Pompei. Arriva la Fiamma Olimpica: lungo il percorso su via dell’Abbondanza, si potranno ammirare gli ambienti e la facciata dell’Insula dei Casti Amanti dopo i restauri. Braciere in piazza Bartolo Longo

Le scritte elettorali, dopo i restauri, lungo le pareti dell’Insula dei Casti Amanti lungo via dell’Abbondanza a Pompei (foto parco archeologico pompei)
La Fiamma Olimpica illumina l’antica città di Pompei: lunedì 22 dicembre 2025, dalle 13 alle 14, la Fiamma Olimpica farà tappa nell’area archeologica di Pompei. Quattro tedofori – Maria Marinella Biacca, Immacolata Cerasuolo, Sandro Cuomo, Kujtim Gazide – partendo dall’arena dell’anfiteatro, attraverseranno la città antica percorrendo via dell’Abbondanza fino al Foro. Lungo l’itinerario percorso dalla Fiamma, i visitatori potranno nuovamente ammirare l’intera facciata dell’insula dei Casti Amanti, finalmente liberata dai ponteggi e transenne dell’articolato intervento di scavo e restauro portato avanti da oltre due anni. Sul fronte si potranno rileggere in successione le famose scritte elettorali, anch’esse restaurate, le tracce dei secondi piani con i loro meniani (balconi superiori), le aperture degli ambienti ad uso commerciale che si affacciavano sulla più importante strada di Pompei. Inoltre, dal 22 dicembre 2025 sarà riaperto alla pubblica fruizione il grande panificio da cui si potranno scorgere gli ambienti della casa dei Casti Amanti dove è in corso di ultimazione il restauro degli affreschi. La Fiamma concluderà il percorso della giornata alle 19.30 in piazza Bartolo Longo con la Cerimonia di accensione del braciere.
Pompei. Nell’Insula dei Casti Amanti, aperta al pubblico per visite dall’alto su passerelle sopraelevate, scoperti disegni di gladiatori realizzati da bambini prima dell’eruzione del Vesuvio. Zuchtriegel: “Ciò ci fa riflettere sull’esposizione a forme estreme di violenza, anche di bambini piccoli”

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: Alberto Angela mostra i disegni a carboncino realizzatid a bambini (foto parco archeologico pompei)

L’insula dei Casti Amanti a Pompei con le passerelle per una veduta dall’alto (foto parco archeologico pompei)
Il segno a carboncino è semplice, la resa delle persone è semplice, stilizzata, infantile, opera certamente di bambini, ma è il soggetto che apre a riflessioni: quei disegni rappresentano gladiatori e cacciatori: dipinti da bambini piccoli con il carboncino sui muri di un cortile di servizio, nella Casa del Cenacolo colonnato su via dell’Abbondanza a Pompei. La scoperta, illustrata in anteprima nello Speciale “Meraviglie” di Alberto Angela andato in onda su Rai1 (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2024/05/25/pompei-su-rai-1-speciale-di-meraviglie-su-pompei-le-nuove-scoperte-alberto-angela-accompagna-i-telespettatori-alla-scoperta-degli-ultimi-affascinanti-ritrovament/), è avvenuta nell’insula dei Casti Amanti nell’ambito di un progetto di restauro, scavo e accessibilità e che da oggi, 28 maggio 2024 è visitabile “dall’alto” grazie a un sistema di passerelle sospese (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2024/05/27/pompei-apre-al-pubblico-linsula-dei-casti-amanti-dal-28-maggio-un-percorso-sopraelevato-consentira-una-visione-inedita-dallalto-delle-strutture-e-del-cantiere-di-scavo-e-restauro/): qui il parco archeologico di Pompei è impegnato in un progetto di ricerca interdisciplinare per valorizzare i tanti dati nuovi.

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: disegni a carboncino realizzatid a bambini. Si vede una mano e un gladiatore (foto parco archeologico pompei)
Questi disegni aiutano a capire meglio l’infanzia ai tempi degli antichi romani: l’esposizione a forme estreme di violenza, anche di bambini piccoli (si stima tra 5 e 7 anni), non sembra essere un problema solo dei giorni nostri, tra videogiochi e social media – con la differenza che nell’antichità il sangue sparso nell’arena era vero e che pochi ci vedevano un “problema”, con tutte le possibili ricadute sullo sviluppo psico-mentale dei bambini pompeiani.

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: disegni a carboncino realizzatid a bambini. Si vedono gladiatori, cinghiali e rapace (foto parco archeologico pompei)
Come scrivono gli autori di un testo pubblicato oggi sull’E-Journal degli Scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/, “Pompei ci offre la possibilità non solo di studiare le espressioni complesse di una civiltà antica, ma anche di entrare nei meccanismi di formazione e autoriproduzione che di generazione in generazione l’hanno tramandata e tramutata. È quasi come se potessimo gettare uno sguardo sull’inconscio dell’impero, sulla sua subcultura sommersa di cui parlano ancora le migliaia di graffiti e disegni a carboncino sui muri della città antica. A volte sono i più piccoli ad averci lasciato una traccia del loro percorso di formazione culturale e sentimentale. È questo il caso del cortile della Casa del Secondo Cenacolo Colonnato, dove nell’ambito di nuovi scavi finalizzati a una migliore fruizione e conservazione delle strutture emerse durante precedenti campagne di scavo (la facciata è stata scavata nel 1912, la parte retrostante tra il 1982 e il 2005), è stato possibile documentare una serie di disegni a carboncino sui muri di quello che doveva essere un cantiere in piena attività al momento dell’eruzione, con diversi ponteggi montati e pareti ancora da intonacare. Nonostante la sontuosa facciata dell’abitazione su Via dell’Abbondanza, il contesto sociale che si percepisce all’interno degli ambienti della casa è tutt’altro che agiato; anzi, si respira un’atmosfera di precarietà, in cui possiamo immaginare i bambini abbandonati a se stessi per intere giornate, mentre i genitori badavano ai loro affari. Non è certo il contesto in cui possiamo immaginare la presenza di schiavi pedagoghi o balie come nei palazzi dei ricchi, per esempio nell’antica domus di Giulio Polibio situata poco oltre”.
“Sembra lecito ipotizzare, sulla base della testimonianza letteraria”, scrive il direttore Gabriel Zuchtriegel, “che la presenza di bambini durante questi spettacoli fosse usuale. I disegni dalla Casa del Cenacolo Colonnato confermano questa ipotesi: quello che vediamo è una testimonianza diretta dell’incontro tra un’anima ancora infantile, molto ricettiva e piena di fantasia, e il crudele passatempo dell’epoca, che oltre a giochi gladiatori e cacce con gli animali, prevedeva anche la messa in scena di esecuzioni di criminali e schiavi, presumibilmente nell’intervallo (ludi meridiani) tra la venatio matutina e i ludi gladiatori del pomeriggio. Come accadeva ancora fino all’Ottocento anche in molti Paesi europei, a nessuno all’epoca sarebbe venuto in mente di impedire ai più piccoli l’accesso ai giochi e alle esecuzioni pubbliche, che dovevano servire anche da insegnamento di corretto comportamento sociale, in una società nella quale l’azione penale era cronicamente carente, a cominciare dalla mancanza di funzioni assimilabili a quelle del pubblico ministero e della polizia giudiziaria di oggi. L’impressione è, tuttavia, che in molti casi prevaleva il divertimento su ragionamenti di questo genere; tanto è vero che a partire dal II sec. d.C. pare che si sia sviluppato un vero e proprio ‘mercato’ di condannati a morte, i quali venivano comprati dai lanisti per essere inseriti negli spettacoli. Resta da chiedersi se, nel ricostruire la cultura classica nelle sue infinte sfaccettature, non bisognerebbe tenere maggiormente conto della precoce esposizione a forme estreme di violenza che emerge dal dossier archeologico, epigrafico e letterario. Diversi studi recenti hanno evidenziato un legame tra una precoce esposizione a immagini e film violenti e alti livelli di aggressività in età adolescenziale e adulta. Forse un giorno – conclude Zuchtriegel – saremo in grado di comprendere quanto questi fenomeni abbiano impattato sulla società romana di duemila anni fa. Anche per questo si auspica che il dialogo tra antichistica e psicologia riprenda con nuova linfa, sperando che il presente contributo possa essere un piccolo spunto di lavoro in tal senso”.

