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Napoli. Al museo Archeologico nazionale di Napoli presentazione del progetto europeo PERCEIVE il primo incentrato sulla conservazione del colore nell’arte utilizzando Intelligenza Artificiale ed esperienze virtuali. MANN capofila della ricerca internazionale. Giulierini: “Cinque anni di lavoro, premiate le capacità del Museo”

napoli_mann_presentazione-progetto-europeo-perceive_locandinaTre giorni dedicati alla ricerca sul colore nell’archeologia e nell’arte, con il contributo di esperti mondiali che si incontreranno al museo Archeologico nazionale di Napoli: il 6 marzo 2023, all’Auditorium del Mann, sarà lanciato PERCEIVE (Perceptive Enhanced Realities of Colored collEctions through AI and Virtual Experiences), il cui scopo è quello di creare un nuovo modo di percepire, conservare, curare, esporre, comprendere opere caratterizzate dalla presenza del colore, dalle sculture alle fotografie, passando per i tessuti e le opere d’arte digitali. Il progetto comprende, tra i suoi punti di maggior rilevanza, l’inclusione, la promozione del senso di cura, la riappropriazione intellettuale di messaggi “svaniti” nel tempo e un’adeguata comunicazione e trasferimento alle generazioni future. Gli strumenti per la realizzazione degli obiettivi sono l’Intelligenza Artificiale e le Esperienze Virtuali. L’A.I. avrà un ruolo centrale nel progetto, con il compito di contribuire ad automatizzare alcuni processi di ricostruzione, impossibili da ottenere con i metodi digitali tradizionali. La Virtual Experience renderà questi processi fruibili dal grande pubblico, rispondendo compiutamente alle indicazioni e ai principi di accessibilità ed inclusione, che sono il fondamento delle direttive della Comunità Europea.

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Dettaglio della Venere in bikini dal Gabinetto Segreto del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

“Dal 2018 è in corso al Mann un progetto di ricerca specificamente dedicato al tema del colore sulla statuaria classica, MANN In Colours da cui sono nati EcoValors e Digital Farnese/Farnese Digitale”, ricorda il direttore del Mann Paolo Giulierini. “Nonostante la sospensione di quasi due anni a causa della pandemia, i gruppi di ricerca al lavoro hanno indagato circa 70 sculture”.  Ciascuna delle opere è stata studiata con diagnostica multispettrale e indagini di laboratorio, successivamente è stata digitalizzata utilizzando la fotogrammetria. “Ad oggi possiamo affermare che questo è il progetto di ricerca sul colore più ampio e approfondito che un museo nazionale abbia mai intrapreso. Le linee guida e i risultati che ci aspettiamo da PERCEIVE sono oggetto di sperimentazione al Mann da cinque anni grazie ai progetti menzionati, con la direzione scientifica di Cristiana Barandoni. L’evolversi della ricerca sul colore e la multidisciplinarietà dell’approccio, coinvolgendo altri ambiti, sono stati il motivo per cui il Museo è stato premiato e coinvolto in PERCEIVE, confermando la capacità di intercettare fondi europei in collaborazione con CNR e il MIUR”. E Sofia Pescarin, coordinatore PERCEIVE per il CNR: “Dopo un anno di lavoro finalmente il progetto PERCEIVE viene ufficialmente lanciato a Napoli al museo Archeologico nazionale di Napoli insieme a 11 partner provenienti da 8 Paesi del mondo. Cercheremo di sviluppare una nuova metodologia per studiare, prevedere, ricostruire ed esporre al meglio i colori nelle collezioni museali e nell’arte digitale. Grazie a tutti i partner per lo straordinario contributo, ora è il momento di raccogliere questa sfida e iniziare”.

