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Asiago. Al museo Le Carceri ultimi giorni per visitare la mostra “Lanam Fecit. L’economia della lana sul filo della storia” a cura di Maria Stella Busana e Michela Maria Rodeghiero, che mostra come la lana abbia segnato la storia del territorio, dal periodo preromano alla rivoluzione industriale, occasione unica per riscoprire il ruolo della lana nella storia del Veneto e per riflettere sulla sua importanza nell’economia contemporanea

Le settimane sono passate e non avete trovato il tempo per andare ad Asiago, sull’altopiano dei Sette Comuni (Vi), e visitare la mostra “Lanam Fecit. L’economia della lana sul filo della storia” al museo “Le Carceri”? Rimangono ancora pochi giorni. Il prossimo weekend (sabato 21 e domenica 22 giugno 2025) si terrà il finissage della mostra “Lanam Fecit”, con l’ultima opportunità di visitarne contenuti archeologici e fonti storiche attraverso un attento lavoro di ricerca e curatela scientifica che ha evidenziato le dinamiche produttive e commerciali che, per secoli, hanno legato la montagna alla pianura. Un rigoroso percorso di analisi storica e archeologica in un evento accessibile, coinvolgente e di eccellente spessore storico – culturale da rendere fruibile. La mostra, In occasione dell’anniversario del primo trattato di alleanza tra i Veneti e Roma del 225 a.C., nasce da una proposta di due amici e colleghi altopianesi – Flavio Rodeghiero, non specialista del settore ma grande conoscitore di questo territorio, e Michela Maria Rodeghiero, specialista in storia romana e dei Sette Comuni, per 10 anni delegata alla Cultura del Comune di Asiago, lanciata al dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, e precisamente alla prof.ssa Francesca Ghedini e alla prof.ssa Maria Stella Busana, che hanno aderito con entusiasmo.

Maria Stella Busana e Michela Maria Rodeghiero curatrici della mostra “Lanam Fecit. L’economia della lana sul filo della storia” al museo “Le Carceri” di Asiago (foto museo le carceri)

Grazie a un allestimento innovativo, che coniuga tradizione e tecnologia, il percorso espositivo mostrerà come la lana abbia segnato la storia del territorio, dal periodo preromano alla rivoluzione industriale. Il visitatore potrà scoprire il ciclo della lana, dalla pastorizia alla lavorazione tessile, immergendosi in un’esperienza sensoriale attraverso light box, installazioni tattili e sezioni multimediali. La mostra, curata dalla prof.ssa Maria Stella Busana e dalla dott.ssa Michela Maria Rodeghiero, è il risultato di un ampio lavoro di ricerca promosso dal Comune di Asiago in collaborazione con il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, con il contributo di studiosi, istituzioni culturali ed enti afferenti al ministero della Cultura. La mostra rappresenta un’occasione unica per riscoprire il ruolo della lana nella storia del Veneto e per riflettere sulla sua importanza nell’economia contemporanea. L’evento è reso possibile grazie alla collaborazione tra enti pubblici, associazioni culturali e privati, che hanno contribuito alla realizzazione di un progetto scientifico e divulgativo di grande valore.

Pesi da telaio troncopiramidali, rocchetti decorati e fusi in osso da contesti dei Veneti antichi (foto unipd)

Perché questa mostra? “Questa mostra – spiega Maria Stella Busana – è il frutto di un percorso di ricerca che, per molti dei curatori, è iniziato tanti anni fa, da più di 5 lustri, con la volontà di indagare caratteristiche e sviluppo dell’allevamento ovino e della produzione tessile nel Veneto antico, che le fonti scritte celebrano come fonte di ricchezza per il territorio, soprattutto per Padova, e nell’età medievale e moderna, fino alla nascita della vera e propria industria tessile. Penso agli studi sui percorsi dei percorsi della transumanza di Jacopo Bonetto della fine degli anni ’90 e alle prime tesi sui pesi da telaio di Stefania Mattioli. Penso al grande convegno del 2001 La lana: prodotti e mercati organizzato dal prof. Luigi Fontana dedicato all’economia della lana tra XIII e XX secolo. Penso all’importante scoperta nel 2005 nella Tenuta di Ca’ Tron presso Altino (Ve) del centro specializzato per l’allevamento delle pecore, la cui lana bianca e morbida è celebrata nelle fonti dal I e al IV secolo, commercializzata nel mondo romano e pagata moltissimo.

Lato A del Tintinnabulo in bronzo trovato nella cosiddetta ‘Tomba degli Ori’ (ca. 630-620 a.C.) della necropoli dell’Arsenale Militare di Bologna, conservato al museo civico Archeologico di Bologna (foto musei bologna)

Planimetria della casa-laboratorio di Altino in località Fornasotti, interpretato come textrinum e fullonica per la produzione, lavaggio e follatura dei tessuti (fine I secolo a.C.-inizi I secolo d.C.) (foto unipd)

“Da allora – continua Busana – sono state avviate sistematiche ricerche sugli strumenti tessili antichi, gli indicatori che più sopravvivono a testimoniare questa attività, che hanno portato alla formazione di un affiatato gruppo di lavoro, formato da studiose afferenti alle tre università del Veneto (Padova, Verona e Venezia – Ca’ Foscari) e all’allora soprintendenza Archeologica del Veneto, con diverse competenze (Angela Ruta Serafini, Giovanna Gambacurta, Mariolina Gamba, specialiste della cultura veneta, Patrizia Basso, Anna Rosa Tricomi, io stessa per l’età romana), gruppo che è stato arricchito da Margarita Gleba, esperta di tessuti preromani, che aveva svolto le sue ricerche prima a Copenaghen e nel Regno Unito, e che ora è professore all’università di Padova. Il convegno organizzato a Padova nel 2011 La lana nella Cisalpina romana ha fatto un primo punto delle conoscenze sul tema nel Veneto preromano e romano e stimolato la prosecuzione delle ricerche, sempre affrontate in un’ottica diacronica per cogliere origini, continuità e trasformazioni del fenomeno. E voglio sottolineare che il percorso ha coinvolto molti studenti e studentesse con tesi di laurea, specializzazione e dottorato, diventando una palestra anche per la formazione. Parallelamente sono proseguite le ricerche sui documenti, come la pubblicazione dei Privilegi dei Sette Comuni e le ricerche sulla saga dei Rossi di Schio.

Allestimento della mostra “Lanam fecit” al museo Le Carceri di Asiago (foto unipd)

“Metodi e risultati di queste ricerche – sottolinea Busana – vengono ora raccontati per la prima volta in una mostra, che intende evidenziare, grazie a fonti storiche, archeologiche, archivistiche e di archeologia industriale, l’importanza dell’economia della lana tra antichità ed età moderna e le sinergie createsi nel corso dei secoli tra l’Altopiano di Asiago, l’area pedecollinare e i centri di pianura, in primis la città di Padova. Per questo si è scelto di organizzare l’esposizione in uno dei due poli principali della “via della lana”, appunto la città di Asiago, con l’intenzione poi di trasferirla a Padova, che indubbiamente svolse un ruolo strategico come centro manifatturiero, passando poi il testimone al territorio vicentino, in particolare a Schio, al momento della nascita dell’industria moderna”.