Casa dei Pittori al lavoro a Pompei: quadretto singolare con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato e mantello di viaggiatore (foto parco archeologico pompei)
Oltre ai disegni dei bambini, per il cui studio il Parco ha avviato una collaborazione con il dipartimento di Neuropsichiatria infantile dell’università “Federico II” a Napoli, sono stati documentati i resti di due vittime, una donna e un uomo, morti nei lapilli del Vesuvio davanti al portone chiuso della Casa dei Pittori al lavoro (chiamata così in virtù del fatto che si stava ridipingendo al momento dell’eruzione); all’interno della casa, è venuto alla luce un piccolo cubicolo (“camera da letto”), allestito come studiolo in prossimità del tablinum (sala di ricevimento) della casa. Tra le scene mitologiche un quadretto singolare, senza confronti del repertorio vesuviano, con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato, forse un figlio deceduto dei proprietari.
Da oggi 28 maggio 2024 – come si diceva – è possibile accedere al cantiere tutti i giorni dalle 10.30 alle 18, attraverso un percorso che, interamente “accessibile”, va ad implementare l’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti”, e include un elevatore per il raggiungimento delle passerelle sospese anche ai diversamente abili. Il percorso dall’alto consentirà una visione innovativa e globale dell’intera insula, nonché dell’architettura delle case romane con l’alternarsi di ambienti vari adibiti ad usi diversi, dal produttivo al commerciale all’abitativo, oltre che dell’attività di cantiere in atto, nell’ottica di una rinnovata e migliore fruizione al pubblico. L’ingresso, da via dell’Abbondanza, sarà contingentato allo scopo di garantire un’ottimale accessibilità e fruizione in sicurezza del percorso, anche in considerazione delle attività in essere al livello archeologico.
“Periodicamente e sempre di più, Pompei ci rivela nuove scoperte meravigliose e si conferma uno straordinario scrigno di tesori”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Ecco perché noi in legge di bilancio abbiamo espressamente rifinanziato gli scavi a Pompei, dove adesso sono attivi tantissimi cantieri, che giorno dopo giorno portano all’attenzione generale nuove meraviglie. Dopo la conclusione del Grande Progetto Pompei noi vogliamo dare un assetto organico, un assetto stabile a questo meraviglioso sito che ogni giorno fa registrare decine di migliaia di visitatori”.

Il percorso sopraelevato nell’Insula dei Casti Amanti a Pompei è inserita nell’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti” (foto parco archeologico pompei)
“Con l’itinerario di visita facilitato Pompei per tutti, avviato nel 2016 e da allora oggetto di progressive implementazioni e sviluppi, nonché con le nuove campagne di scavo che negli ultimi anni hanno regalato al mondo incredibili sorprese, è stato inaugurato un nuovo approccio, inclusivo e coinvolgente, alla valorizzazione del sito”, aggiunge il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna. “L’apertura di oggi, traguardo di un cantiere complesso e importante, avviato in seno al Grande Progetto Pompei, appare in questo senso assai significativa. Offre infatti il valore aggiunto dell’accessibilità e della piena inclusione di tutti i visitatori, anche rispetto a tutte quelle attività dietro le quinte, quali gli interventi di scavo e restauro propri di un cantiere, che sono rese visibili a tutti senza barriere”.
Pompei. Apre al pubblico l’Insula dei Casti Amanti: dal 28 maggio un percorso sopraelevato consentirà una visione inedita, dall’alto, delle strutture e del cantiere di scavo e restauro in corso: percorso interamente “accessibile” che implementa l’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti”

L’insula dei Casti Amanti a Pompei con le passerelle per una veduta dall’alto (foto parco archeologico pompei)
Ci siamo. Dopo un lungo cantiere da sette anni off limits per il pubblico, a Pompei apre alle visite l’Insula dei Casti Amanti. Dal 28 maggio 2024 un percorso sopraelevato su passerelle sospese consentirà al pubblico di osservare dall’alto l’intera Insula (isolato), comprendente la Casa dei Casti Amanti, la Casa dei Pittori al lavoro e la Casa del Cenacolo colonnato. L’ingresso sarà contingentato allo scopo di garantire un’ottimale accessibilità e fruizione in sicurezza del percorso, anche in considerazione delle attività in essere al livello archeologico. La progettazione dei due lotti è stata sostenuta con fondi del Grande Progetto Pompeii (2014-2022), mentre i lavori hanno beneficiato di un finanziamento del PON Fesr 2014-2020.

La selva di tubi e impalcature che nel 2017 imbragava il complesso della Casa dei Casti Amanti e quella dei Pittori al Lavoro (foto parco archeoligico pompei)
L’ultima volta che i visitatori avevano avuto la possibilità di accedere al cantiere della Casa dei Casti Amanti era stata nel febbraio 2017, con un programma di visite per gli innamorati e i turisti nella settimana di San Valentino, annunciando che poi sarebbe rimasto inaccessibile per i successivi tre anni, cioè fino al 2020 (vedi Speciale innamorati a Pompei: aperta eccezionalmente per San Valentino la domus dei Casti Amanti, un’esperienza unica e irripetibile. Dopo il 14 febbraio sarà chiusa per restauri fino al 2020 | archeologiavocidalpassato). In realtà poi i lavori si sono allungati più del previsto, complice anche la pandemia. Ma ci sono state altre tre occasioni per “esplorare” il grande cantiere dell’Insula dei Casti Amanti, grazie a “Raccontare i cantieri”, l’iniziativa lanciata dal parco archeologico di Pompei per gli abbonati alla My Pompeii Card: la prima volta dal 5 maggio fino al 23 giugno 2022 (vedi Pompei. Con “Raccontare i cantieri” ogni giovedì di maggio e giugno ai possessori della My Pompeii Card il parco archeologico apre i suoi più importanti cantieri di valorizzazione e restauro | archeologiavocidalpassato); la seconda dal 9 marzo fino al 4 maggio 2023 (vedi Pompei. Torna l’iniziativa “Raccontare i cantieri”: da marzo a maggio 2023, i grandi cantieri del parco archeologico di Pompei raccontati ai possessori della My Pompeii Card. Ecco il calendario | archeologiavocidalpassato); la terza dal 19 ottobre 2023 fino al 1° febbraio 2024 (vedi Pompei. Al via la terza edizione di “Raccontare i cantieri”: tra ottobre e febbraio, il giovedì, possibilità di visitare i cantieri di valorizzazione e restauro in corso | archeologiavocidalpassato).