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Dettaglio della statuetta di bambino con tracce di colore dalla collezione “L’altro Mann” del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

napoli_mann_presentazione-progetto-europeo-perceive_invito_locandina.jpgDurante la giornata inaugurale del 6 marzo 2023 si alterneranno interventi di studiosi provenienti da undici istituzioni, otto Paesi e grandi musei coinvolti, tra cui il Mann (capofila del progetto per le ricerche sulla policromia antica nella scultura, che svolge dal 2018), il Munch Museum di Oslo, il Victoria and Albert Museum di Londra e l’Art Institute Museum di Chicago: tutti illustreranno le loro attività e i capolavori oggetto delle ricerche sul colore. Protagonisti dell’appuntamento napoletano anche tre aziende (Anamnesia, Imki e Hoverlay) e cinque istituti di ricerca, a partire dal coordinatore del progetto CNR ISPC insieme al Fraunhofer IGD (Germania) FORTH (Grecia), NTNU (Norvegia) e HSLU (Svizzera). La presentazione nella giornata inaugurale sarà aperta alla comunità scientifica, alle istituzioni culturali ma anche a studenti ed appassionati (fino ad esaurimento posti). Sarà per tutti un’occasione unica per esplorare la bellezza, la fragilità e le sfide della ricostruzione e della conservazione del colore in sculture, dipinti, tessuti, foto e opere arte digitali conservati in grandi istituti internazionali. Nei giorni successivi, 7 e 8 marzo 2023, i partners di PERCEIVE hanno in calendario degli incontri più tecnici, nell’ambito dei quali si confronteranno con domande come: “è possibile prevedere i cambiamenti di colore?”, “come possiamo ricostruire i colori perduti?” con l’obiettivo di costruire un nuovo approccio comune alla tutela delle opere colorate.

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Collezione Farnese: busto di Caracalla con scala colorimetrica (foto mann)

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MANN in colours: nella Figura Dionisiaca della collezione Farnese ha rivelato l’uso di blu egizio, terra rossa e miscela con ocra gialla (foto mann)

MANN in Colours. Prevede indagini chimiche e fisiche non invasive per la ricerca della policromia originale sulle collezioni statuarie del museo Archeologico nazionale di Napoli, con particolare riferimento alla Collezione Farnese, in collaborazione con DI.AR. Diagnostica per Immagini. Il progetto, avviato nel 2018, si sviluppa analizzando le sculture tramite macrofotografia, microscopia, fluorescenza ultravioletta (UV), VIL eseguite in situ per una prima mappatura delle sopravvivenze di policromia originale. Queste indagini restituiscono sia lo stato di conservazione dell’opera che la tecnica esecutiva. Le tracce di colore così diagnosticate possono essere approfondite attraverso ulteriori analisi di laboratorio, prelevando micro-campioni che permettono di definire, attraverso esami chimici quali XRF, Raman e FT-IR, la composizione dei pigmenti, di cui viene caratterizzata la struttura chimica. In questo modo è possibile identificare il tipo di pigmento usato e le eventuali miscele.

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Al via al museo Archeologico nazionale di Napoli il percorso di indagine ECOValors nell’ambito del progetto di ricerca “MANN in colours” (foto mann)

EcoValors. Realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’università di Roma “Tor Vergata”, ha come obiettivo principale quello di indagare chimicamente i pigmenti e il loro stato di conservazione in relazione all’ambiente museale. Per questo tipo di monitoraggio sono stati impiegati dispositivi di superficie non invasivi, in grado di identificare l’interazione tra le opere e gli agenti inquinanti: si tratta di uno studio necessario per valutare correttamente lo stato di conservazione del colore.

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Cristiana Barandoni all’opera tra le statue della Collezione Farnese del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Digital Farnese. Oltre alla ricerca sul colore, uno dei maggiori interessi di Mann In Colours è la diffusione della consapevolezza della presenza del colore sulle sculture antiche presso il grande pubblico e non solo tra gli “addetti ai lavori”. Per questo motivo alle prime campagne diagnostiche è stata affiancata la modellazione 3D delle opere più importanti del Museo: è così che è nato il progetto “Digital Farnese / Farnese digitale”, per una “traduzione” visiva dei colori perduti sui modelli tridimensionali realizzati. La mancanza della percezione del colore, infatti, rende parziale la comprensione dell’opera. Da questo punto di vista il Mann vuole offrire alla comunità, non solo scientifica, un contributo non temporaneo – come quello di una mostra – ma permanente. Il colore era una componente sostanziale dell’arte antica, il Mann si assume il compito di diffondere nella società tale percezione, attualmente confinata alla cerchia degli specialisti. “Farnese Digitale” è una proposta concreta, sostenibile e adatta alla complessità della Collezione. I modelli 3D realizzati saranno impiegati all’interno di nuove didascalie narrative in modo semplice e intuitivo, raccontando storia, eventi, restauri da uno speciale punto di vista, quello del colore, includendo la ricerca sulla policromia originaria e i suoi risultati in modo permanente nel percorso di visita del museo.