Una delle sale della mostra “Lanam fecit” al museo Le Carceri di Asiago (foto unipd)

La mostra è articolata in 10 sezioni. Le prime 6 sezioni, che si svolgono al piano terra, sono dedicate a temi generali e all’età preromana e romana; le ultime 4 sezioni, poste al primo piano, sono dedicate all’età medievale e moderna.

Pesi da telaio troncopiramidali decorati in terracotta (IV-II sec. a.C. ) dal santuario di Reitia nel Fondo Baratella, conservati al museo nazionale Atestino di Este (Pd) (foto museo le carceri)

Skyphos attico del Pittore di Penelope con la rappresentazione della scena di Penelope e Telemaco davanti a un telaio a pesi (460-450 a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di Chiusi (Si) (foto museo le carceri)

Laminetta con donna, santuario di Caldevigo (Este, Pd) (V secolo a.C.) conservata al museo nazionale Atestino di Este (foto unipd)

Nella prima, curata dal prof. Jacopo Bonetto, dottor Mirko Fecchio e dalla prof. Margarita Gleba, si parla del territorio e del rapporto tra pianura e pascoli d’altura uniti dai percorsi della transumanza, delle diverse caratteristiche degli ovini nel tempo, ottenute attraverso selezione, e, di conseguenza, dei cambiamenti della fibra di lana. Nella seconda, curata sempre dalla prof. Margarita Gleba, viene spiegato tutto il ciclo di lavorazione dalla fibra ai tessuti e come questi si conservano. La terza, a cui hanno lavorato soprattutto le dottoresse Angela Ruta Serafini, Alessandra Didonè e Francesca Pandolfo, illustra come venivano utilizzati i tessuti nell’abbigliamento e nell’arredo, sottolineando il ruolo del riciclo con straordinarie testimonianze dal relitto di Valle Ponti a Comacchio. Nella quarta e quinta sala, curate rispettivamente dalla dottoressa Mariolina Gamba e dalla prof.ssa Maria Stella Busana, ci immergiamo nell’attività tessile delle donne venete e romane, prevalentemente domestica, ma certamente non solo per l’autoconsumo, mentre il prof. Alfredo Buonopane illustra attraverso le testimonianze epigrafiche il ruolo degli artigiani nella produzione e nel commercio di lana e tessuti. Infine, nella sesta sezione, la prof. Giovanna Gambacurta, la dott. Angela Ruta Serafini e la dott.ssa Cecilia Rossi evidenziano, attraverso le testimonianze di strumenti tessili deposti nei santuari e nelle sepolture, i significati simbolici che l’attività tessile ha assunto in età preromana e romana, mentre la prof. Francesca Ghedini evoca il ruolo della donna che tesse nell’immaginario mitico e storico del passato.

Statuto dell’arte della Lana di Padova (secolo XIV (1384) – XVI Codice membranaceo, conservato nella Biblioteca Civica di Padova (foto unipd)

Pannello sulla “pecora Foza” nella mostra “Lanam fecit” (foto unipd)

Lanificio Rossi di Schio: scuola di tessitura con il telaio Jacquard (foto museo le carceri)

Il pastore altopianese Francesco Guzzo con il suo gregge sull’Altopiano dei Sette Comuni negli anni ‘60 del Novecento (foto unipd)

La storia della lana continua nel Medioevo e in età moderna. La prof.ssa Maria Stella Busana, la dottoressa Francesca Fantini d’Onofrio, la studiosa Gianna Francesca Rodeghiero e il professor Luigi Fontana hanno voluto dare uno spaccato di quanto l’economia della produzione e del ciclo della Lana abbia influito, senza soluzione di continuità, fino ai giorni nostri in tutto il territorio veneto e nella storia dei Sette Comuni nello specifico. Ecco dunque nascere la sezione dedicata da Francesca Fantini d’Onofrio specificatamente alla Padova medievale nel cui territorio vi erano le poste adibite al pascolo invernale delle pecore montane e dove sorse la corporazione dell’Università della Lana, che ebbe forte impulso sotto la dominazione carrarese nel ‘300, con produzione di Statuti e costruzioni di edifici dedicati. Segue la sezione dedicata ai privilegi relativi alla lana goduti dalla Reggenza dei Sette Comuni, in continua lotta con Vicenza, il polo urbano più vicino, che voleva assumere una sorta di monopolio di tale attività. E ancora il focus di Francesca Rodeghiero con descrizione della difficile vita del pastore nelle terre alte e della lavorazione domestica della lana, attività che caratterizzò la quotidianità di generazioni intere di donne e famiglie fino al secolo scorso. Tra i pastori scesi dall’Altopiano, il professor Giovanni Fontana, racconta la saga dei i membri della dinastia industriale dei Rossi di Schio, che riuscì a divenire prima intermediaria nei traffici delle lane e poi grandi imprenditori, creando la più importante impresa laniera italiana e uno dei principali poli tessili europei, con importanti e durevoli ricadute su tutto il territorio vicentino. Nell’ottica di dare anche uno spaccato sulla lavorazione contemporanea della lana sono state portate in mostra le produzioni degli arazzi di Renata Bonfanti e Cristina Busnelli, che hanno il merito di aver elevato l’attività tradizionale a esempio d’arte e cultura.

Il catalogo della mostra “Lanam Fecit. L’economia della lana sul filo della storia” a cura di Maria Stella Busana e Michela Maria Rodeghiero edito da Ronzani (foto museo le carceri)

“La mostra, così come il volume edito da Ronzani che l’accompagna – conclude Maria Stella Busana -, si pone dunque l’ambizioso obiettivo di coinvolgere visitatori e lettori in un tema certo specialistico, ma che fu essenziale nella vita quotidiana e nell’economia delle comunità venete, ripercorrendo la via della lana e cogliendo così il valore di un’attività che è stata per millenni pilastro socio-economico delle nostre terre venete ed emblema del contributo della donna nella vita familiare e collettiva”.

Montebello Vicentino (Vi). In biblioteca l’incontro “Lingue e Scritture ai confini del Veneto antico” con Anna Marinetti (Ca’ Foscari) in occasione della mostra “Con gli occhi della divinità” al museo Zannato di Montecchio Maggiore

“Lingue e Scritture ai confini del Veneto antico”: a Montebello Vicentino una serata dedicata all’archeologia e alle antiche scritture del territorio in compagnia di Anna Marinetti, docente di Lingue ed Epigrafia dell’Italia antica all’università Ca’ Foscari di Venezia. Appuntamento venerdì 23 maggio 2025, alle 18, alla biblioteca civica di Montebello Vicentino (Vi). La professoressa Anna Marinetti guiderà i partecipanti alla scoperta delle lingue e scritture ai confini del Veneto antico, offrendo un’occasione unica per approfondire il passato attraverso testimonianze scritte e ritrovamenti archeologici. Ingresso gratuito senza necessità di prenotazione.