Il percorso sopraelevato nell’Insula dei Casti Amanti a Pompei è inserita nell’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti” (foto parco archeologico pompei)
A partire dal 28 maggio 2024 sarà dunque possibile accedere tutti i giorni dalle 10.30 alle 18, all’Insula dei Casti Amanti attraverso un percorso che, interamente “accessibile”, va ad implementare l’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti”, e include un ascensore per il raggiungimento delle passerelle sospese. Il percorso dall’alto consentirà una visione innovativa e globale dell’intera insula, nonché dell’architettura delle case romane con l’alternarsi, come in questo caso, di ambienti vari adibiti ad usi diversi, dal produttivo al commerciale all’abitativo, oltre che dell’attività di cantiere in atto, nell’ottica di una rinnovata e migliore fruizione al pubblico e di un approccio di “archeologia pubblica”.

Con il percorso sopraelevato nell’Insula dei Casti Amanti a Pompei si possono ammirare gli ambienti emersi dagli scavi (foto parco archeologico pompei)
Si potrà assistere alle attività di indagine e restauro in corso e ammirare gli ambienti emersi durante le recenti attività di scavo. Tra questi una stanza decorata con figure mitologiche e divinità e la singolare immagine di un bambino con cappuccio e mantello da viaggiatore; disegni a carboncino eseguiti da bambini in un cortile di servizio, e un androne dove sono stati rinvenuti due scheletri di vittime dell’eruzione. Le facciate e alcuni ambienti dell’insula furono scavati nel 1912; dagli anni ’80 seguirono altri scavi che hanno portato alla luce importanti parti delle strutture interne dell’isolato, che fu visitabile, per la parte allora indagata, a periodi alterni. Il progetto in corso, suddiviso in due lotti per importi di 7 e 5 milioni di Euro rispettivamente, mira alla creazione di una copertura con impianto fotovoltaico integrato, di un percorso accessibile a quota dei piani superiori delle case e al completamento dello scavo e del restauro degli ambienti sottostanti, eleminando in tal modo cause di degrado dovute allo scavo parziale del complesso.
Pompei. Su Rai 1 Speciale di “Meraviglie” su “Pompei. Le nuove scoperte”: Alberto Angela accompagna i telespettatori alla scoperta degli ultimi affascinanti ritrovamenti, mai mostrati prima. Una passeggiata col direttore Zuchtriegel e il personale del Parco dall’Odeion alla Casa dei Vettii passando per l’insula dei Casti Amanti, la Regio IX e la Casa di Leda

Il direttore Gabriel Zuchtriegel e Alberto Angela alla Casa dei Vettii per le riprese dello Speciale di “Meraviglie” su “Pompei. Le nuove scoperte”
Ci sono anche i disegni di un bambino di duemila anni fa tra le meraviglie venute alla luce dalle ultime campagne di scavo del Parco Archeologico di Pompei. Affascinanti ritrovamenti che – insieme ad altri mai mostrati prima – Alberto Angela, con la partecipazione del direttore Gabriel Zuchtriegel, degli archeologi e dei tecnici del Parco, racconta in “Pompei. Le nuove scoperte”, uno Speciale di “Meraviglie” prodotto da Rai Cultura in collaborazione con il parco archeologico e il ministero della Cultura, in onda lunedì 27 maggio 2024, alle 21.25 su Rai 1. Interamente girato nel sito di Pompei, all’interno dei nuovi cantieri di scavo, lo Speciale utilizza una tecnica di ripresa unica: un unico piano sequenza, lungo oltre due ore, che attraversa l’area archeologica di Pompei seguendo Alberto Angela nella sua esplorazione senza alcuno stacco né interruzione.

Alberto Angela duranet le riprese dello Speciale di Meraviglie nella cd sala di Issione nel triclinio della Casa dei Vettii a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Grazie a questa particolare ripresa, i telespettatori avranno la sensazione di partecipare a una reale visita degli scavi di Pompei accompagnati personalmente da Alberto Angela attraverso un avvincente percorso narrativo e l’assenza di stacchi permetterà di avere una chiara idea dell’ubicazione degli spazi esplorati, delle distanze percorse, della vastità del sito archeologico. Sarà come attraversare l’antica città, sommersa dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., con gli occhi di un pompeiano di duemila anni fa che vede risorgere dal materiale vulcanico gli oggetti quotidiani, gli affreschi, i graffiti e le tracce della propria vita di allora.

Alberto Angela a Pompei per lo Speciale di Meraviglie (foto parco archeologico pompei)
La visita parte dall’Odeion, il più piccolo dei due teatri della città, dominato dalla vista del Vesuvio che si erge in lontananza oltre le mura. Si snoda poi per le antiche strade di Pompei attraversando botteghe, terme, locande e case private, dove le tracce della vita quotidiana del primo secolo dopo Cristo suscitano meraviglia ad ogni passo.

Le riprese RAI dello Speciale di Meraviglie con Alberto Angela nell’insula dei Casti Amanti a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Il percorso prosegue, poi, all’interno dell’Insula dei Casti Amanti, attualmente chiusa al pubblico (dal 28 maggio 2024 sarà aperta alle visite) un isolato già parzialmente esplorato in passato e oggi oggetto di nuovi approfonditi scavi che hanno appena portato in superficie i resti di altre vittime colte nel vano tentativo di mettersi in salvo dall’eruzione. Qui gli archeologi, ancora al lavoro, mostrano ad Alberto Angela e al pubblico ambienti ancora non conosciuti, interessanti oggetti di vita quotidiana appena emersi dagli strati vulcanici e stupefacenti opere d’arte ritornate visibili dopo quasi duemila anni. Ma le opere più commoventi scoperte dagli archeologi sulle pareti di una domus sono i disegni di un bambino di duemila anni fa che, poco prima della tragedia, ha tratteggiato con il carboncino il suo immaginario infantile, ignaro che i suoi graffiti sarebbero sopravvissuti al passare dei secoli.

Larario nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Dopo un breve trasferimento in auto sopra la zona ancora non scavata di Pompei, Alberto Angela entra nei cantieri di scavo che interessano la Regio IX, uno dei distretti della città ancora non interamente portati alla luce. Qui rivela agli spettatori splendidi saloni affrescati appena riemersi dal materiale vulcanico e un meraviglioso ambiente dipinto, scoperto proprio nei giorni di realizzazione dello speciale e ancora mai mostrato. Il percorso procede verso la “Casa del Larario”, dove il racconto delle ultime ore della città romana si intreccia con la scoperta di ambienti che l’eruzione ha “cristallizzato”, imprimendo nella cenere la fotografia degli ultimi istanti di vita di Pompei. Qui, con l’aiuto degli esperti del parco, Alberto Angela illustra la tecnica dei calchi, che ha permesso di rivelare le drammatiche immagini delle vittime nell’attimo stesso della loro fine.