Svelato giallo archeologico. In Kurdistan iracheno la missione dell’università di Udine ha scoperto il luogo della battaglia di Gaugamela (330 a.C.) dove Alessandro Magno sconfisse il re persiano Dario III. Evento cruciale che fece nascere l’Ellenismo. Col progetto “Terre di Ninive” in sette anni mappati 1100 siti archeologici

Il prof. Daniele Morandi Bonacossi sul campo presso il sito neo-assiro di Chamarash, sulla sponda orientale del lago artificiale di Eski Mosul

È una delle battaglie che hanno segnato la storia: Gaugamela, 331 a.C. In una piana della Mesopotamia settentrionale, le truppe guidate da Alessandro Magno sconfiggono l’esercito persiano del re dei re Dario III, aprendo le porte dell’Oriente ai macedoni dalla Mezzaluna fertile all’altopiano iranico fino alla valle dell’Indo. Fu un evento cruciale: un mondo finiva e iniziava una nuova era, l’Ellenismo, fecondissimo momento di incontro culturale tra Oriente e Occidente. Ma a quasi 23 secoli dall’evento il luogo della battaglia è ancora in discussione, con gli storici e gli archeologi dubbiosi sull’interpretazione dei dati disponibili. Un giallo archeologico che ora è stato svelato dalle ricerche multidisciplinari della missione archeologica nel Kurdistan iracheno dell’università di Udine, guidata dal professore Daniele Morandi Bonacossi, dove è presente dal 2012 con il progetto “Land of Nineveh / Terre di Ninive”. La spedizione, sostenuta da ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale; Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo; ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca; Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Fondazione Friuli, ha portato gli archeologi a una scoperta straordinaria: l’identificazione del sito di Gaugamela con l’attuale Tell Gomel, nei pressi dell’odierna Mosul – l’antica Ninive – nel Kurdistan iracheno. L’annuncio a Roma in un’affollatissima conferenza stampa, cui sono intervenuti Andrea Zannini, direttore del dipartimento di Studi umanistici e del Patrimonio culturale dell’università di Udine; Ettore Janulardo , ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale; Ahmad A.H. Bamarni, ambasciatore della Repubblica dell’Iraq in Italia; Alessia Rosolen, assessore Istruzione, Ricerca, Università della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Daniele Morandi Bonacossi , direttore del “Land of Nineveh Archaeological Project” e ordinario di Archeologia del Vicino Oriente antico all’università di Udine.

Progetto “Terre di Ninive” in Kurdistan iracheno: mappatura dei 1100 siti individuati dalla missione dell’università di Udine

La spedizione archeologica dell’università di Udine, che coinvolge ogni anno circa 25 specialisti (archeologi, topografi, restauratori, archeobotanici, palinologi, esperti GIS,…) e diversi studenti, indaga la trasformazione del territorio dal Paleolitico al periodo islamico (da un milione di anni fa ad oggi) grazie ad una concessione di ricerca che copre un’area di 3mila kmq, una delle più ampie mai rilasciate in Iraq, che ha consentito al team di scoprire e mappare ben 1100 siti archeologici. Grazie alle riprese con droni, a ortofoto, allo studio della ceramica e agli scavi stratigrafici, è stata ricostruita la storia dell’insediamento e della demografia della regione, che risulta essere una delle zone della Mesopotamia con la più alta densità di siti archeologici (0,7 per chilometro quadrato). E il team del prof. Morandi ha ricevuto l’apprezzamento dell’ambasciatore della Repubblica dell’Iraq Ahmed Bamarni che ha commentato: “La squadra del prof. Daniele Morandi Bonacossi sta svolgendo un considerevole lavoro nella Regione del Kurdistan, e apprezziamo il loro impegno nel recupero del patrimonio culturale iracheno, come la recente identificazione del sito originale della Battaglia di Gaugamela, che vide la vittoria di Alessandro Magno sull’esercito persiano di Dario, evento che rappresenta uno dei momenti storici più significativi della storia regionale e mondiale”. E allora vediamo meglio questa eccezionale scoperta archeologica.