Locandina della mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” al museo Zannato di Montecchio Maggiore dal 22 marzo al 27 luglio 2025

L’incontro è organizzato in occasione della mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano”, in programma fino al 27 luglio 2025 al museo Zannato di Montecchio Maggiore (Vi). La mostra, a cura di Annachiara Bruttomesso, già conservatrice archeologa del museo Zannato; Mariolina Gamba, già soprintendenza ABAP Ve-Met e direzione regionale Musei del Veneto; e Anna Scalco, conservatrice archeologa del museo Zannato, è frutto della collaborazione di numerosi specialisti: Giulia Pelucchini, funzionaria archeologa SABAP VR RO VI per la provincia di Vicenza; Elena Pettenò e Cinzia Rossignoli, archeologhe SABAP VE-MET; Marisa Rigoni e Angela Ruta Serafini, già archeologhe SAV Veneto; Anna Marinetti, linguista UniVe Ca’ Foscari; Luca Zaghetto, archeologo esperto in iconografia e i restauratori Stefano Buson (già museo nazionale Atestino), Sara Emanuele e Federica Santinon (SABAP VE MET) (vedi Montecchio Maggiore (Vi). Al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” apre la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” con le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino | archeologiavocidalpassato).

Montecchio Maggiore (Vi). Al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” apre la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” con le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino

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Locandina della mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” al museo Zannato di Montecchio Maggiore dal 22 marzo al 27 luglio 2025

Un frammento in lamina di bronzo piccolo ma molto significativo proveniente da Creazzo, consegnato in museo circa due anni fa, è stato lo spunto per la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” che sarà inaugurata sabato 22 marzo 2025, alle 16, nella sala civica Corte delle Filande per proseguire al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore con una visita guidata alla mostra, aperta dal 22 marzo al 27 luglio 2025. La mostra, a cura di Annachiara Bruttomesso, già conservatrice archeologa del museo Zannato; Mariolina Gamba, già soprintendenza ABAP Ve-Met e direzione regionale Musei del Veneto; e Anna Scalco, conservatrice archeologa del museo Zannato, è frutto della collaborazione di numerosi specialisti: Giulia Pelucchini, funzionaria archeologa SABAP VR RO VI per la provincia di Vicenza; Elena Pettenò e Cinzia Rossignoli, archeologhe SABAP VE-MET; Marisa Rigoni e Angela Ruta Serafini, già archeologhe SAV Veneto; Anna Marinetti, linguista UniVe Ca’ Foscari; Luca Zaghetto, archeologo esperto in iconografia e i restauratori Stefano Buson (già museo nazionale Atestino), Sara Emanuele e Federica Santinon (SABAP VE MET).

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Lamina votiva da Alte Ceccato di Montecchio Maggiore (foto museo zannato)

Il frammento in lamina di bronzo ha immediatamente attirato l’attenzione per la presenza di un occhio e un guerriero a stampo, elementi già noti da altre lamine del vicentino. Da qui l’idea di riunire in un’esposizione reperti noti e inediti, in lamina di bronzo ma non solo, che illustrano le manifestazioni della religiosità nel territorio vicentino durante il periodo della romanizzazione. La mostra farà conoscere al pubblico le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino, frutto sia di campagne di scavo che di rinvenimenti occasionali, che hanno arricchito il quadro di conoscenze già noto. Tra i numerosi reperti esposti spiccano la lamina votiva da Brendola, che è stata scelta come logo per la mostra, e i dischi da Marostica, Rosà, Isola Vicentina: sulla parte superiore di questi votivi compaiono dei grandi occhi che rappresentano lo sguardo vigile della divinità, sul popolo dei devoti e sul loro territorio. Non mancheranno altri dischi e lamine di recentissimo rinvenimento da Quinto Vicentino e Torri di Quartesolo. Tra le testimonianze relative a Vicenza, accanto a lamine votive dal noto santuario urbano con centro scrittorio di piazzetta San Giacomo, saranno per la prima volta esposte al pubblico le eccezionali lamine, ancora inedite, provenienti da un sito al confine occidentale della città, nei pressi dell’antica via Postumia.

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La stele da Isola Vicentina contenente la parola venetkens (foto musei civici vi)

Saranno inoltre esposti importanti doni votivi con iscrizioni come i palchi di cervo di Magrè e alcune testimonianze di pratiche oracolari come le sortes di Trissino e gli ossicini con sigle da Santorso. Infine importante protagonista sarà il Monte Summano che ospitava nell’antichità un luogo di culto ed era con le sue due cime punto visivo di riferimento per tutto il territorio Vicentino: saranno in mostra le statuette miniaturistiche d’argento raffiguranti una divinità femminile e Marte insieme al deposito votivo comprendente un astragalo con sigle alfabetiche e un blocco di sostanza resinosa connessi a pratiche divinatorie e purificatorie. Sarà infine riservato spazio ad alcune notissime testimonianze scritte: la stele da Isola Vicentina contenente la parola venetkens, prima attestazione in assoluto del nome degli antichi Veneti e quella da Monte Berico, testimonianza dei confini del ter

Venezia. Alla Scuola Grande di San Teodoro apre la mostra “Altino prima di Venezia”: la ricostruzione ideale dell’antica città romana di Altinum con una nuova sezione dedicata alle evidenze archeologiche di epoca romana presenti nel centro storico della città lagunare

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La locandina della mostra “Altino prima di Venezia! alla Scuola grande di San teodoro a Venezia dal 2 marzo al 14 aprile 2024

La mostra “Altino prima di Venezia” approda a Venezia, in centro storico, nella prestigiosa sede della Scuola Grande di San Teodoro, a San Salvador, in zona Rialto. L’inaugurazione con l’apertura al pubblico è prevista sabato 2 marzo 2024, alle 16. La mostra a ingresso gratuito sarà aperta fino al 14 aprile 2024 con questi orari: da martedì a domenica, dalle 10 alle 18. La mostra è giunta alla sua quinta e ultima edizione, dopo Mestre (2016), Treviso (2017), Cavallino-Treporti (2018), Padova (2019) e nelle passate edizioni ha raccolto oltre 40mila visitatori. Il progetto sbarca finalmente a Venezia con una nuova sezione dedicata alle evidenze archeologiche di epoca romana presenti nel centro storico della città lagunare. L’esposizione, a ingresso gratuito, è stata ideata dall’associazione di promozione sociale La Carta di Altino ETS con la collaborazione di numerose istituzioni pubbliche e propone la ricostruzione ideale dell’antica città romana di Altinum, importante centro e luogo di scambi commerciali e culturali prima di Venezia. Il percorso vuole valorizzare una realtà archeologica tra le più importanti della regione. Nelle edizioni precedenti Altino è stata messa in rapporto con altre realtà – urbane e non – del Veneto, tra cui Treviso, Venezia, il litorale di Cavallino e Padova. Pannelli, fotografie, video, plastici in 3 D, linguaggi multimediali e tecnologie avanzate conducono per mano le persone che visiteranno la mostra direttamente dentro l’antica città romana di Altino, consentendo loro di scoprire la sua vivacità culturale in epoca imperiale. Negli ultimi anni l’importanza di Altino, grazie agli studi, agli scavi e all’apertura del nuovo Museo archeologico nazionale, si sono imposti con forza all’attenzione degli specialisti e di un pubblico sempre più ampio. Anche nella Venezia di oggi vi sono testimonianze dell’importante legame con l’antica città madre. Si trovano nelle pietre, nei marni, nelle antiche iscrizioni altinati disseminati fra le calli, nelle chiese, sui muri dei palazzi e lungo le rive dei canali e mettono in relazione il capoluogo lagunare antico e quello di oggi. Alla realizzazione del progetto divulgativo hanno collaborato MIC – direzione regionale Musei Veneto – museo Archeologico nazionale e area archeologica di Altino, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, l’università Ca’ Foscari Venezia – dipartimento di Studi umanistici, il dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità – università di Padova, l’università IUAV di Venezia. La supervisione scientifica è stata garantita da Margherita Tirelli, ex direttrice del museo Archeologico nazionale di Altino. Il coordinamento tecnico-scientifico è a cura di Mario Defina, Mariolina Gamba e Margherita Tirelli. La mostra ha il patrocinio del Comune di Quarto d’Altino.