Le pareti affrescate di incredibile bellezza emerse nella Casa alle spelle della Casa di Leda nella Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
L’esplorazione prosegue nella “casa di Leda”, una delle domus più ricche di ritrovamenti di questa ultima campagna di scavi con nuove rivelazioni. Nelle sue adiacenze sono appena emerse pareti affrescate di incredibile bellezza, anche per il particolare stato di conservazione dei colori originali.

Alberto Angela nella Casa degli Amorini a Pompei dorati durante le riprese per lo Speciale di Meraviglie (foto parco archeologico pompei)
Infine, al termine del percorso, due autentici fuochi d’artificio di Pompei: la “casa degli amorini dorati” e la “casa dei Vettii”, quest’ultima riaperta recentemente al pubblico dopo un lungo restauro. Qui la magnificenza degli affreschi e dei giardini colonnati rivela l’opulenza degli abitanti di una delle zone più ricche della città. Splendidamente circondato dal “rosso pompeiano” il telespettatore avrà quasi l’impressione di partecipare a uno degli esagerati banchetti descritti da Petronio.
Pompei. Al via la terza edizione di “Raccontare i cantieri”: tra ottobre e febbraio, il giovedì, possibilità di visitare i cantieri di valorizzazione e restauro in corso

Pompei: al giovedì torna l’iniziativa “Raccontare i cantieri” (foto parco archeologico pompei)
Torna dal 19 ottobre 2023, ogni giovedì, fino al 1° febbraio 2024, “Raccontare i cantieri”, l’iniziativa organizzata dall’ufficio Tecnico del Parco e giunta alla sua terza edizione, che consente la visita ai cantieri di valorizzazione e restauro in corso nei siti del parco archeologico di Pompei. Undici cantieri, dagli scavi in corso al Tempio di Iside, la Regio IX, l’Insula dei Casti amanti, la Casa di Leda e il cigno, l’Insula Occidentalis, e lo scavo di Oplontis a via dei sepolcri; ma anche le messe in sicurezza della Casa della Fontana Piccola e i progetti di allestimento dei granai del Foro, dei depositi di Porta Nola, dell’antiquarium di Boscoreale, del museo Archeologico d’Orsi alla Reggia di Quisisana a Castellamare con il restauro della torre colombaia. Un’occasione per conoscere la delicata e al tempo stesso complessa attività di scavo, di messa in sicurezza, restauro e manutenzione, attraverso il racconto e la visione in diretta degli esperti sul campo – archeologi, architetti, restauratori e ingegneri. Ma anche un’occasione di poter fruire in anteprima assoluta di dimore di eccezionale pregio e raffinatezza o di straordinaria condizione di ritrovamento.
Ogni giovedì, a partire da ottobre fino al 1° febbraio, alle 10.30, sarà possibile prenotarsi per accedere ad uno dei cantieri. Tutti i possessori della MyPompeii Card o i nuovi acquirenti potranno prenotare la visita prescelta al seguente indirizzo mail: mypompeiicard@cultura.gov.it. Le prenotazioni dovranno pervenire almeno un giorno prima rispetto alla data prescelta, ed entro le 14. Questo il calendario: 19 ottobre 2023, Granai del Foro; 9 novembre, Tempio di Iside; 16 novembre, Scavo IX Regio – Insula 10; 23 novembre, Insula dei Casti Amanti; 30 novembre, Casa della Fontana Piccola; 7 dicembre, Casa di Leda; 14 dicembre, Boscoreale – il progetto di allestimento dell’Antiquarium; 11 gennaio 2024, Insula Meridionalis; 18 gennaio, Oplontis: scavo dei Sepolcri; 25 gennaio, museo della Reggia Quisisana e Torre Colombaia; 1° febbraio, deposito di Porta Nola.
Pompei. Emergono due nuove vittime dallo scavo dei Casti Amanti: due scheletri schiacciati sotto un crollo di muro. Zuchtriegel: “Non fu solo l’eruzione a causare la morte degli abitanti dell’area ma anche un terremoto concomitante”. La cronaca dell’eruzione che in due giorni distrusse la città

Uno dei due scheletri scoperti nell’insula dei Casti Amanti a Pompei (foto parco archeologico pompei)

Uno dei due scheletri scoperti nell’insula dei Casti Amanti a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Morti schiacciati dal crollo del muro della casa, mentre al di fuori si stava scatenando l’inferno. Gli scheletri di due vittime di Pompei sono emersi dallo scavo nell’insula dei Casti Amanti. È questa l’ultima importante scoperta nell’antica città romana alle falde del Vesuvio che corregge un po’ la prospettiva sulla fine dei suoi abitanti: non fu solo l’eruzione a causare la morte di quanto vivevano nell’area, ma anche un terremoto concomitante. Gli scheletri sono stati ritrovati nel corso del cantiere di messa in sicurezza, rifacimento delle coperture e riprofilatura dei fronti di scavo dell’Insula dei Casti Amanti, che sta prevedendo anche degli interventi di scavo in alcuni ambienti. Giacevano riversi su un lato, in un ambiente di servizio, al tempo in dismissione per probabili interventi di riparazioni o ristrutturazione in corso nella casa, nel quale si erano rifugiati in cerca di protezione.
“Il ritrovamento dei resti di due pompeiani avvenuto nel contesto del cantiere in opera nell’Insula dei Casti Amanti”, dichiara il Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, “dimostra quanto ancora vi sia da scoprire riguardo la terribile eruzione del 79 d.C. e conferma l’opportunità di proseguire nelle attività scientifiche di indagine e di scavo. Pompei è un immenso laboratorio archeologico che negli ultimi anni ha ripreso vigore, stupendo il mondo con le continue scoperte portate alla luce e manifestando l’eccellenza italiana in questo settore”. I dettagli scientifici dello scavo possono essere approfonditi attraverso gli articoli pubblicati sull’E-Journal di Pompei – scaricabile dal sito ufficiale del Parco www.pompeiisites.org – nuova piattaforma digitale rivolta alla comunità scientifica e al pubblico e finalizzata a fornire notizie e relazioni preliminari riguardanti progetti di scavo, di ricerca e di restauro nelle sedi del Parco.
“Le tecniche dello scavo moderno ci aiutano a comprendere sempre meglio l’inferno che in due giorni distrusse interamente la città di Pompei, uccidendone molti abitanti: bambini, donne e uomini. Con le analisi e le metodologie riusciamo ad avvicinarci agli ultimi istanti di chi ha perso la vita”, evidenzia il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “In una delle discussioni di cantiere, durante il recupero dei due scheletri, uno degli archeologi indicando le vittime che stavamo scavando, ha detto una frase che mi è rimasta impressa e che sintetizza forse la storia di Pompei, quando, ha dichiarato: ‘questo siamo noi’. A Pompei, infatti, l’avanzamento delle tecniche non ci fa mai dimenticare la dimensione umana della tragedia, piuttosto ce la fa vedere con più chiarezza”.

