendendo le sue conoscenze disponibili alla nostra comunità studentesca e approfondendo la comprensione del suo passato e del suo presente attraverso la ricerca collaborativa”.

Podio del tempio di Zalamkot scoperto nello Swat dalla Missione archeologica italiana in Pakistan di Ismeo e università Ca’ Foscari di Venezia (foto unive)
Nella seconda parte dell’evento sono intervenuti i rappresentanti di diverse università pakistane che collaborano attivamente con la Missione, che hanno evidenziato l’impegno della stessa nella formazione di giovani archeologi pakistani, attraverso seminari e attività sul campo, nonché il suo ruolo nella promozione dell’eco-turismo in Pakistan grazie al progetto ACT (Archaeology Community Tourism) – Field School Project (2011–2017). L’evento si è concluso con il lancio del nuovo progetto triennale progetto “Khyber PATH (Professions for Climate Adaptation ecoTourism and Heritage)”, gestito da Ca’ Foscari in partenariato con il DGOAM del KP e implementato localmente da ISCOS INGO, finanziato dal ministero degli Affari esteri tramite l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo con 3 milioni di euro. Il progetto è volto a proteggere i siti archeologici del Pakistan settentrionale e a migliorarne l’accessibilità e la leggibilità, nonché a rafforzare la filiera turistica sostenibile e responsabile lungo un percorso integrato (circa 125 km) che collega otto siti archeologici che si estendono da Taxila a Barikot. Durante la presentazione, il prof. Luca Maria Olivieri, direttore della Missione e del Progetto, ha annunciato “durante lo scavo in corso a Zalamkot è stata riportata alla luce una nuova grande città dell’antica civiltà del Gandhara posizionata lungo l’antica strada nota come Hati-lar. Secondo una nostra recente rilettura di una iscrizione bilingue, sanscrito-persiana, si tratterebbe della città di Jayapālanagara che porta il nome dell’ultimo sovrano Hindu Shahi. Gli scavi sono potuti iniziare, nonostante le difficoltà logistiche, grazie alla collaborazione con la comunità locale guidata dal poeta, scrittore e archeologo Abdul Nasir di Alladan-dheri”. Questo nuovo progetto testimonia la continuità dell’impegno della Missione Archeologica Italiana in Pakistan, che da settant’anni rappresenta un punto di riferimento non solo per la ricerca scientifica — con oltre 1000 pubblicazioni — ma anche per la cooperazione culturale e lo sviluppo sostenibile della regione e nella formazione di professionisti locali nel campo dell’archeologia, nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e nella promozione della consapevolezza della sua centralità sociale ed economica. Tale rilevanza è stata confermata dalla varietà del pubblico presente alla celebrazione: non solo docenti universitari e rappresentanti delle autorità pakistane provinciali e federali, ma anche studentesse e studenti di college e università, associazioni culturali, la casa editrice Sang-e-Meel, architetti impegnati in progetti di Heritage, giornalisti e membri delle comunità locali dei siti archeologici in cui la Missione opera.
Torino. Alle Gallerie d’Italia per Archivissima l’incontro “Le città del lontanissimo futuro. Per uno Swat possibile: 70 anni di archeologia italiana in Pakistan” con Fernando Gentilini, Luca Olivieri, Claudio Faccenna
Sabato 7 giugno 2025, alle 18.30, alle Gallerie d’Italia di Torino, in piazza San Carlo, per Archivissima, l’incontro “Le città del lontanissimo futuro. Per uno Swat possibile: 70 anni di archeologia italiana in Pakistan” con Fernando Gentilini, Luca Olivieri, Claudio Faccenna, in collaborazione con Archivio Faccenna – Missione Archeologica Italiana in Pakistan. Incontro accessibile, con interprete LIS (Lingua Italiana dei Segni). Cosa hanno in comune il Pakistan, l’Himalaya, gli scavi archeologici e gli archivi? Una grande storia da raccontare: quella della civiltà Gandhara, solo evocata in occidente con le vicende dei Buddha afghani di Bamyan (cugini degli assai meno noti e tuttora presenti nella valle dello Swat) e quella della missione archeologica italiana più longeva in Asia (1956). Che è poi la storia di una grande operazione di conservazione e archiviazione di un immenso patrimonio archeologico ed artistico, in un territorio speciale, cassetto geologico chiuso e perfettamente conservato nella striscia di terra che riposa sotto le montagne più imponenti del mondo.
Fernando Gentilini ha vissuto in molti Paesi di regioni diverse del mondo, lavorando come diplomatico per il ministero degli Esteri, l’Unione Europea e l’Alleanza atlantica. Oggi vive tra Roma e Bruxelles dove scrive e collabora con vari istituti e università, continuando a inseguire le sue passioni che sono da sempre i libri, l’Europa e la politica internazionale Ha collaborato con le pagine culturali de La Stampa e per la Repubblica. Tra le sue pubblicazioni: In Etiopia (1999), Infiniti Balcani (2007), Libero a Kabul (2011), Tre volte a Gerusalemme (2020), I demoni, storie di letteratura e geopolitica (2023) e Atlante delle città eterne. Itinerari e voci nell’Europa delle idee (2025).
Luca Olivieri, direttore della missione archeologica italiana dell’ISMEO in Pakistan, all’università Ca’ Foscari di Venezia insegna Archeologia del Gandhara e delle vie della seta. Tra le sue pubblicazioni recenti: Stoneyards and Artists in Gandhara. The Buddhist Stupa of Saidu Sharif I, Swat (c. 50 CE) (2022), Swat archaeology. From Tucci to the present (2025).
Claudio Faccenna insegna Geologia all’università Roma TRE e dirige la sezione Lithosphere Dynamics al German Research Centre for Geosciences di Berlino.
Roma. Anna Filigenzi su “Archeologie difficili e sistemi di valori. Il caso dell’Afghanistan”: conferenza in presenza e on line per il ciclo di incontri “Ripensare il mondo. Il confronto tra culture nella formazione delle civiltà”, presentato dal museo delle Civiltà e ISMEO