“I Celti ad Altino” per il ciclo “Passaggi e permanenze ad Altino dall’Antichità alla Grande Guerra”. Companatiche propongono pane di diversi cereali, salame gallico, stracchino, zuppa di orzo e macedonia di mele e fichi secchi. Mariolina Gamba accompagna gli ospiti a cogliere le tracce celtiche in museo

Tra settembre e ottobre quattro week-end al museo Archeologico di Altino con visite guidate, archeoaperitivo, laboratori e percorsi tematici

Mariolina Gamba, già direttrice del museo Archeologico nazionale di Altino

È definito lo “spalmabile” più tipico delle Marche. Stiamo parlando del “ciauscolo”, il famoso salume Igp, roseo, profumato, dal gusto saporito ma delicato, le cui origini – secondo il detto comune – sarebbero da ricercare nella tradizione contadina marchigiana. Ma le radici del ciauscolo sarebbero invece molto più antiche. A spiegarlo saranno Francesca Lamon e Marta Sperandio dell’associazione Companatiche sabato 23 settembre 2017 al museo Archeologico nazionale di Altino (Venezia), per il secondo week end di incontri del ciclo “Passaggi e permanenze ad Altino dall’Antichità alla Grande Guerra” dedicato a “I Celti ad Altino”. Lo schema del week end è lo stesso del primo incontro: alle 19.30, archeoaperitivo celtico a cura dell’associazione Companatiche; alle 21, dialogo e visita tematica con Mariolina Gamba, già direttrice del museo Archeologico nazionale di Altino. Domenica 24 settembre 2017, dalle 16, “Tutti al museo”, laboratorio di archeologia sperimentale “Scopriamo che cos’è la natura per gli archeonauti” a cura di Street Archaeology e percorso tematico-interattivo “Altino: oggetti Stra-Vaganti” a cura di Studio D. Terzo week-end con i romani. L’ingresso al museo costa 3 euro (salvo riduzioni). Per i laboratori 6 euro a persona; mentre il biglietto dei percorsi tematici è di 3 euro a  persona o 6 euro a famiglia (gratuito domenica 24 settembre). Infine l’archeoaperitivo è su prenotazione con contributo liberale a scopi associativi di 10 euro (info e prenotazioni: companatiche@gmail.com – cell.: 389 818 6533)

Il nuovo museo archeologico nazionale di Altino

Marta Sperandio e Francesca Lamon

Durante i nostri eventi che abbiamo chiamato L’antichità va gustata”, spiegano Companatiche, “siamo molto attente ai prodotti e questa volta porteremo nell’aperitivo ben due Presidi Slow Food. Direttamente da Cheese: lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche e il Lardo di suino nero dei Nebrodi. Ci sarà anche il salame ciauscolo, una specialità marchigiana che ha origine celtiche”. Secondo le fonti antiche i Celti sono stati fortemente attratti dai prodotti italici quali fichi secchi, uva, olio e vino (come dice Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia:  i Galli – cioè i Celti – vennero in Italia per i fichi secchi, l’uva, i campioni di olio e di vino, che aveva fatto loro conoscere l’elvetico Elicone al ritorno nelle Gallie da Roma). Ma i Celti, da esperti pastori e casari quali erano, producevano a loro volta formaggi di più lunga durata rispetto alla classica ricotta dei romani. “Pare infatti che la produzione di Bitto, Taleggio, Stracchino e Gorgonzola – fanno sapere Lamon e Sperandio, “sia iniziata proprio grazie a loro: l’usanza di allevare durante la stagione estiva gli animali da latte negli alpeggi è giunta fino ai giorni nostri e con essa la tradizione di trasformare in formaggio il latte prodotto”. Lo storico Tito Livio in Ab Urbe condita, ricorda anche che i Celti furono catturati “dalla dolcezza delle messi e soprattutto del vino”.  Senza dimenticare – parole di Ateneo di Naucrati – che “questi popoli scesi in Italia per amor del vino sono invece abituati a bere birra, della quale sono ottimi produttori. Sono abili anche nella lavorazione della carne, di maiale soprattutto. Le popolazioni celtiche, etrusche e, poi, romane, per conservare i cibi usavano il sale: la carne salata poteva durare ben più di quaranta giorni. Il loro cibo consiste in poche pagnotte ma molta carne in acqua oppure cotta sulle braci o con spiedi. Mangiano anche pesce d’acqua dolce e di mare, sia del posto che di fuori, sempre cotto alla griglia con sale, aceto e cumino”.

Il Ciauscolo, salame Igp delle Marche, discendente dal salame celtico

Il logo dell’associazione Companatiche

Archeoaperitivo celtico. “L’alimentazione dei Celti consiste in latte e vari tipi di carne, soprattutto quella di maiale, fresca e salata”, ci fa sapere Strabone (Geografia, IV), “… i maiali scorrazzano liberamente a branchi per le campagne e spiccano per le loro grandi dimensioni, per la rapidità e la forza, tanto che per gli stranieri e persino per i lupi è pericoloso avvicinarli”. Si inizia con il pane con lievito pasta madre e farine di grano tenero locali ai semi di lino, zucca, sesamo, papavero. “I cereali coltivati all’epoca dei Celti”, intervengono Companatiche, “erano farro, spelta, grano, segale, avena, miglio, grano saraceno e orzo. La farina, macinata a mano o con macine rotative, veniva trasformata in pani, gallette o polente”. Con il pane si può apprezzare il salame gallico (cioè il ciauscolo, prodotto Igp della Regione Marche). “Progenitori degli attuali francesi, i Galli producevano patés, impasti di carne sminuzzati. Da qui deriva il salame gallico ancora prodotto nelle Marche: si tratta del salame Ciaùscolo o Ciabùscolo ovvero cibusculum (piccolo cibo)”. Quindi si potrà assaggiare lo stracchino all’antica delle Valli Orobiche (presidio Slow Food) e senape dolce. “Ai Celti – intervengono le due archeologhe – si deve con ogni probabilità l’invenzione dello stracchino, così chiamato perché prodotto in stalla con il latte di vacche stracche dopo le lunghe transumanze. Si tratta di un latte con una ridotta quantità di materia grassa, più difficile da trasformare in formaggio: i Celti, esperti conoscitori dell’uso del caglio, ci riuscirono con l’aggiunta di latte di pecora e muffa raschiata dal pane di segale. Germani e Celti scoprirono che la pianta di senape è commestibile e anche i Romani utilizzavano i semi per preparare una pasta aromatica”.