L’ambiente nell’insula dei Casti Amanti a Pompei dove sono stati scoperti due scheletri schiacciati da crollo del muro (foto parco archeologico pompei)
Subbuglio, confusione, tentativi di fuga e nel mentre terremoto, lapilli, correnti turbolente di cenere vulcanica e gas caldi. Fu l’inferno dell’eruzione del 79 d.C. Quello in cui si trovarono gli abitanti dell’antica città di Pompei, tra cui le ultime due vittime, di cui sono stati rinvenuti gli scheletri durante uno scavo nell’Insula dei Casti Amanti. Vittime di un terremoto che ha accompagnato l’eruzione, ritrovate sotto il crollo di un muro avvenuto tra la fase finale di sedimentazione dei lapilli e prima dell’arrivo delle correnti piroclastiche che hanno definitivamente sepolto Pompei costituiscono la testimonianza sempre più chiara che, durante l’eruzione, non furono solo i crolli associati all’accumulo dei lapilli o l’impatto delle correnti piroclastiche gli unici pericoli per la vita degli abitanti dell’antica Pompei, come gli scavi degli ultimi decenni stanno sempre più investigando. L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., inizia nella mattinata di un giorno autunnale, ma solo intorno alle 13 comincia la cosiddetta fase “Pliniana” durante la quale si forma una colonna eruttiva, alte decine di chilometri, dalla quale cadono pomici. Questa fase è seguita da una serie di correnti piroclastiche che sedimentano depositi di cenere e lapilli. I fenomeni vulcanici uccisero chiunque si fosse ancora rifugiato nell’antica città di Pompei, a sud dell’odierna Napoli, togliendo la vita ad almeno il 15-20% della popolazione, secondo le stime degli archeologi. Tra le cause di morte anche il crollo degli edifici, in alcuni casi dovuto a terremoti che accompagnarono l’eruzione, si rivelò una minaccia letale.
“L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. dura più di 20 ore. Ci sono più pericoli per le persone nella città. Negli ultimi due secoli e mezzo”, ricorda Zuchtriehgel, “più di 1300 vittime sono state trovate, ma solo oggi abbiamo la possibilità di indagare con una micro-stratigrafia veramente la dinamica esatta in cui è avvenuta la morte. Come in questo caso, non è l’ultima fase dell’eruzione, l’arrivo dei flussi piroclastici dunque la cenere estremamente calda, ma sono dei crolli. Vediamo qui pezzi del muro sulle vittime con diverse fratture che sono il risultato sia del peso dei lapilli sui tetti e sui solai, sia anche dei terremoti che accompagnano l’eruzione. Negli ultimi anni abbiamo visto la forza di questi eventi sismici contestuali all’eruzione del Vesuvio. Qui siamo in un isolato già scavato alcuni decenni fa che adesso è nuovamente oggetto di grandi lavori di restauro e di accessibilità, ma anche di indagini stratigrafiche nelle zone ancora non completamente scavate che abbiamo visto causare una serie di criticità per lo stato degli edifici e dei reperti. Dunque lo scavo va completato e questa è un’occasione anche importante per ricavare nuovi dati. In questo caso sull’ultima fase dell’eruzione con questo fatto del crollo di cui vediamo diverse tracce, possibilmente causato da un sisma. Però vediamo anche ovviamente un ambiente non particolarmente lussuoso, più un ambiente di lavoro con tanti oggetti – anfore, vasi da fuoco, da cucina, dove erano dei lavori in corso con la calce e anfore per l’acqua per ri-intonacare le pareti. Dunque – conclude Zuchtriegel – viviamo una città, a Pompei in generale qui in particolare, in questo momento in trasformazione, che stava cercando di riprendersi. Ma poi interviene l’eruzione e viene tutto stroncato in solo due giorni di inferno”.

Dettaglio di uno dei due scheletri ritrovati nell’insula del Casti Amanti a Pompei (foto parco archeologico pompei)
I dati delle prime analisi antropologiche sul campo – pubblicati nell’E-journal degli scavi di Pompei – indicano che entrambi gli individui sono morti verosimilmente a causa di traumi multipli causati dal crollo di parti dell’edificio. Si trattava probabilmente di due individui di sesso maschile di almeno 55 anni. Durante la rimozione delle vertebre cervicali e del cranio di uno dei due scheletri, sono emerse tracce di materiale organico, verosimilmente un involto di stoffa. All’interno sono state trovate, oltre a cinque elementi in pasta vitrea identificabili come vaghi di collana, sei monete. Due denari in argento: un denario repubblicano, databile alla metà del II sec. a.C., e un altro denario, più recente, da riferire alle produzioni di Vespasiano. Le restanti monete in bronzo (due sesterzi, un asse e un quadrante), erano anch’esse coniate durante il principato di Vespasiano e pertanto di recente conio.
Nella stanza in cui giacevano i corpi sono emersi anche alcuni oggetti, quali un’anfora verticale appoggiata alla parete nell’angolo vicino a uno dei corpi e una collezione di vasi, ciotole e brocche accatastata contro la parete di fondo. La cosa più impressionante è l’evidenza dei danni subiti da due pareti, probabilmente, a causa dei terremoti che hanno accompagnato l’eruzione. Parte della parete Sud della stanza è crollata colpendo uno degli uomini, il cui braccio alzato rimanda forse alla tragica immagine di un vano tentativo di proteggersi dalla caduta della muratura. Le condizioni della parete Ovest, invece, dimostrano la forza drammatica dei terremoti contestuali all’eruzione: l’intera sezione superiore si è staccata ed è caduta nella stanza, travolgendo e seppellendo l’altro individuo.

Alcuni oggetti ritrovati vicino ai due scheletri nell’insula dei Casti Amanti a Pompei (foto parco archeologico pompei)
L’ambiente adiacente ospita un bancone da cucina in muratura, temporaneamente fuori uso nel 79 d.C.: sulla sua superficie si trova infatti un mucchio di calce in polvere in attesa di essere impiegata in attività edilizie, il che suggerisce che al momento dell’eruzione si stavano effettuando delle riparazioni nelle vicinanze. Lungo la parete della cucina si trova una serie di anfore cretesi, originariamente utilizzate per il trasporto del vino. Sopra il bancone della cucina, le tracce di un santuario domestico sotto forma di un affresco che sembra raffigurare i lares della casa e un vaso di ceramica parzialmente incassato nel muro che potrebbe essere stato utilizzato come ricettacolo di offerte religiose. Accanto alla cucina, inoltre, una stanza lunga e stretta con una latrina, il cui contenuto sarebbe defluito in un canale di scolo sotto la strada.