Il grande mosaico pavimentale con Alessandro Magno dalla casa del Fauno di Pompei oggi al Mann

Cosa successe nella piana di Gaugamela nel 331 a.C.? Il re achemenide Dario III era già stato sconfitto da Alessandro Magno due anni prima, nel 333 a.C., a Isso, città costiera nell’Anatolia meridionale, al confine tra la Cilicia e la Siria, con la cattura della moglie, della madre e delle due figlie del re persiano che si era ritirato a Babilonia, per riorganizzare l’esercito. Di quella battaglia ci è rimasta una rappresentazione memorabile nel mosaico scoperto a Pompei nella Casa del Fauno, oggi conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli. La vittoria di Isso aveva dato ad Alessandro il controllo dell’Asia Minore meridionale, e da lì aveva occupato la costa mediterranea dalla Fenicia fino all’Egitto, dove si era fatto consacrare faraone. E arriviamo all’autunno del 331 a.C. Le fonti disponibili sulla battaglia di Gaugamela non sono molte (Arriano con l’Anabasi di Alessandro; Quinto Curzio Rufo con Storie di Alessandro Magno; Diodoro Siculo con Biblioteca storica; Plutarco con Vita di Alessandro), e tutte di storici vissuti molti secoli dopo la spedizione di Alessandro in Asia. Non è quindi facile fare una ricostruzione fedele degli eventi, del numero di soldati e delle perdite della battaglia, ma almeno sul nome del luogo della battaglia sembrano concordare tutti: Gaugamela, nella Mesopotamia settentrionale.

Il percorso delle truppe di Alessandro Magno dalla Siria a Gaugamela, in Mesopotamia

Alessandro guada l’Eufrate senza trovare resistenza ed entra in Mesopotamia. Ma non punta direttamente su Babilonia. Sceglie la strada verso Nord che, una volta superate le colline, portava comunque alla città dove si era acquartierato Dario III. Ciò gli avrebbe reso più facile procurarsi foraggio e provviste, e non avrebbe fatto soffrire alle truppe il caldo estremo del percorso diretto. Alessandro passa anche il Tigri e si verifica un’eclisse lunare, ritenuto un presagio favorevole. E così decide di attaccare i persiani con la sua cavalleria. Alla vista del re macedone la cavalleria persiana fugge. I prigionieri riferiscono che Dario III non è lontano: è accampato a Gaugamela. Lo scontro è epocale. Alessandro riesce ad annullare il divario di forze in campo e a imporsi. Dario III riesce a fuggire ad Arbela (l’odierna Arbil), a un centinaio di chilometri a Est, convinto di poter ancora organizzare una resistenza che ormai appariva disperata anche agli occhi dei suoi più fedeli generali.

Progetto “Terre di Ninive”: la piana di Gaugamela (Kurdistan iracheno) ripresa con il drone

Lo scavo archeologico a Tell Gomel diretto da Daniele Morandi Bonacossi dell’università di Udine