Il lardo di suino nero dei Nebrodi (Presidio Slow Food) utilizzato dai celti per la zuppa di orzo

Ricostruzione di villaggio di celti, allevatori e casari

Il menù celtico prevede quindi la zuppa a base di orzo mondo e fagioli dall’occhio o dolici, realizzata con un fondo di lardo (lardo di suino nero dei Nebrodi, presidio Slow Food), cipolla ramata e scalogno, aromatizzata con semi di cumino tostati e macinati. Servita con un trito di sedano a crudo. “Soprattutto nei Paesi nei quali era abbondante la provvista di legna”, spiegano Lamon e Sperandio, “il calderone appeso al focolare era l’oggetto principale della cucina. La zuppa era la base dell’alimentazione quotidiana delle popolazioni dei paesi Celtici e forniva, oltre a un alimento caldo, un notevole apporto di sali minerali e di vitamine. Ogni giorno il brodo, costituito in prevalenza da ossa o da lardo e acqua, veniva arricchito con ingredienti nuovi: erbe di campo, selvaggina, un pezzo di carne salata, qualche cavolo e rape. Quello che poteva essere reperito veniva progressivamente messo a cuocere sempre nello stesso calderone, nel quale si aggiungeva acqua e non veniva svuotato se non poche volte all’anno. Nelle occasioni in cui il calderone veniva ripulito, col fondo rimasto si confezionavano gustose polpette dagli svariati ingredienti”. Già ai tempi di Giulio Cesare i Celti erano famosi per la lavorazione dei maiali, per la carne salta, il lardo affumicato e il pesce salato. Erano tutte risorse oggetto di scambio e di commercio. Si chiude con la macedonia di mele, fichi secchi, nocciole tostate e miele. Il fico era considerato dai Celti grande amico dell’uomo perché il suo frutto può essere conservato a lungo dopo il raccolto. “I fichi – concludono le esperte di Companatiche – non solo integravano l’alimentazione ma venivano utilizzati come dolcificanti. Veniva molto utilizzata anche tutta la frutta a guscio per la possibilità di conservarla a lungo. La nocciola, anche pestata, rappresentava una fonte di olio alimentare. Si poteva anche ricavare una pasta conservata in vasi coperta dal suo stesso olio: la Nutella ha quindi origini assai lontane!”.

“Passaggi e permanenze ad Altino dall’Antichità alla Grande Guerra”: quattro week-end per conoscere Altino e i popoli che qui hanno interagito: greci, celti, romani, soldati della Grande Guerra. Il sabato incontri e visite guidate a tema con archeologi, preceduti dall’archeoaperitivo a cura di Companatiche. Si inizia con “I greci ad Altino” e le ricette di 2500 anni fa

Tra settembre e ottobre quattro week-end al museo Archeologico di Altino con visite guidate, archeoaperitivo, laboratori e percorsi tematici

Conoscere Altino per piccoli assaggi. Nel vero senso della parola. Ecco “Passaggi e permanenze ad Altino dall’Antichità alla Grande Guerra”, il nuovo ciclo di incontri in programma tra settembre e ottobre al museo Archeologico nazionale di Altino promosso nell’ambito del progetto “Tutti al museo” in collaborazione con l’associazione Companatiche. In calendario quattro week-end: al sabato, un archeologo affronta un popolo sempre diverso, greci, celti, romani, soldati della Grande Guerra, ma che nei secoli ha avuto un rapporto con Altino e il suo territorio, introdotto da un “archeoaperitivo” ispirato al tema del giorno e realizzato da Companatiche. Alla domenica, invece, sono previsti laboratori didattici sempre ispirati al popolo protagonista del week-end. L’ingresso al museo costa 3 euro (salvo riduzioni). Per i laboratori 6 euro a persona; mentre il biglietto dei percorsi tematici è di 3 euro a  persona o 6 euro a famiglia (gratuito domenica 24 settembre). Infine l’archeoaperitivo è su prenotazione con contributo liberale a scopi associativi di 10 euro (info e prenotazioni: companatiche@gmail.com – cell.: 389 818 6533)

Il nuovo museo archeologico nazionale di Altino

Il logo dell’associazione Companatiche

Il programma. Si inizia sabato 2 settembre 2017 con “I greci ad Altino”: alle 19.30,  archeoaperitivo greco a cura dell’associazione Companatiche; alle 21, dialogo e visita tematica con Margherita Tirelli, già direttrice del museo Archeologico nazionale di Altino. Domenica 3 settembre 2017, dalle 16, “Tutti al museo”, laboratorio di archeologia sperimentale “Archeonauti scambiano le merci con i greci” a cura di Street Archaeology e percorso tematico-interattivo “Altino: oggetti Stra-Vaganti” a cura di Studio D. Secondo week-end in occasione delle “Giornate europee del patrimonio 2017”. Sabato 23 settembre 2017, “I celti ad Altino”: 19.30, archeoaperitivo celtico a cura dell’associazione Companatiche; 21, dialogo e visita tematica con Mariolina Gamba, già direttrice del museo Archeologico nazionale di Altino. Domenica 24 settembre 2017, dalle 16, “Tutti al museo”, laboratorio di archeologia sperimentale “Scopriamo che cos’è la natura per gli archeonauti” a cura di Street Archaeology e percorso tematico-interattivo “Altino: oggetti Stra-Vaganti” a cura di Studio D. Terzo week-end con i romani. Sabato 7 ottobre 2017, “I romani ad Altino”: 19.30, archeoaperitivo romano a cura dell’associazione Companatiche; 21, dialogo e visita tematica con Giovannella Cresci Marrone dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Domenica 8 ottobre 2017, dalle 16, “Tutti al museo”, laboratorio di archeologia sperimentale “Archeonauti costruiscono una casa romana” a cura di Street Archaeology e percorso tematico-interattivo “Altino: oggetti Stra-Vaganti” a cura di Studio D. L’ultimo week-end fa i conti con la Grande Guerra. Sabato 14 ottobre 2017, “I soldati della Grande Guerra ad Altino”: 19.30, archeoaperitivo militare a cura dell’associazione Companatiche; 21, dialogo e visita tematica con lo storico Sergio Sbalchiero e Francesca Ballestrin del museo di Altino. Domenica 15 ottobre 2017, dalle 16, “Tutti al museo”, laboratorio di archeologia sperimentale “Le trincee della Grande Guerra piene di mosaici, sistemiamole!” a cura di Street Archaeology e percorso tematico-interattivo “Altino: oggetti Stra-Vaganti”  di Studio D.