“L’eruzione del Vesuvio” di Pierre Jacques Volaire conservato al museo e real bosco di Capodimonte (foto museo capodimonte)
Cronologia dell’eruzione. La cronologia degli eventi succedutisi a Pompei durante l’eruzione del 79 d.C. è stata ricostruita coniugando la stratigrafia dei depositi e il resoconto dell’evento fatto da Plinio il Giovane in due lettere inviate a Tacito. Precursori dell’eruzione. Fenomeni sismici precursori si verificano negli anni e nei giorni che precedono l’eruzione. In particolare, Plinio il Giovane riporta l’accadimento di terremoti per diversi giorni prima dell’inizio dell’eruzione. L’eruzione. L’eruzione può essere divisa in tre fasi principali: una fase di apertura di breve durata, una seconda fase caratterizzata dalla formazione di una alta colonna eruttiva, dalla quale cadono lapilli e una fase finale caratterizzata dal succedersi di diverse correnti piroclastiche. Queste ultime sono misture di gas e particelle solide ad alta temperatura che scorrono al suolo per effetto della gravità e sono tra i fenomeni vulcanici più distruttivi.

“L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.” dipinto di Pierre-Henri de Valenciennes (1813) conservato al musée des Augustins di Tolosa
Giorno 1. Durante la mattinata del primo giorno, un’esplosione nel cratere genera una nube di cenere che si espande a est del vulcano ma non raggiunge Pompei. Questa fase rappresenta l’apertura dell’eruzione. Ore 13: una colonna eruttiva comincia ad innalzarsi sul cratere raggiungendo decine di chilometri di altezza. Questa fase dura in totale circa 18-19 ore. Le eruzioni caratterizzate da questo tipo di fenomeni sono definite “Pliniane” a seguito della perfetta descrizione della forma della colonna eruttiva fatta da Plinio il Giovane. Egli la descrive come un albero di pino il cui tronco si espande nella parte alta in più rami. Ed in effetti le colonne eruttive sono formate da un “tronco”, che si innalza verticalmente in atmosfera, la cui parte sommitale si espande lateralmente in direzione del vento. Poco dopo l’inizio di questa fase e fino alle 20:00, pomici bianche cadono a Pompei accumulandosi sui tetti delle case e nelle strade. In questa fase la colonna eruttiva raggiunge un’altezza massima di 26 km. A partire dalle 20 e fino alle prime ore del mattino del secondo giorno, a causa di una variazione della composizione chimica del magma eruttato, il colore delle pomici varia dal bianco al grigio. In questa fase la colonna eruttiva si innalza ulteriormente raggiungendo un’altezza massima di 32 km. In totale, alla fine della fase Pliniana, lo spessore del deposito di pomici è 2,8 m anche se spessori maggiori (fino a 5 m) posso verificarsi nei vicoli, a causa dello scivolamento dei lapilli lungo le tettoie spioventi, o per il drenaggio delle pomici attraverso i compluvia e successivo accumulo negli impluvia all’interno delle case. L’accumulo di lapilli provoca il seppellimento del piano terra degli edifici e il crollo dei tetti uccidendo i Pompeiani che non avevano tentato la fuga e avevano cercato riparo nelle case. Collassi parziali della colonna eruttiva generano delle correnti piroclastiche, nella notte tra il primo e il secondo giorno dell’eruzione, che però non raggiungono Pompei.

I calchi delle vittime trovate nella Casa de Bracciale d’Oro a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Giorno 2. Ore 7.30: Una prima corrente piroclastica penetra dentro Pompei sedimentando pochi centimetri di cenere immediatamente sopra le pomici grigie. Questa corrente non crea grandi danni. Tra le 7.30 e le 8 una nuova breve fase da caduta sedimenta un sottile deposito formato principalmente da frammenti di lava e pomici. Ore 8: Una seconda corrente piroclastica arriva in città. A differenza della precedente, questa corrente è estremamente energetica e violenta, interagisce con la struttura urbana, e segna la definitiva distruzione di Pompei. La parte bassa di questa corrente, ad alta concentrazione, viene incanalata e deflessa dai vicoli mentre la parte alta, più diluita e turbolenta, non risente degli ostacoli e scavalca gli edifici. La violenza dell’impatto di tale corrente piroclastica è testimoniata dagli ingenti danni che provoca. Essa è capace di abbattere pareti perpendicolari alla direzione di scorrimento, lasciando profonde e ampie brecce nei muri, talvolta danneggiando più pareti in sequenza. Questa corrente, inoltre, lascia dietro di sé una scia di morte uccidendo gli abitanti sopravvissuti alla fase di caduta dei lapilli. In alcuni casi, l’ultimo istante di vita delle vittime di questa corrente piroclastica, congelato dalla cenere, è arrivato fino a noi grazie alla tecnica dei calchi ideata da Giuseppe Fiorelli. Altre correnti piroclastiche si succedono nel corso del secondo giorno dell’eruzione. Esse contribuiscono a seppellire definitivamente una Pompei ormai già completamente distrutta.
Giornata nazionale del Paesaggio. Il Parco archeologico di Pompei propone on line una passeggiata alla scoperta dai paesaggi modellati dal Vesuvio, al verde recuperato nelle domus o fuori le mura, ai giardini ricreati negli affreschi, al paesaggio protostorico di Longola

Il paesaggio pompeiano, dalle rappresentazioni nella pittura parietale, al racconto dell’eruzione e delle conseguenti trasformazioni, fino alla complessa manutenzione degli attuali spazi verdi, protagonista domenica 14 marzo 2021 della Giornata nazionale del Paesaggio istituita dal ministero della Cultura allo scopo di promuovere le risorse paesaggistiche attraverso attività di sensibilizzazione, educazione e conoscenza del paesaggio, quest’anno necessariamente on-line. Per l’occasione il Parco Archeologico di Pompei propone, attraverso alcuni video sui canali social e web istituzionali, un racconto del paesaggio pompeiano, dalle trasformazioni subite a seguito dell’eruzione, alle complesse esigenze di manutenzione delle attuali grandi aree verdi incluse nell’area archeologica, fino ai progetti di riqualificazione, ricostruzione e valorizzazione dei giardini storici, che costituivano un elemento centrale della domus romana. Accompagnati da un foto racconto delle più belle scene di paesaggio che caratterizzano le pitture di molte case.