La scoperta del sito di Gaugamela. Le fonti – come si diceva – non concordano sul luogo della battaglia. Ma, grazie a un mix di storia antica e nuove tecnologie, filologia e GIS, remote sensing e lavoro sul campo, il team diretto dal prof. Morandi Bonacossi ha raccolto evidenze scientifiche sufficienti per individuare il luogo in cui il condottiero macedone trionfa sull’armata persiana. “La prova regina è lo studio filologico del toponimo del sito di Tell Gomel, che stiamo scavando”, spiega Morandi Bonacossi. È un percorso a ritroso che ci porta dai giorni nostri all’impero assiro. “Proprio sull’acquedotto di Jeruan, monumentale sistema d’irrigazione costruito dal re assiro Sennacherib nel 700 a.C. per portare l’acqua a Ninive e irrigare la pianura circostante”, continua il direttore della missione friulana, “troviamo in un’iscrizione cuneiforme celebrativa dell’epoca del re assiro Sennacherib (704-681 a.C.) che ricorda il sito di epoca assira Gammagara/Gamgamara. Da questo toponimo assiro deriva la dizione greca: da Gamgamara in greco la m diventa u e la r una l che ci dà Gaugamela. Il toponimo si mantiene nei secoli. Così lo troviamo trascritto in epoca medievale (IX sec. d.C.) con una storpiatura dal greco che dà Gogemal, toponimo che a sua volta subisce una corruzione in Gomel che è il nome del sito che stiamo scavando”.

Il rilievo del cavaliere rifacimento di età ellenistica di un precedente monumento assiro del complesso di Khinnis (Kurdistan iracheno) per celebrare la vittoria nella vicina Gaugamela

Veduta aerea di Tell Gomel e della piana di Gaugamela nel Kurdistan iracheno

E poi ci sono i riscontri archeologici. “A ulteriore conferma, le nostre ricerche archeologiche hanno dimostrato che il sito di Gomel, dove si stanno concentrando le nostre ricerche, era solo un piccolissimo villaggio rurale poco prima dell’arrivo di Alessandro in Oriente, ma fu rifondato proprio alla fine del IV secolo a.C., quindi contemporaneamente alla battaglia, e da quel momento si sviluppò come un sito esteso e importante”. Ma non è tutto. Nelle vallate montuose circostanti, sono stati trovati alcuni monumenti rupestri con rilievi che potrebbero essere riconducibili alla presenza di Alessandro Magno. Due di questi potrebbero rappresentare proprio il condottiero a cavallo ed essere considerati monumenti celebrativi della vittoria di Gaugamela. Un rilievo si trova in una valletta della montagna che domina il sito di Gomel, nel complesso rupestre di Gali Zerdak, rilievo conosciuto, ma fortemente compromesso dal tempo e da recenti asportazioni vandaliche: si riesce a vedere una Nike alata che porge una corona a un cavaliere – che potrebbe essere Alessandro – proprio per la vicinanza all’iconografia che troviamo in pitture ellenistiche e tombe macedoni come a Kasta-Anfipoli. La rappresentazione di Gali Zerdak suggerisce agli archeologi friulani che questa potrebbe essere la montagna che, secondo le fonti, dopo la battaglia fu ribattezzata monte Nikatorion, “il monte della vittoria”. L’altro rilievo è ubicato a 20 chilometri di distanza dalla piana individuata come il campo della battaglia di Gaugamela: è il sito di Khinnis, noto dalla metà dell’Ottocento e leggibile ancora all’inizio del ‘900, danneggiato ancor prima dell’arrivo dell’Isis nella regione, più di recente studiato da Julian Reade, dove i re assiri avevano scolpito i loro volti. “Ma in periodo ellenistico”, riprende Morandi Bonacossi, “si interviene su questo rilievo celebrativo, un modo per dare continuità alla simbologia del monumento onorando il generale macedone: si cancella l’antica iscrizione in cuneiforme per aggiungere un cavaliere con la sarissa, la tipica picca macedone, molto simile a quella che vediamo impugnare ad Alessandro nel mosaico di Pompei”. C’è poi un terzo monumento, trovato nel raggio di pochi chilometri da Gomel: il rilievo di Nirok. “L’abbiamo scoperto nell’ambito del progetto Terre di Ninive, e riteniamo sia importantissimo per l’iconografia che rappresenta tre stelle o tre soli. È molto mal conservato, in gran parte distrutto in anni recenti, ma si riconosce il sole argeade o sole di Verghina, simbolo della dinastia macedone”.