Scena di symposium, il banchetto greco, da una pittura vascolare

Marta Sperandio e Francesca Lamon

Un piatto dei caratteristici “dolmades”

Una fetta di melopita, dolce a base di miele e ricotta

Si inizia dunque con “I greci ad Altino” sabato 2 settembre 2017. E, come spiegano le esperte di Companatiche, Francesca Lamon e Marta Sperandio, “l’Antichità va gustata”. Con una brochure che sarà data ai partecipanti si farà un viaggio enogastronomico tra gli antichi greci. E subito alcune “perle” di due padri della medicina greca: per Ippocrate, “È preferibile un cibo un po’ nocivo ma gradevole, a un cibo indiscutibilmente sano ma sgradevole” e “Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo”;  mentre per Galeno “La dieta è l’arma più potente della medicina”. Proprio Ippocrate, ricorda Francesca Lamon, “quindi ben 2500 anni fa, si occupa in modo scientifico di alimentazione e salute, studia gli effetti del cibo sull’organismo nella convinzione che ciò che si introduce nel corpo attraverso il cibo possa portare salute o malattia”. Sulle tavole greche, continua Marta Sperandio, “troviamo quindi zuppe di cereali e di pane, accompagnate da olio di oliva, ortaggi, pesci o crostacei, vino e formaggio di pecora e di capra. Selvaggina o carne durante le cene più sontuose e le festività, anche per i sacrifici animali dedicati agli dei. Poi ancora fave, piselli, ceci, lenticchie o vecce, semi di lino, sesamo, cartamo e papavero”. Ippocrate, concludono, “consiglia di bere vino rosso, a suo avviso il migliore tra le bevande. Vengono poi gli ortaggi: al primo posto troviamo l’aglio, la cipolla e le erbe aromatiche”. Per la serata di Altino l’associazione Companatiche propone alcune ricette “greche” che prevedono mezedes, cioè antipasti misti, che possono essere semplici sottaceti, sottoli e olivi, oppure piatti più ricchi e complessi che si distinguono dalle portate più importanti solo per le loro dimensioni. “Seguono la tradizione dell’antipasto”, precisano  Lamon e Sperandio, “e non si presentano molto diversamente da ciò che oggi è definito finger food, ovvero cibo da mangiare con le mani”. Nel “menù” di Companatiche troviamo l’Apanthrakis, tipo di pane greco simile ai pidè turchi, leggero e sottile, menzionato da Aristofane nella commedia “Le donne in parlamento”, e ad Alessandria era consacrato al dio Crono. Seguono i Dolmades, fagottini di pesce e carne avvolti da foglie di fico (oggi sostituite da quelle di vite), antenati di quelli giunti fino a noi, ben descritti da Ateneo nel libro “Deipnosophisti”. Dal menù non poteva mancare il Tiropita, probabilmente la feta, il più famoso formaggio greco, discendente del formaggio preparato da Polifemo nell’Odissea. Tipici dei mezedes sono i Tzakiki e lo Skordalia, cioè i cetrioli e l’aglio. Il cetriolo, in greco sikyòs, ricordato dal proverbio “quando mangi un cetriolo, donna tessi il mantello”: probabilmente significa che quando si consumano i cetrioli, cioè d’estate, è tempo di preparare gli abiti pesanti per l’inverno. L’aglio, invece, molto usato nella cucina antica, era una pianta considerata molto utile contro il malocchio. In alcune feste religiose, come le Tesmoforie e le Sciroforie, durante le quali le donne erano tenute a rispettare l’assoluta castità, era usanza che esse grandi quantità di aglio. Un menù non può non chiudere con il dessert. Ecco quindi i melopita, dolci a base di miele e ricotta. I primi dolci di cui si ha notizia nella storia greca sono quelli offerti ai ghiottissimi dei. I cosiddetti popana polyomphala, il più antico dolce greco, erano in stretto rapporto con la dea Madre primigenia. La ricotta fa la sua comparsa nei dolci in epoca classica.

Museo Archeologico nazionale di Altino: per il primo compleanno ultimo “aperitivo” con i progetti Venissa e Venetian White Wine Experience

Il nuovo museo archeologico nazionale di Altino: il 12 dicembre quarto "Aperitivo"

Il nuovo museo archeologico nazionale di Altino: il 12 dicembre quarto “Aperitivo”

“Il grande progetto “Da Altino a Torcello. Archeologia, ambiente e storia della Laguna Nord di Venezia” prende forma venerdì 12 dicembre: la pre-apertura del nuovo museo nazionale Archeologico di Altino durerà solo un giorno per chiudere subito dopo e riaprire a giugno, una volta completato l’allestimento del primo lotto espositivo. Ma la cerimonia se pur breve di venerdì, con l’inaugurazione del nuovo edificio museale di Altino e la presentazione del progetto di restauro e del progetto del nuovo allestimento, darà il via ufficialmente a quel percorso virtuoso – condiviso con il pubblico – che porterà appunto nel prossimo giugno 2015 all’apertura del nuovo museo Archeologico nazionale di Altino” (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2014/12/11/il-nuovo-museo-archeologico-di-altino-venezia-prende-forma-venerdi-12-si-inaugura-il-nuovo-edificio-e-per-un-giorno-si-visitano-gli-spazi-che-apriranno-nel-giugno-2015/). Giusto un anno fa, il 12 dicembre 2014, iniziava la riapertura del museo archeologico nazionale di Altino che la direzione vuole festeggiare nel suo primo compleanno con un evento speciale: il quarto aperitivo al museo. “Dopo i successi dei precedenti incontri”, spiega il direttore Mariolina Gamba, “concludiamo il ciclo dedicato all’alimentazione nella tradizione del territorio, al vino nell’antichità e al “bere insieme” con cui il Museo ha voluto aderire alle proposte di EXPO 2015, presentando i progetti sostenuti da Bisol, Venissa e Venetian White Wine Experience”.

La vigna murata realizzata nella tenuta di Venissa sull'isola di Mazzorbo nella laguna di Venezia

La vigna murata realizzata nella tenuta di Venissa sull’isola di Mazzorbo nella laguna di Venezia

Alle 17.15 di sabato 12 dicembre 2015 Gianluca Bisol interverrà su VENISSA e la Venetian White Wine Experience, tour emozionale di quattro tappe: oltre Bisol, il percorso lungo le eccellenze dei vini bianchi veneti include due perle incastonate nei Patrimoni UNESCO di Venezia e delle Dolomiti: da un lato, la storica vigna murata di Venissa a Mazzorbo Burano – nell’arcipelago Venezia Nativa – e, dall’altro, Vigna Major 1350 a Cortina d’Ampezzo, la più alta d’Europa, protagonista del progetto di valorizzazione dei Vini Estremi mondiali del Cortina Wine Club. Questo tour enologico e culturale propone, nel cuore dei Colli Euganei, Maeli, tenuta guidata da Elisa Dilavanzo, che sorge su un terroir di origine vulcanica, sopra Villa dei Vescovi, patrimonio FAI. Dalle 18, visita guidata del museo Archeologico nazionale a cura di Studio D. Al termine Gianluca Bisol brinderà al compleanno del museo con il pregiato spumante JEIO di Bisol. È gradita la prenotazione. Info e prenotazioni: museo Archeologico nazionale di Altino, tel.0422.789443. Ingresso al museo 3 euro.