Dall’insula dei Casti Amanti, dove è attualmente in corso un cantiere di messa in sicurezza dei fronti di scavo e rifacimento delle coperture, il vulcanologo Domenico Sparice e il geologo Vincenzo Amato del Parco illustrano la stratigrafia dell’eruzione del 79 d. C. emersa con particolare evidenza nel corso del cantiere, in una sezione a ridosso di uno degli ambienti su cui si sta intervenendo, allo scopo di raccontare le fasi e le dinamiche del tragico evento che seppellì Pompei e le conseguenti mutazioni paesaggistiche e geologiche. Inoltre per la prima volta vengono mostrati e narrati gli strati che costituiscono il sottosuolo della città: strati che raccontano una lunga storia di frequentazioni preistoriche, eruzioni vulcaniche, risorse naturali e cambiamenti del paesaggio.
“Ci troviamo oggi in uno dei vicoli dell’insula dei Casti Amanti nella Regio IX del sito archeologico di Pompei dove si può vedere la sequenza stratigrafica tipica dei depositi dell’eruzione del 79 d.C. nel parco archeologico di Pompei”, spiega Domenico Sparice. “L’eruzione del 79 d.C. è stata una delle maggiori e più violente nella storia del Vesuvio. Nel giro di circa 30 ore furono eruttati circa 4 Km cubici di materiali vulcanici, esattamente ceneri e lapilli. La stratigrafia tipica dell’eruzione è formata essenzialmente da due unità principali. Una è formata dalle famose pomici di Pompei, lapilli che sono caduti dalla colonna eruttiva che hanno una peculiarità, e cioè hanno una variazione verticale di colore, dal bianco alla base al grigio nella parte alta, e questa variazione di colore è dovuta a una variazione della composizione chimica del magma durante l’eruzione. Questi lapilli sono il frutto della prima fase dell’eruzione, ovvero quando sul cratere del vulcano si è formata una colonna eruttiva alta, molto probabilmente, fino a 30 km dalla quale sono caduti i lapilli in atmosfera, sedimentando principalmente nel settore sud-orientale del vulcano, e quindi seppellendo Pompei sotto una coltre di quasi tre metri di pomice. La parte alta della sequenza è invece formata da ceneri, ceneri stratificate con meccanismo deposizionale da correnti piroclastiche. Le correnti piroclastiche sono misture di gas, cenere e lapilli a alta temperatura che scorrono sui fianchi del vulcano per effetto della gravità sostenuta dal gas. La parte alta della sequenza è la parte di cenere stratificata che rappresenta i depositi sedimentati da più correnti piroclastiche che hanno invaso l’area di Pompei durante la seconda fase dell’eruzione. Una di queste correnti piroclastiche, la seconda in particolare arrivata a Pompei, è stata particolarmente violenta, particolarmente energetica. Era diluita, turbolenta, molto molto forte – continua il vulcanologo -, talmente energetica che è stata capace di abbattere pareti trasversali alla direzione di scorrimento della corrente. Questa corrente è stata talmente violenta che ha sepolto quasi completamente gli edifici di Pompei. Ha generato molte vittime, e di alcune di queste vittime è stato possibile fare calchi, proprio perché i corpi si sono decomposti all’interno della cenere ed è rimasto quindi il vuoto in negativo che ha conservato la forma del corpo. Dopo questa corrente piroclastica molto molto violenta, Pompei era semplicemente una landa desolata: la corrente piroclastica aveva seminato morte e distruzione. E le successive correnti piroclastiche che si sono susseguite nel secondo giorno dell’eruzione hanno semplicemente contribuito a smantellare la città di Pompei già quasi completamente sepolta con un’ulteriore coltre di cenere che ha definitivamente sepolto Pompei sotto almeno sette metri di cenere e lapilli”.
“Siamo nel vicolo Ovest dell’insula dei Casti Amanti dove, caso raro a Pompei, si è deciso di indagare il sottosuolo che sta più in basso delle strutture abitative note a Pompei, sepolte dall’eruzione distruttiva del 79 d.C. In questo cantiere si sono aperti ben 12 saggi, 6 nel vicolo Ovest e 6 nel vicolo Est, che hanno permesso di indagare tutta la storia stratigrafica del sito di Pompei fino al raggiungimento del banco lavico che costituiva in antico l’edificio vulcanico di Pompei: la prima forma di paesaggio distinguibile ancora oggi nonostante il ricoprimento avuto ad opera dei prodotti delle eruzioni più recenti che hanno determinato la scomparsa di Pompei. Alcune forme del paesaggio sono ancora ricostruibili, e soprattutto la forma del cratere più grande di Pompei che ha dato vita a queste manifestazioni laviche che in questi saggi di scavo sono stati raggiunti e per la prima volta indagati in dettaglio. Ma non solo questo. Il sottosuolo di Pompei ci racconta una lunga storia di eventi vulcanici, anche se di entità minore rispetto a quella che ha modificato per sempre la storia e il paesaggio pompeiano. Alcuni livelli vulcanici si vedono nelle successioni di scavo. Quelli più chiari, di colore grigiastro, sono delle eruzioni sempre del Vesuvio avvenute durante il periodo protostorico, altre durante il periodo preistorico, e sono stati di aiuto anche nell’inquadrare cronologicamente alcuni livelli archeologici presenti all’interno dei suoli. Per esempio alcune unità stratigrafiche, interpretate come paleo-suoli, hanno rivelato che questa era un’area boschiva, quindi un paesaggio completamente differente rispetto a quello urbano di Pompei. Le stesse stratigrafie hanno restituito anche materiali ceramici di età preistorica che ci fanno capire che nonostante l’area fosse fittamente boschiva era comunque frequentata da popolazioni preistoriche. Fino ad arrivare ad altre eruzioni che con il vulcanologo Sparice stiamo ancora cercando di determinare, che sono decisamente molto più antiche, quindi precedono di millenni la frequentazione preistorica di questo sito. Potrebbero anche venire da altri apparati vulcanici, come per esempio quello dei Campi Flegrei, o eruzioni di un Vesuvio primordiale che dobbiamo ancora riuscire bene a capire. Quindi la possibilità di accedere a queste informazioni stratigrafiche fino al sottosuolo profondo di Pompei ci fa capire che quest’area, nonostante gli eventi più significativi che hanno potuto determinare il cambiamento del paesaggio, è dovuta prevalentemente a eruzioni vulcaniche, che si susseguono nel corso dei secoli e dei millenni prima della fondazione di Pompei. Troviamo sempre gli stessi strati, cioè suoli ed eruzioni vulcaniche, il paesaggio muta di poco fino a quando si decide di costruire la città in questo punto. Infatti la parte alta delle stratigrafie che vediamo al di sotto della strada che doveva essere presente, mostra tutta una serie di tagli, buche, fosse, o la preparazione vera e propria del manto stradale. Quindi il cambiamento del paesaggio a partire dall’epoca storica viene determinato più dalle attività antropiche che si compiono nell’intera area di Pompei fino all’eruzione del 79 d.C. che determina la scomparsa e il cambiamento radicale di ogni forma del paesaggio”.

