Piacenza. Presentazione del libro “L’ultima dimora. L’era della rinascita e le cachettes reali tra Tanis e Tebe” di Giacomo Cavillier, in occasione della mostra “Egitto svelato. I sarcofagi egizi di Deir el-Bahari”
In occasione della mostra “Egitto svelato. I sarcofagi egizi di Deir el-Bahari”, a Palazzo Gotico di Piacenza fino al 26 febbraio 2023, incontro al PalabancaEventi di via Mazzini a Piacenza per la presentazione del libro “L’ultima dimora” (edizioni Kemet) di Giacomo Cavillier. Appuntamento con l’autore giovedì 9 febbraio 2023, alle 18, in sala Panini. Ingresso libero con prenotazione: relaz.esterne@bancadipiacenza.it oppure 0523542357.
“L’ultima dimora. L’era della rinascita e le cachettes reali tra Tanis e Tebe”. La storia della XX dinastia è sempre stata concepita come una parte essenziale del Nuovo Regno, importante fase storica e periodo apicale della civiltà faraonica. È l’epoca delle grandi opere urbanistiche in tutto il paese e, in particolare, nelle quattro grandi capitali dell’impero: Pi-Ramesse, Menfi, Tebe e Napata. È l’epoca delle grandi conquiste, battaglie, scambi diplomatici e commerciali con i regni più potenti del tempo. È altresì l’epoca delle grandi tombe reali e principesche realizzate nella necropoli tebana e in quella menfita di Saqqara. Durante la parte finale della XX dinastia, quella che comprende il regno trentennale del faraone Ramesse XI (1107-1078/1077 a.C.) e gli inizi della XXI dinastia, si assiste al verificarsi di importanti eventi: la guerra civile, la restaurazione (detta anche Era della Rinascita), la suddivisione dei poteri militari e civili nel paese tra il faraone residente a Tanis e il primo sacerdote di Amon residente a Tebe. Proprio in questo periodo si intensificano i tentativi di saccheggio delle tombe reali a seguito del dilagare della corruzione. La casa reale tenta di ristabilire l’ordine mediante una decisa azione processuale a carico dei responsabili e, al contempo, avvia l’evacuazione graduale delle mummie reali dalla Valle dei Re, dalla Valle delle Regine e da Dra Abu el-Naga realizzando apposite cachettes in luoghi della necropoli meno accessibili e più controllabili. Agli scribi, agli architetti ed operai della necropoli è demandato il compito di proteggere, restaurare e nascondere le mummie dei più antichi e gloriosi sovrani d’Egitto.
La mostra esperienziale “Egitto svelato. I sarcofagi egizi di Deir el-Bahari”, aperta al pubblico fino al 26 febbraio 2023”, è stata realizzata dall’Istituto Europeo del Restauro, in collaborazione con l‘Art & History Museum di Bruxelles e l’amministrazione comunale di Piacenza e espone importanti reperti egizi tra cui sarcofagi, mummie e oggetti dei corredi funerari provenienti dall’A&HM di Bruxelles e da alcuni importanti musei italiani, tra cui il MANN di Napoli. Protagonisti dell’esposizione importanti reperti egizi della XXI Dinastia (1070 a.C. – 900 a.C.) provenienti dal famoso Nascondiglio di Deir el Bahari, di proprietà dell’Art and History Museum di Bruxelles. Questi oggetti concentrano in loro tutto il fascino legato all’Antico Egitto, al complesso universo di miti e credenze della religione egizia e all’avventurosa epopea degli antichi tombaroli e dei primi archeologi. Fulcro del percorso espositivo è l’innovativo modulo EUROPA, un vero laboratorio di restauro progettato per gli interventi in pubblico, grazie al quale i visitatori possono assistere dal vivo e in diretta al restauro di alcuni sarcofagi egizi e interagire con i restauratori al lavoro. Un evento innovativo e coinvolgente, un’occasione unica per avvicinare ogni fascia d’età a questo affascinante tema.