Altino preromana: il 24 aprile terza tappa verso il nuovo museo archeologico nazionale di Altino

Il nuovo museo archeologico nazionale di Altino: l'inaugurazione ufficiale è prevista per la prossima estate

Il nuovo museo archeologico nazionale di Altino: l’inaugurazione ufficiale è prevista per questa estate

Altino preromana, terza tappa di avvicinamento al nuovo museo archeologico. Venerdì 24 aprile la soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto propone “Verso Il Nuovo Museo Archeologico Nazionale di Altino – Lavori in corso #3”.  Appuntamento alle 15.30, alla nuova sede museale di via S. Eliodoro 56, per l’inaugurazione della sezione preromana del museo. L’inedito percorso espositivo si snoda al piano terra della nuova sede espositiva nell’edificio dell’ex-Risiera, recentemente restaurato. Numerosi reperti, esposti al pubblico per la prima volta, illustrano gli aspetti più interessanti della vita quotidiana, delle attività produttive, della religione e della ritualità funeraria di Altino preromana, importante città dei Veneti antichi, vivace emporio, tra terraferma e laguna, aperto ai traffici e alle rotte adriatiche. L’abitato di Altino fu fondato dai Veneti antichi nel I millennio a.C. e alla fine del VI secolo a.C. rappresentava ormai un porto di notevole importanza, tappa obbligata per i traffici mercantili che collegavano gli empori di Spina e Adria alle aree settentrionali. Articolato il programma della giornata: alle 15.30, inaugurazione dell’approdo per natanti sul canale di Santa Maria presso il nuovo museo; alle 16, presentazione della sezione preromana del nuovo museo con interventi di Simonetta Bonomi, soprintendente al Beni archeologici del Veneto; Daniele Ferrara, direttore del Polo museale del Veneto; Silvia Conte, sindaco di Altino; Mariolina Gamba, direttore del museo archeologico nazionale di Altino; Margherita Tirelli, curatrice del progetto scientifico. Alle 16.30, Loredana Capuis e Giovanna Gambacurta parleranno di “Altino preromana”. Quindi, dalle 17.15 alle 19, visite guidate alla sezione preromana del nuovo museo.

Il nuovo museo Archeologico di Altino (Venezia) al secondo step per il pubblico: venerdì 13 febbraio prendono forma le tombe con i grandi corredi funerari dalle necropoli preromane e della romanizzazione

Il soprintendente ai Beni archeologici del Veneto, Vincenzo Tinè, l’aveva promesso lo scorso 12 dicembre in occasione della pre-apertura del nuovo museo archeologico nazionale di Altino: “Dopo tanti anni di attesa, ora il pubblico potrà seguire passo passo l’allestimento di quello che è destinato a diventare il più importante museo archeologico del Veneto” (vedi post di archeologiavocidalpassato  https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/?s=altino). È stato di parola. Venerdì 13 febbraio con “Lavori in corso#2” siamo al secondo step del cantiere aperto del grande progetto “Da Altino a Torcello. Archeologia, ambiente e storia della Laguna Nord di Venezia”  in cui il pubblico è invitato a partecipare alle fasi di sviluppo del percorso di allestimento:  dalle 15 alle 17, un’équipe di archeologi e di restauratori dialogherà con il pubblico in occasione dell’allestimento di tre straordinari corredi funerari provenienti dalle necropoli preromane e di romanizzazione dell’antica città di Altino.

Veduta assonometrica del progetto del nuovo museo Archeologico nazionale di Altino

Veduta assonometrica del progetto del nuovo museo Archeologico nazionale di Altino

La seconda tappa di avvicinamento all’inaugurazione del museo riguarda il completamento della musealizzazione di alcuni contesti funerari che, per le loro caratteristiche eccezionali, si annoverano tra i principali blockbusters del museo di Altino: sono le cosiddette tombe “Fornasotti 17”, “Fornasotti 1”e “Albertini 1/5”. L’allestimento curato dallo staff altinate della soprintendenza per i beni archeologici del Veneto (Mariolina Gamba, Margherita Tirelli, Francesca Ballestrin, Michele Pasqualetto e Stefano Buson) e realizzato da Carla Baldini e Antonio Cornacchione, prevede la suggestiva restituzione al pubblico dei contesti di deposizione delle antiche sepolture. Sono state ricostruite le cassette lignee e l’imponente recinto di tegole destinati a contenere i resti incinerati dei defunti con i loro ricchissimi corredi personali. “Particolarmente prestigiosa ed esemplificativa del rituale più antico”, spiegano in soprintendenza, “è la tomba 17 della necropoli Fornasotti. Si tratta di una cassetta lignea contenente due situle di bronzo con funzione di ossuario per le ceneri di due defunti, deposte entro preziosi tessuti, secondo la tradizione funeraria dei Veneti antichi. Alla sepoltura femminile apparteneva un corredo costituito da alcuni ornamenti di bronzo e da una cintura, elemento tipico del costume delle donne venete di alto rango”.

La cosiddetta tomba Fornasotti 1 ricostruita nel nuovo museo archeologico di Altino

La cosiddetta tomba Fornasotti 1 ricostruita nel nuovo museo archeologico di Altino

Segnano, invece, il momento di passaggio alla romanizzazione (II-I secolo a.C.) le altre due sepolture plurime. La tomba Albertini 1/5 con sei deposizioni attesta il permanere di deporre status symbol di rango quali il tradizionale scettro cilindrico di lamina di bronzo, accanto all’adozione della moneta romana quale obolo di Caronte per il viaggio nell’aldilà. La tomba Fornasotti 1 con la sua monumentalità esprime il prestigio delle famiglie emergenti, protagoniste degli importanti mutamenti introdotti dai Romani sul piano culturale, economico e politico. Si tratta di una grande sepoltura di famiglia in uso per diverse generazioni dove le iscrizioni presenti in alcuni dei 13 ossuari riportano il gentilizio della famiglia dei “Pannari”. La radice onomastica rinvia alla redditizia attività economica legata alla produzione o al commercio dei tessuti, che aveva garantito una posizione sociale elevata alla famiglia e un ruolo non secondario nella gestione del processo di romanizzazione all’interno della realtà altinate. Il programma dell’apertura al pubblico è così articolato: dalle 15 alle 16, percorsi guidati all’allestimento al piano terra; dalle 16 alle 17, archeologi e restauratori al lavoro: l’allestimento della tomba Fornasotti 1. Il prossimo evento (Lavori in corso #3), con l’allestimento completo del primo piano dell’edificio Risiera, è programmato per il prossimo 24 aprile.