Locandina dell’incontro “Archeologie difficili e sistemi di valori. Il caso dell’Afghanistan” con Anna Filigenzi
Cosa può e deve fare l’archeologia? C’è ancora per essa uno spazio sociale da riconquistare e valori umani da riaffermare? La Missione Archeologica Italiana dell’ISMEO, attiva dal 1957, ha cercato possibili risposte entro il perimetro etico e scientifico della ricerca, dell’avanzamento degli studi e della condivisione delle conoscenze. Non solo per difendere e proteggere il patrimonio materiale, ma per difenderne e proteggerne anche i valori immateriali. Questa operazione dipende dalla nostra capacità e volontà di comprendere la connessione dell’archeologia con la storia e la dimensione umana. Questo il tema dell’incontro “Archeologie difficili e sistemi di valori. Il caso dell’Afghanistan”: un racconto di esperienze, che dal lavoro sul campo, hanno condotto a ricostruzioni di frammenti di storia condivisa. Appuntamento giovedì 23 giugno 2022, alle 16.30, nella sala conferenza del Palazzo delle Scienze a Roma, nell’ambito del ciclo di incontri “Ripensare il mondo. Il confronto tra culture nella formazione delle civiltà”, presentato dal museo delle Civiltà e ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente). La conferenza sarà trasmessa anche in diretta streaming sul canale YouTube del Museo delle Civiltà: https://youtu.be/OY8kdYRwAHs.

L’archeologa Anna Filigenzi in Afghanistan dove dirige la missione archeologica italiana dal 2004 (foto ismeo)
L’archeologia in Afghanistan è condizionata, oggi come ieri, da una storia conflittuale, contrassegnata alla fine degli anni Settanta dall’occupazione sovietica e dagli eventi che a questa sono seguiti (quali la guerra civile, il regime talebano, l’occupazione internazionale, l’interludio democratico che non ha interrotto i conflitti in corso e, infine, il recente ritorno al potere dei Taliban). Sullo sfondo di questo scenario, l’archeologia diviene bersaglio di una propaganda che la rappresenta come espressione di una élite, più interessata a cose inerti che alle persone, o tenta di servirsene per mostrare all’opinione pubblica occidentale il volto umano e progressista della politica. Nel frattempo, la filiera locale dei beni culturali, con le sue infrastrutture e professionalità, duramente colpita dai lunghi anni del conflitto e, a partire dai primi anni 2000, sulla strada di una faticosa rinascita, ripiomba in una situazione pericolosamente precaria.

L’archeologa Anna Filigenzi
Anna Filigenzi è professore associato di Archeologia e storia dell’arte dell’India all’università di Napoli “L’Orientale”. Dirige dal 2004 la Missione Archeologica Italiana in Afghanistan e dal 1984 è membro attivo della Missione Archeologica Italiana in Pakistan. È vice-presidente dell’ISMEO e della SEECHAC ed è membro di diverse istituzioni scientifiche, in Italia e all’estero, e di comitati editoriali stranieri. Il suo lavoro sul campo, le sue pubblicazioni e la sua attività didattica hanno come oggetto principale l’archeologia e la storia dell’arte dell’area compresa tra il Nord-Ovest del Subcontinente indiano, le regioni himalayane e l’Asia Centrale, con particolare riferimento ai periodi gandharico e post-gandharico; al rapporto tra culture religiose, politica e società civile; ai rapporti culturali tra Pakistan settentrionale, Kashmir, Afghanistan, Himalaya occidentale e Xinjiang, soprattutto in relazione allo sviluppo e alla circolazione di forme di arte visiva. Ha all’attivo numerosi progetti di ricerca, individuali e collettivi, svolti in Italia e all’estero, e numerose pubblicazioni.






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