A partire dal giardino della Casa dell’Ancora e dalla Via dei Sepolcri viene, invece, il funzionario architetto Paolo Mighetto racconta il complesso lavoro multidisciplinare che sta alla base della gestione, conservazione e rinnovo del vasto patrimonio agronomico e paesaggistico del Parco Archeologico di Pompei.
Nella casa dell’Ancora c’è uno dei giardini di ultima generazione che si sta recuperando con la manutenzione. “Secondo me questo giardino illustra bene la multidisciplinarietà che sempre si è cercato di tenere nella gestione del verde di Pompei”, racconta Paolo Mighetto, “che è una gestione molto difficile. Pompei è un parco di quasi 100 ettari che spesso i turisti non colgono, perché conoscono i giardini delle domus che sono i più celebrati, ma il parco in realtà ha tutta una fascia extramoenia, quindi al di fuori delle mura, che comprende proprio delle aree estremamente interessanti anche aree agricole. Il giardino della domus dell’Ancora, nella Regio VI, nasce dal dato storico, archeologico e anche archeobotanico. Infatti anche la gestione del giardino, la messa a dimora di queste piante di edera e il trattamento delle piante nasce proprio da un’interpretazione delle pitture parietali, di come gli antichi potevano gestire questi giardini oltre che dai dati archeobotanici dei pollini. È un giardino concluso che impone anche svariati problemi di manutenzione. Ora stiamo proprio intervenendo anche sul tappeto erboso oltre che sulla potatura delle piante, sfruttando questo periodo di pandemia in cui il sito non è visitato dai turisti proprio per andare a fare degli interventi di rigenerazione del prato. Il grande discorso che stiamo portando avanti è anche sulla passeggiata fuori le mura. Negli anni ’80 già era stata fatta una grande bonifica in tutta l’area esterna di Pompei, quindi esterna al circolo delle mura per andare a eliminare tutte le infestanti, soprattutto la colonizzazione degli ailanti, questo albero infestante che distrugge il patrimonio. La città antica ha un’estensione di quasi 60 ettari. Ebbene tutto il parco archeologico di Pompei, un parco naturale, ha un’estensione di 100 ettari. Quindi l’area esterna alle mura con la passeggiata ha un’enorme estensione che costituisce una grande sfida per la manutenzione, per la gestione e anche una sfida per la progettualità della gestione del verde. Perché molte di queste aree, procedendo in questi anni anche i grandi cantieri di messa in sicurezza del sito, hanno avuto alcuni problemi di manutenzione legati anche al passaggio di mezzi di cantiere. Adesso è proprio il periodo in cui si stanno recuperando, perché diventerà una nuova area messa a disposizione dei visitatori e di un turismo che non solo ammirerà il sito archeologico, ma potrà godere anche di una visita naturalistica, di una visita paesaggistica straordinaria unica al mondo perché si collega con il territorio del parco del Vesuvio. Abbiamo avuto grossi problemi con gli alberi ad alto fusto soprattutto con i pini, perché sono colpiti da parassiti che ne determinano la rapida senescenza e quindi la necessità di abbattimento, e allora la sfida grande sarà quella di andare a ricostituire rapidamente questo patrimonio con un nuovo patrimonio arboreo. E quindi i programmi che si stanno portando avanti per l’imboschimento del parco archeologico prevedono anche la sostituzione di piante ormai morte ma che magari appartengono a specie non consone alla ricerca filologica che è stata fatta negli anni anche dal punto di vista botanico e archeobotanico, quindi non perfettamente coerenti con quello che il patrimonio della cosiddetta flora pompeiana. Perciò si sostituirà questo patrimonio perduto con nuovi alberi più coerenti con le scelte filologiche botaniche”.

E ancora una carrellata di immagini mette in evidenza alcune scene di paesaggio nella pittura pompeiana: a partire dalla Casa dei Ceii di recente restauro, con un confronto con le pitture della Casa del Menandro e dell’Efebo. Le scene di paesaggio nella pittura pompeiana, fra città e templi, campagne e boschi, grotte e marine, creano l’illusione che le dimensioni degli spazi siano diversi da quelli reali architettonici, come in una sorta di trompe-l’oeil, sviluppando l’idea di altre scenografie, non dissimili da quelle utilizzate nel teatro per la messa in scena di commedie o tragedie. Il paesaggio dipinto fa da sfondo alle rappresentazioni di figure mitiche o di attività umane che si muovono sulle pareti come in un’animazione teatrale. La prospettiva è ad imitazione del “reale”, così avviene ad esempio nel grande affresco che adorna il giardino della Casa dei Ceii, appena restaurato, dove troviamo una raffigurazione di sapore esotico molto apprezzata, con una scena di caccia condotta da animali selvatici disposti su più livelli, vista dall’alto in prospettiva, oggi diremmo “a volo di uccello”. Ai lati spaziano assolati paesaggi nilotici di origine alessandrina animati dagli scuri Pigmei, figurine esotiche e divertenti per i romani, considerati originari della parte più remota dell’Egitto, vicina all’Oceano, donde nasceva il Nilo.

Se ci spostiamo, rimanendo sullo stesso vicolo, nella prospiciente e lussuosa Casa del Menandro, anche il triclinio invernale è ravvivato al centro del pavimento con un raffinato emblema di paesaggio nilotico con gita di Pigmei, scena che poco dopo verrà addirittura replicata dallo stesso atelier nella Casa di Paquio Proculo. Graziosi paesaggi nilotici si ritrovano ancora nei quadretti che decorano i banchi del triclinio all’aperto della Casa dell’Efebo, con vivaci episodi ambientati nell’Egitto greco-romano.

Infine il Parco, per la giornata del Paesaggio, ripropone le immagini video del sito protostorico in località Longola di Poggiomarino, nell’alta valle del Sarno, a circa 10 chilometri a Est di Pompei. Il sito, di competenza del Parco Archeologico di Pompei, fa parte del Parco archeologico naturalistico di Longola, gestito dal Comune di Poggiomarino. Si trattava di un insediamento perifluviale in ambiente umido, frequentato dalla media Età del Bronzo fino al VI sec. a.C. L’elemento acquatico ha caratterizzato la vita del villaggio in tutte le sue fasi di vita e ha consentito anche la conservazione di numerosi materiali deperibili che costituiscono un eccezionale dossier archeologico e contribuiscono a fare di Poggiomarino un sito unico nel suo genere in Italia meridionale: esso colma un’importante lacuna sul popolamento della valle del Sarno, finora documentata soprattutto da contesti funerari, contribuendo in modo significativo alla ricostruzione delle dinamiche insediative nelle fasi che hanno preceduto la nascita di Pompei.
“All’interno del parco archeologico naturalistico di Longola”, spiega Antonino Russo, funzionario archeologo del parco archeologico di Pompei e responsabile del sito di Longola, “sono state ricostruite le capanne in maniera filologica e quanto più fedelmente possibile all’originale. All’interno delle capanne si svolgeva la vita dei gruppi familiari che abitavano il sito. La pianta delle capanne è di tipo rettangolare o absidata con una fila di pali centrale a sostenere il tetto a spiovente e pareti di rami intrecciati. All’interno delle capanne c’era generalmente un transetto che separava la zona abitativa da quella destinata a dispensa, quindi a contenere le derrate alimentari. Generalmente c’era poi un focolare dove venivano cotti i cibi. Il problema principale della vita degli abitanti di Longola, essendo un sito perifluviale, era l’acqua e comunque l’umidità per cui i piani delle capanne venivano continuamente bonificati con pietre pomici e rami intrecciati per alzare i piani e quindi tenersi all’asciutto dall’acqua. All’interno del villaggio queste capanne erano utilizzate sia ovviamente per uso abitativo ma anche per le varie attività di sussistenza che venivano svolte all’interno del villaggio, in particolar modo si lavorava il metallo, si lavorava l’osso, si lavorava il corno, le ambre. C’era chiaramente l’attività della lavorazione del legno, della produzione di ornamenti. Quindi la vita che si svolgeva all’interno delle capanne riguardava un po’ tutti gli aspetti della vita quotidiana degli abitanti del sito di Longola”.

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