 

Vicenza sulle tracce di Augusto: l’11 e il 12 ottobre due giornate di studio per il bimillenario della morte del primo imperatore di Roma

A Vicenza studiosi "sulle tracce di Augusto" nel bimillenario del primo imperatore romano

A Vicenza studiosi “sulle tracce di Augusto” nel bimillenario del primo imperatore romano

Vicenza sulle tracce di Augusto. Quello di sabato 11 e domenica 12 ottobre a Vicenza sarà il più grande evento, per il Veneto, dedicato alla celebrazione del bimillenario della morte di Augusto, il primo imperatore di Roma, deceduto a Nola il 19 agosto del 14 d.C. L’associazione Crt-Gruppo Archeologico di Vicenza, che da anni organizza cicli di conferenze in città, e l’associazione internazionale Rodopis-Experience Ancient History, formata da giovani studiosi che mirano a promuovere, attraverso vari tipi di attività, la diffusione della cultura classica in ambito universitario ed extrauniversitario, hanno organizzato due giornate di studio dal titolo “Sulle tracce di Augusto”, animate sia da uno spirito di indagine scientifica, sia dalla volontà di divulgare lo stato attuale delle ricerche. Nella due giorni si alterneranno relazioni di giovani universitari (dottorandi, post dottorandi, ricercatori) a visite guidate al museo Naturalistico Archeologico di Vicenza e ai principali siti di Vicenza romana. Le relazioni avranno luogo in orario mattutino (dalle 9 alle 12.45) al teatro Astra (sede concessa dal Comune, collaboratore dell’iniziativa). Le visite guidate, gestite dagli archeologi dell’Associazione per la didattica museale Ardea e dai volontari dall’Associazione Ctg-La Rua di Vicenza, si terranno invece nei due pomeriggi, dalle 15 alle 17.30 (necessaria la prenotazione al teatro durante le due mattinate); esse mireranno a dare concretezza alle nozioni storiche emerse durante le sessioni mattutine, calandole nel nostro contesto urbano. Gli interventi della prima mattinata analizzeranno la politica e l’ideologia augustea, nonché la controversa personalità di Augusto, uomo dal grande carisma, acume politico e spregiudicata determinazione nel perseguire i propri obiettivi, in grado di assumere in pochi anni un immenso potere fino ad inaugurare (nel 27 a.C.) la stagione dell’impero. La seconda mattinata (che contemplerà anche la presenza di Mariolina Gamba, ispettrice della soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto) sarà invece tutta dedicata alla X Regio (una delle “regioni” in cui Augusto divise l’Italia intorno al 7 d.C., e denominata oggi comunemente Regio X Venetia et Histria), alla quale apparteneva anche il municipium di Vicetia.

Il criptoportico sotto piazza Duomo  una delle testimonianze di Vicenza romana

Il criptoportico sotto piazza Duomo una delle testimonianze di Vicenza romana

L’intero evento – la cui preparazione ha impegnato la segreteria scientifica e organizzativa per otto mesi – è stato ideato per tutti gli appassionati che potranno parteciparvi liberamente e gratuitamente. L’obiettivo dichiarato dai curatori è quello di fornire a tutti gli appassionati un’opportunità di riflessione e approfondimento sulle nostre radici storiche e culturali e al contempo di dialogo (nel dibattito che chiuderà le sessioni mattutine) con i giovani studiosi di scienze dell’antichità, la cui professionalità l’evento intende valorizzare e promuovere pubblicamente, al di fuori del più ristretto ambito accademico di addetti ai lavori.

La pianta di Vicenza con evidenziate le testimonianze del periodo romano

La pianta di Vicenza con evidenziate le testimonianze del periodo romano

Le giornate di studio hanno la regia scientifica di Anna Busetto (dottore di ricerca in “Civiltà e tradizione greca e romana” e membro del consiglio direttivo di Rodopis), Elena Marzola (docente di storia dell’arte al liceo artistico “Boscardin” e di archeologia classica e paleocristiana all’Issr di Monte Berico, nonché presidente del Crt) e di Edoardo Bedin (archeologo afferente alle Università di Padova e di Reading, socio operativo di Rodopis e membro del consiglio direttivo del Crt), con il sussidio organizzativo di Grazia Presti e Michelangelo Zucchini (entrambi del Crt). I patrocinatori dell’evento, oltre al Comune di Vicenza, sono il liceo statale “Antonio Pigafetta” e la Deputazione di storia patria per le Venezie. Numerosi e prestigiosi anche gli sponsor che hanno sostenuto l’iniziativa fin dalle sue prime fasi, credendo nella qualità e nel valore del progetto: Carrozzeria Pagoda di Longare, 50&Più – Associazione Ultracinquantenni – Confcommercio Vicenza, Ordine dei Notai di Vicenza, Rotary Club Vicenza Berici, Rotary Club Padova Contarini, Gianluigi Visentin – Private Banker Banca Fideuram, Troisi Assicurazioni, Lions Club La Rotonda – Leo Club Vicenza, Telemar, Libreria Traverso, Grassi Pietre, Farmacia Dott. Albiero, Loison, Acorm, Tipografia Campisi.

I resti del basolato di una strada romana in centro a Vicenza

I resti del basolato di una strada romana in centro a Vicenza

IL PROGRAMMA. SABATO 11 OTTOBRE 2014 Dopo i i saluti delle autorità locali, Elena Marzola (CRT) e Anna Busetto (Rodopis) introducono i lavori. La I SESSIONE, con A. Busetto come moderatore, è dedicata a “La politica e l’ideologia del principato”: 9.30, Dall’impero romano all’impero fascista: duemila anni di potere augusteo, con LORENZO DE VECCHI (Università di Trieste); 10.15, Cento di questi anni! Le feste delle “imperatrici” e il calendario dopo Augusto, con IRENE SOMÀ (Università di Bologna); 10.45, Pausa caffè; 11.15, Tutti i colori di Augusto. La ricerca del colore dimenticato ed il significato del colore nella mentalità dei romani, con SARA LENZI (Università di Firenze); 11.45, La disperata ricerca di un successore? Alcune riflessioni su un passaggio di poteri da riconsiderare, con ALESSANDRO RONCAGLIA (Università di Bologna) Seguono la discussione e la pausa pranzo. Nel pomeriggio la II SESSIONE con visite guidate alla Vicenza romana e al museo Naturalistico-Archeologico tra le 15 e le 17.30.

Anfore romane emerse nello scavo del cortile di Palazzo Chiericati a Vicenza

Anfore romane emerse nello scavo del cortile di Palazzo Chiericati a Vicenza

DOMENICA 12 OTTOBRE 2014. L’introduzione dei lavori è affidata sempre a Marzola e Busetto. La I SESSIONE, con E. Marzola come moderatore, focalizza “La X Regio in età augustea”: alle 9.45, L’istituzione della X Regio e il suo ruolo nella conquista augustea dell’alto e medio Danubio, con MARCO ROCCO (Università di Padova); 10.15, La X Regio orientale nell’Italia augustea. Aspetti dell’organizzazione e della gestione del territorio, con STEFANO MAGNANI (Università di Udine); 10.45 Pausa caffè; 11.15, Il municipium di Vicetia in età augustea e giulio-claudia, con MARIOLINA GAMBA (soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto); 11.45, I veterani di Augusto nella colonia di Ateste: aspetti di vita economica e sociale nell’età augustea, con FILIPPO BOSCOLO (Università di Padova); seguono discussione e pausa pranzo. Nel pomeriggio, la II SESSIONE con visite guidate alla Vicenza romana e al museo Naturalistico-Archeologico tra le 15 e le 17.30.