Alla scoperta del grande fiume, il Nilo, personificato dal dio Hapi: a Jesolo nella mostra “Egitto. Dei, faraoni. uomini” si risale il Nilo incontrando le grandi città di Alessandria, Menfi e Tebe

Il logo della mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” che Jesolo ospita dal 26 dicembre 2017 al 15 settembre 2018
“Thalassa! Thalassa!” (“Mare! Mare!”) gridò Senofonte giunto in vista del mar Nero: per i reduci dei diecimila dopo aver perso il loro generale Clearco vedere le sponde del Ponto Eusino significava la fine del loro lungo viaggio verso la meta, l’amata Patria. Dopo aver navigato virtualmente attraverso il Mediterraneo di alcuni millenni fa, incontrando popoli e naviganti che lo solcavano intessendo molti rapporti anche con l’antico Egitto, tema della prima sala della mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” aperta fino al 15 settembre 2018, nello Spazio Aquileia di Jesolo: un viaggio nello spazio e nel tempo che ti porta a tu per tu con la grande civiltà del Nilo, ora possiamo parafrasare la famosa esclamazione dell’Anabasi con “Il Nilo! Il Nilo!”. Perché la nostra navigazione è giunta alla meta, il grande fiume, che ci porta direttamente nella terra dei faraoni (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/04/12/jesolo-ve-alla-mostra-egitto-dei-faraoni-uomini-viaggio-nello-spazio-e-nel-tempo-dalla-laguna-veneta-alla-scoperta-della-grande-civilta-del-nilo-attraversando-il-mediterraneo/). Scendiamo virtualmente dalla grande imbarcazione a remi che ci ha permesso di attraversare il Mediterraneo e saliamo su una più agevole barca egizia di giunco e papiro che ci permetterà di venire a contatto con gli antichi egizi. La sala 2 della mostra jesolana, dedicata al grande fiume, presenta pochi reperti, ma ci introduce nell’atmosfera della civiltà – non a caso chiamata – del Nilo.
La mitica fonte del Nilo Il primo contatto con il Nilo ci porta a conoscere un aspetto poco noto. “Gli egizi credevano nell’esistenza di un fiume sotterraneo, un Nilo-Nun, che scorreva nella Amduat, cioè nell’Oltretomba”, interviene l’egittologa Stefania Mimmo. “Si trattava dello stesso Nilo che inondava ogni anno, uscendo dalla sua cavità sotterranea. L’acqua della piena fuoriesce dalla terra, si trova nel mondo sotterraneo e il luogo dove risiede è chiamato Tephet, che si può tradurre con caverna. La credenza che esistesse una caverna dove Hapi (il Nilo) risiedeva non era diffusa né nell’Antico né nel Medio Regno, ma solo a partire dalla XVIII dinastia (Nuovo Regno). La caverna di Nun e Hapi rappresentano insieme l’acqua primordiale dalla quale tutto è stato creato e il rinnovamento annuale di tale creazione”. Ma c’è un altro termine che nei testi antichi si trova collegato a Hapi (il Nilo): è Qerti, che si può tradurre con le due caverne della fonte dalla quale sgorga il Nilo. “Le due fonti – continua Mimmo – che rappresentano le due fonti della piena del Nilo, possono essere considerate come l’espressione mitizzata del carattere della piena del Nilo, buono e terribile al tempo stesso”.
L’Inno al Nilo “Salute a te, o Nilo, che esci da questa terra e vieni a vivificare l’Egitto… che inondi i campi fecondati dal Sole per vivificare tutti gli animali selvatici, che sazi il deserto lontano dall’acqua, giacché è la rugiada di te che scende dal cielo”. Inizia così “L’inno al Nilo” che conferma, se ce ne fosse stato bisogno, l’importanza del grande fiume per l’Egitto. Nell’inno si fa riferimento a Elefantina e all’Alto Egitto attraverso il dio Khnum e la caverna della sorgente, mentre il Medio Egitto è citato con il dio Ptah, l’artigiano divino, originario di Menfi e Ra che risiede a Eliopoli. “L’inno traccia un percorso secondo cui la piena del Nilo è creta da Khnum di Elefantina e attraversa le Due Terre a partire dall’Alto Egitto, nel Basso Egitto, poi torna nuovamente nel mondo sotterraneo presso Kheraha, poco a sud del Cairo, dove c’era un importante luogo di culto. E dove c’era anche un nilometro usato nel Medio Regno per misurare ufficialmente il livello della piena.

Una rappresentazione di fantasia del Faro di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo antico
Risalendo il Nilo incontriamo le tre grandi città che hanno fatto la storia dell’antico Egitto. La prima che incontriamo è anche la più recente, Alessandria, sul delta occidentale del Nilo, affacciata sul Mediterraneo, dove la volle e fondò Alessandro Magno dopo aver conquistato l’Egitto nel 332 a.C. “In realtà non si trattava di un luogo isolato”, intervengono gli esperti: “nell’entroterra, a poche decine di chilometri, sorgeva la città di Sais, antichissimo centro che in epoca tarda divenne la capitale della XXVI dinastia, periodo in cui i greci si erano stabiliti al vicino porto di Naucrati, che rimase il principale mercato tra greci ed egizi prima della fondazione di Alessandria. Nel III sec. a.C., Alessandria divenne il centro ellenistico più importante del Mediterraneo, politicamente, culturalmente ed economicamente, pur conservando egualmente un’anima egizia. Oggi riconoscere l’Alessandria tolemaica è molto difficile, dopo due millenni di profonde modificazioni. E soprattutto non c’è più il faro, una delle sette meraviglie del mondo antico”.
Dove il Nilo inizia a rallentare la sua corrente prima di aprirsi nel delta, sorse la città di Menfi, molto vicino alla moderna città del Cairo. “Punto di passaggio obbligato delle vie commerciali”, spiegano gli archeologi, “qui fin dal IV millennio a.C. si sono susseguiti gli insediamenti più importanti dell’Egitto, di cui sono rimaste vastissime rovine ma relativamente pochi monumenti. L’abitato comprendeva un importante porto sul Nilo, e aveva come riferimenti verso Est Eliopoli (toponimo greco, “Città del Sole”, che si affianca al toponimo indigeno Iunu, “Città del Pilastro”, perché secondo la tradizione sarebbe stata la prima terra emersa alla creazione), e verso Ovest una corona di piramidi, sepolcro dei faraoni per tutto il terzo millennio. Come si vede tutti simboli solari”. Fu proprio una di queste piramidi, quella di Pepi I (VI dinastia, 2400 a.C.), a imporre successivamente il nome di Menfi (che significa “stabile e perfetta”), inizialmente il nome della piramide. Nei primi secoli del II millennio a.C., durante il Medio Regno, i faraoni della XII dinastia spostarono la capitale più a Sud, a Lisht. I romani fortificarono il loro insediamento nel luogo allora chiamato Babilonia, e oggi Fustat (dal latino fossatum) nome del quartiere bizantino del Cairo.
La terza grande città antica che incontriamo è Tebe, l’odierna Luxor. La Bibbia ricorda Tebe come la “città di Amon”, nota anche come “Eliopoli meridionale” per il binomio Amon-Ra, il dio protettore dei faraoni dal Medio Regno (inizio II millennio a.C.) quando il dio Amon fu accostato al dio Sole Ra. Già nel IV millennio a.C. (predi nastico) erano sorti centri come Nagada a Nord e Ieracompoli a Sud. Ma è con la riunificazione dell’Egitto nel II millennio a.C. che Tebe divenne un centro politico dominante. “La città fu dotata di edifici religiosi di pietra capaci di rivaleggiare con quelli di Menfi ed Eliopoli”, ricordano i curatori della mostra, “e quando gli Hyksos fecero dell’Egitto settentrionale un loro protettorato, Tebe divenne sede della necropoli reale. La celebre Valle dei Re accolse sepolcri monumentali per tutto il Nuovo Regno (dinastie XVIII-XIX-XX) quando fu capitale di un impero dalla Nubia alla Siria. Il clima più arido e la posizione più defilata hanno permesso la conservazione di manufatti in quantità superiore ad ogni altro luogo d’Egitto”.
(2 – continua; precedente post il 12 aprile 2018)













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